Un compito impegnativo -parte4-

”Finalmente un po’ di frescura!” – commentai dalla sala accorgendomi che stava iniziando a imbrunire; Sonia si trovava davanti alla porta del frigorifero aperta e v’indugiava per cercare qualcosa da mettere sotto i denti, sicuramente doveva recuperare le energie dopo le fatiche precedenti.
La guardavo di spalle e rimanevo estasiato dalla sua prorompente bellezza: aveva caviglie sottili e delicate adornate sul lato destro da un braccialetto elastico e sul sinistro da un tribale nero opaco.

Gambe affusolate con polpacci allenati, proporzionati alla sua esile figura; la sua pelle era liscia e vellutata come la seta e profumava ancora del bagnoschiuma all’albicocca usato in precedenza.
Le zone che risaltavano sul suo corpo erano sicuramente il fondoschiena con glutei sodi e simmetrici, pronti per essere addentati e le spalle proporzionate con il disegno appena accennato delle scapole, sovrastate dalla folta chioma raccolta a coda di cavallo.
I suoi lunghi capelli le ricadevano in mezzo alle spalle fino a quasi metà della schiena, evidenziando un asse di simmetria quasi perfetto; geometricamente parlando la sua figura rispecchiava in pieno la sezione aurea, tipica delle cose più belle e perfette per i nostri occhi.

Mentre la guardavo, non riuscivo ancora a rendermi conto di ciò che mi stava capitando; mi stavo scopando senza ombra di dubbio la mamma più bella tra i miei amici del quartiere, un sogno ad occhi aperti per ogni benedetto uomo che aveva la fortuna di vederla da vicino.
Sentivo di essere un privilegiato nel trovarmi li, sicuramente sentivo anche l’ansia di non essere alla sua altezza: troppo giovane e inesperto, pensai in quei momenti di sospensione, mentre il mio cuore riprendeva il suo normale ritmo e i respiri si facevano più lunghi e meno affannosi.

“Devo cercare di sorprenderla evitando di essere oppressivo” – così dicendo mi capitò di gettare l’occhio tra i suoi ‘giocattoli’; oltre ai già utilizzati, mi stuzzicò la curiosità una pannocchia di mais in plastica dura che si trovava lì in mezzo.
Presi in mano l’oggetto e mi accorsi che poteva anche vibrare tramite una ghiera rotante; lo portai al naso e sentii l'inconfondibile profumo di passera che emanava, un odore forte e pungente di urina misto a umori vaginali che mi segnalò il suo recente utilizzo (forse proprio la notte scorsa!).

Lo nascosi in mezzo alle braccia e mi diressi da lei con un’idea ben precisa su come utilizzarlo; entrai in cucina con le braccia conserte avvicinandomi il più possibile cercando di non destare sospetti.
Sonia aveva già tirato fuori dal cassettone basso del frigo delle verdure da saltare in padella e una confezione di carne, insieme a del burro.
Appoggiai l’arnese su di una sedia e le domandai cosa avrebbe preparato per cena – “Zucchine saltate in padella e delle fettine alla griglia per te; io prendo invece un’insalatina con cetrioli, pomodori, carote e lattuga” – mi rispose dandomi le spalle.

Presi da un gancio laterale il grembiule da cucina e glielo infilai addosso: “Mettilo per evitare che gli schizzi di olio ti vadano a finire sulla pelle, non vorrai scottarti vero?”.
Con modo gentile, le feci un nodo dietro per bloccare il grembiule, lasciandoglielo leggermente largo; presi il vibratore sulla mano destra e, baciandola sul collo, infilai la mano sinistra nello spazio tra il grembiule e la appoggiai sopra la sua mammella.

Non disse nulla, reclinò indietro la testa e continuò a far saltare le zucchine sulla padella, rigirandole con un mestolo; continuai a passarle la lingua umida tra la spalla destra e il collo con movimenti lunghi e regolari, schiacciandole e titillandole il capezzolo; quest’ultimo divenne ben presto turgido e riuscì con più facilità a passarmelo tra le dita.
Sentivo lo sfrigolio dell’olio e il suo respiro più profondo, il suo cuore aveva aumentato gradualmente il battito; lo potevo sentire attraverso il collo.

Continuava a cucinare le verdure senza parlare, come se non stesse succedendo nulla; sentivo però la sua eccitazione salire nuovamente: a quel punto decisi di far entrare in scena l’aggeggio, così passai la mano destra sotto il grembiule fino alle cosce, appoggiai l’indice in cerca della sua spacca e le feci scorrere dentro la pannocchia fino alla metà della lunghezza.
“Mmmmmmhhh … oddio mio …. Che fai?!? Ti prego, nooo, non adesso … così così siii…aaaammh” – sentii vibrare la padella sui fornelli e il suo corpo scosso da un fremito improvviso; buttò la sua testa indietro fino a toccarmi il petto, gli occhi dilatati e lo sguardo verso l’alto, con un’espressione tra stupore e supplica.

La cinsi a me con la mano sinistra sempre più decisa nei modi verso il capezzolo e la destra che scorreva in alto e in basso assecondando la penetrazione del gingillo giallo.
Le presi adesso a mordicchiarle la schiena e il collo facendola andare in fermento e le feci vibrare la mano che reggeva la padella sfrigolante; sentivo il suo respiro rompersi a ogni passaggio del vibratore, la sua superficie irregolare farla godere come non mai.

Continuai a smuovermi con maggiore vigore sui tre fronti su cui ero impegnato, portandola a emettere lamenti e gemiti quasi sussurrati, per la sede inusuale nella quale stavamo; davanti ai fornelli in cucina, quasi un tabù nel momento sacro di preparazione del cibo.
Mi ricordai all’istante che avevo tra le mani un ‘vibratore’, perciò feci la cosa più naturale in quel momento: l’accesi girando la ghiera rotante.
“Mamma mia … ti prego, amore” – lasciò di colpo padella e mestolo e si portò le mani sul grembiule all’altezza del pube, prese a spingere con forza sul suo ventre, mentre il mais vibrante faceva egregiamente il suo dovere; adesso sentivo la presa sulla pannocchia sempre più scivolosa perché Sonia si stava bagnando tutta, anche le cosce si stavano stringendo su se stesse perché stava montando l’orgasmo e si bagnarono di conseguenza.

Portai la mano sinistra dal capezzolo fino alla sua bocca e le infilai dentro tre dita; lei le prese tra le labbra e fece guizzare la sua lingua tra di esse, richiudendo le labbra in un momento.
Mentre continuavo con i movimenti sempre più rapidi nella sua fica grazie alla pannocchia portata alla massima velocità di vibrazione, iniziai ad affondarle le dita dentro la bocca, quasi come ad afferrarla per la mandibola.

I suoi vagiti erano soffocati, le sue mani si aggrapparono con forza all’orlo cucito del grembiule tirandolo verso il basso con forza, quasi come a nascondere la sua depravazione al fornello davanti a noi; il suo orgasmo stava ormai per esplodere in tutto il suo fragore, la mano ormai faticava a tenere saldo il vibratore per via dell’enorme quantità di sborra femminile uscitale dalla passera.
“Non ce la faccio più, porca puttana” – urlò improvvisamente liberandosi la bocca dalle dita che la soffocavano; appoggiò con violenza le mani sul bordo del piano di lavoro del fornello ad incasso e si spinse con forza indietro, spalancò le gambe ormai completamente umide e si mise con la testa tra le braccia tese.

Si trovava con il busto in parallelo al pavimento, ‘alla pecorina’ praticamente, e sbuffava e godeva senza alcun ritegno, piegando le gambe verso il basso per evitare, senza successo, di urinarsi addosso al grembiule.
Nel frattempo avevo portato la mano ‘libera’ in mezzo alle cosce e avevo iniziato a maltrattare il clitoride duro come l’acciaio; sentivo il motore del vibratore faticare non poco per via della profondità raggiunta nella penetrazione.
In quella posizione riuscivo a vederle la sorca completamente ricoperta dalla schiuma biancastra formatasi dallo sfregamento del vibratore dentro di lei; a ogni affondo il dildo le raccoglieva la sborra che le si formava negli strati interni.

Nuovamente arrivò l’orgasmo a foggia di uragano; le labbra vaginali dilatate e avviluppate alla pannocchia presero a vibrare, le gambe si piegarono fino a quasi farla inginocchiare, le mani si strinsero in una morsa quasi a voler staccare il piano di legno.
Rivoli di ‘lacrime’ iniziarono a scendere lungo le cosce senza che io fermassi la corsa del vibratore, urla piagnucolose e gridolini le uscirono dalle labbra sbaffate dal rossetto in un vortice peccaminoso di piacere misto a depravazione.

Sotto le sue gambe si era formata una pozza di urina e sborra, che non accennava a diminuire; a questo punto le tolsi il vibratore e ci infilai il cazzo che, sempre pronto sull’attenti, aveva assistito a tutta la scena dei fornelli.
La penetrazione fu facilissima, data la lubrificazione della vagina; arrivai il più dentro possibile iniziando a chiavarmela a ritmo sostenuto, appoggiandole le mani sulla schiena per una presa più forte.

Sonia si tirò più in alto raddrizzando le gambe e disponendosi sulle punte dei piedi; davanti a me la vedevo chinata a pecora con le braccia tese che spingevano nella direzione opposta al ‘verso’ della scopata e la coda di cavallo che sobbalzava avanti e indietro per i colpi affibbiateli.
Solamente il cordoncino con il fiocco che le attraversava la sua schiena contratta per le stoccate inferte risultava un ‘corpo estraneo’ sul suo corpo nudo e nuovamente madido di sudore.

Spensi la fiamma del fornello per evitare di attaccare le verdure lasciate al loro destino, al che la afferrai per i capelli e la tirai su spingendola contemporaneamente verso il lavello di acciaio; lei si ritrasse guardandomi con la coda nell’occhio, così le sussurrai nell’orecchio: “Laviamo la verdura per l’insalata, a modo mio!”.
Iniziai con il grosso cetriolo, prendendolo per un’estremità: glielo feci passare sotto il naso, quasi soppesandolo .. e glielo infilai diritto nella fregna.

Come per il mais, ricominciò a contorcersi per la penetrazione non proprio ‘amichevole’ cui la sottoponevo; relegai il mio uccello al ruolo di spettatore, ma vederla in quello stato mi eccitava ancora di più, inoltre sentivo nuovamente la sua sborra colarmi nuovamente sulla mano.
“Dio mio! Ma è una fontana aperta” – pensai sentendola fremere sulla mia pelle accaldata per l’energia profusa nel penetrarla; adesso con l’altra mano presi la carota sbucciata e gliela feci scorrere sulle labbra.

La ciucciò come se fosse un cazzo, ingoiandola fino a tre quarti di lunghezza; fece come per strozzarsi, così la ritrassi fino a un quarto di lunghezza, aspettai che riprendesse fiato e gliela riposizionai a tre quarti.
Con un cetriolo in fica e una carota in gola continuai così per una decina di minuti senza mai interrompere il loro movimento; oramai continuava a venire in continuazione, aggrappandosi con le unghie prima alle mie gambe, poi ai miei glutei, sgraffiandomi e ululando di piacere.

Ora però toccava a me venirle addosso, così presi le verdure e gliele lasciai in mano: “Tagliale e buttale dentro la ciotola, senza risciacquarle! Così avranno un sapore più deciso, forza!” – le ordinai.
Si appoggiò con i gomiti sul bordo del lavello e iniziò a tagliare cetriolo e carota a rondelle, mentre io ero già rientrato nella sua passera e la stavo pompando sostenendole il bacino per fotterla a pecorina, in modo che i suoi piedi arrivassero a malapena a toccare terra.

Sentivo la sua sorca bagnata sebbene l’infinita quantità di sborra emessa; il mio uccello, con lei in sospensione sulle mie braccia, entrava schioccando ad ogni affondo, mentre il laccetto del grembiule era oramai andato e quindi lo stesso pendeva sotto al suo mento.
Sonia alzò i polpacci a li spinse dietro di me, visto che non poggiava a terra, ripiegandoli intorno ai miei glutei formando una “X”, così la penetrazione poteva essere più profonda e lei poteva cercare di trattenere gli schizzi di crema vaginale.

Aveva pressoché inondato il forno e gli sportelli sotto il lavello; non ci badai più di tanto perché avevo già in testa il mio finale; l’uccello era ormai caricato e le palle erano talmente gonfie che dovevo assolutamente svuotarle per evitare danni permanenti.
La ciotola dell’insalata era oramai pronta con tutte le verdure sminuzzate, così le tolsi il cazzo dalla spacca appena in tempo prima di venirle di nuovo dentro e lo diressi verso il centro della ciotola.

La cappella aveva un colore violaceo scuro, mai vista di quel colore, e con poche menate all’uccello schizzai violentemente sopra le verdure, ricoprendole con lo sperma molto liquido e in gran quantità.
Lei si era inginocchiata per vedere meglio cosa stavo combinando con quella ciotola, guardandomi divertita e ansiosa di provare la specialità che le avevo appena preparato: crudité di sborra di adolescente.
“Et voilà! Pronta e appena calda per te… ti piacerà perché ipocalorica, infatti non devi condirla” – la canzonai con fare divertito.

Prese la ciotola e ne rimescolò il contenuto con le mani, quindi incominciò a mangiarla, sempre adoperando le mani – “Ne vuoi assaggiare un po’, tesoro?” – mi disse con la bocca piena.
Naturalmente declinai l’offerta mentre mi versavo nel piatto le zucchine annerite e dal retrogusto amarognolo; fu una cena sicuramente memorabile, ma non sicuramente per il cibo.

FINE QUARTA PARTE.

Keine Kommentare vorhanden


Deine E-Mail-Adresse wird nicht veröffentlicht. Erforderliche Felder sind markiert *

*
*

(c) 2023 sexracconto.com