In treno per Firenze
rilasciato 20.11.2012 in categoria sesso raccontoQuesta non è una fantasia. E’ la prima avventura che ho vissuto, ancora ragazzino. Ero a Foligno, alla stazione ferroviaria, avevo 18 anni appena compiuti. Tornavo a casa dopo una vacanza lavoro, ma prima avevo deciso di fare una gita a Firenze. Erano circa le otto di sera. Mancava un’ora al treno, avevo cenato in un locale cinese, e ora ero in sala d’attesa. D’un tratto ebbi necessità di andare alla toilette. C’erano tutti i servizi a muro liberi.
Mi apprestai a orinare. Dopo nemmeno dieci secondi, in quello accanto al mio prese posto un ferroviere, un tipo panciuto sui quarantacinque anni, e per me fu un problema, perché se non sono solo orino con difficoltà. Mi accorsi che lui non pisciava, ma cercava di gettare un occhio verso di me… io ero intimidito, ma anche un po’ eccitato: avevo già conosciuto il desiderio di due uomini più grandi di me, desiderio che avevano appagato con sbrigativi atti orali.
Azzardai a guardarlo di sottecchi, e quasi incidentalmente i nostri sguardi si incontrarono. In un sussurro lui mi disse: “Dove vai ragazzo?”. “A Firenze” risposi subito di rimando. Lui sembrò riflettere un attimo, poi mi disse: “Faccio servizio su un treno che arriva a Campo di Marte… se vuoi ti ci porto io. ” Vidi che si teneva il pene in mano, e si sporgeva quel tanto che bastava per permettermi di guardarlo. “Sì… va bene… ma dove..?” chiesi io.
“Ci sono degli scompartimenti letto vuoti… vieni?”. Mi chiusi la lampo… inutile provare a orinare in quelle condizioni… l’avrei fatta in treno. “Va bene… andiamo…” risposi in preda ad una eccitazione folle. Camminando due passi avanti a me mi condusse al treno attraversando direttamente i binari; taceva, sudava… ogni tanto si voltava a squadrarmi, serio in viso… sentivo il suo sguardo su di me, ed era come se mi denudasse con gli occhi… quello sguardo mi diceva che stavolta non mi sarei limitato a del sesso orale sbrigativo come era successo la prima volta al cinema e successivamente su una spiaggia deserta di febbraio.
Mi fece salire sull’ultima carrozza. Quasi spingendomi per lo stretto corridoio del vagone mi fece entrare in uno scompartimento dicendo: “Svelto… non ti devono vedere. ” Entrai, e lui, prima di chiudere la porticina, mi disse: “Il treno parte tra quaranta minuti… aspettami qui senza far rumore, dopo che ho fatto il giro dei biglietti vengo. ” “va bene…” risposi, ma lui aveva già chiuso a chiave la porta. Avevo un po’ paura… nessuno sapeva che ero su quel treno… ma ormai era fatta, e il brivido aggiungeva pepe alla faccenda.
Allora pensai al modo migliore per accoglierlo… volevo essere seducente, dedicarmi a quello sconosciuto con tutto me stesso… è sempre stata la mia indole, con gli uomini mi piace essere passivo. Guardandomi nello specchio mi accorsi che avevo la barba di due giorni… e mi affrettai a radermi, facendo in modo che le mie guance fossero il più lisce possibile. Poi decisi che mi avrebbe trovato già nudo: mi spogliai, appesi ordinatamente i miei vestiti a due grucce, oscurai la finestra dello scompartimento, spensi la luce e mi infilai a letto, sotto le lenzuola.
Al buio, fantasticavo su quello che avrebbe potuto succedere… quasi certamente, per la prima volta in vita mia, sarei stato sodomizzato… la cosa mi spaventava, ma avevo una voglia matta di provare quell’esperienza! Non mi resi conto di prendere sonno… solo quando il treno iniziò a muoversi mi ridestai di soprassalto, rendendomi conto del movimento. Da lì a poco lui sarebbe arrivato. Lui… non ci eravamo nemmeno detti i nomi… Minuti che parvero anni… poi dei passi nel corridoio, passi che si avvicinavano… trattenni il respiro… il chiavistello della porta s**ttò e qualcuno entrò: riconoscevo la sagoma, era lui! Chiuse la porta di nuovo a chiave, e solo dopo accese la luce, abbagliandomi.
E si fermò alcuni istanti in silenzio davanti a me… io feci volare via le lenzuola, mostrandomi a lui tutto nudo, il pene durissimo dall’eccitazione. Non disse una parola… si spogliò velocemente, senza togliermi gli occhi di dosso. Il ventre prominente gli conferiva un aspetto laido, ma non me ne curavo… adesso volevo soltanto fare sesso con quello sconosciuto. Lui si sedette sulla sponda del letto, prendendomi il pene in mano e dicendo: “Prima godi tu…” e iniziò a masturbarmi.
Subito una fortissima fitta di dolore si diffuse dal mio pene a tutto il corpo… già, perché allora avevo ancora la fimosi, e il glande non si scopriva del tutto se non a mezzo di trazioni dolorosissime. Lui non se ne era reso conto, per cui al mio grido si fermò subito… “Scusa…” mi disse. “Non ti preoccupare…” gli risposi, “so che non l’hai fatto apposta. ” Lui prese ad accarezzarmi dicendo: “Sei carino… così magro…”.
Il cuore mi batteva in gola all’impazzata. Gli dissi in un sussurro:” Voglio farti godere…” e abbracciandolo lo baciai a lungo sulla bocca; poi scesi lungo il collo, sul torace a leccare i capezzoli… lo sguardo mi cadde sul suo pene semierettto, e non seppi res****re: scesi giù con la bocca, accogliendolo tra le labbra e facendolo scivolare sino in gola. La mia testa si muoveva ritmicamente ed ora era lui che, sdraiato, si godeva le mie attenzioni.
Mi teneva una mano sulla testa, accarezzandomi dolcemente. Poi d’un tratto mi sollevò bruscamente dicendo: “No… non adesso… non così…”. Riprendemmo a baciarci, lui percorreva il mio corpo nudo con entrambe le mani; eravamo mollemente sdraiati sul letto, io accanto e un po’ sopra di lui, e le sue carezze, i baci della sua bocca morbida e umida mi davano una dolcezza infinita… “Non vuoi godere?” mi chiese. “No…” risposi con trasporto, “godi tu… godi tu di me…!”.
Non rispose. Ma si alzò, e con mani sapienti mi adagiò sul letto nella posizione che gli avrebbe agevolato la penetrazione. Capii… ero spaventato, ma anche risoluto a non tirarmi indietro. Era dietro di me… inginocchiato sul letto… sentii che con le mani mi divaricava le natiche, delicatamente ma con decisione. Poi ci sputò a lungo in mezzo, massaggiando con due dita l’orlo dell’ano. E poi mi accorsi che vi aveva appoggiato la punta del pene.
“Posso..?” mi chiese. “Certo… dai!” risposi. Lui tentò un affondo debole, per saggiare la consistenza dei miei tessuti, e si fermò subito, sentendo che mi irrigidivo. “Sei sicuro? E’ molto stretto…” disse. “Sì dai… lo voglio tantissimo!” gli dissi, aggiungendo, in un parossismo di eccitazione: “Sono vergine…spaccami il culo!” “E allora rilassati ragazzo, perché adesso ti faccio male”. Trassi un profondo respiro e mi apprestai a ricevere il colpo… Mi afferrò saldamente per i fianchi, sentivo le sue unghie far presa nella mia pelle… ed entrò con un unico movimento dei lombi.
Non ho più provato un dolore simile… mi pareva dovessero squartarmi a metà! Ma non potevo gridare… lo avrei messo nei guai. Così affondai il viso nel cuscino gemendo e mordendo le lenzuola. Lui si rese conto che non avrei potuto reggere a lungo, e così, gentilmente, dopo pochi colpi estrasse il pene: “ti fa troppo male, non posso…” disse. Io mi rilassai, il dolore cessò all’istante. Mi rigirò a pancia in su e sorridendo mi chiese: “Va meglio ragazzo?” “Sì certo… grazie…” “Non c’è di che.
” Rideva, e si masturbava furiosamente. Il sudore gli imperlava la fronte e cadeva a gocce su di me, che gli stavo sotto. Sempre ridendo mi disse: “Però adesso ti voglio sborrare in bocca!” “Vieni amore mio…” risposi, “nella mia bocca puoi fare tutto quello che vuoi!”. Gli schizzi di sperma arrivarono subito, abbondanti, liquidi e caldi. Eiaculò nella mia bocca, spruzzandovi dentro gran parte del suo seme, ma altro mi finì sul volto, sulle labbra, tra i capelli.
E a ruota venni anche io, con pochi colpi di mano, mentre ancora dal suo glande colavano le ultime gocce che io raccoglievo con la lingua. E come moltissimi uomini dopo di lui, appena avuto piacere si rivestì in fretta dicendomi: “Siamo a Firenze tra tre ore e mezzo circa… puoi riposare qui se vuoi…”. “Sì, grazie… mi rilasso un po’” risposi. Lui uscì senza salutarmi. Io mi misi sotto le lenzuola, senza nemmeno pulirmi del suo sperma: volevo addormentarmi con quell’odore addosso, conservare il più possibile i ricordi tangibili di quell’incontro.
Quando scesi dal treno, a Firenze, non lo vidi.
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