Giulia

Giulia dai capelli come l'oro, diciannove anni, aveva una vita monotona che non prometteva nessuno sbocco in qualche divertimento. Dopo cinque anni di studi come segretaria, l'unico lavoro che aveva trovato era quello di cassiera in un fast food. Aveva avuto un fidanzato, un ragazzo che non si meritava una come lei: non c'era mai, e si presentava solo per il sesso e poco altro. Quando poi lei aveva cominciato a lavorare, lui aveva continuato a non fare nulla se non uscire con i suoi amici, parlare di calcio e rally, e pretendere che lei aprisse le sue gambe ogni volta che si incontravano: non molto spesso, comunque.

A letto era un amante poco generoso, i preliminari erano qualcosa di superfluo, a suo parere, e dopo esserle venuta addosso, o magari preteso che ingoiasse la sua sborra e lo facessero senza protezione, chiamandola “troia” o “puttana”, senza il minimo rispetto, lei tornava ad essere per lui meno importante della macchina o della squadra di calcio. Stanca di tutto questo, aveva deciso di ribellarsi. Lui l'aveva lasciata senza troppi problemi, svelandole che da più di un anno c'era un'altra ragazza oltre a lei.

Ora Giulia passava le giornate sola in mezzo alla gente ad alla puzza di fritto, tra persone che lei trattava con educazione solo perché così era stata educata, con clienti che passavano davanti a lei senza lasciare nessun segno nella vita. Tutto era noia, solitudine, apatia. Questo finchè un giorno un ragazzo di colore alto, atletico, non apparve davanti a lei dopo una donna con quattro dannati marmocchi che urlavano e toccavano qualunque cosa.

Lui le sorrise, e lei fu folgorata da quel viso carico di felicità, qualcosa che in quel periodo non sembrava es****re. Quando lui se ne andò, non lo fece dalla sua mente. Il fiume di clienti s'incrementò e poi diminuì, fino a ridursi ad un paio di persone di tanto in tanto che volevano soddisfare un languorino. E per tutto il tempo lei pensò a lui, al suo viso, alla sua allegria, a quanto le sarebbe piaciuto conoscerlo.

Nei momenti in cui era meno impegnata, arrivava anche a pensare a come sarebbe stato nudo… se davvero, come dicevano tutti, nelle mutande potesse avere un cazzo grande il doppio di quello del suo ex ragazzo. La sera tardi, eccitatissima, prima della chiusura, si nascose un momento in bagno e, appoggiata contro la parete piastrellata, si sbottonò i pantaloni dell'uniforme, lasciandoli scivolare fino alle caviglie e, mentre si stringeva un seno sotto la maglia, s'infilò una mano nelle mutandine, massaggiandosi la figa bagnata ormai da ore.

Un gemito di piacere le sfuggì, e dopo diversi giorni sentì il malumore e la tensione che non scomparvero completamente, ma almeno si attenuarono abbastanza da non farla tornare a casa con il mal di testa.
Il giorno dopo e quelli successivi il pensiero di quel ragazzo continuò ad accompagnare Giulia in ogni sua attività. Di tanto in tanto sperava di rivederlo tra i clienti e, nel pieno del desiderio, doveva rinchiudersi in bagno, ritrovandosi con una mano bagnata di umore vaginale.

– Voglio farmi sbattere da te. – sussurrava. – Voglio il tuo cazzo dentro di me!
Era talmente eccitata che arrivò quasi a chiedere ad un suo collega, un ragazzo pelle ossa e brufoli di possederla nel gabinetto. Voleva un cazzo che si muovesse dentro di lei, indifferentemente di chi fosse.
Poi, quello stesso pomeriggio, lo rivide. C'era poca clientela e lei era rimasta sola al bancone. Lui si avvicinò e con un sorriso le diede l'ordinazione.

Lei avvampò sia sulle gote che dentro di sé, si sentì quasi svenire per l'emozione. Non potè evitare di civettare con lui mentre attendeva.
Lui era un predatore sessuale, e si riteneva doveroso di esserlo in forza dell'enorme cazzo che teneva celato nei suoi pantaloni. Non si vergognava di essere superdotato, e anzi se ne vantava. Non capiva perché non dovesse sfruttare quella sua fortuna, e dopo anni aveva imparato a sedurre quasi ogni donna che voleva.

Non gl'importava molto di loro, quali fossero i loro sentimenti, come si sentissero dopo che le aveva usate e lasciate. A Mandingo interessava solo scoparle, null'altro aveva importanza. Giulia, così recitava la targhetta sulla maglietta piena della ragazza, era un gran bel bocconcino, una troietta con due belle tette e non troppo alta da scopare per festeggiare il suo trasferimento in città. Lui la voleva, e non aveva difficoltà a capire che lei gli avrebbe aperto le sue tornite gambe da puttana senza troppi problemi.

Giulia non riusciva nemmeno a capire come si stesse comportando, tant'era drogata dal desiderio. Si stava comportando come una ragazzaccia, come una troia, come avrebbe detto il suo ex ragazzo, ma non le importava: era talmente attratta dal moro davanti a lei che sarebbe andata al di là del bancone, si sarebbe inginocchiata davanti a lui e gli avrebbe fatto una pompa mentre aspettava di servirlo. “Vuoi assieme anche delle patatine?”, gli avrebbe chiesto, mentre lo bocchinava.

Non seppe nemmeno come, prima ancora che l'hamburger fosse pronto, si erano scambiati i rispettivi numeri di telefono.

Fantasticò su di lui tutto il resto del turno di lavoro, che quella sera terminò alle sette, proprio nel momento di maggiore affluenza di clientela. Qualcuno dei colleghi disse una malignità sul suo conto perché li lasciava nella merda, ma lei non ci fece nemmeno caso: aveva altro nella mente. Una volta nel freddo della sera, completamente impazzita, chiamò a casa, avvisando i genitori che sarebbe arrivata tardi, mentendo che usciva con degli amici.

Quindi, febbricitante per l'eccitazione, le sue dita composero il numero di Mandingo. Lui rispose dopo qualche lungo, interminabile squillo.
– Pronto? – rispose la voce calda del ragazzo.
– Pronto! – disse esitante la ragazza. – Sono… sono Giulia… Ciao. io…
Le parole successive di Mandingo fecero colare la fica della ragazza ed avvampare il suo seno. Nonostante ci fossero pochi gradi sopra lo zero, cominciò a sudare. – Buonasera, Giulia. Sono a casa mia, perché non vieni a trovarmi?
In nessuna occasione lei sarebbe andata in casa di una persona che non conosceva, ma era anche convinta che se fosse rimasta lì, impalata sul marciapiede, si sarebbe formata una pozzanghera di trasudo vaginale, che da un momento all'altro avrebbe cominciato a colarle lungo le cosce.

“Quanto vorrei fosse la sua sborra, invece…”, pensò.
Lei chiese il suo indirizzo e qualche minuto dopo era seduta su un autobus, diretta verso il ragazzo che tanto la eccitava. Dovette faticare a non massaggiarsi il cavallo dei jeans mentre si muoveva lungo le strade della città. Ci volle quasi mezz'ora per arrivare alla fermata più prossima al condominio in cui viveva Mandingo, ed un battito di ciglia per giungervi a piedi e salire fino all'appartamento.

Bussò alla porta, ansimante, stralunata. Voleva quasi fuggire, battersela dalla pazzia che stava per fare, ma le gambe sembravano non rispondere ai suoi ordini, lasciandola lì.
Quando lui aprì, anche il suo cuore sembrò aprirsi: con indosso una canottiera bianca che contrastava con la pelle ebano e che mostravano dei bicipiti ben definiti, e nascondendo un paio di pettorali che potevano essere definiti il corrispettivo maschile delle tette gonfie di Giulia ed un paio di pantaloncini che ancora meno celavano il loro enorme contenuto, lui aveva il sorriso più seducente che lei avesse mai visto.

C'erano almeno quindici centimetri di differenza tra le loro altezze, ma Giulia se ne sbattè: lo afferrò per le braccia muscolose e alzandosi in punta di piedi lo baciò, lo limonò. Quasi si potrebbe dire che lo violentò con la bocca, non fosse stato che lui era tutto fuorché contrario a ciò. Anzi: lui mise le sue mani sulle chiappe di Giulia e la sollevò di qualche centimetro. Le loro lingue scivolarono una sopra l'altra, lei che ansimava per l'eccitazione.

Rimasero così quasi per un minuto, ma bastò meno di un secondo a Mandingo per capire che la puttanella era sua. Giovane, bella, con un corpo da fottuta pin up e, di sicuro, una fica grondante: si preannunciava una scopata magnifica.
Lui la staccò con delicatezza da sé: aveva già deciso che, per lei, avrebbe usato la gentilezza. Con alcune ragazze si fotteva dell'educazione, se le scopava senza troppi pensieri, mentre con altre, al pari di Giulia, doveva essere più calmo, più educato: era una gran bella figa, e non gli sarebbe dispiaciuto scoparsela anche in futuro.

Probabilmente era una di quelle ragazze sessualmente represse e che dovevano essere, per così dire, istruite, e farle capire come comportarsi con lui per dargli il massimo del piacere. Quella sera, però, si sarebbe limitato a scoparla per darle un paio di orgasmi, qualcosa che di sicuro lei non aveva mai ricevuto da un ragazzo.
– Vieni dentro, – le disse, pendendole una mano. -Non restiamo qui al freddo delle scale.
Il cuore di lei batteva all'impazzata, e si chiese se fosse ammattita con quel bacio.

Ma quanto l'era piaciuto! Le sue labbra, la sua lingua che entrava dentro di lei, il sapore della sua saliva… Lo seguì nell'appartamento ben arredato e caldo, eccitata. Fissava il suo culo muscoloso, e lei non riusciva a smettere di chiedersi cosa ci fosse nelle mutande del ragazzo. “Sono una lurida troia…”, pensò, ma allo stesso tempo sentì la sua passerina diventare ancora più bagnata.
La fece accomodare sul suo divano. – Cosa posso offrirti?
– Voglio te.

– disse lei, aprendo le gambe quasi inconsciamente, mentre si era messa un dito sulle labbra, succhiandoselo.
Lui sorrise e si tolse la canottiera, mostrando un addome cesellato che fece luccicare gli occhi della ragazza. – Aspetta, che ti tolgo i pantaloni.
Sbottonò i jeans della ragazza, le aprì la zip e glieli sfilò mentre lei si dimenava sul divano per toglierseli da sotto il culo. Lui li lanciò senza nemmeno guardare su una poltrona, poi afferrò le sue mutandine con le dita.

Lei si mosse per aiutarlo, ma Mandingo la stupì abbassandosi sulla sua bocca e la limonò a sua volta. Per un istante lei rimase interdetta, ma poi appoggiò una mano sulla testa del suo amante, quasi temesse potesse scapparle; una mano le scese sul cavallo del suo amante, sentendo sulla pelle la trama dei pantaloncini e, sotto, il calore del suo cazzone. Quanto si stavano eccitando entrambi!, capì. Cominciò a massaggiarlo.
Mandingo apprezzò il movimento della mano della zoccoletta tra le sue gambe, con il suo cazzo nero e pulsante che si gonfiava sempre più.

La lasciò fare per qualche minuto, continuando a baciarla, ma quando sentì che stava per esplodere nelle sue stesse mutande, allontanò le sue labbra da quelle dell'amante e afferrando con dolcezza la mano che gli stava massaggiando la minchia. Avere un cazzo così grosso generava l'indubbio problema di riuscire a tenerlo nei pantaloni quand'era in erezione, e doveva tirarlo fuori.
– Aspetta un attimo. – le disse, quindi cominciò a trafficare con i suoi pantaloni.

Lei lo guardava affascinata, aspettando di scoprire se le sue esagerate aspettative fossero accontentate. Quando i calzoni scesero lungo le gambe del ragazzo, senza mutande sotto, una nerchia nera di trentacinque centimetri dal diametro di un polso, e sulla sommità una cappella rossa grossa quanto un pugno, s**ttò in avanti, verso di lei. Rimase qualche istante interdetta davanti a quello spettacolo, insicura se volesse davvero essere impalata da un mostro simile. Le avrebbe fatto male? L'avrebbe fatta sanguinare?
Ma mentre si domandava se rimanere o fuggire, Mandingo si inginocchiò davanti a lei, mise le mani sotto le sue cosce e la trascinò verso di sé, finché non si trovò seduta sul bordo del divano.

Riafferrò le mutandine con il pizzo e, lentamente, gliele sfilò. Giulia sentì l'aria accarezzarle la fica finalmente alla luce, l'umidità diventare lentamente più fredda. Quando le ebbe tolto le gambe dalle mutandine, gliele aprì e, dopo aver ammirato per qualche istante lo splendido sesso della ragazza, cominciò a leccargliela. Passò con la lingua e poi con le dita le piccole e le grandi labbra, leccò il trasudo gustoso, le titillò il clitoride succhiandolo.
All'inizio Giulia era imbarazzata, ma dopo pochi minuti, vinta prima dal desiderio e poi da un piacere sempre più crescente, si rilassò, chiudendo gli occhi.

Appoggiò una mano sulla testa riccioluta di Mandingo, giocando con le dita con i suoi capelli. Il suo ex non amava molto il cunnilingus, si limitava a qualche leccata e ad un dito infilato dentro con forza e poca grazia. Non aveva mai avuto altri uomini, se così si poteva definire lui, ma Giulia era sicura che avrebbe potuto avere di meglio da un amante. Mandingo glielo stava dimostrando nel migliore dei modi.
Dilungandosi in complimenti per la sua fica, per il suo sapore, per come si era depilata (aveva ricominciato dopo aver visto lo stesso Mandingo giorni prima, quasi illudendosi che un giorno la sua fica gocciolante avrebbe ospitato il cazzo gonfio del misterioso ragazzo), la leccava e la succhiava, ed infilò un dito dentro di lei, cominciando a stimolarle il Punto G.

Giulia sentì un improvviso calore nascere nel suo ventre e, dopo qualche secondo, cominciò ad ansimare. Capì cosa stava per accaderle e voleva goderselo al massimo: cancellò ogni pensiero dalla sua mente e lasciò che il suo corpo, che di sicuro sapeva meglio di lei stessa cosa fare, le facesse raggiungere l'orgasmo. Si trovò ad ansimare, il suo petto si muoveva al ritmo del respiro pesante, a sentire i suoi muscoli irrigidirsi. Poi il culmine del piacere la colse quasi di sorpresa.

Le scappò un grido di piacere, il suo primo, vero orgasmo donatele da un uomo. E che uomo.
Si ritrovò improvvisamente stanca, come dopo una giornata di duro lavoro, ma il piacere che stava godendo non l'aveva mai provato prima nella sua vita.
Lui si alzò in piedi sorridendo, il cazzone nero che gli pendeva tra le gambe. Improvvisamente, come mai prima di allora, lei lo voleva dentro il suo sesso, aprendosi anche con la forza la strada tra le pareti vaginali.

Ma prima voleva scoprire che sapore avesse quella meravigliosa, mostruosa nerchia. Si protrasse in avanti e si tolse la maglia e la maglietta, quindi il reggiseno, palesando un paio di tette gigantesche. Qualunque ragazzo che l'avesse conosciuta aveva sognato di toccarle le tette, forse ancora più di fotterla in fica od in culo. Facevano riempire le palle di qualunque uomo al loro pensiero. Apparivano ben visibili sotto l'uniforme del fast food, e tutti i clienti gliele guardavano, così come i suoi colleghi: gli uomini si facevano le seghe pensando a lei, mentre le donne la maledicevano per le sue due qualità.

Mandingo le fissò, chiedendosi quante altre ragazze con delle tette simili si fosse scopato. Poche, troppe poche. Aveva sempre ritenuto che un uomo come lui, con un cazzo delle dimensioni di un avambraccio, avesse il diritto di scopare donne con bocce grosse come quelle di Giulia: era giusto che una donna dovesse avere delle qualità simili per poter avere il diritto di essere fottuta da un campione del sesso come Mandingo. Ma lui era buono, qualunque donna aveva il diritto di ricevere il suo cazzo dentro di sé.

In quel momento, però, non era affatto dispiaciuto di avere davanti a sé una ragazza simile.
Giulia, quasi timorosa all'inizio, prese con entrambe le mani l'asta del cazzone, sentendo il pulsare del cuore eccitato del ragazzo sotto le proprie dita. Improvvisamente si accorse che non era un sogno, era davvero una minchia quella che aveva davanti alla sua faccia. La cappella, grossa e luccicante, aveva una goccia biancastra che stava scivolando fuori dal foro al suo centro.

“Da lì schizzerà fuori la bega di Mandingo. “, pensò, chiedendosi come sarebbe stato farsela finire in faccia. Sarebbe stato come ricevere una secchiata di acqua, o come essere colpita dal getto di una canna per irrigare il giardino?
Quei due coglioni neri che pendevano alla base del cazzo, poi, grossi come pugni, dovevano contenere tanta di quella sborra da affogarla. Chissà se la sua fica sarebbe riuscita a contenerne anche solo una minima parte…
Aveva una lunga esperienza in pompini, Giulia: il suo ex li esigeva tutte le volte che si incontravano, e lei, quando ancora era tanto stupida da credersi innamorata di lui, aveva navigato su internet alla ricerca di video di pornostar e gay che spompinavano cazzi, e poi aveva chiesto ad alcune sue amiche che si erano fatte un nome come esperte.

Sollevò il cazzo e lo leccò lentamente dalla base alla punta, indugiando un attimo sulla cappella e raccogliendo con la lingua la goccia bianca che era emersa. Tornò all'attacco e cominciò a leccare e mordicchiare i coglioni giganteschi che pendevano tra le gambe di Mandingo, nel frattempo una mano cominciò a fargli una sega.
Lui era stupito dalla bravura della ragazza: all'inizio sembrava intimorita dal cazzone che le si era parato davanti, quasi fosse una verginella che doveva essere deflorata, ma adesso mostrava la sua vera natura di troia, facendogli un pompino fantastico.

Svuotare i suoi coglioni sulla faccia di Giulia stava diventando il suo desiderio più grande. Quando poi la bocca della puttanella si chiuse sulla sua cappella il piacere divenne ancora maggiore.
Giulia era stupita di non riuscire quasi a tenere in bocca tutta la cappella, e spingere avanti ed indietro la testa diventava faticoso. Decise quindi, dopo un minuto, di smetterla: una fila di saliva unì la sua bocca al cazzo di Mandingo mentre se lo metteva tra le sue grosse tette e iniziò a fargli una spagnoletta.

Muoveva le sue bocce stringendole sull'asta della nerchia nera, con la cappella che avanzava abbastanza da permetterle di raggiungerla con la lingua.
Quando venne, non potè fare a meno di tenere ferma la testa di Giulia, stringendosi con l'altra mano il cazzo per non sbagliare mira: i coglioni gli si svuotarono in faccia alla ragazza, come se pisciasse sborra, che finì anche sui capelli biondi e le colò copiosamente sulle grosse tette. La ragazza rimase per un istante interdetta, incapace di respirare, come se le avessero tirato addosso una secchiata d'acqua, la sborra calda e appiccicosa che le gocciolava lungo il volto.

Si era aspettata qualcosa del genere, ma non così tanta bega.
– Tutto a posto, Giulia? – le chiese Mandingo, quasi ridendo. Erano tre o quattro giorni che non scaricava il suo libido, e si era accumulato nelle sue palle fin quasi a scoppiare. Non amava spararsi seghe da solo, lui sborrava solo dentro o sopra ragazze, non sprecava il suo sperma in qualche fazzoletto. Lui amava lo amava.
– Sì, scusa, ma… – balbettò la ragazza, che stava riprendendo controllo di sé stessa.

– Quando mi veniva in faccia, il mio ex si limitava ad uno sputo di sborra, non a… a questa doccia. – Sorrise, immaginandosi coperta di seme, come quelle troie dei porno che si fanno schizzare in faccia da una dozzina di uomini: a lei la stessa cosa era successa con un solo uomo superdotato. – Mi serve un asciugamano.
– No, non ti serve. – le disse lui. Si sedette accanto a lei, la fece alzare e poi accomodare sulle sue gambe muscolose, davanti al suo lungo cazzone.

Lei per un istante non capì cosa volesse fare, poi la prese per le spalle e la fece abbassare verso di lui e cominciò a leccarle via la sborra dalla faccia. Mandingo amava la sua sborra, adorava leccarla dalla pelle delle sue amanti, succhiarla fuori dalla fica delle ragazze che scopava.
Giulia per un momento rimase basita davanti a quel comportamento, ma quando lui iniziò a baciarla ovunque colasse lo sperma, ad accarezzarla, a massaggiarla, lei lo lasciò fare più che soddisfatta.

Nuda, davanti a quella nerchia, prese anche lei a massaggiargli la minchia, sognandola dentro di sé. L'appoggiò sul suo ventre piatto, la cappella che arrivava tra le grosse tette.
L'essere leccata, massaggiata, la eccitava, con la fica che colava tra le gambe di lui, desiderosa di essere scopata. Lei interruppe il ripulirla con la lingua e lo baciò appassionatamente. Quando le loro labbra si staccarono, Giulia si sdraiò sul divano, le gambe aperte.

Non ebbero bisogno di dire nulla: Mandingo si inginocchiò tra le sue gambe, appoggiò la cappella tra le labbra della fica di Giulia e , lentamente, spinse.
Il fiato della ragazza si mozzò mentre la sua passera, per troppo tempo rimasta inutilizzata, si apriva fin quasi all'impossibile per accogliere tutto quel vigore sessuale, mentre qualcosa delle dimensioni di un pugno si faceva strada dentro di lei. Mandingo si fermò dopo aver introdotto nemmeno un quarto della lunghezza del suo cazzo, quindi cominciò a muoverlo avanti ed indietro dentro la ragazza; era talmente bagnata che, sebbene la sua fica fosse stretta, non trovò difficoltà a pompare.

Afferrò le grosse tette di Giulia e le strinse. La ragazza all'inizio temette di sentire dolore, ma era talmente eccitata che la sua fica riuscì, a malapena, comunque, a contenere il suo amante. Sentirlo dentro di lui che stantuffava, le sue mani che palpeggiavano il suo seno, la eccitò ancora di più. Lo guardava sul volto, lo amava. In preda ad un raptus, appoggiò una mano sul suo clitoride e si sgrillettò selvaggiamente, causandosi quasi dolore.

Venne prima di lui, arcuando la schiena, urlando il nome del suo amante, giurando di amarlo tra un gemito ed un sospiro. Lo amava davvero.
Lui no, la considerava solo l'ennesima donna da sbattere, ma Giulia era davvero bella, e a lui non sarebbe affatto dispiaciuta scoparla nuovamente. Dopo diversi minuti di spinte infruttuose uscì dalla sua fica, la fece girare e le penetrò nuovamente, ma a pecorina: le strinse le tette da dietro, scopandola selvaggiamente.

Solo allora riuscì a venirle dentro. Il suo grosso cazzo pisciò sborra a spruzzi, mentre Giulia ansimava ancora, questa volta sentendo il calore del seme del ragazzo che le inondava la fica già al completo della sua capienza: bastarono un paio di altri colpi di anca di Mandingo per far traboccare la sborra dalle grandi labbra di Giulia.
Lui uscì soddisfatto, guardando il buco del culo della ragazza su cui stava colando un po' di sborra, ben chiuso e protetto dalle sode chiappe della ragazza.

Un giorno, quando l'avesse preparata per bene, glielo avrebbe sfondato, ma non quella sera. Per quella sera era sufficiente. Ora poteva anche levarsi dai coglioni.
Giulia si lasciò scivolare sul divano, distrutta. La fica le faceva veramente male, ed era sicura che per qualche giorno non avrebbe smesso. Però ne era valsa la pena, si diceva: farsi fottere da Mandingo era stata la cosa più bella della sua vita. Forse non lo amava, pensò, ma era davvero eccitante e bravo a letto.

Non avrebbe certo mancato di tornare a trovarlo e farsi qualche altra bella scopata. Con gli occhi chiusi, allungò una mano verso il proprio inguine, cercò la consistenza appiccicosa dello sperma che le stava colando tra le gambe, ne prese un po' tra le dita e poi se lo portò alla bocca. Delizioso.
Con una certa fatica si rimise seduta, accanto a Mandingo, che le sorrise. Lei fece altrettanto, quindi scivolò giù dal divano, si inginocchiò tra le sue gambe e prese in mano il cazzone, forse un po' più piccolo di prima, forse un po' meno duro, ma comunque gigantesco, e iniziò a leccarlo dalla base fino alla punta, pulendolo dalla sborra e dalla secrezione della sua fica.

Lui apprezzò, appoggiando una mano sulla testa di Giulia. – Brava Giulia, sei davvero brava. – disse. Se l'avesse istruita bene, quella troietta gli avrebbe fantasticamente svuotato i coglioni tra una figa stratosferica e l'altra.
Quando il cazzone di Mandingo era ormai lucido della saliva di Giulia, lei si alzò, e così anche lui. Si abbracciarono nudi e sudati, lei che colava sborra dalla fica lungo una gamba, si baciarono.
– Sarà meglio che vada, – disse Giulia, rimanendo appoggiata a Mandingo, accarezzandogli gli addominali mantidi di sudore.

Lui le strinse una tetta, baciandole nuovamente le labbra. – D'accordo. Mi mancherai.
Lei prese con una mano il cazzone che si stava afflosciando, muovendone un po' la pelle avanti ed indietro. – Anche tu mi mancherai. Mandingo la guardò andare in bagno portando i vestiti appallottolati sotto un braccio, fissando quel culo che un giorno avrebbe violato.

Mezz'ora dopo, Giulia era alla fermata dell'autobus, aspettando quello che l'avrebbe riportata a casa.

Non riusciva a togliersi dalla mente la scopata che aveva appena fatto. La fica le faceva ancora male, ma nonostante questo era sicura che il giorno dopo, al lavoro, sarebbe stata la più felice nel fast food. Forse, se le andava, poteva anche farsi scopare un paio di volte dal collega su cui, nei giorni precedenti, voleva scaricare la sua tensione sessuale, anche se di certo non sarebbe stato come scopare Mandingo. Giulia prese il cellulare e chiamò a casa, avvisando che sarebbe arrivata a casa entro breve.

No, aveva già mangiato, mentì: avrebbe mangiato qualcosa il giorno dopo, al lavoro. In quel momento, con tutta quella sborra che aveva ingerito, non se la sentiva di mangiare nulla.
Chiuse la telefonata e compose un altro numero. Nonostante fossero le dieci passate, la risposta giunse subito.
– Pronto? Ciao, Francesca. Ho una cosa da raccontarti subito. Sì, sono andata da lui, e non t'immagini che scopata! Sì, adesso ti racconto, ma dammi retta: dovresti provare anche tu!.

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