APPUNTAMENTO COL PASSATO
rilasciato 17.03.2012 in categoria sesso raccontoUna ricerca estrema può portare ad estreme conseguenze.
Melania, donna in carriera e perfetta moglie e madre, si ritroverà a dover affrontare
e gestire i suoi “scheletri nell'armadio”.
Ci riuscirà senza drammatiche conseguenze?
Una grande città, al giorno d’ oggi.
1
“Proprio non lo so se faccio bene” pensò, tra se e se, la povera Melania.
Infatti era veramente sulle spine, mentre, nel camerino del suo elegante ufficio nel centro città, si dava una ripassata al trucco, prima di uscire e recarsi a quell’ incredibile appuntamento.
Si era anticipata di circa un’ ora sul solito orario, per avere la libertà di, come dire, rendersi conto di cosa stesse facendo.
Sarebbe riuscita, probabilmente, a capire meglio, col contatto diretto
dove mai l’ avrebbe portata quella strana esperienza.
Ci sarebbe andata con i piedi di piombo. Aveva un matrimonio stupendo e anche una figlia deliziosa di nove anni.
Quando il suo pensiero incrociò l’ immagine mentale di Livia, ebbe prima un sorriso e poi, immediatamente dopo, un brivido.
Le reazioni del “cuore” sono spesso imprevedibili e lei, purtroppo, non era “pratica” di certe cose.
Davanti al grande specchio si studiò un attimo con voluttà. Non poteva mentire a se stessa: era proprio una bella quarantenne.
Si alleggerì, sfumandolo, il fondotinta sul collo, per contrastare i primi problemi del post-abbronzatura e, intanto, si diede un ultimo sguardo.
Era alta, molto, non più slanciata come a vent’ anni, o per meglio dire una stecca, visto che da ragazzina era magrissima, come una modella dell’ alta moda.
L’ unica cosa che appena dopo lo sviluppo si era evidenziata notevolmente, era il seno: aveva due tette da record.
Dure, tonde, puntute ed enormi.
Ora con l’ età, e dopo l’ allattamento, non erano più “di pietra” come allora, ma erano rimaste belle e prorompenti, donandole un eccitante decolté.
I capezzoli, inoltre, erano diventati più grossi e spessi e quando si eccitava o aveva freddo svettavano in avanti, sotto le magliette,
come fossero un grosso dito puntato.
Suo marito, Osvaldo, ci giocava spesso di notte, anche quando la carezzava mentre Melania dormiva, facendoli inturgidire tra le dita o tra le labbra.
Quando facevano l’ amore, a volte, una delle performance in cui la trascinava, era di farsi carezzare e spingere, dietro il sedere, dai seni di Melania e dai grossi capezzoli turgidi.
Lo specchio le restituì ancora la sua immagine, fasciata in quella gonna nera, al ginocchio, che le esaltava le forme schiacciando verso il pube, subito sotto la lieve pancetta, tipica della sua età: estremamente erotica ed invitante.
Si girò di fianco.
La gonna elastica tirava anche sotto il piacevole sedere a mandolino, mettendolo in risalto completamente.
Difficilmente Melania vestiva così. Però quelle rare volte in cui in ufficio indossava la gonna, o capi particolarmente femminili, sentiva su di se gli occhi di molti colleghi e, a volte, gli apprezzamenti scherzosi, ma eccitati, che le venivano rivolti con malizia malcelata.
Il tutto sotto lo sguardo astioso delle colleghe, delle quali nessuna, purtroppo per loro, poteva reggere il paragone: sia dal punto di vista estetico, che da quello del comportamento.
In quindici anni mai una tresca, mai una telefonata da nascondere, mai, sul suo PC, si era presentata una chat imbarazzante o compromettente … tranne, naturalmente, quelle di Osvaldo o di quelle persone, cercate da lui, con cui avevano tentato un approccio di tipo sessuale, per soddisfare un sogno ricorrente, quello di fare sesso a tre.
Fece due passi indietro per controllare le calze, con civetteria.
Si alzò un pochino la gonna, con le mani, per vedere a che punto, sedendosi, si sarebbe intravisto il pizzo ricamato e il nastro del reggicalze bianco.
Si sistemò la riga posteriore per farla scendere perfettamente fino ai talloni. Le calze le aveva scelte di un intenso color carne, in modo che fossero comunque più scure delle scarpe, di colore beige chiarissimo, in tinta con la camicetta frivola, che spezzava la sobrietà del tailleur.
Mise la giacca e la borsetta sul braccio e si avviò verso l’ ascensore.
Erano le sedici e trenta, l’ ora dell’ appuntamento.
Sarebbe arrivata con un giusto ritardo di alcuni minuti.
Perfetto.
Era la fine di Settembre, la temperatura era calda, ma non ardente né fastidiosamente umida, evitandole le sensazioni dello sbalzo termico rispetto all’ aria condizionata dell’ interno dell’ edificio.
Come d’ accordo, oltrepassò la fermata del bus di una cinquantina di metri. Lei avrebbe continuato a camminare normalmente sul marciapiedi, mentre Nicola, poco dopo sarebbe dovuto passare e, come per caso, accorgersi di lei, riconoscerla ed offrirle un passaggio.
Non voleva che qualcuno vedesse che aveva un preciso appuntamento, soprattutto un appuntamento tanto pericoloso per lei, che proprio non sapeva se stava agendo nel modo giusto o se invece, stava creando i presupposti, per una tragedia familiare con i fiocchi.
Rabbrividì.
In quel momento desiderò con tutta se stessa di aver sognato tutto e di essere comodamente seduta e rilassata, nel bus di linea che la riportava di solito a casa.
Nicola intanto arrivò e recitò perfettamente la sua parte, lasciandola molto sorpresa. Probabilmente se l’ era studiata per bene per non fare la figura dell’ imbranato (come temeva da sempre).
Aveva imparato a conoscere i suoi limiti e a stare al suo posto, proprio dopo la dolorosa lezione che la stessa Melania gli aveva impartito tanto tempo prima.
Dopo i saluti, la donna, con un tuffo al cuore, salì nell’ auto di Nicola tirata a lucido e profumata di “arbre magique” in maniera esagerata.
2
Tanti anni prima …
La febbre era scesa quasi nei limiti, ormai e Melania si sentiva molto meglio.
La ragazza se l’ era vista brutta, un frutto di mare guasto, probabilmente, le aveva causato una brutta infezione intestinale con febbre e nausee per quasi due settimane.
Ma adesso si era ripresa. Era ancora debole e bianca come un cencio, ma lunedì di certo sarebbe tornata a scuola.
Gli esami si avvicinavano e poi, immediatamente dopo la stagione: il mare, sole, libertà … Uhao! Finalmente.
Alle cinque il citofono gracchiò, non poteva essere che Nicola. Melania sorrise tra se e se, divertita, ma anche leggermente lusingata … ormai era chiaro a tutti che “quell’ amico” era cotto di lei.
Di sicuro era gentile, premuroso, educato e faceva i salti mortali per rendersi servizievole in ogni occasione.
E l’ occasione migliore si era presentata proprio con la malattia di Melania, inventando mille scuse, oltre portarle notizie e compiti dell’ ambiente scolastico, si faceva in quattro anche per la madre e per i familiari di Melania.
Poveretto … purtroppo per lui, non era proprio il principe azzurro che una ragazza poteva sognare, se poi quella ragazza era Melania, sarebbe stato meglio che lui si rendesse conto delle dovute distanze e fosse corso ai ripari.
Ma, nonostante la differenza stratosferica che li separava, lui era abbastanza fiducioso e ambizioso da “provarci”.
Lei era praticamente perfetta, una modella e la gran parte dei ragazzi le faceva il filo.
Più volte l’ avevano spinta a fare servizi fotografici e non c’ era concorso di bellezza a cui non fosse invitata.
Ma la bellezza e la presenza non erano il suo punto di forza: Melania era una ragazza con la testa sulle spalle, con idee chiare e decisioni prese.
Non sarebbe invecchiata nel paesino, non avrebbe fatto la fine di tante ragazze, che dopo i trenta si erano già rassegnate a fare le paesane; scambiandosi ricette e diete e discutendo di prodotti per la pulizia della casa, magari con venti chili di troppo e duo o tre marmocchi che giravano intorno, bloccandosi ogni iniziativa ed esaltando la pigrizia: fisica e mentale.
Ma Nicola non voleva pensarci.
Le stava dietro da oltre un anno come un cagnolino bastonato. Le mandava mazzi di fiori del tutto inadeguati alla loro età e le faceva regali esagerati, adoperando il top che la situazione economica familiare gli permetteva.
Ma lei non gli aveva mai dato importanza, né lo aveva lusingato, in verità.
Stavolta però, più per calcolo che per sentimento, lui era riuscito a infiltrarsi decisamente in casa sua.
Con la scusa della malattia e profittando della sua debolezza, aveva conquistato la madre, più che la figlia, facendole da giullare e da cavalier servente nelle ultime settimane. Ormai era ben accetto in casa sua.
Figlio di commercianti, brava gente e abbastanza agiati, era un tipo abbastanza allegro, ma poco vigile e molto “lento”.
Limitato nella curiosità e nello spirito, anche a scuola arrancava e diciamo che si spianava la strada a furia di cesti natalizi e favoritismi commerciali.
Era grosso e grossolano di fisico e, appena diciottenne, già “sblusava di pancia” sia per pigrizia che per una infantile tendenza a cercare nel cibo molti dei piaceri che non riusciva a trovare con il moto, lo sport o gli amici.
Ecco, non si sbagliava … era proprio lui alla porta.
Entrò allegro e saltellante per informarsi su Melania e la sua salute.
La mamma di lei lo accompagnava, sorridendo, contenta che la ragazza stesse bene e che avesse compagnia.
Il giovane aveva portato un mazzetto di fiori e glielo porse: – Ecco, per te e per festeggiare la tua prossima uscita di casa, finalmente. –
poi aggiunse – questi te li manda proprio mia madre, mi ha ordinato di farti i migliori auguri e di darti un bacetto! – Sogghignava gongolante, come se la “raccomandazione” di mammà, gli desse licenza di uccidere!
Melania e la madre si guardarono e si trattennero dal ridergli in faccia.
– Che bravo giovane – disse la signora – hai visto che pensiero gentile. Ah, Nicolone, non se ne fanno più di ragazzi come te al giorno d’ oggi! –
– Allora – disse lui raggiante – il bacetto me lo sono meritato? –
– Ma certo, senza malizia, come sei tu. – guardò la figlia ironica – su, Melà, dai un bel bacione a Nicola, tanto non sei più neppure infettiva. –
La ragazza rise e adagiò sul guancione sudato un bacetto di circostanza, ma Nicola volle ricambiare e anche lui baciò le due guance della ragazza con enfasi.
Poi, la madre tornò alle sue incombenze e Melania iniziò una fitta conversazione col ragazzo, sulle ultime novità e i pettegolezzi di scuola.
Poco dopo, la signora si affacciò alla porta e disse: – Ragazzi, vi ho preparato un bel the caldo … i pasticcini freschi li ha portati Nicola. E’ tutto in cucina. – poi seriamente rivolta a Melania – Melà, vedi che io devo andare prima dal dottore, per sistemare le ricette e poi ne approfitto per andare da nonna, che ci manco da troppi giorni.
–
– E vai, Ma, di che ti metti paura? – disse la ragazza. Come tutti i giovani sentiva sempre sul collo il controllo dei genitori.
– No, niente, Nicola e di casa ormai. – disse la mamma accomodante – poi tra poco rientra tuo padre e se avete bisogno di qualcosa … –
– Vai, mamma, non ti stare sempre a preoccupare, adesso veniamo a prendere il the! – poi, a Nicola – O devi andare via? Non vorrei obbligarti … –
– Ma scherzi? – rispose lui pronto – è venerdì e i ragazzi sono al calcetto, lo sai che io non gioco … sono contemplativo … eh eh.
Magari verso le nove … se si fanno la pizza, ci vado. Ma è difficile. -.
Poi solerte, chiese alla madre di Melania, se poteva farle lui le commissioni, se per caso non le andava di uscire …
“Bella mossa. Si fa furbetto, Nicolone” pensò Melania.
Ma la madre ringraziò, dicendo che purtroppo doveva andare per forza lei.
Il caso volle che pochi minuti dopo che la mamma era uscita, il padre della ragazza telefonasse, per avvertire che sarebbe rientrato molto tardi: un imprevisto sul lavoro.
Mentre posava il telefono Melania intuì di trovarsi in una situazione anomala: erano entrambi ragazzi di paese e, nonostante l’ emancipazione in voga, non era facile che due giovani restassero da soli in casa alla loro età.
Un vago pensiero eccitante si impadronì di Melania. Nicola non era il “bello” della scuola ma, dopotutto, era pur sempre un uomo, almeno lei così sperava.
Era quasi un mese che era chiusa in casa.
Prima era stata male, poi neanche ci aveva pensato, insomma erano tanti giorni che non si masturbava.
In cucina trovò Nicola, che fingeva di prendere il the, per strafocarsi di pasticcini. Da dove si trovava, il giovane avrebbe dovuto aver sentito la telefonata, ma Melania notò con un certo disappunto, che non sembrava particolarmente eccitato dalla situazione che si era creata e dalle eventuali prospettive possibili.
Ad ogni buon conto la ragazza si recò in bagno, fece la pipì e poi si diede una sistemata generale.
Non si sa mai, pensò tra se.
Infine, con la speranza che Nicola si decidesse a rendersi utile in qualità di “maschio”, e quantomeno darle una possibilità di avere un approccio più diretto con i genitali maschili, indossò una mini di jeans che usava per casa, ma che lei trovava molto sexy.
Si guardò allo specchio e si decise anche a cambiare le mutandine bianche, con un paio di nere, lievemente merlettate ai bordi.
Ormai non era più una ragazzina e la prossima estate era fermamente decisa a farsi deflorare; voleva iniziare a fare l’ amore completo, come tante altre studentesse già facevano.
Tornò in cucina.
Nicola questa volta la notò e fece un apprezzamento stupido sul fatto che aveva indossato la gonna.
– Non farti strane idee – disse lei sorridendo – ormai il pomeriggio comincia a far caldo e poi mi sono stufata di stare in pigiama … basta: fatemi uscireeeee !!! – tuonò scherzosamente.
– Che facciamo? – disse lui, speranzoso, ma senza idee immediatamente concretizzabili nella mente.
– Splendido! – esclamò Melania esagerando con la veemenza – Io conto su di te per qualche buona idea e tu non trovi niente di meglio da fare che divorare biscotti. Bravo! –
-Ma … ma … io – il giovane balbettava preso di sprovvista – Vogliamo vedere la TV? Che ne dici? O vuoi ascoltare qualche disco? –
Melania ormai recitava una parte: quella della donna offesa e si capiva benissimo; Nicolone dal canto suo non avrebbe chiesto di meglio che fare “qualcosa” con lei, erano mesi che sognava, quantomeno di baciarla.
Non parliamo delle volte in cui si era masturbato nel bagno di casa: gli occhi chiusi, cercando di ricordare i suoi seni sporgenti o le sue gambe lunghe ed eccitanti.
Lei, con una sbuffata lo mandò a quel paese e corse nella sua camera
per buttarsi sul letto, a faccia in giù, come non volesse più né vederlo né sentirlo.
Il ragazzo era tanto ingenuo e impacciato da non capire.
Quello shitto improvviso e immotivato lo aveva colpito e per poco non se ne andò a gambe levate, ma era troppo sicuro di avere un qualche torto misterioso, per lasciare Melania in quello stato.
“Chissà cosa ho fatto … forse l’ ho offesa” si preoccupò e, pensò, non poteva andare via senza almeno chiedere scusa. Non poteva perderla!
Si lusingò … quella era la prima volta che una “donna” piangeva per colpa sua! Si sentì molto uomo e, in punta di piedi, avanzando sugli specchi, si intrufolò nella camera di lei.
– Melania … Melania? – sussurrò tremebondo – Si può? –
Nessuna risposta.
Impacciato si accostò al suo lettino e aggiunse: – Dai, per favore, mi dici cosa ti ho fatto? –
Melania sbuffò impercettibilmente, con la testa nel cuscino e il corpo riverso … a sua volta non sapeva che altri “messaggi” inviare al giovane per fargli capire che era il momento di passare all’ azione.
Alzò i piedi e li riabbatté sul letto, come se facesse i capricci.
Ma il gesto scomposto le servì esclusivamente a far ricadere le gambe un poco più aperte. Era certa che, nonostante la penombra, si potessero intravvedere le mutandine; si pentì di averle cambiate.
Forse, nel buio, le bianche sarebbero risaltate maggiormente …
Nicola invece spaventato da un lato, ma attratto dalla visone del corpo di lei, rimaneva tra le spine.
Con la grande fantasia erotica che caratterizza i ragazzi, osservò nei dettagli la scena incantevole di lei sulle lenzuola bianche, lunga, riversa: i piedi fuori, ancora con le ballerine di raso che usava per casa, le lunghe gambe che salivano lisce e tornite su, su verso l’ alto, fino ad essere appena ricoperte dalla mini, che a stento le arrivava alle natiche. Il sedere sodo e alto teneva l’ orlo della gonna abbastanza su da permettere al suo sguardo di seguire ancora per qualche centimetro lo spacco dischiuso creatosi tra le gambe di lei.
Il buio nero, attraente e magnetico in cui si perdevano, fece partire la sua fantasia di segaiolo incallito: infatti la prima cosa che sperò, come chi vuole chiedere alle fiabe con tutto cuore, era che la ragazza fosse senza mutande.
Finalmente la natura diede un colpo notevole allo sviluppo della situazione, infatti a Nicolone il membro gli venne duro di colpo.
Sentì un calore mai percepito al basso ventre e allo scroto, mentre il coso si ergeva sotto i pantaloni leggeri, come un serpente che si alza e si gonfia.
Una ridda di emozioni fece girare la testa al ragazzo che non aveva esperienze nemmeno lui. Un paio di volte, con gli amici, era andato a guardare le puttane e una volta era stato con una, vecchia e racchia, che approfittando dell’ esperienza non lo aveva fatto neppure chiavare, con un pompino abbozzato era venuto in pochi secondi.
Adesso, qui, era tutt’ altra cosa: davanti agli occhi il paradiso e nel cuore le pene dell’ inferno per la paura di sbagliare.
Non trovò di meglio da fare che inginocchiarsi ai piedi del letto e con delicatezza sfilarle le scarpine.
– Dai – le sussurrò – perdonami, qualsiasi cosa abbia fatto. –
Lei mugugnò, ma non lo scostò. Allora lui si fece coraggio: – Ti faccio un massaggino ai piedini? E’ rilassante … posso? –
Altro mugugno, ma nessuna ribellione, il ragazzo prese la risposta come un sì.
I piedini di lei erano veramente belli ed esercitavano sul giovane un grande fascino da sempre, adesso non gli sembrava vero di poterli accarezzare.
Infatti subito si diede da fare, si mise comodo appoggiando i gomiti sul bordo del letto e massaggiando i piedi di lei uno per mano: – Come sono freddi questi piedini, ora te li scaldo, tesoro. – e se li portò al petto, alzandosi la maglietta di cotone.
Agiva con sempre maggiore libertà.
Approfittando della posizione, baciava i piedini, li stringeva e con gesti sempre più lascivi, cercava di salire alle gambe con le mani e poi alle ginocchia.
Ogni volta che toccava, faceva del suo meglio per allargarle le gambe e per vedere più su … in alto … per godersi, finalmente, la vista di una figa che era stata solo un sogno, finora.
Fantasticava e arrapava, cercando di immaginare come era fatta e sperando che lei non lo scacciasse, lasciandolo del tutto a bocca asciutta.
Lui procedeva alla meglio, ma la paura faceva da deterrente e da eccitante allo stesso tempo.
Intanto Melania, riceveva tutte quelle sensazioni. Il ragazzo era impacciato e servile e mentre all’ inizio questa situazione le era sembrata tediosa, adesso scoprì che l’ ammirazione e il timore reverenziale di lui la eccitavano oltre misura.
Si sentiva una dea, che per capriccio aveva deciso di concedere al suo suddito, confidenze che altrimenti avrebbe potuto solo sognare.
Non aveva mai provato la sensazione del dominio.
Forse era dovuto al fatto che lui si era dedicato prima di tutto ai suoi piedi.
Era in ginocchio e faceva del suo meglio per essere delicato e cortese, ma dall’ affannosità del respiro, capiva anche che era sempre più eccitato e che faticava a trattenere la sua virilità giovane e prorompente.
Con languido distacco, quasi dormisse senza accorgersi di nulla, Melania si voltò completamente mettendosi supina e sollevò un ginocchio verso l’ alto, scoprendo completamente le mutandine.
3
Nicola credeva di impazzire, cominciò delicatamente a leccare le dita dei piedi, premendosele sul viso e sulle labbra.
La lingua di lui passava tra le piccole dita facendo sussultare la ragazza di un piacere che era ben altro che solletico.
Allora Nicola fece una richiesta inaspettata: – Ti prego – disse – non pensare a male, ma io se non mi sbottono scoppio. – e fece un cenno che indicava il pantalone, teso e sospinto dal pene rigonfio.
La ragazza lo ignorò fingendo di essere impegnata a guardare il soffitto.
Ancora un volta lui si fece coraggio e si decise a prendere l’ iniziativa.
Si alzò in piedi e si sbottono la cinta e la patta, trovando il coraggio di abbassare tutto e mettere a nudo il suo cazzo, che era veramente grosso e molto spesso.
Nonostante avesse un po’ di pancia per la sua tendenza all’ obesità, il pene era comunque abbastanza lungo. Ma la cosa notevole era lo spessore, soprattutto dalla parte della testa: sembrava una grossa melanzana.
Melania, finse disapprovazione per studiarselo attentamente: era il primo vero cazzo a portata di mano e in totale tiro che le fosse capitato … non riusciva a staccare gli occhi da quel cilindro di carne. Sotto si stagliava la sacca scura e sudata, con le palle, tonde e gonfie dove sapeva che era contenuto lo sperma, ma che lei non aveva mai visto.
Qualche amica le aveva confessato di averlo fatto uscire dal buchetto del cazzo, facendo una sega al suo boy friend e un’ altra disse che aveva fatto il bocchino al ragazzo e che parte dello spruzzo di sperma le era andato sulla lingua.
Si ricordò che era ancora vergine e temette al pensiero di quel coso grosso che avrebbe potuto entrarle dentro.
Decise che ci avrebbe dovuto pensare …
Nicola intanto si era dato da fare, era piuttosto impacciato. Col pantalone e i boxer all’ altezza delle caviglie, e la maglietta alzata, teneva fuori pancia e gambe, goffamente, ma non osava spogliarsi.
La paura che arrivasse qualcuno era troppa ed era certo che non sarebbe mai riuscito a diventare abbastanza padrone di se da rivestirsi in fretta.
In cuor suo invidiò Melania che con una semplice minigonna e solo una maglietta bianca, poteva persino togliere le mutandine, ma presentarsi immediatamente in ordine, semplicemente alzandosi dal lettino.
Nicola si chinò e le baciò il collo, mentre, impacciato, procedeva a togliere la maglietta cercando i due enormi seni.
Appena fuori, si accostò ai capezzoli appuntiti e iniziò a succhiarli: ora l’ uno, ora l’ altro e, a volte, stringendo le due tette con la mano, entrambi.
Titillandoli con la lingua che sbatteva impazzita.
Stando chino, Melania aveva tutta la possibilità di vedere il cazzo di lui in primo piano, ma non ebbe ancora il coraggio di toccarlo.
Quello che la fece sciogliere improrogabilmente fu l’ odore di maschio, che veniva da quel gruppo genitale a pochi centimetri dal suo viso.
Dalla pelle dilatata del prepuzio faceva capolino la capocchia rubizza e sulla punta, da un piccolo spacco si vedeva l’ umido di una gocciolina trasparente.
Era quello lo sperma, si chiese la ragazza? Ma le sembrava un po’ poco e poi … possibile che Nicola avesse raggiunto l’ orgasmo? Così, silenziosamente, senza alcun altro segno di piacere?
La cosa non collimava con le sue conoscenze, sebbene abbastanza empiriche.
Ora il giovane aveva trovato il coraggio di arrivare alle mutandine nere e di cercare di abbassarle, con la paura di un divieto immediato.
Ma al contrario, Melania si inarcò, facendolo gongolare di piacere, per permettergli di toglierle completamente, facendole scorrere, come un sipario, verso le cosce, le ginocchia e i piedi.
Via gli slip, lei si offrì in maniera spettacolare al ragazzo, puntando sui piedi, le ginocchia divaricate: Nicola si trovò di fronte la vulva più bella che avrebbe mai potuto sognare.
Un triangolino peloso si estendeva in due sottili linee, che delineavano le grandi labbra, tese e carnose, subito al di sotto un bottoncino roseo pareva dicesse: leccami.
Più in profondità, altre labbra, piccole, umide e delicate, facevano da petali ad un taglietto rosa scuro che appena si intuiva.
Nicola, ancora in piedi e sofferente, non si trattenne dal cercare con la mano quella meravigliosa figa. Non riusciva a credere che fosse lì a portata di mano, era certo che all’ improvviso tutto sarebbe svanito, come in un sogno.
La delicatezza iniziale lasciò il posto ad una libidine crescente, tanto che, mentre baciava i seni e carezzava la figa di Melania con le dita, studiandola felice, per la prima volta, non riuscì a non darsi alcune menate al cazzo turgido, scapocchiandolo davanti agli occhi della giovane.
Melania si irrigidì nello spasmo causato dalle dita di Nicola in figa e dalla vista della testa enorme del cazzone, completamente liberato dalla pelle, voleva toccarlo, ma non trovava il coraggio di farlo.
Ma il giovane ormai era partito e la necessità divenne virtù. Tutto storto e contrito abbassò la testa, baciando l’ ombelico, poi il
bacino di lei, fin poi a scendere, affamato, con la bocca sulla figa.
Il profumo di donna, gli diede il coraggio di slinguazzarla come un frutto di mare.
La esplorava con la lingua a cucchiaio, mentre con le dita grosse le divaricava la vulva.
L’ eccitazione gli fece mancare la forza nelle gambe … e, d’ altro canto un po’ ci provò, onestamente; fatto sta che finì per poggiarsi con le ginocchia sul letto di lei, vicinissimo al suo viso, ormai.
Tentò il tutto per tutto, allora.
Mentre succhiava la clitoride di lei rumorosamente e di gusto, allargò le cosce e si prese il cazzo in mano, posizionandolo puntuto in avanti con la speranza che lei accettasse l’ offerta …
Era troppo.
Melania glielo tolse di mano e lo misurò con le dita impazzendo dal piacere, toccava, carezzava, faceva uscire la testa dentro e fuori dal prepuzio e sbavò di piacere quando con la mano gli prese tutto il sacco con le palle.
Che meravigliosa sensazione, toccare il cazzone nerboruto e maschio di lui, sognando quello che avrebbe potuto fare, con quel membro a sua disposizione.
Mentre lui le ficcava due dita in figa e le baciava la vulva, piena di umori languidi e saliva.
Rapida come una gatta si innestò tra le sue ginocchia e comincio a baciargli il pene, annusandolo.
Anche tutta l’ area genitale di lui era umida di sudore e profumava di selvatico, soprattutto agli angoli dello scroto.
Liberò completamente la sua capocchia e la lavò con la lingua, come se leccasse un cono gelato.
Con la punta della lingua circumnavigò tutta la testa del cazzo di Nicola e i suoi interstizi più reconditi.
Poi, quando lo sentì sussultare per l’ emozione, decise di fargli e di farsi il più bel regalo: spalancò le labbra e con le mani si imbucò quel pene enorme nella bocca voluttuosa.
Ecco, pensava, mentre scorreva quel cazzone nella bocca talmente spalancata da darle fastidio alle mandibole, quello era un vero pompino.
Stupefacente.
Fino a poche ore prima non avrebbe mai immaginato di arrivare a tanta intima confidenza con Nicola, eppure …
Adesso erano li a fare un sessantanove, scomodi e storti, ma troppo arrapati per soffrirne.
– Io, io … mi spiace – bofonchiò Nicola mentre faceva la minetta a Melania – non ce la faccio più, perdonami … non mi trattengo … –
era veramente mortificato e lei non seppe trattenerlo, non se la sentì. Capiva che lui era troppo arrapato.
Si liberò la bocca dalla sua capocchia gonfia: – Dai, caccia la roba, se vuoi! Fai presto … –
Allora lui si mise in piedi, inginocchiato com’ era e si ritrovò lo spettacolo impagabile di Melania, sotto di lui, che dominava col cazzo, come se fosse una bacchetta magica.
Si masturbò la verga veloce come un mandrillo.
Guardava lo spettacolo e perdeva i sensi: le gambe della ragazza erano spalancate come un anfiteatro e al centro la figa era bagnata
tanto da scorrere gocce sulle lenzuola, la minigonna era solo una fascia sulla sua pancia, mentre dall’ ombelico in su lei era tutta nuda, i seni prorompevano e i capezzoli erano turgidi e ingrossati, sotto il suo cazzo, mai stato così tosto, il viso angelico di lei, stravolto dall’ eccitazione la trasformava in una puttana in calore che non aspetta altro che cazzo a volontà.
Il respiro di lei gli umettava i coglioni e, vistolo così eccitato, gli regalava delle sguscianti leccate alle palle, che ballonzolavano, umide e profumate di sesso, sopra lei.
Quando Nicola si irrigidì perdendo il controllo, Melania si spostò più in avanti, arcuandosi, per vedere meglio cosa succedeva e, inconsciamente, per offrirsi al maschiò in attesa di una penetrazione che non sarebbe avvenuta.
Nicola diede degli strattoni nervosi al pene, non muoveva più la mano alacremente, ma si limitò a tenersi il pene con tre dita.
Le teneva ferme alla base del pene, lasciando tutta la verga tesa ed esposta.
La ragazza, estasiata, vide il cazzone che si agitava di vita propria e svettava in avanti, mentre un guizzo rapidissimo partì nella stanza, vincendo la pressione del cazzo eccitatissimo.
Senza vedere sentì che i primo spruzzi caldi le arrivavano sui piedi e sulla pancia.
Dopo la tempesta violenta, quasi come pipì, lo sperma opalescente cominciò a sgorgare dalla testa del cazzo e a scorrere come cera sul suo collo.
L’ odore di sborra la fece impazzire di piacere, non ci fu niente da fare, né falsi pudori da rispettare, non poteva negarsi quel gusto irrinunciabile.
Scese ancora più giù e con la punta delle dita attrasse il pene verso il basso, spalancando la bocca e riprendendo il pompino.
Stavolta però succhiava per suggere le ultime gocce di sperma e apprezzarne il sapore, per far sussultare il corpo di Nicola come una molla incontrollata.
Intanto si finì il ditalino da sola e venne copiosamente, col cazzo barzotto e saponoso tra le labbra.
Si era fatto tardi.
Per fortuna non era venuto nessuno.
Melania era certa che in alcuni di quei momenti avrebbe potuto salire a casa tutta la sua famiglia, senza che loro due nemmeno se ne accorgessero.
Ora, a freddo, capì che doveva meditare.
La voglia del cazzo di Nicola, poteva valere lo starci insieme?
La ragazza era certa di non amarlo … ed essendo giovane ma giudiziosa, comprese di avere bisogno di riflettere, per non effettuare passi falsi; in un piccolo paese, potevano risultarle fatali.
– Ci sei riuscito – disse con tono di rimprovero – sei contento adesso? – e intanto rendeva la scena ancora più tragica, raccattando con un asciugamani, gocce di sperma impazzite, dal suo corpo, dal letto e dal pavimento, aggiunse: – … ma tu guarda che casino! –
Il povero Nicola era troppo confuso e sbandato per sapere cosa rispondere, era mortificato dalla sua stessa natura e non sapeva come uscirsene. La perdita dell’ eccitazione lo aveva reso nuovamente vile e si sentì sollevato, al momento, quando Melania, alquanto bruscamente, lo mandò via senza neppure un bacetto.
Molto, ma molto, più tardi, la notte, ognuno nel buio della sua stanza, si masturbarono nei rispettivi lettini pensando a ciò che era stato tra loro.
Melania stringeva al viso l’ asciugamani che ancora si sentiva di sborra maschile.
4
Oltre venti anni dopo la loro esperienza, Melania, seduta in macchina di Nicola, ricordava come dei flashback, i primi travagliati contatti con quel ragazzo, che ormai era un uomo.
Purtroppo, era peggiorato.
Col tempo si era ulteriormente svilito, con la sua pigrizia mentale e la sua obesità.
Ora era impacciato dai chili di troppo e dall’ emozione, ma soprattutto era rimasto ignorante in modo abissale, tanto da diventare un vero bigotto, ottuso a poco più di quarant’ anni.
Nei due anni che si erano frequentati, più o meno, Nicola sapeva perfettamente di essere capitato in Paradiso per una serie “improbabile” di eventi.
Inoltre la sua passività ottusa, quasi un atto di fede, all’ epoca, fece shiturire in Melania un alter ego dominante, passionale e punitivo.
Vedere che lui accettava tutto da lei senza batter ciglio l’ aveva trasformata, in quel periodo, in una pantera vendicativa e feroce che teneva in vita la sua cavia, per il semplice gusto di sperimentare fino a che punto fosse capace di sopportare il suo dominio.
Inoltre, e questo lo aveva taciuto sempre anche a se stessa, poco più che adolescente, aveva scaricato su di lui tutte le problematiche e le frustrazioni di quell’ epoca difficile.
Costretta a lavorare giovanissima non riusciva a pensare (come dalle sue parti era la prassi) di abbindolare Nicola e la famiglia, sposandolo per sistemarsi, come si suol dire.
Lo maltrattava e lo dominava come se, in cuor suo, volesse rinfacciargli di essere goffo, sciocco e limitato. Ne aveva fatto una sua “creatura” ma, il poveretto, proprio non poteva dare di più o trasformare la sua natura gretta.
Gli lanciò un occhiata di sbieco: lo vide emozionato e pavido … dopotutto si era sposato da pochi anni, una volta persa ogni speranza.
Dopo un decennio di bagordi e di stravizi passato a tentare di dimenticarla … ma, era chiaro, non era bastato.
Anche lei era sposata, di certo lui temeva che potessero essere visti insieme.
Trovava ancora un poco di coraggio solo con la speranza che lei lo avesse contattato, per parlargli di affari o, addirittura, di problemi, magari economici.
Ma vedere Melania, seduta al suo fianco, con la gonna attillata, le calze trattenute dal reggicalze, che era evidente, visto i delicati ed eccitanti rigonfiamenti che si notavano sotto la stoffa tesa, gli facevano presagire che c’ era dell’ altro.
C’ era voglia di sesso, nascosta da qualche parte … oppure: un grande imbroglio … insomma Nicola era veramente in uno stato pietoso e sudava, nonostante l’ aria condizionata a manetta.
Scambiarono qualche parola per distendere l’ atmosfera e decisero di allontanarsi verso una zona completamente estranea alla loro quotidianità, per fermarsi ad un chalet e per chiacchierare comodamente.
Melania approfittò del tempo necessario per rilassarsi sul sedile e vagare con la mente nel passato.
E ricordò …
Dopo quel rapporto orale, abbozzato e generico con Nicola, Melania attraversò un momento di grossa crisi.
Non sapeva cosa fare.
Si comportava in maniera molto riservata e schiva. Aveva confidenza con Nicola e sapeva come padroneggiarlo.
E’ vero, nella cerchia studentesca le ronzavano intorno parecchi ragazzi, ma nessuno di loro la attirava particolarmente, né era stata vittima del classico “colpo di fulmine” per qualcuno, ultimamente.
Nicolone era lì: pratico, comodo e a portata di mano, inoltre aveva un cazzo notevole e Melania, al solo pensiero di poterselo gestire a piacimento, si sentiva un languore doloroso nella pancia, dopotutto attraversava l’ età in cui la voglia non passa mai.
Il lunedì successivo la ragazza tornò finalmente a scuola e Nicola tornò ad essere “solo un amico”, più o meno. Lui faceva di tutto per farsi notare e lei faceva del suo meglio per ignorarlo, prendeva le distanze insomma. Non voleva che lui, nella sua semplicità d’ animo, desse per scontate cose che ancora non lo erano.
Il lunedì pomeriggio se ne andò a casa di un’ amica. Il ragazzo, intanto, si recò scodinzolante a casa sua, ma restò solo e deluso.
Avrebbe dovuto aspettare ben due settimane e poi si azzardò a tentare di risolvere lo stallo.
Consigliato dalla sua “mammina”, si accertò che la ragazza e i suoi fossero a casa, poi si recò da lei con un mazzo di fiori e un astuccio che conteneva un anello di brillanti di notevole caratura.
Insomma Nicola giocò il tutto per tutto … andò dal padre e d’ avanti a tutta la famiglia per chiedere di fidanzarsi con Melania.
Fu una catastrofe.
Melania lo aggredì davanti agli stessi genitori, domandandosi come avesse osato di illudersi fino a quel punto, facendo tutto da solo: – Ma che ti pensi di vivere nel medio evo? – lo accusò.
Il ragazzo, aveva agito scioccamente, ma in buona fede e la prese veramente male.
Addirittura, nei giorni seguenti perse qualche chilo, incredibile!
Il poveretto voleva dimenticarla … ma era impossibile, ricordava le sue carni chiare, le gambe schiuse e la sua figa profumata e si tirava delle seghe continue, al limite della umana sopportazione.
La madre del ragazzo era furba e pettegola, conoscendo le condizioni ogni giorno più precarie della famiglia della ragazza, fece di necessità virtù e consigliò il figlio di lavorarsi la madre di Melania, per raggiungere il cuore della figlia.
Nicola l’ avrebbe volentieri mandata a cagare, ma essendo a corto di idee e incapace di un corteggiamento diretto, seguì, ancora una volta il consiglio materno.
Che la ragazza ci fosse o no, quasi ogni pomeriggio si presentava a casa sua, portando omaggi e leccornie, facendosi in quattro per rendersi utile.
Giocava con i nipotini, che abitavano di sopra, chiacchierava con la madre e la sorella minore di Melania; mentre la ragazza continuava a ignorarlo completamente.
Poi la scuola finì e cominciarono gli inviti: al cinema, alle feste, in discoteca …
Per facilitargli il compito mamma’ gli aveva comprato la macchina, comodità che non tutti i ventenni di allora potevano permettersi.
La madre di Melania faceva di tutto per lasciare la figlia nelle mani di quel buon ragazzo, pacioccone e benestante; alla fine, la cosa che convinse la giovane a rivedere le sue posizioni, era la libertà integrale di cui avrebbe potuto godere, frequentando Nicola.
I suoi, infatti, sapendo che era col ragazzo non le imponevano limiti di orario o di scelte.
Così, oltre un mese dopo quel pomeriggio insieme, Melania si decise e parlò chiaramente con lui.
Lo trattò con asprezza, ribadendo il suo senso del comando.
Lei non lo amava, ma può darsi che se lui le avesse fatto da scudiero fedele, lo avrebbe accettato come una specie di accompagnatore ufficiale.
Da parte sua lui non doveva nemmeno guardare le altre perché tutti i loro amici dovevano sapere che era praticamente il suo schiavetto.
Non doveva pretendere niente, neanche dal punto di vista sessuale, ma solo, al momento opportuno, provare a chiedere con educazione, con la speranza che lei accettasse di concedergli qualcosa.
Nicola avrebbe dovuto obbedire ad ogni sua richiesta o capriccio e non intervenire mai sulle sue decisioni.
Se tutte queste condizioni non gli convenivano … la porta era lì: era libero di andarsene immediatamente.
Ma, naturalmente, Nicola non aspettava niente di meglio che prostrarsi letteralmente ai suoi piedi.
Non sapeva nemmeno di cosa si trattasse, ma più Melania lo mortificava e lo comandava a bacchetta, più lui si eccitava e la desiderava più di qualsiasi altra ragazza.
Insomma non si rendeva conto di essere masochista e feticista, ecco perché la forza volitiva della fanciulla, aveva tanto potere sulla sua psiche. Per lui, quello era l’ amore, basta!
La domenica successiva i suoi con la sorella si sarebbero recati ad una festa di comunione e Melania si fece venire un tremendo mal di testa.
– Come ti regoli, poi per il mangiare? – chiese la madre – Ti preparo una frittata? –
– No, non ti preoccupare, se me la sento verso l’ una viene Nicola e vado a pranzo da loro. –
La madre cedette subito, non voleva guastare l’ idillio che, finalmente, pareva essersi creato nella storia travagliata dei due ragazzi.
5
La domenica mattina la famiglia uscì per le dieci e pochi minuti dopo Nicola, alla chetichella, si era già intrufolato nel palazzo e bussò con le nocche alla porta.
Melania si era rimessa a letto e non capiva a cosa attribuire quei colpetti impacciati, poi sbuffando si decise ad approfondire l’ origine delle bussate.
– Ma, chi è? – sussurrò alla porta chiusa.
– Sono io, Nick … ! – sussurrò il ragazzo.
Melania aprì, sbigottita: – Ehi, ma sei completamente matto? – lo assalì – Ma ti rendi conto che i miei sono ancora in giro … e che è – guardò fuori – ancora l’ alba? – poi aggiunse – Io non ho fatto ancora neppure la doccia! –
Lui si intrufolò comunque nell’ appartamento – Nessun problema – disse – la doccia te la posso fare io … –
Lei sorrise – Ma questo è tutto scemo … – poi – Ok! Dai, vieni dentro e aspettami sul divano.
Vado a prepararmi e poi usciamo. –
Il ragazzo era deluso, aveva sognato per tutta la notte quel momento e le sue eventuali ripercussioni.
– E niente di più? Non potremmo … ehm, baciarci un pochino? Prima di uscire –
– Non se ne parla neppure – sbottò lei – cosa credi che questo è un casino? – e si allontanò, sbattendo la porta del bagno.
Nicola non demordeva, però, era su di giri.
Appena sentì lo scrosciare della doccia provò ad entrare: la porta non era chiusa a chiave.
Melania era completamente nuda, l’ acqua le scorreva addosso creando una lieve condensa, che la rendeva ancora più eccitante. Piccole gocce riflettevano la luce come brillantini sparsi sul corpo statuario. La ragazza lo vide, ma non disse nulla … si voltò verso il gruppo doccia, mostrandogli le natiche stupefacenti e la vulva delicata, ogni qual volta si abbassava per insaponarsi le cosce.
Lei lo ignorava, volutamente.
Il giovane non sapendo cosa fare di meglio, si tolse il jeans e pure i boxer, aprendosi la camicia di cotone, aspettava. Sperava che la vista del suo cazzone in tiro avesse mosso a compassione la ragazza.
Allora Melania, inaspettatamente, chiuse l’ acqua e uscì dal box doccia.
– Prendi quell’ accappatoio e asciugami – ordinò con noncuranza, evitando accuratamente di guardargli il pene rigido.
Lasciò che la asciugasse accuratamente e con meticolosità, prima in alto, il tronco i seni superbi, che lei stessa sollevò, per permettere al giovane di asciugare sotto.
Poi sedette sullo sgabello per permettergli di asciugare le cosce e i piedini, un dito per volta.
Quando Nicola si avvicinò alla vulva, Melania lo bloccò: – No, per asciugare li, usa questa. – e gli porse una tovaglietta di cotone bianco, immacolata.
Si liberò dell’ accappatoio e ci si sedette sopra.
Lo squadrò da capo a piedi, facendolo sentire ridicolo e inadeguato, mentre se ne stava sull’ attenti davanti alla sua Dea, col cazzo da fuori, oscenamente proteso, mentre in lei non sembrava agitarsi alcun sentimento.
– Cosa vuoi, adesso? – chiese con freddezza.
Come ogni volta che era in difficoltà il giovane iniziò a balbettare, confuso.
– Non balbettare! – ordinò Melania, riuscendo a farlo sentire ancora peggio – Sii chiaro: cosa desideri? –
Il cazzo del giovane iniziò una vergognosa parabola discendente, che eccitò profondamente la libido di Melania.
– Vuoi mettermelo in bocca? – disse lei con un espressione grave – è questo che vuoi? E ti sembra una richiesta educata? –
Nicola non riusciva a profferire parola, ma il suo membro riprese vigore, mentre arrapava, immaginando quello che sarebbe potuto accadere … se solo lei avesse voluto.
– Avvicinati, adesso. – disse la ragazza.
Cera molta luce e lei ne approfittò per studiare e valutare il cazzo di lui. Lo alzò verso l’ alto con la mano, scoprì lo scroto e gli cercò le due palle gonfie, con le dita.
Erano tese e dure e quando le toccava, Nicola mugolava lievemente.
Mentre gingillava il suo pene, ne ritirò un paio di volte il prepuzio, facendolo scapocchiare all’ inverosimile: – Ti faccio male? – chiese.
– No, no – rispose pronto – è solo la sensazione … non so definirla, mi fa sentire … nudo, vulnerabile. –
– Insomma … – disse lei – ti piace o non ti piace? –
Lui si affrettò – Mi piace, mi piace. Mi piace tutto. Mi fai uscire pazzo. – e la ragazza – Ah … ah! Allora adesso preparati che te lo faccio con la bocca. Capito? –
Lui sembrava venire meno, Melania notò che spesso stringeva le gambe, quasi contorcendosi.
Lo guardò negli occhi, perfida – Ma cos’ hai? Devi pisciare? – Nicola avrebbe preferito sparire, ma detto da lei la voglia aumentò.
Per poco non pianse nel dire – Veramente, sì … dovrei. –
– E vieni allora, che problema c’ è? –
Melania si alzò in piedi e si pose a fianco di lui, poi come un cagnolino al guinzaglio, gli prese il cazzo, che ormai dominava come se fosse una cosa sua, e lo portò fino alla doccia.
Si abbassò, avvicinandosi al grosso pesce di lui e lo prese in giro, fischiettando il classico – Piss, piss! – intanto aprì l’ acqua della doccia lieve lieve, per far scorrere il piscio immediatamente nello scarico.
Nicola si fece rosso, ma nonostante i minuti che passavano, proprio non riusciva a mingere.
La ragazza non ebbe pietà e iniziò a mungergli il cazzo, con gesti lenti e voluttuosi, con l’ altra mano gli carezzava il pancione peloso e le natiche robuste.
– Rilassati, schiavo – gli sussurrò all’ orecchio.
E iniziò a sollecitarlo al di sotto dello scroto in prossimità dell’ ano.
Finalmente, attraverso l’ angusto meato, l’ orina calda e maleodorante sgorgò da quel cazzo.
Era tanta e Melania ne approfittò per riceverne un poco tra le dita e lavare con questa, la testa del cazzo messa a nudo.
Poi con meticolosità lei lo prese in bocca e assaggiò le ultime gocce di piscio, leggermente salate e calde.
Le piacque e si disse che se ne sarebbe ricordata.
Nonostante la gestualità fredda e distaccata, la ragazza aveva la figa sbrodolante di goduria. Tutti quei gesti le sembravano un rito sessuale che doveva essere compiuto.
Gli fece un bocchino veloce e profondo, giusto per ricordargli chi comandava, poi lo sciacquò e lo asciugò con la sua stessa tovaglietta.
Guardò l’ ora, non era tardi e lei era arrapata. Si decise.
Portò Nicola nel salotto e gli disse: – Hai un preservativo? –
Colto alla sprovvista e impreparato il giovane si vergognò, ma dovette ammettere che non lo aveva.
– Uhm … – mormorò lei, contrariata, poi aggiunse: – Aspetta, provo a vedere – da tempo aveva scoperto che i suoi, in una vecchia borsetta della madre, tenevano nascosti dei profilattici per ogni eventualità.
Fu fortunata, c’ erano ancora.
Ne prese uno sperando che la mamma non li tenesse contati.
Poi tornò da Nicola che aspettava seduto e impacciato, il pene era di nuovo floscio. Meglio, pensò Melania, decisa a intostarglielo in bocca.
– Stenditi – disse imperiosa, e lui obbedì, sbracandosi sul divano col cazzo floscio.
Melania si inginocchiò lesta e glielo prese tutto in bocca, sembrava un palloncino di carne.
Lo teneva tre le labbra, immobile e aspettava.
Impercettibilmente il membro si gonfiava, e si cercava spazio tra la lingua e il palato.
La tensione nella bocca aumentava, mentre, spinta dal sangue che affluiva nell’ organo cavo, l’ asta si allungava come un serpente verso la gola.
In un paio di minuti era diventato talmente grosso che Melania fu costretta a retrocedere per respirare. Infatti la capocchia di Nicola premeva talmente da pressare anche i condotti nasali.
Alla ragazza sembrò di soffocare e fu costretta a tirarsi indietro vomitando saliva densa sul pancione di Nicola.
– Metti questo adesso – gli porse il profilattico – voglio essere sverginata. –
Nicola non svenne, ma solo per poco.
Si infilò facilmente il preservativo, dato che ne aveva già usati per certe sue piccole perversioni masturbatorie. Qualche volta, infatti, avrebbe voluto assaggiare la sua stessa sborra, ma non ci riusciva. Prima si faceva la sega col preservativo per arrivarci dentro (illudendosi che fosse una vagina) sperando di leccarsela, una volta venuto.
;Ma dopo non gli andava più e gettava via il preservativo pieno di liquido seminale.
Salvo poi a pentirsene quando era di nuovo eccitato e gli sarebbe andato di bere lo sperma.
Si montò l’ affare sul membro, nonostante fosse una misura più piccola e lo stringesse alla radice, ma arrapato com’ era, anche se avesse adoperato una shitoletta del tonno, avrebbe fottuto lo stesso.
Stava per alzarsi in piedi, ma Melania lo fermò.
– No resta disteso, monto io sopra, così se sento dolore mi fermo. – aggiunse – vedo che il coso e molto spesso e sono perplessa riguardo alla sua penetrazione. –
Nicola, con una certa dolcezza, profferì: – Spero di no, non lo so … anche per me è la prima volta … – poi aggiunse – lo facciamo piano piano, dai. –
E si ridistese, col pene eretto come un grosso fungo.
– Va bene, proviamo – disse la ragazza salendo a cavalcioni su di lui, voltando la faccia dalla parte dei piedi.
Fu una scelta decisa, determinata dal fatto che non voleva vederlo in viso mentre si eccitava, voleva evitargli assolutamente ricordi sentimentali, per quella sua scelta squisitamente erotica.
Allargò le cosce e la figa sul ragazzo, tenendosi sollevata sulle gambe e aiutandosi con le mani sulle ginocchia di lui.
Si toccò la figa era bagnata abbastanza ma decise che voleva essere anche leccata, prima.
Retrocedette come una gatta in calore, fino ad offrire la vulva spalancata alla bocca del ragazzo, lui non chiedeva di meglio che affondare le labbra e la lingua in quella figa tanto agognata.
Intanto Melania gli saggiava il cazzo con movimenti decisi delle mani.
Lo sentiva.
Era duro, era enorme e pulsava, non si trattenne troppo …
lo voleva dentro, tutto, ad ogni costo.
Di nuovo si spostò davanti col bacino, andando a caccia del cazzo con la vagina.
Ecco. Lo sentì tra le grandi labbra.
Come se ci fosse una calamita, la punta del cazzo di Nicola, si adagiò nel suo alloggiamento naturale: il buco verginale di Melania.
Aggiunse saliva con le dita, il profilattico tendeva ad asciugarsi rapidamente, ma la sua figa grondava.
Nicola le poggiò le grosse mani sulle natiche. Per un attimo temette (e desiderò) che la tirasse verso il bacino per ingropparsela subito, ma non lo fece.
Accompagnava semplicemente i suoi movimenti e accettava estasiato il solletico della vulva.
Lei iniziò a spingersi verso il basso con piccoli movimenti, sempre più giù, sperando in una graduale dilatazione.
Ma non succedeva così!
Quando la capocchia di lui penetrava fin quasi alla radice, sentiva dentro netto e preciso, l’ ostacolo dell’ imene.
Inutile illudersi.
Arrivato al massimo della sua naturale circonferenza non cedeva più, si sentiva.
Bisognava per forza che si spaccasse, che si lacerasse la carne.
Melania capì che una o due dita passavano indisturbate, ma il cazzone di Nicola non sarebbe mai passato attraverso l’ imene intatto.
La tensione si fece altissima nel salotto in penombra.
Melania si pentì di aver deciso di cavalcarlo lei, temette di non trovare il coraggio di sfondarsi la figa da sola.
Una lacrima di rabbia le segnò la guancia.
Per fortuna Nicola, allo spettacolo delle natiche di lei spudoratamente spalancate, sosteneva l’ intostatura del pene, nonostante la tensione.
Intanto che aspettava, non osando intervenire, le carezzava i glutei con le mani e trovò il coraggio, di infilarle il pollice nell’ ano, senza essere sgridato per questo.
Melania chiuse gli occhi, con la mano cercò la grossa verga, in attesa, eretto, sotto il suo bacino.
Arrapò di libidine e, abbandonata ogni remora, chiuse gli occhi e si abbatté con forza sul pescione di Nicola.
Il dolore fu lancinante, tremendo e si sentì invasa dal fuoco nella figa.
Anche la capocchia di Nicola soffrì per la pressione, e gli faceva male.
Ma il piacere superava ogni ostacolo.
Vedere il suo palo infisso dentro la ragazza che amava, lo inebriò come mai aveva pensato potesse accadere.
Era come se lei, come una scimmietta selvaggia e nuda, fosse appollaiata su un ramo, solo che il palo lo aveva dentro.
Nonostante infiammata e senza forze, la giovane trovò il coraggio di provare alcune pompate, strusciandosi il membro dentro, per sentirlo suo.
Come un trofeo di guerra dopo una dura battaglia.
Se lo fece sbattere nell’ utero e massaggiò le palle di lui con la vulva, mentre il cazzo era tutto dentro.
Nicola gridò di piacere, quando del tutto inavvertitamente, sborrò nel preservativo stretto.
Era quasi mezzogiorno.
La ragazza si andò a lavare, stavolta chiudendosi nel bagno.
Nicola, armato di straccio, pulì accuratamente ogni traccia della scopata.
Fece anche sparire il preservativo ancora caldo di sborra in un fazzolettino di carta, da buttare successivamente in un luogo lontano.
Squillò il telefono.
Melania non voleva rispondere, ma poi pensò che era meglio essere informata. Uscì dal bagno nuda, con un asciugamani tra le cosce. Era sua madre.
– Si, tra poco scendo, Nicola è di sotto – Mentì.
La ragazza aveva il volto provato e l’ asciugamani portava tracce di sangue rappreso.
Nicola era bianco come un cencio.
Lei rise – No, non preoccuparti è tutto a posto … doveva pur succedere una volta, no? –
Il giovane era ancora spogliato – Vieni, rilassati – disse Melania – ti sei spaventato? –
Lo attrasse a se, erano in cucina, sedette su una sedia di paglia e gli prese in bocca il pene floscio per fargli un pompino rilassante.
Mentre i minuti passavano, Nicola si eccitava e a Melania il dolore di prima sembrava solo un ricordo lontano.
Si alzò e salì sul tavolo sedendosi sul bordo.
Nicola capì subito cosa fare, era raggiante e felice all’ ennesima potenza.
Con una mano sollevo le due gambe tornite di lei, tenendole per le caviglie con una sola mano.
Vide la vulva, lievemente gonfia e arrossata e pensò a quando lui l’ aveva fatto sua, prendendole la verginità.
Per la ragazza non era così, ma lui non ci pensava …
Con la mano libera, spostandosi avanti col bacino le cercò il buchetto tra le grandi labbra.
Melania gli poggiò le gambe sulle spalle, mentre Nicola con disinvoltura e ritmo se la chiavava sul tavolo della cucina.
Leggermente piegato sulle gambe si mise a favore della figa, per farsela tutta.
La possedeva tirandola per le gambe a se oppure toccandole il culo e indirizzando il bacino di lei nel modo migliore, per pompare in profondità.
Gli piaceva guardare mentre fotteva in lei e le diede anche alcune botte in questo modo: lo tirava tutto completamente fuori, poi quanto era sicuro che la testa del cazzo era nella giusta traiettoria la sfondava, dilatandola e penetrando in Melania.
– Fermati dentro – ordinò lei – spingilo! – Nicola obbedì.
Allora lei socchiuse gli occhi e si tirò un ditalino con le due mani: la sinistra tirava la figa in alto e carezzava il cazzo infisso in lei, per poi giocherellare con le sue palle, la destra, con due dita, si dedicava alla clitoride, menandola all’ impazzata fino all’ urlo finale – Eccomiiii!!! Sto venendoooo ! –
Nicola capì che doveva fare del suo meglio e cominciò a pompare all’ impazzata, mentre lei non la finiva mai di venire tra singulti e mugolii di piacere.
Appena pronto anche lui uscì da lei per darsi gli ultimi colpi con la mano prima della sborrata.
Non avrebbe osato sperare tanto, eppure Melania, velocemente, gli si inginocchiò dinanzi al cazzo aprendo completamente la bocca.
Nicola non ci mise molto, automaticamente alzò lievemente la gamba per favorire l’ entrata e glielo ficcò in bocca.
Mentre sborrava a profusione, e per evitare che lo sperma si disperdesse, la spinse per la nuca sopra il cazzo.
Melania non si ribellò e accolse lo sperma del giovane come un dono tutto in bocca. Poi, con voluttà e libidine lo ingoiò.
6
E così erano iniziati i loro rapporti sessuali giovanili con tutta la forza prorompente dell’ età.
La ragazza con la scusa di una discontinuità mestruale, iniziò a prendere la pillola. Non voleva correre rischi, ma non lo disse a Nicola, per tenerlo sempre sulla corda.
Ora, il ragazzo era diventato un adulto e sedeva al suo fianco.
Prima di imboccare l’ autostrada le chiese se gradiva un caffè. Lei accettò volentieri.
Lui le disse – Sai in tutti questi anni non ti ho mai dimenticata. Ti ho pensato tante volte … –
Melania si lasciò prendere dalla superiorità di un tempo: – Non me ne sono mai accorta. Eppure ti vedevo spesso, in giro! –
– Ma che dici, non ricordi come mi hai lasciato? Ho fatto di tutto per tornare con te! –
– Oh, si – replicò lei – tutte le cose più sbagliate: sparlare in giro, contattarmi tramite persone, leccare il sedere ai miei … – sorrise con un guizzo autoritario nello sguardo – ti sembra la cosa giusta da fare per uno schiavo? –
Lui ingoiò amaro – Ma che potevo fare? Ero disperato? Non avrei mai ceduto che tu mi lasciassi così, da un giorno all’ altro.
–
– Davvero? – lo squadrò bevendo il suo caffè – E perché quando mai tu sei stato il mio ragazzo? – rincarò la dose – Non ricordi chi eri, per me e a cosa … mi servivi? – aggiunse – Un ruolo che ti è stato bene fino alla fine … finché ti conveniva! – esclamò.
– Ma dai, non puoi pensare davvero che io accettassi il fatto di essere potuto lasciare in qualsiasi momento … credevo fosse una scusa, un gioco tra di noi.
– si giustificò lui.
– Invece, come vedi, lo feci veramente … –
– E vero – disse Nicola, amaro – e ci rimasi di merda … –
– Chissà, se non avessi fatto tutto quel casino … forse … – lo squadrò con aria furba, mentre risalivano in auto.
Lei si diede uno sguardo fugace nello specchietto. “Ancora non trova il coraggio di chiedere cosa ci facciamo qua, insieme” rise dentro di se … era sempre il solito tontolone.
Ripartirono.
Nicola guardava la strada pensieroso, ma non aggiunse altro, per il momento.
I ricordi del passato le tornarono alla memoria … lo aveva proprio strapazzato per benino a suo tempo.
Lo manteneva in un continuo stato di vassallaggio, spesso lo maltrattava anche davanti agli amici, gli chiedeva di tutto e di più, tanto che la stessa famiglia di lui cominciava ad essere preoccupata; e lei pensava: e cosa si aspettava “mammina”? che il pacioccone del figlio uscisse al fianco della più bella del paese … a gratis?
Stupida, vecchia intrigante!
Sessualmente se lo spassava come un toro da monta, pur tenendolo sempre sulla corda e non dando mai nulla per scontato.
Gli piaceva metterlo a disagio.
Spesso andava in ditta e, con la scusa di interessarsi al suo lavoro, gli cercava il cazzo con le mani.
Altre volte, mentre lui guidava, anche nelle stradine del centro, con tanta gente intorno, si abbassava e gli faceva il pompino … aspettava che lui, eccitatissimo, cominciasse a sgorgare. Poi al gusto delle prime gocce, si alzava, facendolo riempire di sperma, tanto che a volte non poteva neppure scendere dall’ auto.
Le piaceva molto farsi chiavare mentre era affacciata dalla finestra di casa di lui, mentre il ragazzo, da dietro la tenda, pompava con delicatezza per non far notare gli scossoni.
Era anche terrorizzato che all’ improvviso nella stanza entrasse qualcuno dei suoi, cosa che a Melania attizzava all’ ennesima potenza.
In quei casi, quando era alla finestra gli ordinava di venire dentro la sua figa, inventando la scusa che aveva appena avuto il mestruo e non c’ erano problemi.
Perché dopo le piaceva circolare senza mutande, mentre la sborra, pian piano le scorreva sulle cosce. Era eccitante, parlare con i suoi familiari con aria disinvolta, mentre era tutta bagnata e sentiva in giro l’ odore della sborra calda.
Ad eccitare da matti Melania era il desiderio sfrenato di lui.
Era sempre pronto.
Il suo cazzo era quasi sempre duro quando era con lei. Spesso lo lasciava a bocca asciutta per settimane, ordinandogli anche di non tirarsi le seghe.
Una volta che era molto nervosa per cose di famiglia lo schiavizzò letteralmente, legandogli le mani a una vecchia sedia nel garage di casa sua.
Lo fece sedere e si alzò la gonna, era scesa di casa già senza le mutande, si sedette sul ragazzo a spegni candela e lo tirò fino all’ estremo, finche le venne dentro copiosamente.
Ma non significò per lui la liberazione, gli restò immobile sopra.
Sentì il grosso pene perdere di vigore, inzuppato nei suoi liquidi vaginali e nella sua stessa sborrata.
– Non farlo uscire! – gli intimò – non ho finito con “lui” … –
Restarono immobili per oltre un quarto d’ ora, mentre lo sperma liquefatto scorreva dalla fica, irrorando le palle di Nicola.
Melania girò su se stessa, come su un perno, senza permettere al cazzone di uscire.
Si mise davanti a lui con le gambe aperte e, raccogliendo quei liquidi spumosi, li adoperò per lubrificarsi la vagina e per portare parte di quel liquore alla bocca, in modo da baciarsi passandosi quella crema calda e dolce.
Intanto si trapanava il clitoride e portava a termine uno sconvolgente ditalino.
Mentre lei veniva seguendo orgasmi multipli e costanti, Nicola si arrapò più di prima, intostando di nuovo il bastone.
Per la ragazza fu l’ inizio di una seconda potente scopata, gestita interamente da lei, al suo ritmo, fino a farlo sborrare di nuovo, nella vagina già stracolma.
Il garage odorava di chiavata tanto violentemente, che la madre, al mattino dopo ancora si chiedeva cosa fosse quello strano odore, di sotto.
Passarono due anni circa in cui erano l’ uno schiavo del bisogno fisico dell’ altro, poi tutto finì.
Doveva succedere prima o poi, troppo intraprendente e acuta lei, troppo ottuso e ignorante lui.
Quando arrivarono gli anni della maturità intellettuale, Melania incontrò l’ uomo della sua vita, che divenne poi suo marito.
Altro che dominatrice e sfruttatrice, col suo uomo ella ritrovò se stessa e la fiducia in se.
Ritrovò la creatività, il piacere che si prova come frutto dell’ amore e non come squallido desiderio di violentare fisicamente le capacità dell’ altro.
Nicola era stato un buon oggetto sessuale, un fedele scudiero … ma poi era finita, e i suoi sogni reconditi andarono a farsi friggere.
Fece di tutto per tornare con Melania, ma non ci fu verso, venne rottamato come una vecchia auto usata.
Inoltre i suoi comportamenti infantili e caparbi, crearono non pochi disagi alla ragazza, che lo odiò intensamente, tanto che il solo incontrarlo la disgustava.
Spesso, da adulta, incontrando il giovane che si era lasciato andare, diventando sempre più trasandato, grasso e untuoso, si era chiesta come avesse potuto accettare quella situazione, in passato.
Con suo marito si dicevano tutto.
Anche lui era un amante sempre disponibile, ma aveva tutt’ altro stile; con lui la donna provava piaceri ben più sottili e durevoli, perché sapeva intrigarla con i pensieri scherzosi, ma torbidi, che le inculcava.
Lui la vedeva talmente bella ed eccitante che spesso veniva solleticato dall’ idea di far l’ amore in tre, con un’ altra donna o un altro uomo.
Con queste fantasie la stuzzicava spesso e, in alcuni casi, avevano anche tentato dei timidi approcci ai rapporti misti, ma con risultati estremamente parziali.
7
Un giorno incontrarono Nicola per strada, lui già impacciato normalmente, vedendoli insieme tento di salutare impappinandosi come un bambino.
Dopo, tornando a casa ne risero, ma poi lui cominciò a torturarla con mille domande su come fosse possibile che lei era stata con quello sgorbio.
Melania era dispiaciuta e un poco mortificata, nonostante non avesse nulla di cui farsi perdonare, era talmente lampante l’ inferiorità personale di quell’ uomo, che veramente non riusciva a giustificare le sue azioni giovanili.
Non voleva raccontare del senso di dominazione che la faceva sentire superiore e forte: lei di solito tranquilla e riflessiva, aveva trovato l’ elemento adatto a sprigionare la sua voglia di dominare e schiacciare l’ altro. Probabilmente questa sete di comando era stata confinata ad un periodo preciso della sua vita.
Ma la loro battaglia verbale non si esaurì, fino a quando, ritiratisi nella camera da letto, lui corteggiandola e carezzandola sempre più intimamente, ebbe sete di sapere.
Mentre la masturbava dolcemente, chiedeva informazioni, voleva i particolari, voleva conoscere le differenze e le similitudini.
Come era il cazzo di Nicola? Le piaceva? Chiedeva se era grosso, lungo o spesso, che sapore aveva la sborra del ragazzo?
Perchè probabilmente lei doveva pure averla bevuta, no?
Un po’ raccontando onestamente e un po’ filtrando le notizie, lei narrava e lui arrapava, finché con una colossale scopata se ne vennero, sborrando all’ unisono, mentre il marito la costringeva a sognare quell’altro cazzo, perduto nella nebbia dei ricordi.
E questo succedeva spesso … fino quasi a diventare un’ ossessione …
Ormai era in macchina con Nicola da oltre mezz’ ora e doveva pur stabilire cosa fare di quella serata. Avrebbe potuto farsi semplicemente lasciare da qualche parte, lasciandolo con un pugno di mosche … tra l’ altro neppure sapeva lui cosa sperasse.
Magari poteva fare in modo che in un discreto Motel, lui potesse riaccarezzare ciò che desiderava da oltre vent’ anni: non si sarebbe tirato indietro, ne era certa.
Infine, poteva portare a termine la più rischiosa delle follie, farsi accompagnare fino a casa, dove di certo il marito c’ era già e vedere quali sviluppi avrebbe preso la situazione.
Troppe volte avevano parlato di quella follia, troppe volte lui l’ aveva costretta a ripensare a quello strano periodo giovanile, nel quale era carnefice e succube, di quel ragazzo, grasso e stupido, ma che la chiavava sempre, come un toro da monta.
Lui la desiderava, come si desidera il pane, e pendeva letteralmente dalle sue labbra e dalla sua figa.
Come un cane fedele aspettava il suo osso … in qualsiasi forma esso si sarebbe presentato.
Lei decideva!
A volte gli mostrava il suo corpo e si carezzava ordinandogli di farsi una sega veloce e di venire per terra, altre volte lo voleva in bocca nei posti più impensabili e, quando si fece abbastanza coraggio da prenderlo lo convinse ad incularsela, cosa che all’ inizio al ragazzo faceva quasi paura.
Invece, era proprio lei, che superati i primi dolori, lo incitava a sfondarle il culo, chiavando con rapidità e scendendo nel profondo del suo buco, fino ad eiaculare dentro di lei, che prona e sfiancata non aspettava di meglio che essere inondata nel culetto, stretto e delicato.
Questo fatto … ed altre cose, non aveva ancora avuto il coraggio di raccontarle a suo marito.
Basta, era ora di fare ciò che andava fatto.
Così, a bruciapelo, decise.
– Portami verso casa, Nick! – e mentre lo diceva, accavallò le cosce, lasciandosi andare, finalmente, e provocando con la visione del reggicalze che spuntava sulle calze di seta la libidine di quell’ omaccione, ormai poco più di un estraneo per lei.
– Ma … ma … – biascicò Nicola – ma come, non andiamo più a cenare qualcosa? Io ci tenevo tanto a parlare un po’ con te … – l’ uomo era confuso, deluso, ma Melania, che finalmente aveva deciso di “dedicarsi” a lui disse con voce suadente – E chi ti dice che non parleremo insieme? –
– Ma, se ti accompagno … tu vai via, no? –
– No! Probabilmente, no – aggiunse la donna – tu ricorda che devi obbedirmi, come sempre.
E adesso l’ ordine è: portami a casa –
Nicola deglutì terrorizzato: – A casa … a casa? Sopra? –
– E dai non scocciare, come sei diventato pesante! – poi cercando sul cruscotto – Ma non c’ è un po’ di musica in questa macchina? – e accese lo stereo.
Mentre si avvicinavano alla zona lei fece di tutto per tirare ancora più sopra la gonna, fino alle mutandine e senza ritegno.
– Sei “fatta” ancora più bella, più donna … di allora – disse Nicola, sincero.
Lei con gesto superficiale gli carezzò i pantaloni alla ricerca del contatto col suo cazzo.
Era già gonfio, come ricordava. Buon segno, pensò.
8
Arrivarono in prossimità della villetta in cui abitava lei, per una serie di fortunate circostanze la casa era posizionata in un enorme parco isolato dove, per circa dieci mesi all’ anno vivevano da soli.
Le altre, poche famiglie che vi abitavano, vivevano in città e ci venivano solo per le ferie.
Nicola non sapeva con precisione dove andare, ma era confuso e non solo per questo.
Gli girava la testa sia per l’ eccitazione di riavere vicino il corpo della sua “padroncina” che tanto aveva desiderato, sia perché aveva paura che li vedessero.
Non poteva capire il suo gioco … voleva farlo? E dove?
Proprio a casa sua … e suo marito.
Anche Melania era preoccupata stava giocando il tutto per tutto, se ne rendeva conto … aveva sempre sospettata una certa gelosia a****le da parte del marito nei confronti del sesso che lei faceva con Nicola … ma non le andava di tradirlo, non era questo che voleva.
Anche se, non poteva negarlo, a furia di giocare col fuoco e ricordarle quei rapporti del passato, aveva desiderio di rimettersi in figa quel cazzone che era stato tutto suo in un momento lontano.
Avere un “Golem”, una persona al suo servizio, pronta a soddisfare la sua voglia di sesso le era rimasto nella libido e suo marito aveva risvegliato il piacere del dominio che aveva avuto su Nicola.
A casa non doveva esserci nessuno di sicuro, tranne suo marito.
Avrebbe accettato la sua fuga?
Si sarebbe eccitato a sapere che era li a farsi scopare … e da chi poi?
Proprio dal suo vecchio amante, colui che dopotutto le aveva rotto ogni verginità: sia vaginale, che anale, colui che aveva emesso le prime sborrate che lei avesse mai preso nella bocca …
Ormai c’ era dentro e non poteva tornare indietro.
– Dai, non temere … fermati a quel cancello che ti apro. – lo incoraggiò la donna; aveva le gambe accavallate e Nicola le aveva più volte intravisti gli slip, ormai aveva il cazzo duro da oltre mezz’ora.
Mica è impazzita, penso l’ uomo tra se, saprà pure cosa fare, no?
Davanti al cancello, Melania azionò il telecomando e così entrarono nella tenuta.
– Dai un colpo di clacson, non si sa mai – disse – se troviamo qualcuno, scendo e tu vai via, dirò che mi hai dato un passaggio … tutto qui! –
– Va bene – disse lui abbastanza impacciato.
Melania lo fece salire verso lo spiazzo tra gli alberi antistante casa sua e gli indicò dove fermarsi.
Il colpo di clacson era stato fatto apposta per mettere sul chi va là Osvaldo, suo marito.
Era un uomo molto intelligente e svelto … Melania sperò che capisse al volo, sperò che non si rovinasse tutto e, soprattutto, che lui capisse e stesse al gioco, prendendo tutto il piacere che lei voleva donargli.
Era tanto che fantasticavano e giocavano, ora che tutto poteva succedere davvero, quale sarebbe stata la reazione di lui?
Pregò in cuor suo che lui ci fosse e che tutto andasse per il meglio.
Osvaldo, sentì strombettare un auto e da un balcone, diede un’ occhiata rapida al viale dell’ ingresso.
Bho?
Era una macchina che non conosceva, forse qualche vicino che arrivava fuori stagione.
Riprese a lavorare.
Il sole stava per tramontare, ma si vedeva ancora benissimo di fuori.
Dal rumore della ghiaia schiacciata comprese che quella macchina era venuta a fermarsi proprio fuori casa sua.
Chi poteva essere? Forse Melania, si era fatta dare un passaggio o le avevano prestato una macchina?
Lì da loro non veniva mai nessun estraneo …
Decise di dare un’ occhiata, molto discreta, evitando accuratamente di farsi vedere. Perché se erano scocciatori, avrebbe fatto del suo meglio per evitarli.
Nello spazio in cui parcheggiavano di solito c’ era una Station Wagon grigio metallizzata, mai vista prima.
Dal vetro anteriore, per il riverbero, non era possibile stabilire chi la occupava ma, mentre rimuginava sul da farsi, lo sportello lato guida si aprì.
Osvaldo ebbe un momento di smarrimento e la sua mente andò in tilt, si strofinò gli occhi per essere sicuro di non avere le traveggole.
Dall’ auto era uscita una figura, talmente improbabile, da rendere difficile riconoscerla.
Eppure … quello era Nicola, il commerciante, una specie di ex di sua moglie, Melania.
Osvaldo fu subissato dalle perplessità: cosa diavolo ci faceva fuori casa sua? Aveva sbagliato indirizzo?
Sua moglie gli aveva ordinato qualcosa e lui era venuto a consegnare?
Era impazzito e voleva vendicarsi di essere stato “scaricato”? Bhe … dopo oltre vent’ anni sembrava un po’ improbabile.
Mentre si meravigliava di quella presenza impossibile davanti a casa sua, Osvaldo si accorse che, nell’ auto, c’ era un’ altra persona … allora, anche l’ altro sportello si aprì, con uno shitto e … dalla macchina uscì Melania.
Osvaldo era veramente sconcertato, soprattutto notando che la moglie era vestita in maniera molto sexy, cosa che non capitava quasi mai quando andava in ufficio; già era abbastanza bona da attirare molti sguardi, vestita da monaca laica, figurarsi così … come adesso.
La gonna scura la fasciava facendo intravvedere tutte le sue mirabili forme, le calze velatissime slanciavano ulteriormente le gambe, rendendole irresistibili, le scarpe chiare, eleganti, con una fascetta erotica alla caviglia e i tacchi appuntiti che mozzavano il fiato.
Salendo con lo sguardo, si notavano le fibiette di un reggicalze che
creavano dei piccoli, appetitosi rigonfiamenti sulla gonna elegante.
Sopra, la camicetta evidenziava le bombe ancora inesplose dei suoi meravigliosi seni …
Cazzo, pensò il marito, non si è fatta mancare niente, mi sembra un po’ troia, vestita così.
Istintivo e furbo, si ritirò rapidamente in casa, voleva capire e per capire, l’ unico sistema era aspettare come si sarebbero messe le cose.
Era certo che quell’ incontro fosse la conseguenza di una serie di fortuite circostanze.
Lui era certo della fedeltà della moglie, anzi era fin troppo esagerata, per i suoi gusti; a lui piaceva un po’ di stress da menage e trovava eccitante che qualcun’ altro desiderasse la sua donna.
Probabilmente si erano incontrati per strada, lui le aveva insistito per darle un passaggio e lei adesso, per pura formalità gli avrebbe fatto vedere dove abitava, per poi salutarlo sbrigativamente.
9
Forse il grassone, doveva consegnare qualcosa o aveva bisogno della consulenza di Osvaldo per qualche problema di lavoro.
Allora decise che era meglio aspettare in casa, ma con un guizzo di furbizia, non si fermò dabbasso, per non essere visto immediatamente e per scrutare meglio che intenzioni avessero.
Si spostò rapidamente di sopra, da dove avrebbe potuto sentire perfettamente cosa si dicevano, per poi scendere da loro, appena la moglie lo avrebbe chiamato.
Un pensiero assurdo e impossibile gli attraversò la mente: un tradimento?
Ma no, era del tutto inconcepibile!
C’ era tutto il mondo a disposizione per farsi fottere da chi le pareva, ma qui, a casa, sapeva perfettamente che il marito c’ era o ci sarebbe stato a momenti … a meno che … ma non volle nemmeno concretizzare un pensiero tanto incredibile.
Aspettò nell’ ombra per qualche minuto: cinque, sei … poi sette e otto.
Ma quanto cazzo ci mettevano ad entrare in casa, cosa avevano mai da dirsi in giardino?
Eppure, niente!
I minuti passavano, ma non arrivava nessuno.
Allora gli venne un idea.
Uscì dal balcone e raggiunse, con lo scaletto, il terrazzo delle antenne, da lì, come già sapeva, era possibile avere una visuale perfetta del parco dall’ alto senza pericolo di essere visto.
Si avvicinò al cornicione, acquattandosi per non essere visto, mentre lui vedeva facilmente di sotto.
Incredibile: Melania e Nicola erano ancora là fuori a chiacchierare con noncuranza, come due fidanzatini.
Il grassone era appoggiato col sedere sulla sua auto, mentre la moglie gli stava davanti, anche troppo vicina: parlava e si muoveva in maniera civettuola, sorridendo spesso.
Sempre più strano, pensò Osvaldo, non trovando ancora il coraggio di ammettere che, di una situazione del genere, avrebbe dovuto essere geloso. Soprattutto per il fatto che Melania gli aveva più volte confermato che era stata con quel ragazzo solo perché se lo trovava sempre intorno, per pigrizia e per avere comunque un appoggio, per essere più libera dalle regole della famiglia.
I suoi avevano fiducia in Nicola e grazie a lui, la ragazza poteva uscire con gli amici e fare tardi a suo piacimento.
Osvaldo sussultò: non riusciva a credere ai suoi occhi.
Melania si era spostata lievemente più lontana da quell’ uomo, per essere libera di sbottonarsi languidamente la camicetta.
Prima di sfilarsela del tutto, si guardò intorno per essere sicura che nessuno la vedesse, ma il parco era completamente deserto.
Suo marito era sbigottito e fu tentato di mostrarsi e gridare a squarciagola per la rabbia e la sorpresa … ma era certo che tutto questo non stava succedendo per caso, dovette fare un grande sforzo su se stesso per trattenersi, ma doveva aspettare!
Melania era moglie e complice della sua vita da vent’ anni, se quella cosa non aveva uno scopo, voleva dire che doveva preoccuparsi, non per le corna, ma perché sua moglie era completamente impazzita.
Sbuffando di rabbia repressa si mise più a suo agio per seguire quello spettacolo che sembrava più un film che la realtà.
Melania intanto aveva tolto del tutto la camicetta e l’ aveva riposta su una panchetta del giardino. Quanto era bella!
Adesso più di prima, con il solo reggipetto e la gonna stretta e fasciante, si stagliava alta e statuaria, mentre i seni cercavano di esplodere dalle coppe che li serravano a malapena.
Osservando attentamente, Osvaldo si rese conto che l’ altro uomo era eccitatissimo e sbavava letteralmente a vedersela vicino, però non si muoveva di un centimetro, probabilmente era stato ammaestrato a restare immobile se non voleva che il sogno svanisse.
Ora Melania, sempre con movimenti molto fluidi e un po’ da zoccola, si stava facendo scendere la gonna, lentamente, giù giù liberando pian piano lo spettacolo delle mutandine chiare, modello perizoma, il reggicalze semplice e le calze eleganti.
Osvaldo non potè trattenersi dall’ intostare lentamente il cazzo nei pantaloni, e sbirciando con attenzione si rese conto che anche l’ uomo grasso, bloccato alla sua macchina, aveva un bitorzolo gonfio, che si notava di sopra i calzoni.
Melania continuava ad esibirsi per quel coso … quel grosso coglione, ma, finalmente gli venne in mente … probabilmente anche per suo marito.
Passato il primo shitto rabbioso lui non poteva che ammettere che in altro caso, se lei voleva davvero scoparsi l’ altro, avrebbe potuto farlo dove meglio le pareva e quando le faceva più comodo.
Il marito non l’ aveva mai controllata, né seguita, né bloccate nelle sue iniziative personali.
Oppure, per assurdo, era stata talmente furba da pensare di farsi quell’ uomo in modo facile e poterla fare franca, che lui la scoprisse o no.
Ecco: se lui non c’ era e non si accorgeva di nulla, lei poteva nascondere comodamente l’ accaduto, mentre in caso contrario, poteva sempre raccontare che aveva fatto sesso col grassone, per far avverare i desideri reconditi di suo marito.
Pensieri da troia … e che fosse una troia lo dimostrava quello spettacolo stupendo che aveva appena inscenato per l’ uomo e per suo marito, nascosto sul tetto.
Melania languidamente, con le mani a coppa si raccolse i grossi seni e li fece trasbordare dal reggipetto, uno dopo l’ altro. I capezzoli erano rigidi e turgidi, si vedeva che era molto eccitata.
Ancora e piano, si tolse le piccole mutandine … era tanto appetitosa con quella fighetta piatta e piccina, con solo uno sbaffo di peli scuri al centro, come una virgola che volesse indicare dove voleva ricevere il cazzo.
Si girò più volte su se stessa, languida e sorniona, con un sorriso abbozzato e libidinoso, che Osvaldo non le conosceva.
L’ altro voleva morire, era evidente. Si contorceva continuamente, obbligato al suo posto, e dallo sguardo ottuso e attonito, sembrava quasi in “trance”.
Non sentì le parole, perchè Melania parlò a voce bassa, ma probabilmente dovette impartirgli qualche ordine preciso … o un permesso: dato che, immediatamente, l’ uomo incurante di trovarsi all’ aperto e in un luogo a lui estraneo, con gesti grossolani si liberò dei pantaloni, incespicando sulla ghiaia col rischio di cadere.
Lo stesso fece con la camicia, restando vestito in modo squallido, con le scarpe e i calzini bianchi, uno slip bianco che si fermava sotto il pancione e la canottiera di cotone, che ne copriva il fisico osceno.
Non aveva fianchi, il petto era grosso e ricordava quello di una matrona, il culo stretto e piatto, evidentemente peloso, a completare il quadro un paio di brutti occhiali da miope si perdevano sul faccione rasato.
Osvaldo rise tra se, ripensando a una battuta che aveva pronunciato molte volte: “La bella e la Bestia, insomma!”
Unica nota eccitante in quel quadro disperato era lo slip, che non riusciva a stare al suo posto perché veniva spalancato sul davanti da qualcosa di grosso che desiderava di esplodere, evidentemente.
Era il membro di quell’ uomo, eccitato all’ inverosimile da sua moglie e che tra poco lei stessa avrebbe visto dal vivo, per forza di cose.
10
Questo pensiero fece rimescolare la pancia di Osvaldo, si sentiva male e si eccitava allo stesso modo, dovendo accettare l’ ineluttabile destino che stava per compiersi.
Era certo che sarebbero accadute una serie terribile di cose davanti ai suoi occhi e che lui non sarebbe intervenuto, restando impietrito da un piacere doloroso, viscerale, che lo bloccava come fosse legato. Destinato ad assistere alla scena di un altro, e “quale” altro poi, che si sarebbe goduta sua moglie e che le avrebbe provocato il piacere, esplorandola in tutto il corpo, toccando le parti più intime e segrete, sporcando le sue parti più recondite con la sua bava eccitata e, magari, con il suo sperma.
Quell’ energumeno scacciato dalla sua vita come un cane bastonato più di venti anni fa, adesso, grasso, brutto, e più osceno di prima, si sarebbe preso la sua vendetta e nel peggiore dei modi, ne era certo.
Era evidente che non era stato lui a cercare Melania, ma che la sua stessa moglie lo aveva contattato per donargli tutta se stessa e tutto il piacere che lui non poteva nemmeno permettersi di sognare.
Era come se quell’ uomo fosse stato baciato dalla sorte, come se avesse vinto al gioco …
Per anni aveva desiderato Melania e chissà quante seghe si era tirato pensando alla figa di sua moglie, senza poterla neppure accostare, ed ora, improvvisamente, lei era li, nuda e disponibile, pronta a prendere piacere dal suo membro e a donargli il suo corpo per fargli sfogare la sua voglia di farsela.
Osvaldo intanto ipnotizzato da quella situazione, non poteva farci niente e desiderava solo aspettare che tutto si compisse dinanzi ai suoi occhi per soffrirne, godendo.
Melania adesso si era abbassata in avanti, a novanta gradi, voltando le natiche verso Nicola, si aprì con le mani la vulva per fargliela vedere, lui si contorceva in modo pietoso, era vulnerabile e osceno in quella squallida tenuta, seminudo in quel giardino estraneo, come se anche lui fosse sottoposto dalla donna ad una irrinunciabile, eccitante, tortura.
Il marito credette di non farcela quando vide Melania accostarsi a Nicola e parlargli sorridendo, capì subito cosa si erano detti, perché la donna gli permise di lasciare il posto che gli aveva riservato e, portandolo, per mano, lo condusse, poco più in là, presso l’ albero di noci che svettava sul sentiero.
La posizione era proprio di fronte a Osvaldo, che pensò che fosse stato fatto apposta, infatti si vedeva benissimo ciò che accadde: Nicola aveva le mani sui fianchi e, di sicuro, l’ ordine di non toccarsi, Melania invece si chinò con disinvoltura e gli cercò il membro nello slip, per poi tirarlo fuori e raccogliere il bordo dello slippino dietro la sacca delle palle, in questo modo tutto il pacco di Nicola era in piena evidenza.
Osvaldo si sentiva morire: Nicola aveva un bestione tra le cosce, un bitorzolo grosso e nodoso, che sembrava l’ apice di un randello.
Non era lunghissimo, anche a causa del pancione che lo opprimeva di sopra, ma era veramente grosso, infatti Melania, che subito lo prese in mano, non sarebbe mai riuscita a chiuderne la circonferenza con le dita.
La donna, come trattasse con un bambino, gli teneva il cazzo puntato in avanti, standogli a fianco, e con l’ altra mano gli carezzava il culo peloso.
Sapientemente non gli dava fretta, sembrava una mammina che fa fare la piscia al suo piccolo.
Aspettava, senza emozione, che Nicola trovasse la concentrazione necessaria per pisciare, Osvaldo pensò addolorato alla sicurezza con cui si era mossa; conosceva bene il cazzone di quell’ uomo e chissà quante altre volte lo aveva già fatto.
Nel silenzio della sera che incombeva, tutto tacque per un paio di minuti poi, finalmente, un filo di orina sgorgò dal buchetto di quel pene e lo liberò in una lunga e copiosa pisciata.
L’ eccitazione aveva ormai avuto effetto anche su Melania, la donna si sentì “padrona” del suo schiavo, come ai vecchi tempi. Era abituata a castigarlo, comandarlo, ma anche a coccolarlo amorevolmente come un bambino disubbidiente.
Si abbassò con la bocca per raggiungere il pene, che ancora gocciolava, e iniziò a leccarselo, per pulirlo accuratamente da ogni residuo di pipì: Con la lingua scavava intorno al prepuzio, penetrando ogni interstizio tra la pelle e la testa del cazzone di Nicola.
Poi, ritornò verso l’ auto e ordinò a Nicola di levarsi anche le mutande.
Osvaldo guardava e arrapava, sorpreso dallo spirito di iniziativa di sua moglie, quasi involontariamente si ritrovò col pene fuori dalla patta e cominciò a carezzarselo, mentre fissava quelle scene raccapriccianti.
Inaspettatamente Melania entrò nell’ auto dalla porta posteriore e armeggiò all’ interno per aprire il vetro dello sportello. Nicola, come un povero burattino, ma col cazzo sempre tosto, se ne stava li, in attesa di capire cosa avrebbe potuto aspettarsi da quella donna meravigliosa … che, ne era certo, sarebbe stata ancora una volta tutta sua.
Gli girava la testa per la gioia e l’ emozione, pensò disgustato a sua moglie, la donna scialba e insignificante che lo aspettava a casa.
Melania si rivolse ancora al grassone, ma Osvaldo non poteva sentire, quindi spiò la scena con attenzione, stranamente Melania era salita nella macchina … ma da sola.
Vide Nicola avvicinarsi allo sportello inferiore, da quella posizione gli voltava le spalle: era orrendo con le sue esagerate maniglie dell’ amore, le spalle pelose sotto la canottiera bianca, di sotto indossava solo i calzini e aveva ancora le scarpe ai piedi.
Vide che una volta arrivato presso lo sportello, si posizionava rispetto all’ auto in maniera strana e scomoda, come se volesse accostarsi più del necessario. Si sollevava lievemente sulle punte e si vedeva che le due chiappe pelose si muovevano, come a cercare una posizione comoda …. ogni tanto stringeva il culo come per aiutarsi a spingersi in avanti.
11
Che cazzo accadeva?
Si chiese Osvaldo, vedendo che l’ omaccione semi nudo non trovava pace, sembrava volesse entrare nello sportello e si agitava; poi, guardando meglio, capì.
Melania era comodamente seduta come una passeggera, ma da dentro la macchina gli stava facendo un pompino
A Osvaldo mancò letteralmente il respiro. Si spostò su un lato per vedere meglio.
La testa di sua moglie si agitava vogliosa per permetterle di ingurgitare e leccare il grosso cazzo.
Nicola dal canto suo, in preda agli spasmi del piacere, la teneva per la nuca spingendole la testa verso le palle, fino a soffocarla.
Era troppo arrapato per resistere a lungo, Melania da come l’ uomo si contorceva lo capì, dopo alcuni minuti di pompino, si precipitò fuori dalla macchina, e si adagiò in ginocchi, davanti a Nicola, usando un cuscino preso dalla vettura.
Si riavvicinò al bitorzolo enorme di Nicola e agitandolo con le mani e accogliendolo tra le labbra lo portò sù e sù di giri, fino a quando dal suo cazzo partì l’ eiaculazione.
La roba bianca non finiva mai di uscire, colpì Melania un po’ dappertutto, schizzò sui seni, sui capezzoli, sulle gambe … altre gocce erano sui capelli, ma una gran parte dello sperma era sul suo viso e sulle labbra, da dove lei adesso lo leccava, insaziabile.
Nicola se n’ era venuto con un grido trattenuto e agitando il corpo in avanti mentre schizzava, mugolando.
Osvaldo si masturbava infelice e arrapato, mentre Nicola non sentiva più le gambe, il suo cazzo ebbe un lieve cedimento e si afflosciò un poco.
Restò immobile, non aveva avuto ordini successivi!
Melania, sempre inginocchiata si dedicava a farsi un ditalino tutto suo … ma era decisa a prendere ancora cazzo dentro di se.
Osvaldo sperò che fosse finita, ma si sbagliava doveva subire ben altro e vedere fino a quanto sua moglie si sarebbe fatta profanare da quell’ energumeno, che lui aveva sempre sottovalutato, considerandolo inferiore.
Ora, quel porco si prendeva la sua rivincita e si era appena fatto fare un bocchino da sua moglie, con tanto di ingoio.
Ma, in effetti, non finiva li.
Nicola si stava riprendendo.
Poco dopo Melania tornò in macchina, come se recitassero lo stesso copione e ancora una volta, Nicola tornò a cercare una posizione soddisfacente, agitandosi attaccato alla portiera, come se non trovasse pace.
Quando iniziò a spingere costantemente e le natiche scure di peli, si stringevano e si allargavano nello sforzo, Osvaldo si rese conto di cosa era cambiato.
Quella cagna di sua moglie si era sistemata sul sedile alla pecorina, e porgeva dal finestrino il culo immacolato, svirgolato dall’ eccitante reggicalze e dalle calze di seta, mentre Nicola aveva poggiato il pancione sulle sue natiche, per ottenere maggior penetrazione e per migliorare le sue spinte la tratteneva con le grosse mani, dai fianchi, godendosene le natiche col tatto.
Ormai Nicola era esploso una prima volta e adesso non aveva più alcuna fretta di venire, conservando un ottimo controllo sul suo notevole cazzo. Come ai vecchi tempi si chiavava la sua bella, ed ogni colpo era più delizioso perché gli sembrava di fottersi anche suo marito, quel borioso, insignificante, che l’ aveva strappata a lui, tanti anni prima.
Nella sua fantasia limitata, non capiva di essere l’ oggetto del piacere di lei e che veniva adoperato per dar piacer anche a lui.
Chiavava il membro con costanza nella vagina delicata e stretta, proprio come la ricordava lui. Era in paradiso e fottevacon gli occhi socchiusi.
Non immaginava che il marito di Melania, si stava facendo la sega, a pochi metri da lui, arrapato dalle sue performance erotiche.
Si era fatta sera, ormai.
Osvaldo giocò la sua carta, senza conoscerne l’ effetto possibile: fece un salto di sotto e accese tutte le luci in giardino.
Poi raggiunse di nuovo la sua postazione.
12
Appena le luci illuminarono di nuovo la scena, Nicola ebbe un balzo per la sorpresa, ma Melania fu lesta e si inventò la scusa di un interruttore crepuscolare che, in realtà, non era mai esistito.
Ora lei era certa che il marito era in casa e che … aveva visto tutto.
Come interpretare il suo silenzio?
Approvava o l’ avrebbe odiata per tutta la vita?
Nicola si era un po’ perso, le luci improvvise lo avevano spaventato.
Melania decise di giocare tutte le sue carte, conosceva troppo bene il suo lui, per non essere sicura che era arrapatissimo da quel che vedeva. Scese dalla macchina e si portò il suo cavaliere in bella mostra, presso una panchina ben illuminata.
Osvaldo si rese conto che lei non era per nulla sorpresa dalla sua presenza in casa, ma vide che era abbastanza troia da continuare quello spettacolo indecente, proprio davanti ai suoi occhi.
Si riprese il cazzo tra le dita, mentre subiva i maltrattamenti di sua moglie.
Melania seduta sulla camicia di Nicola, lo fece avvicinare per rifarglielo duro, con un pompino succhiante.
Se lo lavorava delicatamente ma con decisione e in poco tempo il cazzone che lei ricordava bene, si gonfiò nella sua bocca, dilatandola fino all’ estremo.
Quando Nicola fu arrapato al punto giusto, Melania si decise, anche se non si sentiva pronta ed era ben consapevole di quanto era doppio quel membro che aveva appena tenuto in bocca.
Nonostante gli anni passati, ancora ricordava quando per le inculate di Nicola, le erano uscite le lacrime, pur di sopportare lo sfiancamento anale.
Staccò la bocca dal cazzo eccitato di Nicola e si alzò, poggiandosi rilassata sulla spalliera della panchina, come se fosse lì, perfettamente vestita, a passare la serata con un amico.
Invece, con un cenno fece accasciare Nicola davanti a lei e lo sovrastò velocemente con le gambe, poggiandogli le caviglie sulle spalle.
Melania si sporse sul bordo della panchina, quasi a cascarne, con le cosce dilatata e la figa e l’ ano in primo piano.
Il povero Nicola non credeva ai suoi occhi, non avrebbe mai sperato di riavere a disposizione tutta quella bontà divina, inoltre con l’ età la ragazzina era diventata donna, mettendo la giusta carne nei punti strategici, più matura nella decisionalità e più porca che mai.
Sapeva che lei lo comandava e lo usava per i suo piacere e sapeva anche che il suo stesso godimento era subordinato alle decisioni di lei, ma mai, proprio mai, si sarebbe rifiutato di fare qualsiasi cosa gli chiedesse, pur di non perdere di nuovo quella delizia … quel paradiso.
La donna fece abbassare Nicola perché si mettesse a sua disposizione leccandola tra le gambe spalancate, accuratamente.
Si guardò intorno per mettersi bene in mostra, cercando di fare in modo che dalla casa si vedesse bene. Poi si preparò al sacrificio finale.
Staccò la faccia dell’ uomo dalla sua figa, dove la bocca stava pasteggiando senza tregua, e lo osservò.
Era grasso e grossolano, ma aveva quel fungo grosso e scorbutico tra le gambe, che spuntava osceno da sotto il pancione largo e discinto.
Rispetto a lei era un mostro un rappoero con una dea, la cosa aveva un suo fascino misterioso, le sembrava di essere desiderata da una bestia in calore, senza cervello e dedita solo al piacere, su sua richiesta.
Si sentiva inebriata, come se fosse una fata benefattrice che dona un sogno a un misero mortale.
Intanto suo marito guardava e non sapeva quali altre prove dolorose lo aspettavano, si teneva il cazzo in mano, stanco di tenerlo duro senza riuscire a venire neppure una volta.
Ma ciò che vide adesso era veramente il colmo: la moglie dopo essersi fatta slinguare sulla panchina, si inarcava sulle spalle di quell’ energumeno, facendo leva sui talloni, che poggiavano sulle spalle di lui.
Intanto con le mani si apriva oscenamente le chiappe, mostrandogli il buchetto del suo ano, bruno e voglioso.
13
No, non poteva succedere!
Le due figure erano di profilo ed era ben evidente sotto il pancione dell’ uomo quel grosso tappo di carne, grosso come una pannocchia.
Il porco capì, sbavando dal piacere: le mani libere cominciarono a esplorare quel culetto, pregustandosi il piacere che lo attendeva.
Era tremendo per il marito starsene lì, più arrapato che mai, ma frustrato, schiacciato da quelle scene orribili, che però esaltavano in lui tutta la dipendenza dalla sua stessa depravazione.
Ormai, quella punizione durava da quasi un ora e per fortuna, non era arrivato nessuno: Osvaldo era certo che in certi momenti di totale eccitamento dei sensi, quei due non si sarebbero fermati neppure sotto le luci di un palcoscenico.
Si era arrivati a tutto questo per colpa sua in fondo, troppo aveva insistito, domandato, stuzzicato … di certo Melania aveva dovuto credere che per lui fosse importante assistere a quel tipo di scopata, perchè lei, da moglie tranquilla e fedele, non gli avrebbe mai trasmesso, altrimenti, quelle sensazioni, che solo un comportamento da gran puttana poteva procurare.
A quel punto, commosso, si augurò solamente che tutto lo show non fosse solo una recita, per sua moglie, ma che lei traesse, da quel rapporto tremendo, le stesse potenti sensazioni che stava donando a lui.
Intanto, nell’ aia, il grassone aveva massaggiato per benino il basso ventre della sua dea e vittima sacrificale, allo stesso tempo.
Si accostò e avvicinò il glande grosso dal desiderio e arrossato dallo sfregamento, decise che era ora che le riempisse per benino il buco floreale che lei gli donava, ancora una volta, dopo un’ attesa di anni e anni.
Nonostante il fresco della sera incipiente, si era tolto la canottiera ed era tutto imperlato di sudore, persino sotto il cazzo: grondava.
I seni grossi sembravano quasi quelli di una vecchia sfatta e cascavano sul pancione molle.
Infatti per cacciare agevolmente quella preda con la sua “lancia” era costretto a tenersi il pene in mano, mentre con l’ altra si spingeva il pancione verso l’ alto, affinché non facesse spessore, a tal punto da rendere il culetto di Melania irragiungibile.
Invece, così facendo, il bastone nodoso si ergeva perfettamente libero e puntuto: il furbo uomo, allenato ad usarlo nonostante la trippa, se lo teneva da sotto, per le palle.
Era lampante che, una volta penetrato in lei, voleva affondarglielo tutto nelle le natiche.
Ecco!
La caccia era arrivata al suo acme.
La capocchia di lui aveva centrato il buchetto ed era ovvio che non si sarebbe tirato indietro.
Dal terrazzo, Osvaldo, che vedeva perfettamente la scena, sentì il gigante mugugnare di piacere.
In cuor suo, si augurò, che lui sborrasse subito, come risultato della forte tensione accumulata, ma era una speranza ingenua.
Lo vide spingere e avanzare deciso, mentre sua moglie emetteva gridolini soffocati.
Purtroppo erano mesi che lui non la inculava e, praticamente era tornata come vergine, di dietro.
Quando il cazzo entrò completamente, le gambe di Melania shittarono da sole, involontariamente, spinte dal dolore e dal nervo che era stato sollecitato da quella dilatazione forzata.
Prima le teneva piegate, con le ginocchia verso l’ alto e i piedini sulle spalle di Nicola, ora invece erano diritte e perpendicolari, e non cadeva solo perché l’ uomo se la teneva a portata di cazzo, con le mani sotto le natiche delicate.
Passata la fase cruenta della dilatazione dello sfintere, si sistemarono comodi per potersela godere entrambi.
14
La donna appoggiò i polpacci sulle spalle di lui, mentre Nicola, raccolto il pancione molle, lo calò sul ventre di Melania.
Era tremendo vederli, perché lui grasso com’ era, l’ aveva circondata, facendo si che da lontano sembrassero una sola carne fusa.
Solo le natiche piatte e pelose, che si muovevano voluttuose in mille posizioni, indicavano che la penetrazione stava avvenendo perfettamente.
Dai movimenti sinuosi e roteanti che ripetevano all’ unisono, ancorati da quel bastone carnoso che Melania aveva in corpo, si comprendeva che non solo lui le dava dei colpi perpendicolari e profondi, ma che le roteava anche la mazza dentro, quando era tutto piantato nel culo della moglie di Osvaldo.
Nicola se la inculava di gusto, perduto nei suoi sogni proibiti.
Approfittò dei suoi polpacci, sistemati per tenersi sulle sue spalle, per baciarle le gambe e aiutandosi con le mani i piedini inguantati dalle calze color carne.
Mentre fotteva, le aveva sganciato pian piano i nastri del reggicalze, che giacevano inerti e ballonzolavano ai lati del culetto di lei ad ogni botta.
Con le mani grossolane, le aveva liberato la carne tenera delle cosce e ci viaggiava come un forsennato.
Si godeva quel contatto e ogni tanto infilava le dita nelle calze, che avevano perso tensione, discendendo all’ altezza del ginocchio.
Questo rendeva il corpo di Melania ancora più discinto e arrapante e Nicola infilava la manona nell’ incavo del polpaccio, tra la calza flaccida e la carne delicata.
Da lontano Osvaldo guardava senza forze e non provava più alcun senso di ribellione, nonostante lo spettacolo oltraggioso che gli veniva offerto nel giardino di casa sua.
Ora, era solo questione di tempo, tutto era calmo, anche la sera.
Nicola pressava la sua carne flaccida sotto quel pancino delicato e si intuiva che l’ ammasso vibrante, nascondeva un manganello notevole che viaggiava nello sfintere di sua moglie.
Lei guardava le stelle e senza più remore si dava, totalmente, mentre con la destra si faceva un ditalino languido, quasi distratto: come fosse una ragazza annoiata, sola sul divano che cerca il piacere solitario.
D’ improvviso il grasso uomo grugnì come un a****le e vibrò di piacere, scuotendo la carne flaccida e il pancione, adagiato sulla sua “vittima”.
Premette il cazzo dentro con tutte le forze, tanto che spostò in avanti la povera Melania, con tutta la panchina.
Si inarcava e sborrava, continuando a spingere e a grugnire, senza nessun controllo per circa cinque minuti.
Finalmente si sganciò dal culo di lei e il cazzone gocciolava, ormai senza forze, ma mantenendo quello spessore pauroso che Osvaldo non avrebbe mai dimenticato.
Melania, raccolse rapidissima le sue cose e lo liquidò immediatamente.
Corse in casa.
Il poveretto si rivestì alla meglio e ritrovato il giudizio si rese conto di quello che aveva rischiato.
Se fosse tornato il marito, poteva anche sparagli addosso.
Un brivido gli passò per la schiena, mentre si sentiva sempre più estraneo in quell’ ambiente sconosciuto.
Saltò in auto e se la squagliò velocemente.
Melania, nuda e tremante, nascosta nel suo ingresso, gli aprì il cancello elettrico.
Osvaldo scese di sotto e incrociò lo sguardo di sua moglie, invece di odiarla, l’ amò con tutto se stesso, perdendosi in quegli occhi smarriti.
– Almeno ti è piaciuto? – chiese lui con finta disinvoltura?
– Tu che ne dici? – ribatte lei, mentre raccoglieva le sue vesti sparse in giro.
– Beh, da quello che ho visto direi che te la sei spassata alla grande. –
– E’ vero, non pensavo di godermela tanto, ero convinta che avrei provato schifo, invece … –
– Invece? – Osvaldo la incalzò, voleva capire.
– Invece sapere che tu c’ eri e mi osservavi mi faceva impazzire. E più pensavo che eri geloso e possessivo, più mi lasciavo fottere con gusto … mi sentivo come se avessi in mano il tuo cuore … Mi sentivo come se ogni botta che prendevo, la trasmettessi a te, insieme al piacere e al peccato che mi provocava. –
– Anche nel culo … avete fatto proprio tutto! – disse lui provocatorio – Forse non te ne sei resa conto, ma ti sei fatta sfondare per un’ ora e venti.
–
– Ma sono riuscita a non venire … nemmeno una volta. –
– Non è VERO! – disse Osvaldo.
– Si che è vero, però sono impazzita di piacere tutto il tempo. – disse lei con un sorriso malizioso, poi aggiunse: – E tu? –
– No, nemmeno io sono venuto, ma mi sono masturbato come un ebete per tutto il tempo … mi sembrava di impazzire, ma di godere continuamente, vedendoti … fare.
Che porca sei! –
– Trovi? – Melania rideva – vado a lavarmi tesoro. –
– No, aspetta – Osvaldo la implorò – voglio guardarti così come sei … come sei … adesso –
Lei era bellissima, era vero.
Discinta e goduta come una sgualdrina di porto, i seni traboccavano rossi per le manate, tenuti alti dal reggipetto che era ridotto a un nastro sotto le poppe, senza mutande si teneva le mani a coppa per non sporcare il pavimento con il carico di sborra, ancora calda, che tratteneva a stento nel culetto, il reggicalze era ormai una cintura chiara e inutile e aveva perso anche uno dei nastrini, le calze, flaccide sulle gambe, macchiate di sperma, e le scarpe col tacco ancora allacciate.
Sul suo viso, il trucco aveva perso consistenza, dandole un’ aria stanca, triviale.
Osvaldo era a pochi centimetri da lei.
Sua moglie odorava di estraneo, sporcata dal sudore e dalla sborra di Nicola. Che libidine.
– Così … – disse – non sei venuta nemmeno una volta? –
– Nemmeno una! – confermò Melania.
– Allora voglio controllare, siediti qui –
– Va bene – disse lei remissiva e accettò la sedia che lui le porgeva.
Osvaldo si inginocchiò davanti a lei e le prese le gambe sulle spalle.
Scrutò con attenzione i buchi sfondati della moglie, si vedeva che il grosso cazzo di Nicola ci aveva lavorato per tutta la serata.
La figa era bagnata e sporca di alcune macchioline spumose, frutto del contatto con lo sperma di lui.
Mentre osservava e intostava il pene senza volerlo, con un gorgoglio, dall’ ano, fuoriuscì un fiotto di sborra opalescente … chissà quando profondamente Nicola aveva sborrato in lei.
Ora, il segno indelebile del suo “marchio”, il piacere che aveva provato nel culo di sua moglie, riaffiorava in tutta la sua cruda condanna.
Non era stato un sogno, la sborra estranea depositata in lei parlava chiaro.
Non resistette e si prese il cazzo in mano.
Ripensò a tutti quei movimenti convulsi che il grassone aveva effettuato alla fine dell’ inculata.
Non c’ erano dubbi, la sborrava …
Per tutto quel tempo e durante quelle parossistiche spinte, lui, aveva continuato a depositare sperma in Melania.
Non ce la faceva a resistere.
Si abbasso tra le cosce deliziose di lei e cominciò a leccare alacremente tutto ciò che gli offriva, i succhi vaginali, il clitoride eccitato, e anche il buco dell’ ano, oscenamente bagnato che gli restituiva in bocca il sapore dell’ energumeno, quindi senza pensare bevve anche la sborra dell’ uomo, che era molta di più di quanto potesse immaginare.
Infatti sollecitato dalla lingua il culo di lei non restituì qualche gocciolina profumata, ma vere e proprie colate di sperma dall’ odore inconfondibile.
Sempre più arrapato Osvaldo leccò senza dare tregua.
Appena sentì Melania che urlava. – Vengo, adesso vengo, tesoro mio … – con la voce persa tra i singulti, inarcandosi per la sua aggressiva minetta.
Melania sapeva di essere leccata proprio lì, dove era piena di sborra, e non riusciva più a distinguere i loro ruoli: chi era vittima e chi carnefice in quel loro gioco depravato?
Tramite il suo ano, il marito che aveva sempre guardato con disgusto Nicola, stava leccando il piacere di lui.
Nicola stesso non poteva immaginare che l’ uomo che secondo lui gli aveva rubato la donna che amava, stava per venire masturbandosi come un dannato, mentre aveva il sapore della sua sborra sulla lingua e in gola.
Osvaldo non ce la fava più, con la faccia impastata di estro e di sborra, appena la moglie venne, si alzò in piedi e cominciò la sua lunga, estenuante sborrata, trattenuta per due ore.
Adesso sfogava, finalmente.
I primi schizzi raggiunsero la parete della cucina, ma tutto il resto della sborra colò sulla sua signora, mescolandosi ai liquidi depositati da un altro uomo, pochi momenti prima.
Solo le ultime gocce vennero risucchiate da Melania, che mentre finiva di venire con un ditalino liberatorio, glielo prese tutto in bocca.
Spossati e sconvolti, fecero la doccia separatamente per poi addormentarsi, finalmente innocenti, uno tra le braccia dell’ altra.
FINE.
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