1987 – Una sveltina con Gianna.

Me ne sto trafficando come al solito sulla mia motina, quando mi sento chiamare. E la signora Gianna, mamma del mio amico.
Mollo immediatamente la chiave a T con la quale ho appena rimontato la candela e mi alzo in piedi.
– Si?- rispondo, con tono entusiasta. – Buongiorno, signora. –
– Scusami se ti disturbo mentre stai lavorando. – fa lei, appoggiata con le braccia alla ringhiera del poggiolo. – Ma quella benedetta lavatrice si è messa di nuovo a fare le bizze.

Non è che potresti venire un salto su a darle un'occhiata?- mi dice. E mentre lo fa, abbassa casualmente una mano fino ad afferrare l'orlo del vestito, poi lo solleva lentamente quasi fino all'inguine. Dal punto in cui sono ho una visuale perfetta della sua fica ed ho improvvisamente la certezza che quella richiesta di aiuto non concerne riparazioni a lavatrici.
– Molto volenti!- rispondo, cercando in qualche modo di non esibire troppo entusiasmo, per non insospettire eventuali vicini troppo curiosi.

Rimetto rapidamente gli attrezzi nella loro cassetta e parto verso il portone di casa, pregustandomi qualche altra novità o giochetto. Da due mesi la signora Gianna mi fa da nave scuola, ed aspetto le sue chiamate come fossero la manna dal cielo.
Spalanco il portone con sufficiente energia da staccarlo dai cardini e mi scapicollo in ascensore. Un minuto più tardi busso alla porta dell'appartamento di Marco.
La signora Gianna mi apre con un sorriso.

– Solita storia. – esordisce con un sorrisetto complice. – Si mette a perdere proprio sul più bello del lavaggio. – dice, a beneficio dei summenzionati vicini dalle orecchie troppo lunghe.
– Vediamo se questa volta troviamo il problema. – concordo con lei, entrando in casa ed appoggiando a terra la cassetta degli attrezzi. Lei chiude la porta alle nostre spalle, poi parte verso il bagno, con me che la seguo come un cagnolino a guinzaglio.

Appena entrata, si volta verso di me e mi squadra dalla testa ai piedi.
– Certo che con quella tuta addosso sembri un vero meccanico. – mi dice, passandosi la lingua sulle labbra con fare molto lascivo. – Comprese le mani nere di grasso. – mi fa, avvicinandosi leggermente. In effetti indosso la mia tuta blu, di quelle complete, con la zip doppia che dalla gola arriva fino all'inguine e ritorno, ed ovviamente ho mani macchiate di nero del motore della mia motina.

– Me le lavo subito. – dico, pronto.
– Oh no!- mi ferma lei, avvicinandosi a me fino a sfiorarmi. – Non ho mai fatto sesso con un meccanico tutto sporco d'olio. – allunga le mani e fa scorrere la zip bassa, quella che permette di aprire la tuta dal basso verso l'alto. Infila una mano nella patta aperta e si appropria del mio uccello. In un attimo, mi abbassa gli slip e tira fuori dalla tuta tutto il malloppo, palle comprese.

– È questo il bello di farsela con un diciottenne. – mi mormora in un orecchio, mentre mi accarezza delicatamente l'uccello. – Sei duro in un momento!- poi si abbassa lentamente fino ad accosciarsi davanti a me, mi guarda per un attimo negli occhi, spalanca la bocca e e inghiotte lo sfilatino. Merdasanta! Quanto mi piace come me lo succhia. Abbasso lo sguardo e mi godo il superbo panorama che mi si presenta.

A parte la faccia da cane bastonato, la signora Gianna ha un magnifico paio di tette, lasciate parecchio scoperte dallo scollo del solito vestitino a fiori da perfetta casalinga che indossa, e due cosce che potrebbero fare l'invidia di parecchie trentenni. Se poi ci mettiamo che fra quelle due cosce è infilata una mano intenta a pastrugnare una patata rossa di pelo, c'è da meravigliarsi se riesco a resistere alla tentazione di sborrarle in bocca seduta stante.

Mentre la osservo, lei mi ciuccia il papago con rara maestria, continuando a guardarmi in faccia da perfetta spudorata. Ci si applica di impegno finchè non si convince che più duro di così non potrei diventare se non con una colata di cemento, poi finalmente lo risputa lucido di saliva e si rialza in piedi. Mi da un bacio linguato e salivoso, poi si volta, appoggiandosi al lavandino del bagno. Allarga le gambe, solleva il vestitino sul culo e, guardandomi nello specchio, mi fa l'occhiolino.

– Scopami così, mio bel meccanico!- mi invita.
Accetto l'invito con il solito entusiasmo, e quando mi piazzo alle sue spalle lei si impadronisce di nuovo del mio cazzo, infilandosi una mano tra le cosce. Mi guida alla figa già sbrodolosa e si impala da sola, spingendo il culo verso di me. Sprofondo dentro quell'antro bollente con un mugolio di goduria e comincio a fotterla per bene, non veloce ma con forza, come piace a lei.

Lei si punta sul lavandino e assorbe i miei colpi di cazzo con evidente piacere, guardandomi negli occhi attraverso lo specchio.
– Bravo! Scopami così! Fammelo sentire. – mi esorta. – Prendimi per i fianchi e sbattimi per bene!-
Fregandomene delle mani sporche, la agguanto e ci do dentro a tutto spiano, facendola sussultare ad ogni colpo.
– Hai imparato bene!- balbetta, a bocca spalancata e con il fiato corto.

– È lei una brava maestra, signora Gianna. – rispondo, sapendo che chiamarla così quando facciamo sesso la fa sbarellare. Infatti chiude gli occhi e sento che contrae la figa attorno al mio cazzo.
– Lo sai cos'è una sveltina?- mi chiede, ormai ansimando.
– Si! – rispondo io a dentri stretti.
– Allora dacci dentro!- mi ordina. – E guardami negli occhi quando vieni. Voglio sentire che mi schizzi dentro e vederti godere.


– Cazzo!- ringhio. Simili proposte non possono lasciare indifferente nemeno un paracarro. Serro le dita sui suoi fianchi e parto a tutto gas, pistonandole la figa con tutte le mie forze e continuando a fissarla in quegli splendidi occhi verdi.
– Dai! Sto per venire pure io. – mi incita a smozzichi.
– Oh si!- riesco a blaterare. – Vengo! Vengo!- le consegno un ultimo, definitivo colpo di reni e le schizzo nella figa un primo, fiotto.

Lei strabuzza gli occhi, senza distoglierli dai miei, spalanca la bocca e geme il suo orgasmo in un lungo rantolo di piacere. Mi scarico completamente dentro il suo corpo sferrandole ancora un paio di colpi che le strappano altri gemiti di piacere, poi mi fermo ansimando e guardandola in faccia. È incredibile ma, solo quando è appena venuta, riesce a sfoggiare un sorriso vero e felice.
Ansimiamo per qualche istante, poi delicatamente mi sfilo dalla sua figa e le lascio andare i fianchi.

– Fermo li!- mi ingiunge, voltandosi verso di me. Si abbassa rapidamente, accosciandosi come all'inizio, e si riappropria del mio uccello sgocciolante. Lo imbocca con somma delicatezza e lo ripulisce a colpi di lingua, poi mi sorride e, sempre con estrema delicatezza, me lo rimette nelle mutande e chiude la zip. Infine si raddrizza e mi sorride.
– Hai le mani sporche, non ricordi?- mi fa, sorniona.
– Me ne ero dimenticato.

– boffonchio, ancora confuso, guardandomi le mani.
– Me ne sono accorta. – mi fa, raccogliendo una goccia di sperma che le scorre lungo la coscia con la punta di un dito, che poi si succhia con gusto.
– E ora puoi tornare a trafficare con la moto. – mi fa, rassettando il vestito.
– Grazie ancora per il pronto intervento. – mi dice, con un sorriso appagato, quando ho già un piede in ascensore.

– È stato un piacere. – le rispondo, mentre le porte iniziano a chiudersi
– Anche per me… in tutti i sensi!- la sento dire, poi l'ascensore inizia scendere.

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