Caterina

Avevo conosciuto Caterina un’estate di un paio di anni fa quando accettai un impiego come animatore in un centro estivo. Era ed è ancora una bellissima ragazza bielorussa di vent’anni (all’epoca dei fatti ne aveva compiuti da poco 18), anch’ella impiegata come animatrice, con un corpo che lasciava senza fiato a guardarlo. I suoi lineamenti facevano venire in mente una principessa greca, con quella pelle bianca e liscia che mandava un profumo dolcissimo, e i lunghi capelli biondi le ricadevano dolcemente sulle spalle, sfiorandole i seni delicatissimi e sensuali che accennavano appena due protuberanze sinuose; il suo sorriso le illuminava un viso di fanciulla che non accennava a tradire l’innocenza di un’età in cui ancora la leggerezza e la spontaneità riflettevano quel suo modo vagamente frivolo di affrontare la vita.

Quell’anno ero l’unico animatore maschio in mezzo a tante ragazze e lei aveva stretto con me un legame particolarmente affettivo. Non mancava mai di rivolgermi le sue attenzioni e lo stesso facevo io nei suoi riguardi. Quando eravamo vicini, entrambi ci sentivamo meglio, come se sentissimo il bisogno di cercarci in ogni momento. Ragazza affettuosa e dolce, non riusciva a ottenere un livello adeguato di attenzione dalle sue colleghe, forse un po’ invidiose della sua bellezza, ed allora, ogni volta che se ne presentava l’occasione, Caterina approfittava di me e della mia debolezza nei suoi confronti, costringendomi dolcemente a focalizzare tutta la mia attenzione su di lei.

Ero affascinato dalla sua giovinezza, ma ancor più dalla sua bellezza candida. La differenza d’età mi frenava un po’, io già oltre i trent’anni e lei appena maggiorenne e ancora ben al di qua di quel limite oltre il quale ci si può definire adulti. Il suo candore rifletteva una giovinezza fresca e acerba, i suoi modi erano ancora quelli di una fanciulla che prendeva la vita come un gioco. Tutto in lei era vita, candore e dolcezza.

Tuttavia, non riuscivo a togliermela dalla testa; e la cosa mi turbava un po’. I suoi 18 anni contrastavano così dannatamente con i miei 32. Il suo scherzare con me, che da sempre mi aveva provocato sprazzi di illegittima felicità, mi turbava. Quando lei mi guardava, leggevo nei suoi occhi una strana luce. Caterina pareva attratta da me, il suo sorriso, il suo umore, quando era in mia presenza, cambiavano e mi stava sempre intorno.

Se io mi spostavo lei mi seguiva a ruota, se la incrociavo salendo le scale mi si parava davanti, pretendendo con un sorriso malizioso un bacino di attenzione. Un giorno la sorpresi a disegnare uno di quei cuoricini che fanno i ragazzi, con tanto di iniziali… le nostre iniziali. Caterina era invaghita di me e io di lei, anzi,

per la verità, io ero pazzo di lei. Non ci volle molto prima che gli eventi degenerassero.

Durante quelle lunghe e assolate settimane, un bel giorno, all’ora di chiusura, rimanemmo gli ultimi ad uscire dal centro. Era brutto tempo e pioveva. Così decisi di aspettare che la pioggia cessasse prima di rincasare perché ero in bicicletta e rischiavo di bagnarmi. Mi accomodai all’interno di una delle tante aule del centro, dove i ragazzi svolgono le loro attività ludico-ricreative, ingannando il tempo davanti al computer. Caterina rimase a farmi compagnia. Non era la prima volta che io e lei ci trovavamo insieme da soli, ma quella volta c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi.

Sembrava quasi felice di trovarsi lì con me: io e lei, soli. Continuava a sorridere e a guardarmi in silenzio ed improvvisamente una sensazione di calore, inaspettatamente, si impadronì di me. Caterina risplendeva più attraente del solito. Improvvisamente percepii in lei una femminilità tutt’altro che fanciullesca. Indossava dei pantaloncini corti di jeans e una maglietta bianca leggerissima che faticava a celare le protuberanze dei giovani seni, quelle piccole mele che chiedevano solo di essere colte e mordicchiate.

Era un tipico abbigliamento sportivo molto aderente, che le metteva bene in evidenza anche i fianchi e i glutei.
Stavamo seduti l’uno accanto all’altra, navigando un po’ in internet, quando ad un tratto Caterina mi colse di sorpresa con una domanda: «Allora che si fa?», mi chiese con quella ingenuità mista a frivolezza che sono naturali in una giovane fanciulla. La domanda, così banale, giunse a me inaspettata e, come dicevo, mi colse di sorpresa.

Nel percepire un po’ di imbarazzato rossore sulle mie guance, Caterina si sedette sulle mie gambe con la scusa di prendere possesso del computer.
«Devo vedere una cosa al computer», mi disse con fare poco convincente. La sua voce e il suo accento dell’est risuonavano ancora più sensuali del solito. Ora che mi si era seduta in grembo, la mia attenzione non riusciva a distogliersi da quel corpo leggero e sinuoso appoggiato sul mio.

Mentre lei armeggiava con la tastiera, le mie mani si posarono d’istinto sui suoi fianchi. Restai fermo qualche secondo, aspettandomi una reazione di difesa da parte sua, ma questa non ci fu e allora come azionate da un meccanismo automatico, le mie mani si spostarono e dai suoi fianchi ridiscesero soffermandosi sull’orlo dei pantaloncini di jeans. Le mie dita cominciarono a giochicchiare con l’orlo dei pantaloncini, penetrando leggermente al suo interno. Oramai avevo capito che Caterina non avrebbe più reagito e che potevo continuare la mia esplorazione indisturbato.

Ero in trance, non rispondevo più delle mie azioni. Le mie mani risalirono e cominciarono a massaggiarle il vitino stretto e ad accarezzarle delicatamente il pancino, appena sotto la t-shirt corta. La mia audacia aumentava coll’aumentare del suo respiro che si faceva sempre più intenso. Allora, lentamente ritornai a giocare con l’orlo degli shorts di jeans e insinuai le dita al loro interno, in direzione dell’inguine. La loro corsa fu improvvisamente interrotta dall’orlo delle mutandine.

Il movimento automatico ed istintivo si arrestò nuovamente, preso dalla sensazione di star esagerando. Ma la reazione di Caterina ancora non arrivava. Le mani allora proseguirono, per ritornare sulle mutandine, restandone rispettosamente all’esterno. Mi accontentavo per ora di scorrervi sopra. Caterina portava ancora le mutandine di cotone da ragazzina. La mano destra aveva oramai raggiunto il pube, soffermandosi decisa. Nonostante fossero di cotone, le mutandine di Caterina erano alquanto fini ed attraverso di esse sentivo chiaramente il ciuffetto di peli che le adornava il pube.

La mano sinistra aveva intanto raggiunto l’altra ed entrambe ora sostavano in quella zona critica. Tenendomi sempre al di sopra delle mutandine, avevo percepito che le gambe di Caterina tendevano ad aprirsi e che il suo respiro stava accelerando. Iniziai a scorrere delicatamente e sapientemente il dito medio destro su e giù la fessura che sentivo calda e morbida, mentre con la mano sinistra risalii per spostarle i capelli e per baciarla sul collo.

I suoi movimenti assecondavano il mio massaggio e sembravano facilitare la mia opera. Il suo volto tradiva un’eccitazione intensa. Si era instaurata ancora una volta quell’intesa mentale che era così tipica tra noi due e che più di una volta aveva suscitato i commenti scherzosi, e forse un po’ invidiosi, degli altri. E così, improvvisamente, caddero le ultime barriere inibitorie e la tensione che avevo avuto fino allora mi abbandonò. Le mie mani intrapresero così una routine esplorativa più fluida, che su di una donna meno giovane sarebbe stata normale, ma su quel corpo così giovane acquisiva un’intensità maggiore.

Mentre continuavo a massaggiarla nell’intimo, lasciai che l’altra mano scivolasse sotto la t-shirt dirigendola delicatamente verso il seno, inaspettatamente privo di reggiseno. Raccolsi quelle piccole mele e iniziai a giocare con le dita attorno al capezzolo turgido. Caterina sembrò quasi svenire, i suoi occhi le si chiusero e la testa ricadde all’indietro, appoggiandosi sulla mia faccia. I suoi capelli erano soffici e profumati di balsamo. Il suo ansimare aumentò, mentre gli occhi si mantenevano socchiusi e le labbra le si schiusero, lasciando uscire la lingua.

Ci baciammo intensamente in quella posizione. Le nostre lingue danzavano accarezzandosi come due fiammelle mosse dal vento. Il suo aspetto divenne di un erotismo maturo. Il suo respiro continuava profondo e si fece rumoroso.
Mentre la mano destra insisteva sul centro della fessura ormai umida, la sinistra continuava a sostare sul seno acerbo, straziandone il capezzolo. Caterina vibrava in estasi. Questo gioco continuò per alcuni minuti, fino a quando lei ebbe il primo orgasmo.

Decisi allora di muovermi oltre.
Entrambe le mani guadagnarono sincrone i seni, stringendoli forte. Lei reagì afferrandomi la testa fra le mani e accarezzandomi i capelli dietro la nuca. Ridiscesi quasi subito verso il bordo dei pantaloncini di lei, rivolgendo ora l’attenzione alla chiusura lampo. Questa lentamente cedette per permettere l’apertura dell’ indumento. Lei fece leva sui talloni e inarcando la schiena, sollevò il bacino per permettermi di sfilarle via l’indumento. Pancia e gambe restarono così nudi.

Caterina si riprese per un attimo e dirigendo le mani verso i fianchi si sfilò via le mutandine, adagiandosi poi seminuda su di me, a cavalcioni, non più dandomi le spalle, ma offrendomi il suo viso in tutta la sua bellezza. Il suo sesso ora poggiava direttamente sulle mie gambe. Non mi ci volle molto sforzo per sollevare la ragazza e sdraiarla sul tavolo. Ora giaceva inerme a pancia all’aria con gli occhi chiusi.

Il cespuglio di peli biondissimi, che le adornavano il pube, ora era ben visibile. Erano del colore biondo dei suoi capelli e coronavano una pancia perfetta, evidenziata da fianchi meravigliosi. Le sue cosce avevano una forma sensuale e l’ombelico le adornava l’addome, rendendolo ancora più femminile. Caterina accennò ad aprire gli occhi, ma la sua espressione era imbarazzata. Aprì le cosce lentamente, come per offrirmi la vista della sua preziosa intimità. Mi soffermai estasiato alla vista di quel sesso così giovane.

Il sesso di Caterina era di colore rosa, ad eccezione delle labbra, che apparivano serrate e di colore leggermente più scuro. Il clitoride appariva gonfio e si intravedeva appena il bagnato dell’eccitazione. Preso ancora dall’automatismo che si era impadronito di me, reagii a quella vista avventandomi con la faccia tra le cosce della ragazza. Iniziai a baciarle l’interno coscia accarezzandola delicatamente con la lingua per risalire, piano piano, centimetro dopo centimetro, fino all’inguine, soffermandomi in questa zona per qualche secondo.

A quel punto sentii le sue mani che dolcemente mi spingevano in direzione della sua fessura calda e bagnata, la sua schiena si inarcò leggermente per offrirmi meglio il godimento del suo frutto.
Lasciai scorrere libera la lingua e iniziai così ad esplorarla nella più intima delle sue fessure. Era la prima volta che assaggiavo un sesso così acerbo. Il clitoride era rigonfio, i fluidi quasi insapori e densi. Quell’inaspettata assenza di sapori e odori mi colpì.

Doveva essere la giovane età. Con le dita le allargai le labbra, delicatamente, quasi fosse una vergine. Il sesso di Caterina aveva davvero un aspetto inviolato! Alla fine con meticolosità scostai con le dita le labbra e vi poggiai sopra la punta della lingua per assaggiarle. Lei intanto si lasciava fare tutto, restando ansimante languidamente distesa sul tavolo. Volevo darle di più. Con le sue cosce spalancate sulla mia faccia, posizionai accuratamente i pollici ai lati del clitoride e lo esposi completamente.

Posi allora le mie labbra e la lingua su di esso e cominciai a gustarlo avidamente. Caterina era in preda agli spasmi. Il movimento contemporaneo di lingua e labbra sul clitoride stava sortendo l’effetto sperato. La lingua roteava delicata e veloce intorno al clitoride, ballando una danza erotica dall’effetto devastante. Il secondo orgasmo di Caterina fu più violento del primo e scoppiò dopo poco più di un minuto. Un minuto lunghissimo, fatto di contorcimenti, spasmi e urla trattenute in gola.

Finalmente inerme ed appagata, si abbatté sul tavolo con le cosce serrate. Eravamo entrambi in trance, lei impotente a muoversi, io cosciente di aver realizzato il mio sogno proibito. Ci adagiammo, solo per un attimo, l’uno accanto all’altra. La baciai profondamente facendole sentire il suo sapore attraverso le mie labbra.
Caterina mi abbracciò, serrando le sue gambe nude attorno ai miei fianchi. Sentivo le sue mani che mi accarezzavano il petto sotto la maglietta per poi ridiscendere verso il basso e insinuarsi all’interno dei miei pantaloni.

Le sue manine delicate mi accarezzavano il fallo sopra gli slip. Le nostre lingue continuavano a cercarsi, avidamente ed io le accarezzavo i capelli setosi. Sentii la lampo dei pantaloni aprirsi ed una mano insinuarsi all’interno degli slip. Neanche il tempo di accorgermene e sentii le sue mani massaggiarmi i testicoli. Caterina scivolò in basso e iniziò a far scivolare le sue labbra attorno al glande arrossato. Di tanto in tanto scendeva con la lingua giù per il sesso fino ai testicoli.

Le sue labbra risalivano continuamente da questi al glande, su e giù, un moto perpetuo di piacere.
Ad un tratto alzò il suo sguardo verso di me e i suoi occhi innocenti sembravano chiedermi: «prendimi!». Mi alzai, la presi per i fianchi e la adagiai supina sul tavolo, non prima di averle sfilato anche la t-shirt, che ancora indossava, per scoprirle il seno e appagare la mia vista. Appoggiai così il mio glande arrossato sulle sue labbra e lo sentii scivolare lentamente all’interno della calda fessura.

La sentivo felice, capivo il suo sentirsi protetta mentre la penetravo, i nostri corpi erano nati per appagarci reciprocamente. Mi cingeva forte la vita e restavo bloccato in lei, mi avvinghiava e io mi sentivo bene. I suoi gemiti erano musica, lamenti di passione, delicati gridolini di piacere. I suoi seni ballonzolavano ritmicamente al ritmo delle mie spinte. Supina sul tavolo mi accoglieva nella sua intimità, si donava alle mie carezze. Spesso inarcava la schiena per offrire il suo peto alle mie carezze e ai miei avidi baci.

Il suo piacere era il mio, la sua gioia la mia. Mi chiese di poter avere tutta la mia intimità fin nel profondo, di darle tutto quello che potevo darle. «Voglio conoscere il tuo sapore», mi disse; e così, venni su di lei. Un fiotto di sperma caldo e denso schizzò dal mio fallo e le irroro le labbra ricadendo in parte sui seni. Caterina lasciò ricadere la testa all’ indietro e si adagiò esausta al tavolo.

Allargò le braccia e si offrì alle mie carezze. Io caddi al suo fianco e la abbracciai. Passai il resto del tempo ad accarezzarle il seno e a baciarlo….

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