La caduta di Serena – Capitolo 7

Capitolo 7.

Sonia li stava guidando verso gli articoli richiesti, e Marco non poteva evitare di pensare che l’atteggiamento della ragazzina l’aveva comunque sorpreso… non avrebbe detto nascondesse una vena sadica, a prima vista. Mora, minuta, una ventina d’anni… sul metro e cinquantacinque, fisico snello, vestita di un jeans e una semplice maglia abbondante, dava più l’impressione dell’annoiata da tutto, che… che della… curiosa… ecco, quello era il termine.
Eppure, tant’era, e non guastava, visto quello che aveva in mente… Con la coda dell’occhio intanto sorvegliava Serena, il suo seguirlo passo passo, a capo chino… “Bene” pensò “si piega, ma fa di tutto per non spezzarsi e rialzarsi… ma la renderò devota al mio cazzo… piano piano…”
Serena dal canto suo, era frastornata.

Si era svegliata convinta dovesse essere un giorno come tanti, e si ritrovava nelle mani di un uomo che stava adesso scegliendo una ciotola per cani… sul cui utilizzo non c’erano dubbi… Era stata legata, scopata, ridotta a implorare per godere, spogliata e totalmente sottomessa… Poi il guinzaglio, la catena…
C’era poi il tocco da maestro di Marco, agire sulle sue voglie represse per far cadere ogni volta le minime difese che poteva opporre… Infatti, nonostante si andasse oltre la definizione di umiliazione, Marco la rendeva anche estremamente e costantemente eccitata, seppur contro la sua volontà, ma era un fatto che camminasse con un lago tra le cosce.

Adesso seguiva Marco e la stronzetta verso la cassa, conscia del fatto che uscita dal negozio, le sarebbe toccata l’ennesimo passeggiata pubblica a seno quasi scoperto… Marco non le aveva ancora lasciato un secondo per riprendersi… la martellava di continuo… fisicamente, mentalmente… una morsa, una gabbia attorno a lei che sentiva stringersi sempre più…
Quanto meno, lo spettacolo davanti a Sonia era finito, e magari, non l’avrebbe nemmeno più incontrata…
Sbagliava a non pensare all’assenza di limiti di sadismo dell’uomo.

Giunti alla cassa, Marco pagò i vari articoli, vale a dire il collare, il guinzaglio e in più due ciotole, sceltae davanti agli occhi di Serena, che si era vista tutto il dialogo intercorso tra Marco e Sonia riguardante la grandezza giusta dell’oggetto, svoltosi come se lei non ci fosse.
L’uomo aveva appena riposto il portafoglio, quando si rivolse nuovamente a Sonia.
“Spero non abbiamo recato troppo disturbo, signorina…” disse cordialmente.

“No… nessun disturbo” disse Sonia, poi a voce più bassa, deviando lo sguardo, aggiunse “anzi… è stato… interessante”
Serena l’avrebbe presa a sberla lì sul posto… si era divertita, la stronza… si trattenne… ormai erano quasi fuori, doveva imporsi… ubbidienza.
Marco però non aveva finito.
“Interessante dice? Bene, perché avrei una richiesta in particolare…” proseguì lui, serio.
“Mi dica pure, sono qui per servirla. ” Sonia lo disse in tono quasi fremente.

“Potrebbe capitare più avanti che qualche impegno mi occupi la giornata, a me e all’altra addestratrice della… signora… qui presente…” disse Marco, non facendo nemmeno caso alla reazione avvilita di Serena al suono della parola “addestratrice”…
“Sì… se posso fare qualcosa…” interloquì la commessa.
“Appunto… con la dovuta preparazione, potrebbe darci una mano come, sì, per così dire, una sorta di dog sitter…” concluse, con un atteggiamento assurdamente normale, di chi pone una domanda tra le più comuni.

Ma gettò nel terrore la sua preda. Che stava dicendo quel porco?? In quel centro commerciale lei ci lavorava!!! La conoscevano!!! E stava addirittura chiedendo una dog sitter???
Si voltò di shitto verso Marco, che l’attendeva però al varco. Fu lui a dire le prime parole.
“C’è per caso qualche problema?” chiese con voce ruvida.
Serena ne aveva di problemi, li sentiva montare dentro, era pronta a urlargli in faccia quello che pensava… E poi? A parte il piacere dello sfogo, cosa sarebbe rimasto? Cosa sarebbe accaduto? Una punizione esemplare? Marco avrebbe inviato la documentazione a suo marito? Cosa?
Impotenza.

Sottomissione.
Ubbidienza. L’unica via.
E lo sguardo così carico di orgoglio… si spense.
“No…” sussurrò, chinando il capo.
“Bene. ” Disse lui, tornando a rivolgersi a Sonia. “Quindi, signorina, potrebbe dare disponibilità? Chiaramente, il suo disturbo verrebbe ricompensato… in modo adeguato…”
Sonia non finse neanche di pensare.
“Sì certo! Quando dovrei cominciare?” chiese tutta eccitata.
Marco sorrise. “Con calma… mi dia il numero di telefono, mi farò vivo senz’altro.


E ancora Sonia non perse tempo, scribacchiando su un foglietto il numero e consegnandolo all’uomo. Non si poteva nemmeno dire fosse sfacciata, era semplicemente entusiasta… il discorso era che le veniva data la possibilità di giocare, e giocare pesante, ad avere potere… non voleva perdere quell’occasione. E poi, il signore era un uomo decisamente piacente…
“A presto allora, signorina, arrivederci… e grazie di tutto…” sorrise Marco, avviandosi verso l’uscita.
“Arrivederci e grazie a lei…” disse Sonia, abbassando la testa al passaggio di Serena, che l’incendiò con lo sguardo.

Piccoli inutili gesti di ribellione.
Tornati nella galleria del centro commerciale, Marco consegnò le due buste con gli acquisti, quelli fatti da Gianni e gli ultimi, nel negozio di a****li, alla donna. Lui notava come, tra abbigliamento ed espressione, desse proprio l’idea che lui voleva… di una donna che ha appena fatto del gran sesso ed è pronta a rifarlo… E lui stesso, doveva ammettere, era pronto a prenderla lì dove lei si trovava… beh, ancora un pochino di pazienza… sorrise, in effetti, lui poteva farsela ovunque e comunque.

Solo che la tabella di addestramento andava rispettata… e lui era un professionista.
Serena era ferma, davanti a lui. Attendeva ordini. Bene, pensò lui, considerando che non faceva un passo senza una sua parola. Si prese un minuto di tempo, prendendo la penna da un taschino e scrivendo alcune cose su un foglietto, che ripiegò, e tenne per sé. Poi si rivolse a lei.
“Puttana, si torna al mio negozio. Cammina davanti a me, sola.

” Comandò. Un ordine semplice. Eppure, Serena si ritrovò con il cuore in gola… Erano due minuti di cammino, nulla più, ma ora si rendeva conto di una cosa, e se ne rendeva conto drammaticamente. Farla camminare sola, l’avrebbe esposta a tal punto da farle desiderare che lui le stesse accanto… Come con Gianni… Serena era stata umiliata davanti a lui, ma era la presenza di Marco che limitava l’agire dell’altro…
“Non è chiaro quello che devi fare?” chiese ancora Marco, spazientito.

Ubbidienza. Al di là di pensieri e tristi considerazioni. Cominciò a indirizzarsi verso il negozio, testa ben eretta e viso serio, a voler almeno simulare un contegno che, tra scollatura e capezzoli così visibili attraverso il tessuto, non poteva pretendere.
Serena avvertiva la presenza di Marco, poco più indietro, ma ancor di più, sentiva le occhiate, più prolungate ed esplicite, adesso che appariva come una donna sola. Un gruppetto di quattro ragazzi sui diciannove anni che stava incrociando lungo la via non nascose i sorrisi sguaiati mentre la fissavano… né si preoccupò di abbassare la voce per commentare… “Tettona”, l’ovvia parola fiorita sulle loro bocche…
Accusava i colpi… silenziosa, seria… guardando tutti e non guardando nessuno allo stesso tempo.

Doveva solo sbrigarsi… Mancava poco al negozio, trenta metri… venti…
“Signora?” si sentì chiamare da dietro. Lei si gelò. Non ebbe il tempo di voltarsi, visto che fu raggiunta al volo dal proprietario della voce… e dai suoi amici.
Erano i quattro ragazzini che aveva incrociato poco prima. D’istinto, cercò Marco tra la gente. Era poco lontano, braccia incrociate sul petto, che guardava nella sua direzione, fermo.
Serena non capiva. Cosa volevano? Si sentiva in ansia… aveva visto i loro sguardi poco prima, e sentito i commenti… esposta a quel modo, si sentiva vulnerabile.

Anche se i ragazzi non sembravano ora baldanzosi, ma imbarazzati… perplessi… pur passando e ripassando gli occhi sulle sue grazie.
“Sì… cosa… cosa volete?” chiese, il respiro accellerato.
“ehm…” iniziò quello che aveva davanti a sé “un signore ci ha detto di fermarla e…” continuò impacciato mentre alzò a livello sguardo un foglietto… lo stesso che aveva visto nelle mani di Marco qualche minuto prima.
Serena lo riconobbe subito. E l’ansia crebbe.

“Quindi…?” chiese rossa in volto.
“… ci ha detto di fermarla e di rivolgerle queste tre domande… lei ci deve rispondere e noi gli diremo cosa ci ha detto…” disse d’un fiato il ragazzo.
Lei non riusciva a crederci. Alzò lo sguardo verso Marco, furiosa, come pure implorante… E lui stava là, stessa posizione, in attesa, ad osservare lei e i quattro ragazzi che a semicerchio le stavano attorno. Lo sguardo di Marco sembrava trasmetterle anche il futuro prossimo, se non avesse obbedito… Lei.

E i quattro ragazzi… La rendeva quasi isterica la precisione millimetrica della pressione a cui lui la sottoponeva… Frecce sempre perfette, a colpire il bersaglio, cioè lei stessa…
Ubbidire.
O sarebbe stata offerta ai quattro, ne era certa.
Umiliarsi. Sempre e costantemente l’unica via.
Senza guardare i ragazzi attorno a sé, assumendo un’aria che sapeva di agnello sacrificale, disse un “Ditemi…” che servì a liberare la spavalderia dei quattro.
“Roba da non credere” disse uno di loro.

“Dai dai, parti, fai le domande, che sono curioso!” disse un altro.
“ok ok” esordì quello che gestiva il foglietto, sghignazzando “prima domanda: cosa indossi sotto i vestiti?”
Serena chiuse gli occhi un momento. Non era una domanda, era una sorta di pugno nello stomaco. Deviò lo sguardo verso un punto imprecisato, per non dover guardare in faccia quei mocciosi che traevano divertimento dal vederla a loro disposizione in quell’oscena versione del gioco della verità.

“Niente…” disse in un sussurro.
“Niente???” esclamarono insieme i ragazzi.
“Cazzo, questa non porta neanche le mutande!!!” esclamò uno, senza curarsi del fatto che erano in mezzo alla gente.
“Aspettate, aspettate!! C’è la seconda!! Questa è forte!!” riprese il tipo con il foglietto, mentre Serena sentiva la pelle velarsi di un sudore freddo.
“Allora, prossima domanda, quando le hanno palpato le tettone l’ultima volta?” e il ragazzo non si trattenne, ridendo alla fine della domanda, mentre gli altri tre rimanevano attentissimi, nell’ascolto e nello spogliarla con gli occhi.

Serena tremava dalla vergogna. Si disperava ancora per l’essersi messa in una situazione del genere… un ultimo sguardo a Marco… il bastardo se ne stava sempre immobile, a godersi la scena… l’avrebbe preso a calci un giorno o l’altro… l’avrebbe… no. Non doveva perdersi nei pensieri… se esitava, sarebbe accaduto di peggio…
“quindi… quindici minuti fa…” sussurrò, sextenando un’altra serie di commenti nei ragazzi.
“Che razza di puttanone…” “Beato chi ti scopa, tettona…”
Lei si mise una mano sul viso, scuotendo il capo… ancora una domanda… ancora una e sarebbe finita…
Finita? No… non sarebbe finita.

Avrebbe solo cambiato tipo di tormento, ma non sarebbe finita. Marco la voleva ridotta a schiava, spogliata di ogni dignità… poteva solo sperare di confinare quel degrado ad ambienti non pubblici…
“Terza domanda… che ha scritto qui… oh! Bella questa!!! Descrivi cosa e come devi chiedere al tuo padrone quando devi andare in bagno. ” e finita la domanda, i quattro la fissarono, frementi.
Serena scosse il capo, disperata. Guardò i ragazzi, che attendevano la risposta… ma lei si sentiva un blocco al centro dello stomaco… non riusciva più a proferire parola…
Se ne accorse anche Marco, che si avvicinò, ponendosi dietro alla schiera di ragazzi.

“Ti hanno fatto una domanda, rispondi. ” Disse all’indirizzo della donna. I quattro lo guardarono un attimo, subito però si riconcentrarono su di lei.
“io…” cominciò Serena, ma quel blocco al centro dello stomaco non se ne andava. Invece della risposta, uscì una protesta “Sei solo un pervertito!!” disse ad occhi lucidi.
I ragazzi rimasero perplessi, ma Marco sciolse subito quella tensione.
“Domani, se riuscite, ripresentatevi qui alla stessa ora… avrete altre domande che vi indicherò.

” E la piccola banda si rilassò immediatamente “Certo, io ci sono” “pure io!” disse un altro.
“Ma… oltre le domande?? Si può fare altro” chiese il quarto, baldanzoso.
Marco fissò Serena. E lei comprese l’ovvio… In lei stava l’essere lasciata completamente in balia dei ragazzini… si asciugò le piccole lacrime appena affiorate sotto gli occhi e guardò di lato, mentre rispondeva…
“Io… io devo inginocchiarmi davanti a lui… e chiedere il permesso di andare in bagno…” disse in un sussurro, lasciando stupefatti i quattro.

“Ma che troione è questo?” chiedeva uno di loro.
“Uno che mi tromberei anche subito” intervenne un altro.
“Bene ragazzi, vi ringrazio tanto per la collaborazione. Adesso noi andiamo. ” Disse, cingendo un’avvilita Serena con il braccio.
“Ma… ma domani allora, ci troviamo qui?” chiedeva quello del foglietto, evidentemente eccitato.
“Certo” rispose Marco “le domande non sono finite… a presto ragazzi…” e si voltò assieme alla donna. Sentiva il corpo di lei tremare sotto le dita, mentre la vedeva mordersi il labbro e voltarsi a controllare che i ragazzini se ne fossero effettivamente andati…
Un minuto dopo, rientravano nel negozio.

Paola stava seguendo una cliente, ma indirizzò a Marco un sorriso a piena bocca. Marco guidò la sua preda verso la stanzetta e, una volta dentro, chiuse la porta alle loro spalle.
Serena aveva bisogno di fermarsi… riposare un attimo… era sfinita in tutti i sensi e a tutti i livelli. L’ultima esperienza poi, l’aveva lasciata completamente svuotata… Umiliazioni del genere solo un giorno prima le sarebbero apparse impensabili e inaccettabili, ed invece ora passava da una all’altra in maniera continuativa.

Quella stessa stanzetta assumeva ai suoi occhi il ruolo di piccola stanza delle torture… Quando sarebbe finita la giornata? Erano appena le quattro… e si rendeva conto adesso che Marco non le aveva neanche concesso il tempo di mangiare… Era l’ultimo dei problemi, comunque. Lo stomaco le si era chiuso ore prima…
Solo che lo sfinimento le prendeva tutto il corpo…
La giornata non finiva… senza considerare la cena… cosa avevano in mente di fare a casa sua? Perché l’avevano costretta ad invitarli… ?
“Posa gli acquisti, puttana e inginocchiati.

” Ordinò Marco.
Serena posò le buste a terra, accanto alle altre portate da Paola, poi, con remissione, si inginocchiò. Stordita dall’ultima prova, non opponeva alcuna resistenza… si limitava ad apprezzare il fatto che almeno lì non c’era altro pubblico… Rimaneva solo da capire cosa Marco aveva in mente. Il sadico che dimorava in quell’uomo la teneva in un’inquietudine che non si spegneva mai.
Ora lui prese a girarle attorno, con tranquillità.

“Poche semplici cose, puttana. Hai esitato un po’ troppo oggi, e di questo se ne occuperà Paola più tardi. ”
“Ma… ma che stai dicendo” chiedeva lei stupefatta, dalla sua posizione sottomessa “mi hai… ti rendi conto di quello che mi hai costretta a fare? Mi hai esibito come… come…” singhiozzava adesso.
“Come una puttana? Come una cagna in calore? Tu sei entrambe le cose…” diceva lui, continuando a girarle attorno “Ed è bene che là fuori se ne accorgano… del resto, hai tradito tuo marito perché la tua figa ha fame…”
Gli occhi di lei si chiusero… Marco la riportava all’origine, alla sua colpa.

La sua condizione era dovuta alle sue voglie. Il senso di colpa. La annichiliva.
Marco intanto proseguiva.
“Ti ho dimostrato che di te posso fare quello che voglio, in qualsiasi momento. E, allo stesso modo, con il mio permesso, lo può fare Paola. ” Disse, notando come gli occhi di lei si spalancarono, gonfi di paura e di odio, ma notava anche come la donna rimanesse zitta, a subire il suo discorso.

“Non mi interessa se tu pensi di aver fatto abbastanza. L’abbastanza, lo decido io, e credimi che i miei standard sono molto elevati. Totale ubbidienza. Sempre. Ovunque. ” E a quelle parole si chinò a sussurrarle nell’orecchio “Oppure non esiterò a concederti a Gianni, e a chiunque ne abbia voglia…”
Parole che sortivano l’effetto voluto… Serena si irrigidiva, spaventata all’idea di essere usata da chiunque…
“Ma… e se… io posso, sì insomma, vuoi soldi? Posso pagarti se mi lasci in pace, se dimentichi tutto…” chiese sottovoce.

Lui rialzò, riprendendo a camminarle attorno.
“Soldi? Dici che mi mancano? Ricordati chi ti paga lo stipendio… a proposito, a partire da domani, controllerò io le tue spese. ”
“Cosa? Che stai dicendo?” chiese confusa Serena.
“Capirai domani. Come capirai, con le buone o con le cattive, che tu non vai in bagno se non ti do il permesso. Tu non mangi, se non te lo dico io. Tu non godi, se non hai il mio permesso.

E’ tutto chiaro?”
“Non… io sono una persona e… ahi!!!” gemette Serena, quando lui la prese per i capelli.
“Sì? Sei una persona? Vediamo subito allora. ” Disse lui. Poi fu un attimo. La costrinse ad abbassare la testa fino a terra, tenendole però il culo ben in alto. Fatto questo, le abbassò d’un colpo la gonna.
“Allarga le cosce, persona. ” Disse con tono duro.
Serena respirava affannosamente, sapeva di aver sbagliato ancora, ma non si aspettava di trovarsi nuovamente e così presto con la figa a sua disposizione.

La stimolazione al negozio di a****li era stata prolungata e, nonostante l’episodio con i ragazzini, si sentiva vulnerabile in quanto ad eccitazione.
“Ahiiaaaa!!” urlò, quando uno schiaffo le raggiunse il culo
“Cosce aperte, ho detto, persona. ” Ordinò spazientito Marco.
E lei eseguì, sentendosi bruciare il punto in cui era stata colpita. Sentiva ora una mano di lui sul collo, a tenerla giù, mentre l’altra iniziava a frugarla… e si maledisse… perché senz’altro il porco trovava fin da subito i residui della manipolazione di mezz’ora prima…
“Ma sentila, la persona, non riesci proprio a stare asciutta…” la schernì lui, infilandole tre dita dentro.

“OHHHHH!!!” Serena scrollò il culo, quasi a volersi liberare di quella mano, ma questa volta non erano i tocchi leggeri che miravano a fala impazzire lentamente. Marco stantuffava veloce, a fondo, riportandola rapidamente ad ansimare sotto i suoi colpi.
“Sme… smet… Bas..ta!!” di nuovo i lamenti, di nuovo il contrasto tra il lamentare e l’iniziare a muovere il culo in sintonia al dentro e fuori delle dita di Marco. E il colare.

Lei stringeva le palpebre, a cercare di escludere il rumore della sua figa, che agognava l’orgasmo.
“Sentila… sentila la persona come cola sulla mia mano… senti… cos’è, dignità della persona questa?” continuava lui, sempre dicendo quella parola come se stesse sputando qualcosa di disgustoso dalla bocca… e nel frattempo la vedeva sempre più al limite… eccola… ecco la bocca della sua preda che si spalancava pronta all’urlo liberatorio… e tolse le dita.
“Bastardo!!!!!! Sei un pezzo di merda!!!!” urlò Serena, scrollando il culo frustrata, tentando di divincolarsi da quella presa sul collo che la schiacciava viso a terra.

In quel mentre, aprì la porta Paola. Un’altra donna sarebbe rimasta colpita, o quantomeno perplessa dalla scena. Paola invece sorrise.
“Oh! Ha fatto la cattiva?” chiese sibillina.
Marco nel frattempo era tornato al gioco perfido dello sfiorare senza penetrare…
“Decisamente… figurati che ha detto di essere una persona…” disse fissando quel corpo che non smetteva di agitarsi e contorcersi sotto la sua morsa.
“Mamma mia… no no Sere, queste sono parole brutte, sai?” disse avvicinandosi.

“St… stronza… s-sei una S…” niente. Non riusciva a finire una frase. Marco sapientemente gestiva i suoi tocchi per spezzare ogni suo dire.
“C’è nessuno di là?” chiese lui a Paola.
“No, al momento no. ” Rispose l’altra, fissando con voglia la donna ai suoi piedi.
“Sbrighiamoci allora, presentiamogli il suo nuovo amico. Per un’ora potrai gestire tu. ” Sentenziò lui.
Il sorriso di Paola era adesso quello del serpente.

“Con piacere…” disse, recandosi ad una delle buste che lei stessa aveva portato al mattino. Prese un oggetto, poi tornò vicino a Marco.
Serena sentì la presa al collo sparire, e la voce di Paola che chiedeva “dove lo vuoi?” e Marco che rispondeva “altezza cagna. ” Non capiva, non le interessava. Disperatamente, voleva solo godere in quel momento.
La mano di lui di nuovo nei capelli, la guidava a camminare a quattro zampe verso il muro, dove attendeva anche Paola.

Era costretta a capo chino, vedeva solo i piedi dei due, e le sue mani che alternavano i movimenti in quell’umiliante passeggiata. Capiva che la punizione sarebbe stata esemplare… infatti Marco non le diede l’ordine di togliersi la camicetta, provvide lui stesso a sganciare i due bottoni e a sfilarla brutalmente.
Tre secondi dopo, ancora Marco su di lei, a metterle il collare con il guinzaglio, e consegnare un capo di esso a Paola.

Nuda. Alla catena. Una condizione appena subita, una condizione a cui era impossibile abituarsi. Non con due sadici attorno a lei. Non per una donna che fino a poco prima era stata assolutamente padrona di sé stessa. Alzò gli occhi, affranta.
E lo vide.
Era un dildo a ventosa, rosa, attaccato al muro. Di dimensioni medie, un quindici centimetri per due. Pronto per lei, a quanto pareva.
“Che… che volete farmi ancora…” chiese lei in un sussurro, costretta a guardarli dal basso verso l’alto.

“Te lo spiego subito. Quello è il tuo miglior e amico ora, e lo devi tenere sempre lucido. ” Disse Marco, portandola a girarsi con il taglio rivolto verso il dildo.
“Voi non siete normali… voi siete pazzi!!” disse al limite del pianto.
“Bah! Secondo me, Sere, tra poco la penserai in maniera diversa…” le sorrise Paola. Marco invece si chinò accanto a lei. “Lucido… ricorda… ogni volta che io controllerò, voglio vedere il tuo nuovo amico contento… e lui è contento quando è pulito pulito… lucido, appunto.


“Io… ma che ho fatto per meritarmi questo??” singhiozzò Serena.
“Nulla. Ma è meglio toglierti subito certe idee dalla testa, cara la mia persona. Mi raccomando, lucido non vuol dire godere… solo io posso dirti quando puoi venire… e per ora, non ne hai il permesso… Ma vedrai che Paola provvederà a spiegarti come funziona per benino…”
Si rialzò, e guardò Paola. “Un’ora. Sai come la voglio. Una ricompensa la riceverai stasera.

Con questo, avrai anche il bonus. ”
Paola era raggiante, ma shittava anche la sua deferenza “Sì, signore. ” Rispose. E Serena, seppur ridotta al guinzaglio, non poteva fare a meno di notare come Paola si muovesse molto liberamente, ma poi mostrava un che di sottomissione verso di lui… indubbiamente, però, al di là di Marco, Paola voleva usarla come e più di lui… e lo sguardo da fiera della foresta non poteva che confermarlo…
La temeva… temeva quegli occhi che mostravano quanto fosse pronta a farle di tutto… a maggior ragione ora che Marco stava uscendo dalla stanza, generandole ancora quella sensazione… verso il suo aguzzino… astutamente l’uomo creava in lei l’assurdo bisogno della sua presenza… lui la teneva nella gabbia… lui garantiva un’assurda sicurezza…
Marco uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

E a conferma dei suoi timori, Paola mutò il sorriso in uno sguardo duro…
“ora si comincia, gran signora…” e la prese per i capelli, facendola indietreggiare a forza, fino ad avere la figa a contatto del dildo…
Sentendolo, Serena tentò di ritrarsi, senza però nemmeno tentare di alzarsi, cosa che le sarebbe stata comunque impossibile, adesso che Paola aveva accorciato la catena. E fu con quella che la donna dette uno strattone significativo.

“uno…” disse semplicemente… e Serena andò nel panico. Umiliazione, degradazione… ma anche la vergogna di cose assurde… una donna che la schiavizzava, tenendola al guinzaglio, la richiesta di impalarsi da sola…
“due…” continuava Paola… e peggio ancora… quanto poteva andare avanti senza perdere di nuovo il controllo… era stata stimolata a più riprese… ed ora… ed ora… Paola contava… e se fosse arrivata al tre…
Piano… se si fosse mossa piano, forse avrebbe conservato la lucidità… forse…
Lentamente cominciò ad andare indietro…
“a-ah-ahhh…” sospirò quando l’oggetto iniziò a farsi strada dentro di lei.

Non faceva certo fatica ad entrare, la lubrificazione era abbondante, e lei a occhi chiusi fece entrare i primi due centimetri con estrema facilità e, doveva ammetterlo, con involontario piacere… tanto da cercare di procedere…
Ma la catena la trattenne. Paola la bloccava.
“No no no… per ora tieni pulita la punta… avanti e indietro solo con un pezzettino, gran signora…” le disse chinandosi davanti a lei, il viso a tre centimetri dalla sua faccia.

Lo sguardo di Serena era sì carico d’odio, ma si stemperò subito in una smorfia di piacere, quando cominciò ad eseguire quanto le era stato ordinato… Avanti… lentissima… indietro di pochissimo, a prenderne solo la punta… piano… piano… poi ancora… e ancora…
Sentiva la figa pulsare. Si odiava per questo. Lei stessa diveniva una volta di più l’avversario più terribile… guardava Paola, pronta a dirle ciò che pensava di lei, ma le parole venivano affogate dal piacere, dalla voglia… per tre volte aveva tentato di impalarsi di più, ma la donna che teneva il guinzaglio l’aveva sempre bloccata…
“Allora, gran signora, ti piace il tuo nuovo amico?” chiese divertita Paola.

Serena stringeva le labbra, mentre proseguiva l’oscena masturbazione. Non voleva darle la soddisfazione di sentirla rantolare.
“Uh, gran signora, siamo silenziose… vabbè, pazienteremo, vedrai che poi mi parlerai…” e detto questo, si posizionò al suo fianco, tirando la catena, in modo che il corpo di Serena fosse costretto ad inghiottire due centimetri in più di quel cazzo finto.
“Ahhh… n-non…” niente, non riusciva a dire niente. Però riusciva ad aumentare il ritmo… o meglio, non poteva farne a meno… le labbra si dischiusero… gemiti sommessi iniziarono a susseguirsi… la catena le imponeva di prenderne ben meno di quello che desiderava… e non si accorgeva che la lucidità che avrebbe voluto mantenere, se n’era già andata…
Avanti, indietro.

Avanti indietro. Veloce, veloce. Piccole gocce precipitavano dalla sua figa verso le piastrelle… voglia… tanta… da soddisfare… subito…
Un tirare della catena, continuo ed inesorabile, che le faceva perdere piano piano il contatto con il dildo. E Serena che puntava mani e ginocchia per resistere a quel tirare. Aveva bisogno… tanto…
Uno strappo deciso, e la sua figa fu vuota.
Uno sguardo furioso verso Paola, che contraccambiò con un sorriso sadico e tornò a chinarsi davanti a lei.

“Questo era solo l’assaggino, gran signora…” le sussurrò piano.
Non fu l’odio, ma la frustrazione a portarla a sbagliare.
“Fottiti, stronza!” sibilò Serena.
Paola si erse in tutta la sua altezza, l’espressione da predatrice in viso.
“Tra un’ora, ti garantisco che striscerai ai miei piedi. ” Disse secca.
Poi si mise dietro di lei, guinzaglio in mano, le riposizionò il dildo sul taglio, e con un gesto secco, la tirò indietro, facendo sparire tutta l’asta di gomma dentro il ventre di lei.

“ODDDDDDDDDDDIIIOOOOO!!!”
L’urlo di agonia dovuta al piacere, riempì la stanzetta.

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