Il supplente di matematica

Arrivai a scuola affannata per il ritardo e corsi subito in classe. Arrivata sulla porta, entrai e alla cattreda al posto della professoressa di matematematica c'era lui, mi fermai e lo fissai interrogativamente. – Tu devi essere… – iniziò lui, puntando il dito sul registro e scorrendo l'elenco:- La signorina P. Jessica. — Si…esatto…e lei chi è?. – gli domandai. – Innanzitutto, buongiorno…e forse dovrebbe anche scusarsi per il ritardo! – ribattè in tono severo.

Era un uomo di almeno 35 anni, aveva i capelli castano chiaro e gli occhi color nocciola. Come ogni professore giovane, voleva dimostrare la sua autorietà e rompere le palle. – Si è vero…mi scusi per il ritardo…dov'è la professoressa? – domandai. – E ammalata, vai al posto! – rispose. Chiusi la porta e andai a sedermi. Ero all'ultimo banco, salutai la mia migliore amica Silvia. – Visto che figo da paura? – mi domandò subito.

– Silvia…ti prego! — Vuoi dire di no?!?!..guardalo bene, ha l'aria di quelli che se ti prendono per le mani ciao! -Nonostante tutto ridacchiai. Effettivamente era un uomo stupendo. Quando si alzò, notai che era alto e sotto la camicia bianca si intravedevano i muscoli…veramente niente male. A un certo punto mise una nota a me e a Silvia dopo averci riprese per le nostre continue chiacchierate e improvvisamente l'opinione della mia amica su di lui cambiò.

La mia no. Anzi, più faceva lo stronzo, più mi eccitava. Mi ritrovai a fantasticare su noi due, mentre mi scopava in classe durante la ricreazione, sul mio banco. Così avevo iniziato a masturbarmi ogni notte pensando ai professori. Avevo 18 anni e quelli grandi mi sono sempre piaciuti, peccato che nella mia scuola avevano tutti la mia età così me ne sono fatta appena 4 o 5, e non avevo mai provato attrazione per un professore.

Purtroppo a scuola non sono mai stata una secchiona. Ero intelligente, ma odiavo studiare. Alla terza verifica andata male, il supplente decise di darmi una mano. – Okay Jessica, oggi pomeriggio ci vediamo. Ti aspetto qui alle 16. 00, farai esercizi in più, e ti pregherei di non parlarne con nessuno dei tuoi compagni: non voglio che pensino che io faccia favoritismi! -Una parte di me era felicissima. Decisi di provocarlo in tutti i modi possibili.

Alle 16. 30 mi presentai fuori dalla scuola. Avevo una minigonna scozzese rossa con le pieghe, le autoreggenti nere in pizzo, una camicetta bianca sbottonata fino all'incavo dei seni e usavo un reggiseno che accentuava di più il mio seno. Sopra indossavo una cappotto nero, scarpe da ginnastica e calzini bianchi. Arrivata, il professore era davanti alla porta. – Ma tu vieni in ritardo anche nel doposcuola? – mi chiese guardandomi male. – Sono una studentessa molto cattiva! – dissi.

Lui rise e disse:- Vieni dentro che c'è freddo! -Entrai e la scuola era vuota. – Ma ci siamo solo noi? – chiesi, mentre lui chiudeva la porta a doppia mandata e metteva il lucchetto. Era tutto buio, accese le luci e entrammo in una delle classi. – Si! – rispose semplicemente. Si sedette alla catedra, aprì una valigetta nera, prese dei fogli e mi indicò un banco al centro e in prima fila.

– Questi sono semplici esercizi di equazioni, svolgili e vediamo se riusciamo a risollevare i tuoi tragici voti! – mi fece. Mi misi all'opera e, senza alzare gli occhi, iniziai a spalancare e chiudere le cosce. Prima poco e veloce, giusto per attirare l'attenzione, poi, molto e lentamente, per mantenarla viva. Sotto la gonna avevo un perizzoma rosso con il contorno in pizzo bianco. Lo guardai con la coda dell'occhio in modo che non mi potesse vedere.

Lui dalla sua catedra, sbirciava tra le mie cosce. Era molto tranquillo, così lasciai le cosce spalancate mentre continuavo i miei esercizi. Poco dopo mi alzai e consegnai i fogli. – Posso andare ora? – domandai,sperando in una risposta negativa che arrivò:- No! Stai qui, devo correggerli! – Mi sedetti sulla catedra accanto a lui e accavalai le gambe. Mi accarezzavo distrattamente una coscia, mentre lui correggeva i miei esercizi. – Jessica, sono tutti sbagliati! – mi disse severo.

Sorrisi tra me, lo sapevo!- Davvero! – dissi con falso stupore. – Scendi! – esclamò con tono di ordinazione. Obbediì e lui si alzò. – Basta Jessica! Non so che fare con te! – urlava e batteva la mano sulla catedra, poi sospirò. – Sono costretto a farlo! — Fare cosa? — Appoggiati alla catedra e tira il culo di fuori. — Come? — Hai capito benissimo! – abbaiò. Un pò spaventata, ma, sopratutto eccitata, mi misi a 90°.

Mi sollevò la gonna sui finachi. Sentii un rumore secco e un bruciore sulla chiappa che mi fecero sussultare: mi stava sculacciando!- Questa è per il ritardo continuo! – disse. Altro schiaffo: – Questo è per gli esercizi che non sai fare perchè non mi ascolti! -Altro schiaffo: – Questo è per l'abbigliamento con cui ti sei presentata! -Altro schiaffo: – Questo è per quello che mi obblighi a fare! -Improvvisamente sentii le sue mani che mi tiravano giù il perizoma, poi, una lingua entrò nella mia figa.

– Sei bagnata Jessica, lo sapevo… – disse. Mi aggrappai alla catedra:- Professore! – urlai. Ogni pensiero aveva abbandonato il mio cervello. Il mio professore mi stava leccando la figa in classe: uno dei miei sogni erotici diventava realtà. Mi mossi sulla sua faccia e lui mi infilò un dito nella figa. – Ohhh! – esclamai curvando la schiena. Il suo dito si mosse dentro di me come se fosse un piccolo cazzo. Io assecondavo i suoi colpi sperando che mi avrebbe portata ad un orgasmo allucinante.

Non mi interessava il posto dove eravamo, o il fatto che fosse il mio prof, non mi preoccupava cosa sarebbe accaduto se ci avessero scoperti…mi interessava solo quel calore che dalla mia figa saliva fino al mio cervello, oscurandomi ogni logica. Venni strillando e cercando di attaccare il più possibile la faccia del mio prof alla mia figa. Lui si sollevò, io rimasi a 90 sulla scrivania a riprendere fiato. sentii la zip dei suoi pantaloni, poi, mi volse e vidi che era nudo.

Diesi uno sguardo al suo cazzo e sorrisi. – E bravo professore! – dissi. Le sue mani mi sbottonarono la camicetta, la fece volare attraverso la classe, mi sfilò il reggiseno e anche quello fece la stessa fine della camicetta. Avevo solo la gonna, le scarpe e le autoreggenti. – La mia studentessa è una putanella! – mi disse. Guardò i miei seni e mi fece sedere sulla cattedra. Iniziò a leccarmi sensualmente le tette.

Ci sapeva fare: ogni leccata, ogni succhiata, ogni mordicchiata mi sconvolgeva e mi faceva perdere la ragione. Lo strinsi tra le mie cosce e il suo cazzo dritto quasi mi penetrò. Appena lo sentii vicino all'apertura della mia figa, mi offrii volontariamente a quel suo stupendo cazzo. Lui però si spostò e lasciò le mie tette. – Scendi dalla catedra! – Obbedii precisamente e lui si sedette. – Inginocchiati e succhia! – ordinò. Lo feci.

Mai e poi mai ho obbedito così ciecamente ad un prof. Presi in bocca quel cazzo pulsante e gli dimostrai che forse come studentessa non valevo niente, ma come pompinara nessuno sarebbe stata alla mia altezza. Lui faceva uno sforzo tremendo per non venirmi in bocca e lo sapevo. Poi mi allontanò la testa. – Brava Jessica, questo pompino meritava un bel 10 e mezzo! -Mi alzai e mi sedetti sulle sue gambe a cavalcioni, senza penetrarmi.

Doveva calmarsi o sarebbe venuto subito. Lui riprese a leccarmi e ciucciarmi il seno. – Sa succhiare molto bene professore! – dissi. – Mai quanto te Jessica. – disse serio. Poi morse forte e sussultai di dolore e di piacere allo stesso tempo. – Queste tette meritano un 10! – – Media del 10, mica male. – dissi posando la mia bocca sulla sua. Non ci fu un bacio e non mi ci mangiammo reciprocamente.

Fu eccitante vedere il professore perdere il controllo per un mio bacio. – Adesso alzati! – mi disse. Lo feci subito. – A pecorina! – mi ordinò. Ero emozzionatissima, impazziente di averlo dentro. Mi voltai di s**tto e con un unico, forte e violento colpo mi sfondò la figa. Le nostra urla riempirono l'aula e tutto il corridoio vuoto. – Professore, professore… – lo chiamavo. Godevo già solo per il fatto di chiamarlo così e non per nome.

Mi penetrava profondamente. A volte ruotava il suo cazzo dentro di me oppure restava fermo e mi spostava per i fianchi aventi e indietro. Non mi diede il tempo di venire, che poco dopo si sdraiò sulla catedra e io dovetti salire sopra di lui per scoparlo. Le mie urla di godimento mentre venivo sembrava che lo stavo possedendo ancora di più. Mi teneva le tette, le stringeva forte, me le succhiava…mandava scariche di dolore e di piacere che mi facevano impazzire.

Quando mi sentii vicina all'orgasmo, appoggiai le mani sulla catedra, accanto al suo viso e nonostante lui mi ordinasse di non venire ancora, aumentai il ritmo. Diventò una furiosa cavalcata, ero intenzionata a provare piacere e così fu. Venni con uno strillo. – Non hai obbedito. — Non me ne frega un cazzo. – risposi respirando forte per calmarmi. – Ti rimetto al doposcuola anche domani? – scherzò. – Lo faccia, la prego! -Mi alzai e lui face altretanto.

Mi appoggiò al muro, con il culo di fuori e mi sculacciò per non avergli obbedito. Fu violentissimo, ma questo non fece che eccitarmi di più. Mi portò in un banco e mi sdraiò lì. Mi spalancò le cosce e mi prese. Fù s**tenato, mi dava colpi tanto duri e decisi che pensai mi avrebbe sfondata. Ma in quel momento la sua violenza mi eccitava. – Sei un porco pervertito! – e dicendogli così venni.

Poco dopo mi scagliò a terra, e andai a sbattere contro una sedia. Il mio viso fu innondato da sborra calda e compatta. Presi in bocca il suo uccello e glielo ripulii. Mi rivestii in silenzio, mentre lui ancora nudo guardava il mio compito. – Professore… — A domani! – mi disse in modo incazzoso come sempre. Obedii. La mattina dopo mi infilò nel compito un biglietto: ” pompino: 10, tette: 10, scopata: 10, obbedienza: 7, voto: 9.

Peccato che questi voti non influiscano sulla pagella, ma se vuoi migliorare comunque, questo è il mio indirizzo:” lessi l'indirizzo, gli lancia un sorriso che ricambiò, strappai il foglio in minuscole parti e poi lo buttai. Quando tornai al posto, Silvia mi chiese:- Cos'era quel biglietto? — Mi ha detto che se non miglioro verrò bocciata! — E' uno schifoso! – – Si…proprio uno schifoso! – risi io.

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