Saga familiare 4

La scopata col “vecchio” mi aveva spossata: passai tutta la mattinata a sonnecchiare, ancora con le sensazioni di piacere che mi invadevano tutto il corpo, insieme alla stanchezza.
A pranzo, ci ritrovammo di fronte seduti a tavola e Luca non cessò di circuirmi, sfruttando tutte le occasioni per palparmi, carezzarmi, farmi sentire il cazzo duro.
Appena finito di pranzare, mi prese per la mano e mi obbligò dolcemente a seguirlo di nuovo nella sua camera.

Cercai di obiettare qualcosa sulla stanchezza e sulla inopportunità di due scopate a così breve scadenza; ma, come già aveva fatto, mi obiettò che erano balle e che si sentiva in forma.
Mentre scendevamo, mi appariva chiaro che il “vecchio” non aveva affatto rinunciato alla sua convinzione, quella cioè di essere l’unica persona a cui potesse spettare il privilegio di prendere la mia verginità anale. Quasi fosse un diritto naturale rimediare a una trascuratezza degli altri.

Per conto mio, dopo le emozioni della mattinata, ero quasi convinta che fosse la persona più giusta per farmi perdere quella verginità: aveva dimostrato tanta sapienza e tanta delicatezza con la mia figa che, nonostante le dimensioni impressionanti del suo cazzo, ero ormai dell’idea che sarebbe riuscito ad aprirmi nuovi orizzonti di piacere, evitando quei fastidi che – a quel che sapevo – si possono avere quando viene forzato il culo.
Indossavo ancora la solita vestaglietta corta e Luca, appena entrati, me la fece scivolare via; subito dopo si tose i vestiti e mi abbracciò in piedi, piantandomi subito il cazzo tra le cosce; lo strofinò a lungo sulla figa, mentre mi riempiva di baci il viso e la gola; poi mi baciò appassionatamente ed io tornai a sentire il frullo della sua lingua nella mia bocca, il risucchio della mia nella sua e le sensazioni di brivido che mi percorrevano il ventre e si scaricavano tra le cosce, sopra il suo cazzo.

Mi succhiò delicatamente i capezzoli ed intanto infilò una mano tra le mie natiche, alla ricerca del buchetto; quando lo trovò, si soffermò un attimo ad infilare il medio in figa, per cogliere gli umori di cui era già piena, poi infilò il medio nel culo: sentii la carne che morbidamente cedeva e si lasciava penetrare, mentre forti scariche di piacere di dirigevano alla figa che ne veniva sollecitata.
Ormai era chiaro che il suo obiettivo era il culo; e mi lasciai andare, ansiosa di cogliere anche quelle emozioni per me nuove.

Mi spinse delicatamente sul letto, mi sollevò le gambe fino a che fui totalmente aperta al suo sguardo e si inginocchiò ai piedi del letto per avere il viso all’altezza della figa: dalla mia posizione vedevo chiaramente lo specchio di fronte e un vortice Adv
di eccitazione mi colse al vedermi oscenamente scosciata davanti a lui che si apprestava a leccarmi tutta.
Cominciò dall’interno delle cosce, che percorse con lentezza quasi esasperata, facendo vibrare ogni piccolo tendine; passò poi alle grandi labbra e alla peluria che le ricopriva: vi dedicò poco tempo, perché subito attaccò le piccole labbra che si schiusero per permettere alla lingua di penetrare; poco afferrò il clitoride tra le labbra e cominciò a succhiarlo come un piccolo cazzo.

Intanto, una mano era scivolata tra le cosce: tre dita si infilarono nella vulva e vi agitarono un poco, carezzando, titillando e, soprattutto, inumidendosi; poi si spostarono insieme verso l’ano e cominciarono a spingere per dilatarlo.
La forte tensione di piacere che mi dava il risucchio sul clitoride fecero passare in secondo piano la violenza della penetrazione, anzi ne acuirono gli effetti; ed io cominciai quindi a sborrare mentre le tre dita – tutt’altro che piccole – entravano nel culo fino alle nocche e forzavano lo sfintere che cedette velocemente e si lasciò penetrare: una volta superato l’ostacolo, Luca cominciò a muovere in cerchio le tre dita per allargare sempre più l’accesso.

Non avvertivo niente altro che le fitte di piacere che dall’ano si trasmettevano al clitoride e da lì al cervello.
Dopo che per due volte gli scaricai in bocca il mio orgasmo, Luca si staccò e mi fece sdraiare sul letto, mettendomi sotto la schiena due cuscini: sollevandomi le gambe fino alle sue spalle appoggiò il cazzo all’ano, quasi per verificare l’opportunità della posizione per quello che aveva in mente.
Soddisfatto, si allontanò verso il bagno e tornò subito dopo con una boccetta: “E’ un lubrificante” disse davanti alla mia aria interrogativa “ed è anche lievemente anestetico: voglio che tu senta solo piacere”.

Sentii il fresco della pomata scivolarmi sull’ano ed entrarmi nel culo insieme alle sue dita; se ne spalmò anche sul cazzo.
Poi mi sollevò le gambe fino alle sue spalle, impugnò la sua mazza e la accostò delicatamente al buchetto; cominciò ad entrare dolcemente,
“Toccati”, mi suggerì ed io appoggiai la mano sulla figa e cominciai a titillarmi il clitoride: il piacere mi riempiva ad ondate successive ed io ero presente e viva soprattutto là dove il suo cazzo entrava.

Procedette a millimetri, forse, perché sentivo nettamente il cazzo invadere le budella e violarle; ma non ebbi reazioni di rigetto: i tessuti del mio intestino si adattavano dolcemente alla penetrazione, per quanto violenta; in un tempo che mi sembrò eterno arrivò allo sfintere e cominciò a forzarlo.
Qualche fitta di dolore mi fecero gemere, ma gli feci cenno di andare avanti: ormai ero io volerlo nel culo, fino in fondo.
Diede un colpo più forte e la cappella passò: sentii i tessuti cedere, temetti che si fossero lacerati ma non era così; si fermò immobile e mi accarezzò dolcemente il ventre e il pube; il dolore si mitigò e accennai che continuasse.

Poi fu perfino facile: sentii l’asta che invadeva le viscere e avvertii che i muscoli interni si adattavano docili all’invasione del manganello di carne che li violava.
Continuò a penetrarmi piuttosto lentamente, dandomi il tempo di adattare l’intestino al nuovo entrato; ed arrivò a toccare con le palle le mie natiche: era dentro tutto, in tutta la sua lunghezza, in tutta la sua grossezza, in tutta la sua potenza.
Contrassi tutti i muscoli, per assaporarlo fino in fondo, e mi titillai con forza il clitoride per godere ancora.

Luca mi fece abbassare le gambe e si sdraiò su di me; ma il suo cazzo non arretrò di un millimetro e restò saldamente piantato nel mio ventre.
Si soffermò a baciarmi, a carezzarmi, a leccarmi dovunque potesse, senza perdere la posizione: il viso, gli occhi, gli orecchi, il collo fino al seno.
Quando mi sentì rilassata (“burrosa” disse poi) cominciò a pompare facendo in modo gli ossi pubici si strofinassero, sicchè avevo la sensazione di essere chiavata contemporaneamente in culo e in figa.

Era una situazione che non avevo mai neppure immaginato; eppure, quella nerchia possente che mi sfondava le viscere era per me un motivo di piacere indicibile: godevo quasi di più a sentirlo muoversi nel culo che a masturbarmi la figa. Per conseguenza, muscoli interni del mio corpo si concentravano nel sentire il cazzo e lo titillavano accarezzandolo in una sollecitazione inaudita.
Sentivo piccoli orgasmi successivi montarmi dal ventre e scaricarsi in figa e in culo: conoscendomi, aspettavo che diventassero estremamente frequenti per portarmi direttamente alla sborrata conclusiva.

Quando ebbi la sensazione di essere vicina, lo avvertii “sto per venire”; il “vecchio” affrettò il ritmo dell’inculata, spinse il cazzo sempre più dentro e più rapidamente, finchè lo sentii lamentarsi e avvertii la sborra che mi sprizzava nell’intestino: esplosi anch’io con una violenza nuova e imprevista; scaricai sul suo pube il più intenso orgasmo possibile.
Si rilassò su di me e mi avvertì di fare piano, perché “uscire può essere più fastidioso che entrare”: ci baciammo quasi con tenerezza, mentre sentivo il suo cazzo perdere potenza e dimensione nel mio culo fin troppo sensibile, nuovo com’era all’esperienza; a mano a mano che si afflosciava, tendeva ad arretrare, finchè la cappella si trovò all’altezza dello sfintere.

Fu necessario un piccolo strappo, leggermente doloroso, perché venisse fuori.
Dovetti correre in bagno, perché la sollecitazione mi provocava stimoli nuovi; ma era solo la reazione del corpo alla violenza subita.
Si era fatto fin troppo tardi. Lo baciai con dolcezza, gli dissi “grazie” e scappai.

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