Mamma, guarda come sborro! 1

Potevano essere all'incirca le tre del pomeriggio di un pomeriggio di sabato quando, recandomi in bagno per fare una pisciata, passai davanti alla porta chiusa della camera di mia madre, dalla quale sentii provenire degli strani rumori. Incuriosito, mi avvicinai silenziosamente e, messomi in ginocchio, spiai dal buco della serratura. Accidenti, che spettacolo!Mamma, sdraiata sul letto a gambe larghe con la gonna rialzata e le mutandine abbassate, si stava tirando un furioso ditale massaggiandosi il grilletto con le dita della destra e facendosi scorrere velocemente in figa tre dita della sinistra! Smaniava come una cagna in calore quella maiala, cosicchè, senza pensarci un attimo mi aprii la patta e, con l'occhio fisso al buco della serratura, mi apprestai a tirarmi un bel raspone.

Ne avevo giusto voglia dopo tante ore di studio e, quando la vidi godere con un potentissimo orgasmo che le squassò tutto il corpo, mi feci anch'io una bellissima sborrata lanciando lunghi schizzi di crema sul pavimento del corridoio. Non era certo la prima volta che mi segavo spiando mia madre ed ero convinto che lei lo sapesse e che facesse apposta tutto quel casino quando si sbatteva la passera per farsi sentire da me.

Fatto sta che quando ebbi finito non mi preoccupai neppure di dare una pulita al pavimento: volevo che lei trovasse i miei schizzi davanti alla sua porta e sapesse che avevo goduto spiandola. Mamma ed io viviamo da soli da molti anni e adesso che sono diventato un uomo non mi dispiacerebbe affatto farmela. Non è che sia una bellezza, con quel corpo un pò appesantito ed il viso segnato dalle tante vicende della vita, però ha ancora due belle tette; e anche il suo culo, anche se è un pò troppo grosso, ha un che di appetitoso.

Uscito dal bagno, dove ero andato finalmente a pisciare e a darmi una ripulita, me la ritrovai davanti. Non ti vergogni? mi domandò a bruciapelo. Di che? le risposi. Di spiare tua madre e tirarti le seghe. Guarda che casino hai combinato, hai sporcato anche il muro con i tuoi schizzi. E allora? le feci io. Ho visto che ti stavi tirando un ditale e mi hai fatto venire voglia. Sei proprio un porco, mi apostrofò ridendo, e se ne andò in bagno.

Il giorno dopo, era domenica, la scena si ripetè. Questa volta, però, lasciò la sua porta socchiusa ed io potei spiarla molto più comodamente e, altrettando comodamente, sfilarmi del tutto calzoni e mutande e spararmi una sega lunghissima e farmi una sborrata colossale nello stesso momento in cui lei, guardando nella mia direzione, fu squassata da un potentissimo orgasmo. Avevo nuovamente sporcato dappertutto e quando usci dal bagno dove mi ero dato una ripulita, me la ritrovai un'altra volta davanti.

Stava indicando, sul pavimento di marmo scuro, le tracce inequivocabili della mia attività. Ti piace spiare tua madre! mi apostrofò, accidenti se ti piace! A giudicare dal pavimento devi esserti fatto una bella goduta!La colpa è tua, le dissi, che hai lasciato la porta socchiusa. Hai ragione, fece lei, ma l'ho fatto apposta per farti piacere. So che ti piace spiarmi mentre mi sbatto la passera e in questo periodo stai studiando così tanto che ho pensato ti potesse far bene sfogarti un pò.

Grazie, mamma, riuscii solo a dire. Non c'è di ché. Adesso però prendi uno straccio e dai una pulita. La settimana successiva lei tornò al lavoro ed io mi dedicai intensamente allo studio. La sera cenavamo insieme e poi guardavamo un pò di tv. Il giovedì sera trasmettevano un programma particolarmente noioso, cosicchè andammo entrambi a letto presto. Verso le dieci, io stavo già per addormentarmi, lei mi chiamò. Antonio?Che c'è mamma?Vuoi venire qui?Temendo che non si sentisse bene la raggiunsi immediatamente.

Che c'è, non stai bene? domandai allarmato appena fui in camera sua. Ma no, sciocchino, sto benissimo, mi rispose ridendo. Solo che mi è venuta voglia di tirarmi un ditale e, se ti fa piacere, puoi guardarmi da vicino. A questo punto non ha più senso che tu mi spii come un ladro. Stai parlando seriamente? domandai. Ma certo. L'importante è che tu non ti metta in testa strane idee. Se vuoi puoi guardare e basta.

Al massimo puoi tirati una sega. Davvero posso segarmi davanti a te?Ma si, perché no! In fondo fa piacere anche a me. Doveva essersi profumata perchè nella stanza aleggiava un odore di femmina misto a quella di una costosa essenza francese. inutile dire che di fronte a quella proposta mi sentii subito formicolare i coglioni e sentii il cazzo indurirsi e premere contro il cotone del pigiama. Vedo che la proposta ti alletta, disse lei ridendo ed indicando il rigonfiamento dei miei calzoni.

Forza, mi disse ancora, levati il pigiama; sei ridicolo con quella specie di tenda sul davanti. Accortasi che, nonostante tutto provavo un certo imbrazzo a denudarmi davanti a mia madre, fece lei la prima mossa sfilandosi la camicia da notte e mostrandosi a me completamente nuda. Sono brutta vero?Ma no, mamma, cosa dici, sei bellissima. Non è vero, sono vecchia e grassa. Ma no, ti dico che sei bellissima, davvero. Grazie, mi fa piacere sentirtelo dire anche se so che non lo pensi.

Mamma, credimi, lo penso davvero. Bene, allora vieni qua, levati il pigiama e sdraiati vicino a me. Ci tocchiamo e ci diamo piacere guardandoci a vicenda. E' da tanto che non ho un uomo nudo nel mio letto. Quando mi sfilai il pigiama vidi che il suo sguardo si posava sul mio membro ritto. Ce l'hai grosso, mi disse, è cresciuto parecchio dall'ultima volta che ti ho visto nudo. Allora eri ancora un ragazzino.

Te lo seghi spesso? mi domandò. Abbastanza. Da solo o con qualche amico?Mamma cosa dici! Quelle cose si fanno nell'adolescenza. Allora te fai segare da qualche amica. Quando capita. E ti fanno anche altro? Magari te lo prendono in bocca. A volte si. Aveva spalancato le cosce e potevo vedere che il suo figone nero si stava bagnando. sentivo anche l'odore della sua femminilità spandersi nell'aria. Raccontami cosa ti fanno quelle maialine, mi disse poi cominciando a titillarsi il clitoride che si stava indurendo come un piccolo cazzo.

Racconta tutto alla tua mamma che ha tanta voglia di godere. Adesso se la stava proprio sbattendo e non potei fare a meno, mentre le raccontavo alcuni episodi della mia modesta vita sessuale, di avvicinare il viso alla sua figa per guardare meglio ed aspirare il forte odore di fregna allupata che proveniva dai suoi sughi. Nel frattempo avevo impugnato la mazza e me la stavo facendo scorrere lentamente nella mano destra, quando sentii la sua mano scostare la mia.

Fammelo toccare, mi disse, è da tanto che non tocco un bel cazzo duro. Quando sentii la sua mano, calda, morbida e bagnata dei succhi della sua figa stringersi intorno alla mia mazza, mi feci ancora più vicino e allungai timidamente la destra a sfiorarle le poppe. Le vorresti toccare? mi domandò. Da morire, sibilai. Toccale pure, allora. Non me lo feci certo ripetere e mi tuffai con entrambe le mani su quelle due belle poppone dai capezzoli larghi e inturgiditi.

Giocaci un pò, piccolo, mentre mamma si sbatte la passera e ti sega la mazza. E così feci, perdiana! Le sue poppe erano davvero fantastiche, grosse, morbide e sode allo stesso tempo e la sua mano, che lei di tanto si bagnava infilandosela nella topa fradicia, mi stava facendo godere davvero come un maiale. Vedevo che lei era forse ancora più arrapata di me e così staccai una mano dalle poppe e la allungai verso le sue cosce.

Cosa vorresti fare? domandò. Te la posso sbattere un pò io?Sei capace?Credo di si. Prova, allora. Era calda la sua figa, calda e fradicia. Non so se fossi davvero capace di sbattergliela per bene, ma lei mi parve apprezzare perchè sentii che la stavo facendo godere. Giocai a lungo col suo clitoride, poi infilai tre dita all'interno e le tirai un bel ditale. Sei bravo, mi sussurrò, sei davvero bravo, mi stai facendo godere.

Ti meriti anche tu una bella goduta. Vieni, cambiamo posizione, mettiamoci in ginocchio. In quella posizione potevo sbattergliela meglio e potevo imapastarle meglio le poppe con la mano libera; inoltre lei poteva massaggiarmi i coglioni e segarmi più agevolemnte la mazza che aveva ormai preso a colare un filo di bava. Stai colando, mi disse, hai voglia di sborrare?Si, tanto, ma non subito, facciamolo durare ancora. Va bene, piccolo, lo facciamo durare quanto vuoi.

Adesso con la mano libera avevo momentaneamente abbandonato le poppe e le stavo carezzando le grosse chiappe carnose. Mamma ha il culone grosso, scherzò lei. E' bellissimo, feci io. Bugiardo.  Ti giuro, è bellissimo, sodo e carnoso. Scommetto che ti piacerebbe rompermelo. Ci puoi giurare!Scoppiò a ridere. Scordatelo!Nel frattempo mi ero fatto più audace e avevo dato qualche leccata alle poppe. Visto che lei non protestava ci tuffai il viso e presi a baciargliele e leccargliele.

Ti piacciono le poppe di mamma, brutto porcellino. Baciale e leccale quanto vuoi. Mordile anche se ti fa piacere. Stai colando avvero un casino, aggiunse poi, guarda come mi hai ridotto le lenzuola. Non vuoi che ti faccia sborrare?Non ancora, posso ancora trattenermi.  Sentii che la sua mano si staccava dal mio cazzo. Era piena di bava e Vidi che prese a leccarsela. Stai leccando la bava del mio cazzo, le dissi. Si, mi piace, ha un buon sapore.

Le sfilai la mano dalla passera e mi leccai le dita. Anche la tua figa ha buon sapore, le dissi. Ti piacerebbe leccarla?Eccome! esclamai. E allora fatti sotto porcellino!Me la diede da leccare e, contemporaneamente si imboccò la mia cappella. Non era certo la prima figa che leccavo né il primo bocchino che mi facevo fare ma, dovete credermi, nessuna aveva una figa così saporita e nessuna aveva mai saputo ciucciarmi la mazza con tanta perizia.

Oramai gli argini si erano rotti e quando mi sfilai dalla sua bocca e la feci mettere alla pecorina lei non protestò. Sapevo che sarebbe andata a finire così, disse solo quando le montai in groppa ed iniziai a spingere la testa del cazzo contro il buchetto rosato del suo culone. Non farmi troppo male, mi implorò, sono anni che non lo prendo nel culo. E invece le feci male, perché il suo buco del culo era davvero stretto e ci misi un sacco ad infilarci tutta la mazza.

A poco a poco, però, spingendo come un forsennato, sentii che i suoi muscoli si stavano rilassando e, centimetro dopo centimetro, mi piazzai nel suo culo fino ai coglioni. Aggrappato alle sue spalle la montai come un califfo facendomi un'inculata davvero epica e quando sentii di non riuscire più a trattenermi mi sfilai. Perché ti levi, mi domandò. Perchè devo sborrare. E non vuoi sborrarmi nel culo?No, sono anni che sogno si sborrarti in faccia.

Il mio cazzo, duro da farmi male, ondeggiava davanti al suo viso colando bava, pronto a scaricarle addosso la piena dei miei coglioni. E allora sborrami in faccia, sporcami tutta.  Sul viso e sulle poppe, quasi mi misi ad urlare dall'eccitazione, ti sborro sul viso e sulle poppe, brutta maiala. E, finalmente, potei liberarmi, scaricandole addosso un fiume di sborra calda e cremosa che troppo a lungo avevo trattenuto.  Si, bravo sborrami sul viso e sulle poppe, la sentii incitarmi mentre le riversavo addosso secchiate di sborra spessa e untuosa.

Sborra, bravo, sborra, così, così, ancora, dammene ancora. Fai vedere alla tua mamma quanto sei bravo, falle vedere come la sporchi tutta con i tuoi schizzi. Nel frattempo se la sbatteva furiosamente, potevo sentire lo sciabordio delle sue dita nella figa fradicia, e venne anche lei. Guardami, mamma, guardami, stavo urlando, guarda come sborro, guarda come ti sborro addosso! Stavo sborrando davvero come un cavallo colpendola con lunghi schizzi violentissimi che la ricopersero letteralmente da capo a piedi.

Fu una notte lunghissima, quella.  Ci addormentammo all'alba dopo che la ebbi fatta godere non so quante votle sbattendole la passera e leccandogliela. Purtroppo non volle farsi ciulare perché aveva paura di rimanre incinta. In compenso mi leccò dappertutto, dalla testa ai piedi. Mi ciucciò la cappella, mi leccò i piedi, i capezzoli ed il buco del culo. Si fece sborrare in bocca, in faccia, sulle poppe. Mi diede nuovamente il culo e le sborrai anche negli sfinteri.

 Mi fece godere per ore insegnandomi posizioni e trucchi per fare godere una donna senza metterglielo in pancia. Purtroppo non ci furono altre nottate come quella. Da allora ho ripreso a spiarla e a tirarmi le seghe nel corridoio. Ma io sono fiducioso. Prima o poi….
Da un pò di tempo ho commesso l'errore di permettere a mio figlio Marco, un diciannovenne che fino ad ora non mi aveva mai dato problemi, di prendersi parecchie libertà.

I ragazzi di quell'età, lo sanno tutte le madri, hanno bisogno di sfogarsi spesso ed io, preoccupata nel saperlo sempre chiuso in camera sua a guardare filmetti porno, ho allentato la guardia di fronte alle sue un poco troppo calorose manifestazioni d'affetto. Per carità, non c'è nulla di male se un figlio manifesta il proprio affetto alla madre, per giunta vedova. Però a tutto c'è un limite e quando lui ha cominciato a mettermi le mani addosso, io avrei dovuto ribellarmi, anziché incoraggiarlo come invece purtroppo ho inconsapevolmente fatto.

Ma una madre, si sa, per il proprio figlio farebbe qualunque cosa, e quando lui è stato lasciato dalla sua ragazza mi sono accorta che stava davvero soffrendo, così non ho potuto fare a meno di assecondarlo, almeno sul piano fisico. Un ragazzo di diciannove anni deve potersi sfogare e quando ho cominciato a vederlo girare per casa smanioso e con l'uccello duro che gli segnava i calzoni ho provato pena per lui ed ho finto di non accorgermi che i suoi abbracci ed i suoi baci erano un poco troppo affettuosi da parte di un figlio.

Ed ho anche finto di non accorgermi che, al termine di quei lunghi e calorosi abbracci, i suoi calzoni erano quasi sempre bagnati. Insomma, per farvela breve, a poco a poco gli ho anche permesso di allungare le mani e lui, visto che ha trovato il terreno facile, ne ha approfittato per infilarmele nella scollatura o sotto la gonna. Devo anche ammettere che, a parte l'amore di una mamma per il figlio, essendo ormai vedova da tanti anni quelle mani addosso non mi dispiacevano affatto.

 Cercavo, è vero, di sottrarmi alle sue avances, ma senza troppa convinzione.  Soprattutto la sera, seduti fianco a fianco sul divano davanti alla tv, gli permettevo di carezzarmi le gambe, le cosce e di infilare una mano nella scollatura del seno fino a quando non mi accorgevo che lui riusciva a svuotarsi. Dopo un poco era diventata un'abitudine e quando lui sentiva il bisogno di darsi un poco di sollievo mi chiedeva di andare a sederci sul divano dove io mi prestavo alle sue carezze fino a quando non lo sentivo finalmente rilassarsi e vedevo una larga macchia scura spandersi sul davanti dei suoi calzoni.

Certe volte lo vedevo smaniare come un asino in calore e mi faceva talmente pena che ero io stessa che lo invitavo ad andare a sistemarci sul divano dove, davanti alla tv accesa, fingevo di guardare la trasmissione e di non accorgermi delle sue mani che risalivano sotto la mia gonna o si insinuavano sotto la camicetta mentre lui mi copriva il volto di baci. A poco a poco, come ho già detto, le mie difese si stavano allentando, ed una sera in cui doveva probabilmente essere più infoiato del solito, dopo essersi seduto al mio fianco sul divano prese a sbottonarmi la camicetta.

A quel punto non potevo più fingere di non accorgermi e dovetti intervenire. Marco! esclamai, cosa stai facendo?Ma lui, invece di rispondermi, slacciò un altro bottone. Marco, per piacere, stai buono!Ma la camicetta era oramai tutta aperta ed il mio grosso seno – ancora piuttosto bello, devo dire – era coperto solo dal reggiseno di pizzo nero. Prima che potessi accorgermene lui fece saltare il gancio posteriore e le mie mammellone, bianche e lisce, grosse e sode e con dei bei capezzoli rosati, si presentarono al suo cospetto in tutta la loro magnificenza.

Marco! ti sei impazzito?Ma lui non mi ascoltava neppure, totalmente affascinato da quei due grandi globi di carne pensando ai quali doveva avere riversato torrenti di sperma. Come sono belle! lo udii esclamare con la stessa espressione sul volto di un bimbo davanti ad una torta di panna e cioccolato. Lo so che ho sbagliato, ma io che cosa avrei dovuto fare? Forse avrei dovuto sgridarlo, alzarmi ed andarmene infuriata. Ed invece sono rimasta lì e gli ho permesso di giocarci con quei globi di carne.

Gli ho permesso di carezzarle, palparle e baciarle. E quando l'ho visto irrigidirsi tutto, nel momento del piacere, ho provato piacere anch'io, per lui. Lo avevo fatto felice – e mi era testimone la chiazza sui suoi pantaloni, larga quanto non l'avevo mai vista prima – ed io ero felice per lui. L'amore di una madre non ha limiti, lo sappiamo tutti, e da quella volta le nostre serate sul divano si concludevano sempre con le mie poppe al vento, con lui che le carezzava, le palpava, le baciava e le leccava… e con un paio di calzoni da smacchiare.

Il tutto si sarebbe fermato lì se non fosse che anch'io sono fatta di carne e non di legno.  Ed una sera in cui chi smaniava come un'asina in calore ero proprio io, lui dovette accorgersene perché, dopo avere liberato le mie poppe dalla costrizione del reggiseno, decise che potevo anche fare a meno delle mutandine. Devo ammettere che con le poppe al vento, la gonna rialzata sulla pancia e le sue mani che scorrevano sulle mie cosce coperte da un paio di autoreggenti nere, non c'è da stupirsi se lui, ad un certo punto, abbia cercato di liberarmi dal fastidio di un bel paio di mutandine nere sulle quali avevo in precedenza lasciato cadere due gocce di profumo francese.

Devo anche ammettere che le mie proteste sono state alquanto flebili e devo aggiungere di non avere opposto molto resistenza quando lui, rosso in viso e con le mani tremanti, mi ha fatto scivolare le mutandine alle caviglie mostrando al suo sguardo estasiato il mio bel figone contornato di riccioli neri. Doveva avere la gola secca e la bocca asciutta perché lo sentii deglutire rumorosamente quando, con delicatezza, mi divaricò le gambe quel tanto che gli era concesso dalle mutandine arrotolate alle mie caviglie.

Marco, adesso cosa vorresti fare? mi udii dire con voce allarmata. Invece di rispondermi lui si inginocchiò ai miei piedi. Com'è bella, mamma! esclamò poi con voce strozzata. La posso toccare?Toccala, baciala, leccala! avrei voluto gridare, ma mi trattenni. Lo vidi inspirare profondamente con le narici e mi accorsi di essere bagnata fradicia. Che buon odore che ha, mamma!Cercando di non fargli notare quanto fossi arrapata, gli dissi che poteva toccarla. Quando sentii i suoi polpastrelli tremanti poggiarsi sulla mia carne viva dovetti trattenermi per non smaniare.

Mamma, sei tutta bagnata, disse lui. Non sapevo cosa rispondere. Sentivo le sue dita percorrere i contorni delle grandi labbra, soffermarsi sul clitoride indurito e infine penetrare delicatamente all'interno. In quel momento avrei voluto che mi sbattesse sul divano e mi montasse sopra, ma feci di tutto per mantenermi composta. La mia passera, però, dilatata, con le labbra ingrossate e bagnata fradicia, tradiva i miei sentimenti. Hai voglia anche tu, vero mamma?Stavo pensando a cosa rispondere quando lo vidi inarcarsi tutto e stringere gli occhi e capii che si stava svuotando.

Aspettai che si fosse liberato completamente i coglioni, poi mi rialzai velocemente dal divano, mi sfilai le mutandine e corsi in bagno a tirarmi un ditale che mi procurò un orgasmo gigantesco. Le serate successive cercai di combinare delle uscite con le amiche; avevo paura di stare in casa con Marco, non sapevo che cosa sarebbe potuto accadere. Ma non potevo sempre uscire, oltretutto Marco pareva triste ed offeso. Non mi vuoi più bene mamma? mi domandò una sera mentre mi stavo preparando per andare al cinema con Carla e suo maritoMa no, sciocchino, come puoi pensarlo?E così dovetti disdire l'impegno e dopo cena eravamo nuovamente sul divano.

Quando lo vidi arrivare in soggiorno, rosso in viso, con le mani leggermente tremanti ed il solito turgore sul davanti dei calzoni, sapevo perfettamente cosa stava per succedere. Feci per rialzarmi dal divano, ma la sua espressione da cane bastonato al pensiero che io stessi per andarmene mi trattenne. E così mi lasciai sbottonare la camicetta, levare il reggiseno, rialzare la gonna e sfilare le mutandine. Lasciai che Marco si inginocchiasse ai miei piedi, che tuffasse il viso tra le mie poppe e infilasse le dita nella mia femminilità.

Speravo che godesse velocemente, come le altre volte; invece quella sera pareva durare parecchio ed io, che come ho già avuto modo di dire non sono fatta di legno, stavo partendo per la tangente a sentirmi baciare e leccare le poppe a quella maniera e a sentire le sue dita che frugavano tra le mie cosce. Mamma, disse ad un tratto lui scostandosi dal mio seno e guardandomi fisso negli occhi, mi piacerebbe tanto che tu mi guardassi mentre godo.

Cosa potevo rispondere?Ma…in che senso? farfugliai. Nel senso che vorrei che tu mi guardassi mentre sborro. Con le poppe bagnate dalla sua saliva e le sue dita che stavano ravanando nella mi figa, avrei forse potuto dirgli di no? O fargli notare che non sta bene che un ragazzo sborri sotto lo sguardo di sua madre?E così lo aiutai a sfilarsi velocemente calzoni e mutande e mi ritrovai col suo cazzo svettante, duro come il marmo, dritto come un fuso e molto più lungo e grosso di quanto non immaginassi, al mio cospetto.

A questo punto sfilati anche la maglietta, gli dissi, e levati quei maledetti calzini. Era nudo, bello come un dio greco, davanti a sua madre. Decisi che avrei dovuto prendere in mano io la situazione per evitare che precipitasse e, tanto per cominciare…presi in mano il suo uccello. Era caldo, liscio e duro. Seduto al mio fianco sul divano, a gambe spalancate, lo vidi chiudere gli occhi e, con un espressione sognante sul viso, lasciò che glielo lisciassi.

Con la destra avvolta intorno a quel potente pezzo di carne feci scorrere la pelle e ne scoprii la testa, grossa, lucida e coi bordi larghi, spessi e rialzati. Con la sinistra tastai le palle, dure, gonfie e grosse anch'esse. Era un pezzo che non maneggiavo un uccello – e che uccello! – e sentivo che mi stavo bagnando sempre di più. Iniziai lentamente a segarlo sentendolo farsi sempre più duro; lo sentivo pulsare mentre la cappella si faceva sempre più turgida e ne vedevo i bordi allargarsi ed inspessirsi.

Mi abbassai verso di lui e passai la lingua su un suo capezzolo che si irrigidì all'istante. Lui mugolò di piacere, allora passai a leccare e a succhiare entrambi i suoi capezzoli mentre acceleravo leggermente il ritmo della sega. Lo vidi scivolare un poco in avanti ed intuii che stava assumendo quella posizione per permettermi di massaggiargli i coglioni, cosa che feci con la mano sinistra. Quando vidi che il buchetto del cazzo prese a dilatarsi e a secernere qualche goccia di una bava biancastra e collosa intuii che Marco stava per godere.

Quando la bava si fece più spessa ed abbondante – ormai le mie dita ne erano piene – lui si inarcò protendendo il ventre in avanti. Mamma! mi disse con voce strozzata dal piacere, io sto per sborrare. Sborra, piccolo di mamma, sborra, sborra tanto! Fai vedere alla tua mamma una bella sborrata, falle vedere come schizzi! Mamma ti guarda, come piace a te. Il mio Marco era alla fine, intuivo che la sborra gli stava montando e che era una questione di attimi.

 Io, dal canto mio, mi sarei infilata in pancia un palo da tanto che avevo voglia. Mi sentivo la topa infuocata e la sentivo colare lungo le cosce. Eccola, eccola! urlò Marco, ora, ora! Sto per godere, eccola, la sento, la sento! Ahhh, sto sborrando mamma, sto sborrando!! Ahhh! Ahhh!Continuando a leccargli i capezzoli sentii il suo cazzo farsi, se possibile, ancora più duro. Lo sentii guizzare nella mia mano come un cavallino imbizzarrito, vidi la cappella gonfiarsi a dismisura e, finalmente, lo feci sborrare.

Non è facile descrivere a parole lo spettacolo cui assistetti. Nella mia vita di cazzi ne ho fatti sborrare un bel pò, ma mai nessuno mi ha mostrato un simile spettacolo di potenza. Che dire: fu un susseguirsi di schizzi lunghissimi, violenti, abbondanti, spessi e cremosi che, disegnando un arco, andarono a spiaccicarsi sul mio tappeto persiano a qualche metro di distanza. Marco, in un parossismo di eccitazione, si era inarcato con le spalle sul divano ed i talloni a terra e mi incitava a guardarlo mentre lanciava i suoi fiotti di sperma.

Mamma, mammina, guarda come sto sborrando! Guardami, guardami! Ahh, come godo, come godo! Ahh!Ahh!Sembrava impazzito e intanto buttava come un cavallo mentre l'aria della stanza si riempiva dell'afrore del suo sperma. Bravo, bravo, così, così! mi udii incitarlo, così, così, bravo, buttane ancora! Sborra, bravo, sborra mentre mamma ti guarda. Ero davvero impressionata da quello spettacolo, ma lui non finì di stupirmi, perché quando credetti che si fosse finalmente svuotato e feci per togliere la mano dal suo cazzo ancora duro lui mi chiese di continuare a segarlo.

Non fermarti mamma, non fermarti, ce n'è ancora, ce n'è ancora!E infatti, dopo un paio di secondi, vidi fuoriuscire un lungo rivolo di sborra, questa volta liquida e fluida, che andò a formare una piccola pozza sul pavimento proprio davanti al divano. Adesso si era proprio scaricato e si accasciò sul divano. Che goduta, mamma, che goduta! Grazie, grazie, sei stata bravissima. Anche tu, piccolo, sei stato bravissimo. Non avevo mai visto una sborrata del genere.

Ti è piaciuto guardarmi?Tanto, davvero. Allora possiamo rifarlo?Marco! non essere ingordo!Hai ragione, scusa. E tu?Io, cosa?Tu non hai voglia di godere?A dire il vero mi hai fatto venire una certa voglia. E allora tirati un ditale. O preferisci che te lo tiri io?Faccio da sola, grazie. Feci per alzarmi, ma lui mi bloccò. Dove stai andando?Bè…ecco…io andrei in camera mia a…Perché? non puoi tiratelo qui? Io ti ho fatto guardare mentre sborravo. Fammi guardare anche tu.

La sua logica era inoppugnabile, per cui non seppi cosa rispondere. D'altro canto ero infoiata come una vacca e dovevo assolutamente tirarmi almeno un ditale. Così lo accontentai e, adagiata sul divano, spalancai le cosce ed iniziai a montarmi a neve la passera che, peraltro, era già bella pronta, aperta e gocciolante. Dopo il primo orgasmo, che raggiunsi quasi istantaneamente da tanto che ne avevo voglia, continuai a sbattermela sotto lo sguardo sempre più interessato di mio figlio che, a dispetto dell'immane goduta che si era appena fatto, ce l'aveva di nuovo duro e mi si stava pericolosamente avvicinando.

Mi piace guardarti mentre te la sbatti, mi disse prima di appoggiare le labbra sui miei capezzoli inturgiditi. Mi piace sentire il rumore che fanno le tue dita nella figa fradicia, aggiunse poi, e mi piace anche l'odore di femmina che stai spandendo nell'aria. Nel parlare si era fatto più sotto ed ora sentivo il suo cazzo duro premere contro il mio fianco nudo. Istintivamente lo presi in mano e, fatta scorrere la pelle, scoprii la cappella e raccolsi con le dita alcune gocce di sborra della sua precedente goduta e me le passai sulla lingua.

In quel momento sentivo arrivare il secondo orgasmo e stavo godendo come una maiala, sicché quando lui si inginocchiò davanti a me ed iniziò a leccarmi le cosce non solo non protestai ma, afferrata con entrambe le mani la sua testa, lo diressi verso di me invitandolo a leccarmi. Leccala, ti prego, leccala. Lecca la figa di mamma, falla godere, falla godere tanto. Con la faccia sistemata tra le mie cosce spalancate sentivo la sua lingua inesperta percorrere le grandi labbra, leccare il clitoride, insinuarsi fino alle piccole labbra e penetrare all'interno della mia femminilità.

Spingendo il ventre contro di lui fin quasi a soffocarlo fui all'improvviso squassata da un orgasmo tremendo, sicuramente il più potente degli ultimi anni, che mi fece tremare, urlare e riversare sul suo viso tutti i miei sughi. Quando riuscì a liberarsi dalla stretta delle mie cosce vidi che mi stava sorridendo. Che vergogna! dissi. Che vergogna! ripetei coprendomi il viso col braccio. Che vergogna fare queste cose con mio figlio. Mamma, mammina, non dire così.

Non abbiamo fatto nulla di male. Avevamo voglia tutti e due e ci siamo dati piacere. Senza rispondere mi rialzai dal divano e andai a fare una lunga doccia calda. Quando, con indosso l'accappatoio, andai a ripulire il tappeto persiano dal disastro che aveva combinato Marco, non riuscivo a togliermi dalla mente lo spettacolo della sua sborrata e della goduta che mi ero fatta quando mi ero lasciata leccare la figa. Incazzata con me stessa sentii che mi stavo nuovamente bagnando tra le gambe e decisi di andare a fare un'altra doccia, questa volta fredda, ma nel corridoio fui intercettata da mio figlio.

Aveva fatto la doccia anche lui e il suo accappatoio mostrava i segni inequivocabili della sua rimontante eccitazione. Rammentai il suo cazzo duro mentre mi tiravo il ditale e pensai che fosse rimasto con la voglia di sfogarsi una seconda volta. A quell'età ce ne vuole prima di saziare un ragazzo!Feci per schivarlo ma lui mi afferrò un braccio. Sei arrabbiata? mi domandò con l'aria contrita. Ma no, stai tranquillo; e comunque quanto è successo è solo colpa mia.

Nonostante tutto non riuscivo a distogliere lo sguardo dal ridicolo rigonfiamento del suo accappatoio. Lui se ne accorse e mi si fece più vicino, e quando slacciò la cintura del mio accappatoio non feci nulla per fermarlo. Sentii le sue mani calde e leggermente sudate per l'eccitazione afferrare i miei seni. Mamma, mi disse giocando con le mie poppeDimmi, piccolo. Io avrei ancora tanta voglia. Davvero?Davvero, mamma. E così me lo sono portato in camera mia, gli ho tolto l'accappatoio e l'ho fatto sdraiare sul mio lettone, col cazzo ritto che puntava verso il soffitto.

Cosa ti piacerebbe? gli ho domandato sfilandomi a mia volta l'accappatoio e sistemandomi al suo fianco. Non lo so, fai tu. E così ho cominciato a giocare col suo corpo perfetto, dapprima carezzandolo dappertutto, poi dandogli dei piccoli baci e infine leccandolo tutto dalla testa ai piedi. Gli ho leccato le gambe, le ginocchia, il petto, la pancia, la schiena, le spalle. Gli ho infilato la punta della lingua nelle orecchie e gli ho leccato gli occhi, il naso, le labbra.

Gli ho messo la lingua in bocca e ne ho leccato l'interno; gli ho leccato i piedi e le mani. Poi l'ho fatto inginocchiare davanti a me e gli ho finalmente fatto ciò che lui desiderava e non osava chiedermi. Gli ho scoperto la cappella e gliel'ho leccata, succhiata, gliel'ho lavorata di lingua e di labbra fino a quando non ho sentito il sapore salato della sua bava di cazzo. Allora mi sono fermata – non volevo farlo già godere – e ho preso a leccargli i coglioni.

Li sentii belli pieni e provai un fremito di piacere al pensiero della sua imminente sborrata. Nel frattempo lui giocava con le mie poppe, mi infilava le dita nelle figa e mi palpava soddisfatto il culo. Lo stavo facendo godere ed ero felice. Vuoi sborrare? gli ho domandato ad un certo punto. Non subito. Fammi godere ancora un poco. Posso leccarti la figa?Ma certo, piccolo, lecca la figa di mamma, leccala quanto vuoi. Mi fece mettere alla pecorina perchè voleva leccarmela da dietro ed io intuii che gli doveva interessare anche il mio culo.

Infatti, dopo avermela leccata per bene, facendomi godere come una maiala, mi divaricò bene le gambe e tuffò il viso tra le mie chiappe, dedicandosi a leccarmi il buco del culo. Quando si fu ben saziato delle mie carni riemerse e mi diede nuovamente la testa del cazzo da ciucciare. Prima di imboccarmelo gli domandai se desiderava che lo facessi godere nelle mia bocca. Mi parve indeciso. Preferirei sborrarti sul viso e sulle poppe, disse poi.

Come vuoi tu, piccolo. Non mi ci volle molto per finirlo a colpi di lingua lungo i bordi della cappella. Mamma, ci siamo, mi annunciò. Io peraltro lo avevo già intuito dal flusso della bava che fuoriusciva ormai copiosa. Mi misi in posizione offrendogli il viso e le poppe e lui si diede da solo gli ultimi colpi puntandomi contro la testa del cazzo. Vi ho già descritto la sua precedente sborrata, per cui non mi dilungo oltre.

Dico solo che mi annaffiò tutta dalla testa ai piedi, sporcando le lenzuola, il comodino, la testata del letto, il muro. Combinò davvero un casino, reggendosi la mazza a due mani come fosse stato un tubo dell'acqua e schizzando dappertutto. Quando si fu scaricato si accasciò sul letto e lo feci ass****re al lungo ditale che dovetti immediatamente tirarmi. Dopo un breve sonno ristoratore ed una bella doccia cenammo, e quella notte dormimmo entrambi come due angioletti.

Per qualche giorno Marco, evidentemente soddisfatto, stette buono, ma una sera, sul solito divano, tornò alla carica. La colpa fu mia perché quella sera, pensando di dover uscire a cena con amici mi ero messa tutta in tiro.  Poi la cena fu rimandata ma io,invece di mettermi i soliti abiti da casa, rimasi com'ero. Calze nere, scarpe col tacco, un bell'abitino elegante che mi fasciava le forme, tutta profumata e ben pettinata, era evidente che lui si arrazzasse.

E infatti dopo neanche un minuto che eravamo sul divano mi si è fatto vicino e ha cominciato a baciarmi e a palparmi dappertutto. Quando mi ha chiesto di inginocchiarmi sul divano l'ho visto talmente infoiato che non ho avuto il coraggio di dirgli di no; così, una volta sistemata, lui mi ha sollevato il vestito sulla schiena, mi ha fatto scivolare le mutandine alle caviglie ed ha tuffato il viso tra le mie cosce, iniziando a leccarmi come un forsennato.

Poi si è tuffato tra le chiappe e ho sentito la sua lingua leccarle tutte e soffermarsi infine sul buco del culo. A quel punto volevo levarmi il vestito per stare più comoda, ma lui non ha voluto, dicendomi che così ero più sexy.  Sentire la punta della sua lingua premere contro il mio buchetto posteriore per cercare di penetrarlo mi ha fatto un certo effetto, così ho proteso di più il busto verso l'alto per potergli offrire più agevolmente il culo.

E' durata parecchio la sua leccata, e quando ha sfilato il viso dalle mie chiappe si è tolto rapidamente calzoni e mutande e mi sono ritrovato il suo cazzo svettante all'altezza del viso. Ciucciami la cappella, mi ha implorato, guarda come sto colando, non ce la faccio più. In effetti il suo magnifico cazzo stava colando davvero tanto, spargendo a terra la sua bava collosa. Insomma, ve la faccio breve. Dopo essermi imboccata la cappella ed avergli fatto un bocchino magistrale ho preteso la mia parte e mi sono fatta leccare la figa.

Sdraiata sul divano a cosce spalancate gli tenevo la testa per la nuca e non l'ho mollato fino a quando non mi ha fatto godere.

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