Saga familiare 9

La vita in casa non era più la stessa, soprattutto per me: dopo la foia delle grandi scopate con suocero e figlio, mi trovavo di colpo sola e a secco totale: il nonno era ormai perso dietro la sua bielorussa e risultava poco più che un ospite casuale, anche se continuava a presidiare la sua camera al pianterreno; mio marito era sempre più perso dietro le sue avventure industriali, che andava ampliando all’estero, ed era assente sei giorni su sette; peggio ancora, aveva preso l’abitudine di coinvolgere Davide, nostro figlio, per via della dimestichezza che aveva con le lingue straniere.

Conclusione, erano insieme a casa poche volte, quasi sempre indaffarati a sbrigar carte – molte delle quali mi interessavano direttamente anche se non ci capivo niente – e spesso accompagnati da personaggi più o meno misteriosi.
Uno in particolare mi aveva colpito, Martino, un bell’uomo poco sopra i quaranta, che Antonio aveva conosciuto per intervento di Davide: faceva il buttafuori in una balera e stava organizzando con loro un servizio di sorveglianza di nuovo modello.

Ero incuriosita soprattutto dall’idea di un “buttafuori di balera” e con qualche reticenza mi spiegarono che il “Diamantino” era un posto frequentato soprattutto da persona dagli “anta” in su, che per lo più si incontravano per ballare il liscio, per conoscersi e, quasi sempre, per scopate veloci dove più facilmente capitasse.
La cosa non mi incuriosì più di tanto, sul momento; ma mi colpì l’insegna, una sera che ero più annoiata del solito, sola in casa, e avevo deciso di fare un giro in macchina: decisi di parcheggiare per dare un’occhiata.

Martino mi riconobbe subito e fu alquanto meravigliato dell’incontro: “passavo di qua ed ho voluto curiosare: a casa mi annoiavo, da sola da tanti giorni”.
Non fece commenti, mi consegnò un tesserino e fece un qualche cenno ad un altro.
L’ambiente era piuttosto triste, a guardarlo con severità: un enorme bancone con luci strane, una pista dove una massa di scalmanati si dimenava a ritmi antichi, tanti divani e, intorno alle pareti, qualche angolino in ombra più compiacente.

Mi diressi al bar; e immediatamente un tipo piuttosto appariscente, – dall’aria molto macha ma con evidente parrucchino e pancetta mal contenuta – si accostò proponendomi di bere; quasi immediatamente un giovane prestante lo pregò di cambiare aria: non esitò un attimo a sparire.
Capii subito che Martino mi aveva circondato di un sistema protettivo, ma mi s**ttò una sorta di rabbia e, di colpo, cominciai a desiderare di trasgredire.
Sui divani alle pareti, una volta che mi fui abituata alla luce, distinsi coppie che si scambiavano effusioni: entro limiti di decenza, naturalmente, ma comunque dimostrando un grande entusiasmo e tanta carica sessuale; mi chiesi se Adv
scopavano sul posto, ma poi ricordai che avevano accennato a posti dove “più facilmente capitasse”; pensai subito ai bagni e alle macchine nel parcheggio.

Il tizio che si avvicinò aveva un’aria decisamente piacevole e con molto garbo mi invitò a ballare; fulminai con uno sguardo il buttafuori che già si muoveva a frenarlo e feci chiaro che, questo, volevo tenermelo.
Era il momento dei lenti, tre in rapida successione, e il mio cavaliere si rivelò abilissimo in un gioco che in gioventù mi aveva procurato non poche emozioni dolci, il ballo della mattonella: la decina di minuti che passammo in piedi sulla pedana fu una pomiciata epica, da annotare sul diario di qualsiasi adolescente: mi teneva stretta in vita fino a troncarmi il respiro e il suo cazzo duro – e notevole, a sentirlo da sopra i vestiti – si andò a collocare con naturalezza sotto il mio inguine avviando una sollecitazione che mi portò rapidamente alla massima eccitazione; intanto, la sua mano dietro la mia schiena scivolava garbatamente verso le natiche e le accarezzava con dolcezza invitante; non mancò neppure il repertorio classico dei sospiri sul collo, del lobo mordicchiato, dei baci dolci sulle guanci, ai lati della bocca; per completare la seduzione, l’altra sua mano scivolò quasi per caso a carezzarmi il seno.

Sentivo il sangue ribollirmi e la figa pulsare come un cuore impazzito, valanghe di umori si s**tenavano e andavano a riempire il misero slip che indossavo; ebbi anche un orgasmo, che riuscii a coprire per non urlare.
Dopo questo approccio, fu quasi naturale andarci a sedere su un divano alle pareti; e ancora più naturalmente lui mi abbracciò, mi baciò sulla bocca ed infilò la sua lingua tra le mie labbra: aveva una lingua morbida e decisa, di quelle che ti scopano in bocca e sono capaci di farti venire senza usare il cazzo: lo accolsi appassionatamente e ricambiai l’enorme succhiata che mi fece, delle labbra e della lingua.

Semisdraiati sul divano, sentii la sua mano farsi strada dietro la mia schiena e scendere decisamente verso il bordo della gonna, che sollevò per infilarsi decisamente tra i miei slip: un dito forte e duro mi penetrò nella figa e cominciò a masturbarmi con sapienza; strinsi ancora di più l’abbraccio e risucchiai sonoramente la sua lingua nella bocca, gemendo dolcemente per il piacere. Con pochi colpi ben assestati mi portò subito ad un orgasmo che mi squassò il ventre.

Mi tenne in braccio mentre mi rilassavo; poi mi prese per un braccio, mi fece alzare e si avviò verso l’uscita: lo seguii quasi imbambolata:
Alla porta, presentò il tesserino e mi fece fare altrettanto; si diresse alle auto e , mentre percorrevo le corsie del parcheggio, notai che quasi tutte erano abitate e si agitavano per il movimento di corpi che le occupavano. Arrivammo alla sua, una berlina di notevoli dimensioni (ma mi intendo poco di auto, per sapere quale modello fosse); aprì lo sportello, mi fece entrare con garbo, richiuse e passò dalla parte del guidatore, dove andò ad accomodarsi.

Appena al chiuso, si girò subito ad abbracciarmi e baciarmi con passione: ricambiai il bacio con tutta la voglia accumulata in lunghi giorni di astinenza.
Quasi senza che me ne accorgessi, gli schienali dei sedili si ribaltarono all’indietro, mi trovai completamente sdraiata e lui (non mi è mai interessato sapere come si chiamasse) mi aprì la camicetta e, quasi contemporaneamente, mi sollevò la gonna fino al ventre.
In un attimo mi trovai con la sua bocca su un capezzolo che succhiava con la sapienza dell’amante e il fervore di un bambino; intanto, la sua mano si era impossessata della mia figa e un dito si insinuava tra i peli per arrivare alla vulva: cominciai a genere per il piacere che mi invadeva.

Per uno strano gioco della mente, mi vennero in mente le prime scopate in un’utilitaria, con le contorsioni impensabili per farmelo mettere dentro. E forse erano proprio questi richiami all’adolescenza che mi rendevano ancora più eccitata.
Quando la sua mano fu totalmente impregnata dei miei umori, si sollevò e sciolse la cinta dei pantaloni, che abbassò fino alle ginocchia: non ero in grado di vedere nettamente la piena figura, ma la sagoma del cazzo mi suggeriva che non mi ero sbagliata; era notevole.

“cerca di stare attento” ebbi la prontezza di dirgli.
Si staccò da me, prese dalla tasca un oggetto ed aprì un preservativo che srotolò sul cazzo: lo aiutati e ne approfittai per saggiare la consistenza della mazza che era veramente interessante.
Compiuta l’operazione, mi abbassò gli slip fino alle caviglie, di dispose tra le mie cosce e mi penetrò con un solo colpo.
Non avvertii nessun fastidio; anzi, la mia vulva accolse con enorme gioia l’asta che – finalmente – mi percorreva la vagina e mi andava a stimolare il collo dell’utero.

Si adagiò su di, me catturò la bocca in un bacio a ventosa e cominciò a chiavarmi dolcemente; sentii subito le scariche di voluttà che mi portarono rapidamente ai primi piccoli orgasmi.
Poi i colpi di penetrazione si fecero più intensi e più frequenti, sentii la sua mazza penetrarmi con sempre più violenza e mi s**tenai in un lungo, violento orgasmo liberatorio.
Non sentii la sua sborra, perché trattenuta dal preservativo; e un pizzico di rimpianto mi sorse spontaneo; ma sborrai come una fontana e forse gli allagai il sedile.

Appena concluso, si sistemò sul suo sedile e rimise a posto gli abiti; io usai un cleenex per asciugare gli umori della figa, rimisi a posto gli slip, usai lo specchietto per ricompormi i capelli e ridarmi il rossetto.
Poi uscii dall’auto e mi diressi di nuovo alla balera.
All’ingresso trovai Martino “Tutto bene?” mi chiese; gli feci cenno di si “stasera sono inchiodato qui; ma domani, se ti va, possiamo vederci per un caffè” “OK” risposi “passo a prenderti io?” “Con la tua motocicletta?!?!” gli chiesi ironica (era famoso perché circolava solo in motocicletta) “se ti va ….

” “OK” e rientrai in sala.
Adesso mi muovevo con maggiore disinvoltura, non appena gli occhi si furono abituati alla luce particolare dell’ambiente; il gioco dell’importuno che si avvicinava si ripeté quasi per copione: ma stavolta il buttafuori mi guardò con aria interrogativa prima di intervenire; feci cenno di sbatterlo via e un attimo dopo era già lontano. Avevo bisogno di rinfrescarmi: nonostante la limitazione del preservativo, la scopata mi aveva scosso e stimolato una forte pressione alla vescica.

Seguendo una discreta insegna luminosa, mi diressi al bagno e aprii quello per le donne.
Non era un ambiente incoraggiante: soprattutto, non c’era una porta con garanzia di chiusura: mi fermai perplessa domandandomi cosa fare “vuoi che ti tenga la porta come al liceo?” il tono era beffardo, ma la voce ispirava simpatia; e veniva dal personaggio più particolare che potessi prevedere.
Una ragazza giovane (ma non giovanissima) – vistosamente truccata con una parrucca multicolore e orpelli su tutti i lembi di un vestito improbabile – mi era comparsa alle spalle “ciao, io per tutti sono Vampira …” “Ciao, io sono Anna” “… e sei amica di Martino …” “Diciamo che lo conosco” “Ok … hai bisogno di aiuto?” “Oh, Dio, non so …” “Vieni!” era decisa e mi spinse in un bagno, entrò con me e si appoggiò alla porta che richiuse “Riesci a farla in mia presenza?” chiese; decisi di stare al gioco e, disinvoltamente, mi sfilai gli slip e mi sedetti sulla tazza a pisciare.

“Devi aver fatto una bella scopata” commentò Vampira “i tuoi slip son quasi da buttare … quanto sei venuta?” “Tanto … tanto …” “ma lui almeno aveva il preservativo?” “si, si, non preoccuparti …”
Si poneva il problema, adesso, di darsi una ripulita. Ma Vampira pareva molto esperta di certe situazioni: estrasse dall’enorme borsa che portava a spalla un paio di slip ancora nel cellophan e una confezione di salviette umidificate.
Senza darmi tempo di obiettare, mi venne vicino e cominciò a massaggiarmi la figa con la salvietta; ma non si limitò a lavarmi: rapidamente mi resi conto che mi stava masturbando con molta sapienza, al punto che quasi subito le ginocchia mi si piegarono per il languore.

Mi prese per le braccia, mi sollevò e artigliò a ventosa le mie labbra nella sua bocca: istintivamente, la abbracciai e ricambiai il suo bacio con autentico entusiasmo.
Ormai non mi riconoscevo: nel giro di poche ore mi ero fatta scopare in macchina da uno sconosciuto ed ora ero qui che mi facevo masturbare e baciare da una lesbica.
Vampira dovette leggermi nel pensiero i dubbi “Qualche problema?” “No, no” la rassicurai; e, quasi per dimostrarlo, le infilai una mano fra le cosce e catturai la sua figa: la sentii particolarmente cedevole e largamente intrisa di umori, segno che la serata era stata buona.

Diventai all’improvviso più decisa ed usai l’altra mano per prenderle un seno e strizzarlo con forza, afferrai tra pollice ed indice un capezzolo grosso come una nocciola e lo sfregai con amore: era forse il punto più erogeno del suo corpo e si abbandonò languida alle mie carezze, senza smettere di manipolarmi la figa. “Succhiamelo un poco” mi sussurrò; ed io obbediente cominciai a succhiarle il capezzolo insistendo finchè non sentii che la mia mano nella sua figa si riempiva degli umori di un orgasmo che la stava squassando.

Ci abbandonammo esauste contro le pareti del bagno.
“Adesso, sul serio, puliamoci e muoviamoci” disse Vampira, quando si fu un poco ripresa; lo facemmo, cercando di evitare contatti pericolosi.
Mentre uscivamo, mi consegnò un biglietto da visita “Lucia Marangoni, avvocato … tu … tu sei un avvocato?!?!?” “ Si, ma solo fuori di qui; qui sono Vampira” “Perché mi hai dato questo?” “Perché mi sei piaciuta subito e adesso mi piaci ancora di più.

Ho voglia di vederti in un ambiente meno provvisorio e squallido. Vieni a trovarmi e sono certa che staremo bene, insieme”.
Era troppo,per me. Decisi di andare via, alla sicurezza della mia casa.

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