io e Doria (3)

Ancora una volta Doria mi telefonò, era in fregola, voleva assolutamente che andassi lì da lei per scoparla. Mi precipitai da lei, in effetti avevo il cazzo che mi bolliva nei boxer, suonai al citofono e mi venne aperto, entrai nell’ascensore e intanto mi stringevo la mazza nella mano. Mi precipitai alla sua porta e Doria mi venne ad aprire, aveva fatto la messa in piega ai capelli, si era truccata pesantemente, come una troia e portava enormi occhiali stile anni ’70, aprì la vestaglia rossa che portava e sotto stava solo con collant color carne trasparenti e due scarpe avorio, con zeppe altissime, iniziò a camminare su quelle zeppe, a malapena riusciva a mettere un piede davanti all’altro, io la seguii dicendole parole zozze che la facevano ridere come una troia.

“cosa vuol dire questa messinscena, vecchia bagascia che non sei altro, dove hai trovato queste scarpe da troia?”
“Le ho comprate da MAS, quando le ho prese c’erano un sacco di puttane africane che stavano comprando vestiti e scarpe per andare a battere. ”
“e tu dal troione che sei hai fatto lo stesso, vero?”
“si, solo per farti venire il cazzo duro. ” La abbrancai nella sua stanza da letto, la strinsi forte e la baciai in faccia, con le labbra le presi tutta la bocca, volevo quasi ingoiarmela, quindi le sputai in faccia e la leccai, iniziai a leccarle le palpebre, truccate d’azzurro, quindi tornai alla bocca insinuandomi con la lingua nel suo palato.

“vieni sul letto che ti do quello che cerchi zzozza che non sei altro. ”
La portai sul letto e la stesi, le divaricai le gambe e cominciai ad insalivarle le zeppe, le sue scarpe emanavano un forte odore di cuoio e pelle, erano aperte sul davanti, lasciando scoperte le dita, che leccavo avidamente, e sul tallone, alla caviglia esile il cinturino che le teneva allacciate alle magre gambe di Doria.
“ora ti sfondo, brutta troia!”
“si sfondami, hai visto che puttana che sono? Che troia che zoccolona?”
Mi tolsi i pantaloni e spinsi il mio glande sulla sua fregna umida, entrai molto facilmente, ormai quella vecchia baldracca era stata sfondata a dovere e poteva prendere il mio cazzone con facilità.

Chiavai con molta foga, spingendomi sempre più dentro alla sua tana, quando sentii la sborra salirmi fin su avvertii la mia amante, estrassi il cazzo dalla figa e lo portai all’altezza della sua bocca, non appena Doria accennò a dare alcune linguate, la mia sborra schizzò sulla sua faccia, inondandole le guance, la bocca, il naso, anche i capelli, Doria si avventò quindi sul membro e prese ad inghiottirlo, succhiando avidamente ogni goccia di sborra che andò nella sua gola e nella sua pancia.

Quando ebbe finito si buttò indietro sul letto, leccandosi le labbra e sorridendo come una puttana, anch’io ero stremato e non potei far altro che mettermi accanto a lei, posando una mano tra le sue cosce e un dito nella sua figa.
“Mi viene da pisciare, -disse la troia, sapendo che non mi sarei tirato indietro- a te non va di bertela?”
“certo amore, -risposi e mi misi in mezzo alle sue gambe e spalancando la bocca- senza che andiamo in bagno, falla qui, io la berrò tutta.


La troia iniziò a pisciare e io ingoiai tutta la sua brodaglia andando subito in estasi.
Doria si alzò dal letto e camminò nella stanza, io mi gettai ai suoi piedi come un cagnolino, leccandole i piedi e le scarpe, risalivo con la lingua sul nylon dei suoi collant e poi tornavo giù ancora, continuai così per tutto il pomeriggio, leccando la mia vecchia lurida padrona.

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