Strafatti e divertiti dal sesso

Strafatti e divertiti dal sessoDa tanto tempo avevamo pianificato un bel week-end fuori porta, da trascorrere in buona compagnia, e tra le persone con le quali ci siamo accordati per dare vita a questa parentesi di relax e di trasgressione, c’erano anche Alessia e altre sue amiche, nonché i tipi di queste ultime: e quando ci siamo ritrovati così in tre coppie, di cui una che non lo era per davvero nella realtà, ci siamo accorti di quanto fosse spettacolare divertirci e condividere il nostro tempo insieme.

Le amiche di Alessia erano davvero pazze, piene di voglia di divertirsi e di scherzare, anche più di lei: ma mentre le ore passavano, quel venerdì pomeriggio tutti insieme, guardandola in continuazione mentre parlavamo, ridevamo e scherzavamo insieme, mi rendevo conto di come Alessia potesse davvero essere la tipa giusta per una bella avventura, una fighetta, la sorella di Giacomo, con cui mi sarei potuto divertire senza problemi, anche perché pure a lei l’idea non dispiaceva.

Così quella sera di venerdì, mentre avevamo finito di farci una nuotata e tutti quanti stavamo tornando alla casetta che avevamo preso in affitto, ho visto Alessia abbastanza su di giri: le sue amiche già si stavano dando da fare con i rispetti ragazzi, eccome si sentivano i loro godimenti intensi, e mentre sghignazzavamo insieme pensando a come ci dessero dentro, a un certo punto, le ho detto “perché non ci lasciamo andare un po’ anche noi??”.

∞Rispondendomi con un sorriso da tentatrice, l’ho vista eccitarsi pure un po’, quasi come se avesse avuto un brivido all’idea di farlo con me in quel momento: scherzando su questo particolare, lei si voltò, e mi disse che era il momento giusto, e allora, una volta richiusa la porta del nostro studio, abbiamo buttato i vestiti per terra senza ritegno, giocando allegramente a rincorrerci, mentre io le davo sonore manate sul culo e lei, ridendo sguaiatamente, cercava di fare altrettanto con me.

Poi finimmo sul letto e, ancor prima di far la doccia, iniziammo a giocare insieme: aveva la pelle con quel leggero tocco di sale, troppo invitante, e quindi quando iniziai a farmi strada su di lei, leccandola tutta, mi eccitai. Anche lei si irrigidiva, presa come da un desiderio indomabile di godere, e poi, senza troppi complimenti, mi disse di sbatterla così sul letto, senza pensarci due volte, perché lo voleva e dopo sarebbe stato troppo tardi per farci una bella goduta insieme.

Si mise sul letto a gambe aperte, invogliandomi ad assaporarla tutta, e così, senza dirle nulla mi infilai con la bocca proprio lì, iniziando a farle dei preliminari davvero desiderabili: si eccitava, mentre sentiva la mia lingua dentro di lei, e mi incitava a farlo di più, perché non vedeva l’ora di sentirmi tutto dentro di lei, pronto a farla venire, lasciandomi andare e trombandola da dietro, perché lo voleva fare in modo selvaggio, senza nemmeno soffermarsi un istante a ragionare di tutto il resto.

Dopo averla provocata per bene con la lingua, quindi, si voltò e sdraiò sul letto: di fronte a me vedevo quel bel culetto, e poi, in mezzo c’erano quelle splendide labbra socchiuse, che non aspettavano altro che sentirsi sfondare dal mio cazzo voglioso, che pian piano mi si era già ingrossato mentre eravamo lì sdraiati sul letto, e con la cappella bella gonfia e pronta ad aprire la strada del piacere, mi avvicinai quindi alla sua fighetta, appoggiandomi sopra di lei con tanto desiderio.

Stavo per entrare dentro di lei quando, all’improvviso, suonò il suo cell: ma entrambi eravamo troppo presi dalla voglia di trombare, perché potessimo fermarci, e infatti, lei mi disse di continuare a trombarla, perché non voleva assolutamente smettere, perché le piaceva sentire il mio cazzo dentro di lei, e anzi, avrei anche dovuto spingerlo dentro tutto, di più, per arrivare a trombarla per bene, perché voleva sentire anche i miei coglioni dentro la sua meravigliosa fighetta.

Continuavo a montarla, spingendo con foga, perché volevo sentire il piacere del mio cazzo stretto dentro di lei, e mentre la trombavo, le toccavo anche le tette, perché mi piaceva tantissimo diventare una cosa unica con il suo corpo: Alessia si eccitava di più, e mentre mi teneva a lei, sentendo tutta la mia voglia di godere, mi spronava a scoparla di più, a spingere bene, perché dovevamo godere pure noi, sentendo come i nostri amici si stavano dando ben da fare attorno a noi.

Si sentiva godere davvero tantissimo, con gemiti e un ansimare continuo, che mi eccitavano ancor di più, mi spingevano a trombare meglio pure la mia tipa, perché potesse pure lei far sentir il suo godimento in quel momento: e Alessia si lasciava andare senza fare complimenti, ansimando, e tirandomi sempre più a lei, mentre il mio cazzo la scopava a fondo, quasi fino all’utero, per quanto mi piaceva essere dentro di lei, sentirmi fottuto da quella splendida figa calda.

Quindi mi lasciai andare per le ultime spinte e, poi, prima che potessi venirle dentro, tirai fuori il mio cazzo dalla sua fighetta, lei si voltò, e glielo misi in bocca: mis pompinò velocemente e si fece riempiere le labbra del mio caldo seme, che assaporava con una determinazione ed una voglia uniche. Poi, ingoiò pure la mia sborrata e mi guardò con quei suoi occhi da vera troietta: era stata davvero un’avventura indimenticabile, di quelle capaci di cambiare una vacanza…Il culo favoloso di SoniaMia cognata era una splendida venticinquenne, biondina con i capelli a caschetto, occhi azzurri due tettine piccole ma sode e un culettino che da solo bastava a far girare la testa ai ragazzi.

In tutta verità spesso mi ero masturbato pensando a quel bel culetto. Sonia, questo il suo nome, stava attraversando un periodo di transizione, si era lasciata da circa un anno dal fidanzato “storico” e aveva accettato la proposta della sua ditta di trasferirsi in una sede diversa, in modo da poter cambiare radicalmente tutto, almeno questo era stata la sua affermazione. Il nostro rapporto era molto buono, durante la settimana ci tenevamo in contatto via e-mail e così ero aggiornato su tutta la sua vita, anche quella affettiva che a dire il vero da quando si era lasciata con il fidanzato era piatta per non dire nulla.

Io francamente non capivo come una così bella ragazza non riuscisse ad avere nuove storie, forse era lei che ancora pensava all’ex fidanzato e non ne voleva avere o forse era anche un po’ frigida. Specialmente d’estate, dato che la nostra città era sul mare, tutti i fine settimana faceva ritorno alla casa dei genitori e spesso finivamo per andare al mare tutti insieme. Quella domenica come al solito eravamo andati al mare anche se per uno sciopero dei treni mia cognata avrebbe dovuto prendere il treno prima e quindi, dato che i genitori erano in vacanza, mi aveva chiesto se la potevo accompagnare alla stazione.

Quella giorno devo dire che era più arrapante del solito, aveva un bikini molto ridotto che metteva in risalto le curve del suo splendido culetto e io dovevo stare spesso a pancia sotto per evitare di far vedere l’erezione che tale vista mi procurava. Dopo aver mangiato alcune schiacciatine Sonia mi chiese se potevamo andare dato che voleva fare una doccia e un riposino prima di partire non era male come idea così ne avrei approfittato per vedere il gran premio di formula 1.

Arrivammo a casa e mentre mi posizionavo sulla poltrona per vedere la televisione, Sonia andò a fare la doccia. Dopo un po’ mi venne sete e andai a chiedere a Sonia se per caso anche le volesse qualcosa. Quando entrai in camera era di spalle e metteva in mostra la sua parte migliore: il culo. Non potei fare a meno di commentare “Ma lo sai che hai proprio un gran bel culo!”“Ma che cavolo dici, sei scemo….

?”“Beh non mi dirai mica che sono il primo che te lo dice…” e così dicendo mi avvicinai a lei. Lei indietreggiò un poco “no dai ma tu sei mio cognato”“e allora….. ? Ho gli occhi per vedere come gli altri…… e non solo…. ”Ormai eravamo vicinissimi lei protese le mani in avanti per cercare di allontanarmi, mai io ormai volevo il contatto con il suo corpo. Allungai una mano e le toccai il seno, lei di rimando mi diede uno schiaffo fu allora che la strinsi a me cercando di baciarla e di farle sentire l’erezione che nel frattempo mi era venuta.

Cercò di divincolarsi mai io orami l’avevo completamente stretta a me, sentivo il cazzo che mi stava scoppiando nei pantaloni l’afferrai per il sedere e la strinsi ancora più a me mentre con la lingua avevo trovato un piccolo pertugio tra le sue labbra, sembrava cedere le nostre lingue si intrecciarono le presi una mano e gliela misi sul mio cazzo, lei all’inizio titubò un attimo poi me lo prese in mano. Fu allora che la presi e la buttai sul letto, mi sdraiai sopra di lei e in un orecchio le dissi “Quanto tempo è che non prendi un cazzo tra le cosce…..?” ….

“tanto…” mi rispose ansimando lei. “Ora ti faccio recuperare il tempo perduto…. ” Inizia a baciarla su tutto il corpo, prima il collo, poi il seno e qui mi soffermai sui capezzoli che erano grossi e ritti, li succhiai tutti per bene e poi continuai a scendere sulla pancia e poi tra le cosce…. La penetrai con la lingua e succhiai tutto il suo nettare, iniziava a godere, era arrivato il momento di penetrarla le feci allargare le gambe e posizionai il mio cazzo all’entrata della sua fighetta e con un colpo solo la penetrai.

Emise un leggero grido, forse non si aspettava un colpo secco, iniziai a muovermi dentro di lei la baciai nuovamente e dai movimenti del suo corpo capii che era vicina all’orgasmo così smisi di penetrala e tirai fuori il mio cazzo dalla sua fighetta “ma cosa fai…..” mi chiese con un sussurro di voce. “non lo vedi….. se lo vuoi ancora devi chiedermelo…. ” …“dammi il tuo cazzo……” disse Sonia. “lo sapevo che sei una gran troietta….

lo vuoi….. allora prendilo è tutto tuo” e la penetrai con un colpo ancora più violento del precedente. La stavo penetrando sempre con maggior vigore tra i suoi incitamenti, raggiunse l’orgasmo con un brivido che gli scosse completamente il corpo, continuai a penetrarla ancora un po’ e poi quando sentii che ero vicino all’orgasmo uscii e le sborrai sulla pancia e sulle tette. Raccolsi con un dito il mio sperma e poi lo avvicinai alla sua bocca, che immediatamente si aprii e iniziò a ciucciarmi il dito.

Il mio cazzo ebbe una nuova erezione tolsi il dito dalla sua bocca e lo sostituii con il mio cazzo. Iniziai letteralmente a scoparla in bocca, faceva fatica a respirare ma io stavo continuando, anzi le presi la testa e la spinsi con decisione verso il basso, volevo penetrare il più possibile nella sua bocca. Quando sentì che ero vicino all’orgasmo cercò di divincolarsi per fare in modo che non le arrivassi in bocca, ma io le tenni ferma la testa fintanto che non ebbe ingoiato tutta la mia sborra.

Eravamo entrambi sfiniti ……. le toccai il suo splendido sedere e le dissi “la prossima volta tocca a lui…. ”“Scordatelo” fu la sua risposta. Da quella fatidica domenica il nostro rapporto cambiò. Durante la settimana continuavamo a tenerci in contatto per e-mail che però erano diventate decisamente più piccanti. Ci scambiavamo i nostri desideri e le nostre voglie…. devo dire che era diventata decisamente più troietta di quanto non avessi mai potuto immaginare. Spesso mi diceva che voleva essere scopata nuovamente in bocca, oppure che spesso si masturbava pensando a me e una volta raggiunto l’orgasmo assaporava i suoi umori ma che in realtà era la mia sborra che voleva sentire nuovamente in gola.

Io cercavo di mantenere sempre molto alto il livello erotico dei discorsi le scrivevo tutto quello che volevo fare con lei fin nei minimi dettagli, però quando si trattava di parlare del suo culetto, mi diceva sempre “Quello te lo puoi togliere dalla testa…. scordatelo”. Quando invece veniva per passare i fine settimana a casa dei suoi, cercavamo, pur senza cercare di destare sospetti, di incontrarci il più possibile. Ogni occasione era buona per baciarci, strusciarci la cosa che più mi eccitava era abbracciarla da dietro e fargli sentire la mia erezione tra il solco del suo sedere di cui avevo sempre più voglia.

Una giorno che eravamo a mangiare a casa dei genitori di lei e di mia moglie mi chiese di aiutarla perché doveva andare in cantina a prendere delle cose. Non appena fummo in cantina ci baciammo e subito lei non perse tempo, si inginocchiò e me lo prese in bocca. “Quanto tempo era che volevo riassaggiarlo…. ” disse. L’eccitazione era talmente tanta che in poco tempo le riempii la gola di sborra. Quando si rialzò la baciai e subito con le mani le alzai la gonnellina che aveva e andai a toccarle il sedere, poi infilai una mano dentro le sue mutandine e andai a stuzzicarle il suo buchetto.

“ma che fai…?” tentando di divincolarsi un poco. “Zitta e pensa a quando te lo spaccherò con il cazzo…..”. “Tanto lo sai che non te lo permetterò mai” disse mentre si ricomponeva alla meglio per far ritorno in casa. Un sabato si presentò l’occasione per passare l’intero pomeriggio insieme, i suoi genitori e mia moglie dovevano recarsi a far visita ad una zia malata che stava in una città distante dalla nostra. Sonia accusò un malessere che non le poteva permettere di andare con loro.

“caso mai faccio un salto io più tardi da Sonia a vedere come sta” dissi a mia moglie “bravo sei sempre molto premuroso” rispose lei. Non appena furono partiti, mi recai da Sonia, a scanso di equivoci, venne ad aprirmi con addosso solo il reggiseno e un paio di ridottissime mutandine. “E il tuo malessere come sta” le chiesi mentre le piazzavo la mano tra le coscie e la muovevo sopra le sue mutandine.

Ci dirigemmo subito nella sua camerina, qui ci spogliammo ed iniziammo a baciarci sul tutto il corpo dopo di chè ci ritrovammo avvinghiati in uno splendido sessantanove. Mentre ero intento a leccargli la fighetta, con il medio, opportunamente insalivato, iniziai a massaggiargli il buchetto posteriore. Inizialmente non ci fece caso, forse anche perché presa dal vortice della libidine, poi quando iniziai a forzargli lo sfintere iniziò a cercare di sottrarsi a quella intrusione. Io però non mollavo orami gli avevo infilato dentro mezza falange e iniziavo a cercare di muoverla in su e in giù lei però si divincolò e mi sfuggì, riuscii a riagguantarla lei era a pancia sotto, così affondai il mio viso tra il suo sedere ed iniziai ad insalivare il suo buchetto dove ogni tanto cercavo di far penetrare anche la mia lingua.

Questo trattamento produsse i suoi effetti, la piccola troietta iniziava a godere fu allora che decisi di affondare il colpo. Le allargai per bene il sedere e puntai deciso il mio cazzo verso il suo buchetto, ancora una volta cercò di divincolarsi e sfuggire, ma mentre le tenevo allargato il sedere al tempo stesso la schiacciavo sul letto in modo da limitare i suoi movimenti. All’inizio lo introdussi piano, lei gemeva cercando di convincermi a desistere cosa che invece a me provocava l’effetto opposto.

Poi preso dall’eccitazione sprofondai completamente nel suo sedere tra i suoi lamenti di dolore. Iniziai a muovermi dentro di lei sempre con maggior vigore lei continuava a lamentarsi, ma ogni tanto potevo sentire anche qualche gemito di godimento fino a che non prese addirittura ad incitarmi “si…si… dai… spaccami il culo…”Ad ogni affondo cercavo di penetrare sempre di più anche se mi rendevo conto che non potevo infilarci anche le palle alla fine detti tre colpi vigorosi e sborrai nel suo intestino.

Il sesso imprevisto Sono in casa sola davanti al computer. La mia immagine riflessa nello schermo. Fa molto caldo. Indosso un perizoma che lascia poco all'immaginazione, un paio di autoreggenti bianche, un reggiseno di pizzo bianco e un paio di scarpe con tacco. So che agli uomini piacciono le donne coi tacchi e mi eccita camminare sexy per le strade del centro. Ma oggi sono rimasta a casa, con il fuoco dentro. La voglia di essere spogliata da uno sguardo è tantissima.

Passano una decina di minuti e vedo comparire uno strano nick:master70. Mi saluta educatamente, mi riempie di complimenti:”sei molto sexy, vorrei averti qui bambolina, sotto la mia scrivania”. L'idea che fosse in ufficio mi eccita. Pensare di scivolare sotto la sua scrivania e regalargli le mie labbra mi manda in estasi. “Ti piacerebbe succhiare un bel cazzo in questo momento?””Moltissimo, vorrei farti venire. Magari nascosta sotto la tua scrivania mentre parli di lavoro on qualcuno.

Senza che nessuno sappia che sono lì, sotto di te, con il tuo cazzo tra le mani e la bocca piena di te”. “indossa una minigonna da troia e fammi vedere come ti sta”. Apro l'armadio velocemente, quel gioco mi sta intrigando. Sto vivendo quella fantasia completamente. Ritorno in webcam e mi mostro ai suoi occhi. Voglio sentirmi sua. Totalmente sua. ” Brava voltati, fammi vedere bene il culetto. Non è per niente male, scommetto con non è più vergine da un bel po'”.

Ho veramente un bel culetto e il sesso anale mi fa impazzire. Da quando il mio ex ragazzo mi ha inculato, non posso avere un rapposrto sessuale senza sentirlo dentro di me nel culetto. E gli uomini impazziscono a scoparmi il culetto. Perchè è piccolo, rotondo, direi perfetto. Il suo ordine avviene perentorio:””mettiti in ginocchio ora, come una cagnolina e immagina di stare sotto la mia scrivania, come se fossi la mia segretaria troia”.

Eseguo i suoi ordini. Amo essere guidata e sottomessa. Poco dopo lui accende la cam e le mie fantasie prendono forma. E' sicuramente un uomo di alto livello, in giacca e cravatta. Vedo le mani che slacciano la cintura e fanno scivolare la cerniera dei calzoni. Con la mano impugna la base del cazzo e lo tira fuori, pronto per essere inghiottito dalla mia bocca. “Ti piace troia? Ti offendi se ti chiamo troia”.

“E' stupendo il tuo cazzo. E… adoro quando sono ecitata sentirmi chiamare troia”. Allungo le mani e impuglo il mio vibratore e immaginando quel cazzo tra le mie labbra comincio a succhiarlo. La sua mano si accarezza il glande e comincia a segarsi. “Voglio che veda il mio ufficio. Voglio che tu sappia con chi stai avendo a che fare”. Mi mostra nei dettagli il luogo di lavoro. L'eleganza e l raffinatezza balza subito agli occhi.

E' come pensavo un uomo di alto livello sociale. “Sorpresa? Sono un avvocato di discreto successo. Ho 42 anni e ho una gran voglia di farmi succhiare il cazzo dalla tua bocca. Ti voglio ora, sotto la mia scrivania. Succhiamelo”. “Lo voglio anche io, guardami porco, voglio che tu goda e sborri sopra la tua scrivania”. “Mostrami la fica, voglio che ti masturbi mentre me lo succhi”. Sfilo il perizoma, allargo le gambe e comincio a masturbarmi mentre la mia bocca succhia impaziente quel cazzo.

“Ti piace guardare il cazzo in cam vero troia? Ti piace fare la puttanella con uno sconosciuto vero? Voglio vedere quel cazzo scomparire nella tua bocca. Voglio soffocarti col mio cazzo. Fartelo sentire in gola”. “Spingo il cazzo più che posso. Lo sento in gola. Mi sento soffocare e le lacrime agli occhi. Lo faccio uscire per prendere respiro””In gola troia. Devi fare ciò che dico. Devi farmi godere come piace a me. Infilatelo in fica, e poi lecca il tuo uomore sul cazzo.

E spingilo in gola”. Eseguo. Ho la fichetta bagnatissima. L'essere usata da questo maiale mi eccita. Sapere di essere a sua disposizione mi fa bagnare. Mi sento una troia in questo momento. Quando mi bagno perdo completamente razionalità e potrebbero farmi fare qualunque cosa. “Guardami, sto leccando la mia sborra tesoro e ora lo prendo tutto in bocca come desideri. Scopami la bocca per favore”. La sua mano aumenta i movimenti, ma non è il momento di venire.

Vuole tutto da me. Vuole farmi godere. “Ora da brava cagna, apriti il culo, perchè è venuto il momento di rompertelo quel bel culetto”. Il mio vibratore è grande, non ho mai provato a infilarmi questo nel culo. Ma lui vuole cosi e io lo farò per lui. Con la saliva aiuto le dita a scivolarci dentro. Prima con un dito poi due infine tre. Quando sembra pronto e le dita scivolano bene, impugno il mio cazzo poso la punta sul culetto e comincio a spingerlo dentro.

“Cazzo mi piace, cazzo sfondamelo col tuo cazzo. Voglio sentirlo tutto dentro””Immagina sia il mio cazzo, ti ci devi sedere sopra, voglio vederti godere come una troia”. “incredibilmente entra tutto, fa un po' male ma lo cavalco come una troia. Con le dita mi sgrilletto la clitoride e godo. Cazzo godo veramente. La fichetta è bagnatissima”. “ora inginocchiati davanti a me sei pronta per bere la mia sborra. La berrai tutta fino all'ultima goccia e mi ripulirai per bene il cazzo”.

“Sì si dammi la tua sborra voglio berla”. Avevo realmente voglia di sentire il suo gettitocaldo nella mia bocca. Volevo sentirne il sapore. Volevo che godesse con me e non dimenticasse questo giorno. “Prendila è tua troia, evila tutta”. Apro la bocca e butto saliva fuori dalle labbra, come se la sua sborra mi scivolasse fuuori dalla bocca. Poi con le dita me la riportavo alla bocca immaginando che la sua calda sborra fosse tra le mie labbra.

Mi hai fatto godere. Mi hai fatto godere vermente molto. credo che mi collegherò spesso dal mio ufficio. Sarai la mia troia virtuale. Parliamo ancora un po'. Mi confida di essere sposato ma di essere molto porcellino. Tornerà a trovarmi ne sono sicura. Dal suo ufficio. E chissà se un giorno avrò il desiderio di prenderglielo in bocca veramente quel cazzo sotto la sua scrivania. Sonia _____la schiava Sonia aveva sette anni quando si era resa conto di non essere come i suoi compagni.

«Non credo che la supplente verrà a scuola domani» aveva detto quel giorno alla sua compagna di banco, vedendola terrorizzata da quella signora dall’espressione arcigna che aveva sostituito la loro maestra, assente per malattia. Voleva molto bene a Moira e avrebbe fatto qualunque cosa pur di farla stare meglio. «Dici?» aveva mormorato l’altra, dubbiosa, guardando di sottecchi verso la cattedra. «Sa di metallo caldo con una punta di acido» aveva tentato di spiegarle, ottenendo in cambio un’espressione confusa.

Aveva sentito lo stesso odore nell’alito della vicina di casa e in quello del proprietario del negozio dove la mamma le comprava la merenda quando la accompagnava a scuola, poco tempo prima che entrambi avessero un attacco di cuore. «Non lo senti?» le aveva chiesto, un po’ sorpresa. La sua compagna aveva scosso più volte la testa, finendo per farsi riprendere dall’insegnante, e sul momento la cosa era finita lì. Incuriosita, però, a ricreazione aveva domandato la stessa cosa agli altri compagni, rendendosi conto di essere l’unica a percepire quel sentore di malattia.

Non le era venuto in mente di parlarne con la maestra, perché le era antipatica e ne aveva timore, e anche perché non pensava sarebbe servito a qualcosa. Quando la supplente non si era presentata, il giorno successivo, la sua compagna le aveva rivolto un sorriso grato in cui si aprivano alcune finestrelle, come se l’assenza della megera fosse merito suo, cosa che aveva reso Sonia molto contenta. Le piaceva essere d’aiuto. Per lei gli odori, tutti gli odori, anche quelli che la maggior parte della gente trovava rivoltanti, delineavano un universo molto più reale di quello che percepiva con gli occhi e che, a differenza di quest’ultimo, non la ingannava mai.

Aveva undici anni il giorno in cui imparò a riconoscere l’odore del sesso, e non fu un’esperienza piacevole. Aveva uno zio che ogni tanto le faceva da baby sitter, dato che era senza lavoro. Passavano parecchio tempo insieme, anche se lei ne avrebbe fatto volentieri a meno. Quando rimanevano soli, lui la faceva sedere sulle sue gambe per leggerle le storie di un vecchio libro di fiabe. Non sulle ginocchia, come faceva a volte la nonna, ma proprio attaccata al suo petto, tanto da costringerla a far penzolare le gambe ai lati delle sue.

Ogni volta, mentre la voce gli diventava roca, Sonia sentiva qualcosa di grosso e duro crescere sotto il suo sedere, mentre un odore muschiato saturava la stanza. A lei quella situazione non piaceva, così come non le piaceva lo zio, ma cercava sempre di essere educata e di aspettare che lui finisse la storia. Aveva imparato presto che se dimenava un po’ le natiche lui faceva molto prima, di solito smettendo di leggere e cominciando a sospirare, per cui lo faceva sempre, con molta soddisfazione dello zio.

Obbedire agli ordini la faceva sentire tranquilla e sicura, dandole un piacere che non avrebbe saputo spiegare a parole, una sorta di piacevole languore al basso ventre, ma non succedeva tutte le volte, e soprattutto non succedeva mai quando era con lo zio. Il giorno in cui la sua vita cambiò erano soli in casa, come succedeva spesso. A metà della storia, con l’affare duro che si muoveva sotto il suo sedere come un serpente, Sonia chiese di andare in bagno per fare pipì.

Non chiuse la porta a chiave perché la mamma non voleva. «Se poi ti senti male non possiamo entrare» le ripeteva spesso, e lei, da ragazzina obbediente qual era, anche quella volta seguì il consiglio. Mentre era seduta sulla tazza, però, lo zio entrò nel bagno. Lei rimase paralizzata, ma non ebbe la forza di protestare. «Scusami» le disse lui, senza però neanche accennare a uscire, «devo farla anch’io. »Seduta sul water, mentre lo zio la guardava, Sonia vide che il davanti dei suoi pantaloni era gonfio da scoppiare.

Chiudendo gli occhi, cercò di rilassarsi per permettere alla pipì di venire fuori. Le sembrò di impiegare un secolo a farla tutta, mentre sentiva il forte odore muschiato di quando le leggeva le storie spandersi ovunque nel piccolo ambiente piastrellato. Mentre si puliva con la carta notò il modo in cui lo zio la fissava, concentrandosi sull’interno delle cosce, ed ebbe paura. Si tirò su di corsa le mutandine con i cuoricini e fece per uscire, ma lui si mise in piedi davanti al water, bloccandole il passaggio.

Con gesti resi impacciati dalle mani che tremavano leggermente, aprì i pantaloni e abbassò i boxer larghi, tirando fuori il suo coso. Sonia aveva visto quello di un suo compagno, una volta, e anche quello del suo papà, ma quello era diverso. Era molto grosso, simile a un bastone nodoso con la punta liscia. «Non ci riesco» si lamentò lui. «Perché?» chiese Sonia. «Vedi com’è grosso?»«Sì, lo vedo. Sembra un bastone. »In effetti era lungo, spesso e nodoso, e anche se lo zio lo impugnava alla base con la sua manona, dal pugno chiuso ne fuoriusciva quasi due volte tanto.

L’odore muschiato era tanto intenso che credeva le sarebbe rimasto attaccato addosso per sempre. «Quando è così la pipì non può uscire» spiegò lui, muovendo la mano su e giù lungo l‘arnese. «E ora come fai?»«Devo farlo tornare molle» disse con voce roca, facendo scorrere la mano più velocemente lungo quell’asta di carne. A Sonia la situazione piaceva sempre meno. «Vuoi aiutarmi?» le chiese, quando vide che il silenzio si stava prolungando troppo. «Non so» si limitò a dire.

Obbedire di solito le dava sicurezza, ma non in quel caso. Avrebbe quasi voluto rispondere di sì e accontentare lo zio, ma una parte di lei di cui non aveva mai sospettato l’esistenza le gridava di non farlo, che obbedire non era sempre giusto, soprattutto se non provava stima, affetto e fiducia per la persona che le dava gli ordini. Lo zio si voltò verso di lei, muovendo la mano sempre più velocemente. Il suo arnese era enorme e gonfio, l’espressione del volto stravolta.

Sonia non riusciva a distogliere lo sguardo da quel tronco di carne dura che lui manipolava con sempre maggior foga. Emanava un afrore a****le che lei associava alle visite alla stalla della fattoria didattica dov’era andata con la scuola, soprattutto dalle parti del recinto dello stallone. Con le spalle al muro e gli occhi sbarrati lo guardò avvicinarsi. D’un tratto qualcosa cambiò nell’odore di quell’uomo così familiare e allo stesso tempo così alieno, facendole capire che, mescolata ad altre cose, in lui si era insinuata anche la vergogna.

Ma non si sarebbe fermato. L’afrore muschiato era troppo più forte di tutto il resto. Quando era ormai vicinissimo, e dall’alto del suo metro e ottantacinque torreggiava sui 140 centimetri scarsi di lei, emise un gemito prolungato e dalla punta del suo arnese schizzarono fuori molti getti di una crema bianca e densa che le arrivarono in faccia e sui vestiti, viscidi come sapone per le mani. Mentre i rivoli caldi le colavano lungo il volto come lacrime, l’odore le ricordò quello dei fiorellini bianchi che nascevano in primavera su alcuni alberi del parco vicino casa.

Appena svuotato, il suo bastone tornò molle quasi immediatamente e l’odore corporeo cambiò, virando verso vergogna e rimorso con un sottofondo chiarissimo di paura. Aveva fatto una cosa sbagliata e temeva che Sonia ne parlasse con qualcuno, intuì lei, in una delle epifanie che le sarebbero diventate familiari più avanti negli anni. Mentre si faceva la doccia per lavare via la roba appiccicosa con cui l’aveva imbrattata, da sola e con la porta chiusa a chiave, atto che le era costato molto perché violava gli ordini della mamma, ma che aveva ritenuto necessario, sentiva la lavatrice con i suoi vestiti, caricata in fretta dallo zio, che andava avanti con il programma.

Una volta lavata e vestita, lo zio le chiese di mantenere il segreto su quello che era accaduto. Puzzava di paura, quasi al limite del panico, ma dal suo aspetto non si sarebbe detto. Gli odori però non le mentivano mai. «Non pensi che dovrei parlarne con papà e mamma?» chiese a sua volta con una sicurezza insolita, perfettamente consapevole di essere la causa del netto intensificarsi della sua agitazione. «È un nostro segreto» ribatté lui con voce stridula.

Per la prima volta nella sua vita, Sonia si rese conto che poteva ottenere qualcosa da un’altra persona, da un adulto, addirittura, manipolandola in modo consapevole. Lasciò che l’odore di panico dello zio lievitasse fino al livello di guardia prima di rispondere. «Va bene, ma solo se mi prometti una cosa» concesse infine. «Tutto quello che vuoi» rispose di getto lo zio, spandendo intorno il profumo dolce del sollievo. «Niente più storie seduta in braccio» disse.

«E non voglio che tiri fuori mai più il tuo coso davanti a me» aggiunse poi, facendo scendere lo sguardo sul davanti dei suoi pantaloni. «Pensavo che le storie ti piacessero. »«Non mi piacciono» lo smentì lei, secca. «Va bene» si arrese lo zio, avvolto in una nube scura di sorpresa e delusione. Poco tempo dopo, con grande soddisfazione di Sonia, disse di aver trovato lavoro e smise di frequentare la loro casa. «Oggi pomeriggio vieni da me a studiare» disse Anita, la sua compagna di banco.

Il punto interrogativo alla fine della frase, se pur c’era, risultò a Sonia del tutto inavvertibile, cosa che le causò un immediato languore al basso ventre. La pelle di Anita aveva un profumo particolare, l’avrebbe definito autoritario se qualcuno gliel’avesse chiesto, che Sonia distingueva chiaramente nonostante l’amica avesse usato, come sempre, una dose generosa di CK One. «Va bene» rispose, senza pensarci un attimo, «a che ora?»«Quando vuoi, tanto i miei non ci sono.

Saremo sole. »Il tono era neutro, ma il profumo che accompagnò le parole non lo era affatto. Qualunque cosa Anita avesse intenzione di fare, aveva poco a che fare con lo studio. Quando le aprì la porta, alle quattro di quel pomeriggio, Sonia non fu affatto sorpresa di trovarla in mutandine e reggiseno. «Così sono più comoda» spiegò ridacchiando. «Ti piace il mio perizoma?» chiese poi, mostrandole i glutei sodi divisi da un filo sottile.

«Mia madre non vuole che lo metta, dice che sembro una troia. »«A me piace» rispose. «Non ti sembro un po’ zoccola?»«Sei molto bella» disse Sonia con sincerità seguendola nella sua camera. «Ti sta benissimo. »Anita accese lo stereo e si sedette sul letto a gambe incrociate. Attraverso la stoffa bianca sottile delle mutandine Sonia le intravedeva il sesso, completamente rasato. «Mi si vede la passera?» le chiese d’un tratto Anita, probabilmente intuendo la direzione del suo sguardo.

«Quando l’ho preso non mi ero accorta che fosse così trasparente. »Sonia deglutì. «Un po’ si vede» ammise. «Ma è comunque elegante. »Per tutta risposta Anita si sedette sul bordo del letto e spalancò le cosce, guardandoci in mezzo con aria dubbiosa. «Solo un po’? Non sembro un troione da battaglia come mia madre?»«No, mi piace molto. »Sonia avvertiva sempre più intensamente il profumo del sesso della ragazza, che le faceva girare la testa.

Sì sentiva morbida come creta pronta per essere plasmata. Non poté fare a meno di notare che il cavallo del perizoma era leggermente umido, cosa che l’odore delle secrezioni vaginali di lei le aveva fatto capire già da un po’. Non poté impedirsi di inspirare profondamente, mentre sotto si bagnava tutta. «Da lì certo che non lo vedi» obiettò Anita. «Devi guardare più da vicino. »Sonia obbedì, portandosi a meno di mezzo metro, praticamente tra le cosce aperte di lei.

«Più vicino. E inginocchiati» le chiese a quel punto con voce tesa. Era un ordine, lo percepì chiaramente, per cui eseguì senza discutere. Ora la sua faccia era a venti centimetri dal tassello umido del perizoma bianco, attraverso cui vedeva il rigonfio delle piccole labbra. «È bagnata?» si informò Anita. «Un po’ sì. »«Si vede la fregna?»La volgarità della frase le diede una fitta in mezzo alle cosce. «Non molto. »«Perché è ancora asciutta.

Ma se mi bagno bene secondo me si vede tutta. »Con disinvoltura scostò il perizoma e cominciò a masturbarsi. «Tu te li fai i ditalini?» le chiese, mentre con le dita sottili si strofinava delicatamente il clitoride. «Sì» rispose, deglutendo saliva. «Io mi sfregno dalla mattina alla sera» rise Anita, «ho sempre voglia. » Sonia lo sapeva già, perché spesso le aveva sentito sulle mani l’odore del sesso dopo che era stata in bagno.

«Tu come te li fai?» chiese ancora. «Come te» mormorò, ipnotizzata dal movimento ritmico delle dita e dal profumo inebriante della vulva. «Voglio provare con una mano diversa dalla mia» affermò Anita. Non vorrei, o mi piacerebbe. Voglio, disse. Era un ordine, e agli ordini bisognava sottomettersi senza discutere. Fece scivolare la mano sul sesso aperto e umido della compagna, che tolse la sua lasciandole campo libero. Non aveva mai toccato un’altra donna, anche se l’aveva immaginato spesso, e la sensazione che provò le mozzò il respiro.

E non fu l’unica a cui accadde, a giudicare dal gemito che sfuggì ad Anita mentre la accarezzava. Guidata dal profumo di sesso, che si faceva tanto più intenso quanto più Anita godeva, Sonia trovò il ritmo perfetto, facendo scivolare indice e medio su e giù lungo la fessura, ormai gocciolante di umori. «Cazzo, che bello» mormorò Anita. «Fai dei ditalini meravigliosi. Lo dirò a tutte. »Per “tutte” Anita intendeva le fighette della classe, sempre eleganti, perfettamente truccate e molto provocanti, che Sonia immaginò di dover servire singolarmente e in gruppo.

Il solo pensiero le provocò una colata tra le cosce. L’orgasmo della compagna arrivò velocemente, preannunciato da un profumo caldo e umido di giungla tropicale. Ma non era ancora finita. La tigre non era affatto sazia. «Sdraiati sul letto» le ordinò, lasciando da parte ogni tipo di cortesia. Ormai aveva capito che Sonia aveva la vocazione della schiava e che poteva fare di lei ciò che voleva. Docilmente, Sonia si stese di schiena sul letto lasciato libero dalla ragazza.

Dopo aver sfilato il perizoma, con un movimento agile acquisito in molti anni di danza, Anita si sedette sulla sua faccia. «Ti piace il sapore della mia fregna, cagnetta?»Sonia annuì debolmente, la bocca premuta contro il sesso rovente e fradicio di Anita. «Ne ero certa. Ora lecca, cagna. »Sonia obbedì, passando la lingua sul clitoride eretto e tra le piccole labbra, ormai incapace di ragionare lucidamente per via del profumo afrodisiaco che le saturava le narici.

Si sentiva davvero una cagna, tutta lingua e istinto, determinata a servire al meglio la sua padrona. «Leccami anche il culo, schiava» ordinò Anita, sollevandosi un po’ per darle modo di arrivare all’ano con la bocca. «Dovrei filmarti mentre mi slingui, altrimenti non mi crederanno quando dirò loro quanto sei cagna. »«Tutto quello che vuoi, padrona» rispose, mentre un orgasmo tremendo le scuoteva il corpo senza che si fosse anche solo sfiorata. Era stato un godimento puramente cerebrale.

«Incredibile, la cagna è venuta senza neanche toccarsi» fu il commento divertito di Anita, che sottolineò la frase strofinandole la fica contro la bocca spalancata. «Le ragazze andranno pazze per te, vedrai, leccherai tante di quelle fregne da avere l’alito al profumo di Chilly. »Sonia non smise un attimo di usare la lingua, portando Anita al secondo orgasmo consecutivo. Solo dopo aver goduto altre due volte l’amica si rivestì, indossando una comoda tuta da casa in pile leggero.

«Studieremo spesso insieme, io e te» le disse baciandola sulle labbra, qualche minuto prima che sua madre tornasse a casa dalla palestra. Era una bella donna sulla quarantina con una quinta abbondante di seno, che grazie alle battute di Anita Sonia sapeva essere opera di un chirurgo plastico. «Quella maleducata di mia figlia ti ha offerto qualcosa da bere?» le domandò con un sorriso. «Tende a essere un po’ prepotente, a volte. »«Le ho fatto bere del succo biologico» rispose l’interessata con un risolino soddisfatto.

«Le è piaciuto da matti. »«Sì, signora» aggiunse Sonia, per confermare l’affermazione di Anita. «Tutto a posto. »La donna aveva lo stesso odore di sua figlia, ma più intenso e maturo. Sonia ebbe la tentazione di inginocchiarsi di fronte a lei e offrirsi come schiava. La sua sensualità era prorompente. Un giorno che era in vena di confidenze, Anita le aveva raccontato che la madre aveva una relazione con un personal trainer venticinquenne, cosa che l’intenso odore di sperma nel suo alito le confermò senza ombra di dubbio.

Un sottile cambiamento nel suo odore le fece capire che neanche lei era rimasta indifferente. Il successivo gioco di sguardi, da padrona a sottomessa, confermò quello che Sonia aveva capito fin dal primo momento. Aveva la certezza che prima o poi avrebbe servito anche quella donna. Sarebbe stata una schiava docile e ubbidiente. «Ho dei programmi per te» le mormorò all’orecchio Anita, leccandole piano il lobo mentre aspettavano che il bagno si liberasse. Sonia ebbe un brivido e si bagnò istantaneamente.

«Ma tu devi fare la brava cagnetta. »«Sì, padrona» rispose, con un filo di voce. «Non vuoi sapere di che si tratta?»«Farò tutto quello che vorrai. »In quel momento il bagno si liberò ed entrambe entrarono nel cubicolo. Fra ragazze era comune condividere anche quei momenti, ma il rapporto tra lei e Anita non era affatto normale. Appena dentro, Anita abbassò i leggings neri attillati e il perizoma bianco, ma fu Sonia a sedersi sulla tavoletta di plastica bianca.

L’altra si voltò e appoggiò entrambe le mani alla porta di legno coperta di graffiti e scritte tracciate con il pennarello, sporgendo indietro i glutei tonici. «Fai il tuo dovere, cagna» le ordinò. Sonia non aspettava altro. Cominciò a leccare la pelle liscia e profumata della compagna con passione, spostandosi gradualmente verso lo sfintere. Da settimane era diventata il giocattolo sessuale di Anita, che la usava come e quando ne aveva voglia. Non aveva ancora mantenuto la promessa di cederla alle amiche, Sonia sapeva che era combattuta, ma mentre le lappava fica e culo, strappandole gemiti strozzati, pensava, e in fondo sperava, che presto sarebbe accaduto.

«Ti piacerebbe vedermi servire le tue amiche?» le chiese, dopo aver fatto correre la lingua per l’intera lunghezza della fessura. Anita non rispose, se non con un brivido, ma a Sonia non servivano le parole per sapere cosa passava per la testa della sua padrona. Aveva percepito il profumo metallico della rabbia, mescolato a quello più dolce della gelosia e all’afrore di giungla tropicale della passione sessuale, quest’ultimo in parte dovuto al suo lavoro di lingua.

L’idea la eccitava, ma aveva paura di perderla e la cosa la faceva infuriare con se stessa perché era una forma di debolezza. «Tu sei la mia padrona» riprese, mentre le leccava lo sfintere con la punta della lingua e infilava due dita in vagina. «Sarò sempre tua. »«Vuoi sentire che sapore hanno le fregne di quelle stronze?» la stuzzicò Anita, senza neanche tentare di mascherare il fastidio che provava. «Voglio far vedere loro che schiava ubbidiente che hai.

»«Ma rimarrai solo mia?»«Solo tua. »«E potrò sempre farti quello che voglio?»«Sempre. »«Fammi godere, cagna. »Sonia si concentrò sul piacere di Anita con attenzione rinnovata e la portò all’orgasmo in pochi minuti, tenendola sull’orlo del piacere più a lungo del necessario, poi si leccò avidamente le dita da cui colavano le dense secrezioni vaginali ovulatorie della ragazza. «Se proprio vuoi fare la cagna» disse la sua padrona mentre si tirava su i leggings. «Ti farò fare la cagna.

»Nel salone della casa di Anita c’erano sei ragazze, oltre a Sonia e alla sua padrona. Si trattava del gruppo ristretto, l’élite della classe, che Anita aveva invitato per l’occasione. Griffate e nervose come cavalle di razza nei loro short aderenti, erano circondate da nuvole di profumi di marca che non impedivano a Sonia di percepire i loro aromi naturali, molto più stimolanti. «La mia schiava vuole servirvi» esordì Anita, nel tentativo di sconvolgerle.

«Cioè?» chiese Bea, la più intraprendente del gruppo, che Sonia trovava parecchio attraente. «Sonia è molto servizievole. »«È uno scherzo? Se lo è non è divertente. »«Non è uno scherzo. »«Sei sul serio la sua schiava?» intervenne Marghe, una rossa dalla pelle chiarissima, rivolgendosi a Sonia. «Anita è la mia padrona» confermò lei, con un piccolo inchino. Bea sorrise, sollevando solo un angolo della bocca. «Ordinale di leccarmi i piedi» disse, sfidando Anita con lo sguardo.

Il gruppo non era affatto coeso, e spesso Sonia aveva percepito le correnti sotterranee che lo attraversavano. «Hai sentito, cagna?» la incitò la padrona. Sonia si avvicinò a Bea e si mise a quattro zampe, avvicinando la bocca alle décolleté Gucci della ragazza. «Posso?» chiese, guardandola dal basso verso l’alto come un bastardino timido. Bea sfilò il piede dalla scarpa e Sonia prese a leccarlo piano partendo dalle dita. Sapeva di sudore femminile e di cuoio, una miscela che trovava gradevole.

Quasi istantaneamente si aggiunse il profumo dell’eccitazione sessuale, che le fece girare la testa. «La sa usare bene la lingua» commentò Bea con un risolino, «Lecca solo i piedi?»Sonia non rispose, non direttamente, lasciando alla sua padrona l’onere di farlo. Le schiave non parlavano se non interrogate direttamente. Anita si sedette su una delle poltrone Le Fablier in pelle color crema e spalancò le cosce. Indossava una mini in pelle nera, con niente sotto, proprio per quell’eventualità.

La fica rasata era già umida di rugiada. «Mostra a tutte quanto sei cagna» disse. Sonia lo interpretò come un ordine. Smise le leccare il piede di Bea e, camminando a quattro zampe, affondò la faccia tra le gambe di Anita, cominciando a baciarle il sesso sotto gli occhi delle altre. Mentre infilava la lingua tra le piccole labbra roride sentì che qualcuno le tirava su la gonnellina corta a pieghe sotto cui, per ordine della padrona, non aveva indossato niente.

Riconobbe il profumo. Bea. O meglio, il piede nudo di Bea, ancora umido della sua saliva, che le strofinava la fica gocciolante. «Guardate come cola la troietta» disse ridendo. Sonia si sentiva una direttrice d’orchestra: usava i gesti e la lingua per dirigere il gruppo nella direzione lasciva che desiderava, schiava e padrona assoluta allo stesso tempo. I profumi delle ragazze si stavano allineando a formare l’overture di una perfetta sinfonia odofonica dedicata alla più sfrenata lussuria.

L’alluce di Bea si infilò in vagina quasi interamente. Sonia cominciò a sculettare per provocarla, mugolando con la bocca incollata al sesso di Anita. Poi arrivò la nota stonata, che alterò l’equilibrio in modo quasi doloroso. «Non mi piace questa cosa» intervenne Lucrezia, solitamente la più silenziosa del gruppo, in cui secondo Sonia era sempre stata fuori posto. «Io me ne vado. »Il profumo di lussuria fu in parte coperto da quello dell’imbarazzo e del senso di colpa.

No!, pensò Sonia, con rabbia. Non adesso. Doveva intervenire in qualche modo. Accelerò il ritmo per far godere Anita e, nonostante la fretta, le procurò un orgasmo incredibile, reso ancora più intenso dal contesto insolito. Con le labbra umide di secrezioni si voltò verso Lucrezia. Le ci volle un momento per metterla a fuoco. Era eccitata, forse più eccitata di tutte le altre, sentiva il profumo di sesso che arrivava a ondate dall’interno delle sue cosce, ma c’erano anche paura e imbarazzo.

Al di sotto, sottile ma inequivocabile, Sonia percepì un altro odore, finora perfettamente nascosto, grazie al quale tutto le divenne chiaro. Era una sottomessa, esattamente come lei, e vederla comportarsi da cagna l’aveva fatta bagnare come mai prima, ma tale presa di coscienza l’aveva mandata nel panico. Non era facile rendersi conto di voler essere un oggetto nelle mani di qualcun altro. Lucrezia stava per fuggire a gambe levate nonostante fosse terribilmente eccitata, condannandosi a rimanere frustrata e infelice.

«Sei preoccupata per la cagnetta?» le chiese Bea. «Guarda che gode molto più di te. »Lucrezia scosse la testa, troppe volte e troppo in fretta, i tendini del collo tesi come cime di ancoraggio durante un fortunale. Sonia capì che era il momento di intervenire, e lo fece a modo suo. Si alzò in piedi e guardò Lucrezia negli occhi senza dire nulla, da pari a pari, le mani giunte posate in grembo, un messaggio criptico che per una padrona, o per un’altra schiava, sarebbe stato chiaro come la luce del giorno.

Come si aspettava, qualcuno comprese. «Aspetta, aspetta, aspetta…» intervenne Marghe, portandosi dietro Lucrezia e abbracciandola stretta con il sinistro, la mano stretta sul seno destro piccolo e sodo. «Devo controllare una cosa. »Posò la mano destra, aperta, sulla pancia piatta di Lucrezia. La pelle bianchissima, da rossa naturale, sembrava quasi brillare di luce propria su quella leggermente abbronzata dell’altra, lasciata scoperta dal top corto. «Mi dici sempre che Maurizio ti fa male quando fate roba perché ti bagni poco…» riprese, a voce sufficientemente alta da farsi sentire da tutte le altre, facendo scivolare la mano verso il basso, dentro il pantaloncino e le mutandine.

A quel punto Lucrezia avrebbe potuto ribellarsi e andarsene, invece rimase immobile come una volpe inchiodata dai fari di una macchina in avvicinamento. Sonia percepì l’odore di sottomissione farsi più intenso e ricco, più… consapevole. Anche quello di Marghe virò, in direzione esattamente opposta. Sonia stava assistendo a un evento raro e prezioso. L’espressione di puro piacere che comparve sul volto di Lucrezia mentre l’altra le infilava le dita dentro la fica, reclamandola di fatto come sua proprietà, rese evidente quello che fino a quel momento solo una mistress naturale come Marghe aveva capito: la schiava aveva finalmente trovato la sua padrona.

«Mmmm» commentò la rossa. «Problema risolto, a quanto pare. C’è un lago qua sotto. »«Ti prego, non…» miagolò Lucrezia, senza concludere la frase. «”Non” cosa?» ribatté Marghe, decisa. «Non farlo? Non smettere?»«Non…» riprese Lucrezia, fermandosi di nuovo prima di completare il pensiero. «Lo senti quanto sei cagna?» le chiese Marghe. «Maurizio ti fa bagnare così?»«No. » La risposta arrivò a voce alta, quasi con rabbia. «Quante volte sei venuta scopando con lui?»«Neanche una» mugolò.

«E quante volte hai goduto in vita tua? Dillo alle ragazze. »Stavolta la risposta richiese più tempo, come se farla emergere richiedesse un grande sforzo fisico. «Neanche una» mormorò infine. «La piccola non ha mai goduto» disse Marghe, continuando a muovere le dita. Ora però stava per farlo. Sonia sentì l’odore di giungla dell’orgasmo arrivare caldo come un monsone. Era questione di pochi istanti… Ma in quel momento, con tempismo perfetto, Marghe si fermò.

«Non hai il permesso di godere, cagna» la redarguì. «Hai capito?»«S-sì…»«Sì cosa?»«Sì… padrona. »Sfilò la mano dalle mutandine di Lucrezia e mostrò le dita lucide di secrezioni, tanto abbondanti da filare. Poi le avvicinò al volto della ragazza. «Sai cosa piace tanto alle cagne?» chiese, rivolta più al gruppo che a Lucrezia. «No. »«Si che lo sai, cagna. »«Leccare» ammise infine lei a voce bassissima. «E allora lecca. »Lucrezia si sporse in avanti e le prese in bocca, cominciando a succhiarle.

Sonia sentì l’imbarazzo e la paura della ragazza scemare fino a svanire del tutto mentre ripuliva dai suoi stessi umori le dita fradice della sua padrona. Aveva accettato il suo ruolo. «Ora mettetevi in ginocchio, tutte e due» disse loro Marghe. Lucrezia obbedì senza discutere, Sonia guardò Anita, che annuì. «Una cagnetta per sette di noi era un po’ poco» commentò Bea slacciando il primo bottone dello short. «Sei contro due va decisamente meglio.

»Fianco a fianco, stando sulle ginocchia, Sonia e Lucrezia guardarono le ragazze spogliarsi fino a mostrare i sessi depilati o parzialmente rasati. La fica di Marghe era un incendio di rosso che fece venire l’acquolina in bocca a Sonia. «Leccami la fregna» ordinò lei alla sua sottomessa. Lucrezia obbedì di slancio, come se non aspettasse altro da anni. Cominciò a baciare le piccole labbra, molto evidenti e turgide, poi incollò la bocca al clitoride, guardando verso l’alto per ottenere l’approvazione della sua mistress.

Portò la mano tra le gambe fino a sfiorarne l’attaccatura, ma appena vide lo sguardo severo di Marghe la tolse immediatamente. «Ti dirò io se e quando potrai godere» mormorò la rossa, soddisfatta del trattamento che la sua schiava le stava riservando. Era entrata nel ruolo di dominatrice in modo del tutto naturale, così come Lucrezia in quello di slave. Guardarle provocò a Sonia una colata liquida che scese lungo le cosce nude. Fu il segnale di via libera per tutte altre.

Le saltarono addosso in quattro, forzandola a leccare loro le fiche fradice senza un attimo di respiro, mentre le sditalinava furiosamente con entrambe le mani. Sembravano leonesse affamate alle prese con una gazzella. Ogni profumo la inebriava ed ebbe due orgasmi consecutivi senza nemmeno sfiorarsi. «Ohhh mioohhh Diooohhhh» gemette Bea, devastata dalla lingua magica di Sonia, mentre il corpo veniva scosso da brividi violenti. Le squirtò in faccia riempiendole la bocca di liquido caldo e insapore.

Sonia si chiese cosa avrebbe provato a ingoiare la pipì di tutte loro e l’idea la eccitò da morire. Sì immaginò sdraiata mentre tutte e sei le padrone, a turno, si accosciavano e la obbligavano a bere i loro getti caldi. Bastò il pensiero per procurarle un terzo orgasmo e fu grata ad Anita per averle concesso quell’opportunità favolosa. Leccò fregne, culi e capezzoli senza soluzione di continuità per quelle che le parvero ore.

Le ragazze non erano mai sazie e godevano a ripetizione. Bea affermò di aver perso il conto degli orgasmi e squirtò altre due volte. Quando ormai ogni freno inibitore era caduto da tempo, volle leccarle la fica a sua volta, e fu dolcissimo. L’orgia si protrasse per tutto il pomeriggio. Alla fine l’aria del salone era talmente satura dell’odore di sesso che Anita fu costretta a spalancare le finestre per cercare di attenuarlo, con dispiacere di Sonia che si sentiva coccolata e sicura in quel nido olfattivo.

Lucrezia era esausta, nuda e con la faccia impiastrata dalle secrezioni vaginali di parecchie delle padrone, ma più felice di quanto fosse mai stata in vita sua. Quando Sandra, la madre di Anita, rientrò a casa, le trovò sedute sul divano con aria annoiata. «Dovete esservi divertite parecchio» commentò con un sorriso malizioso, forse notando le occhiaie profonde di alcune di loro. «Posso chiederti un favore?» aggiunse poi, rivolgendosi a Sonia. «Sì, signora. Certamente.

»«Mi daresti una mano a fare una medicazione? Mi sono fatta male in palestra. Anita mi ha detto che a volte fai la volontaria in ospedale. Immagino che tu sia abbastanza pratica di queste cose. »Non lo era, ma non avrebbe mai contraddetto una potenziale padrona. «Un pochino, signora. »«Anita se solo vede una goccia di sangue sviene» disse ancora, provocando una smorfia infastidita dell’interessata. Ma dall’odore della sua padrona Sonia capì che in quell’espressione c’era anche gelosia repressa a stento.

Seguì in bagno la signora, che chiuse la porta dietro di sé, provocandole un languore tra le cosce. «Dove si è ferita?» chiese Sonia, compita. «Ora ti faccio vedere» rispose lei, sedendosi sul bordo del lavandino. «Siediti qui sul bidet, così vedi bene. »Sonia obbedì. Era direttamente di fronte al lavandino cui era appoggiata Sandra, col viso all’altezza del pube, da cui veniva un profumo caldo e intenso di secrezioni vaginali, mescolato a quello di sperma maschile.

Aveva fatto sesso da poco e la vagina probabilmente conteneva ancora la sborrata del suo amante venticinquenne. Con un gesto deliberatamente lento tirò su la gonna corta, scoprendo un perizoma minuscolo inzuppato di fluidi corporei. «Proprio qui» disse, spalancando le cosce. «Oggi il ragazzino mi ha sfondato la fregna: era arrapato come un toro, sai?»«Io come posso aiutarla?» mormorò lei, guardandola dal basso. «Puliscimela. Mio marito è un coglione, ma se lascio una scia di sborra sul pavimento perfino lui capirà quanto è cornuto.

»«Sì, signora. »Le sfilò l’indumento fradicio e cominciò a leccare quella fica gonfia e profumata, completamente depilata e liscia come seta. Rivoli densi di sperma le finirono sulla lingua e in bocca. Si chiese se Sandra l’avesse intenzionalmente trattenuto per farglielo ingoiare, ma non le parve probabile. Non poteva sapere che Sonia sarebbe stata a casa al suo rientro, o forse Anita l’aveva avvertita. «Usi la lingua in modo divino» disse, carezzandole la testa.

«Ora capisco perché Anita da qualche settimana ha la pelle così bella. Gli orgasmi fanno miracoli per la carnagione. Lecchi anche la sua, vero?»«Anita è la mia padrona» , mise in chiaro, smettendo per un attimo di slinguare la fessura umida. «Cioè?»«Io sono di sua proprietà. La servo e obbedisco ai suoi ordini. »«Ma ora stai leccando la mia fregna. »Il discorso si stava facendo spinoso, quindi Sonia tagliò corto concentrandosi sul darle piacere, togliendole ogni velleità di indagare ulteriormente.

Mentre godeva, la donna le afferrò la testa quasi volesse infilarsela per intero nella fica, togliendole il respiro. «Non ho mai goduto così tanto» mormorò dopo un po’, guardandola con espressione agrodolce. «Quella piccola stronza è fortunata. Me la leccherai ancora?»«Sì, signora. »«E se Anita ti ordinasse di non farlo più?»«La convincerei a lasciarmelo fare. »«Dobbiamo uscire, è troppo che siamo qui dentro, anche se, conoscendola, sicuramente immaginerà che abbiamo fatto sesso. È una vera zoccola.

»«Sì, signora. »«Se dici di nuovo “Sì, signora” te la sbatto in faccia immediatamente. »Sonia sorrise, ma non disse nulla. Era il momento di tornare dalla sua padrona. Martina ciucciava e la voleva tutta in golaQuel sabato mattina stavo andando a fare la spesa, non è che avessi proprio tutta questa voglia di starmene a girare tra gli scaffali, e così quando dopo aver comprato due o tre cose in fretta mi sono ritrovato di fronte Martina, un po’ mi si è rallegrata la giornata.

Pure lei si trovava lì per comprare qualcosa da mangiare, perché quel sabato voleva andare a farsene un giro: e vederla già nei negozi alle otto e mezza, mi sembrava quanto meno una sorpresa magnifica, in grado di girare positivamente una giornata iniziata forse fin troppo presto per essere una vera e propria vacanza. Lei aveva voglia di andare a passeggiare, però, nello stesso tempo non era completamente convinta della meta, e chiedendomi che cosa avessi in programma di fare per quella giornata, non si aspettava forse di sentirsi rispondere che non avevo alcun piano, pur essendo in giro di mattina presto.

Così le dissi che se avesse voluto fare una passeggiata in montagna, mi sarei aggregato sicuramente con lei, perché l’idea era davvero interessante: così mi disse di salire in macchina con lei, che saremmo passati prima da casa sua, perché doveva lasciare il resto della spesa e, se fosse stato necessario, sarebbe pure passata da me, in modo da lasciare anche le mie poche cose: ma io le dissi che, se non fosse stato un disturbo, le avrei lasciate direttamente da lei, così al ritorno le avrei potute riprendere, senza dover fare giri avanti e indietro.

Martina mi disse che non c’era proprio alcun disturbo in tutto ciò e, anzi, che alla fine sarebbe passata volentieri da casa, tanto ci saremmo poi allungati in auto per arrivare al punto della nostra passeggiata: alla fine, le dissi che per me era uguale, ma che per non scomodarla saremmo potuti andare direttamente in montagna, perché avrei lasciato da lei le cose, e così, alla fine mi fece lasciare sul tavolo della cucina quelle poche cose che avevo acquistato.

Poi, mi disse che si sarebbe cambiata velocemente, perché in effetti non era proprio abbigliata in modo ideale per andarsene a passeggiare tra i boschi, mentre io ero già pronto per andarmene a passeggio, essendo vestito in modo comodo e sportivo: e mentre la vedevo muoversi tra la camera da letto e il bagno, in un lampo, l’ho vista spostarsi senza mutande da una camera all’altra, con quel suo culo esplosivo e con la sua fighetta ben in vista, che mi ha subito fatto venire una voglia incredibile di saltarle addosso e di trombarla da dietro, prendendola come una vacca da montare.

Vedendola aggirarsi con dei pantaloni da yoga tra le mani, con una scusa, le ho chiesto se potessi andarmene al bagno per fare la pipì, incamminandomi apposta senza attendere la sua risposta, e mentre stavo raggiungendo la porta, ormai alla fine del corridoio, lei stava uscendo di nuovo senza mutande dalla stanza, e di colpo si è fermata di fronte a me, mentre i miei occhi sono scesi proprio su di lei, su quel bel pelo, e siamo rimasti entrambi senza parole, finché le ho detto “scusa Marti, devo andare un attimo al bagno” e lei mi ha risposto “aspetta un attimo…”E senza pensarci due volte, mi ha abbassato i pantaloni della tuta, e poi, mi ha levato le scarpe, poi anche le mutande, e quindi anche la maglietta, mentre lei, per dare un tocco più hot alla scena, si è messa della calze eccitanti, e quindi, spingendomi sul letto ancora da rifare, mi ha detto “dai, adesso ti spompino io il cazzo, altroché farti andare nel mio cesso a segarti, magari spiando dal buco della serratura” e io le ho detto “dai Marti, fammi vedere quanto ti piace il cazzo in bocca, fammi assaporare le tue labbra, prenditelo tutto.

”E dopo averlo scappellato delicatamente, ha iniziato a leccarlo, per poi farselo scivolare tra le labbra bagnate, e ingoiarlo con la sua bocca golosa e vogliosa, alla ricerca del mio godimento, che nel frattempo era già parecchio: quella gnocca si divertiva a ciucciarlo con desiderio irrefrenabile, lo faceva entrare tutto in quella bocca calda, e ad ogni spinta verso il basso della sua testa sul mio uccello, mi sembrava di sentire un piacere ancor più intenso e profondo, uno stimolo in più a lasciarmi andare alla sua voglia di regalarmi un godimento senza pari.

La incitavo “oohhhsiii, ciuccia Marti, ciucciaaaa, ahhhh” mentre lei ingoiava il mio cazzo come un aspirapolvere, e le piaceva da morire continuare a stimolarmi in quel modo, ciucciandolo rumorosamente, prendendolo tra le labbra, facendolo roteare tra la sua lingua e la bocca, che era sempre più calda e scendeva sempre di più sul mio cazzo, prendendolo tutto dentro fino alla gola, mentre rumorosamente lei continuava a divertirsi a ciucciarlo, con un’espressione divertita in bocca mentre la incitavo e la spingevo sempre più in giù.

Martina ciucciava, e succhiava e baciava il cazzo con una voglia sempre più intensa ed irresistibile, quasi come se sapeva che prima o poi sarei venuto nella sua bocca e, in effetti, sembrava che spingeva perché potessi sborrarle tra le labbra e riempirla del mio seme, quasi come se per lei fosse importantissimo assaporare la mia sborra: e tirandolo fuori dalla bocca per qualche istante, me lo disse proprio “devi venirmi in bocca e riempirmela tutta, voglio berla, dammela tutta la tua sborra, dai, dimmi che mi riempi tutta.

”E senza profferire parola la spinsi ancor più in giù, sentendo che era arrivata alla massima sopportazione, e che di lì a poco si sarebbe quasi strozzata con il mio uccello caldo e duro, ormai pronto ad esplodere: e in effetti, qualche istante dopo, i miei coglioni iniziarono a spruzzare fuori tutta la sborra che avevano dentro di loro, e finalmente, la sua bocca iniziò a riempirsi allegramente della mia caldissima spinta di vita, che finì anche per traboccare fuori dalle sue labbra, mentre con le dita la recuperava e se la metteva in bocca di nuovo, ingoiando tutto con gusto.

E quando la vidi fissarmi con quegli occhi da troia, seppi quanto Martina era una vera bocchinara divina, e non soltanto la sorella del mio migliore amico…La liturgia del piacereStesa sul letto completamente nuda, mentre si toccava lentamente tra le gambe, era molto invitante, sembrava una ragazzina che aspettava con ansia di fare sesso e lo stava facendo… sesso, solo che stava “scopando” con sé stessa! Si vedevano chiaramente le sue dita scivolare dentro e fuori la sua vagina ricoperta da una lieve peluria, il sonoro era davvero eccitante, si percepiva solamente quel “rumore” tipico che solo delle mani che escono ed entrano avanti e indietro dentro una fica già bagnata.

Non sembrava avere fretta di venire la ragazzina, era evidente che cercava un piacere più profondo piuttosto che raggiungere un orgasmo in pochi minuti solo per il gusto di dare spettacolo a chi la stesse osservando. Che volesse godere di brutto lo si capiva da come si toccava lentamente in ogni parte del suo giovane corpo: partiva dal seno per poi scivolare verso la “zona” fica e quindi ritornare su per strizzare i suoi capezzoli.

Un gioco che faceva più volte per eccitarsi ed eccitare lo spettatore, in questo caso io. E ci stava riuscendo, ad eccitarmi, sentivo ogni minuto che passava crescere il mio uccello dentro gli slip. Lo spettacolo nel totale non durava molto, poco più di cinque minuti, culminando con lei che alla fine si sofferma un'ultima volta tra le sue gambe e sgrillettando definitiva la sua giovane fica, raggiunge l'orgasmo. La sua schiena si inarca, dalla sua bocca diversi gemiti escono confermando il godimento e le sue dita che sempre più velocemente escono ed entrano dal buco della fica, concludono la masturbazione avvicinandosi al suo viso facendosi strada tra le labbra di lei che dolcemente lecca assaporando i suoi umori.

Lo spettacolo era stato davvero eccitante, stavo io stesso per segarmi, se non fosse che lei, Giada, mi chiese espressamente cosa non andava nel filmato per non essere stato accettato dal sito che gli avevo suggerito, ed io essendo già in ritardo per la risposta, non potevo permettermi altri svaghi tra i quali masturbarmi sul suo stesso Video. Conosco Giada da sei mesi, ci siamo “incontrati” in Rete, Internet insomma, per passioni comuni su un sito per adulti abbastanza conosciuto.

Tra i nostri Hobby in comune, avevamo quello di condividere video, foto ed esperienze personali, inserendo questi nostri contenuti su qualche portale, appunto, per maggiorenni… Hard o luci rosse se preferite il vecchio linguaggio. A Giada avevano rifiutato almeno un paio di video e vedendoli attentamente, sembravano “puliti”: non si maltrattavano a****li, non c'erano scene di violenza, non si vedevano persone pisciare, insomma… un video Hot come tanti altri. Solo che a differenza di tanti altri, questo (ma non solo) erano stati rifiutati e per di più senza una motivazione che gli (ci) facesse capire quale fosse il problema.

Si, perché ormai i portali per adulti avevano (hanno) preso la direzione secondo la quale “il sito è mio, faccio come mi pare ed a te non ti devo spiegazioni”, punto! Il che non sarebbe nemmeno sbagliato, se la casa è loro, ci fanno entrare chi vogliono, un po' come diceva qualcuno “la carrozza è mia e ci faccio salire chi mi pare”. Tutto OK, tutto lecito, sono d'accordo, se non fosse che le regole dovrebbero essere uguali per tutti, ma così non era (è).

Buttando un occhio ai vari siti che avevano rifiutato il suo filmato, avevo notato che gli stessi avevano in archivio foto di ragazze dall'età ed atteggiamenti molto discutibili, uomini che urinavano sulle donne o scene sado-maso decisamente spinte e questo solo per fare qualche piccolo esempio. Ma voglio portare alla vostra attenzione un altro episodio prima di entrare nel dettaglio della storia, giusto per non cadere nella trappola o nella diceria “eh… vabbè, adesso per un singolo caso vogliamo fare di tutta un'erba un fascio?”.

No, appunto!Parliamo di un altro filmato, allora. L'ultimo girato è stato questa estate (2017) su una spiaggia un po' isolata. Ero con un'amica che chiameremo Alessia, anche lei abbastanza libera sessualmente e gli propongo di girare una piccola Clip erotica. Cerchiamo quindi un posto tranquillo ma non troppo, l'idea di essere scoperti comunque aiutava nell'eccitazione ed iniziamo a fare sesso, più o meno, in realtà gli chiedo di segarmi. Ma prima posizioniamo i nostri Smartphone (dettaglio importante) in due posizioni differenti, il mio su un lato in modo da riprendermi appunto lateralmente ed il suo frontalmente a me.

Ve la faccio breve: io sono in piedi, poco lontano da me le onde fanno da colonna sonora al video e lei è in ginocchio davanti a me. Dopo pochi minuti, tra lei che mi accarezza l'uccello, alternato da momenti in cui lo prende in bocca, ed io che gli tocco le tette, ovviamente il cazzo mi diventa duro e le palle si gonfiano. Sento che sto per venire e mi preparo a dare spettacolo per il video.

Qualche secondo prima di sborrare, sfilo il cazzo dalla bocca di Alessia, lascio che entrambi i cellulari lo riprendano bene, frontale e di lato, ed inizio l'atto finale che mi porterà alla schizzata. Lo rimetto in bocca ad Alessia, afferro ora con le mani la sua testa e guido i movimenti avanti ed indietro lungo il mio uccello. Sento lo sperma salire lungo l'asta e… finalmente vengo, la spinta dello sperma fa togliere la bocca di Alessia dal mio cazzo, un secondo spruzzo la centra in pieno viso, sul naso, poi se lo riprende in bocca, ormai preparata alle sborrate le gestisce sputando fuori lo sperma mentre gli vengo dentro piú volte.

Quindi prima di svuotarmi completamente, guido la sua mano lungo la mia asta per suggerirgli di continuare a segarmi e schizzo i restanti getti di sperma sul suo seno… cinque, sei, sette, otto sborrate che colano lungo lo spacco delle sue tette. Questo è grosso modo quello che è accaduto tra me ed Alessia quella mattina, ma quando la settimana dopo ho messo in Rete il video “finito” e montato, quasi (anche qui sottolineo “quasi”, poi mi spiegherò meglio) nessuno dei portali decise di inserirlo nei suoi archivi, insomma come si dice in gergo, di pubblicarlo!Ora i casi erano due e sembravo un di C.

S. I. in cerca della soluzione, ma che brancolava nel buio. Cosa non andava in questi video? Cosa non quadrava nei clip dove c'ero io, Chase appunto, Alessia e quello di Giada? E tornando a Lei, che fondamentalmente mi ha dato la spinta e forse l'input per andare a fondo a tutta la questione, perché non riusciva a mettere su internet il suo filmato?La domanda finale quindi era: perché il video di Giada non andava bene? Ha un bel fisico, un gran bel fisico, forse un po' acerbo per la sua età, ma pur sempre una bella ragazza che chiunque farebbe carte false per scoparsela, io stesso la ritengo una delle ragazze più belle che abbia conosciuto.

Nel video poi appariva solo lei, distesa nuda sul letto che si masturbava per la gioia di chi la osservava. Di conseguenza mettere “on line” lei che si tocca, significava avere molta pubblicità per gli inserzionisti. Dove sbagliava la ragazzina?L'illuminazione arrivò il giorno dopo, come sempre quando meno te lo aspetti. Torno a casa, rimetto il suo filmato e lo guardo con occhi nuovi:«eccoperchè non è stato accettato, ed ecco perché sono stati rifiutati quello mio e di Alessia» dico a me stesso osservando lei che si masturba, «come ho fatto a non capirlo prima» dico a me stesso mentre afferro il cellulare e compongo il numero di Giada.

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