GRAN BEL PASTICCIO -p4-

Brrr che freddo!
non era più solo un brivido che mi attraversava la schiena. Mi trovavo in un luogo buio e freddo. Attorno a me era ingombro di oggetti che gli occhi non distinguevano ed il tatto mi rimandava degli oggetti tondi un poco viscidi e allungati. Forse pesci! Forse pesci?. Un frigo!! Cazzo mi trovavo in una cella frigo. Si, l'odore pungente, ora capivo: mi avevano chiuso in una piccola cella frigo. Uno spiraglio di luce filtrava dall'angolo alto a destra e dei suoni che ancora non distinguevo, in lontananza mi indicavano che non ero solo.

Passarono attimi di confusione, non riuscivo a comprendere, non avevo ancora inquadrato in quale pasticcio fossi finito. Poi ecco che il ricordo di Giulia cominciò a rimescolarsi a quel buio e feci il punto della situazione.
Acidenti, ed ora?
Mi salì una sensazione di panico al cervello e ora si che avevo un brivido freddo lungo la schiena. La paura cominciò ad impossessarsi di me e la voce fluiva incontrollata dalla mia bocca.

– Cazzo Cazzo, TIRATEMI FUORI DA STO BUCO. BASTARDI! FATEMI USCIRE!!!
La fuori, se mi sentivano, di me non importava a nessuno.
Dopo qualche minuto, in cui l'unica cosa che sentivo era la mia voce, mi zittii. Cominciai a capire che la situazione era più grave di quanto potessi immaginare. Se rimanevo li dentro ancora probabilmente sarei morto assiderato.
Cercai di mettermi in una posizione tale da poter forzare la porta, ma niente da fare.

Il gancio che la serrava era bel saldo. allora cominciai ad ammassare dietro di me le casse di pesci e puntandomi con la schiena spingevo più forte che potevo contro il portello. Si spostavano le casse e la porta… nulla. Ritornai ad agitarmi con gesti inconvulsi e a gridare a squaciagola. Incianpai e finii a terra investito da una cassa di pesci. Nel buio pesto cercai di togliermi di dosso tutti quei pesci e nel frugare la mia mano si posò su qualcosa di più freddo.

Metallo. Curvo, c'è una maniglia. Forse un leverino, un uncino. Lo afferrai, lo tastai per capire se potevo utilizzarlo in qualche modo. SIII! Era forse una leva per sollevare le cataste di casse pesanti per facilitarne la presa con i carrelli. puntai il gancio verso la fessura in alto a destra e comincia a spingere. Nulla. La fessura si era leggermente allargata me la porta era ancora li; chiusa.
Altri tentativi. Poi lo sconforto si impossesso di me.

Mi sedetti e nel silenzio cominciai a distinguere alcune voci. Non capivo ciò che dicevano ma il timbro di quell' omone era inconfondibile. Poi alcuni lamenti ed urla soffocate e pensai che potessero errere di Giulia.
-Cazzo la tengono in ostaggio. Che minchia vogliono sti bastardi. – I miei pensieri balenavano nel cervello e intanto cercavo di carpire qualche parola.
Pensavo alla situazione creatasi nel bar. Non erano soldi che volevano.

Certo. Quel Figlio di P…..a Si era invaghito di Giulia. Era sesso. Ecco quello che voleva.
-Merda, sono spacciato- pensai – farò la fine di sti merluzzi- e quasi mi venne da ridere.
Intanto mi sorpresi a pensare che quel bastardo si sarebbe fatto Giulia prima di me. Ma che BASTARDO, non lui ma io che pensavo al mio uccello anzichè al modo di toglierla da quell'impiccio e togliermi da quel gelido buio.

I pensieri andavano li e li vedevo, ora riuscivo persino a comprendere ciò che dicevano.
Giulia era sdraiata su uno dei tavolini del bar in una specie di sgombero, di retro bottega. Essendo alta la testa le penzolava oltre il bordo del tavolo e a fatica, ora, riusciva a risollevarla e tenerla dritta. Le avevano legato le braccia una all'altra con dello spago per riparare le reti, passando sotto il tavolino e assicurando lo spago alle gambe del tavolo.

Il tronco di Giulia arrivava giusto al bordo opposto del tavolino e le caviglie le erano state legate, in modo da evitare possibili movimenti, alle altre due gambe del tavolino. La postura era ginecologica, la costrizione le conferiva un'arcatura delle cosce, tale da mettere in vista il monte di venere e quel bel culo atletico.
-Ma che cazzo stò pensando! Ma che stronzo sono. – E più me lo ripetevo più i pantaloni, all'altezza del cavallo, si rigonfiavano.

Mi stavo eccitando.
mi sforzavo di smetterla di pensare a quello e di reagire. Ma nulla, il mio cervello tornava li.
Attorno al tavolo contavo forse 6 persone. Tutti maschi. Tra cui il bastardo che mi aveva colpito. Sfoggiava nella mano sinistra un forbicione enorme e ridendo comincio a tagliare il vestito bianco che Giulia indossava. Zac Zac ma niente quel forbicione non avrebbe tagliato neppure un foglio di carta e così lo gettò a terra.

Dalla tasca posteriore uno di quelli che stavano assistendo si levò un taglierino e lo porse al BRUTO. Partendo da una spalla cominciò a tagliare il tessuto lacerando in un attimo il cotone che lo componeva ma anche, appena sopra al seno destro, parte della pelle di Giulia.
-BASTARDO! LIBERAMI MA CHE CAZZO HAI IN MENTE DI AFFETTARMI!?- era ancora combattiva nonostante la situazione.
Subito uno dei sei si accostò e avido comincio a succhiare il rivolo di sangue che usciva dalla leggera ferita provocata.

Con la mano intanto le smanettava il seno che, prorompeva dal bianco della parte sopra del vestito lacero e nonostante la situazione, il capezzolo era turgido e rosso all'unverosimile.
Il BRUTO continuò a tagliuzzare il top rendendolo inefficace a nascondere le copiose mammelle di Giulia. Sode e ben proporzionate, aureola perfetta ed un capezzolo che ti avrebbe inchiodato al muro. Poi scendendo tagliò ad uno ad uno tutti i bottoni che componevano l'allacciatura del vestito e con un gesto fulmineo divaricò i lembi aprendosi la vista su quello splendido ventre piatto e sulle metandine di pizzo rosa che Giulia portava disinvolta e fiera ma che a malapena nascondevano le labbra carnose di quella accogliente vulva.

La mano destra continuava a fare capolino sulla patta e si menava quel l'arnese nascoso tra le pieghe dei jeans. Il bruto non resistette e maldestramente si sbottonò i pantaloni e li calò assieme alle mutande luride fino a mezza gamba, mostrando tutta la virilità che un attimo prima era costretta al buio. Un cazzo ricurvo a sinistra e di una forma strana, gonfio da metà tronco alla cappella ma alla radice si stringeva.

– La troia ha già la fica bagnata. hahaha guardate un po'. – Tutti scoppiarono in una sonora risata.
Quello che si era dedicato alla ferita riuscì a fermare il sangue ed ora con il membro in bella vista teneva la testa di Giulia tentando di costringerla a succhiarglielo.
-Vaffanculo stronzo! scordatelo- disse a denti stretti e contemporaneamente cercò di stringere fra loro le ginocchia per chiudere la porta a quello che già probabilmente immaginava sarebbe accaduto.

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