Padrone I

“Buon giorno”
“Buon giorno a lei”
Sempre tra le prime ad arrivare ormai Rossana era conosciuta da tutti i vigilanti notturni. Le piaceva la sensazione di muoversi tra gli ampi corridoi dell'azienda quando era tutto in silenzio o con solo vaghi suoni che provenivano da lontano. Si sentiva bene nel sapere che aveva tutto il tempo per andare alla sua postazione ed iniziare la sua routine mentre non c'era nessuno sul piano con lei, le sembrava che tutto quello spazio enorme suddiviso in tante postazioni con paraventi a metà altezza le appartenesse, lo sentiva suo e man mano che arrivavano i colleghi nella sua mente era come se lei concedesse loro di prendere posto.

Arrivata nel suo angolino, come ogni mattina, la accoglieva la foto di Momo che con la zampa sembrava spingere il vetro per voler uscire da quella finestrella e coccolare ancora un po' la sua padrona che lo ha lasciato addormentato sulla poltrona in soggiorno. Un sorriso per tutte le coccole che si sono scambiati e la giornata può cominciare. Accende il computer, apre i cassetti e prende la cancelleria personale. Tranne che per i fogli ha sempre comprato da sé ciò che le serviva per lavorare, le è sempre sembrato giusto in quel modo.

Mentre controlla l'email aziendale passa Claudia
“Anche stamattina mi hai battuto!”
con un sorriso solare la sua vicina di cubicolo le da il suo buon giorno. Rossana si volta
“Sai com'è, vivendo da sola ho tutto il tempo per organizzarmi e riuscire a vincere tutti i giorni la nostra gara a chi è la più stacanovista”.
Anche se molto diverse le due si considerano buone colleghe, non che abbiano mai parlato di molto al di fuori del lavoro o che siano uscite a bere qualcosa ma si trovavano simpatiche l'una l'altra nonostante Claudia avesse vent'anni in più, un marito e due figli quasi adolescenti.

Al ritorno dalla pausa pranzo, veloce e semplice per non sentirsi a disagio di essere al lavoro e non lavorare veramente, nel momento di riprendere dai cassetti tutte le sue cose trovò anche un biglietto piegato in due che era sicura prima non ci fosse. La carta spessa e ruvida era inusuale, aprendolo, con caratteri fiorati, vi trovò stampato:

All'uscita lascia la matita sulla scrivania.
Padrone

Pensando fosse uno scherzo si alzò in piedi e si guardò attorno ma non c'era nulla di insolito, nessuno che rideva o che era sul punto di farlo.

Sapeva che gli altri la consideravano un po' ingessata, sempre sulle sue e che dava poca confidenza e probabilmente quello era un tentativo di qualcuno di farla inserire di più o magari solo per prenderla in giro. Non aveva importanza, era fatta in quel modo e non le importava. Fece cadere il biglietto nel cestino e riprese il suo lavoro.
Al termine della giornata nel sistemare la sua postazione, quando prese tra le mani la sua matita personalizzata con le immagini di gattini le passò per un breve istante in mente la frase sul bigliettino e poi quella firma così assurdamente autoritaria, con un sorriso tirato sulle labbra ripose tutto nel cassetto, prese la borsa ed uscì.

“Buon giorno”
“Buon giorno a lei”
I tacchi bassi continuarono a suonare mentre Rossana voltava l'angolo per prendere l'ascensore. Sempre la prima ad arrivare a lavoro, il silenzio della stanza la rilassava e la faceva sentire a proprio agio mentre attraversava il lungo corridoio per arrivare alla sua postazione senza il bisogno di fare un minimo di conversazione con i colleghi, lei era la nuova, anche se ormai era stata assunta da due mesi ed erano ancora tutti interessati a capire che tipo fosse.

Arrivata nel suo angolino, tutto era in ordine, tutto era pulito come lo aveva lasciato lei. I suoi occhi per abitudine andarono alla fotografia di Momo, nella cornice di legno dipinto non c'era più il suo gatto ma un foglio bianco con una scritta. Non capendo cosa stesse succedendo si avvicinò per guardare meglio. Riconobbe subito i caratteri fiorati del giorno precedente:

Sai cosa devi fare per riavere la foto.
Padrone

Prese in mano la cornice e dovette rileggere perché tutto le sembrava così assurdo.

Cos'era, un rishitto? La fotografia in cambio della matita? Chi si poteva divertire con uno scherzo del genere?
“Stamattina pensavo di riuscire a vincere io ma sei arrivata di nuovo prima di me!”
la voce di Claudia la fece sobbalzare e si girò tenendo la cornice contro il petto per non far leggere il biglietto, l'imbarazzo sarebbe stato eccessivo
“Tutto bene? Mi sembri scossa…”
“No no, tutto apposto… per caso, dopo che sono uscita ieri pomeriggio hai visto qualcuno nella mia postazione?”
“Mi pare di no, ti hanno preso qualcosa?”
“No… c'è tutto, solo mi sembra che qualcosa sia stato mosso… magari è solo una sensazione…”
il suo sorriso nervoso chiuse la conversazione.

Appena Claudia scomparve dietro al divisorio si affrettò ad aprire la cornice e togliere il bigliettino. Si guardò intorno per vedere se ci fosse qualcuno a divertirsi alle sue spalle ma nella stanza c'erano solo Claudia e lei. Gettò il bigliettino nel cestino e ripose la cornice nel cassetto, prese il necessario per iniziare a lavorare e con la testa annebbiata dalla situazione iniziò la sua giornata.

Per tutto il giorno fu distratta da quei bigliettini, continuava a pensare e ripensare a ciò che c'era scritto e cercava di capire chi dell'ufficio potesse essere stato.

Prima di andare via, chiuso tutto e rassettato tutto rimase per qualche istante seduta sulla sua sedia rigirandosi tra le mani la matita. Che cosa stupida! La matita non costava molto e la foto la poteva far stampare di nuovo ogni volta che voleva ma con gli orari del lavoro sarebbe stata una scocciatura andare fino al negozio mentre a casa aveva una confezione piena di matite.
Lasciò la matita sulla scrivania davanti al computer, prese la borsa ed uscì.

La mattina seguente arrivò al lavoro ancora prima del solito, voleva vedere la foto al suo posto, ma soprattutto avrebbe guardato in tutte le postazioni per cercare la sua matita e quindi trovare il burlone che si divertiva in questo modo idiota e poi gliene avrebbe dette di tutti i colori, anche davanti a tutti, lei non era tipa da trattare in quel modo!
Con passo svelto arrivò nel suo angolino, Momo era tornato a spingere il vetro della cornice, era al suo posto, come sempre, non dentro il cassetto dove aveva lasciato la cornice il giorno precedente.

Almeno è ordinato, pensò. Ma la cosa che la spiazzò fu vedere la matita sulla scrivania proprio dove l'aveva lasciata lei. La furia che l'aveva spinta lì così presto di colpo svanì e si sentì quasi svuotata. Si abbandonò sulla sedia ed iniziò la sua solita routine, scherzò come al solito con la sua vicina ma nel momento di prendere la sua cancelleria dal cassetto, proprio sopra le penne trovò un nuovo bigliettino piegato in due

Spezzala.

Padrone

Un comando e la solita firma. Che sciocchezza, pensò, ma stavolta invece di gettare il biglietto come aveva fatto con i due precedenti lo ripiegò e lo ripose nel cassetto dove lo aveva trovato.
Durante il giorno, quando le capitava di aprire quel cassetto le veniva da sorridere pensando a quanto gli ultimi tre giorni le sembrassero così insoliti rispetto a tutti quelli ripetitivi dei due mesi in cui si trovava lì.

Smettendo di pensarlo come uno scherzo idiota ora quei biglietti le sembravano un gioco, ok, un poco inquietante ma perché no, fino a che era in certi limiti poteva benissimo partecipare. Quel giorno aveva già portato un'altra matita nell'eventualità che non sarebbe riuscita a ritrovare quella del rishitto, era già una perdita considerata, così alzandosi in piedi per controllare se ci fosse qualcuno a guardare mise la matita con una metà sporgente dalla scrivania e vi si poggiò.

Cedette facilmente con un suono sordo ma sembrava che nessuno lo avesse notato. Abbandonò i due tronconi dove il giorno precedente aveva lasciato la matita integra e dato che il suo orario era terminato andò a casa.

Potete trovare il seguito di questa storia e gli altri miei racconti sulla mia pagina de “I racconti di Milu”.

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