Saga familiare 3

Il “vecchio”, come aveva detto l’infermiere, non impiegò molto, a recuperare del tutto le sue energie e le funzioni delle braccia; appena cominciò a essere attivo, naturalmente, prese anche a tampinarmi discretamente, lasciando spesso scorrere lo sguardo sul mio corpo, ostentatamente, davanti a figlio e nipote: addirittura, in qualche caso, faceva aperte e grossolane considerazioni a “tanto ben di dio inutilizzato” riferendosi soprattutto al mio culo. Per fortuna, certi accenni valevano solo per me e per lui, mentre agli altri apparivano frasi incomprensibili, da “vecchio”.

D’altra parte, però, il ricordo di quel cazzo tra le mani e in bocca era troppo vivo ed eccitante: molte volte, quando Antonio mi scopava “istituzionalmente” e rapidamente, mi trovavo a fantasticare su quello che il
“vecchio” avrebbe potuto fare al suo posto: “in fondo, il padre al posto del figlio non è poi così grave” pensavo tra me, quasi a giustificarmi; poi mi assaliva una certa angoscia all’idea dell’i****to che si faceva normalità.

Ma, di fatto, avevo una gran voglia di un cazzo che mi facesse sballare dal piacere; e molto spesso mi ritrovavo con la mano fra le cosce, a spararmi violentissimi ditalini all’idea di quello che avrei provato sotto al “vecchio” Luca; quasi sempre sborravo con una violenza che mi spossava.
Non cercavo, comunque, di creare occasioni per stuzzicarlo: preferivo tenermi in disparte e aspettare gli eventi, respingendo anche la vocina che mi suggeriva che “ogni lasciata è persa” e che, in fondo, non sottraevo niente a nessuno ma mi concedevo qualcosa che mi dava piacere.

Per un po’ cercai di evitare di andare nella sua stanza, ben sapendo che non avrebbe cercato di tentarmi nel resto della casa, in ambienti aperti a tutti.
Ma, inevitabilmente, dovevo provvedere a piccole incombenze che andavano dal rassettare il letto al fare piccole pulizie; ed ogni volta che entravo nella sua camera ero divisa tra il timore e il desiderio che facesse un gesto o una proposta per fare sesso con lui.

Ma forse anche lui era abbastanza preoccupato di non essere sorpreso dal figlio o dal nipote; e si tenne bene sulle sue, finchè i ritmi della casa prevedevano che qualcuno ci fosse, quando io scendevo da lui.
Ma venne il giorno in cui Antonio e Davide dovettero andare fuori città con la previsione di restare assenti per tutto il giorno: lo sguardo del “vecchio” – quando fu dato l’annuncio – era di quelli che dicevano tutto ed io non seppi se dare retta al timore che aleggiava da qualche parte nella mente o agli umori che mi si accalcavano nel ventre pregustando il piacere.

Uscirono presto, padre e figlio; ed io scesi con la mia corta vestaglietta nella camera di Luca, che Adv
trovai ancora addormentato: senza esitazioni, mi infilai nel letto al suo fianco e mi strinsi contro di lui.
Si svegliò senza sorprendersi e, girandosi su un fianco, mi abbracciò con forza, mi baciò sulla bocca e cominciò a macinare la lingua nella cavità orale: mi mordeva e succhiava le labbra, faceva entrare la sua lingua puntuta fin in fondo alla gola, mi succhiava la lingua come se la spompinasse; risposi con la stessa foga, mentre le mie mani correvano ad afferrare il cazzo che era già un bastone duro come il marmo.

Ruotò i nostri corpi fino a mettermi supina sotto di lui e cominciò a leccarmi e baciarmi dagli occhi alle guance alla gola; scese lentamente giù verso la gola e scoprì una tetta di cui si impossessò con ambedue le mani per stringerla e sollevare il capezzolo che afferrò nella bocca e cominciò a succhiare con la passione di un neonato affamato; il suo cazzo duro mi era scivolato tra le cosce e premeva contro la vulva che si apriva a riceverlo, anche se la vestaglia ancora ricopriva il pube.

Con un gesto deciso, fece scivolare l’indumento dalla testa e si mise in ginocchio fra le mie cosce, quasi ad ammirare insieme tutto il mio corpo; allungai una mano verso il cazzo che si rizzava prepotente e cominciai a menarglielo lentamente.
Si abbassò su di me e riprese in bocca il capezzolo, mentre la sua mano si infilava tra le mie cosce e cercava la vulva col dito medio; si fece strada fra i peli, raggiunse le piccole labbra e le aprì leggermente, quanto bastava a far entrare il dito fino al clitoride: mentre succhiava con passione prima l’uno poi l’altro capezzolo, cominciò a titillarmi la figa con gesti sapienti che mi s**tenavano brividi elettrici in tutto il corpi.

Cominciai ad avere i primi piccoli orgasmi che lui riceveva nella mano aperta sul pube attraverso il dito piantato in figa.
Scese dalle tette verso il ventre e lo inondò letteralmente di saliva, tanta passione ci metteva a leccarmi; finchè arrivò al pube, estrasse il dito e fece entrare la lingua: al primo contatto, ebbi un brivido così violento che , involontariamente quasi, sborrai una prima volta; succhiò tutto con passione e accentuò la pressione della lingua sulle piccole labbra e sul clitoride.

Io cercai ancora il suo cazzo e lo presi in mano; ma ormai non reggevo più alla voglia.
“Mettimelo dentro” lo pregai; si sistemò su di me, appoggiò la cappella alla vulva e diede un piccolo colpo: sentii il ventre che letteralmente si apriva, insieme alle piccole labbra, per far entrare quella mazza meravigliosa che cominciò a percorrere i tessuti della vagina in alcuni punti quasi intatti perché mai un cazzo così grosso era entrato a stimolarli.

Entrò quasi delicatamente, cosciente della difficoltà che potevo avere a ricevere un’asta grossa e lunga, che andava a picchiare sul collo dell’utero; quando fu completamente dentro, si abbattè quasi su di me, per godere fino in fondo il piacere della penetrazione; restò così un lungo tempo, lasciando solo pulsare il cazzo nella vagina; io, invece, cominciai a muovere i muscoli interni,per accarezzare e stimolare quel fornitore di piacere; poi cominciai a ruotare leggermente il pube strusciandolo contro il suo e provocando ad entrambi guizzi di piacere.

Poi Luca cominciò a chiavarmi: la sua asta entrava ed usciva dalla vagina quasi ritmicamente; ed ogni movimento era fonte di scosse, brividi e sensazioni di piacere che, dalla figa, mi andavano a bruciare il cervello; sentivo gli orgasmi inseguirsi l’uno con l’altro e portare il piacere verso l’apice: mugolavo senza interruzione; allargai oscenamente le cosce e portai i piedi sulla sua schiena, sicchè rimase completamente spalancata e il cazzo entrò fino alla radice: volevo quasi che anche le palle mi invadessero la vulva.

Per caso, incontrai nello specchio la scena e rimasi quasi imbarazzata a vedermi strettamente attanagliata al suo corpo, con le gambe sollevate e spalancate mentre il nerboruto “vecchio” picchiava con metodo contro il mio bacino.
Gli orgasmi montavano a mano a mano che Luca imprimeva più forza e più lentezza ai suoi colpi; poi la sua mano si insinuò fra di noi e andò a raggiungere il clitoride; prese a tormentarlo con sapienza ed io sentire le viscere squassarsi.

L’urlo che echeggiò nella stanza non aveva niente di umano: era qualcosa di ferino, di pagano, un grido di conquista o di liberazione; quasi non riuscivo a credere che fossi io stessa a urlare tanto, dalla figa piuttosto che dalla gola o dalla testa; esplosi in un orgasmo violento, irrefrenabile: e glielo scaricai tutto sulla mano e sul cazzo.
Luca non interruppe il suo movimento di va e vieni dalla mia figa; anzi, sembrò galvanizzato dalla mia esplosione e continuò a chiavarmi con dolce decisione, insistette a masturbarmi sul clitoride provocandomi successivi orgasmi accompagnati da urli; ad un certo punto, un suo dito scivolò verso l’ano e, per la prima volta nella mia esperienza, mi sentii penetrata analmente: non provai il fastidio che temevo, anzi la stimolazione accentuò il piacere e mi mossi per far penetrare il dito più a fondo; Luca aggiunse un altro dito e cominciò a premere sullo sfintere per dilatarlo.

Il piacere tornò a invadermi prepotente e i miei urli diventarono continui e sempre più alto: cominciai ad esplodere in una serie di orgasmo che mi lasciarono senza forse, appannata; sentivo il cuore battere all’impazzata e persi quasi i sensi.
“per favore, smettila” implorai “non ce la faccio più”; rallentò il ritmo fino a fermarsi ma non accennò a ritirare né il cazzo dalla figa né le dita dal culo e, per qualche tempo, rimanemmo fermi a far scarica l’orgasmo.

Quando mi sentì abbastanza rilassata, spostò la mano direttamente sull’ano e cominciò a premere con tre o quattro dita (ormai non capivo neppure dove fossi) provocando una dilatazione sempre più consenziente del mio forellino: avvertii un po’ di fastidio ed ebbi un gemito.
Luca riprese allora a pompare nella figa, sempre lentamente, sempre con metodo facendo scivolare l’asta fino a lasciar dentro solo la cappella e ripiombando poi con forza sul pube: la conseguenza erano fitte di piacere ed orgasmi che ormai non contavo più.

“Ti prego, vieni” gli chiesi; “Posso venirti dentro?” “Si, no c’è problema”
Cominciò a spingere con forza, quasi selvaggiamente, e riportò la mano sul clitoride stimolandolo don violenza e sapienza.
Avvertii il suo orgasmo che si avvicinava e il mio che montava dalle viscere.
Esplodemmo insieme come un vulcano; e urlammo tutti e due, con quanto fiato avevamo in gola.
Poi lui si accasciò su di me ansante e dovetti faticare un poco per spostarlo di lato e rilassarmi.

Non so quanto tempo stemmo fermi a riprendere fiato.

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