Un compito impegnativo -parte1-

I nomi sono inventati, ma la storia è assolutamente vera e capitatami nel 1994 a 16 anni; cercherò di essere più dettagliato possibile, perciò saranno necessarie più puntate_commenti pls

Era una giornata calda e stranamente afosa rispetto alle giornate tipiche di metà aprile, quando vorresti essere in qualunque posto rispetto all’aula piccola in cui mi trovavo, un’aula di superiori con i muri scrostati e sbiaditi dal tempo e nell’aria quel leggero odore di sudato che emanavamo, sebbene le finestre fossero aperte.

Mi sollazzavo con una biro sulle mani facendola roteare qua e là, perso nei miei pensieri, quando all’improvviso la prof di tecnica applicata richiamò la nostra attenzione.
Caddi in avanti con la sedia in bilico su due gambe, appoggiai i polsi sul banco autografato da mille simboli, raccolsi i miei pensieri e cercai di ritrovare un barlume di interesse per un argomento di poco interesse.
“Il preside ci ha chiesto di realizzare un lavoro per la rassegna scientifica che si terrà nel salone fieristico in centro il prossimo mese.

Dovrò dividervi in gruppi di due e ognuno dovrà preparare un cartellone con i requisiti che vi dirò più avanti … ” – mi ero già perso nelle parole della prof, quando ritornai con i miei pensieri al periodo estivo che stava per giungere, pensare a qualche lavoretto per racimolare un po’ di soldi per i miei svaghi con gli amici.
A sedici anni un ragazzo come me ha solamente l’obbligo di frequentare la scuola e di divertirsi, ed era proprio su questo punto che volevo incentrare tutte le mie prossime energie.

“Allora tu farai coppia con Maurizio, va bene?” – fu un brusco ritorno alla realtà quando sentii la voce della prof verso di me.
“Poiché abitate vicini vi sarà più facile incontrarvi dopo la scuola, inoltre questo è ciò che dovrete preparare” – la prof mi passò un foglio e si girò per proseguire con gli accoppiamenti.
“Perfetto! – pensai – mi ha assegnato il tizio più sfaticato della classe, dovrò fare tutto io, che palle!”
Durante la ricreazione concordammo che ci saremmo incontrati a casa sua il giorno dopo nel primo pomeriggio, dato che era sabato, avremmo avuto più tempo per organizzare il lavoro, inoltre si offri di acquistare lui tutti i materiali, pagando poi a metà.

Il giorno seguente a scuola non si era visto, però non ci feci caso perché mancava spesso il sabato.
Dopo la scuola quindi arrivato a casa, lasciai tutti i libri e mi diressi con il tomo di tecnica, un astuccio e alcuni fogli a casa di Maurizio.
Arrivai, dopo aver attraversato il vialetto del suo giardino, direttamente alla porta di casa e suonai il campanello; dopo qualche minuto mi aprii la porta di casa la madre di Maurizio, con addosso solamente un asciugamano che le arrivava fino alla coscia e un turbante per i capelli.

Era una donna di 32 anni con un corpo minuto ma formoso, capelli neri corvini, leggermente ondulati che le ricadevano sulle spalle, due occhi neri come la notte che mi squadrarono immediatamente con aria interrogativa – “ Ciao, sei il compagno di banco di Maurizio, vero? Sei venuto alcune volte qui in casa. Mi ricordo di te. Ma cosa ci fai qui?”.
“Veramente dovevamo fare un compito per casa, perciò eccomi qui!” – le risposi.

“Davvero? Ma, guarda che Maurizio è partito questa mattina per il campo scuola e sarà via tutto il week-end” – rispose; “Cazzo – pensai – quell’imbecille si è dimenticato del compito e dell’appuntamento!”.
Non riuscivo a toglierle lo sguardo di dosso, soprattutto quando si mise a braccia conserte e si appoggiò allo stipite della porta. Era bellissima e magnetica, così cercai una scusa per rimanere, buttandola lì una frottola e sperando che se la bevesse.

“E adesso cosa facciamo, dovevamo buttare giù qualcosa perché al rientro a scuola la prof ci avrebbe valutato il lavoro e il voto sarebbe stato importante per la promozione. Non mi va di prendere un votaccio..” – sapeva bene che suo figlio zoppicava in quella materia, così ridendo mi disse di entrare in casa per farlo insieme a lei il lavoro.
Appena entrato, mi fece accomodare in cucina e mi disse se volevo qualcosa da bere.

Accettai volentieri un succo di frutta freddo, che diligentemente lei raccolse dal cestello inferiore del frigo, posto di fronte a me.
Si sporse in avanti dandomi le spalle e andò giù per cercare il succo, rimanendo con le gambe dritte e leggermente aperte.
Io che ero lì dietro vidi l’asciugamano alzarsi fino alle natiche e scoprire la sua passerina leggermente umida, dopodiché iniziò ad ondeggiare e a canticchiare, indugiando nella ricerca del succo.

Non potevo credere ai miei occhi! Potevo vedere dal vero ciò che noi adolescenti spesso vediamo sulle riviste porno, una passera che danzava davanti a me.
Senza accorgermi, l’uccello mi era diventato duro come il marmo e si era innalzato al di sopra dei pantaloncini corti che indossavo.
Sicuramente lei se ne accorse perché in quel momento si girò lentamente verso di me e mi guardò dicendomi: “Ti piace, vero?” – “ Uh.

Cosa!?!?”, farfugliai.
“Mi sono accorta di come mi guardi, sai! Ti piace la mia fica, ne hai mai vista una così?”.
Si alzò l’asciugamano e mi mostrò la passera da davanti; aveva le grandi labbra leggermente sporgenti in fuori e un ciuffo di peli neri che ne sormontavano il clitoride a guisa di triangolo molto allungato che si insinuava fin sopra il suo pube.
Rimasi con lo sguardo perso nel suo gioiello, finché lei con un gesto automatico fece cadere a terra il suo asciugamano, lasciandola completamente nuda.

Aveva due seni sodi e turgidi, a forma di coppa, sicuramente non siliconati, che si sfregò fino ad arrivare con la mano sul suo pube.
“Allora, ragazzo, la fata ti ha tagliato la lingua? Non parli, ma sembra che a “qualcuno” li sotto sia piaciuto. Aspetta che controllo personalmente”-
Con movimenti lenti si avvicinò a me, fin quasi a sfiorarmi; potevo sentire il suo profumo di bagnoschiuma, quasi come fossi con lei nella doccia.

Mi guardò negli occhi e sempre lentamente scese verso il basso fino a inginocchiarsi.
Prese la mia cintola dei pantaloni e la fece scendere fino a terra, seguita subito dopo dai boxer, lasciandomi con il pisello che puntava deciso verso di lei e in pratica senza parole.
“Puttana Eva! – pensai – Questa troia me lo vuole prendere in bocca; oggi ho vinto la lotteria!”
Prese la base del mio uccello, strofinò un poco le palle tra le dita, quasi per saggiarlo, e portò le labbra a contatto con la mia cappella, al che lo ingoiò letteralmente fino alla radice.

Rimase con l’uccello per alcuni secondi, fino a che non rimase senza fiato; sentivo la sua lingua roteare sul cazzo con movimento alternato e, come un vulcano in eruzione, sentivo la mia cappella prendere fuoco.
Si ritrasse indietro facendo un colpo di tosse e ritornò in posizione, senza togliere la bocca dal cazzo.
Incominciò un “tira e molla”, un movimento avanti e indietro con lei che se lo infilava fino a farsi sfiorare le tonsille, insalivando e lubrificando con movimento costante la mia asta.

Mi sembrava di scoppiare da un momento all’altro quanto lei riusciva a spingerlo fino allo stomaco.
“Gola Profonda le fa una sega!” – pensai – in quegli attimi credetemi indescrivibili.
Dopo un tempo interminabile per me, sentii nuovamente la sua voce provata, come di una donna che ha fatto le scale di corsa: “. mmmhhhh, davvero notevole ragazzo mio, hai un bell’arnese in mezzo alle gambe; fammi provare in un altro modo questo maritozzo!”.

Si dispose con le gambe incrociate a mo’ di tecnica yoga in mezzo alle mie gambe divaricate; essendo piccolina, poco più di 1,50cm, entrava perfettamente sotto così agguantò il cazzo, lo tirò verso il basso con le palle che mi toccavano sul “corpo” del mio uccello e la cappella rivolta verso terra dicendomi che questa volta toccava a me muovermi dal basso verso l’alto in modo da farglielo arrivare fino a dentro l’esofago.

Spingevo più forte che potevo e ogni colpo sentivo lei che gemeva e si soffocava, si dimenava come un serpente, facendomi eccitare sopra ogni limite.
Le afferrai la testa con le mani togliendole il turbante e scoprendole i suoi capelli umidi, strinsi i pugni sulle sue ciocche e iniziai a spingere il cazzo con maggior vigore e velocità.
Dalla bocca le colava la saliva densa che si toglieva con le mani creando dei lunghi sfilacci e inumidendosi la passera per massaggiarla meglio.

Dopo un altro lasso di tempo interminabile, la tirai in piedi per i capelli e la buttai sul divano del salone antistante la cucina.
Lei non disdegnò i miei modi rudi, anzi mi disse che la facevano eccitare di più, e quello era solo l’inizio pensai tra me e me con un ghigno quasi satanico.

FINE PRIMA PARTE.

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