in vacanza
rilasciato 25.05.2011 in categoria sesso raccontoboysiculo74 In vacanza
Finalmente le vacanze sono arrivate! Da giugno si cominciava a discutere su dove andare, ma le proposte erano fra le più disparate: campeggio, qualche giorno a mare, una gita organizzata…
Un po’ scocciato per la cattiva organizzazione degli altri anni durante una discussione molto leggera e forse presa come al solito con leggerezza spiazzando un po’ tutti dico: “Sentite se dobbiamo andare in vacanza, campeggio, mare quello che sia e a pochi giorni dalla partenza non sappiamo dove andare e quindi correre il rischio di rimanere come al solito fregati, ve lo dico sinceramente io mi organizzo per i fatti miei!”
Ci fu un attimo di silenzio, ma poi rendendosi conto che dicevo veramente sul serio guardandosi fra loro convennero con me e decisero di cercare una qualcosa di nuovo e di certo.
Dopo qualche settimana ci riunimmo appositamente per vagliare le varie opportunità e tutti scegliemmo un Village in provincia di Agrigento.
Aspettavo con ansia le ferie, anche perché adoro il camping in maniera forse esagerata, ma mi offre un alto tono di relax.
Finalmente decidiamo per la data: dal 12 al 16 ago. Ero trepidante anche perché da amici e colleghi vengo a sapere che dietro il village nell’estesa e rimanente pineta si pratica un vivace e bellissimo battuage.
Con i colleghi nonché amici cominciano i commenti alle varie destinazioni di ferie ed ognuno augura all’altro buon divertimento, promettendoci di raccontare al rientro ogni particolare.
Aspettai con ansia e finalmente il 12 Agosto era arrivato. Caricammo il pulmino e la macchina e partimmo. Muniti di navigatore non fu difficile e intorno alle 10:00, dopo due ore e forse più di viaggio, arrivammo a destinazione.
Il sole era caldissimo, l’aria di mare si mescolava quella fresca degli alberi della pineta.
C’era bella e tanta gente e soprattutto i ragazzi dello staff erano bellissimi.
Dopo avere firmato gli ingressi e ricevuto i braccialetti numerati ci condussero all’area dove avremmo montato le tende. Il primo commento mio e di una mia amica potteriana come me fu che l’insieme delle tende ci riportava al quarto libro di Harry Potter: fu una bella sensazione. Arrivammo nella piazzola e cominciammo a scaricare il pulmino e la macchina.
Decidemmo la sistemazione delle tende e mentre posavo il borsone il sangue mi si gelò: proprio di fronte che mi guardava c’era un ragazzo, alto magro biondo occhi chiari.
Direte e allora? Beh in un altro racconto (l’amico di chat) ho già descritto il nostro rapporto per cui potete immaginare come mi sentii in quel momento, ma preso dal risentimento, da un po’ di rabbia non dissi nulla e continuai a preparare il tutto per la tenda. Notai che lui continuava a guardarmi finché dalla tenda grandissima, con sezione giorno e sezione notte, uscì un altro ragazzo al quale rivolse subito la parola e il quale mi guardò.
Montammo le tende e i ragazzi notarono un certo silenzio da parte mia, molto strano visto che sono abbastanza casinaro in vacanza, ma non mi chiesero nulla.
Vista l’ora, quasi le 12:00 decidemmo che avremmo pranzato e che dopo un bel riposo saremmo andati in spiaggia.
Durante il pranzo una mia amica vedendomi un po’ sulle mie mi chiese: “Leo ma che hai?” ed io per cancellare qualsiasi dubbio risposi “Io, perché ??… niente tutto ok solo un po’ di fame e caldo!” e con un sorriso a 360° cominciai a pranzare, cancellando in loro ogni ragionevole sospetto.
Avevo veramente fame anche perché dalla tenda accanto arrivava un odorino niente male.
Finimmo di pranzare e ci riposammo e finalmente alle 16:00 eravamo pronti per la spiaggia: dei due boys nessuna traccia. La tenda era chiusa.
L’acqua era gelida ma limpida. Fra bagni e sole si fecero le 17:30 e poiché avevo voglia di distendermi sotto la pineta decisi di andare a docciarmi.
Mi recai nelle docce: erano vuote.
Entrai tolsi il costume e esaurii tutta l’acqua calda fornita dal gettone. Mi stavo asciugando, sentii qualcuno entrare e lavare qualcosa al lavello. Aprii la tendina ed era lui, di spalle. Una marea di sentimenti mi invasero, ma razionalizzai subito, presi asciugamano e borsetta e uscii dalla doccia. Giunto proprio sulla soglia mi si presentò davanti: era alto e sebbene fossi nello scalino della doccia ero un po’ più basso di lui.
Ci guardammo e più lo guardavo più mi rendevo conto che non era il Pietro che conoscevo, nonostante la somiglianza straordinaria.
Stavo per chiedergli di farmi passare e prima di aprir bocca mi baciò: un lungo e sospirato bacio. Rimasi di ghiaccio, mi cadde la borsetta con lo shampoo e il doccia schiuma. Aprii gli occhi e vidi che anche lui li aveva aperti: azzurri come il cielo, profondi, brillanti, con una lacrima che gli solcava il viso. Sentimmo delle voci e lui si staccò ed entrò nella doccia accanto. Io presi la borsetta e mi avviai per uscire: altre persone stavano arrivando e fra loro c’era l’altro boy.
Mi recai in tenda mi misi un paio di pantaloncini e t-shirt e con lettore mp3 a palla mi misi a leggere: pensavo e rimuginavo sull’accaduto. Passarono circa 15 minuti e arrivarono entrambi: lui ancora più biondo, che mi guardava con la coda dell’occhio, l’altro robustino, capelli neri cortissimi, un evidente tatuaggio tribale al braccio destro, abbronzatissimo: un bel ragazzo direi.
Mi sentii troppo osservato e un po’ in imbarazzo per cui decisi di entrare in teda e fare una telefonata ad un collega e inviare qualche messaggio.
Uno mio amico John venne da me e mi chiese cosa proponevo per la cena: proposi di andare al market del village e vedere cosa potevo comprare.
Gli dissi che sarei andato anche da solo e che non era un problema e così feci. Lui poteva tornare in spiaggia: avevo optato per il pesce spada al cartoccio.
Preparai il tutto mancava solo di accendere il fuoco, ma cavolo dove erano gli accendini? I ragazzi erano ancora in spiaggia per cui mi misi a cercare ma niente non trovavo nulla.
Scesi al bordo della spiaggia ma i ragazzi non c’erano più, evidentemente erano andati a fare una passeggiata o erano alle docce. Gli unici presenti erano i due boys per cui cercai in me tutto il coraggio che possedevo e decisi di chiedere loro: “Scusate, posso entrare??”. Si fece avanti l’altro in tutta la sua possanza: “scusa, – dissi- avrei bisogno di un accendino o dei fiammiferi. Potresti cortesemente prestarmeli?”. Il biondo uscì dall’ala notte e mi guardò come se volesse fotografarmi nella sua mente.
Si guardarono, il biondo abbassò gli occhi, mentre l’altro mi disse: “Sì certo figurati!” un po’ più sereno dissi: “Grazie, molto gentili. Il mio nome è Leo (i due si guardarono), i miei amici sono ancora in giro e non riesco a capire dove abbiano messo l’occorrente per accendere il fuoco!” “Non preoccuparti – rispose il nero -. Il mio nome è Giuseppe”. “Piacere – dissi ricambiando e stringendogli la mano: aveva una presa molto forte)”.
Con una voce che lasciava trasparire un po’ di emozione il biondo disse: “Ciao, il mio nome è Pietro” e con una mano altrettanto tremante strinse la mia. Mi rigelò il sangue: oltre alla straordinaria somiglianza anche il nome, ma non era lui per cui mi feci forza. “Bene, grazie, appena termino ve la riporto indietro!! A dopo!!” “ok, ciao a dopo”. Uscii dalla tenda e sentii che parlavano fra loro “allora vieni a comprare qualcosa o prepari la pasta nel frattempo?” “No rimango qui tanto devi prendere solo poche cose” rispose Pietro.
Vidi Giuseppe andare verso il market. I ragazzi ancora non erano ancora tornati. Il fuoco era piacevole: la temperatura si era abbassata, c’era umidità e un po’ di venticello.
Giunsero i ragazzi, illustrai loro il menù e andarono tutti alle docce. Mi lasciarono tutto l’occorrente: adoro cucinare per cui per me non era un problema, anzi da solo avrei fatto meglio soprattutto quando si tratta di pesce e soprattutto in quel momento mi andava di rimanere un po’ solo soletto.
Andai nella tenda dei ragazzi. Pietro era lì immerso fra i suoi pensieri. “Scusami se ti disturbo, caso mai torno dopo!”. “No, no non preoccuparti – mi rispose sorridendo di s**tto ed asciugandosi una lacrima – i ricordi a volte hanno questo effetto. Senti, volevo chiederti scusa per quello che è successo alle docce, anche perché insomma, capisco che un etero mi avrebbe spaccato la faccia e tu non lo hai fatto per cui insomma il nostro radar non si sbaglia mai, ma è anche giusto che ti dia una spiegazione.
”
“Mi sa che delle spiegazioni te le debba dare pure io!!”. Mi raccontò un po’ della sua vita: a 16 anni si era fidanzato con l’amico di infanzia, Marco. Di origini siciliane, si era trasferito in Germania con la famiglia. Marco lavorava nella ditta di papà, dove lo aveva conosciuto: un tedesco doc col quale dapprima era nata una solita amicizia, rafforzata dal fatto che Pietro si era fidanzato con la sorella di Marco, Anna, poi in qualcosa di più profondo: di ritorno dalla discoteca, Anna era salita in casa, Marco accompagnò Pietro a casa e lo invitò ad entrare.
Si misero a parlare del più e del meno (i genitori di Pietro in quel weekend si trovavano dalla sorella di papà) e nonostante qualche drink bevuto all’uscita della disco continuarono a bere fino ad ubriacarsi: colpa dell’alcol? no mi disse erano del tutto consapevoli di quello che stavano per fare e che fecero nonostante fossero brilli! Si amarono per lunghi 6 anni, Pietro lasciò Anna con la quale non avevano sempre un sereno rapporto.
Tutto era meraviglioso ma Anna un giorno li scoprì e disse loro cogliendoli sul fatto: “E’ stato meglio se ci siamo lasciati, almeno non mi sento tradita da mio fratello e in fin dei conti neanche da te”.
Le raccontarono tutto e lei molto serenamente li abbraccio e li bacio. Tutto era meraviglioso fintanto che durante una tormenta di neve un camion si lanciò contro la macchina di Marco che ritornava da lavoro e lo uccise: morì sul colpo.
Iniziò il suo calvario disse Pietro, sempre più depresso, sempre più asociale, sempre più nervoso, non riusciva a lavorare né a vivere. Non parlava più con nessuno.
Fu condotto dai suoi in un centro di riabilitazione e durante un incontro di terapia familiare, con le lacrime agli occhi ed lasciando esplodere tutta la rabbia che aveva covato dentro, alla considerazione che Marco era in fondo un amico certo, e che il suo comportamento andava oltre e alla domanda che cosa rappresentava per lui rispose: “E’ l’amore della mia vita!!”.
“La mamma svenne – mi disse – non per il mio outing, ma per la gioia di sentire dopo quasi un anno la mia voce, in tutta la sua forza e con un amore che mai aveva espresso.
Papà invece si alzò ed usci. Papà era un siciliano un po’ troppo tradizionale e per questo cominciarono i miei guai: mi cacciò dalla ditta e dopo, nonostante le suppliche di mamma, anche da casa.
Anna seppe dalla mamma quello che mi era accaduto e allora mi ospitò: i genitori di Marco erano felici di avermi a casa loro. Mi concessero la stanza di Marco: ogni cosa era intatta come se lui fosse stato lì lo stesso giorno lo stesso attimo prima che vi entrassi.
Mi aiutarono a cercare lavoro e finalmente lo trovai in un’altra ditta simile a quella di papà.
Vi erano molti italiani e qualche siciliano.
Di certo ormai non avevo nulla da nascondere sulla mia vera sessualità se qualcuno, soprattutto ragazza , mi chiedeva se ero single dicevo che lo ero poiché il mio ragazzo (la voce gli si smorzò) era morto in un incidente. Il capo era molto gentile, di origini palermitane pure lui, mentre il figlio Giuseppe per l’esattezza, era un po’ stronzetto, sempre sulle sue e un po’ mi evitava. Di certo non era nelle mie intenzioni crearmi un’altra storia soprattutto dopo quella importante vissuta con Marco, ma a poco a poco Giuseppe si sciolse, anche perché venne fuori il mio carattere giocherellone che lo coinvolse e lo rese meno rompipalle e più amico.
Una sera prima di terminare il turno mi disse: “Ehi tu, siciliano, (come se lui non lo fosse) stasera alle 21:30 cena di lavoro. Prendiamo delle pizze così facciamo prima”. Dissi va bene capo… andai agli spogliatoi, mi spogliai mi feci una bella doccia e andai nella saletta refettorio in attesa che venissero anche gli altri. Aspettai dalle 21:00 alle 21:30 e nessuno si fece vivo; alle 21:40 sentii dei rumori vicino all’ufficio del capo, ma le luci erano spente.
Poi in lontananza un’ombra. Era Giuseppe e cazzarola era vestito molto bene un po’ troppo da fighetto ma gli donava e mostrava un muscolatura niente male, muscolatura che i camici da lavoro nascondevano purtroppo molto bene.
Gli chiesi come mai non c’era nessuno e lui senza mezzi termini mi disse di stare zitto e di ascoltarmi. Posò le pizze sul tavolo e d’un tratto il Giuseppe che conoscevo non esisteva più.
Mi chiese scusa per tutte le volte che mi aveva rotto il cazzo a lavoro e mi aveva reso la vita difficile.
Aveva conosciuto Anna in discoteca (già, era dalla morte di Marco che non ci andavo più) e che dopo che seppe che era il secondo capo della ditta gli chiese di me e gli raccontò la mia storia. Era strano sentirlo parlare con una voce così dolce e con’espressione di un angelico che mai avrei pensato potesse appartenergli.
Cominciammo a cenare, la pizza era la mia preferita margherita con ciliegino rucola e scaglie, mentre lui una piccante.
“allora sei gay!! – mi disse, e mentre annuii mi chiese – ma come fai ad esserne certo?” “Beh – risposi – così come a te piacciono le ragazze per come sono fatte, per come pensano, per come si vestono, odorano, parlano ecc a me piacciono gli uomini”
Si fermò e divenne quasi imbarazzato nel chiedermi “Ma senti tu con una donna l’hai mai fatto cioè voglio dire se non hai mai provato come fai a dire che una donna non ti piace?” “Era chiaro che più una domanda a Pietro era una risposta chiarificatrice che si aspettava da me.
Per cui la mia risposta fu molto ovvia ma chiara ed in fatti gli dissi: beh allora dimmi come fai a dire che farlo con gli uomini non ti piace se non hai mai provato?” Ci fu un attimo di silenzio – mi disse Pietro – e dopo mi guardò , si mise le mani in testa quasi disperato e piangendo mi disse “sono molto confuso, io… cazzo… non ci capisco più nulla… la mia vita è uno schifo… mi faccio schifo… mio padre se lo viene a sapere mi caccia come il tuo ha cacciato te! Dico la verità rimasi un po’ basito: il tenebroso, possente, severo Giuseppe in lacrime, gay un po’ represso che nascondeva la propria omosessualità perché aveva paura di suo padre.
Senza nessun intento mi alzai e lo abbracciai per consolarlo e dall’abbraccio uscì fuori un bacio, uno sguardo negli occhi, intenso, lungo e il seguito divenne chiaro per entrambi: facemmo l’amore. Sono oramai 3 anni che stiamo insieme: suo padre sa di noi e stranamente è pure contento. Capisco che insomma la premessa è molto lunga ma ecco ti mostro una foto”
Era lui con Marco e cavolo mi somigliava molto. Lo guardai e cercai di capire cosa provò quando mi vide: un mondo, un amore che purtroppo non c’era più era dinanzi a lui dopo 4 lunghissimi anni e che volle solo per un attimo rivivere anche solo con un semplice bacio, e a qualsiasi costo.
“Ti capisco e beh sappi che per quanto mi sia possibile ti sono molto vicino. ” Gli raccontai la mia storia e beh il commento che gli uscì spontaneo fu “che stronzo di merda, se mi consenti, e certamente a non sentirlo ci hai guadagnato… e guadagnato veramente tanto”
Sentii le voci dei ragazzi e salutandolo andai. Dopo pochi minuti Giuseppe era ritornato: lo ammirai per quello che aveva fatto e per quello che era stato in grado di dare a Pietro.
Cenammo, scherzammo ridemmo e come al solito la causa di tutto ciò ero io: “Che ti è successo? finalmente sei tu!! – mi dissero quasi tutti – non è che hai conosciuto una ragazza? E bravo non ti si può lasciare solo!!
Si fece mezzanotte e andammo a letto: la stanchezza si era fatta sentire. Avevo programmato di andare, così per semplice curiosità, a veder cosa accadeva presso la pineta del battuage, ma con mia sorpresa (e no so ancora il perché) i miei amici mi controllavano minuto per minuto, lasciandomi mai solo.
Andavo in bagno e qualcuno/a prendeva la scusa della compagnia o di altro per venire con me, andavo lungo il bagnasciuga a passeggiare e sempre qualcuno mi veniva dietro.
Un po’ questa cosa mi pesò ma la superai subito poiché appena potevo andavo da Pietro che trovava sempre il modo di stare da solo: disse a Giuseppe che un po’ la mia somiglianza con Marco lo aveva scosso e quindi preferiva rimanere in tenda che andare in giro per i market.
E’ chiaro che parlavamo del più e del meno, del mio lavoro, amici, esperienze, famiglia, e alla fine più di una volta ci scappò il bacio. Mi disse che fra lui e Giuseppe c’era un rapporto speciale: erano molto fedeli, sinceri soprattutto, per cui anche se sarebbe capitata una scappatella l’avrebbero confessato. Tale fedeltà li aveva spinti dopo i dovuti controlli periodici ad avere rapporti senza protezione: insomma una coppia da invidiare, una coppia modello.
Giuseppe dunque sapeva del bacio e questo se da una parte arricchiva il loro rapporto dall’altro mi spiegava l’atteggiamento guardingo, ma privo di vera cattiveria, che egli aveva mostrato nei miei confronti.
Passò il 13 agosto e giunse il 14: al solito in mattinata in spiaggia e poi dopo la consueta doccia sotto la pineta a leggere e se potevo a parlare con Pietro.
Solo la sera del 12 erano usciti mente le altre sere rimasero in campeggio anche perché avevo trovato difficoltà dove posteggiare la macchina visto che dopo le 23 non si poteva parcheggiarla dentro il camping.
Dopo un pranzo abbondante il riposo pomeridiano era dovuto, e nel pomeriggio invece del bagno optammo per una lunga passeggiata fino allo scavo d’argilla per effettuare maschere su tutto il corpo.
Uno sciacquo veloce in mare e di nuovo sotto la doccia: una vacanza così non l’avevo di certo immaginata, povera di escursioni, ma ricchissima di emozioni e di relax.
Per la cena riproposi pesce al cartoccio anche perché a pranzo avevamo di certo esagerato: l’idea fu accolta da tutti.
C’era freschetto quella sera e di nuovo un po’ di umidità. Aspettammo mezzanotte per il bagno, giocando e cantando: insomma una vacanza molto casalinga devo dire.
A mezzanotte fra fuochi d’artificio visibili nel buio della notte che arricchivano un cielo stellatissimo, fra vino e spumante il bagno in mare era dovuto: stranamente l’acqua era caldissima e mentre gli altri andarono subito rimasi un altro po’.
Vedevo la spiaggia gremita di gente che si spogliava nuda e si tuffava in mare.
I falò illuminavano il mare per cui potevi vedere piselli, piselloni, tette e tettone che si buttavano in mare e che poi si sdraiavano di corsa in spiaggia coprendosi o rivestendosi. Stavo per uscire dall’acqua (una doccia e poi a dormire poiché erano quasi le due di notte) e vedo arrivare Pietro e Giuseppe.
Uno sguardo veloce e me ne vado. Una bella doccia e subito a nanna: si sentivano solo le musiche di qualche disco beach ma il campeggio era silenzioso.
Mi coricai ma non presi subito sonno.
Erano quasi le tre circa e mi svegliai a causa dei rumori che provenivano da dietro la tenda: sentii aprire la zip dell’entrata posteriore della tenda e una voce: “Leo sono Pietro, sei sveglio?” “Sì!! – risposi – Che succede? Tutto ok?” “Sì, sì, tranquillo” Entrò in tenda. Era appena tornato dalle docce. Odorava di un buon profumo.
Mi chiese di uscire così mi misi un paio di pantaloncini e la t-shirt e lo seguii.
Andammo in spiaggia, e ci sedemmo sul materassino gonfiabile. C’era una strana atmosfera e una strana energia. Poi lui mise il suo braccio sinistro sulla mia spalla, mentre con la mano destra prese il mio mento lo girò verso di lui e mi baciò. Lì per lì avevo pensato che mi voleva parlare, ma quello che accadde andò al di là di qualsiasi verbo.
Continuammo a baciarci, lentamente mi fece adagiare sul materassino mi tolse la t-shirt, cominciò a baciarmi sul petto, gli presi la testa con entrambe le mani, poi mi baciò uno per volta i capezzoli, morsicchiandoli e leccandoli.
Altro che brividi, ebbi (come al solito), un’erezione veloce. Mi tolse contemporaneamente pantaloncini e boxer, e cominciò a baciarmi la pancia fino a scendere giù.
Era dolcissimo, nei gesti, nei movimenti e dolcissimo era il tutto sotto un cielo stellato che virtualmente ricongiungeva due amori divisi da un crudele destino.
Mi guardò negli occhi (erano la parte di me che più si avvicinava per intensità di sguardo, colore e taglio al suo Marco), e sussurrò “Ti amo e ti amerò per sempre!”.
Sapevo che quelle parole non erano destinate a me, ma in cuor mio ero contento di avere contribuito a far rivivere delle emozioni ad un bravo ragazzo che aveva sofferto tanto e ingiustamente.
Prese le mie gambe e le sollevò adagiandole sulla sue spalle, inumidì il suo cazzo, strofinò la cappella nel buco del mio culo e dopo averlo inumidito entrò di botto.
Cazzo aveva un arnese niente male, e al primo dolore segui un successivo piacere.
Con ritmo lento entrava ed usciva da me, mi baciava, baciò anche i miei occhi. Gemevo di piacere. Lui era fantastico. Vedevo i suoi occhi contemplarmi ed assaporare quel momento da tempo desiderato. Brillavano di un azzurro cristallino.
Si sentivano ogni tanto in una notte oramai volta alla fine voci lontane, forse di qualcuno che rientrava nel camping, e di qualcuno che non molto lontano da noi aveva deciso di trascorrere la notte in spiaggia.
Non c’erano più fuochi. Le musiche lontane, che avevano accompagnato balli festosi di un ferragosto diverso, mai sognato e inatteso, cessarono.
Pietro era ancora dentro di me, instancabile, attento, dolce. Intuii che stava per venire dentro di me. Sconsiderato ma certo fino al midollo della sua sincerità non lo fermai. Con due colpi di reni che mi fecero gemere ancora di più accolsi, venendo anche io dal piacere condiviso, il suo piacere e il suo amore nei miei confronti.
Mi abbracciò rimanendo ancora dentro di me. Il suo cazzo rimase ancora duro per un po’ poi si afflosciò. Mi accarezzo i capelli poi il viso. Mi ribaciò con un’intensità da togliermi il fiato e mi disse: “Grazie Leo, sei stato fantastico”. In genere quando si scopa si fa di tutto, ma quello non fu semplice sesso, fu uno scambio intenso di sguardi, carezze, coccole, dolci parole sussurrate all’orecchio, fu amore.
Rimanemmo abbracciati coperti solo dalla sua tovaglia.
Era quasi l’alba: il firmamento avevano lasciato il posto ad un cielo che aveva perso il colore scuro della notte per diventare sempre più chiaro.
“Pietro, Pietro, ci siamo addormentati. È quasi l’alba!”. Si svegliò. “Buongiorno Leo, appena sveglio sei ancora più bello. ”. E mi ribaciò.
“Troppo generoso direi. Credo che dovremmo tornare nelle tende. Soprattutto te. Giuseppe…”
“Tranquillo… lui sa”. Rimasi sbigottito, ma poi compresi immediatamente quanto amore provava nei confronti di Pietro.
Ci alzammo. Ci vestimmo. Mi ribaciò e andammo. Mi rifeci una doccia e subito a nanna.
Erano le 10:00 passate quando sentii gocciolare sulla mia schiena acqua gelida. Era un mio amico che svegliandomi mi disse: “Capisco che abbiamo fatto tardi ma sono le 10:00 che intenzioni hai?”
“Abbiamo fatto tardi? – dissi di botto sedendomi sul materasso gonfiabile. Per un attimo mi sentii scoperto, e richiesi l’ora: “Che ore sono?” “Le dieci del mattino, dovevi essere stanco ma hai dormito come un ghiro dalle due e qualcosa quando sei andato a nanna, e non ti abbiamo sentito per niente.
”
“Ok mi vesto e mi vado a lavare”. Lui uscì dalla tenda, mi vestii. Il lenzuolo era bagnato e no di acqua. Uscii dalla tenda e guardai quella di Pietro e Giuseppe. Era chiusa e non c’era nessuno. Una doccia veloce e subito in spiaggia. L’acqua era bellissima, ma cazzo il mio culo a contatto con l’acqua salata bruciava. Uscii dall’acqua e mi distesi al sole. Non era stato un sogno tutto era successo proprio lì nella zona in cui ero disteso.
Una mia amica furbetta, mi guardò con sguardo indagatore e mi chiese: “Che hai fatto stanotte, hai un’aura strana stamattina”. “Che ho fatto – tagliai corto – che potevo fare niente, sono solo rilassato”.
Avevo fame, vista l’ora le 11:45 andai come al solito a farmi una doccia per poi pensare al pranzo. Posai il materassino gonfiabile accanto alla tenda e mi diressi alle docce: c’erano quattro persone fuori che attendevano il turno e mi accodai.
Furono veloci e quando entrai dall’ultima doccia uscì Giuseppe che mi guardò. Credo di essere arrossito perché sorrise un po’ ma guardandomi negli occhi ci fu nei suoi come un luccichio di gelosia.
Mi feci una doccia e andai in tenda. La loro era di nuovo chiusa. Pranzammo: anellini al forno niente male, bistecca arrostita ovviamente, frutta e dolce.
Un bel riposo pomeridiano mi permise di recuperare un altro po' di sonno.
Verso le 16 andai in spiaggia e mi distesi al sole. Poi di nuovo doccia e cena ma dei due ancora nessuna traccia: dov'erano andati?
Cenammo e dopo avere bevuto un bicchiere di vino di troppo stanco e un po' brillo andai a letto. Ero stanco, un po' deluso vista la partenza dell'indomani e la paura di non potere salutare Pietro. Mi addormentai con un sonno leggero: ogni rumore mi svegliava. Mi misi a leggere e mi addormentai con il libro in mano.
Mi risvegliai a causa del rumore dei vicini: due stavano scopando e di brutto. Sentii la zip della mia tenda riaprirsi. Era di nuovo Pietro: “Vieni a fare due passi?”. “Certo – risposi – il tempo di mettermi qualcosa addosso”. “Non è necessario… ti rivoglio”.
In boxer uscii dalla tenda e ci recammo di nuovo in spiaggia sul materassino gonfiabile. Mentre ci dirigevamo in spiaggia mi palpava il sedere e mi baciava il collo.
Ebbi la consueta erezione repentina. Mi strisciò da dietro, anche lui era già eccitato.
“Scusami Pietro, ma Giuseppe?” “Giuseppe? Beh, diciamo che ha bevuto un po’ di vino in più. Lui non regge bene l’alcol quindi ora dorme come un ghiro. ”
Era chiaro che stavolta Giuseppe non sapeva e non doveva saperlo. Ci sedemmo sul materassino, cominciò a baciarmi con estremo desiderio. Era come se non lo avesse fatto da mesi.
Cominciò un rimming da brivido, soprattutto nei capezzoli induriti come il mio cazzo.
“Hai un buon odore, ti mangerei tutto!! – mi disse. Allargò le mie braccia, e con la lingua scese fino all’ombelico e poi al mio cazzo. Lo ingoiò. Fremevo. Mi leccò e ingoio anche le palle. Si rialzò e me lo mise in bocca. Era duro, nodoso, di un buon sapore. Pulsava. La sua cappella era dura, calda. La leccai.
Lui gemette. Lo insalivai bene e poi di nuovo entrò in me in un solo colpo.
“Sei il mio boy – mi disse – non ti scorderò mai!”. Dava colpi fondi e di reni. Era una goduria sentirlo dentro di me, entrare ed uscire, con forza e con passione.
Mi baciava, mi morsicchiava, mi leccava. Stava godendo quel momento come l’ultimo momento in cui saremmo stati insieme.
Era bello, fantastico, dolce tutto il contrario di ciò che si era rivelato a suo tempo l’amico di chat.
Mi adagiò su lui seduto mentre ci abbracciavamo. Voleva venire dentro di me mentre abbracciandoci ci baciavamo.
Mi abbracciò e baciandomi, ogni tanto sussurrava dolci e tenere parole. Venimmo di nuovo insieme. Rimanemmo abbracciati per un po’ poi ci tuffammo in mare. Ci abbracciamo e ci baciammo.
Erano le 4:00 del mattino. Andammo alle docce. Ci lavammo insieme. Ci abbracciammo mentre l’acqua scendeva sui nostri corpi nudi. Ci asciugammo e andammo ognuno nella propria tenda.
Dopo l’ultimo e lungo bacio ci coricammo. Mi addormentai quasi subito. Ero sfinito. Mi svegliai di nuovo per il freddo dell’acqua che il mio solito amico giocherellone mi aveva versato addosso.
“Di nuovo sonno profondo, eri stanco vero?” “Un pochettino!” risposi. Uscimmo dalla tenda. Lanciai uno sguardo verso la tenda di Pietro era ancora chiusa.
Feci colazione e poi cominciai a sistemare il borsone. Non scesi in spiaggia, per cui dopo avere sistemato tutto, rimaneva solo di smontare la tenda, andai a farmi una bella doccia.
Quando ritornai i miei amici erano appena ritornati dalla spiaggia. Entrai in tenda e con mia sorpresa trovai un bracciale di cuoio sul borsone. Lo presi e sul punto di chiedere ai miei amici di chi fosse vedo Pietro che mi sorride, guarda il bracciale in mano e mi fa l’occhiolino. Era suo, dunque, e con immenso piacere e lo indossai subito, ricambiando con un sorriso.
Pranzammo. Smontammo le tende. Caricammo auto e pulmino e ritornammo a casa.
Mi chiedo, ogni tanto quando ripenso alla bella e ricca vacanza, cosa stia facendo il dolce e grande Pietro.
Non ci siamo scambiati i cellulari per ovvi motivi: vite diverse, luoghi lontani. Un’esperienza da ricordare così come l’abbiamo vissuta portandola nel cuore, ma che era destinata per la serenità di entrambi, anzi di tutti e tre, a concludersi lì, in quel Village dove era stata vissuta.
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