Confessioni di donne – Krissy e le sue disavventur

Mi chiamo Maria Cristina, soltanto per le mie amiche sono Krissy, sono un magistrato, sposata con figli e, da qualche tempo ho iniziato una storia con un Master di nome Roberto. Avevo bisogno di emozioni forti. Del sapore del legno e del fuoco ma anche del metallo e dell’acqua. Roberto riusciva a suscitare in me queste sensazioni, a ricordarmi la delicatezza dei giorni dell’infanzia e la pura violenza di quando giudicavo un pedofilo violentatore ed ero giudice.

Già, una bellissima bruna, con delle gambe lunghissime, curata nell’aspetto e con un visino da bambina smaliziata, riusciva ad incutere anche terrore quando mi portavano in aula qualche vera canaglia. Questa ambivalenza era presente nel mio carattere. Ero io, la dottoressa Maria Cristina, magistrato in un tribunale di una grande città italiana in tailleur e tacchi a spillo. Sono sposata da cinque anni con Roberto, non posso, certamente, affermare di avere una vita matrimoniale felice; mi correggo affermando con onestà che il rapporto affettivo è molto soddisfacente.

Roberto mi ama molto, mi riempie di regali in ogni occasione, anche economicamente non mi lagno, posso asserire in onestà che sono molto soddisfatta e senza problemi mi tolgo ogni capriccio. Quello di cui non sono per nulla soddisfatta è il rapporto sessuale. Mio marito, al contrario di quello che potrebbe apparire, non è per nulla attirato dal sesso. I suoi rapporti si limitano a qualche scopatina al mese e qualche volta per alcuni periodi, nulla.

Fa l'amore sempre allo stesso modo, senza trasporto o variante, viene sopra di me, mi infila il cazzo nella fica e mi pompa come se stesse gonfiando una bicicletta. Vorrei capire cosa pensa in questi momenti, non posso dire che è frettoloso, al contrario resiste, ma alla fine, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo, oppure che sia per me molto gratificante, mi riempie con il suo liquido. Fatto questo, come se avesse assolto ad un dovere, si stacca e si addormenta.

Certamente lui è soddisfatto di tutto questo, ma come si può pensare che a me può bastare. Sogno cose molto diverse da questa mediocrità, mi piacerebbe essere leccata, a lungo, sentire la lingua che percorre tutta la fica, dall'alto in basso e viceversa, separare le grandi labbra e leccare il buco umido, seguitando in su fino a lambire il clito per poi tornare giù e continuare così a lungo. Sentire la punta della lingua sul clito che lo stuzzica e lo tortura, facendolo tirare fino allo spasimo; sentirlo fra le labbra e essere succhiarlo, facendolo andare avanti ed indietro.

Gioire ed eccitarsi ai miei lamenti ed alle contorsioni che il piacere mi prende, farmi gridare tutto il desiderio e supplicare di essere finita a colpi di cazzo. Sogno, nello stesso tempo che mentre ricevo queste attenzioni contraccambio occupandomi a mia volta del cazzo, lo bacerei con amore e lo leccherei tutto quanto, per dimostrare il mio desiderio lo prenderei in bocca e lo sbocchinerei fino a sentirlo zampillare sul palato. Amorevolmente e considerando come se fosse la cosa più naturale, lo berrei ed alla fine elogerei il gusto come se avessi bevuto la manna.

Oltre tutto questo avrei piacere che lui desiderasse il culo, in molti si girano per guardarlo e chissà in quanti l'hanno desiderato. Mi sarebbe piaciuto che lui, per farmi capitolare, avesse imposto la sua autorità di marito per sverginarmi anche nel secondo canale. Ahimè tutto questo non si è verificato e la delusione si è unita ad altra delusione. Dopo poco meno di un anno di matrimonio, avevo deciso di lasciarlo, volevo separarmi per poter approfittare di una vita libera da ogni tipo di legame e conoscere qualcuno che mi avrebbe soddisfatta a dovere.

Ero così frastornata che la mia espressione infelice era palese ma non nei confronti di Roberto che continuava imperterrito la sua vita coniugale mediocre. Chi si è accorto di questo mi stato d'animo è stato mio suocero, Claudio il padre di mio marito. Ho avuto sempre un debole per lui fin dal primo giorno che l'ho conosciuto, era un bell'uomo e fisicamente lo desideravo. Mi vergognavo di questo sentimento, ma sentivo chiaro il desiderio che mi prendeva allo stomaco e sfocava con un incontrollabile calore nella fica.

Non ero per nulla impressionata dalla sua età, a quel tempo aveva 56 anni, e riconoscevo che era un uomo veramente affascinante. Mi vergognavo della sua presenza, non volevo che il mio desiderio nei suoi confronti t****lasse e fosse così evidente e per questa ragione ogni volta, abbassavo lo sguardo. Vedendomi così triste e con l'espressione del viso così tirata mi ha messo un dito sotto il mento facendolo alzare e guardandomi negli occhi mi ha detto:- Che cosa succede' Perché sei così triste'Avevo timore di lui ed al solo guardarlo mi scioglievo tutta.

Lui ha insistito:- Allora non vuoi proprio dirmi cosa ti sconvolge. – Nulla, perché mi dici questo'- Perché ti vedo così tirata e sicuramente qualcosa ti affligge. – Non ho nulla. – Non è vero, non mentire. – Non ho proprio nulla. – Non voglio costringerti a dirmi cose che non vuoi. – Non ho proprio nulla da dirti. Lui educatamente ha fatto cadere il discorso e non ha insistito più di tanto, anche se in cuor mio desideravo che lui insisteva e mi faceva capitolare rivelandogli la natura della mia insoddisfazione.

Avevo la fica in fiamme e riconoscevo che provavo amore per lui. Una mattina d'estate ho ricevuto una telefonata, dall'alto capo c'era lui e la sua voce mi ha preso languidamente allo stomaco. Mi supplicava se potevo aiutarlo, doveva risistemare la cantina ed aveva bisogno di una mano. Mi ha anticipato che il lavoro non era pesante, c'era solo bisogno di mettere in ordine le bottiglie e qualche damigiana. Balbettando il mio assenso ho aggiunto che andavo subito.

Dopo poco ho suonato alla sua porta, è venuto ad aprirmi e l'emozione di averlo vicino mi ha ripreso in modo prorompente. Mi ha solamente detto che mi aspettava in cantina, sono andata in camera e mi sono cambiata d'abito, ho indossato una vestaglietta di cotone, per essere più pratica e meno impacciata. Sono scesa per le scale e l'ho raggiunto nella cantina, lui era già all'opera, aveva spostato della roba e stava pulendo un ripiano.

Con desiderio l'ho guardato, lui era di spalle, indossava un paio di pantaloni corti ed una camicia, non so proprio descrivere con quali occhi l'ho guardato ma avevo paura che mi vedesse così. Risvegliandomi sono andata e lui mi ha detto cosa dovevo fare. Ho tolto le bottiglie vuote da un ripiano, poggiandole per terra, ed ho pulito a mia volta il ripiano. Era più di un’ora che continuavamo nel nostro impegno, a mia volta cercavo di non guardarlo, oppure di non essere troppo vicina, per non turbarmi e tradire la mia emozione.

Ero chinata in avanti per raccogliere le bottiglie quando, inaspettatamente ho sentito le sue mani sul culo. Sono trasalita per la felicità non mi sono mossa per non rompere quel magico momento. – Che bel culo hai'…. E' proprio un peccato non accarezzarlo…. hai un culo da oscar..Non ho saputo resistere. Ho trattenuto anche il respiro gustandomi quelle mani che mi accarezzavano. Poco dopo ho sentito il pube che si appoggiava alle natiche e le sue mani, senza guanti, che mi avevano prese per il seno, facendomi alzare.

Aumentando la pressione sulle natiche e stringendomi a se mi ha baciato sul collo. Accettavo tutto passivamente perché avevo paura di contrariarlo, per molto tempo avevo desiderato questo momento e non potevo, così, involontariamente, rompere l'incantesimo. Lui mi ha girato, l'ho guardato negli occhi e quando mi ha baciato in bocca, ho contraccambiato dimostrandogli il mio desiderio. Seguitando a baciarmi mi ha sollevato la vestaglia e mi ha sfilato le mutandine, diligentemente l'ho aiutato nell'operazione.

Mi ha rigirato, mi ha fatto appoggiar le mani al muro, facendomi inarcare la schiena, mi ha fatto sollevare la vestaglia, si è incuneato fra le mie gambe divaricate ed ha iniziato a leccarmi. Sentivo la lingua magistralmente sulla gnoccolina, andava su e giù e più di una volta nel buco per raccogliere il mio umore e gustarlo. Mi stavo sciogliendo tutta a quelle languide carezze e soffocando i miei lamenti, dimostravo il mio piacere.

Mi ha leccato lungo strappandomi gridolini di soddisfazione, dopo si è staccato da me, l'ho sentito armeggiare e subito dopo, con mia grande soddisfazione, ho sentito la punta del cazzo che andava su e giù per la spacca, cercando il buco d'ingresso. Sono rimasta più ferma per facilitargli l'introduzione e subito dopo l'ho sentito entrare. Ho sentito le sue mani calde sui fianchi ed il cazzo entrare; con due bei colpi di reni è entrato tutto ed in quel momento ho avvertito il pube appoggiarsi alle natiche.

Tenendomi stretta ha iniziato a chiavarmi, ero in paradiso e dimostravo la mia soddisfazione assecondando i suoi colpi, sospirare il mio desiderio e ripetendo in continuazione ‘ finalmente – – finalmente -. Mi ha pompato a lungo ed alla fine, stringendomi maggiormente per i fianchi ha accelerato i colpi e grugnendo mi ha riempito del suo liquido sbattendomi con forza contro il muro. Ho sentito gli schizzi di sborra calda che si spandeva nell'utero e tremando di soddisfazione ho goduto tutto il mio appagamento represso.

È rimasto ancora così dentro di me stringendosi ancora di più e baciandomi, amorevolmente, al collo. Il cazzo, ritornando moscio, è uscito dalla fica facendomi provare la sensazione del vuoto ed ho sentito la sborra che colava lungo le cosce e per terra. Mi sono girata è l'ho guardato negli occhi, non sapevo proprio cosa dire, mi ha baciato di nuovo ed ho contraccambiato dimostrandogli la mia soddisfazione. Per fargli cosa gradita mi sono accovacciata davanti a lui e con amore ho preso il cazzo in bocca, ripulendolo ed assaporandolo.

Accarezzandomi i capelli mi ha detto:- Sei bravissima, non pensavo proprio che avessi questo talento e questo calore dentro. So anche la natura della tua insoddisfazione. Meravigliata e con il cazzo in bocca l'ho guardato negli occhi ed ha seguitato:- Roberto si è sfogato con la madre, confessando la sua impotenza sessuale e la sua mancata virilità. Mi sono meravigliato quando mia moglie me l'ha detto. Stupidamente avevo imputato a te la colpa, considerando il fatto che tu non eri capace di eccitarlo, al contrario costato che sei una femmina con la effe maiuscola e che sei molto ”…calda.

Apprezzando il suo complimento mi sono dedicata, con amore, al suo cazzo. Qualche giorno dopo, uscendo dal tribunale……mi trovai in una situazione molto diversa. La forza e la violenza dell’elemento “ferro”, che avevo tanto desiderato mi avevano raggiunto. Mi svegliai, ero sdraiata per terra su una coperta, non vidi nulla tutto era immerso nell'oscurità, mi accorsi che ero imbavagliata e legata, i polsi chiusi fra loro da molti giri di corda, le gambe unite fin sopra al ginocchio.

Mi prese il panico. Avevo molto freddo. Con il piccolo movimento che potevo fare con le mani cercavo di capire cosa avessi addosso, spalancai gli occhi per lo stupore. Ero vestita di pelle!! Il sotto era un pantaloncino ma sentivo qualcosa di freddo proprio sul mio sesso cercai di tastare ed era una chiusura lampo. Rimasi sbigottita e preoccupata che anche il top (tipo sportivo per intenderci) avesse quelle strane ma curiose zip sul seno, ma non avevo tempo di pensarci, sentivo dei passi, un rumore di chiavi non molto lontani da me.

Finsi di dormire, con il cuore che mi martellava. La porta si aprì e mi investì una luce. Era entrato qualcuno, non volevo aprire gli occhi per sapere chi fosse. Sentivo che parlava con qualcuno. Lui parlava con una donna, ma non riuscivo a capire cosa si stavano dicendo, ero troppo lontana e loro parlavano a bassa voce come se avessero capito che ero sveglia. Dopo pochi minuti che mi sembrarono un eternità qualcuno uscì dalla stanza.

Ero decisa a guardarmi intorno, ad aprire gli occhi, il cuore non voleva smettere di martellarmi nel petto. Aprì un occhio e vidi una stanza fredda, senza un minimo di colore, ed era arredata con lo stretto necessario ma illuminata fiocamente. Vicino alla porta vidi delle scarpe da uomo, la donna se n'era andata via. Di nuovo il rumore di chiavi, l'uomo si volto e venne nella mia direzione dicendoBene sei sveglia!! Io sono AlIo ero pietrificata ma riuscii finalmente ad aprire entrambi gli occhi.

Lui era vestito con dei jeans e una maglia blu scuri, corpo a V magro e spalle larghe, moro occhi nocciola, non vidi il resto del viso perché era coperto da una maschera che lasciava scoperta la bocca carnosa e il mento ricoperto da un filo di barba. Lui mi afferrò per le spalle e mi sollevò mettendomi seduta su una sedia. Dietro di me c'erano vari tipi di fruste e dildo appoggiati su un tavolo di legno.

Lui continuava a guardarmi voleva vedere la mia reazione alla vista di quegli oggetti. Si chinò davanti a me e mi tolse le corde che avevo intorno alle gambe, io ero contenta non ne potevo più!! Mi sollevò di nuovo e mi disse di camminare per la stanza. Io non capivo il motivo ma lo feci solo perché ne sentivo il bisogno. Dopo i primi passi mi fermai, sentivo qualcosa dentro di me, realizzai immediatamente che in entrambi i buchi avevo dei plug e guardai Al, lui fece un mezzo sorriso, da stronzo, e mi fece il gesto di camminare.

Ero ancora imbavagliata altrimenti gliene avrei dette di tutti i colori, ma sapevo che non potevo fare niente, io non ero nulla se non il suo giocattolo. Lui era il mio Padrone. Continuai a camminare immersa nei miei pensieri con l'umore misto tra eccitazione e timore. Sentivo il suo sguardo su di me fiero di quel che vedeva. Ma agli uomini si sa non basta guardare vogliono agire. Si alzò e mi venne incontro si mise dietro di me, sentivo il suo respiro sul mio collo, la mano che lentamente scivolava sul mio ventre, il mio respiro si faceva più intenso quasi un ansimare, ma lui tolse la mano e mi sussurrò:Tu non meriti che io ti accarezzi, tu meriti questo!!E sentii un forte schiaffo sulla figa, dalla mia bocca uscì un lamento soffocato dal bavaglio.

Lui mi bloccò con un braccio intorno al collo e mi portò alla coperta facendomi sedere. Prese le chiavi e se ne andò via urlando che sarebbe tornato…Il mattino dopo vidi che davanti a me c'era un tavolino basso con del cibo e Al accanto seduto su una poltrona con lo schienale alto. Buongiorno Giulia. Mangia tutto devi essere in forze per oggi!!Mi disse. Non ero più legata, ma avevo ancora il completo di pelle.

Mangiai tutto e quando ebbi finito lui era già in piedi con delle polsiere, cavigliere e collare blu elettrico. Mi disse di fare la brava e di farmeli mettere. Ma non ci fu il tempo perché entrò la donna dicendo ad Al che dovevo essere lavata come merito. Dentro di me non capivo più niente gli avrei voluto dire e tu che cosa vuoi!?! Come merito?!? Ma rimasi in silenzio con gli occhi sbarrati, vidi Al acconsentire.

Lei mi mise un guinzaglio per cani con collare di cuoio e con la catena, mi bendò e mi trascinò fuori, mentre camminavo sapevo che i plug erano ancora li, gli unici suoni erano il mio respiro affannato e il rumore dei suoi tacchi. Il suo profumo era dolce mi faceva venir voglia di baciargli delicatamente il collo, cercai di controllarmi a questo impulso. Lei si fermò e mi ordinò di fare lo stesso e si allontanò.

Rimasi lì in attesa con agitazione che cresceva ma dopo pochi istanti la sentì parlare con qualcuno supposi al telefono non essendoci risposta, chiuse la chiamata e tornò da me. Mi fece sedere su una sedia e mi tolse il completo di pelle, mi aspettavo che mi togliesse la benda ma non fu così, sentì le sue unghie graffiarmi il seno, mi scansai velocemente ma fu un errore… mi arrivò uno schiaffo molto forte lì dove prima sentivo le sue unghie.

Passarono i minuti ma sapevo che lei era nella stanza con me, stava riempiendo la vasca, mi prese tolse il collare e i plug e mi fece entrare. Mi lavò ero imbarazzata ma anche eccitata che quelle mani mi insaponassero, aveva un tocco leggero che mi faceva venire i brividi. Poi mi fece alzare in piedi, pensai subito che doveva sciacquarmi ma non potevo essere più lontana da ciò che stava per succedere… mi infilò due dita nella figa con rapidità, mi fece sobbalzare non me l'aspettavo e questo lei lo sapeva e disseAhahaha!! Troietta del cazzo ti ho solo sfiorato e sei già bagnatissima.

Dovrai imparare a controllarti, cagna!!E tolse le dita. Rimasi spiazzata pensavo che lei era una delle schiave di Al, forse aveva il potere solo sulle nuove arrivate e solo quando il padrone non c'era, o forse era lui lo schiavo di questa donna?? Mi stavo facendo troppe paranoie. Lei mi asciugò in fretta e rimise il collare, questa volta addosso avevo un perizoma rosso. Mi aveva lasciato i capelli bagnati sentivo le punte solleticarmi l'osso sacro.

Mi stava riportando nella stanza, una volta arrivate mi tolse la benda, Al si avvicinò e mi tolse il collare per cani e mise quello blu con tutto il set. La donna se n'era andata. Al aveva un profumo forte, deciso. Della serie saltami addosso, oppure lo faccio io!! tutto il contrario di quello della donna. Lui si mise dietro di me toccò i capelli per un po', poi sentì uno strattone che mi fece tirare indietro la testa, mi baciò in bocca in modo provocatorio, ma subito dopo smise e mi lasciò i capelli.

Si allontanò e prese il cellulare dal tavolo vicino la porta. Intanto che parlava io mi guardavo per la stanza c'era una sedia che non avevo visto, era molto simile a quella dei ginecologi ma si poteva legare polsi e caviglie alla malcapitata che si sedeva. Non sentivo più Al parlare, sapevo che mi osservava tutto d'un tratto il suo tocco caldo mi spinse verso quella strana sedia, mi fece sedere e mi legò.

Mi mise in bocca una gag-ball. Non ero più intimorita da lui anzi quella situazione mi incuriosiva ed eccitava, lui era al tavolo degli oggetti e prese una frusta, mi disse di stare tranquilla e che non avrebbe esagerato per il momento. Il primo colpo arrivò all'interno della coscia destra non era molto forte, non sentì del dolore ma solamente un leggero bruciore. Mi colpì altre quattro volte poi passò alla coscia sinistra e me ne diede altre cinque.

Ogni colpo mi faceva sobbalzare è come se ogni frustata mi dava una scossa dallo stomaco fino alla figa e trasformava quel bruciore in eccitazione, la sentivo pulsare volevo di più. Mentre cercavo di riprendermi lui aveva posato la frusta ed era tornato con un vibratore a forma di microfono e mi osservava, alzai un sopracciglio in segno di sfida e lui lo accese e me l'appoggiò sul clitoride, saltai letteralmente dalla sedia fortuna che ero legata!! Non avevo mai provato una cosa del genere.

Lui non accenno minimamente di toglierlo da lì voleva portarmi al limite, ci stava riuscendo cercai di parlare ma quella maledetta pallina mi intralciava!! Lui infilò due dita dentro e sorrideva soddisfatto io non ne potevo più mi mancava pochissimo per venire, ma lui lo capì e tolse tutto. Mi ritrovai ad aprire gli occhi e il mio viso diceva chiaramente: perché ti sei fermato?!?!?Mi slegò da quella sedia mi fece mettere sulla mia coperta…Cercai di riprendere fiato, Al mi guardava soddisfatto e disse: “il piacere dell'orgasmo sarà una mia decisione.

”Io ci rimasi di merda ma non avevo la minima voglia di contraddirlo, sapevo cosa poteva succedere se l'avessi fatto. Lui si stava avvicinando a me mi disse di inginocchiarmi, avevo la patta dei jeans in faccia e si muoveva, sentivo la sua eccitazione, duro come se volesse romperli quei pantaloni, volevo mordere delicatamente quel rigonfiamento ma avevo ancora la gag-balle ci rinunciai, ma tentai lentamente di salire con le mani, appena mossi il braccio destro lui smise, mi guardò male e mi afferròil braccio trascinandomi alla sua poltrona.

Io ero impietrita non credevo che se ne accorgesse!! Mi ordinòRimani in piedi, piegati e appoggia le mani sulla seduta. Il suo modo di parlarmi era cambiato totalmente, era più autoritario, imponente, mi fece sentire una nullità. Obbedì in unistante non volevo peggiorare la mia situazione. Al andò al tavolo, venne verso di me e mi bendò, sentivo i suoi passi attutitidal mio battito accelerato. Poi mi disse“sei pronta?? E tieni le braccia tese!!”Non aspettò una mia risposta, sentì il primo colpo forte sul sedere e questa volta non sentivo bruciore ma solo male, non capì con cosa mi avesse colpito ma ero sicura che non era una frusta.

Lui continuava le mie braccia cominciavano a cedere, sentivo che le stava contando8…. Ad ogni colpo le braccia si appoggiavano di più alla seduta per poi tornare alla posizione originale. 9 e 10. Era dietro di me, sentivo il suo tocco sulle cosce, stava osservando la sua opera?? Mi allargò le natiche e mise della roba gelida sul buco supposi che era del lubrificante, non volevo nulla dietro ma rimasi comunque in silenzio. Lentamente fece scorrere la punta del plug anch'esso pieno di gel sul buco, sentivo una leggera pressione non era fastidiosa anzi!! “Fatto.

Ora mettiti buona al tuo posto. Il tuo padrone ha altre cose da sbrigare. ”Si avvicinò mi tolse la gag-ball e attaccò i ganci delle polsiere l'una all'altra e fece lo stesso con le cavigliere. Mi lasciò solo la benda. I suoi passi si allontanarono e sentì la porta sbattere. Dopo credo qualche ora era tornato si avvicinò mi slegò i ganci che mi legavano, mi lasciò la benda. Cercai di scusarmi di ciò che avevo fatto ma lui mi zittì subito, tenni la testa bassa pur essendo bendata.

Si avvicinò alle mie spalle e mi sussurrò in un orecchio:“Se ti azzardi di nuovo a farlo, non sarò io a darti la punizione lo farà la mia schiava e fidati che non sarà gentile con te. Però ora voglio divertirmi…”Ero terrorizzata dalle sue parole, cosa poteva farmi quella donna? In un secondo abbandonai il pensiero, sentivo le mani di Al su di me, dalle spalle fino alle mani. Mi tolse la benda sugli occhi notai che una parte della stanza che fino a poco tempo fa era chiusa da una pesante tenda, ora era aperta.

C'era un letto a baldacchino con le lenzuola di seta nere e qualche rifinitura oro. Era bellissimo da vedere, ma nello stesso momento avevo timore di quel letto. Al baciandomi il collo preme il suo corpo sulla mia schiena il suo profumo mi fa aumentare tutti i sensi e questo lui lo sa e fa in modo di portarmi lì, mi fa sedere al centro ai piedi del letto. Sentivo ancora il plug dentro di me, speravo che me lo togliesse al più presto.

“Ora chiudi gli occhi o sarò costretto a bendarti. ”Lo feci subito. Sentivo che cercava qualcosa nella cassettiera, pur essendo scalzo percepivo la sua presenza e questo mi mandava in subbuglio il corpo. Un leggero ronzio interruppe ogni pensiero. “Alzati e togliti quel perizoma rosso. Poi siediti e apri le gambe. Ovviamente tutto con gli occhi chiusi. ”Eseguo in silenzio. Il mio respiro si fece più profondo, tutto di me emanava eccitazione, lui ovviamente se ne accorse, era già con il vibratore al minimo sulle grandi labbra, mi invase il corpo e io mi lascio trasportare senza nessun controllo.

Muovo il bacino, Al infila dentro di me il dildo elettrico lo riaccende ma questa volta al massimo e con la sua bocca succhia e morde il mio seno. “Apri gli occhi. ”Mi ordina. Non riuscivo a fare niente, ero totalmente presa da ciò che mi stava facendo, forse se toglieva tutto ci sarei riuscita. Sentivo la vibrazione in ogni fibra del mio sesso e non solo visto che avevo il plug. “APRI HO DETTO !“Mi sforzai e li aprii.

Ma fu solo per una manciata di secondi perché lui con la mano libera toccò avidamente il clitoride facendo riempire la stanza con i miei gemiti. Mi mancava poco per finire, mandai la testa indietro, lui continuava a muovere il vibratore dentro e fuori con decisione e forza per me era tutto molto, troppo intenso, a tal punto da non accorgermi che Al aveva tolto il vibro. “Riprendi fiato, controllati. Come ti ho già detto decido io quando puoi avere un orgasmo.

Che ti serva da lezione per la prossima volta che vuoi disobbedirmi. ”Mi fece mettere un completo in pizzo bianco e una vestaglia corta di seta nero. “Per questa sera potrai dormire in questo letto se domani ti comporterai bene potrai dormirci sempre altrimenti ritorni su quella lurida coperta. ”Io annuii con un piccolo sorriso. E lo ringraziai. Al che fece il solito sorrisetto da stronzo si girò e mentre camminava verso la porta disse che sarebbe tornato.

Chiuse la porta a chiave mentre io mi addormentai in poco tempo. Bondage con LidiaIeri sera è arrivata da me la mia amica Lidia per la seconda session che avevamo programmato da qualche mese. Dopo la prima session del novembre 2015 durata dodici ore, questa volta l'obiettivo è di tentare di arrivare alle 24 ore ininterrotte di immobilizzazione nella gabbia appositamente preparata per lei. Non useremo la gabbia metallica usata la prima volta, ma una struttura in legno montata su ruote, dotata di cuscini per l'appoggio e ganci per catene e corde.

Si è preparata, vestita con un body in latex, guanti a sacco, cappuccio, dispositivo di castità in plastica, collare e varie altre contenzioni. Alle 23 era pronta e l'ho bloccata nella gabbia con una miriade di catene, corde e fascette. Le ho infilato il bavaglio in gomma, i tappi auricolari e la gas mask oscurata, infine ho fissato la gonga e la catena di sospensione della testa. La gabbia è stata posizionata davanti al mio letto in modo da controllare la situazione.

Per le prime ore la sentivo mugugnare e tentare di muoversi, poi dev'essersi addormentata con la testa sospesa dalla catena. Stamattina alle 6 l'ho trovata già sveglia, le mani erano intorpidite a causa dei guanti chiusi che le impedivano di distendere i palmi, le ginocchia erano un pò doloranti ma è riuscita a passare la notte indenne. Non ha mai dovuto usare il pulsante di emergenza che azionava una suoneria per svegliarmi. Ora sono le 9 di mattina, Lidia ha trascorso 10 ore in gabbia e le aspettano altre 14.

Durante la notte mi sono svegliata diverse volte per controllarla, ma era tutto a posto e Lidia era tranquilla e/o rassegnata. Le ho fatto bere dell'acqua da una cannuccia e mangiare qualche biscotto. Tra poco le infilerò il catetere esterno (una sorta di condom con un tubetto di scarico) sul clito e un altro tubo in plastica da 40 mm nell'ano, passante attraverso il sedile, nell'eventualità avesse bisogno di evacuare. Sembra che abbia tutte le intenzioni di arrivare alla prossima notte senza necessità di liberarla dalla gabbia.

Giovedì 3 marzo, ore 16. Lidia è ancora vincolata alla gabbia da ieri notte, non lamenta particolari disagi e alla mia richiesta di rassicurazione risponde con un cenno affermativo. So per certo che le ginocchia devono dolerle molto per la continua pressione (anche se appoggiate sui cuscini) e anche le chiappe sono sollecitate. Per riattivare la circolazione osservo che spesso sposta il peso appoggiandosi sui gomiti, nonostante sia completamente immobilizzata. Sembra non abbia nessuna intenzione di mollare.

Credo che questa notte non ha potuto dormire molto perchè rilassandosi la gogna le premeva sul collo, ho risolto sospendendo meglio la testa sul supporto superiore. Questa mattina è riuscita a fare dei brevi pisolini ed ora sembra più rilassata. Solo per cinque minuti le ho tolto maschera e bavaglio per dissetarla. Le ho dato da bere con la cannuccia e mangiato qualche biscotto, non ha voluto altro. Gli occhi sono però rimasti oscurati dal cappuccio in latex.

Verso le 14 sembrava avesse lo stimolo di evacuare e come programmato le ho infilato nell'ano il tubo in plastica predisposto per questo. Il tubo ha un diametro di 40 mm, è completamente vuoto all'interno e per infilarlo senza irritarla ho realizzato un plug a forma di ogiva dello stesso diametro del tubo in modo da facilitare l'introduzione. L'ho infilato attraverso il foro ricavato sul sedile e poi nell'ano. Alla fine ho sfilato il plug da sotto e ho sigillato l'estremità libera con un sacchetto di plastica per la raccolta feci.

Per la pipì ho risolto senza catetere, è bastata una bottiglia con il tappo largo (quelle del latte), infilata nella CBAl momento i drenaggi sono ancora al loro posto ma ha dovuto solo fare un pò di pipì. La prossima volta userò un catetere Foley, se scopro come usarlo. Più tardi le ho applicato un elettrostimolatore in diversi punti nelle parti basse del corpo, per un totale di mezz'ora, a fine prova le chiederò se le è piaciuto oppure no.

Vi ricordo che da ieri sera Lidia è sottoposta ad una severa limitazione sensoriale, la mask è completamente oscurata, ha i tappi nelle orecchie e indossa un bavaglio a palla che le permette solo qualche incomprensibile mormorio. Anche la respirazione è più difficoltosa del normale, la gas mask ha due valvole che si aprono alternativamente, posso sentirla respirare dal tipico ticchettio delle valvole. Non riuscendo a deglutire a causa del bavaglio, la saliva si accumulava sul fondo della maschera e solo una parte usciva dalla valvola colando lungo il collo, spesso devo asciugarla.

Ho anche notato che la mia presenza la rassicurava, quando stavo vicino a lei o la accarezzavo, il clito entrava in erezione all'interno della CB, segno che l'eccitazione rimaneva costante. Alle mie richieste di sospensione ha sempre risposto negativamente, dunque è ben determinata a concludere la session di 24 ore. Mancano ancora sette ore…Giovedì 3 marzo, ore 23. Sono scadute le 24 ore programmate e finalmente ho liberato Lidia. Come prevedibile la prova è stata dura, ma non insopportabile e le sue condizioni fisiche sono buone.

Poichè anche per me è stata una nuova esperienza non avevo modo di afferrare completamente la portata della session a cui è stata sottoposta Lidia. Parlando successivamente con lei ho comunque appreso che:Nelle prime due o tre ore la reazione istintiva è quella di tentare di liberarsi e muovere il corpo per dare sollievo alle membra bloccate, poi il corpo si intorpidisce e non lo senti più, come se appartenesse ad un'altra persona, ma non si tratta di rallentamento della circolazione sanguigna, bensì di un fatto esclusivamente mentale.

Non si avverte dolore o fastidio, a meno che non si tenti di forzare le bardature, operazione dunque del tutto inutile e dannosa. Avviene una sorta di dissociazione che porta la mente a vagare fuori dal corpo, in questa fase sono possibili brevi pisolini intervallati da dormiveglia in cui non si è mentalmente del tutto lucide. In ogni caso il passare del tempo non lo si avverte più. L'isolamento sensoriale aiuta molto e il fatto di non sentire e vedere crea qualcosa di simile ad una trance autoindotta.

La respirazione diventa una cosa automatica, anche se ostacolata dal bavaglio e dalle valvole della gas mask. La salivazione può causare un fastidioso gorgoglio se la maschera non viene svuotata periodicamente, anche se una parte viene espulsa attraverso la valvola di scarico. In altre parole il corpo si adatta alla nuova condizione e la accetta senza ribellarsi, anzi ad un certo punto interviene una sensazione di benessere e rilassatezza. Lidia mi ha rivelato di usare delle tecniche yoga (o qualcosa del genere) per estraniarsi dalla realtà e immedesimarsi in un oggetto immobile.

Non conosco queste tecniche dunque sarà lei a spiegarcele, se lo riterrà opportuno. Tutto questo veniva però bruscamente interrotto dai miei controlli di sicurezza, quando le toglievo la maschera e bavaglio per darle da bere e mangiare l'incatesimo veniva spezzato e la mente ritornava alla realtà. Questo mi ha insegnato che per la prossima volta la session non dovrà essere interrotta troppo spesso e che per la reidratazione dovrò provvedere con altri sistemi. Una possibile soluzione potrebbe essere l'infusione salina nei seni, che per mia diretta esperienza sopperisce alla necessità di bere per diverse ore.

Il cibo solido invece non costituisce una necessità urgente, la fame non si avverte per nulla ed è possibile rinunciare a mangiare anche per 24 ore di seguito. Le mie preoccupazioni per l'espletamento delle funzioni fisiologiche si rivelate infondate, ha fatto pipì solo tre volte e sempre in minima quantità. Le feci si sono accumulate nel sacchetto collegato al tubo, ma anche queste sono state in quantità molto ridotta. Evidentemente l'immobilità rallenta anche il metabolismo.

Gli unici segni rossi rimasti sul corpo erano sulle ginocchia, sulla parte anteriore degli stinchi e sul sedere, dove è rimasta appoggiata per tutto il tempo. Si sono riassorbiti nelle ore successive senza lasciare traccia. Quando le ho tolto il cappuccio in latex e il body trasparente era ovviamente sudata in modo impressionate, gocciolava di sudore. La prossima volta userò un cappuccio e una tuta in pelle, che in teoria dovrebbe traspirare. La mandibola è stata l'unica parte dolorante, essendo stata forzata in posizione aperta per tutto il tempo.

Ha dovuto attendere mezz'ora prima di poter parlare chiaramente. Afferma di non aver mai sofferto di crampi. Dopo una doccia, un accurato makeup ed essersi riassetata, Lidia mi ha raccontato le sue impressioni, siamo rimaste a chiacchierare per due ore, poi a nanna. Tutto sommato l'esperienza è stata molto positiva, non ci sono state complicazioni e Lidia è pronta per ripeterla in futuro, magari correggendo qualche errore. Io sono stata molto fiera della sua determinazione e della sua forza d'animo per riuscire a resistere fino alla fine, anche se diverse volte sarei stata tentata di liberarla prima della scadenza.

Dopotutto la responsabilità era mia. Complimenti sinceri a Lidia per essere riuscita in un'impresa che difficilmente è alla portata di altri. La mia prima notte da troiaSono nel più rinomato club per trans/trav della capitale. Ufficialmente si tratta di un circolo privato, “discoteca erotica”, la chiamano, ma oltre a ballare e ad ascoltare musica qui si fa sesso, nelle dark-rooms. Mentre cammino per il locale sui miei tacchi alti, sotto lo sguardo di tutti i maschi arrapati che mi circondano, inizio a sentirmi diverso…anzi no…diversA.

La componente femminile della mia sessualità sta prendendo il totale controllo di me, sto pensando a me stessa come ad una femmina, con i desideri e le pulsioni di una femmina, voglio essere ammirata, desiderata, posseduta…Ho l’impressione di non essermi mai sentita più a mio agio di così. Percepisco il mio essere femmina dentro in maniera inebriante, sento che il mio aspetto esteriore finalmente coincide con quello che, dentro di me, intimamente, ho sempre saputo di essere senza mai ammetterlo: UNA FEMMINA, TROIA E IN CALORE.

Mi sto lasciando andare a questa nuova consapevolezza, mentre la musica mi martella nelle orecchie, ipnotica. Tutte le mie passate esperienze, di normale ragazzo eterosessuale prima, marito tradito poi, cuckold e sissymaid asservito a mia moglie e al bull, stanno scolorendo e perdendo importanza. Rimane soltanto la mia attuale me stessA: una femmina in cerca di piacere, della conferma della propria femminilità. *Sono in una delle dark-rooms più anguste in compagnia di un maschio, non so chi sia.

Devo aver ceduto alle sue lusinghe, non so come, non so quando. Ha il viso affondato nell’incavo tra il mio collo e la mia spalla destra, le sue mani avide mi stanno stringendo con forza le natiche, si intrufolano sotto le mie mutandine, mi titillano l’ano…Non so come, mi ritrovo in ginocchio davanti a lui, il suo cazzo eretto e pulsante a pochi centimetri dalle mie labbra. Lo prendo in bocca, avida, lo ingoio fino alla radice, il mio unico intento è di farlo godere, di ricevere il suo seme, ingoiarlo…Sento le sue mani sotto le ascelle, mi tira su, poi mi fa voltare, appoggio le mani alla parete mentre mi tira su la gonna e scosta di lato le mutandine… so che sto per essere penetrata e mi abbandono completamente, lo lascio fare…mi sta chiedendo se ho un condom, credo di no ma guardo lo stesso dentro la borsetta: ce ne sono un paio.

Deve averceli messi Lisa prima di darmela. Gliene porgo uno mentre la sua mano mi sculaccia con forza sulla natica destra, lo prende, passa qualche secondo…lo sta indossando. Lo percepisco alla soglia della mia figa anale, è duro, sta spingendo freneticamente, lo guido con la mano dentro di me…ohdddddddddio! Che bellllllllllooo!Mi scopa senza pudori, forte, freneticamente, ogni tanto sculaccia forte le mie natiche, sento il mio cazzo tentare di erigersi nonostante la mia Birdcage…fa male, sento le palle quasi strappar misi trascinate dal suo anello metallico, mi arrendo e inizio a colare in un silenzioso orgasmo rovinato…Percepisco le contrazioni del suo cazzo mentre finalmente rilascia la sua sborra dentro di me, mi stringe forte da dietro, per un po’…-Grazie.

E’ l’unica cosa che mi dice, con un rapido bacio sulla nuca. Se lo reinfila dentro i pantaloni, apre la porta e se ne va. Non è la prima volta che lo prendo dietro, Bull Bruno, il bull di mia moglie, me lo ha messo dentro innumerevoli volte, ma per me è come fosse stata la prima volta, non so perché. Tiro su le mutandine, abbasso la minigonna e esco dalla dark-room. Fuori ci sono un paio di maschi che mi lanciano occhiate di fuoco, vorrebbero avermi, lo percepisco, ma li ignoro e mi dirigo verso la sala principale, alla ricerca di Lisa, la trav brasiliana che mi ha condotto qui assieme alla sorella trans dopo avermi truccata e vestita come una di loro.

Sta ballando, sua sorella Melany mi affianca quasi senza che io me ne accorga e mi sussurra all’orecchio:-Aveva ragione Bruno, sei una puttana naturale…quanti cazzi hai già preso?E con una mano mi tasta il culo a fondo, lascivamente. Sto perdendo i freni inibitori, giro il volto verso di lei e cerco le sue labbra con le mie… Sento la sua lingua farsi strada tra le mie labbra dischiuse, sa di alcool e di fragola, stranamente.

La vicinanza di questa stupenda trans mulatta, il suo profumo, la sua mano che si infila sotto alla mia minigonna a cercare la mia figa anale, mi inebriano. -Ok, sono una puttana…e allora?-Niente, stavo pensando…se non fossì già la schiavetta di Bruno, mi piacerebbe che fossi la mia, di schiavetta… hai proprio bisogno di cazzi tu, e io potrei fartene avere quanti ne vorresti… E dicendo così mi passa la lingua nell’orecchio…Cazzo, questa qui mi sta facendo uscire pazza! Sto trascinandola verso il corridoio buio, non mi interessa di chi ci stia guardando o do cosa possa pensare lei, sento che DEVO farlo…Lei sorride e lascia fare.

Trovo una porta degli stanzini aperta e mi infilo dentro con lei, mi inginocchio, passo freneticamente le labbra sul suo sesso, tra le sue cosce scure, le mie mani ad abbassarle le mutandine, la mia bocca ad accogliere il suo cazzo caldo tra le labbra, mi sento pronunciare queste parole:-Sono la tua schiava, non preoccuparti di Bruno, fammi tua, non chiedo di meglio dalla vita…-D’accordo allora, d’ora in poi sarai mia…ne parlerò con Bruno.

Ha un cazzo che avrebbe fatto invidia a John Holmes, sto impugnandolo a due mani e ci sarebbe ancora posto per una terza, se l’avessi. Occupo quello spazio con la bocca, solo per poter accoglierne la cappella turgida sto quasi slogandomi la mandibola. L’asta deve essere spessa quasi come il mio polso e le palle pesanti, grosse come uova, pendono oscenamente in mezzo alle sue cosce scure. Le sento sobbalzare ad ogni pompata che le somministro con mani e bocca.

Un cazzo da record, insomma. Nessuna meraviglia che riscuota tanto successo nell’ambiente, come mi ha confidato Lisa. La pompo freneticamente, aspirandone avidamente il glande tra le labbra, ho fretta di assaggiare il suo nettare, voglio sentirmelo invadermi la bocca, assaporarlo, ingoiarlo fino all’ultima goccia, ne ho bisogno, sono in pieno parossismo. -Eh no, schiavetta…vacci piano…non posso già sborrare… Se sborro a questo punto della serata e poi mi capita un cliente che faccio?E dicendomi queste parole mette le sue mani sulle mie, fermandole.

Poi continua:-Ho capito che vuoi bere il miele della tua Padrona, ma non è ancora il momento… diciamo che prima di andare via, se ancora non sarò venuta, te lo farò assaggiare…magari però dovrai guadagnartelo… Quanti cazzi hai preso finora, stasera?-Beh…veramente uno solo, al momento. -Ma dai…uno solo!? Eh no…così non va…Facciamo una cosa…prendi questi…E, dopo aver frugato nella borsetta che porta a tracolla, mi porge una striscia di 6 preservativi di una marca che non conosco.

-Se e quando li avrai usati tutti, per farti scopare stasera, torna da me e ne riparliamo, ok? Oh…e…mi raccomando, non fare MAI sesso non protetto con chi non conosci bene, capito!?Poi mi toglie il cazzo dalla bocca, aspetta un po’ per farselo ammosciare mentre mi ricompongo, se lo infila piegato tra le cosce e si ritira su le mutandine. A questo punto mi prende il capo tra le mani, mi infila mezzo metro di lingua in bocca, mi dà una pacca sul culo, apre la porta e se ne va.

Rimango lì, coi condom in mano e il cazzo che mi scoppia nella gabbietta che indosso, insoddisfatta ma determinata come non mai a portare a termine la mia impresa e ottenere la mia agognata ricompensa. Mi rituffo nella folla, più che mai decisa a trovare al più presto sei maschi che mi scopino…Sto aggirandomi nel locale alla ricerca di maschi. La musica pompa incessante, sugli schermi posti qua e là scorrono video transgender, molto hard e fetish.

Devo trovarne almeno sei che mi scopino in una delle dark-rooms, prima che la notte sia finita, devo dimostrare a Melany, la mistress transex con cui sono venuta qui, che quando voglio so essere una vera puttana, che merito di essere la sua slave, la sua troia obbediente. Mi ha chiesto questa prova per rivendicare i miei servizi con Bull Bruno, il bull di mia moglie Marisa, che da anni mi impiega come sissymaid nel nostro particolare rapporto a tre.

E’ stato lui ad organizzare questa serata, la mia prima volta “en femme” fuori di casa e in un locale transgender, perdipiù. Sono sicura che abbia pianificato tutto lui, affidandomi alla sua amica Melany per condurmi in questo locale e portare a termine il mio percorso di femminilizzazione, mentre lui si starà sbattendo in tutta tranquillità mia moglie in casa mia… Beh… sapete che c’è? Non me ne frega proprio niente! Si scopasse quella troia di mia moglie a vita, non ho più bisogno di loro, facessero pure quello che vogliono…a vita!Io sono dovuta passare forzatamente attraverso un lento e costante percorso di sottomissione, umiliazione, demascolinizzazione, l’ho fatto per mantenere un esile filo che ancora legava me e mia moglie, dapprima controvoglia, ma ora, e forse questo non era previsto, ho trovato la mia vera me: sono femmina! E troia! E sto esplorando i miei nuovi limiti!Non credo di essermi mai sentita più a fuoco in vita mia.

In questo momento ho solo voglia di essere desiderata da maschi, di ricevere conferma della mia femminilità…cazzo…mi sento libera e realizzata come non lo sono mai stata! E poi…la possibilità di diventare la slave di una mistress-trans esperta come Melany mi apre prospettive nuove, imperscrutabili, irresistibili. Fino a pochi giorni fa avrei cinicamente riso, tra me e me, al pensiero di una eventualità del genere: dom…sub…in cuor mio mi sono sempre sembrate menate di quart’ordine, per quanto mi ci potessi essere piegata finora, ma ora…ora riesco a percepirne l’intrinseca potenza, il totale annullamento della mia personalità mi affascina, mi pervade come non mai prima…che altro cazzo?!? I primi tentativi sono sfortunati, un paio di maschi, evidentemente non tanto maschi poi, si scoraggiano davanti alla mia “chastity cage”: evidentemente cercavano prestazioni non troppo femminili…Un altro pretende solo un pompino, non vuole saperne di mettermelo dentro.

Forse non si fida delle proprie capacità erettili…Il quarto mi chiede di segarlo facendo in modo si poter sborrare sopra al mio sesso ingabbiato, è gentile, mi comunica di averne avute abbastanza, di fighe, e che ora è interessato solo a femmine col cazzo, come me. Lo accontento con un lavoro di mano che lo fa rilasciare lunghi getti di caldo cremoso sperma sulla mia clitoride ingabbiata. Appena esco dal bagno, in cui sono andata a ripulirmi dalle abbondanti effusioni del mio ultimo partner, vengo incrociata da un tizio dalla pelle scura che, con fare assolutamente confidente, mi mette un braccio attorno ai fianchi e mi guida verso un vicino camerino libero.

In altre circostanze non lo avrei lasciato fare, ma, ora come ora, provo addirittura piacere nel soggiacere alla sua volontà senza opporre la minima resistenza. Appena dentro serra la porta alle sue spalle, mi spinge su di una specie di lettino posto al centro della stanza e inizia a slacciarsi la cinta dei pantaloni. Sono completamente soggiogata dalla sua sicurezza, aspetto che si sia calato pantaloni e boxer, gli porgo un condom e, mentre lo osservo indossarlo srotolandoselo lungo la lunga asta turgida, mi piego sul lettino alzando la gonna e spostando di lato il perizoma pregustando l’imminente penetrazione che, puntualmente, avviene dopo pochi secondi.

Mi pompa a lungo e con vigore, non mi degna di una sola parola. Il suo cazzo è duro come pietra, nella mia figa anale, lo sento penetrare più a fondo ad ogni colpo, emetto qualche mugolio compiaciuto. Inizia a mollarmi sonore pacche sulle natiche nude col palmo delle mani aperte, accompagnando le sue vigorose pompate. Ho il cazzetto che mi si inturgidisce dentro la gabbietta, ne sento la pressione sulle palle. Continua a sbattermi con ritmo costante.

Proprio mentre lo sento accelerare, ormai prossimo al climax, esce da me; poi sento il suo fiato caldo contro la mia natica destra, infine i suoi denti mordermi forte, senza alcun preavviso! Con un balzo mi sollevo dal lettino e mi volto verso di lui, sorpresa, in atteggiamento di difesa. Si stacca da me, allunga le braccia come a volersi difendere, poi chiede scusa, credo, in una lingua che non capisco. Sono sinceramente shoccata, la mia faccia probabilmente esprime contrarietà ma non oso andare oltre.

Si strappa via il condom continuando a rivolgermi frasi in quella lingua per me aliena e inizia a masturbarsi freneticamente rivolto verso di me. Sono combattuta tra lo spintonarlo via guadagnando l’uscita e il sottomettermi. Alla fine mi inginocchio davanti a lui e aspetto che i caldi schizzi della sua sborra mi inondino il viso colandomi lungo il collo nudo. Mi riscuoto solo quando mi accorgo di essere rimasta sola nello stanzino. Appena dopo aver eiaculato è scappato via.

Bene comunque, meno uno. I successivi due “clienti” si sarebbero accontentati di un pompino, ma appena gli propongo di scoparmi, invece, non se lo fanno ripetere due volte e mi scopano fino a sborrare dentro di me, uno con me a culo in aria su di un divanetto, uno poggiata contro un muro. Ne mancano solo tre. Il quarto e il quinto li rimorchio sulla pista da ballo. Ho perso i freni inibitori e chiedo loro direttamente se vogliono venire a scoparmi di là.

Accettano. Mi accorgo di essere osservata da Melany. Sorride in maniera che a me sembra compiaciuta. Mi scopano assieme. Faccio un pompino ad uno mentre l’altro, contemporaneamente, mi scopa in piedi, piegata a novanta gradi. Si scambiano posizione, poi. I loro cazzi non li ricordo, so solo che entrambi vengono dentro di me con grugniti a****leschi. Mi rimane solo un condom. La gente sta sfollando, evidentemente ci si sta avvicinando all’orario di chiusura. In giro ancora diverse trans, ma i maschi si sono rarefatti, anche la musica si è fatta meno invadente.

Melany, Lisa e Maurizio sono seduti su di un divano a fianco della pista da ballo, Melany guarda dalla mia parte, poi si alza e mi raggiunge:-Noi stiamo per andarcene, com’è andata? Hai fatto la tua parte?-No, aspetta… me ne manca solo uno…ti prego…dammi un’ultima possibilità!Guarda l’ora sul telefonino, fa una faccia scettica. -Ti concedo ancora un quarto d’ora, troia, poi, che tu ci sia o meno, noi ce ne andiamo, ok?Mi volta le spalle e torna dalla sorella.

Cazzo! Devo riuscirci! Mi guardo intorno…C’è un ragazzone nero, sulla pista, che sembra un po’ spaesato. Mi faccio coraggio e lo abbordo. -Ciao…ti andrebbe di concludere bene la serata?Faccio io con la voce più femminile che mi riesce di fare. -No, scusa…sto aspettando la mia ragazza. Sto per sparargli una qualche amenità nella speranza di fargli cambiare idea quando una strafiga (trans senza dubbio) si avvicina, gli infila mezzo metro di lingua in bocca e se lo porta via non senza aver prima lanciato un’occhiata di scherno al mio indirizzo.

Sta per sfumare tutto. Sulla pista praticamente non c’è più nessuno e sto per darmi per vinta quando incrocio lo sguardo di Melany. E’ uno sguardo irridente, divertito. Invece di demoralizzarmi, in qualche modo mi dà la giusta carica. Mi rituffo nelle parte “dark” del locale, cercandomi attorno. Poca gente, sto per darmi per vinta, quando un ragazzo sulla trentina mi si avvicina:-Senti…è da un po’ che ti osservo…sei molto femminile…stavo cercando il coraggio di chiedertelo…ti andrebbe di farlo con me?Lo prendo per un braccio e lo trascino dentro un camerino, senza pensarci su due volte.

-Scopami. Gli dico mentre gli porgo l’ultimo preservativo rimastomi. -Ecco…appunto…volevo dirti…io sono un donatore di sangue per cui se vuoi potremmo farlo anche senza…se vuoi ti mostro il tesserino…Mi andrebbe, non lo nego. Il pensiero di ricevere lo sperma di un maschio direttamente dentro di me, senza barriere, mi attira, ma così non consumerei l’ultimo condom rimasto…certo, potrei barare, avrei potuto farlo fin da subito, ma ci ho tenuto ad essere leale, ne ho fatto un punto d’onore, per cui sono io stessa a infilarglielo, ha un cazzo lungo il giusto, niente di anormale, ma straordinariamente largo.

E’ spesso come il mio polso e mentre lo sento scivolarmi dentro ne posso apprezzare pienamente la consistenza. Mi scopa con trasporto, non ci mette molto a venire, un tre, quattro minuti al massimo. Mi ringrazia, mi bacia su una guancia e se ne va. Io mi precipito di nuovo nella sala principale, ho il terrore che se ne siano andati lasciandomi lì: non saprei davvero come fare. Invece mi stanno aspettando, Lisa , Maurizio e Melany.

Mostro a Melany l’involucro vuoto dei sei condoms che mi ha consegnato prima…***Siamo sotto casa di Bull Bruno, in macchina, faccio per scendere ma Melany mi trattiene, scende solo Lisa. Dopo qualche minuto ritorna con una busta, la porge a Melany. Lei la porge a me, a sua volta: dentro ci sono i miei abiti e i miei effetti personali, la prendo mentre si stanno salutando. Maurizio riparte e a me sembra assolutamente normale, normale come dare un addio alla mia precedente vita, a mia moglie Marisa, a Bull Bruno.

Mentre ripartiamo nella notte romana non ho più nessun rimpianto per la mia vita passata, sono del tutto proiettata verso ciò che d’ora in poi mi aspetta, senza rimpianti, senza esitazioni…La mia schiavitù, la mia libertàCamminava lenta ascoltando, con attenzione, il rumore dei suoi tacchi sul lastrico dei portici nella via più mondana della città. Quel ticchettio costante e ritmato la faceva sentire sexy, spudorata, sensuale e micidiale; lasciava le anche libere di ondeggiare controllandone solo l’ampiezza di quel tanto sufficiente a non apparire volgare.

Il tailleur verde chiaro, un colore in grado di farsi notare ma non appariscente, lo aveva scelto per come sottolineava la figura del suo corpo; aderiva alla pelle nei punti giusti e svolazzava la dove era bene eccitare la fantasia degli uomini. Sentiva il tessuto seguire la forma delle natiche e sapeva quanto segnasse il sottile filo dello string che indossava. Tutto era stato calcolato nei minimi dettagli, dal vestito alla pettinatura, dal trucco alle scarpe senza dimenticare, naturalmente, la biancheria.

Ad un primo esame sommario poteva apparire come una normalissima bella donna che si sta occupando degli affari suoi in giro per la città, ma notando i particolari era impossibile non provare una forte attrazione sessuale per lei. Non era il vestito, corto ma non troppo, ad attirare l’attenzione ma il suo modo di muoversi. Quando era uscita da casa, quel pomeriggio, aveva salutato il marito con un bacio sulla guancia quindi, con movimenti rapidi e decisi, quasi robotica, aveva preso la borsetta, cercato le chiavi dell’auto, inforcato gli occhiali da sole e si era avviata con passi lunghi verso la porta, lanciando ancora un saluto prima di uscire.

La trasformazione era avvenuta appena chiusa la portiera dell’auto, fu sufficiente sciogliere i capelli e ravvivarli, passare sulle labbra un rossetto di un colore provocante, un tocco di rimmel sulle ciglia e sostituire le scarpe a tacco basso con quelle preventivamente lasciate dietro il sedile del passeggero; il resto era perfetto. Marina constatò, piacevolmente soddisfatta, l’effetto nello specchietto di cortesia sul parasole mentre pensava a quanto fosse facile cambiare aspetto con dei piccoli accorgimenti, alla semplicità con cui aveva illuso suo marito e, tra poco, eccitato il suo amante.

Lo stesso vestito, la medesima biancheria (questa lui non l’aveva vista), l’identico profumo, la stessa donna, potevano lanciare messaggi di natura opposta nel medesimo istante, semplicemente modificando l’espressione del viso o i movimenti del corpo. S’avviò verso il centro città. Guidava con calma nonostante sentisse come una pressione allo stomaco, sintomo d’ansia, che la incitava a correre di più. Non voleva, però, perdersi i dettagli di quella sensazione che spesso anticipava l’eccitazione totale dei sensi.

Sapeva, o credeva di sapere, cosa l’aspettasse; quindi era decisa a non correre. Guardò l’orologio e si rilassò: era in perfetto orario, non rischiava di giungere in ritardo anche in caso di difficoltà nel trovare un posteggio per l’auto. Infatti, era riuscita a trovare posto proprio nella grande piazza con il monumento equestre posto al centro, a pochi metri dal locale dove sapeva d’essere attesa. Si soffermò per un istante ad osservare i palazzi ed i portici di contorno che risaltavano nella luce brillante di quel pomeriggio ventoso.

la brezza insistente aveva spazzato via la solita cappa d’umidità e la città risplendeva nei suoi colori naturali sotto la cornice dell’arco alpino, uno spettacolo raro che aveva potuto ammirare mentre scendeva verso il centro dalla sua casa nella prima collina della città. Sono quelle giornate che ben dispongono l’animo e permettono ai sensi di accorgersi della primavera. Marina chiuse l’auto e s’avviò verso i portici: li percorse con calma, controllando il respiro, non voleva apparire troppo eccitata per quell’incontro, intendeva mantenere l’immagine di serena sensualità e sicura sessualità che si era creata precedentemente.

Prima di entrare nel bar posto quasi all’angolo della piazza, deviò dalla sua rotta quel tanto sufficiente a consentirle di posare il piede sui genitali del toro in ottone incastonato nel selciato. Gesto che, come tradizione vuole, porta bene!Varcò la soglia del Caffè e, subito, cercò lui. La penombra, dopo la luce intensa, non le consentì di riconoscere gli avventori per un istante, poi lo vide! Seduto innanzi ad un tavolino d’angolo nel margine destro in fondo alla sala, appariva come un normalissimo avventore che cercasse un attimo di tregua e di relax nella logorante giornata.

Teneva in mano la tazzina di caffè e, nell’altra, una copia del quotidiano locale; leggeva con apparente interesse le notizie ma, ad un esame più approfondito, si notavano i suoi occhi scrutare di continuo l’ingresso. Quando la vide s’illuminò per un istante poi tornò serio e assorto nella sua lettura. Marina attraversò il locale nella sua direzione camminando normalmente, poi percorse gli ultimi metri che la separavano da lui muovendo tutto il suo corpo con una grazia tale da strappare sorrisi ammirati a tutti coloro che aveva intorno.

– Ciao! – lo salutò- Ciao – rispose lui con il tono con cui si saluta una vecchia amicaLe fece segno di accomodarsi, quindi piegò il giornale e sollevò, discretamente, una mano in direzione del cameriere. Quando fu certo d’essere visto dispiegò l’indice indicando il numero uno. Poco dopo giunse al tavolo un altro caffè per Marina. Non si erano detti nulla nel frattempo, solo gli occhi si erano incrociati più volte lanciandosi messaggi in un linguaggio noto solo a loro.

Marina prese la tazzina e sorseggiò il liquido caldo e forte, poi domandò:- Cosa mi hai preparato oggi?- Vedrai! – fu la sua risposta. – La tua fantasia non ha limiti… non deludermi mai! – aggiunse lei terminando con un sospirato – Ti prego!- Non ti deluderò! E lo sai, per questo sei qui!- Sei molto sicuro di te! – sottolineò Marina – È questo che mi piace… e che mi eccita!Lei diede un intonazione particolare all’ultima frase rimarcando il concetto di eccitare.

Voleva fargli capire che era già pronta, eccitata, schiava del desiderio, e non poteva attendere oltre. Lo sguardo, il tono della voce, la posizione delle mani o il modo di muoversi; solo uno di questi indicatori era sufficiente a lui per capire lo stato d’animo di Marina, se poi analizzava l’insieme dei suoi messaggi riusciva pure ad intuire quale perversa fantasia impegnasse il suo cervello in un dato momento. Era questa grande intesa, o meglio sarebbe dire il dono esclusivo di lui nel comprenderla a fondo, alla base della loro storia.

Marina si stava chiedendo cosa avesse in mente l’uomo che le stava seduto innanzi, qual’era il programma di quel pomeriggio, cosa fosse riuscito ad organizzare per stimolarla, eccitarla e farla godere. Tentava di carpire dal suo sguardo un indicazione, di cogliere un indizio dai movimenti delle mani o dall’espressione delle labbra; ma era inutile: lui rimaneva sorridente ed impassibile, nulla lasciava intendere il gioco in atto tra loro. Giunta, ormai, al limite della sopportazione fece per abbozzare la domanda fatidica ma lui l’anticipò, dimostrando ancora una volta di saper leggere il suo corpo con la stessa facilità mediante la quale leggeva il quotidiano su cui appoggiava il gomito.

– Lo vedi quell’uomo seduto al tavolo vicino alla colonna di destra?Quello quasi alle mie spalle! – le domandò lui con aria d’intesa. – Sì, lo vedo! – rispose Marina mentre tentava d’osservare nella direzione indicata senza farsi scorgere. – Bene, tra poco si alzerà per uscire dal locale… tu lo seguirai!Lo pedinerai, stando bene attenta a non farti scorgere!Capito? – Spiegò lui. – Sì!Poi cosa devo fare?- Nulla!Seguilo e basta! Devi solo fare questo! – sottolineò.

– Ok! Si sta alzando ora!Vado!Lui non aggiunse altro, osservò Marina attendere che l’uomo oltrepassasse il loro tavolo per alzarsi ed iniziare il pedinamento; quindi chiamò il cameriere e pago il conto, piegò con cura il giornale e controllò di non aver scordato il pacchetto di sigarette sul tavolo, ed uscì anche lui. Intanto, Marina, stava seguendo l’uomo indicatole tenendosi a distanza, occultata tra la gente che sempre affollava quella zona centrale e commerciale della città.

Non lo perdeva mai di vista e ringraziava il fatto che lui camminasse lentamente, se avesse accelerato il passo lei non sarebbe riuscita a tenergli dietro a causa dei tacchi altissimi che indossava. Aveva già pensato, in caso di necessità, di togliersi le scarpe; però, sino ad ora, riusciva a mantenere una distanza costante da lui. Dentro di sé sentiva nascere ed espandersi in tutto il corpo una serie di piacevolissime sensazioni. Si sentiva eccitata non tanto sessualmente ma da ciò che stava facendo: il seguire un uomo sconosciuto per le vie della città le dava delle emozioni che non pensava di provare così facilmente.

Forse, pensò, era il gioco in atto ad eccitarla tanto. Non sapeva se quell’uomo era coinvolto in questo gioco o se fosse solamente una vittima casuale, ma era decisa ad andare sino in fondo per godere appieno di quegli stimoli. Improvvisamente l’uomo si fermò ad un edicola per fare acquisti. Marina, colta quasi di sorpresa, stava per avvicinarsi troppo a lui ma riuscì a fermarsi innanzi ad una vetrina e simulare un certo interessamento verso gli articoli esposti.

Appena lui si allontanò, lei riprese il suo tallonamento. Quando l’uomo svoltò in una via laterale e meno affollata, Marina lasciò che la distanza tra loro aumentasse. Lo seguì nelle successive svolte senza notare, a causa della sua eccitazione, che stavano tornando indietro verso la zona del caffè da cui erano partiti. L’uomo varcò deciso la soglia di un antico palazzo, il portone era aperto e Marina quasi si mise a correre per non perderlo nel suo interno; riuscì giungere in tempo per notare un ombra che svoltava nello scalone di sinistra: la seguì.

Aveva il cuore che batteva veloce per l’emozione, temeva di farsi scoprire a causa del rumore delle pulsazioni; camminava stando ben attenta a non battere i tacchi delle scarpe e scrutava ad ogni passo dove posava il piede. Questo, però, le fece perdere le tracce dell’uomo; l’aveva visto, o meglio credeva di averlo visto, svoltare da quella parte ma ora non ve ne era più traccia. Finalmente percepì il rumore di una chiave che girava in una serratura provenire dal primo piano del palazzo: s’incamminò in quella direzione.

Orami non si chiedeva più in cosa consistesse il gioco, era troppo eccitata da quell’inseguimento per non voler andare sino in fondo. Raggiunse il primo piano e si fermò ad osservare le cinque porte che si aprivano su quel pianerottolo, nessuna di esse le forniva il minimo indizio, pensò quindi di avvicinarsi per origliare su ciascuna di loro in modo da scoprire qualcosa di più. Dalla prima porta non veniva alcun rumore così come dalla seconda, appoggiò allora l’orecchio alla terza ma, proprio in quell’istante questa si aprì.

Una mano, forte e determinata, l’afferrò per l’avambraccio e la trascinò all’interno. Marina cacciò un urlo che le venne soffocato in gola dall’altra mano. – Così mi seguivi?! – più che una domanda era un’affermazione- Io……. – tentò di parlare lei- Perché mi seguivi?Per chi lavori?- Io non la stavo seguendo! – tentò di giustificarsi lei- Balle, ti ho notata sin da dentro il bar – affermò l’uomo mentre la trascinava per spingerla su di una sedia.

Marina cadde di peso sulla poltroncina, in quel momento vide finalmente il viso dell’uomo: era proprio quello che aveva ricevuto l’ordine di seguire. In quel momento capì d’essere entrata nel pieno svolgimento del gioco e si rilassò quel tanto sufficiente da farle notare che si trovava in un ufficio. Mentre il suo sguardo tornava sicuro di se si permise d’osservare qualche dettaglio: intanto che l’uomo la fissava torvo lei notò la video cassetta appoggiata sul tavolo, era quella acquistata poco prima in edicola e si trattava di un film pornografico dal titolo “Violenza in ufficio”.

In quel momento sentì un brivido gelato scorrerle sulla schiena. Forse il gioco non prevedeva che lei seguisse sino in fondo quell’uomo, e forse quell’uomo non era complice dell’altro. Se così era si trovava in una brutta situazione. Stava per accennare una spiegazione all’uomo ma questo aveva già afferrato un paio di forbici dal tavolo e le stava impugnando minaccioso. – Allora!Perché mi seguivi? – disse avvicinando l’arma a lei. – Lo sai! – disse Marina decisa a seguire il gioco qualunque risvolto avesse preso- Certo che lo so! – disse lui mentre un lampo di malizioso divertimento rompeva l’espressione dura che tentava di mantenere.

Marina ebbe in quel momento la conferma dei suoi sospetti: il gioco prevedeva che fosse “violentata” da uno sconosciuto in quel posto. Decise di subire quella violenza anche se, ormai, era tanto eccitata da far rischiare a lui d’essere violentato. Chiuse gli occhi e si concentro per un istante, il tempo necessario ad entrare del tutto nella parte e cancellare ciò che la sua razionalità aveva intuito. Lasciò libero l’istinto e si ritrovò davvero a temere quell’uomo armato di forbici innanzi a lei.

Lui stava parlando ma lei aveva perso l’inizio del discorso smarrita nei sui pensieri, quando focalizzò l’attenzione su di lui notò che si era aperto i calzoni e stava estraendo il membro semi rigido. – Succhia! – le ordinò mentre le offriva il pene ed appoggiava alla sua gola la punta delle forbici. Marina aprì la bocca e si lasciò penetrare, era limitata nei movimenti dal metallo pungente che sentiva premuto sulla pelle ma s’impegnò a dare il meglio di se.

Lui grugniva mentre il membro gli si ingrossava tra le labbra e spingeva sempre di più. Ad un certo punto Marina si ritrovò con la testa bloccata dallo schienale della poltrona ed il bacino dell’uomo quasi premuto contro il naso; il membro le entrava completamente in gola, lo sentiva superare le tonsille e spingersi giù. Non riusciva a respirare ma non osava tentare di sfuggire a causa delle forbici che continuava a percepire contro la pelle.

Quella situazione più che spaventarla la stava eccitando, si sentiva pronta ad andare oltre. L’uomo si muoveva nella sua bocca tanto che Marina pensava di sentirsi invadere dal suo seme da un momento all’altro, era pronta ad ingoiare tutto quando lui, improvvisamente, si ritrasse da lei. – Ci sai fare, vedo!Ora alzati e spogliati! – le ordinòMarina eseguì; si alzò in piedi ed iniziò a sbottonare lentamente la giacca del vestito. La lasciò cadere sulla poltrona, sotto non indossava altro che il reggiseno.

Era in procinto di slacciarlo quando l’uomo la fermò. – Prima la gonna! – le disseMarina eseguì: slacciò la gonna e la fece scivolare in terra, poi agganciandola con un piede se la portò all’altezza delle mani e la sistemò sempre sulla poltrona. Quindi si fermò per osservare l’uomo. Questi si avvicinò per scrutarne il corpo nei dettagli con uno sguardo tanto intenso da provocarle un brivido di piacere. Soddisfatto dalla sua reazione le puntò le forbici al ventre costringendola ad arretrare sin quando non si ritrovò appoggiata alla scrivania.

– Avanti! Adesso togliti tutto… ma tieni le calze e le scarpe. Mi piaci se rimani con le calze addosso!Quella richiesta diede il colpo di grazia a Marina, la sua mente disattivò ogni pensiero razionale per dare spazio all’a****lità. Si levò il reggiseno con mosse maliziose, scoprendo le mammelle poco alla volta poi levò gli slip, quindi si sedette sulla scrivania ed aprì le gambe in direzione dell’uomo. Non disse nulla, non una parola! La posizione che aveva assunto indicava chiaramente cosa si aspettava da lui, in quel momento i ruoli si erano invertiti: Marina da ipotetica vittima di violenza si era trasformata in una donna che chiedeva esplicitamente una prestazione particolare ed ai massimi livelli all’uomo che le stava innanzi.

Se lui fosse stato un vero violentatore quella mossa lo avrebbe spiazzato; vedere la propria vittima divenire attiva ed esigente non rientra nei piani di uno che si eccita con la violenza. La reazione di lui diede all’ultimo barlume di razionalità rimasto in Marina la conferma che questo era veramente il gioco previsto, quindi si abbandonò tranquilla agli eventi. Lui si sfilò il calzoni ed i boxer, tolse la giacca ma la fretta gli consigliò di tenere indosso la camicia e la cravatta; la donna che stava sulla sua scrivania non pareva disposta ad aspettare ancora a lungo.

Si pose tra le sue gambe e guidò il membro verso il pube, quando fu certo della posizione, con un colpo secco di reni, la penetrò. Si spinse profondamente in lei ascoltando compiaciuto i suoi gemiti di approvazione. – È questo che volevi? – gli domandò lei con la voce rotta dall’emozione. – E tu?Cercavi questo mentre mi seguivi?Non attese la sua risposta, in fondo la conosceva già, attacco subito un ritmo veloce e quasi violento: entrava ed usciva da lei con dei colpi secchi e decisi, tanto forti da farla sobbalzare.

Era facilitato in questo dalla sua forte eccitazione che la dilatava e lubrifica tanto da renderla in grado di accogliere qualsiasi cosa nel ventre. Sapeva che non era questo l’amplesso che l’avrebbe fatta impazzire di piacere, ma intendeva sfogare subito il desiderio che era nato appena aveva visto il viso della donna che ora stava sotto di lui. Calmata la frenesia di accoppiarsi con lei avrebbe potuto dedicarle le attenzioni che meritava. Tutto sommato lei pareva apprezzare quel ritmo, evidentemente il discorso della smania da soddisfare valeva anche per la donna che assorbiva i suoi colpi aprendosi il più possibile.

– Sei una caverna! – le sussurrò lui in un orecchio – Se non inizi a contrarre un po’ il ventre non sento più niente!Marina provava la stessa sensazione, anche lei quasi non sentiva più il membro, per altro di dimensioni più che ammirevoli, dell’uomo dentro di se. Facendo forza sulle mani sistemò il sedere proprio sull’orlo della scrivania poi si lasciò cadere sdraiandosi su di essa. Aprendo le braccia sollevò pure le gambe sino a metterle sulle spalle dell’uomo, quindi contrasse i muscoli del ventre dando così il segnale a lui di tornare a muoversi.

Ora il loro amplesso era più calmo, lento ed intenso, lui usciva quasi completamente da lei per poi entrare e spingersi sino in fondo. Una volta arrivato a premere i testicoli contro l’inguine dava ancora una serie di brevi colpi uniformandosi alle contrazioni di lei. Stava pensando di unire la stimolazione della mano sul clitoride alla penetrazione e cercava il modo di raggiungerlo, senza scombussolare la loro posizione, quando percepì un cambiamento nel ritmo di lei.

Fissò, allora, il viso della donna per cogliere i segni di ciò che sospettava. Gli occhi serrati con forza e le labbra tese in uno sforzo quasi insostenibile comunicarono l’imminenza dell’orgasmo e lasciavano presumere anche un’intensità fuori dal comune. L’uomo cercò, allora, di seguire come meglio poteva il ritmo di lei, dimenticando per un attimo il proprio piacere. Non dovette penare a lungo, pochi istanti dopo vide il corpo della donna scosso da un violento brivido prima di contrarsi tanto da arcuare la schiena.

La aiutò in questo afferrandola in vita, proprio sopra i glutei, per sollevarle il bacino, quindi spinse ispirato da ciò che sentiva avvenire nel suo ventre. Quando finalmente, si lasciò andare esausta anche lui si concesse una pausa, rimanendo però dentro di lei. Attese che il tempo necessario rispettando il suo languore, concedendosi solo dei lievi movimenti: trovava piacevole muoversi nel ventre di una donna subito dopo un orgasmo tanto intenso, gli piaceva cogliere con il membro i cambiamenti nell’interno del suo corpo, ascoltare la vagina chiudersi poco alla volta e rilassarsi pur rimanendo tanto lubrificata.

Questa mossa non sfuggì a Marina che gli domandò:- Dove vuoi svuotarti?- Dentro di te!Nella tua gola!- Non qui? – chiese lei indicando con la mano aperta sul ventre il luogo che intendeva. – Prima mi hai fatto impazzire con la bocca, vorrei riprovarlo!Dopo questa frase lui uscì ed offrì una mano a Marina per aiutarla ad alzarsi. La mise nuovamente seduta, quindi, la fece scendere dalla scrivania per tornare sulla sedia. Assunta la posizione iniziale le offrì il membro all’altezza delle labbra.

Marina lo prese con più passione questa volta, gli afferrò le natiche per trarlo a se in modo da farsi penetrare sino in gola. Succhiò e leccò il membro scorrendolo in tutta la lunghezza sino a farlo esplodere. Quando percepì tra le mani i glutei di lui contrarsi lo ingoiò tutto lasciandolo eiaculare direttamente nella gola. Sperò solo che non fosse un orgasmo troppo lungo, doveva respirare prima o poi, ma intendeva realizzare il sogno di quell’uomo che era stato in grado d’interpretare così bene la parte che gli era stata assegnata.

Appagati ed ansanti si rivestirono. Marina salutò con un lungo bacio sulle labbra il compagno di quel pomeriggio, lo fissò a lungo per imprimere nella memoria i tratti del suo viso, in modo da poterlo riconoscere se lo avesse incontrato. Aveva apprezzato a fondo le sue doti e sperava di poterlo trovare nuovamente sulla propria strada prima o poi. Prima di uscire scrutò per un ultima volta quell’appartamento alla ricerca di un segno che testimoniasse la presenza, anche occulta, dell’organizzatore di quell’incontro; ma non trovò nulla.

Mentre si dirigeva verso la sua automobile passò dinanzi al bar dell’appuntamento, per vedere se la sua guida era ancora lì ad attenderla; ma anche qui nessuna traccia. Salì in auto e si diresse felice verso casa. Nel tragitto controllò più volte i dettagli del suo abbigliamento e verificò di continuo il viso riflesso nello specchietto, alla ricerca di qualche cosa fuori posto e non giustificabile. Soddisfatta si preparò a presentarsi al marito stanca per la lunga passeggiata in centro ed arrabbiata per non aver trovato le scarpe che cercava.

“Già! Le scarpe!” pensò Marina. Si fermò a lato della strada a pochi metri da casa per sostituire le scarpe con il tacco alto con le altre basse che indossava quando era uscita. Ora era davvero tutto perfetto. Quattro giorni dopo ricevette un semplicissimo messaggio che riportava solamente un luogo ed un ora, niente altro: era il nuovo appuntamento con il suo regista. Sapeva che dopo questo ne sarebbe seguito un altro con indicate le modalità ed eventualmente il tipo di abbigliamento che doveva indossare.

Constatò, soddisfatta, che l’orario non le creava molti problemi poiché quello stesso giorno doveva accompagnare suo marito all’aeroporto un ora prima dell’appuntamento. Da lì al luogo indicato non occorrevano più di quarantacinque minuti di strada, le sarebbe restato un buon margine per rifarsi il trucco. Quando arrivò il secondo messaggio, però, scoprì che le cose non erano mai facili come potevano apparire all’inizio. In questo le si chiedeva d’indossare un abito elegante, leggero, e corto tanto da apparire seducente ma con discrezione, di colore scuro e attillato.

Non specificava altro, nessun accenno al tipo di serata previsto. Marina studiò diverse possibilità, non poteva accompagnare il marito all’aeroporto agghindata in quel modo, non avrebbe saputo trovare una spiegazione plausibile. Neppure aveva il tempo di ripassare da casa a cambiarsi e l’idea di farlo per strada, magari in un bar o in un negozio, non le piaceva. Molto semplicemente decise di indossare quell’abito sotto di un altro più casto e ordinario, sarebbe stato semplice sfilare via quello esterno, sostituire le immancabili scarpe e ritoccare il trucco.

L’unico problema rimaneva il reggiseno. Sì, poiché l’abito sexy che aveva pensato di vestire non prevedeva l’uso del reggipetto, mentre suo marito avrebbe notato immediatamente il seno libero anche sotto due strati di vestiti. Avrebbe dovuto sfilarsi anche quello una volta da sola. Per fortuna, pensò, non le aveva chiesto una pettinatura particolare o gli stivali lunghi o qualsiasi altra cosa difficile da mascherare. Tutto si svolse come previsto. All’ora programmata lasciò il marito dinanzi all’ingresso dell’aeroporto, lo salutò teneramente e lo guardò mente superava i primi controlli.

Gli lanciò ancora un saluto agitando il braccio sollevato, poi si voltò verso l’uscita. In quell’istante la sua espressione mutò repentinamente, lo sguardo dolce e, al limite, sofferente per il distacco si trasformò in uno freddo e deciso. Marina camminò veloce verso l’auto, salì e avviò il motore. Durante il tragitto di andata aveva notato una piazzola, ai lati della strada, dove gli arbusti erano sufficientemente alti e densi da nascondere comodamente una persona agli altri automobilisti.

Si fermò in quel luogo bloccando le gomme per un lungo tratto tanto andava veloce, con un occhio sull’orologio aprì il bagagliaio e prese un piccolo telo e il sacco di plastica posato al suo fianco. Corse nella macchia verde e stese il telo in terra, in quel momento pensò che se qualcuno l’avesse vista fermarsi e correre avrebbe, senza dubbio, pensato ad un impellente ed improvviso, nonché improrogabile, bisogno fisiologico. Sorrise mentre si sfilava l’abito esteriore e con i piedi scalciava le scarpe.

Tentennò in equilibrio su di un piede solo mentre l’altro s’infilava nella scarpa dal tacco alto, fece per appoggiarsi ad un ramo ma bloccò la mano a metà strada. Spine! Lei nutriva un odio profondo verso tutti gli arbusti spinosi; probabilmente dal giorno in cui, da piccola, era caduta in un rovaio. Temeva e detestava quelle piante e tutto ciò che era spinoso, se qualcuno le regalava delle rose rischiava di ritrovarsele appoggiate sulla testa in malo modo, spinte da sufficiente energia cinetica.

Rabbrividì mentre ritraeva la mano, quindi si costrinse a rallentare i suoi movimenti per non rischiare di cadere. Con calma infilò pure l’altra scarpa poi, sfilò le spalline dell’abito calandolo sino in vita e si tolse il reggiseno riponendolo nel sacchetto delle scarpe. Sistemò nuovamente l’abito al suo posto. Ora, senza reggiseno sentiva meglio, il serico tessuto che scivolava sulle mammelle le dava una piacevolissima sensazione eccitante. Raccolse la sua roba e tornò verso la macchina, sistemò tutto nel bagagliaio quindi partì in direzione della città.

Arrivo sul luogo dell’appuntamento in perfetto orario, come sempre. Si guardò intorno ma della sua guida neppure l’ombra. Attese nei pressi dell’auto come le era stato indicato; sul momento non pensò che proprio quella via era frequentata dalle prostitute e dai loro clienti. Anzi, era il luogo in cui lavoravano le più belle ragazze dedite a questo mestiere, sempre giovani, eleganti e molto, molto, care!Realizzò dove si trovava e l’immagine che dava di se nel momento in cui si fermò, al suo fianco, una lussuosa berlina inglese.

L’uomo al volante, dopo aver abbassato il finestrino, la salutò con garbo e le domandò se era libera. Subito Marina visualizzò il solito marpione in cerca d’avventura, poi capì bene cosa intendeva e capì che era in cerca di una prostituta per la notte. Gli spiegò molto educatamente che lei non lavorava lì ma era semplicemente in attesa di un amico. L’uomo la guardò con aria ironica poi le consigliò di cambiare luogo di appuntamento la prossima volta.

Marina prese il cellulare per controllare ancora una volta l’ultimo messaggio ricevuto dal suo amante: non c’erano dubbi, il luogo era proprio quello e lui chiedeva di aspettarlo fuori dalla macchina. Cosa aveva in mente questa volta?Intendeva forse farla prostituire?Il gioco che la sua mente malata di trasgressione aveva immaginato prevedeva questo?Non sapeva rispondersi. Nel messaggio oltre al luogo e l’ora non c’era altro. Se lui avesse desiderato che lei accettasse le proposte di uno sconosciuto di passaggio certamente lo avrebbe specificato.

Restò lì in attesa, vedendo passare molti uomini in cerca di compagnia, qualcuno di questi si fermava vicino a lei e le domandava, ognuno a suo modo, quanto voleva, qual’era il suo prezzo. Marina si sentiva sempre più umiliata e preoccupata. Se passava qualcuno che la conosceva non avrebbe saputo spiegare la sua presenza in quella via e vestita in quel modo così sexy; al contempo un’incerta forma di esaltazione iniziava a diffondersi dentro di lei quando notava il numero di possibili clienti che si fermava da lei in confronto a quello che avvicinava la ragazza dopo l’incrocio.

Le ragazze che frequentavano quella via erano tutte alquanto carine oltre che giovanissime, di certo qualcuna era molto più avvenente di lei; però gli uomini si fermavano spesso per cercare di adescarla. Questo stava ad indicare che nonostante i trent’anni passati era ancora una bella donna, desiderabile tanto da spingere un uomo a pagarla. Forse era questo l’intento del suo maestro quando le aveva dato indicazioni precise sul luogo e le modalità d’attesa. Marina era felice per quanto aveva intuito ma il tempo passava e lui non si faceva vedere.

Era uscita di casa con il preciso intento di passare una notte di sesso e non aveva intenzione di rinunciarvi. Forse lui la stava osservando, anzi di certo spiava le sue mosse ed il suo comportamento nascosto in qualche luogo. Inutile tentare di scoprirlo, sapeva quanto era abile nel camuffarsi in quelle occasioni. Però aveva voglia di sesso! Decise che se non si fosse fatto vivo da lì a dieci minuti avrebbe accettato la compagnia del primo uomo passabile che si fosse fermato da lei.

Solo il pensiero di darsi ad un uomo in cambio di denaro, la consapevolezza che qualcuno sarebbe stato disposto a pagarla per le sue prestazioni sessuali, la stava eccitando. Percepì immediatamente i capezzoli premere contro il tessuto dell’abito, ogni sua minima mossa si trasformava in una sensualissima carezza al seno. Abbassò lo sguardo per valutare quanto si notassero la loro erezione e si sconvolse per ciò che vide: il suo corpo era un faro che irradiava desiderio.

Convinta del suo proposito si avvicinò di più alla strada mettendosi bene in mostra, era decisa e nulla l’avrebbe fermata se non lo squillo del suo telefono. Rispose prontamente alla chiamata: era lui. Le diede un nuovo appuntamento pregandola di fare presto. Marina salì in macchina e, a malincuore, lasciò quella via. Mentre guidava in direzione del centro ripensò a quanto aveva deciso di mettere in pratica. Era ancora eccitata e l’idea di prostituirsi, almeno una volta nella vita, continuava a solleticare la sua fantasia.

Sapeva che il giorno dopo, a mente fredda, quei pensieri le sarebbero parsi per quel che erano: una sciocchezza. Ma in quel momento non riusciva a pensare ad altro. Quella notte il suo amante doveva davvero inventarsi qualcosa di speciale per soddisfarla; dopo aver raggiunto e superato la barriera mentale che le avrebbe consentito di prostituirsi Marina, ora, necessitava di un gioco ancora più trasgressivo del solito, una trasgressione tanto perversa da farle dimenticare quella che aveva appena sognato di realizzare da sola.

Quando continui ad aggiungere sale alle pietanze ti troverai nelle condizioni di percepire insipido qualsiasi manicaretto se non aggiungi altro sale, e la sua guida continuava ad aggiungere sale nei loro incontri!Quando raggiunse il nuovo luogo d’incontro lui la stava aspettando in apparente ansia. – Eccoti, finalmente!Sbrighiamoci che stanno per iniziare! – disse lui a mo’ di saluto. – Iniziare che? – domandò Marina, abituata ai modi spicci di lui in determinate occasioni. – La conferenza!- La che …? – domandò ancora lei.

Marina non attese risposta, segui lo sguardo dell’uomo sino a collimare il suo sul manifesto, appoggiato contro il muro del palazzo, che reclamizzava il XII° simposio sulle influenze Eleuse nel pensiero dei neopitagorici dalle origini ad oggi. Sul momento pensò ad uno scherzo, il luogo di quell’appuntamento era stato scelto per farle credere che lui veramente intendesse portarla lì dentro, poi capì che non stava affatto giocando quando le cinse la vita e la guidò verso l’ingresso.

Marina era troppo stupita per permettere alla rabbia, nata dalla delusione, di dar voce alla lunga serie d’improperi che stava immaginando; quindi seguì l’uomo rassegnata. “…e nella Demetra greca si può forse riconoscere l’Iside egizia?I Greci ammettevano la sua origine straniera. Non ci soffermeremo sul complesso problema storico, peraltro mal dibattuto in passato, circa la provenienza di questa Dea-Madre, ovvero se sia giunta dall’Asia minore e dalle sponde dravidiche, oppure se abbia intrapreso una deviazione passando per la valle del Nilo: in effetti, avrebbe potuto seguire entrambe le vie…”“Allucinante! Semplicemente delirante!”Marina era seduta nella sesta fila alla destra del suo amante ed ascoltava, passiva, il discorso iniziale d’apertura dei lavori con malcelata indifferenza e ripeteva di continuo, nella mente, quella filastrocca per calmarsi.

La sua rabbia era nata dalla delusione. Si aspettava, e desiderava, un incontro immediatamente focoso, una bacio da togliere il respiro e una corsa verso il luogo in cui si sarebbero accoppiati. Invece la stava costringendo a sopportare quella conferenza di cui non le importava nulla. D’un tratto percepì qualcosa appoggiarsi sul suo fianco destro, un tocco lieve ma quasi spudorato considerando che tendeva ad avvicinarsi al seno. Voltò lo sguardo in quella direzione e solo in quel momento s’avvide della presenza di un uomo giovane e molto carino, dallo sguardo intenso e provocante.

Marina lo studiò per un lungo istante, durante il quale il giovane bloccò la sua mano, poi si voltò verso il suo uomo, senza dir nulla al ragazzo, e vide che lui stava inviando messaggi con gli occhi all’altro. In quell’istante Marina comprese che il gioco era in pieno svolgimento. Si lasciò quindi toccare da quello sconosciuto facilitandolo. Si sistemò appoggiando il peso su di un fianco, in modo da guardare il suo uomo ed esporre il sedere verso l’altro.

Mentre fissava gli occhi del suo amante percepiva le delicate carezze dell’altro. Il luogo era stranamente affollato, considerato l’argomento, e la stanza perfettamente illuminata; non poteva, suo malgrado, ricevere delle carezze più esplicite. Marina leggeva negli occhi del suo uomo la sua stessa eccitazione e rivedeva in loro la luce che emanavano i suoi: impazziva per questa loro profonda unione e intesa. Il giovane continuava ad accarezzarla tentando d’intrufolarsi sotto la corta gonna, aveva già avvertito le autoreggenti attraverso il tessuto ed aveva indugiato parecchio sul loro confine, ma non poteva andare oltre senza correre il rischio di farsi notare.

Il discorso introduttivo ai lavori durò quasi un ora, per tutto quel tempo Marina fu torturata dal desiderio; si sforzava di apparire interessata a quei discorsi nonostante le continue occhiate che lanciava alternativamente al suo uomo ed al ragazzo. Quando, finalmente, l’oratore concluse invitando l’assemblea a spostarsi nelle sale attigue, dove una piccola esposizione di manufatti avrebbe consentito di approfondire il tema trattato, Marina agilmente si alzò e disse al suo uomo:- Ora o mai più!- Vieni con me! – disse luiIl messaggio di Marina stava ad indicare la sua disponibilità ad essere messa al centro delle attenzioni di due uomini.

Da sempre la sua guida aveva tentato d’indurla in questo gioco ma lei aveva ogni volta declinato l’offerta. Era disponibile ad ogni tipo di accoppiamento con lui, poteva darsi ad uno sconosciuto, se lui lo desiderava, ma non se la sentiva ancora di provare il piacere di due uomini o di dividere il suo con un'altra donna. In quel momento, grazie al lungo gioco di seduzione ed eccitazione, dopo essere stata spinta a sognare una trasgressione più intensa del solito, si sentiva pronta.

Lui la prese per mano e la guidò nella direzione opposta al flusso dei partecipanti, tornano nell’androne del palazzo e salirono le scale sino al primo piano dove entrarono in un piccolo appartamento arredato con gusto; chiaramente la casa di un single a giudicare dalla scarsità dei suppellettili. Marina si domandò come riuscisse lui a trovare sempre un luogo nuovo dove incontrarsi, non le era mai capitato farlo nel medesimo posto. Appena entrati lui chiuse la porta a chiave, poi si rivolse a lei per domandarla ancora una volta:- Se sicura?Te la senti?… lo vuoi veramente?- Sì! – rispose lei con il cuore in gola.

Lui si avvicinò per cingerle la vita, quindi la baciò violandole finalmente le labbra con la lingua. Marina si lasciò prendere completamente da quel bacio, abbandonò ogni pensiero concentrandosi sulle labbra e sulla lingua che si muoveva in lei. Quando percepì altre mani sul corpo ebbe un lieve sussulto e spalancò gli occhi cercando quelli del suo uomo per ricevere da lui la forza di andare oltre, poi, soddisfatta li richiuse e lasciò che i due uomini giocassero con lei.

Venne spogliata con dolcezza dall’unione delle loro forze: mentre quello dietro di lei apriva l’abito, quello davanti lo faceva scivolare ai suoi piedi. Marina rimaneva passiva e concentrata sulle sensazioni che riceveva mentre, con gli occhi, cercava oltre alla forza anche il consenso del suo uomo. Rimasta con solo gli slip, le calze e le scarpe indosso, offriva il pieno spettacolo del suo corpo agli uomini. Colui che lei si ostinava a definire la sua guida, le stava innanzi e, con un dito, seguiva il contorno del seno salendo, a volte, sino a sfiorarle la gola.

L’altro le accarezzava i fianchi, fermandosi sul limite della biancheria. Marina respirava sommessamente, quasi avesse timore di rompere quell’incanto fatto di innumerevoli e dolci coccole. Le piaceva sentire quelle mani che l’accarezzavano con rispetto, scivolavano sulla pelle senza premere troppo e senza oltrepassare quei limiti immaginari oltre i quali sarebbero diventate audaci e sfrontate. Però iniziava desiderare qualcosa di più, un tocco in grado di stimolare i sensi oltre la semplice tenerezza. Come se riuscissero a leggere il suo pensiero, le mani del ragazzo alle sue spalle salirono verso il seno per afferrarlo e stringerlo.

Marina emise un gemito e si lasciò cadere all’indietro per appoggiarsi al ragazzo; sentiva, ora, il membro del giovane, completamente eretto, premere sui suoi glutei con forza anche attraverso i calzoni. Decisa a segnalare le sue intenzioni si mise a muovere il sedere contro di lui seguendo delle orbite lente e sinuose; capì che il messaggio era stato recepito da come il giovane iniziò a palparle il seno. Durante questa operazione aveva tenuto gli occhi chiusi, dimenticandosi, per un attimo, che non erano soli, quando li aprì vide il suo uomo in procinto di inginocchiarsi ai suoi piedi.

Sul momento non comprese le sue intenzioni, ma appena percepì due mani appoggiarsi sull’elastico degli slip comprese. Spinse, allora, in avanti il pube in modo da favorire il suo uomo nell’impresa di denudarla completamente, ma lui le lasciò gli slip all’altezza delle ginocchia per avvicinare il viso alla vulva ed insinuare la lingua tra le labbra. Marina trattenne a stento un urlo quando la bocca del suo uomo risucchiò il clitoride tra le labbra, una fitta di piacere partì da lì per espandersi il tutto il corpo tanto da renderla instabile sulle gambe.

Il ragazzo la sostenne con le mani sempre strette sul seno mentre lei tentava di aprire le gambe all’altro. Non era una posizione tale da consentirle di ricevere sin dove voleva la lingua del suo uomo, mentre godeva soffriva pure per il desiderio non realizzato. Era dibattuta nel dubbio di lasciare ai due uomini la conduzione del gioco o se passare lei alla direzione e guidarli in modo da ottenere il massimo piacere possibile, ma trovandosi per la prima volta in quella situazione esitava ad agire.

Fu il giovane a prendere l’iniziativa: lasciò scivolare le mani dal seno verso il basso, sino a cingerle nuovamente la vita, quindi la sollevò e con dolcezza la trascino verso il divano. Marina lo seguì camminando all’indietro, senza guardare dove la stava portando e senza preoccuparsi d’intuire le sue intenzioni. Lui si sedette e la guidò in modo da farla accomodare sulle ginocchia, quindi la posizionò con il sedere premuto contro il membro e la premette forte contro di se mentre con le ginocchia la induceva ad aprire le gambe.

Marina seguì gli ordini silenziosi del giovane senza mai staccare lo sguardo dal suo uomo. Si rese conto in quel momento di essere l’unica completamente svestita, sia il ragazzo che la sua guida avevano ancora tutti gli abiti addosso. Con un gesto richiamò l’uomo vicino a lei, attese che lui si posizionasse, quindi gli afferrò la cintura dei pantaloni per slacciarla. Velocemente apri pure la patta e gli calo le braghe. Continuando a strofinare il sedere contro il membro del ragazzo armeggio con i boxer dell’altro sin che riuscì a conquistarne il membro.

Appena lo prese in mano lo strinse soddisfatta, lo ammirò da vicino poi aprì la bocca mentre si chinava verso di lui e lo ingoiò a fondo. Aspirò con forza mentre lo faceva scivolare tra le labbra sino a strappare un lungo gemito di piacere al suo uomo. Lo fece entrare ed uscire più volte dalla bocca, lo stimolò con la lingua sin che non ritenne di averlo eccitato a sufficienza, allorché si sollevo dal ragazzo per scivolare sulle ginocchia innanzi al suo uomo.

Durante questa operazione riuscì ad ordinare al giovane di spogliarsi e di tornare in quella medesima posizione. Detto questo non si curò più di lui, dedicò tutta l’attenzione al suo maestro dando fondo al suo vastissimo repertorio di aspirazioni, succhiamenti, giochi di lingua, di labbra e di denti. Portò l’uomo più volte sull’orlo dell’orgasmo ed ogni volta lo teneva lì, in bilico, sin quando lo sentiva nuovamente rilassarsi. Intendeva farlo godere ma non esplodere, voleva il suo seme dopo, quando lo avrebbe ricevuto insieme a quello del giovane.

Finalmente il ragazzo era tornato al suo posto sul divano, Marina lo capì da come le stava accarezzando la schiena. Sollevando gli occhi verso il suo uomo lasciò uscire lentamente il membro dalla bocca mentre si sollevava per tornare a sedersi sul giovane. Era decisa ad accogliere nel ventre il ragazzo, e voleva farlo mentre guardava negli occhi il suo amante. Sapeva, o almeno supponeva, che le volte in cui l’aveva spinta tra le braccia di un altro, lui era presente all’amplesso, ma non lo aveva mai visto.

Ora intendeva scoprire quale fosse la sua espressione mentre lei si faceva penetrare da un altro uomo. Si sistemò sul giovane volgendogli la schiena, quindi portò il sedere sin contro il membro ma era troppo arretrato per consentirle di unirsi a lui. Marina, allora, si posizionò nel punto esatto ed invitò il giovane a farsi avanti. Lo sentì scivolare tra le sue gambe sin che percepì le sue mani divaricare le labbra della vagina e guidare il pene in posizione, allora scese su di lui.

Era molto eccitata ed il membro scorreva in lei senza alcuna difficoltà, come lo sentì ben allineato sollevò il viso in direzione del suo uomo quindi scese, lentamente, sino in fondo. Accolse tutto il pene del giovane nel ventre, non parca, aprì ancora di più le gambe in modo da guadagnare qualche millimetro, quindi si contrasse il ventre in modo da sentirlo al meglio. Fece tutto questo sempre fissando negli occhi il suo maestro.

Era rapita dal suo sguardo tanto acceso ed eccitato da spingerla a compiere delle azioni che mai si sarebbe immaginata di attuare. Prese a muoversi sul giovane, salendo e scendendo in modo da scorrere tutta l’asta del pene. Le piaceva sentirlo entrare in lei e si eccitava nel farlo sotto lo sguardo attento del suo uomo. Stava provando un forte piacere nonostante non ricevesse altro stimolo da quello. “Adesso lo dovrei succhiare a lui!” pensò.

Invitò il suo amante a farsi avanti sino a porgerle nuovamente il pene all’altezza della bocca. Appena riuscì ad afferrarlo con una mano lo ghermì con forza e se lo guidò verso la bocca. Ora si trattava di riuscire a combinare i due movimenti senza per questo perdere un solo istante del proprio piacere. Per Marina fu più semplice di quanto sperasse, lasciò che fosse l’istinto a guidarla in quel duplice accoppiamento: saliva e scendeva sul ragazzo stringendo la vulva contro il suo membro in modo da percepirlo al meglio e succhiava e leccava il pene del suo uomo.

Si accorse di muovere la lingua in base alle sensazioni che riceveva da sotto, più erano intense più piacere dava al suo uomo. Dentro di lei i pensieri nascevano in rapida sequenza e si miscelavano tra di loro caoticamente, non era in grado di seguire ed apprezzare sino in fondo tutte le sensazioni che provava; si sentiva piacevolmente eccitata, spudorata, disinibita, oscena ed immorale, decisamente lasciva e profondamente “vacca”. Quel termine aveva il potere d’eccitarla ulteriormente, le piaceva ripeterselo in tutte quelle occasioni in cui superava il limite della sua perversione sessuale.

La sua educazione le imponeva d’evitare l’uso d’espressioni così forti, ma era questa ulteriore violazione alla norma ad aggiungere un altro pizzico di condimento nella gustosa pietanza della trasgressione. Mentre seguiva i suoi pensieri aveva preso a muoversi in modo sempre più efficace, sia per lei che per i due uomini. Sentiva i loro membri gonfi all’inverosimile e pronti ad esplodere in lei; il ragazzo la stringeva forte sui fianchi nel vano tentativo di limitare l’escursione delle anche, ed il suo uomo seguiva in controtempo le oscillazioni del viso per ridurre lo stimolo ricevuto dalle labbra.

Marina non si era mai sentita così “femmina”; stava gestendo al meglio il piacere di due uomini ed era padrona delle loro sensazioni. La consapevolezza di tutto il potere che teneva in mano, per modo di dire, l’esaltava al punto di far passare in secondo piano lo stimolo fisico rispetto all’orgasmo psichico che stava raggiungendo per la prima volta nella sua perversa storia. Il piacere montava costante ed inesorabile, guidandola nei movimenti. Si rese conto dell’effetto che avevano queste mosse sul ragazzo nell’istante in cui lui tentò di sollevarla per allontanarla da se per non eiacularle dentro.

Marina, però, nutriva il desiderio di sentirlo pulsare nel ventre, quindi si premette con forza contro di lui, spingendo in modo da farlo entrare completamente nel ventre. Il ragazzo non riuscì più a controllarsi e venne dentro di lei. I gemiti del giovane uniti le sue pulsioni spinsero Marina oltre la soglia dell’orgasmo. Colse, dapprima, un flebile piacere nascere lento nel profondo del ventre, localizzato proprio nel punto dove percepiva il seme del ragazzo allargarsi in lei; poi, questo piacere, iniziò a crescere in modo esponenziale, senza un solo cedimento, senza tregua, senza alcuna pietà.

Marina voleva urlare il suo godimento ma il pene del suo uomo, profondamente introdotto nella gola, non lo consentiva. Aveva perso ogni contatto con la realtà, esisteva solo il piacere, nella sua forma più pura, del tutto scollegato dalla situazione o dagli stimoli che lo avevano generato. Il tempo non aveva più alcuna importanza. Quando un barlume di lucidità si fece spazio nella sua mente non riuscì a determinare la durata temporale del suo orgasmo.

Spostò l’attenzione al basso ventre nella speranza di cogliere ancora la dura presenza del ragazzo e si strinse, ancora una volta, contro di lui. Per tutta la durata dell’orgasmo, la lingua aveva continuato, meccanicamente, a muoversi sul glande del suo uomo, senza che lei la governasse o se ne rendesse conto, fu quindi una sorpresa il ricevere in gola un possente fiotto di sperma. Il caldo e denso liquido spinsero l’anima di Marina ancora una volta al di là del limite del piacere.

Questo nuovo orgasmo fu più dolce del primo; ciò le consentì di cogliere gli stimoli della ragione, nati dalla consapevolezza della situazione che stava vivendo, ed unirli ad esso. Il piacere prese una nuova forma, un aspetto già noto ma che assumeva un diverso valore a causa della situazione altamente trasgressiva che stava vivendo. Ingoiò buona parte di quel seme mandandolo, idealmente, ad unirsi a quello del giovane. Svuotata di ogni energia scivolò via dal giovane cadendo sul divano al suo fianco e allungò le gambe per lenire il dolore causato dal lungo sforzo.

La posizione che aveva assunto era, forse, volgare ma invitante. Avvertì una voce, ai limiti della coscienza, che diceva qualcosa al ragazzo, ma non se ne curò; il languore, padrone del suo corpo, la costringeva a mantenere gli occhi chiusi e tutti i muscoli rilassati. Fu contro ogni sua volontà che accolse il suo uomo in mezzo alle gambe. Lui s’inginocchiò innanzi a lei e le aprì dolcemente le ginocchia, poi scivolò in avanti sino a fermarsi tra le cosce.

Marina credeva d’intuire la sue intenzioni ma non aveva la forza e la volontà di fermarlo. Si lasciò penetrare completamente passiva, sollevò solo il pube quel tanto sufficiente per accogliere il membro del suo uomo senza fatica. Sentiva chiaramente il membro muoversi in lei, scivolare lungo le pareti della vagina ancora umide, però non provava ancora piacere; era trascorso troppo poco tempo dagli orgasmi precedenti. Quella presenza era un fastidio in quel momento, ma più sgradevole per lei era dire di no all’uomo che amava.

Sperava che non durasse a lungo per poter finalmente riposare ma una frase dell’uomo cambiò, d’un tratto, la valenza di quel nuovo amplesso. – Sei calda… umida… fradicia. Sento che scivolo in te grazie al seme di un altro uomo!Mi eccita questa cosa!A te no?Marina non rispose, si limitava ad ascoltare quelle parole e a farle entrare nella mente per risvegliare un desiderio che non credeva di poter provare ancora in quella serata. – Guarda!Su, guarda! Stai colando sperma dalla vagina ogni volta che esco da te!Come ti senti ora?Marina spinse lo sguardo nel punto indicato.

Quello che vide era il membro del suo uomo che entrava ed usciva da lei, poi notò il liquido semitrasparente a cui alludeva lui e realizzò. Voleva rispondere alla sua domanda. Intendeva dirgli che si sentiva spudorata, disinibita, libera, femmina, ma un impulso di piacere particolarmente forte la costrinse a sopprime un urlo. Ora era nuovamente entrata nella parte, pronta a godere ancora del suo uomo. Tornò a muoversi attivamente aprendosi a lui per accoglierlo dentro il ventre come prima aveva preso il giovane.

Più ripensava a cosa aveva fatto più cresceva il piacere. Questa volta a spingerla verso l’orgasmo fu il pensiero di cosa potesse pensare, l’uomo che la stava prendendo, di lei dopo averla vista cavalcare un altro mentre ingoiava il suo seme. Quando inarcò la schiena in preda agli spasmi di piacere lui spinse con ancora più forza. Aumentò il ritmo muovendosi come in preda alla follia sin quando non si bloccò anche lui per eiaculare nel profondo del suo ventre.

Marina ora era davvero sfinita. Resto in quella posizione, senza riuscire a muoversi, anche se temeva che il giovane trovandola così decidesse di prenderla ancora una volta. Sentiva che non avrebbe più retto un altro accoppiamento. Non accadde nulla di tutto questo. Il giovane non si fece più rivedere, in qualche modo era uscito dall’appartamento, e la sua guida l’aiutò a rivestirsi con la dovuta calma. Marina sentiva il bisogno di una doccia, o meglio di un lunghissimo bagno, ma preferiva raggiungere per prima cosa la propria casa.

Uscì in strada accompagnata dal suo uomo, da colui che, negli anni, era diventato prima amante e poi guida, maestro di perversione. Marina lo salutò con un lunghissimo bacio sulla bocca, poi salì in macchina. Non si dissero altro se non un semplice saluto, le parole avrebbero rovinato quel momento. Meglio era parlarne con calma, a mente fredda in un'altra occasione. Prima di tutto Marina doveva assimilare i fatti di quella notte, accettarli e scoprire se realmente provava il desiderio di ripetere l’esperienza di un gioco a tre.

Sapeva che se avesse deciso di andare avanti le sarebbe capitata l’occasione di dover dividere il suo uomo con un'altra donna. Quando arrivo a casa trovò suo marito ad aspettarla. Marina non gli domandò del viaggio ed i motivi che lo avevano spinto a rientrare, ormai il gioco era terminato per quella notte. Fra le tante cose che non capiva di lui c’era questo suo presunto dono di essere sempre presente al posto giusto nel momento giusto: come poteva aver raggiunto così in fretta il luogo del suo appuntamento se lo aveva lasciato all’aeroporto appiedato?Come riusciva, tutte le volte, ad arrivare prima di lei all’appuntamento?Come era possibile che riuscisse ad apparire un normalissimo marito, un amante, una guida, un maestro… ed in ogni interpretazione nascondere ogni traccia della precedente?Se non fosse stato per il viso, per il corpo, per quegli occhi che amava profondamente, avrebbe pensato di trovarsi innanzi ad un'altra persona.

Invece era sempre lui a guidare i suoi giochi, iniziando con il darle l’illusione di tradire un marito disattento per finire con il guidarla da maestro nei giochi più trasgressivi. Mentre scorreva l’acqua della doccia Marina si poneva queste domande, come sempre dopo ogni loro gioco. Amava quell’uomo nonostante fosse un attore migliore di lei. Un solo dubbio le procurava un certo dolore: se era così abile a recitare quelle parti … chi le assicurava che non ne recitasse anche altre, come ad esempio quella principale del marito premuroso ed interessato solo ed esclusivamente al piacere della propria compagna?Una donna in un’orgiaQuanti anni erano passati.

I ricordi dell’ infanzia gli tornavano in mente uno dopo l'altro, mentre percorreva gli stanzoni vuoti della vecchia casa. Si erano trasferiti da oltre dieci anni, ora lui era praticamente un giovanotto. Aveva passato da un’ altra parte tutta l’ adolescenza e la gioventù e, si sa, quegli anni per i giovani sono paragonabili ad un abisso temporale. Pieni di cambiamenti fisici e psicologici. La crisalide diventa farfalla ed è pronta per affrontare il suo destino: forte e matura.

La vecchia casa di famiglia si era liberata, da poco, dagli inquilini e si erano detti: perche tenerla abbandonata?D' accordo con i genitori, avrebbe organizzato lì il suo studietto di disegno (aveva appena terminato il primo anno di Ingegneria) e, pensò tra se, per portarci anche qualcuna delle sue conquiste. Cosi, per scopare, non avrebbe dovuto più ricorrere ai mille, scomodi espedienti che rendevano ancora più bramoso e intrigante il sessogiovanile. Immaginandosi le scene di cui sarebbe stato protagonista si senti come un pascià, pronto a spalancare la porta del suo Harem privato.

Qualche giorno dopo, entrando nel portone pieno di scartoffie da portare in casa, si incrociò con un giovanotto longilineo dall’ aspetto familiare. Dopo un attimo di esitazione, lo squadrò, poi disse: – Ehi! Simone! – L'altro rispose con un sorrisetto sardonico. – Ciao – aggiunse Lucio – da quanto tempo… –- Però! Mi avevano detto che eri tornato. – disse Simone. – E tu, invece? Non ti sei mai mosso dalla vecchia casa? – chiese.

– E dove vuoi che vada? I vecchi sono morti e mi hanno lasciato la casa. Almeno riesco a viverci… -Lo guardò con comprensione e dissi: – Mi dispiace, non sapevo. –E, Simone: – Lascia perdere è relativo, in realtà ero stato adottato. – Dai, mi ha fatto piacere rivederti, io ci sarò spesso… Vieni a trovarmi, non farti problemi, attraversi il pianerottolo e sei da me… tanto sono sempre da solo. — Ok! – disse – vedremo.

Ciao, allora, adesso vado. – e Simone si perse tra i vicoletti antichi. L’ attività di giovane dalle larghe prospettive si ampliò e si intensificò per Lucio. Inoltre si era alla fine degli anni settanta e le ragazze dell’ epoca erano in piena rivoluzione sessuale. Le minigonne e i minishorts impazzavano, le discoteche per gli studenti erano aperte dalle 10 di mattina … le occupazioni universitarie e le “comuni” erano all’ ordine del giorno e il sesso si praticava in ogni sua forma: spesso e volentieri.

Cicciolina e Moana erano le nuove ambasciatrici della ricerca erotica. Naturalmente per Lucio avere uno studio-garconniere non poteva che rappresentare un grande vantaggio. Inutile dire che l’andirivieni di amici e ragazze in abiti succinti non passava inosservato nel vicoletto. Ma i tempi erano cambiati, le case erano piene di studenti in affitto che arrivavano da tutto il Sud per frequentare le varie facoltà universitarie. Nessuno più si fossilizzava a controllare cosa succedeva agli altri: la vecchia città, diventava una metropoli.

Intanto, il povero Simone sbarcava il lunario alla meglio e soprattutto essendo chiuso e schivo: non batteva chiodo. Gli incontri di pianerottolo si susseguivano e spesso, in tutta onestà di intenti, Lucio provò a inserirlo nel giro di facili scopate … ma con nessun risultato pratico. Un pomeriggio di tranquillità relativa Lucio invitò l’amico di infanzia ad accomodarsi per chiacchierare un poco e per fargli vedere i suoi progetti … e anche per dimostrargli che non era solo un satiro, ma anche uno studente attento e appassionato.

Parlarono del più e del meno … all’ epoca un whisky e una Marlboro accompagnavano di prassi ogni chiacchierata. Il discorso, a un certo punto, cadde sull’ argomento: sesso. Lucio incitava Simone a non farsi troppi problemi nell’ abbordare una ragazza, magari anche una di quelle amiche che spesso, seminude si aggiravano per casa sua. Ma l’altro era “tosto” e proprio non se la sentiva di paragonarsi all’ amico, che nella sua immaginazione limitata era, praticamente, un vero play boy.

Quando l’ argomento diventò più diretto, Lucio disse: – Ma allora insomma, come fai? Non scopi? –La risposta di Simone tendeva al vago e al sibillino, ma in realtà non negava di limitarsi all’ auto erotismo per soddisfare il suo piacere. E Lucio ridacchiava. I “rossori” e le titubanze dell’ amico, praticamente ancora vergine lo divertivano, e un po’ lo stimolavano. Negli ultimi anni di grande attività fisica, Lucio non si era negato neppure come gigolò, e poco importava se i suoi amici generosi, erano donne mature o uomini importanti, con la passione per il “pisello”.

Parlare con un ingenuo come Simone lo stuzzicava. L’ età era quella in cui, se non arrivava almeno due volte al giorno, si sentiva a disagio: e così un po’ per esibizionismo e un po’ per fare sesso con un uomo senza ricevere un compenso, ma per il puro piacere di dominare, lo eccitò. Con disinvoltura seppe ritrovare nella mente dell’ amico i ricordi di infanzia e così, quasi per gioco, cominciarono a rinvangare il passato.

– Ricordi quando me lo prendevi in bocca – diceva Lucio, mentre tirava fuori il cazzo già duro dai pantaloncini. – In quella stanzetta scura – disse – ricordo ancora quelle volte che arrivavi da sotto, da dietro alle mie gambe … mettevi la testa sotto le palle ed, io abbassandolo con la mano, ti premevo il cazzo in bocca. –Simone non aveva né la forza né la volontà per reagire e così, ancora una volta, come se il tempo non fosse mai passato, si sedette sul divano e, senza remore, cominciò a fargli un bocchino.

In poche ore il leone rampante e arrapato che si nascondeva in Lucio aveva avuto di nuovo la meglio sull’ altro giovane. Simone, ammirato e soggiogato dalla forte personalità dell’ amico, riprese il suo ruolo supino, di strumento sessuale, rassegnato e grato, nelle mani di Lucio, più furbo e dotato. Naturalmente anche in lui si nascondeva una forte carica sessuale ed erotica. Quel ruolo gli piaceva. Infatti mentre succhiava il cazzo dell’ amico e gli leccava la sacca dei coglioni, si sentiva in tiro il suo arnese, come mai prima.

Ripresero il menage da dove l’ avevano lasciato tanti anni prima. Ma adesso erano uomini. I cazzi erano grossi e duri. E la sborra non era acquiccia, ma sperma abbondante, denso e gustoso. Ora prendere il cazzo in mano di un altro non era più un gioco non meglio identificato, ma una precisa masturbazione dell’ altro. Gli incontri omosessuali tra i due, non erano più supportati da uno scambio di figurine o di soldatini, e non si potevano più giustificare come un gioco … nonostante Simone amasse pensare di subire un piccolo maltrattamento, occasionale ma piacevole, e Lucio si giustificasse con se stesso, pensando di usare la bocca e le mani dell’ amico, come surrogato più arrapante di una masturbazione solitaria.

Infatti il rapporto si evolvette nei mesi successivi: diventando sempre più morboso e trasgressivo. Simone rimaneva arroccato nella sua posizione di orso solitario, mentre la vita e le avventure di Lucio si arricchivano di nuove conquiste e di compagnie femminili sempre più coinvolgenti, eppure …Eppure non passava un mese che, nell’ ombra segreta del suo studio, non si incontrassero almeno due o tre volte, per imparare i limiti e i confini del sesso proibito … sempre che questi confini esistessero davvero.

Dopo che Simone aveva ripreso il suo ruolo di gregario accondiscendente alle esigenze del capobranco, iniziarono a sperimentare le nuove vie del piacere omosessuale. Così per Simone iniziò un tirocinio in cui l’ amico esperto gli insegnava come donargli piacere e trarne, dal semplice servirlo. Il ragazzo fingeva di imparare con difficoltà, soprattutto per compiacere l’ amico e non deluderlo, ma intanto anche il suo coso, nei pantaloni si agitava come un serpente, mai domo.

Così Simone imparò a fare la sega a Lucio in maniera perfetta, aspettando fino alla sborrata, che di prassi, si faceva sgorgare nell’ altra mano, in attesa davanti al glande rubizzo, con le dita raccolte a forma di conchiglia. Poi si perfezionò nel bocchino e imparò, per compiacere l’ amico, che lo pretendeva, a farsi arrivare in bocca, soffocando nella sborra e tossendo, avvilito, schizzi di sperma e saliva contemporaneamente. Il suo amichetto gli diceva che le sue donne gli facevano questo e l’ altro non doveva essere da meno.

Sempre più spesso gli permetteva di togliersi i pantaloni e le ridicole mutande bianche, anni cinquanta. Sempre più spesso gettava un occhio preoccupato verso il cazzo strano dell’ amico, dove i problemi di rapportarsi con gli altri, sembravano rappresentati “fisicamente”. Il “coso” di Simone infatti era particolare secondo lui. La pelle del prepuzio non aveva forse mai oltrepassato il glande per intero, infatti successivamente scoprì che, per l’ amico, era fonte di dolore lo scappellamento completo: soprattutto quando il pene era duro (cosa che per i loro incontri era la norma, del resto).

Aveva una forma che, contrariamente al normale, lo rendeva storto verso il basso, invece di svettare in alto nel classico “alzabandiera”. Ma ancora più piacevolmente preoccupante era il fatto, che quando il cazzo dell’ amico era molto duro, diventava perfettamente diritto. Era come un’ asta, un manico, che spuntava orizzontalmente dal corpo magro del giovane amico. Inoltre, quando si eccitava sul serio, il suo cazzo diventava veramente notevole e, pensava con raccapriccio Lucio, probabilmente non era ancora al massimo delle sue capacità espressive, visto che dopo tutto, lui nemmeno glielo toccava … ancora.

Ovviamente, nell’intimità fisica dei primi rapporti, qualche volta il pene di Simone aveva sfiorato l’amico, che però non me aveva fatto un dramma. Magari poi nei suoi sogni ripensava a quel contatto infinitesimale, senza ammetterlo neppure con se stesso. Lucio continuava a frequentare l’ università e a studiare. Poi iniziò le prime attività e continuava a scopare con la sua ragazza fissa o con una conquista occasionale. Ma la vera libidine inconfessabile lo attendeva in quel gioco di ruoli, estremamente complesso, che avveniva ogni tanto con l’ amico Simone.

Dopo le seghe lunghe e languide, offerte quasi come un servizio, erano passati a Simone che diventava sempre più bravo nel fargli i pompini. La cosa era andata avanti e quindi, facendolo sembrare più un premio che un piacere personale, anche Lucio aveva cominciato a concedere qualche attenzione a Simone. Questo lo faceva in modo distaccato, quasi controvoglia, non voleva rinnegare così apertamente la parte di maschio, dura e violenta, tipica dei giovani del suo stampo.

Però poi, in realtà, seguiva a ruota le performance di Simone. Quindi anche Lucio imparò a prenderglielo in mano. Una volta aveva provato a unire i loro due peni e a masturbarli in contemporanea, non poteva nascondere il piacere unico che questo sfregamento provocava. Specialmente quando, in piedi l’ uno contro l’ altro, dai due piccoli orifizi la sborra eruttava quasi contemporaneamente, spandendosi, calda e appiccicosa, sulle sue mani. Sempre per non dispiacere l’ amico, così disponibile e servizievole, aveva voluto tentare a prenderglielo in bocca.

Le prime volte il gesto era abbozzato, quasi controvoglia e con fredda partecipazione, ma poi … pian piano si era dovuto rendere conte che aspettava quegli incontri omosessuali, con maggior eccitazione di qualsiasi altro appuntamento erotico. Desiderava imparare sempre meglio a fare il pompino a Simone e il sangue gli ribolliva nelle vene, quando si accorgeva che il cazzo del suo amico, sollecitato dalla sua lingua, si ingrossava a dismisura. Spesso lo misurava controllandone il “calibro” sulla pancia di Simone.

Quando il ragazzo era al massimo del piacere e non capiva più niente, il suo cazzo superava di molto l’ ombelico e la pelle di seta era più tesa che mai. Simone una volta aveva trovato il coraggio di chiedere: – Posso venire in bocca? – ma Lucio per orgoglio maschile (come se non fosse impegnato a fargli un languido bocchino), aveva risposto di no. Salvo, in seguito, a desiderare nei suoi sogni, quello spruzzo di sborra, che tanto scioccamente aveva rifiutato.

Venne poi il tempo in cui cominciarono a desiderare qualcosa di più. Praticamente si ricordarono che, tanti anni prima, negli angoli più bui del vicolo o per le scale di sera, qualche volta, più per istinto che per conoscenza, Lucio aveva appoggiato il suo membro giovanile dietro le natiche di Simone. Allora non sapevano nemmeno bene il perché, però sentivano il gusto proibito di quel gesto di possesso dell’ uno nei confronti dell’ altro che, supino, si donava.

Ora erano adulti e sarebbe stato ridicolo se, come allora, avessero contato quante “botte” l’ uno desse all’ altro, pur senza una effettiva penetrazione. Così non senza reticenze da parte di Simone, Lucio vinse la sua ritrosia. Forte dell’ esperienza fatta con le ragazze, riuscì ad ottenere che l’ amico si rassegnasse a dargli il culo … inutile dire che Simone era vergine, di dietro. Un pomeriggio estivo, intimò a Simone di stendersi sul solito divano e di porsi su un fianco, abbassandosi il Jeans fino alle ginocchia, poi con calma, anche Lucio si stese sull’ angusto spazio del divano.

Il suo cazzo si indurì, come, e anche più, del solito, e per tenere tranquillo Simone, glielo prese in mano da sotto le gambe schiuse. Poi, sempre per rendere arrendevole ed eccitato il suo amico, si abbassò dietro il suo culo, in bella mostra. Da sotto il taglio netto delle natiche, fioriva lo scroto compatto di Simone, scuro e profumato di umido. Poco oltre, dalle gambe strette tra loro per bloccarlo in posizione, il cazzo del giovane sembrava una piccola terza gamba.

Lucio leccò ripetutamente tutto quel pacco, trovandolo delizioso. Si divertiva a prendere il pene di Simone tra le labbra e poi, nel perderlo, perché la posizione forzata rendeva il cazzo del giovane elastico e sfuggente. Intanto, frugando e baciando sotto i coglioni di Simone, Lucio iniziò a bagnargli il buchetto con delle linguate piene di saliva. La libidine del rapporto era sempre più cocente, fino a quando Lucio si decise a provare a penetrarlo, questa volta sul serio.

Si mise ben piantato alle spalle dell’ amico. Entrambi poggiavano sul lato destro del corpo. L’ altro era magro e abbastanza leggero, probabilmente ormai era rilassato e arrapato, infatti, Lucio, con le sue grosse e forti mani non trovava difficoltà a gestirne i fianchi in modo da portare la chiappe dischiuse del ragazzo a favore del suo cazzo in tiro. Bagnò ancora una volta di saliva il buchetto dell’ altro, che sentiva morbido e arrendevole al massaggio delle dita.

Altre volte aveva penetrato un culo maschile o femminile, ma mai la verginità anale dell’ altro era stata per lui tanto significativa. Non che ci tenesse sentimentalmente per Simone, ma di sicuro il loro era un rapporto estremamente particolare, che si combatteva a suon di posizioni psicologiche, più che a ritmo di semplice sesso. Lucio dominava, nella vita e nel sesso, la personalità più arrendevole e pacata di Simone ma, allo stesso tempo, era come se si prendesse responsabilità dell’ amico e lo considerasse un suo paggio al quale era affezionato e a cui riservava le attenzioni migliori.

Il loro rapporto era segreto e intrigante. Fuori da quella casa ogni uno tornava ad essere una persona perfettamente normale e, soprattutto, eterosessuale. Lucio era deciso a godersi quei momenti al massimo per renderli memorabili. Così iniziò a rompere il sedere al suo amico con estrema cautela. Il suo cazzo era veramente enorme però e dovette adoperare molta delicatezza. Dopo alcuni estenuanti minuti di tentativi, il cazzo nerboruto di Lucio li teneva collegati come un grosso tubo, l’ uno nel culo dell’ altro.

Simone era esausto e dolente, e più volte si era lamentato nel subire quell’ ennesima mortificazione, eppure aveva accettato tacitamente di essere inculato dall’ amico più potente, come se fosse un atto dovuto, un segno del destino. Ovviamente la cosa era anche eccitante al punto che con la mano si cercava il buco tra le gambe e lo trovava completamente invaso da quel tronco di carne, che sfociava alla radice nelle morbide palle piene di sperma.

Quello sperma, lo sapeva, inderogabilmente sarebbe confluito nella profondità del suo culo, ne era certo. Ma non tutto successe così rapidamente. Quando lo sfintere, con un ultimo gemito, aveva accettato lo spessore del cazzo di Lucio non erano che all’ inizio della bonaria punizione. Gli uscì dalle terga e gli carezzò il culo, per dargli il tempo di riprendersi dai postumi della innaturale dilatazione. Ma subito dopo l’ inculata riprese, con ben altri ritmi e maggiore decisione.

Lo trascinò davanti allo specchio e lo fece abbassare a novanta gradi. Mentre il giovane si prendeva le caviglie per tenersi in equilibrio, Lucio lo impalò perfettamente, per non permettergli di cadere. Il giovane si sentì venire meno, mentre assisteva allo specchio a quella scena da film, ben rendendosi conto dalle pulsazioni che gli si scaricavano nel culo, che il soggetto era lui stesso. Venne poi posseduto, sempre nel culo e sempre per tutta la lunghezza del cazzo di Lucio, sia gitato di faccia che di dietro, poggiato sulla scrivania.

Infine dopo oltre mezz’ ora e una caterva innumerevole di penetrazioni, ritornarono sul divano. A Simone bruciava il culetto, ormai definitivamente sfondato, ma non desisteva dal farsi fottere, perché il piacere di subire l’ inculata dall’ amico era troppo intenso. Sul divano, si dovette stendere supino, con un cuscino sotto il bacino e una delle cosce, che per meglio spalancare il deretano, penzolava dal lato libero. Lucio era sudato e arrapato. Ancora una volta, sostenendosi sul braccio si posizionò dietro il giovane e ancora una volta lo inculò con decisione.

Il ritmo divenne costante e distaccato. La mente di Lucio vagava nei paradisi del piacere, mentre si accasciava pesantemente su Simone, che pur soffrendo per quel peso invadente, non aveva il coraggio di fermarlo. Infine, gli sentì accelerare il respiro e ansimare … e infine , pesando solo su di lui, gli strinse con le mani le chiappe intorno al cazzo che impalava quel minuscolo culo, come per farne una guaina più stretta, idonea al suo piacere, cattivo.

E così gli venne dietro. Scaricando la sua rabbia e la sete di dominio, tutta nel sedere dolorante arrossato. Sprofondava in lui con tutta la forza, e sborrò tanto profondamente nell’ ano del giovane, che ancora il giorno dopo, in bagno, egli si sentì scorrere dal sedere alcune gocce dello sperma ricevuto il giorno prima. L’ intimità tra i due arrivava a livelli sempre più profondi. Lucio, sicuro dell’ affidabilità dell’ amico e certo della sua totale complicità, si lascio andare anch’ egli, senza più farsi troppi scrupoli o imporsi remore.

Giustificandosi con se stesso per il fatto che Simone gli dava tutto se stesso senza chiedere e senza pretendere nulla di più, gli piaceva pensare di fare dei piccoli sacrifici per l’ amico, che non aveva mai chiavato con una donna vera. Cominciò a ingoiare il suo sperma, dopo avergli praticato il bocchino talmente in profondità, da aver spesso lacrimato per il soffocamento, in conseguenza dell’ introduzione esagerata del glande nella gola. Aveva scoperto che la posizione più favorevole era quella in cui si stendeva sul divano a pancia in sopra, posizionando la testa rovesciata su un bracciolo.

La dominazione del cazzo in quella posizione era totale. Il giovane era libero di chiavarglielo in bocca a suo piacimento, comodamente in piedi, con la possibilità di governare il ritmo e la profondità della penetrazione. Dal canto suo, vedeva in primo piano il cazzo in arrivo o mentre lo pompava. Vedeva anche il sacco coi coglioni, poteva carezzarlo e spesso, in un assurdo tentativo figurato, pur avendo la bocca piena fino alla radice del pene, cercava di spingerci dentro, almeno una, delle palle di Simone.

Spesso, questi gli sborrava in gola, senza che nemmeno riuscisse a sentirne il gusto. Infatti quando veniva così, Simone, diventava una corda tesa: tutto il corpo si irrigidiva e il cazzo fermo, sprofondato in bocca a Lucio, e lui era totalmente bloccato. Il glande, gonfio, sborrava a fiotti vibrando violentemente insieme all’ asta. Aveva il dono di restare duro e in tiro a lungo, anche dopo la sborrata. Capitava così che, Lucio, doveva soccombere per non contrariare l’ amico e aspettare a volte anche un quarto d’ora, fino a che il pescione di Simone, gli liberasse la bocca.

Dopo questo tipo di pompa, le mascelle erano indolenzite. Di contro, però, la situazione era talmente arrapante che spesso Lucio si masturbava, tenendo in bocca quell’ asta prepotente che mandava odore e sapore di sborra calda. Di questo passo, non ci volle molto per decidersi a sacrificarsi fino in fondo per l’ amico. Con la scusa di fargli provare com’ è fottere una ragazza, ammise il pene di Simone nel culo. Non fu una passeggiata, come credeva.

Infatti la sua speranza era che sapendolo mettere dietro, sarebbe stato altrettanto bravo a prenderlo, tra le natiche. Ma non era così. La colpa era anche di Simone però, che si ritrovava quel cazzo ballerino, un pene che, alle sollecitazioni rispondeva fin troppo “elasticamente” … e così, quando si trattò di sverginare il culo dell’ amico, divenne grosso come quello di un cavallo. Ormai non è che si potesse tirare indietro, anzi il gonfiore della cappella di Simone, lo rese ancora più lascivo e desideroso.

Si preparò stendendosi su un lettino, con un cuscino sotto la pancia. Allargò le cosce per dare spazio a Simone che iniziò ad armeggiare dietro di lui. Per prima cosa, con lo sfintere, sentì perfettamente la cappella tonda che si posizionava, al centro del punto giusto per penetrare. Fu una sensazione difficile da raccontare: era come se vedesse quella grossa palla, estranea, che tentava di diventare parte della sua stessa carne. Quando Simone iniziò a spingere, capì che era condannato.

Gli avrebbe fatto male. Ma era troppo arrapato per dire di no. Si rassegnò a diventare uno che lo prende “in culo”. Cercò di scacciare tutti i preconcetti e le frasi fatte, volgari, legate in maniera figurata a questo evento. Cercò di pensare che dopo tutto non era che una atto sessuale come gli altri, un momento di piacere che finiva lì. Nulla di male. Una tantum. Nel buio nascosto di quella casa dimenticata, donava un emozione all’ amico.

Quell’ amico che si fotteva da quasi un anno, profittando del suo culo a suo piacimento. Si convinse che era un dono. Una sensazione da regalare a chi, diversamente, forse non avrebbe mai provato il piacere di … possedere. Mentre i pensieri turbinavano nella testa, Simone si era bagnato il cazzo di saliva e ripartiva all’ attacco. Riprese ad armeggiare col suo buchetto finché … finché, con un guizzo, la capocchià di Simone, gli spaccò l’ ano in due, superando la resistenza, involontaria, dello sfintere.

Il dolore fece saltare Lucio, che sgusciò in avanti; mortificato e offeso, col culo indolenzito. Non aveva mai provato niente di simile. Mai. Era un dolore deciso e umiliante, ma allo stesso tempo gli dava il desiderio perverso di provarlo ancora, per avere e dare piacere. Si massaggiò le natiche, facendole vibrare con le dita, per rilassarsi. Era confuso sul da farsi … non sapeva se tirarsi indietro, non sapeva se ormai, avere il culo rotto, non gli avrebbe permesso mai più di essere “maschio” come prima.

L’ amico era in attesa, arrapato e un po’ confuso. – Mi hai fatto male! – disse Lucio, languido. – Fai piano. E’ la prima volta, lo sai. Lo faccio solo per te. –Purtroppo quelle parole non convinsero il maschio pratico che c’ era in lui. Si rese conto che era cambiato. Il desiderio di prenderlo ancora nel culo non era da “macho”, né era un favore, semplice, da offrire ad un amico. Dopo alcuni minuti si calmò e riprovarono.

Simone fu più dolce nell’ entrare e Lucio, con sorpresa, scoprì che il male era quasi del tutto sparito. Restava quella strana sensazione di carne estranea che viaggiava nella sua. Capì perché alle donne … e a molti uomini piaceva. Era il colmo del piacere, darsi totalmente. Dare il culo era un atto amorevole di sottomissione, che dava brividi di piacere e sensazioni profonde che nessun altro atto poteva eguagliare. Simone se lo chiavò a lungo, sempre così: distesi sul letto.

Ogni tanto gli faceva cambiare la posizione delle gambe. Prima il giovane lo aveva tenuto con le gambe e il culo spalancati, mentre lui, con le ginocchia serrate, si era messo dentro, oscenamente, spingendo spesso troppo a fondo l’ asta e provocandogli qualche fastidio, che lo faceva saltare in avanti. Poi, al contrario, gli strinse le gambe e le serrò, mentre lui si sedettepraticamente sulle sue terga, col cazzo che sprofondava nel culo ben fatto di Lucio.

A volte, tenendosi sulle mani, il ragazzo si fermava col cazzo infisso nell’ ano solo per metà. In quelle occasioni, Lucio, con le dita controllava sia il pene di lui, scoprendolo enorme e tosto, sia lo stato del suo sfintere. Era molle e dilatato, al punto che ci poteva infilare anche il dito, per controllare i contorni del cazzo che lo stava ingroppando. Una vera libidine. Era stancante prenderlo nel culo ripetutamente, ma non si ribellò.

Quell’ esercizio lo aveva reso languido e passivo, lievemente femmineo. Scoprì un piacere nuovo: aspettare che “l’altro” finisca di fottere. Imparò la grande differenza tra l’ orgasmo maschile e quello femminile. La donna, o chi “dona” e si “fa fare”, può permettersi di godersi tutta una serie di sensazioni, molto simili all’ orgasmo fisico, prolungandole all’ infinito e gustandosi tutti i momenti dell’ accoppiamento. Il maschio, sopra di lui, col cazzo dentro, invece, non provava che un crescendo di arrapamento, concentrato violentemente sull’ atto materiale e sullo sfregamento fisico che lo avrebbe portato ad arrivare.

Lucio, sottomesso a quel cazzo, invece imparava a godere costantemente del piacere e della furia dell’ altro. Simone sudato ed eccitato gli diede le ultime, selvagge botte, intensissime, poi uscì dal suo culo e fece in modo di farlo girare. Lucio ebbe giusto il tempo di aprire la bocca, mentre l’ amico con un mugugno a****le, cominciò a schizzargli sperma in faccia e in bocca … a litri. Col culo dolorante e indolenzito, ma non era mai stato così arrapato.

Aspettò che l’ amico stremato si poggiasse sul fianco. Allora girò la testa, di quel tanto che bastava, per succhiargli il cazzo, miracolosamente duro, come prima che fosse venuto, e succhiando si diede pochi colpi al pene, che era quasi molle, piccolo e morbido,così sborrò copiosamente sulla sua pancia. Restarono distesi per parecchio tempo, ritemprandosi. Passò ancora qualche mese. Dopo quella esperienza, Lucio era rimasto abbastanza turbato. Era perplesso e aveva una leggera forma di crisi interna.

I suoi rapporti con la sua donna si intensificarono: quasi volesse provare a se stesso che nulla era cambiato. Era il maschio, lievemente prepotente di sempre. Voleva essere superficiale, disincantato e “chiavettiere”. Cercò anche qualche vecchia amicizia femminile, per il semplice gusto di scoparsela … ma il piacere proibito di donare il suo buco a Simone, non riusciva a toglierselo dalla testa. Prima, quando lui si inculava l’ altro ragazzo, aveva spesso pensato di non dover temere alcuna implicazione.

Anzi, giustificava il suo rapporto in maniera unilaterale: lui era più maschio che mai. Ecco perché, vista la “potenza” sempre arrapata del suo sesso, prendeva tutto ciò che gli capitava d’ avanti. Poco importava se si trattasse di una commessa diciottenne di passaggio, della sua donna o del suo amichetto: lui, tirava fuori il suo arnese … e fotteva. Dietro, avanti, nella bocca … per lui erano solo buchi, foderi, in cui infilare la sua spada in cerca di soddisfazione.

Cercava di glissare con se stesso sul fatto che farlo con l’ altro, aveva per lui un gusto diverso, più rilassato, senza ansia da prestazione, nessuna gelosia o tensione …Era sempre passato, con estrema superficialità, anche sulle emozioni intense che gli dava prendere in mano un altro membro; spesso metterselo in bocca e fargli schizzare sborra copiosamente. Oppure scaricare, ora con foga, ora con delicatezza, il suo piacere nel sedere stretto dell’ altro. Ma adesso che lo aveva preso nel culo, le sue certezze vacillavano totalmente.

Capi che il problema non era fisico, ma mentale. Ma la cosa che non volle capire, ma che volle riprovare: era il piacere intenso di dare. Dare piacere col suo ano dilatato, usato dall’ amico per goderne, era una sensazione che non lo abbandonava … capì, finalmente che non avrebbe più potuto, né voluto farne a meno. Così decise con se stesso che, come a carnevale era lecito essere matti per un giorno, lui ogni tanto si sarebbe preso una pausa.

Avrebbe dimenticato per qualche ora la sua virilità, per donarsi al suo amico per il piacere omosessuale che traeva dal suo corpo. Era passato quasi un mese … da quella che avrebbe dovuta essere la prima (e l’ ultima volta) che permetteva a Simone di farselo. Per tutto quel tempo aveva evitato accuratamente di incontrarlo, ma adesso che era deciso, non si fece più problemi, anzi. Aveva una grande voglia di tornare dal sua amico per stuzzicarlo e … per la prima volta, informarsi se anche a lui era piaciuto, il suo “dono”.

Quando, dopo pochi giorni, si incontrarono, Lucio capì che molte cose erano cambiate. Il loro rapporto aveva adesso una connotazione affettiva e una complicità ancora più decisiva e netta. Anche l’ altro era cambiato, era diventato più maschio e volitivo. Aveva assaporato il desiderio di possesso. Lucio, contro la sua volontà, non poté fare a meno di chiedergli, lascivamente, se lo aveva pensato e se lo aveva desiderato. La risposta fu un sì duro, ma dopo gli fece capire che aveva sognato le sue natiche tonde, giorno e notte e che si era masturbato spesso pensando a lui.

Invece di farlo rabbrividire, queste affermazioni gli diedero piacere. Per la prima volta apprezzava il suo corpo, con un’ ottica estetica completamente nuova e provò piacere a constatare di avere veramente un bel culo. Ricordò che anche delle donne glielo avevano detto e anche che aveva delle belle gambe. Ci ripensò con un sorriso, cercando di decifrare se per caso, quelle furbe creature, avevano voluto sottintendere qualche “messaggio” che lui non aveva saputo cogliere, al momento.

Il loro rapporto da quella volta fu meraviglioso ed eccitante. Dopo una caterva di preliminari, dopo un sessantanove che li aveva soffocati entrambi, più volte, Lucio aspettava, come una condanna inoppugnabile che l’ amico gli chiedesse di fargli, ancora un volta, il culo. Sentiva che era il suo più grande desiderio. Forse nei suoi sogni, inculare Lucio, aveva anche il sapore nascosto di fottersi una donna. E questo lo arrapava ancora di più. Quando stava quasi per implorarlo di farselo, Simone si decise a prendere l’ iniziativa e gli sussurrò: – Dai, adesso fattelo mettere nel culo! –Lucio ebbe un brivido caldo che gli attraversò tutto il corpo.

Aveva addosso solo la camicia, tutta stropicciata, ormai. Non la tolse, però. Si alzò dal divano e si poggiò sul tavolo, offrendo le natiche nude al membro rubizzo di Simone. Quella volta imparò che il culo non ha verginità … lo sfintere non era un imene. Imparò che dopo un giorno o massimo due, nei quali non veniva sfondato, ritornava praticamente intatto e doveva essere forzato di nuovo. Così, quando Simone lo penetrò, il dolore della dilatazione si ripresentò tale e quale, come la prima volta.

Lucio lo spinse con le mani fuori dall’ ano, e aspettò che la sensazione di spaccatura passasse. Si sfregò le natiche con le mani e se le massaggiò, lamentandosi sommessamente. Simone, in piedi, aspettava preoccupato, aveva paura che tutto finisse lì; che la sua “preda” non avesse più intenzione di farsi penetrare. Ma non era così. Lucio gli sussurrò: – Dai mettimelo adesso … ma fai piano. –Simone lo accarezzò a lungo e lo lubrificò con la saliva.

Lucio imparò a rilassare il muscolo e ad abbandonarsi completamente. L’ inculata riprese lenta e piacevole. Dopo pochi minuti il culetto di Lucio era del tutto rilassato e il cazzone di Simone lo stantuffava senza remore. Lucio si divertì a cambiare posizioni, imitando le donne con cui era stato. Si fece fottere in piedi, dopo essersi portato davanti allo specchio di un armadio, vedere la scena del cazzo dell’ altro che gli viaggiava dietro, aggiunse piacere al piacere.

Poi si mise di nuovo sul tavolo da lavoro. Stavolta però, girato di faccia, con le gambe all’ aria. Simone pose gli avambracci sotto le ginocchia per sostenerlo e tenerlo fermo. Le sue natiche erano posizionate poco fuori il bordo del tavolo, e l’ altro giovane lo inculava facilmente, mentre spingeva, se lo tirava dalle gambe, verso il suo bacino. Per la sborrata finale tornarono a mettersi in piedi, davanti allo specchio. Quando capì lui era pronto a venire, Lucio si abbassò completamente in avanti,per dilatare al massimo le chiappe.

Simone intanto lo teneva per i fianchi, attirandolo con le mani verso il suo sesso, fino a quando, tremante per l’ eccitazione lo sborrò, spingendo, se possibile, ancora più dentro l’ enorme willy che si ritrovava e bloccandogli il culo. Lucio impazzì. La situazione di essere bloccato da quel palo, come se una volta inserito, dovesse per forza sottostare ai comandi e alle voglie dell’ amico gli diedero un senso di impotenza, femminea e lasciva, che gli fece salire la pressione.

Simone tirò fuori il pene dall’ ano e se lo controllò. Era scappucciato e totalmente e pieno di sperma. Si ricoprì il glande rosso con la pelle del prepuzio, ma per fortuna il cazzone gli restò in tiro. Lucio non seppe rinunciarci. Approfittando del suo culo aperto e lubrificato da una dose super di sborra, si spostò verso dietro e, senza aiutarsi con le mani, riuscì a “catturare” il cazzo di Simone, usando solo il suo buco come fosse una ventosa: aveva preso di nuovo il palo nel di dietro.

Era tutto bagnato e il pene dell’ amico sguazzava nella sborra. Con la pressione a mille, lievemente chino in avanti, si tirò qualche colpo di sega. Subito, dal suo cazzo barzotto, cominciò a colare lo sperma, a fiotti e goccioloni. Con la mano sporca di sborra si toccò l’ ano, dove trovò il liquido seminale dell’ amico, che ormai era diventato della spuma bianca. Facendo sgattaiolare fuori il cazzo di Simone dal suo budello arrossato, si leccò le dita, assaporando quella strana panna, lievemente salata.

L’ attività tra i due amici restò cadenzata e piacevole ancora per alcuni mesi, poi la vita cambiò le cose. La casa di Lucio fu venduta. Il lavoro e gli impegni aumentarono … si persero di vista. Da quelle esperienze passarono oltre dieci anni. Simone trascinava metodicamente più o meno la stessa vita. Aveva pochi amici ed ebbe ancor meno esperienze. Qualcuno provò a presentargli una ragazza … ma con scarsi risultati pratici. Lucio, più volitivo e agguerrito, invece fece una carriera fulminante, soprattutto perché accettò un lavoro che lo teneva quasi tutta la settimana in giro per l’ Italia e a volte per l’ Europa.

Ebbe una serie notevole di storie e di tresche e poi … si sposò. Sua moglie, Filomena, si dimostrò sin dal primo momento una ragazza eccezionale, nonostante giovanissima e più piccola di lui di ben dodici anni. Si conobbero infatti quando lui era un uomo fatto e lei una ventenne di provincia. Filomena decise da subito che lui sarebbe stato l’ uomo della sua vita e si comportò di conseguenza, con fedeltà e abnegazione, sopportò il lavoro di Lucio che lo rendeva incontrollabile, soffrendo di gelosia, e soprattutto nella certezza che per lui, lei non era che una delle tante.

Come per i marinai, sapeva che Lucio aveva probabilmente una donna in ogni “porto”. Lo sapeva dagli amici che ne ammiravano “le imprese” e la simpatia. Ma le cose, tra loro, non andarono per il peggio, al contrario …Come lui amava dire: erano andati d’accordo perché si incontravano a metà strada. Lei era una ragazzina troppo matura, mentre lui era un uomo maturo ancora infantile. Il lavoro di Lucio, col tempo, invece di essere un ostacolo si rivelò una buona opportunità, che sfruttarono al meglio.

Servì per permettere loro di viaggiare insieme e godersi dei lunghi e piacevoli periodi in giro per i posti più incantevoli, i ristoranti più occulti, le enoteche più esclusive. Le altre, che significavano già poco per lui, sparirono rapidamente dalla sua vita. Cominciarono a convivere e poi si sposarono, sotto gli occhi increduli di familiari e amici. Filomena era una ragazza semplice, senza grilli per la testa e trovò anche lavoro, così mise in pratica le sue capacità e cominciò a contribuire attivamente al menage: cosicché Lucio poté permettersi di adeguare la sua attività, ad un sistema di vita più regolare e a sempre minori viaggi di lavoro.

I loro rapporti erano ottimi. Filomena aveva praticamente imparato il sesso da lui. Prima aveva avuto le normali e relative esperienza di una ragazza di provincia, un ragazzo, che probabilmente sarebbe diventato, per noia e per convenzione, il suo futuro marito. Stare con Lucio era molto più impegnativo e lei faceva del suo meglio per stare al passo con i desideri, mai paghi del suo uomo. Pur essendo molto “tranquilla” nel quotidiano, era disponibile: come le auto di grossa cilindrata, dava il meglio e il massimo, appena raggiunto il giusto numero di giri.

La sua serietà personale e il fatto che amici e colleghi, non conoscessero questa sua caratteristica, ne avevano fatto una donna estremamente fedele. Nell’ intimità, invece, non si tirava mai indietro, e lui aveva molto pepe e tantissime fantasie, sempre nuove, da proporle. Lei accettava perché lui sapeva identificare il momento giusto per attuare i suoi sogni proibiti. A Lucio non era difficile mantenersi “in tiro”, perché Filomena era stupenda, una modella e migliorava col passare del tempo, e diventare sempre più bona.

Bruna, tratti decisi, meridionale, con degli intensi ed espressivi occhi verdi, che risaltavano di più d’ estate, con l’ abbronzatura. Altissima e prorompente, per anni Lucio non riusciva a credere che lei riuscisse ad essergli totalmente fedele. Col tempo l’ uomo si dovette convincere che era proprio così: Filomena era tutta sua … un “impresa” impegnativa per un uomo solo. Governare e soddisfare quel metro e ottanta di deliziosa carne ben tornita non era sempre facile.

Le lunghe cosce che sfociavano al vertice in una figa miracolosamente piccola e delicata, due seni da primato, grandi e prepotenti e un culo che era un vero giardino delle delizie. Sua moglie era talmente “tanta” che spesso le loro fantasie vertevano sulla possibilità di avere un rapporto a tre, che avrebbe permesso a Filomena di provare nuove e intense esperienza (e un po’ di inconfessabile relax a lui), sapeva che con quel fisico e tanta eccitazione, la donna si sarebbe potuta permettere di spompare, con disinvoltura una mezza caserma.

La passione di lei era farlo all’ aperto e magari in luoghi dove avrebbero potuti essere visti o scoperti. Spesso lei sentiva perfettamente che lui avrebbe desiderato rapporti promiscui e lei avrebbe fatto del suo meglio per accontentarlo, ma almeno all’ inizio era troppo gelosa e si addolorava a sopportare una esperienza simile … un paio di volte provarono con qualche amica occasionale, ma fu un disastro. Anche lui non volle tirare la corda, rendendosi conto di quanto lei ne soffrisse.

Un aspetto della sessualità di lui, che capiva poco era il segretissimo piacere che lui provava a farsi toccare, baciare e leccare il culo. Spesso lei si metteva sottosopra rispetto a lui nel letto e gli faceva il pompino da dietro, dopo ampie e prolungate linguate nel buchetto. Capiva che questo gli piaceva tanto dalla durezza del membro e dall’ abbondanza dell’ eiaculazione. Avevano anche tenuto, nascosti e segreti, un paio di cosi di gomma che avevano a volte adoperato per lei, ma anche per lui.

Filomena non poteva nascondere che dopo un poco aveva trovato eccitante, penetrare dietro al marito con quegli aggeggi. La voluttà che lui provava le davano adrenalina pura. Ovviamente … nei suoi pensieri, si era anche domandata, come e dove, lui avesse imparato a godere nel farsi penetrare il culo, ma non aveva mai avuto il coraggio di chiederlo. Una cosa che le piaceva tantissimo era fargli il bocchino tenendogli due e anche tre dita infisse nel culo.

In effetti il sedere era un poco il centro del loro piacere. Lui era espertissimo nel penetrarvi in maniera quasi indolore e sapeva gestire la durezza del pene con abilità: ficcandolo dentro appena appena rizzato, per poi lasciare che si gonfiasse tra le natiche della sua donna. Capitava molto spesso che la facesse venire una o due volte, poi, dato che non usavano preservativi e lei non prendeva niente, lui le chiedeva di preparargli il buchetto.

Allora Filomena si metteva di lato e aspettava paziente (e arrapata) che si masturbasse veloce dietro di lei. L’ oscillazione veloce del glande faceva si che ogni tanto le urtasse le chiappe, sollecitando il buchetto in attesa, cosa che aumentava il piacere della ragazza. Spesso mentre aspettava,con sottomissione la penetrazione imminente, si masturbava con delicatezza pure lei. Lucio si dava gli ultimi colpi alla mazza e poi la infilzava, incurante del fatto che la sfondava senza preavviso.

Le infilava la canna dietro solo per metà, perché con le dita si teneva il cazzo e sentiva lo sperma che passava dal canaletto e si riversava in culo alla moglie. Poi, una volta che aveva eiaculato per bene, lo tirava fuori per un attimo, permettendo allo sperma di raggiungere l’ esterno e gocciolare dall’ ano. A volte questo esercizio era accompagnato dal gorgoglio della aria pompata in precedenza, che usciva dal sedere, mista alla sborra.

Ben conoscendo i gusti della sua donna, rientrava in lei, premendo forte e riempiendola tutta. Quello era il segnale per Filomena di finirsi in pace e con soddisfazione, la sua masturbazione. Quella mattina Lucio non credette ai suoi occhi, quando nell’ androne del suo ufficio, incontrò Simone, che seduto aspettava qualcuno. Lo salutò cordialmente e subito si fece accompagnare a prendere il primo caffè. Parlarono a lungo e si raccontarono le rispettive esistenze negli anni passati senza sapere più nulla l’ uno dell’ altro.

Si scoprì così che Simone, da quasi un anno lavorava per una azienda di servizi che era collegata a quella di Lucio. Che aveva anche saputo che dell’ amico, ma che non era riuscito a incontrarlo, fino ad ora. Per caso, quel giorno era toccato a Simone venire in ditta a recuperare alcuni materiali. Mai era successo che, alla luce del sole, facessero mai riferimento ai loro incontri segreti e anche quel giorno non venne fatto nessun accenno ai rapporti omosessuali che avevano vissuto.

Si lasciarono scambiandosi il numero dei rispettivi cellulari, con la promessa di rivedersi. Quell’ incontrò risvegliò in lui tutta la libidine accumulata negli anni, mentre ripensava, arrossendo di piacere e non di vergogna, a quello che avevano fatto insieme e a quello che il suo amico era riuscito a ottenere da lui, in passato. Come era già successo alcune volte, nel pomeriggio, quando tutti erano andati già via, Simone si collegò col PC a un sito porno, dove cercò un breve filmino amatoriale, nel quale si vedevano solo lenatiche di un uomo abbastanza grosso.

Dietro di lui si posizionava un altro, più magro e con un cazzo notevole. Nei pochi minuti del filmato venivano immortalate ben due sborrata, che il magro depositava dietro il malcapitato compagno, che messo a pecora si prestava ad essere posseduto. Si masturbò ricordando i vecchi tempi e cercando le similitudini con le inculate di Simone, fino schizzarsi sulla pancia tutto il piacere. Dopo qualche giorno si sentirono e, naturalmente, ricominciarono a vedersi saltuariamente.

Simone purtroppo non sosteneva bene né l’ età, né lo stress psicologico, dovuto alla sua solitudine e al suo carattere molto passivo. Però, incontrare Lucio fu per lui un toccasana e si riprese alla grande. Un pomeriggio, ad esempio, chiamò l’ amico e gli comunicò di avere qualche ora da dedicargli, prima di rientrare, l’ amico gli disse che nel suo ufficio c’ erano gli operai per dei lavori di ristrutturazione. Per il resto … era estate e gli altri colleghi erano in ferie.

Lucio credeva che non si sarebbero potuti vedere, ma l’ altro lo invitò a passare lo stesso. Così fece, parcheggiò a qualche isolato di distanza e poi raggiunse la sede della ditta dove lavorava Simone. Questi gli aprì, e lo fece entrare come un clandestino. Invece di recarsi nel solito studio, l’ amico lo fece entrare in un piccolo sgabuzzino al piano terra, alle spalle del centralino. Poi gli disse di aspettare un attimo e lo lasciò lì, praticamente al buio.

Lucio si sentì abbastanza maltrattato, quasi come una battona, che viene ricevuta per sfogarsi al più presto. Infatti le cose andarono proprio così. L’ amico tornò dopo pochi minuti, gli ribadì che di sopra c’ erano gli operai e che dovevano sbrigarsi. Lui, quasi offeso, gli disse che sarebbe potuto tornare un altro giorno, ma niente da fare, l’ altro era sempre più ringalluzzito dalla disponibilità ormai sottomessa di Lucio, e gli disse di no.

– Fai presto, non perdere tempo, girati che te lo metto nel culo! – E così fece. L’amico, confuso e impreparato, si voltò e si slacciò i pantaloni, abbassandosi lievemente in avanti e poggiando le mani su un piccolo lavello. Appena le terga furono a disposizione, Simone si mise dietro di lui e dopo essersi passato il palmo pieno di saliva sul glande, già gonfio, glielo ficco dentro, senza complimenti. Lo fotté rapidamente per non più di tre minuti, poi gli sfilò il cazzo da dietro e lo fece inginocchiare davanti a lui, glielo mise in bocca con altrettanta foga e in pochi attimi,bloccandogli la nuca con la mano, gli scaricò in bocca un sacco di sperma.

Era tanta, come spesso accadeva, perché essendo di carattere pesante e metodico, preferiva programmare con anticipo notevole i loro incontri, in modo che nei giorni precedenti non si masturbava, per arrivare forte e carico all’ appuntamento. Una volta profittato di lui, in culo e in bocca, l’ amico quasi lo cacciò via: il rischio di essere scoperti era troppo forte. Lucio si ritrovò fuori, frastornato dalla rapidità con cui tutto era avvenuto. Simone l’ aveva usato, come si chiava con una puttana.

Il culo indolenzito dalla rapida successione di botte ricevute all’ improvviso, la bocca sporca di seme, risalì in auto, arrapatissimo da quel trattamento e si recò a casa, dove, con una scusa portò Filomena nella veranda e se la fottette con la stessa veemenza con cui era stato preso. Le sborrò sulla schiena, producendo un quantitativo incredibile di quel seme, che aspettava da ore di esplodere fuori. Dopo, lei ancora eccitata lo baciò vogliosa e lui si augurò che non sentisse il senso di attaccaticcio e l’ odore dello sperma secco sulle sue labbra.

Intanto non bisogna pensare che il suo compagno si fosse trasformato in un accanito violentatore di culi. L’ uomo ormai era, se possibile, ancora più sensibile e schivo di quando era un ragazzo. La sua natura non era cambiata e neanche i suoi desideri. Fin da giovane aveva accettato e ammesso di essere servile e accondiscendente nei confronti del “capobranco”. Anelava spesso di essere soddisfatto a sua volta e penetrato nel rapporto anale, ma i loro rapporti erano talmente occasionali che raramente Lucio si poteva dedicare alle sue natiche vogliose.

Quello a cui non rinunciava era di prenderlo in bocca, spesso durante uno struggente sessantanove. Ma Lucio andava da lui soprattutto per prenderlo. Si potevano vedere poche volte all’ anno e sempre per poco tempo. Così l’ uomo, che faceva il maschio a tutto tondo, nella vita di tutti i giorni, ormai vedeva quei rapporti come la soddisfazione segreta di un suo alter ego, sempre più femmineo, obbediente e lascivo. E il suo amico, messo per strada dalle parole e dalla sua gestualità esplicita, faceva del suo meglio per accontentarlo, a volte accumulando un ulteriore stress nella sua già travagliata e difficile esistenza.

Difficilmente aveva problemi di erezione, ma era importante che l’ appuntamento tra loro fosse fissato con qualche giorno di anticipo, altrimenti il giovane arrancava, senza poter concludere granché. A volte gli era capitato di dovere rinviare qualche “visitina” perché troppo stanco e debole. Magari poche ore prima si era fatto una sega e non aveva recuperato ancora le sue labili forze. Lucio, invece, andava da lui per farsi spaccare e Simone lo capiva, e ce la metteva tutta, ma non sempre riusciva a venire, a sborrare.

Anche questo era uno stress, perché sapeva di deludere le aspettative del suo amico. Una volta aveva espresso il desiderio di pisciare in bocca a Lucio, che se ne stupì e rifiutò categorico … ma la volta successiva, al telefono, lo avvisò di non fare la pipì fino a quando, nel pomeriggio, non si sarebbero incontrati. Infatti quel giorno, per prima cosa andarono in bagno. Se Simone non avesse conservato tanto piscio nella vescica, non avrebbe mai trovato la forza per farlo, invece dopo alcuni tentativi riuscì a fare la pipì nella bocca del suo amico.

Erano davanti al cesso. Lucio in ginocchio di fianco al vaso e Simone in piedi. che orinava lentamente. Il piscio caldissimo inondava la bocca ora aperta ora chiusa di Lucio, che si lasciava riempire fino all’ orlo per poi far scorrere il liquido giallo fuori dalle labbra, senza fretta. Ne sentiva il sapore strano e la puzza addosso. E godette di tanta sottomissione passiva a quel cazzo che orami era diventato il suo idolo del piacere.

Filomena dopo qualche tempo si accorse che qualcosa non andava per il verso giusto. Bisogna sapere che il marito non era più lo scavezzacollo di un tempo; l’ uomo dedicava alla famiglia tutto il suo tempo libero e, sul lavoro, era praticamente sempre rintracciabile e … tracciabile. Per Lucio una moglie giovane, bella e fedele ormai bastava e avanzava, inoltre Filomena era quieta ma non schiva. Le piaceva il sesso e le piaceva molto farlo col marito che sapeva sorprenderla e appagare, sempre.

Le piccole trasgressioni, lo strap-on che ogni tanto gli praticava, non facevano che eccitarla ulteriormente. Quando facevano all’ amore erano tante le fantasie che lui inventava soprattutto in merito ai rapporti a tre. Spesso le chiedeva se qualcuno aveva tentato di farsela e lei ingenuamente rispondeva di no. Allora era lui a prendere l’ iniziativa e a raccontarle quello che poteva succedere …Inventava la situazione, l’ imbarazzo di lei che si trasformava in piacere e la paura che il marito la scoprisse, che si trasformava nel piacere sfrenato di fargli le corna.

Non solo lei si sarebbe dovuta far chiavare da un altro, ma Lucio avrebbe dovuto saperlo. Magari sarebbe stato di fuori, costretto ad aspettare che la moglie finisse di fottersi l’ altro. Lei intanto eccitata e vincente, avrebbe esagerato, con grida e parole sconce, il suo piacere, in modo che lui si fosse sentito umiliato e impotente … e che questo “maltrattamento” gli avesse reso ancora più sextenata l’ eccitazione e il frutto di una feroce masturbazione.

A volte, Lucio, inseriva questo “terzo incomodo” invisibile e inesistente, anche nel loro menage erotico, allora raccontava di come sarebbe stato farlo in tre e di come avrebbe potuto essere intrigante se lui stesso, si fosse trovato a doverlo prendere in bocca. A Filomena piacevano quei racconti. Il fatto che Lucio inventasse anche delle storie in cui anche lui era costretto a prendere il cazzo di un estraneo la rendeva un po’ perplessa, ma non ne faceva un problema.

La dovizia dei particolari dei racconti davano da pensare … ma lei era una ragazza quieta e non amava speculare troppo. Seguire il marito nelle sue esigenze e nelle sue fantasie erotiche era già fin troppo soddisfacente, per le sue aspettative. Era certa che se non avesse sposato Lucio, molte delle cose che aveva scoperto e operato nei rapporti sessuali, non avrebbe nemmeno saputo che esistevano. Le sue vecchie amiche e coetanee in paese, si erano ingrassate o lasciate andare, come donne e mamme.

Quindi, Filomena era una donna appagata. Ma non era stupida e, naturalmente, era anche molto gelosa. Non solo si accorse che il marito da qualche mese aveva spesso la testa da un’ altra parte, ma aveva anche notato una attività insolita del suo telefonino. Si era anche appuntata un numero “sospetto”, ma ad indagini più accurate, risultò trattarsi di uno studio tecnico che progettava la logistica per aziende di trasporto e stoccaggio. Ma la cosa che fece shittare il campanello d’ allarme fu una scoperta che fece grazie alla distrazione e alla totale fiducia di lui.

A volte per i loro giochi erotici si servivano di preservativi. Era lei stessa che ne comprava una shitola in farmacia, ogni tanto. Poi venivano occultati in un armadio, lontani da occhi indiscreti … e spesso dimenticati, per l’ uso sporadico che ne facevano. Quando Filomena diede un’ occhiata ai profilattici … scoprì che ne mancavano due. Non poteva essere certa, né poteva affermare che fossero stati usati per tradirla, ma il sangue alla testa le salì ugualmente.

Pochi giorni dopo, era di sabato, un pomeriggio che lei si doveva recare dai genitori, Lucio evitò accuratamente di farsi coinvolgere e inventò una scusa per potersi liberare ed uscire da solo. Aveva appuntamento con Simone, naturalmente. Non immaginava neppure minimamente dei sospetti della moglie, inoltre non aveva mai pensato ai suoi giochi erotici come ad un tradimento; per lui quello era diventato quasi un hobby, una valvola di sfogo, alla ricerca di piaceri che nessun altro rapporto avrebbe potuto procurargli.

Verso le cinque si preparò. Con civetteria evitò di indossare gli slip sotto i jeans e poi si ricordòche l’ altro, come spesso accadeva, gli aveva chiesto di portare i preservativi. Ma quando aprì la shitola si accorse che era del tutto vuota … tranne che per un bigliettino, scritto in fretta dalla moglie: “Ti stai divertendo?”Il mondo gli crollò addosso. Una caterva di sentimenti simile a una valanga. Era arrabbiato. Era impaurito. Era impreparato.

Cosa sapeva Lei? E quanto sapeva?Come avrebbe potuto spiegarle o giustificare il suo comportamento?Per assurdo, non aveva neppure un amante. Infatti in quel momento, avrebbe preferito mostrare alla moglie una bella ragazza che usciva dall’ armadio, piuttosto che ammettere di avere rapporti sessuali con un uomo. Aveva paura che lei non avrebbe mai capito. Quel giorno l’ umore di Filomena era nero come la pece e il marito, incapace di decidere che comportamento seguire, se ne stava sulle sue.

Faceva l’ offeso, cercando di sbottonarsi il meno possibile, con la speranza di salvarsi in corner, appena se ne fosse presentata l’ occasione. Passarono alcuni giorni, quasi due settimane … erano in uno stato di stallo che non faceva bene a nessuno; poi lui decise di sbloccare la situazione. Filomena era sua moglie e si era sempre dimostrata all’ altezza in ogni situazione, doveva tentare … non poteva lasciare che il loro rapporto si deteriorasse così, andando alla deriva.

Una notte le si avvicinò nel loro lettone e lei non lo respinse. Con molta dolcezza le comunicò che c’ era qualcosa di lui che lei non sapeva … le parlò di una vecchia amicizia maschile, che si era protratta nel tempo: un rapporto che lui preferiva non spiegarle ancora a parole, ma che ci avrebbe tenuto lei capisse e … che gli credesse. Per fare questo la invitò ad andare con lui a trovare questo suo amicocol quale, spiegò, in passato era successo qualcosa.

Niente d’ importante, qualcosa di puramente fisico … lui lo aveva incontrato e il “vizio” lo aveva tentato a riprovarci. Filomena, dal canto suo, tirò un gran respiro di sollievo, non avrebbe sopportato di essere stata tradita proprio quando aveva la certezza della fedeltà di lui. Certo non immaginava fin dove si era spinto il marito con l’ altro, il suo amico, però qualcosa lei aveva pur sospettato, quando lui le aveva fatto capire che il grosso pene di gomma che aveva portato una volta a casa, poteva servire a giocare con lei, ma anche a penetrare dietro di lui.

Lucio chiamò Simone, era parecchio che non si sentivano. Gli comunicò di avere una sorpresa per lui, voleva fargli conoscere sua moglie … l’ amico non seppe rispondere né capiva le implicazioni di quella visita. Non sapeva cosa e quanto sapesse di loro due la donna ed era certo che si sarebbe trovato in grande disagio, davanti a lei. Tra tutti e tre, l’ unico che si scioglieva in brodo di giuggiole e di fantasie, era Lucio.

Mentre loro erano preoccupati, lui era gongolante: progettava che da quell’ incontro sarebbe nato ben altro che un semplice chiarimento delle rispettive posizioni. Era deciso a trascinare l’ amico nel suo menage, anche se non osava pensare come questo si sarebbe potuto evolvere. Una sera che Simone era di notte col turno, organizzò l’ appuntamento. Arrivarono verso le dieci di sera e portarono qualcosa da mangiare da una rosticceria e una bottiglia di vino frizzante.

Prima di entrare lui disse alla moglie ancora una volta: – Tesoro, sicuro che te la senti di conoscerlo? – le carezzò la guancia con tenerezza – guarda che se non ti va, possiamo tornarcene a casa. Io voglio solo che tu sia tranquilla su di me e che mi creda. –Ma lei era decisa ad affrontare la cosa; e poi conosceva troppo bene il marito per non sapere che tutto questo lo eccitava enormemente.

Entrarono nell’ ingresso dell’ ufficio silenzioso e deserto. Lucio conosceva la strada per raggiungere l’ ufficio tecnico, dove il suo amico era impegnato in alcuni controlli di routine. Essendo l’ unico tecnico che viveva da solo gli capitava spesso di lavorare la notte, durante le feste e in piena estate. Ma starsene da solo non gli dispiaceva. Lucio ormai a suo agio, si comportò come sempre in maniera simpatica e brillante, li presentò e fece gli elogi dell’ uno e dell’ altra.

L’ altro, da persona semplice, si trovò subito in sintonia con Filomena; dopotutto anche lei era una persona semplice ed aperta, e poi, entrambi, subivano il fascino di suo marito. Mangiarono qualche stuzzichino, assaggiarono il vino, chiacchierarono del più e del meno. Il giovane ne aveva ancora per qualche minuto, intanto la coppia si spostò in una sala attigua, dove c’ era un tavolo per riunioni e un salottino in pelle. Con disinvoltura, come se fosse del tutto a suo agio, lui si rivolse a sua moglie, invitandola ad accomodarsi.

Poi con complicità profonda le chiese di aspettare un attimo, le disse che voleva controllare come l’ avesse presa il suo amico. L’ aveva già avvertita che si trattava di un soggetto con le sue fisime e con dei tempi di reazione tutti suoi. Tornò da Simone nella sala controllo e lo trovò teso e sulle sue. – Ehi! – fece Lucio – che hai? Che te ne pare di Filomena? –E l’ altro: – E’ una bellissima donna … un’ altra vittima? –- Ma che cavolo dici? Sei sempre prevenuto.

Chi pensi che ti abbia portato qui: una zoccola? – disse convinto – “Lei” è mia moglie, capisci? La donna che amo e con cui vivo. Cosa credi che la porto in giro a fottere? Siamo qui perché qui ci sei tu, e io ti stimo … lo sai. –Poi concluse: – E lei è qui perché si fida di me! –- Ok, capito – disse l’ amico laconico – ma io che c’ entro? Che devo fare? State di là e io vi aspetto … — Ma tu sei scemo ? – lo apostrofò Lucio – Ho fatto il diavolo a quattro per portarla.

Adesso finisci le tue cose e poi ci raggiungi … non ti preoccupare, non devi fare niente … tranquillo. –Poi aggiunse: – E io che pensavo che Filomena ti sarebbe piaciuta. – poi ironico – Scusa, sai? La prossima volta ti porto Miss Universo! –- Ma cosa dici? – disse Simone – Per me è bellissima … ma, ma io che cosa c’ entro? –- Basta … appena ti liberi vieni da noi … poi si vedrà; capito? –Lucio tornò dalla moglie.

Anche Filomena era abbastanza impacciata e confusa. Lui capì che non era più tempo di chiacchierare. Le si avvicinò e cominciò a baciarla, tirandola verso di lui e facendola alzare in piedi. Nella sala le luci erano accese, non tutte, ma accese … andava bene così!Lucio baciava e carezzava sua moglie. Fu contento che lei si fosse preparata al meglio: indossava una gonna lunga ma svasata ed ampia, morbidissima, e una maglietta nera attillata; non aveva messo il reggiseno e la maglietta non riusciva assolutamente a trattenere i suoi enormi, prorompenti seni.

Carezzandola spostò le mani sotto la gonna. Lei aveva scelto di indossare le calze di seta color carne, tenute da un reggicalze bianco. Ottima scelta, pensò il marito. La moglie si era preparata come si deve per l’incontro, voleva dire che l’idea l’ aveva solleticata alquanto. Bene!Lucio decise che era ora di iniziare le danze. Sempre tenendola vicino a se, come una coppia di studenti che si scambiano smancerie, la guidò verso una zona della stanza in cui, attraverso la porta, vedevano Simone, che si attardava tra le attrezzature.

Naturalmente, in quella posizione, anche Simone vedeva loro. Infatti, il giovane notò le due figure. Gli sembrava di guardare un film impossibile, di cui lui non poteva essere certo il protagonista. Cercò di sfuggire a quella realtà notando quanto gli sembrasse irrealequella scena. A pochi passi da lui il suo amico baciava, con la lingua che non trovava pace, la sua bellissima moglie. La donna, che lui non aveva mai visto, era uno spettacolo.

Più alta di lui, aveva forme giunoniche che si intravvedevano da sotto gli abiti. Quando Lucio, con gesto calcolato, le infilò la mano sotto la gonna, Simone sussultò. Cercava di non guardare, ma non riusciva a farne a meno. L’ amico faceva in modo che lui potesse vedere … tutto, sotto la gonna della moglie, mostrandogliela poco a poco, come in uno spettacolo di spogliarello. Intanto Filomena, dopo un attimo di smarrimento, capì che il marito stava facendo in modo che l’ altro uomo la vedesse, si lasciò andare per superare la vergogna.

Lo lasciò fare. L’ idea di essere vista, spiata e, probabilmente, di piacere a quello sconosciuto, si rivelava sempre più intrigante ed eccitante. La sensazione per la donna era fortissima, essendo lei molto seria e castigata nel quotidiano, non si era mai messa in mostra così … ma si fidò del marito, lasciando che lui facesse come meglio credeva. Si godeva quei momenti intensi, sentendo gli occhi bramosi e increduli dello sconosciuto su di se, mentre il suo uomo le alzava completamente la gonna, facendole mettere in mostra le natiche chiare.

Il perizoma bianco di Filomena non ne nascondeva la rotondità, anzi le definiva in tutto il loro splendore. L’ uomo, stupefatto e ipnotizzato da tanto ben di dio, si accorse che suo malgrado, il cazzo si induriva sotto i pantaloni. Il marito visitava con le mani sapienti il corpo di lei e, facendo finta di niente, le alzava la gonna e poi la abbassava, spostandosi e carezzando le sue gambe. Si pose di fronte a lei e, rapidamente, le tirò fuori i seni dalla scollatura della maglietta, facendoli pendere in tutta la loro bellezza.

L’ altro restò di stucco. Le sue esperienza con le donne erano talmente esigue e limitate che era sbalordito da quelle montagne di carne e da quei capezzoli turgidi e puntati, grossi come un dito pollice. La voglia matta di succhiare a quelle mammelle e di palparle lo colse impreparato. Con la stessa semplicità con cui si sarebbe aggiustato la cravatta, il suo amico fece appoggiare la moglie a una sedia con le mani e si spostò dietro di lei, i seni della donna pendevano davanti come due palloncini chiari.

Quindi in un attimo, glielo chiavò in figa e cominciò a sbatterla: le due mammelle oscillarono in maniera sconvolgente. Per lui fu facile infilarlo in un colpo solo, visto che lei aveva la figa bagnata e desiderosa. Lui se la scopava di botto, perché sapeva che alla moglie piaceva che si facesse così. Lei era una donna abbastanza freddina nel quotidiano ma, e il marito lo sapeva bene, diventava un vulcano durante i loro amplessi.

Mentre sentiva che la sbatteva da dietro, godette a mostrare tutto di se allo sconosciuto, che la guardava inebetito dall’ altra stanza. Lo sfidò con lo sguardo vacuo e invitante, mentre le due enormi tette ballonzolavano come campane, dove i capezzoli facevano da batacchio. Simone aveva già inventato troppo lavoro per quella sera, non poteva restare a guardare come un idiota. Trovò il coraggio di avviarsi verso la stanza in cui l’ amico si stava chiavando la moglie senza ritegno.

– Vieni, entra … – gli disse con voce rotta Lucio. Cercò di spiaccicare qualche parola che non si capì … poi si allontanò, dicendo: – Torno subito, voglio lavarmi le mani. –Allora l’ amico tirò il cazzo fuori dalla figa della moglie, si mise al suo fianco e le disse: -Allora, amore, che ne dici? Ti piace o vuoi che andiamo via?-Lei sorrise, mentre si aggiustava la gonna e rimetteva i seni nella maglia: – Non lo so – disse – e tutto così strano … così nuovo.

–Poi aggiunse: – Restiamo dai, per me l’importante e che ci sia anche tu, il resto va bene. –- Bello – disse il marito. Nel frattempo il suo amico rientrò. L’ altro lo invitò a sedersi sul divano, poi disse ammiccante: – Allora, che ne dici, ti piace Lei? –L’ altro con un sorriso forzato e impacciato disse. – Che domande … è bellissima! –- Ok – rispose – adesso te la faccio vedere bene.

– Poi, rivolto alla moglie aggiunse: – Vieni tesoro. –Lei, pazza di piacere, si fece guidare davanti a Simone. Si sentiva venire, ad essere esposta così, come un a****le alla fiera, completamente in balia del marito, che faceva del suo corpo quel chegli piaceva. Venne posizionata a favore delle luci e a pochi passi dall’ uomo, che cercava di sembrare indifferente, mentre invece aveva la testa che gli girava come una trottola. Forse per questo l’amico lo aveva fatto sedere …Invitò la sua donna a togliersi la gonna; cosa che lei fece non senza un pizzico di voluttà.

– Vieni, Simone, tirale i seni fuori dalla maglietta, lei vuole. –Simone non poteva certo tirarsi indietro e poi l’ atmosfera nella stanza era talmente tesa, che i movimenti sembrava avvenissero al rallentatore. Si alzò dal divano, mentre Filomena non riuscì a evitare di guardare con voluttà, il grosso rigonfiamento sotto la patta dei suoi pantaloni. Le mani piccole e impacciate cercarono le due tette. Il giovane trafficava con mano inesperta e con molta vergogna; eppure quei palpeggiamenti non potevano che farle girare la testa, si sentiva profanata da mani estranee, per la prima volta dopo tanti anni.

Avere per le mani quei seni morbidi e consistenti era una sensazione mai provata. Il cazzo del giovane pulsava all’ impazzata. Non aveva mai avuto rapporti con una donna. Avendo abbondantemente superata la trentina, credeva che ormai non sarebbe mai successo, soprattutto perché si vergognava temendo di essere valutato come un imbecille. Invece, adesso, tastando e cogliendo a piene mani i seni, che il suo amico gli aveva concesso, trovò la dolcezza infinita di quella moglie.

Per lei, sentire in maniera palpabile, l’ ingenuità dell’ giovane aumentava il piacere di donarsi, di farsi scoprire amorevolmente da quell’ uomo, praticamente ancora vergine. I modi delicati e il rispetto reverenziale con cui toccava e saggiava, trasmettevano alla donna tutto l’ abisso di desideri repressi, che si celavano nell’ animo dell’ uomo. Fu grata a suo marito, quando le tolse le mutandine e poi la invitò a sedersi a cosce aperte, per accontentare la vista dell’ amico.

Lei lo fece con voluttà, e il marito, portò il giovane per mano fino al divano, poi coi gesti lo invitò a mettersi in ginocchio davanti a lei e ad avvicinarsi, pericolosamente, alla sua figa spalancata. Allora lui si lasciò andare con la bocca affamata su quella fessura, leccando, baciando, assaporando …era come se volesse rifarsi di tutte le mignotte che non si era fatto in vita sua. L’ altro, svelto, si abbassò i calzoni e mise il suo cazzo tra le labbra della moglie.

Mentre la piccola lingua dell’altro, inesperto le esplorava la vagina, allora la donna, incapace di trattenersi, cominciò a venire, sospirando ed emettendo piccoli gemiti. – Non fermarti – incitò il marito, di modo che il suo amico continuasse con scrupolo a slinguare nella figa di lei, mentre si aiutava anche con le dita per aprirle le grandi labbra. Lei se ne veniva e mugolava, mentre teneva in bocca il cazzo duro di suo marito.

Si fermarono e si calmarono. La donna, ormai, era un’ altra: se ne stava tra i due uomini, come una troia esperta ed emancipata. Non provava nessuna vergogna, pur essendo vestita solo della maglietta e del reggicalze. Le calze le aveva tenute, come aveva visto fare in qualche filmino porno, visto col marito. Si tenne anche le scarpe col tacco, convinta di sembrare più arrapante agli occhi dei suoi partner. I due si erano seduti al suo fianco.

Il marito, si era tolto tutto, ora indossava solo la camicia aperta sul petto. Passando le mani sopra la moglie raggiunse il suo amico e gli tolse i pantaloni. L’ altro non ebbe il coraggio di fermarlo e rimase con quelle sue mutande di cotone anteguerra, alte fino all’ ombelico. Attraverso lo spacco laterale, Lucio fece svettare il suo cazzo diritto. Filomena, nonostante si fosse lasciata andare tanto, provò un attimo di smarrimento alla vista di quel cazzone, tanto nuovo e tanto diverso da quello di Lucio.

Era grosso e lungo. Non poteva vedere lo scroto perché era dentro le mutande di lui. Vedere che comunque il marito aveva maneggiato quel pene maschile con tanta disinvoltura e familiarità, le diede un brivido, che non sapeva ancora come interpretare. – Carezza il cazzo a Simone, tesoro, gli piacerà! – disse lui e lei si fece rossa e calda … dal piacere. Prese in mano quel grosso stantuffo, valutandone la durezza. Era bellissimo sentirlo tra le dita.

Si accorse, che al contrario di altri cazzi, aveva la pelle del prepuzio quasi chiusa sul glande. Dentro si intravvedeva il buchetto voglioso di Simone, che si schiudeva; le venne voglia di succhiarlo … ma non osava. Allora il marito fece alzare in piedi il suo amico, e le disse di liberarlo delle sue mutande … e poi aggiunse:- Amore, fai quello che desideri … non mi dispiace. –Lei non se lo lasciò ripetere.

Approfittò del giovane in piedi e gli baciò il cazzo. Lo leccò accuratamente e con la lingua scavò nella pelle morbida per raggiungere il glande, caldo e arrossato. Poi assicurandosi che suo marito guardasse, lo prese tutto in bocca. Era duro, ma liscio come una seta, lo testò con la lingua, cercando di scoprirne gusto e sapore e per cercare di conservare quella sensazione il più a lungo possibile. La ragazza amava masturbarsi, appena era sola e tranquilla e, così, desiderava che quel ricordo speciale si imprimesse bene nella sua mente.

Simone era nel pallone e quei pochi movimenti che faceva, li faceva in maniera veramente impacciata. Era troppo per lui tutto quello e tutto insieme. Anche la donna era comunque lievemente impacciata. Lucio capì che, come prima volta, poteva bastare. Con discrezione aveva già deciso come dovesse finire quella serata. Guidò la moglie sul divano e fece cenno al suo amico di avvicinarsi, gli fece aprire le gambe e sistemarsi in piedi dal lato della testa della moglie.

Lui si mise dietro all’ amico, carezzandogli le cosce e la schiena e fece si che si prendesse il pene tra le mani. Egli si tirò una sega, masturbandosi proprio come piaceva a lui e in pochi minuti venne, vibrando e mugolando mentre chiudeva gli occhi. Lo sperma cadde addosso a Filomena come una pioggia estranea, zampillandole sul petto, sulla pancia e, in parte, un faccia. Le gocce che raggiunsero le labbra vennero leccate avidamente dalla donna.

Allora suo marito, nel più tradizionale dei modi, le salì addosso e le penetrò tra le gambe. Ordinò al suo amico di tenerle i piedi in alto, affinché si godesse la vista di quella chiavata, che avveniva davanti a lui. A freddo, poi, avrebbe ripensato a tutto quello e avrebbe imparato a non divinizzare la sua donna, ma a desiderare che tornasse a trovarlo, per fotterla come un troia e per riempirla di cazzo.

Proprio la “carica” che il marito desiderava sentire. Intanto pompava con veemenza e velocemente, quando fu pronto, si mise in piedi sul divano, immediatamente intimò al suo amichetto:- Fammi sborrare, presto! -Simone ebbe un attimo di esitazione, ma poi l’ eccitazione ebbe la meglio e così dimostrò alla donna, quanto era bravo a fare il cazzo in mano a suo marito … dopotutto, gli tirava le seghe da quando lei era ancora alle elementari.

La seconda ondata di sborra spruzzò dal glande di Lucio e si aggiunse allo sperma già sparso sul petto di Filomena. La donna, intanto si faceva il ditalino ed era perduta in un orgasmo tutto suo. Subito dopo, andarono via, senza nemmeno lavarsi. Abitavano fuori città e ci volle un po’ per tornare a casa. Fecero il viaggio in silenzio: lui le dava il tempo di sedimentare ciò che era accaduto. Sapeva che in tre si sarebbe potuto ottenere molto di più, ma non aveva voluto strafare.

Suo moglie e il suo vecchio amico erano stati come “ubriachi”, e lui non voleva che andasse così; voleva che si conoscessero, si studiassero e imparassero a desiderarsi con prepotenza, per godersi, come lui, il meglio che quel rapporto poteva dare. Arrivati a casa, lei, stanca e languida si recò verso la doccia, lasciando la porta del bagno aperta. La donna fece scorre via tutti i vestiti, lasciandoli per terra. Poi staccò il reggicalze e infine si fece scivolare via le calze di seta.

Tutta la sua roba era macchiata di goccioloni bianchi, era sperma misto agli umori della sua figa. La traccia tangibile che non aveva sognato. Il fatto che non si potesse stabilire a chi dei due appartenesse la sborra le fece ribollire il sangue. Suo marito l’ aveva seguita e l’ abbracciò teneramente di spalle. La confortò con parole dolci, ma la sua voce era bassa e carica di erotismo. Mentre la carezzava tutta, la annusava.

Lei sapeva di sudore, di sperma e di lussuria. Allora lui cambiò registro e cominciò a rimproverala con parole lussuriose, fingendo risentimento e sorpresa, per le porcate che le aveva visto fare quella sera, davanti ai suoi occhi, per giunta. – E così hai appena provato un altro cazzone!Non ti vergogni? –E lei, mentre lo baciava, rispose sfrontatamente di no. – Ah … – disse lui – e poi ti ho vista mentre facevi il bocchino, ti pare bello? – Lei mugolo qualcosa di indefinito, e lui la incalzò: – E ti e piaciuto tenerlo nella bocca? – – Oh, si – disse Filomena – era grosso e mi spingeva … -Lucio, intanto le passò dietro e tirò fuori la verga, già arrapata.

– Sai disse – mentre cercava il buco della moglie, tra le sue cosce – sai ho visto che ti piaceva quando lui si tirava la sega … guardavi il suo cazzo, estasiata. Ma ti piace così tanto? –Intanto lei era a pecora, con le mani poggiate su uno sgabello e lui la scopava come a lei piaceva, facendo sbattere le palle sul suo sedere. – Ma anche tu gli hai toccato il cazzo … anche a te piaceva.

– disse con voce rotta lei. Le dava alcune botte, poi si fermava con tutto il coso dentro e spingeva ancora, da fermo. Continuò a parlarle come a lei tanto piaceva, ma stavolta le storie che raccontava non erano invenzioni o fantasie … solo un paio d’ ore prima, la timorata e tranquilla Filomena aveva assaggiato due cazzi e aveva ricevuto addosso una doccia di sperma emessa da due uomini. Intanto che lei sognava, Lucio la chiavava.

Pensò al cazzo di Simone, lo desiderò ancora, pensò che sarebbe successo ancora e che l’uomo, praticamente uno sconosciuto, quasi certamente l’ avrebbe montata … magari in quella stessa postura e le avrebbe spinto dentro un cazzo del tutto nuovo. Chissà se a lui era piaciuta? Se la desiderava …Ma era convinta di si. Era troppo felice di succhiarle i seni, e con quanto gusto le aveva succhiato la figa … e la sua lingua, poi, era di fuoco, non si fermava mai.

Era decisa: voleva ancora quel cazzone, tutto dentro e voleva anche la sborra calda dell’amico di suo marito: voleva che impazzisse per lei e che desiderasse di farsela continuamente. Lucio, si accorse che lei si abbandonava e stava per venire, allora prese dal mucchio dei panni dismessi, il top nero. Era intriso dello sperma del suo amico e lo piazzò sul viso della moglie. Lei venne annusando e leccando la stoffa profumata, e lui le diceva di odorare, odorare la prova tangibile di quanto era stata puttana, a prendere un altro pene nella bocca … e, mentre lei aveva orgasmi multipli e costanti, lui aggiunse che era sicuro, che se quell’ altro le avesse chiesto di sborrare in bocca, lei gli avrebbe ingoiato tutto, senza batter ciglio.

Quanto aveva ragione …Ma suo marito lo sapeva benissimo, mentre a sua volta veniva ancora sul morbido sedere della moglie, a goccioloni. Erano passate quasi due settimane dall’ incontro. Lucio telefonò a Simone, ma il suo amico fu abbastanza laconico e vago nelle risposte; allora pensò che era meglio incontrarsi da vicino per capire le reazioni e le intenzioni del giovane. Dopotutto c’era di mezzo anche la moglie e, di conseguenza, il loro rapporto diventava una questione “di famiglia”.

In questo caso lui voleva andare sul sicuro. Mai si sarebbe sognato di tirare le persone che amava in qualche problema o in uno scandalo. Si diedero appuntamento per il sabato sera, trovò una scusa plausibile e si recò al solito studio. Alle otto il giovane era già da solo e lui lo raggiunse. Dopo pochi convenevoli, arrivò al sodo. – Allora, che ne dici? Che te ne pare di mia moglie? – come sempre, quando affrontava questo argomento, gli tremava lievemente la voce.

Simone era impegnato, o fingeva di esserlo, mentre sistemava delle cose su una specie di consolle. – Come vuoi che risponda? Lo sai bene che è molto bella … il guaio è che è capitata nelle tue mani. – disse con un sorrisetto. – E che vorresti dire? – rispose lui. – Lo sai che voglio dire, tu usi le persone e sempre per il tuo comodo o i tuoi scopi! –Conoscendolo, non se la prese, era un vittimista; ma cercò di chiarirgli le idee: – Tu sei mezzo scemo se credi che io approfitti di qualcuno …specialmente se si tratta di mia moglie, che amo … o di te, che nonostante non lo apprezzi, sei un amico per me.

–- Se, se … – disse Simone, col sorrisetto di prima – amico … poi fece una battuta scema. – Certo, amico! E poi come puoi pensare che io ti faccia toccare mia moglie, la donna che amo, contro la sua volontà e, magari, da uno qualunque? –Si mise seduto: – E’ certo che le ho parlato e che ho controllato se a lei va … e sai che ha detto? Che sei un bravo ragazzo e che le piaci.

–Simone ebbe un brivido, ma sperò che il suo amico non se ne fosse accorto. Al solo pensare al corpo e alla pelle di lei, gli mancava il fiato. Naturalmente l’intesa e la depravazione raggiunta con l’altro era potente, come sempre, insomma: non è che lui avesse cambiato gusti o non desiderasse più di farsi l’ amico. Ma il fatto che egli gli avesse offerta la moglie lo eccitava e lo faceva sentire più forte e più maschio.

Inoltre aveva intuito che in quel gesto erotico si nascondeva anche il piacere di fargli omaggio, una forma di sottomissione sottile, che superava di gran lunga in intensità, il dominio fisico che aveva già raggiunto. – La vuoi vedere ancora? – gli chiese l’ amico all’ improvviso?- Ti pare possibile che non mi farebbe piacere? Se vi va … si, mi piacerebbe. – ammise. Allora lui disse, con voce roca: – A lei piaci.

L’ altra volta non l’ hai chiavata …che ne dici?Se ti va te la faccio scopare … — Uffa! – sbuffò l’ altro impacciato. Lui capì che l’ amico si vergognava e non reggeva quella conversazione. – Ok, allora te lo prometto, la prossima volta te la spoglio e te la faccio prendere, magari da dietro come piace a te! – rise, ma era già eccitato. Ora Simone era seduto e lui decise di passare all’ azione, senza aggiungere altro.

Con estrema delicatezza si sedette e avvicinò la sedia alla sua. Mentre il suo amico si occupava di sistemare gli ultimi moduli su un tavolo con la consolle, lui gli tastò il pantalone alla ricerca del pene. Con naturalezza gli aprì la patta e liberò l’ arnese di lui dallo slippino: iniziò a accarezzarlo, stringerlo, scoprirlo. Gli toccava l’ asta di sopra e di sotto, gli cercava la sacca con le palle con una mano, mentre l’ altra girava intorno al pene , già in tiro.

Mentre gli maneggiava il cazzo dalla pelle di seta, si accorse che l’ amico cominciava a essere sempre più eccitato. Preferì non parlare più della moglie, visto che lui non sapeva sostenere quel discorso, ma si avvicinò al suo orecchio e sussurrò:- Vuoi pisciarmi in bocca? –- Uhm … sì – sussurrò quell’ altro. Si abbassò con la testa e iniziò a baciare il cazzo del suo amico, intanto che lui sistemava le ultime cose.

Poi si alzarono. Si denudò completamente e precedette l’amico in uno degli ampi bagni. Mentre l’amico faceva i suoi comodi, gli piacque dimostrargli la sua sottomissione, come se lo volesse pacifico e non arrabbiato. Così si inginocchiò in uno dei vani doccia. Erano pulitissimi, perché quasi nessuno li usava mai. Aspettava, senza fretta, guardando con disinvoltura i movimenti di Simone. Il giovane si sbottonò la camicia ma non la tolse. Invece con calma si sfilò i le scarpe e i calzini, mettendoli da parte.

Poi tolse i pantaloni, che piegò e ripose su un porta asciugamani. Il suo cazzo spingeva le mutande all’ antica, disegnando una protuberanza informe. Poi anche le mutande vennero tolte. Lui con libidine diversa dal solito, si godette lo spettacolo del fisico asciutto e sottile del ragazzo. Il cazzo dritto più che mai svettava da quel corpo, era grande e lungo. I gesti lenti e la disinvoltura nel non affrettarsi, rendevano languida quella prolungata attesa.

Invece di infastidirlo, aumentavano il desiderio. Il giovane entrò nella doccia a sua volta, aveva acceso tutte le luci. Lui capì che voleva umiliarlo e dominarlo … e stette al gioco. L’ amico si abbassò e cominciò a carezzargli il corpo delicatamente. Intanto l’altro chiuse un attimo gli occhi e il suo pensiero volò a Filomena, immaginò quanto le sarebbero piaciute quelle carezze … e pensò anche che lui avrebbe permesso che l’ altro gliele facesse.

Dopo avergli carezzato i fianchi, le spalle e le natiche, si spinse con le mani tra le sue gambe. Il suo cazzo era moscio, ma questo non gli dispiacque, anzi gli diede delle forti strizzate, lasciando che le mani tremassero forte, mentre teneva tutto il pacco tra le dita. Dopo alcuni minuti si alzò in piedi. Uscì un attimo dalla doccia per pendere alcuni asciugamani di carta e ritornò. Lucio, eccitato più che mai si era messo per terra a gambe aperte.

L’ amico, più intraprendente di come non era mai stato, si mise in piedi dinanzi a lui, col cazzo puntato, e disse: – Non ho pisciato da stamattina … perché volevo che tu la prendessi tutta quanta! –- Va bene – rispose l’ altro – se vuoi, puoi farla. – Aveva capito che portargli sua moglie, era stato un gesto che aveva ingigantito il senso di potenza e di potere dell’ amico su di lui.

Questa sensazione, quasi femminea, di bonaria sottomissione, come se accontentare i desideri più porci dell’ amico fosse un suo preciso dovere, era per lui totalmente nuova. Lo stupore massimo era che invece di fargli rabbia o di avere una reazione negativa, gli piaceva e lo rendeva languido e disponibile. L’ altro aveva intuito bene, anche cedergli la moglie, per godersela, non era solo una forma di depravazione, ma anche un gesto di donare piacere e di permettergli la condivisione di un “bene” importante.

Era pronto e teso adesso, e gli disse:-Adesso, stai zitto e apri la bocca! –Lui lo accontentò subito. Spalancò le labbra piene di desiderio. Il suo amico glielo infilò immediatamente in bocca, ma non tutto; il glande era libero. Chiuse gli occhi per concentrarsi. I minuti passarono lentamente. Dai piccoli colpi di cazzo che gli sussultava sotto il palato, Lucio capì che l’ uomo era pronto per mingere, ma non riusciva a lasciarsi andare.

Senza fare il minimo rumore, e senza dargli alcuna fretta, se ne stette buono buono, cercando di nascondere il desiderio che aumentava ad ogni attimo di ricevere in gola quella pioggia, calda e dorata. Infatti, pochi attimi dopo, lo spruzzo iniziò, cogliendolo di sorpresa. L’ uomo, eccitato e carico, gli prese la testa tra le mani per impedirgli di lasciarsi uscire il coso di bocca. Lucio, preso alla sprovvista e inondato di piscio, si avvilì e la bevve, cominciando a tossire.

Il resto della pisciata si svolse in maniera meno cruenta, l’ orina col suo calore, scorreva dalla sua bocca dopo averla inondata, passando sulla lingua, e percorreva tutto il corpo dell’ uomo, per poi gocciolargli a terra dalla punta del suo scroto, alla fine del percorso. Soddisfatto il desiderio del suo “padrone” senza battere ciglio, si lavò sotto la doccia e dopo si asciugò. In silenzio il giovane lo prese per un braccio e lo accompagnò di nuovo nell’ ufficio tecnico.

In genere andavano direttamente nella sala riunioni, ma quella volta, lo volle prendere sul tavolo da lavoro, dove c’ era la consolle, era leggermente inclinato. Il suo amico si aspettava i soliti convenevoli, in genere si scambiavano seghe e pompini … ma non andò così quella volta. Simone prese dalla tasca della camicia un preservativo, uno di quelli che gli aveva lasciato l ‘ amico durante una delle sue visite – Mettilo sul mio coso! – intimò, deciso.

L’ altro continuò felice ad obbedire. Recitava una parte sempre più sottomessa e supina; gli piaceva tanto quel nuovo tono del loro gioco ed era felice di accontentare l’ amico, che finalmente si era deciso a tirar fuori “le palle”. Era pronto e prono per soddisfare i suoi comandi e i suoi desideri. Infilò non senza difficoltà il profilattico sul cazzo dell’ amico più duro che mai. Era talmente di pietra e gonfio, che cominciò a nutrire un minimo di paura a vederlo così dotato e così aggressivo allo stesso tempo.

Dopotutto, sapeva che quei preliminari potevano voler dire solo una cosa, Simone voleva metterglielo nel culo. Era titubante per il semplice motivo che non sempre era “pronto” a farsi fottere. A volte si era fatto male, altre volte ci era voluta molta pazienza ed estrema dolcezza. Intanto vedeva l’ amico torvo e deciso e si augurò con tutto il cuore di farcela a sopportare, perché era sicuro che lui era deciso a farselo e non avrebbe ammesso scuse.

– Appoggiati al tavolo – disse, brusco. Per un attimo gli sembrò tanto strano e fuori posto, starsene nudo, là in quell’ ambiente estraneo, ad obbedire agli ordini stentorei di un altro maschio. Lievemente spaventato, si abbassò in avanti e con gesto rapido si riempì la mano di saliva, che sparse velocemente sull’ orifizio anale. Senza altri preamboli, Simone gli mise la capocchia enorme tra le natiche e lo infilzò completamente. Lucio lo prendeva nel culo molto saltuariamente ed ogni volta, il primo colpo, gli faceva male.

La prassi voleva che dopo averlo sfondato, il suo amico si fermasse e tirasse il pene fuori dal pertugio, aspettando tacitamente qualche minuto per dargli la possibilità di riprendersi. Ma quella volta andò in maniera molto diversa. Il cazzo non uscì. Al contrario, l’ uomo, restò fermo, aggrappato ai suoi fianchi, col corpo che pesava tutto sul sedere dell’ amico. Il dolore fu notevole e la speranza che gli desse un attimo di respiro fu vana.

L’ altro non glielo tolse dal culo, anzi, dopo qualche secondo cominciò a scopare in un modo strano e violento, diverso dal solito. Lo fotteva nel culetto come fanno i cani: una serie velocissima di affondo, sempre più in profondità, una ricerca spasmodica di penetrazione, fino poi a restare immobile, tutto infisso, per riprendere fiato. Poi ricominciava a sfondarlo con tutto il peso e la forza. Per un poco, la vittima cercò di sopportare gli assalti e di ignorare il bruciore delle natiche.

Voleva fare del suo meglio per accontentare le voglie dell’ amico, pur sapendo che poi, a casa, gli avrebbe bruciato per un paio di giorni e che, probabilmente, gli aveva spaccato il culo a sangue. Ma la cosa terribile era che il cazzo era ormai troppo lungo: quando spingeva in fondo, con tutte le forze, la punta del glande, spingeva, dandogli una fitta insopportabile sul fondo del culo. Dopo alcuni minuti, non ce la fece proprio più, e riuscì a divincolarsi.

Scappò via nella stanza dove cera il divano, massaggiandosi l’ ano indolenzito. – Ehi – disse lamentoso – ma che vuoi farmi? Mi sfondi il culo se continui così … -Dirlo era eccitante e così si decise a provare ancora. Mentre si stendeva sul divano per accontentarlo, disse: – Ti prego, non farmi male ancora … – ma fu inutile. Simone, come un segugio, col pene gli ritrovò il buco e riprese a incularlo, come un forsennato.

Ancora la dilatazione lo fece gemere e lamentarsi. Sfuggì a quel maglio, scivolando in avanti, ma l’ altro, inesorabile, lo puntò di nuovo e riprese a dare colpi. Era diventata una vera caccia al suo buco dolorante. Impaurito, ma incapace di dire di no, Lucio si alzò e andò a poggiarsi alla scrivania, l’amico lo inseguì, incalzandolo e, messosi in una posizione favorevole, lo inculò ancora e ancora. Dopo circa un quarto d’ ora di assalti sempre veloci e sempre violenti, lo sfintere era talmente bagnato e dilatato, che il pene dell’ amico non trovava più alcun ostacolo ad entrare.

Il sedere della sua vittima era diventato largo come la figa di una battona, talmente aperto che per rincarare la dose di quella specie di vendetta punitiva, ogni tanto Simone, chiudeva le dita della sua mano, che per fortuna era piccola, e la affondava nel suo ano, fino al polso, senza incontrare resistenza. L’ unica cosa che ancora lo faceva scappare dal maglio dell’ amico era il colpo finale, dato con tutto il peso, perché la punta estrema del cazzone diventava come uno stiletto e gli procurava fitte nella pancia.

Allora Lucio che cercava di sfuggire non faceva che trovare una nuova posizione, ma il cazzo rientrava in lui, implacabile. A un certo punto, quando era sul divano senza forze, e tanto per non cambiare, stava prendendo una serie di colpi nel deretano, Simone si sfilò dal culo e gli si parò davanti, masturbandosi il cazzo. Gli intimò: – Voltati e stai pronto, ti voglio sborrare in bocca! –Si sfilò il profilattico, mentre l’altro obbediva e si girava a faccia in su.

Ebbe la conferma della violenza subita appena vide il glande, completamente estroflesso del suo amico. Nonostante la fìmosi non si fosse mai spezzata, la capocchia del ragazzo era tutta fuori dal prepuzio tesissimo e, quasi certamente, doveva fargli un gran male. Si abbatté a quattro zampe sull’ amico e se lo chiavò in bocca, come stesse sverginando una fanciulla. Venne a lungo e in grande quantità. Lucio, che non lo aveva mai visto così arrabbiato, bevve la sborra senza fiatare e senza un lamento.

Mentre ancora teneva in gola il suo cazzo che si calmava e si afflosciava;mentre non si sentiva più il buco del culo per le troppe percosse subite: completamente sfiancato, Lucio si carezzò il glande del cazzo che finalmente aveva trovato un attimo di tranquillità per rizzarsi. Senza vedere niente e senza provare particolare piacere, sentì che anche il suo sperma eruttava dal buchetto, come la lava, lenta erutta da un vulcano. Dopo molto tempo e senza una parola, trovò la forza di alzarsi dal divano bagnato.

Gli faceva male dappertutto. Le mandibole erano indolenzite per la forzata apertura a cui erano state sottoposte. A ogni passo gli faceva male il culo. Quando si andò a lavare, lo trovò così sfondato che dubitò avesse potuto mai ritornare allo stato normale. Per la prima volta, provò paura e sgomento per quei suoi strani rapporti omosessuali. Stavolta avevano superato ogni limite e lui temeva di non ritrovare più la sua personalità. Si vestì in silenzio.

Simone sembrava un toro che aveva perso le forze, ma non la rabbia. Si salutarono come al solito. Probabilmente, entrambi dovettero pensare la stessa cosa: “forse questa è l’ ultima volta che lo facciamo”. Montò in macchina. Era tardissimo. Guidando allucinato verso casa, per la prima volta si sentì non più come un uomo vizioso, ma più come una “femmina” profanata: come una puttana che per quel suo uomo avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche quelle che non se la sentiva di fare.

A casa, Filomena lo aspettava sveglia e questo acuì le sue sofferenze. Lei non disse nulla, né inveì contro di lui, però era chiaro che aspettava una spiegazione. Lui si spogliò e la portò a letto, per mano. Spensero le luci. Prese la sua mano e pian piano la portò verso il basso, sul suo corpo nudo. Ma non le fece toccare il cazzo, bensì il suo ano, discinto e aperto. Lei sussultò temendo il peggio …ma lui le disse:- No, non ti preoccupare.

Non è niente , però, devi sapere che … -E cominciò a raccontarle molte cose della sua vita che la moglie ignorava completamente. Lei era una brava ragazza, suo marito le aveva insegnato praticamente tutto e ascoltò con piacere e senza giudicare, quella parte nascosta della sessualità di lui. Lui temeva di disgustarla, ecco perché aveva taciuto, ma lei aveva già capito che qualcosa ci doveva essere stato tra lui e l’ amico Simone.

Insomma, due più due fa quattro: che cosa facevano durante i loro incontri, che come ormai sapeva c’ erano sempre stati, fin da giovanissimi?L’ unica cosa che gli chiese è se tra loro avessero dei “ruoli” definiti o se si facevano l’un l’altro indifferentemente. Insomma, volle capire se anche il marito si inculava completamente l’ amico, visto che il trattamento che aveva ricevuto quella sera, la diceva lunga sul fatto che Lucio lo prendeva nel culo, eccome!Infine l’ uomo le parlò di quella sera e dell’ aggressività, improvvisa, dell’ altro.

Ne parlarono e sembrò lampante ad entrambi, che il fattore sextenante era stato conoscere sua moglie. Lui gli disse anche di aver promesso all’ amico che si sarebbero incontrati ancora, o meglio, che lui gli avrebbe portato la sua bellissima moglie, per cedergliela e per permettergli di farne ciò che più gli piaceva. Ormai giocavano un perverso gioco di ruolo. Lui fingeva di essere succube dell’ amico e di non potergli negare nulla, compresa la sua moglie.

Mentre lei, finse di essere risentita e spaventata da quella opportunità. Allora gli sussurrò nel buio della loro camera: – Ma, come hai fatto a impegnarti così, amore? –Lui si finse contrito e addolorato. -Ti rendi conto, che ti sei impegnato anche per me? –- E … adesso? – tacque, come se stesse valutando le ripercussioni di quelle affermazioni sulle sue prestazioni sessuali. – E se lui ti chiede che vuole farmi?E se lui volesse farmi lo stesso servizio che ti ha appena fatto … io dovrei obbedire e accettare che il suo cazzo, mi entri tutto dentro e tutto dietro?Ce l’ ha pure abbastanza grosso … tra l’ altro.

A te non dispiacerebbe se mi incula a sangue? Sapresti sopportare questa umiliazione? –Lucio arrapò e anche la moglie era bagnata ormai. Disse: – E che posso fare ? Ho promesso. Sai cosa ha detto anche? Che vuole venire nella tua bocca! Ed io, ancora una volta, non ho saputo dire di no … – Continuando a stuzzicarsi con quelle parole, fecero all’ amore, grati a Simone, che anche se non c’ era rendeva così eccitante il loro rapporto.

Una settimana dopo, il marito chiese alla donna se stava prendendo la pillola e lei rispose di si e, inoltre, che erano da poco finite le mestruazioni. Allora Lucio le chiese se per il sabato successivo poteva fare in modo che fossero soli, a casa. Lei capì che qualcosa bolliva in pentola e gli promise di fargli sapere al più presto. Purtroppo non fu possibile, ma riuscì a fare in modo che la sorella venisse a casa loro per il sabato, con la scusa di una cena di lavoro, così loro avrebbero potuto uscire senza problemi e, magari, pernottare anche fuori.

Allora lui avvisò Simone. Il giovane cambiò turno con un collega, che fu ben felice di avere il sabato libero. Filomena era contenta di ritornare in quell’ ambiente così estraneo, pieno di lucette, rumori elettrici, strane attrezzature, stanze informali piene di finestroni e cristalli … L’ ultima volta si ricordava che spogliarsi era stato eccitante, immaginava che, nascosti nell’ ombra mille occhi la potessero spiare; magari con delle telecamere nascoste avrebbero ripreso le sue prestazioni “da troia”, guardandosele più e più volte, e facendo sesso … usando le su immagini come quelle di una pornodiva.

L’eccitazione aumentava in lei, man mano che il sabato si avvicinava. Un paio di volte uscì senza indossare gli slip, e bagnandosi segretamente mentre parlava con le persone del suo quotidiano. Dentro di se sogghignava e le sarebbe piaciuto da impazzire stupire quella gente. La moglie casta, tranquilla, pacifica, in realtà, presto avrebbe fottuto con un estraneo. Avrebbe maneggiato e ricevuto dentro un cazzo nuovo, mentre il suo proprio marito, aspettava e subiva l’ umiliazione di vederla profanata.

E lei avrebbe gridato ed esagerato il piacere che provava, per ostentare la sua puttanaggine. Dal fruttivendolo, dove si sceglieva la frutta migliore, non le sfuggirono le solite occhiate del figlio del titolare. Il ragazzo era grezzo, ma piacevole. Aveva poco più di vent’ anni e lei immaginò che gli sarebbe piaciuto scoparla … non poteva certo mai immaginare che lei sarebbe stata ben lieta di farselo, lì e subito, perché aveva la figa completamente bagnata.

Non poteva farne a meno … allora, si guardò intorno per essere sicura che non ci fossero altri, poi, con la scusa di raccogliere un frutto che le era caduto di mano, si chinò, con le gambe abbronzate ritte sui tacchi delle Chanel color crema. Lo fece lentamente, assicurandosi che il giovanotto vedesse. La stretta gonna bianca di tela venne sollevata in maniera esagerata, per permetterle di fingere di cercare il frutto tra le casse.

Il giovanotto da dietro, strabuzzò gli occhi, rimanendo impietrito: non riusciva a concepire con chiarezza quell’ immagine da sogno, che gli si parava davanti. La signora Filomena, quella bonona, che tante seghe gli aveva ispirato, si abbassava sempre più in avanti e non si accorgeva che la sua gonna saliva lentamente, come un sipario, liberando le gambe e mettendo in mostra fino a parte del il culo e le grandi labbra abbozzate. La visione durò un attimo, poi la donna si rialzò, in tutta la sua statuaria bellezza, era alta almeno dieci centimetri più di lui.

Si voltò e lo guardò, aveva un sorrisetto strano: – Ah, Salvatore,tu stai qui? – gli disse – guarda che mi è caduta una mela tra le ceste, prendila tu che io non ci arrivo! – E sculettando, passò davanti al giovane inebetito e andò verso la cassa, per pagare. Salvatore era shoccato. Ci mise qualche minuto a riprendersi, poi scrollando la testa continuò a ripetersi che era stata una visione, e che quello che credeva di aver visto non era mai accaduto.

Però il cazzo grosso e spesso, gli era venuto durissimo, nel vecchio jeans logoro e sdrucito. Il sabato successivo, la giornata sembrava non passare mai. Mentre in casa facevano le solite azioni, meccanicamente, quasi non si parlarono. Nell’ aria c’ era un tensione che si sarebbe potuta toccare con un dito. Suo marito aveva le farfalle in pancia, sicuro che l’ incontro della sera sarebbe stato decisivo. Stavolta avrebbe visto davvero l’ effetto che gli faceva vedere sua moglie chiavata da un altro e, per ora, non faceva che sentirsi molto su di giri … era come se una delicata tortura gli venisse inflitta, come una droga.

Quei pensieri gli facevano male ma, allo stesso tempo, non avrebbe saputo rinunciarvi. Anche sua moglie era su di giri e aspettava con curiosità e apprensione l’ arrivo della sera. Il suo chiodo fisso era il cazzo di Simone. Per una strana forma di “transfert” lei vedeva l’ altro più sotto l’ aspetto del suo membro, che come persona. Idolatrava nei suoi pensieri quel cilindro di carne, meravigliosamente nuovo, a cui avrebbe voluto dedicarsi amorevolmente.

Era deciso: non avrebbe mai detto di no a nessuno dei desideri espressi dal possessore di quel cazzone. Come una bacchetta magica (quale esempio più calzante) aveva potere su di lei: in pratica mentre Simone, per lei non significava quasi niente, amava il suo cazzo con tutto il cuore e lo voleva felice, appagato e coccolato. La sera scelse con cura il suo abbigliamento: mini grigia elasticizzata, voleva che fosse ben chiaro che sotto indossava il reggicalze per tenere su le calze di seta nere con la riga.

Top nero, reggipetto nero, a mezza coppa. Portò anche dei profilattici, sapeva che a volte, i due amici li usavano per i loro “giochetti”. Le scarpe di vernice nera, con i tacchi a spillo, le aveva acquistate apposta per l’ occasione, ispirandosi ai filmini che qualche volta il marito le aveva mostrato. Niente profumo, usò solo un velo di deodorante ascellare, voleva che i suoi odori di donna, pian piano, si fondessero con quelli dei maschi, in quella serata che si profilava rovente.

Arrivarono poco dopo le dieci. Portarono dei pasticcini freschi e del vino frizzante. Simone li accolse amabilmente, ostentando anche troppa gentilezza nei modi, ma comunque era sincero … era contento di rivederli, e ancora più raggiante di rivedere la “bona” Filomena. Era abbagliato. Si trovava di fronte una panterona, vestita da pin up, fasciata da una minigonna elegantissima, sotto si intravvedevano lievi protuberanze … probabilmente era il reggicalze. Le calze nere le stilizzavano le gambe.

Di sopra indossava un top, che le modellava in modo incredibile i due grandi seni, che si sporgevano appetitosi. Il giovane, una donna così, l’aveva vista solo in fotografia. Mentre sistemava le ultime cose da controllare, assaggiarono qualche dolcetto e sorseggiarono il vino nei bicchieri di carta. Poi lui li invitò ad accomodarsi nello studio con i divani, mentre terminava i suoi controlli. I due coniugi non trovarono obiezioni, Lucio intanto tirò fuori dal taschino una micro camera: sarebbe servita per immortalare i momenti più piccanti.

Tutti quei preparativi, quella specie di cerimoniale, caricarono di libido la donna: si senti preda di quei due maschi, che non aspettavano atro che di infilarle il pene da qualche parte ma, allo stesso tempo, si sentì padrona di un enorme potere. Sapeva di potere e di dovere dare piacere a due uomini. La gioia maggiore era data dal senso di totale libertà in cui si sarebbe potuta muovere … non è da tutte, godersi tutta la libidine della trasgressione e al tempo stesso agire, senza timore di essere scoperta, spiata, ricattata.

Nessun marito a cui dare conto, al contrario, suo marito era proprio lì, con lei e non vedeva l’ ora di vederla fottere da quel bastardo, che chissà quante seghe si era fatto ricordando il suo corpo nudo. Si spostarono nella sala; la porta a doppia anta di cristallo, li divideva dallo studio tecnico. Lucio la baciò, cominciava ad essere eccitato più che mai. Abbracciandola e carezzandola, le fece scivolare giù, giù la gonna, poi si abbassò per sfilargliela completamente.

Erano in penombra, ma la sua siluette era spettacolare, e glielo disse, poi aggiunse: – Sono sicuro che lo farai impazzire, stasera. Ti va? –Lei assentì, felice di trovarsi lì, sentiva caldo alle tempie. Sedettero affianco sul divano, lui la carezzava con tenerezza, ma non prendeva altre iniziative. La moglie capì che quella sera sarebbe stata una serata molto particolare … il marito voleva concedere “la preda” all’ amico del tutto intatta. Dopo circa un quarto d’ora, le disse: – Tesoro, vai, vai pure a prenderlo di là, sono certo che aspetta che noi facciamo la prima mossa … è timido e, credo, che per lui sarai la prima donna in cui potrà penetrare.

–- Va bene – disse lei, complice – vado a tentarlo … – sorrise e se ne andò, ben felice di gironzolare senza gonna in quell’ ufficio estraneo, per presentarsi al cospetto di uno che a stento conosceva. – Ciao – gli disse, una volta di là – non ci raggiungi? -Il povero ragazzo, davanti a quella meraviglia, cercò di darsi comunque un tono: – Si, adesso vengo, … ehm … se volete cominciare, fate pure … –- No, ti aspetto … Lui mi ha portata per te, lo sai? Ti stima molto.

–Il giovane non sapeva più cosa rispondere, poi trovò il coraggio e la forza per essere galante: – Bhe, ecco … io … io non vorrei assolutamente che tu ti sforzassi … io … – balbettò ancora qualche parolina senza senso. Intanto Filomena si era avvicinata, anche troppo, a lui. Era seduto sulla poltroncina con le rotelle, e cominciava a perdere il controllo … lei si fermò a pochi millimetri da lui, i fianchi e il sedere, la carnagione chiara spiccava sulle calze nere: si voltò per fargli ammirare il suo culo, completamente esposto, sottolineato solo dal sottilissimo perizoma.

Non si era mai sentita tanto esposta e tanto felice di esibire il suo corpo. Si sentiva come una merce preziosa da esporre a quell’ uomo arrapato. – Nessuno sforzo per me, caro – gli sussurrò con voce suadente – mi piace accontentarti … come Lucio del resto, vogliamo solo che tu stia bene, con noi. –Diede uno sguardo alla porta vetrata, dietro, nella penombra, avverti il guizzo felino dello sguardo di suo marito.

Si avvicinò ancora di più, strusciandosi alle gambe e al volto dell’ amico. Lui non ce la fece più e, con le piccole mani, cominciò a carezzarla con desiderio malcelato. Aveva sete di lei!Si sentiva da come la toccava. Era impacciato, ma allo stesso tempo godeva talmente di quel contatto, che diventava il più arrapante dei partner. Dal canto suo il giovane amico si lasciava sempre più andare: come un bambino che scarta piano un regalo troppo a lungo desiderato.

Questa volta non era più impacciato e insicuro … adesso la voleva. E voleva imparare come era fatta, dove era morbida, in quali punti era soda, quali i punti più segreti da scoprire, quali parti di lei, una volta toccate, gli facevano maggior effetto sul cazzo. Il marito, intanto, non riusciva a starsene seduto. In piedi dietro la porta osservava la scena di Filomena, che più troia che mai, si comportava come una esperta spogliarellista dalle mosse feline.

Era estasiato e arrabbiato al tempo stesso … il terrore che la moglie gli sfuggisse di mano era presente e terribile, ma allo stesso tempo, vederla agire e farsi toccare il quel modo lubrico dal suo amichetto, che sbavava letteralmente per quel contatto. A ogni carezza cercava di rubarle tutta l’ anima. Avrebbe dovuto essere impacciato e inesperto … invece vedeva la sua donna arrapare di lui e, ne era sicuro: lei rincarava la dose, per fargli ancora più male.

La vide accarezzargli il pene che gonfiava i pantaloni, ripetutamente, mentre lui le impastava le natiche con le mani e le spingeva la bocca tra i seni. La tirava a se con le manine sulle chiappe enormi e completamente nude. Spingeva e si godeva il culo e le morbide tette della sua vera moglie, che stupendolo, lei prese l’iniziativa. Tirò su dalla poltrona il loro amico, per le mani, e prese il suo posto sulla poltroncina; gli disse qualcosa, probabilmente: – Vieni, leccamela tutta! – Infatti lei sedette tutta verso il davanti e allargò oscenamente le cosce sui due braccioli.

L’ altro si inginocchiò per godersi quell’ anfiteatro meraviglioso. Iniziò ad esplorarla, con le mani, con le dita e con la bocca. La mogliettina “innocente” aveva spostato il perizoma dalla figa, e lo teneva distante dal suo spacco. Aveva la figa quasi rasata, con un piccolo triangolino di pelo al punto giusto, l’ altro la leccava con piacere e lena, Lucio vedeva la testa che si muoveva seguendo la lingua che penetrava in lei, a ripetizione.

La moglie era in visibilio, con gli occhi socchiusi e l’ espressione estatica. Sbuffava e soffiava dalla bocca. Si fece trasbordare i due grossi seni, dal top. Il suo amico, lesto, ne prese possesso con le mani … impastandole da padrone, come fosse tutta roba sua. Poi si alzava e succhiava i capezzoli, mentre si dedicava alla figa con le dita. Il marito si faceva una ragione di tutto questo, almeno ci provava; si era sbottonato il pantalone e si menava il cazzo da solo, come un collegiale sfigato e solitario.

Era chiaro che quei due non sentivano la sua mancanza, si cercavano, si strusciavano, arrapavano l’ uno dell’ altro. Lui si senti offeso di ricevere tanto poco interesse … non era più la gelosia, ma il fatto che non si curavano per nulla di lui. Sua moglie e il suo più intimo amico, che aveva fatto incontrare personalmente, se la godevano, senza provare la minima considerazione per lui. La cosa era …. quanto di più arrapante gli fosse mai capitato.

La bocca dello stomaco gli doleva per la tensione incredibile, il cazzo cercava una immediata via di sfogo per una valanga di sperma, che a stento riuscì a trattenere. Era oltraggioso aspettare … aspettare che qui due porci sfogassero le loro voglie e le loro privazioni … a spese sue. Quell’ idiota che a oltre trent’ anni, non aveva mai avuto l’ onore di toccare nemmeno una bagascia, adesso si spassava sua moglie: la donna più irraggiungibile del paese, il punto di riferimento dei segaioli più insoddisfatti, ritenuta del tutto intoccabile, sdegnosa e schiva.

E sua moglie, dopo anni di continua, costante ed esagerata fedeltà, quasi incredibile a crederci, tutt’ a un tratto, si sbrodolava e si faceva slinguare a tutto spiano da quello, che aveva appena conosciuto. E lui, l’ unico, vero chiavettiere del gruppo, mortificato e dimenticato … nella sala d’ attesa. Nell’ altra stanza, intanto, l’ amico era completamente ubriaco di figa. Mai gli era capitato di immergere il viso in tanto bene, un profumo inebriante gli saliva per le nari, nuovo, mai senito … mentre un sapore delicatissimo, lievemente salato, delicatamente frizzante, si spandeva sulla sua lingua, che viaggiava, mai paga, in quello spacco meraviglioso e invitante.

Ogni tanto quella figa diventava talmente liquida, che lui era costretto a succhiare, ad asciugare quegli umori, che lui stesso, con la saliva, sollecitava. Era stupendo esplorare con le labbra e con la lingua quella figa, che doveva essere certamente estremamente piccola. Tra chiacchiere da trivio e descrizioni sommarie aveva immaginato che molte fighe dovevano essere grosse e rigonfie, invece adesso gli si parava davanti alla bocca un taglietto delicato. I pochi peli del pube raccoglievano, al di sopra, profumi e umidità.

Con le dita e con la lingua, la schiudeva, come si apre una rosa, e all’ interno nuovi petali, ancora più piccoli e delicati, facevano da cornice a un taglio più profondo, caldo e umido … immaginò che forse, tra poco e per gentile concessione, la sua verga avrebbe potuto essere accolta, in quella vagina paradisiaca. Il capogiro che seguiva a quel pensiero lo salvò dal venirsi nei pantaloni. Sopra il buco caldo, un bottoncino di carne rosea e gustosissimo, attirava le sue labbra e si lasciava succhiare con voluttà.

Quando leccava e succhiava il bottone, la donna si inarcava e sussultava alle sue sollecitazioni: in quei momenti si sentiva un re!Lei, sotto le mani e la bocca del giovane uomo, si godeva il rapporto, spietatamente fisico, che il marito le aveva regalato, ma il piacere più inteso le veniva dalla zoccolagine che esprimeva in quelle pose discinte, sapendo, perfettamente, che, nella stanza accanto, lui moriva letteralmente di piacere e di gelosia. Sapeva che quella scena frustrante e anomala, gli sarebbe rimasta impressa per sempre nella mente … e immaginava le volte in cui, l’ avrebbe fatta venire, chiavando e sussurrandole all’ orecchio tutto il suo disappunto e i suoi rimproveri al piacere perverso che lei, evidentemente, stava provando.

Filomena venne. In un turbinio di sensazioni, mugolii e languore. Simone fu preso alla sprovvista quando lei, con una voce irriconoscibile, glielo comunicò … parlando a stento e spezzando le parole con i singulti del piacere. Impazzì di orgoglio e di piacere, non aveva mai provato la sensazione di far arrivare una donna. Si rilassarono un attimo. Poi, lasciata la poltroncina, si spostarono nella stanza accanto, dove raggiunsero Lucio, in piedi, che si carezzava il cazzo.

La donna si recò un attimo al bagno, anche per riprendersi. Lucio, intanto, chiese a Simone se lei gli piaceva e, come per controllare di persona, gli infilò la mano nei pantaloni, passando da sopra la cintura. Il pene di Simone, non era duro come si sarebbe immaginato: troppe emozioni, probabilmente. Quando la moglie tornò, trovò il marito che con la mano tastava il cazzo di Simone, ebbe un brivido, ma non disse nulla.

Lucio si spostò e la abbracciò, per consolarla. Poi slacciò il pantalone dell’amico, che lasciò fare, ed anche il suo. Liberò dagli slip i due cazzi e, visto che il più in tiro era il suo, disse a Simone: – Guardami adesso, come la chiavo – e con delicata determinazione, mise la moglie in piedi, gambe aperte, lievemente china in avanti. Con le mani le aprì la fessa e ce lo cacciò dentro, con noncuranza.

Poiché lo infilò fino alle sue palle, la moglie ebbe un sussulto per la spinta ricevuta. Poi aggiunse: – Dopo, se ti va, la faccio chiavare pure a te! –Cominciò a scopare la moglie, senza toccarla, come se la infilzasse con uno spiedo, poi tornasse indietro, per aggiustare il tiro e poi, subito dopo, ficcava di nuovo. Con lentezza e costanza, procedeva nel corpo di lei, mentre l’ amico, in piedi, poco più in là guardava la scena con lo sguardo attento.

Dopo alcuni minuti, uscì dalla figa, ma disse alla moglie di aspettare, così come stava, piegandosi a novanta gradi. Lei accettò l’ ordine senza un lamento e si abbassò, poggiando le braccia sulla spalliera di una poltrona, in attesa che qualcuno facesse il suo comodo con la sua figa. Il giovane, capito che forse era il suo turno, si lasciò prendere dall’ emozione. Il coso tra le sue gambe si afflosciò, quasi senza vita.

Il suo amico, senza fretta, spense la luce nella sala, in modo che restasse in penombra, illuminata solo dalla luce dello studio attiguo. Sott’ occhi, Filomena, eccitata e vogliosa, vide una scena che non sarebbe mai riuscita a immaginare: il marito si inginocchiò davanti al suo amico e gli prese il cazzo flaccido tra le labbra. Lo vide lavorare con maestria. Dopo il primo sgomento, lo invidiò sia per la bravura con cui faceva il pompino, sia perché le venne voglia di cazzo in bocca.

Ma non si mosse. Aspettò, come le era stato ordinato. Passarono alcuni minuti, intensamente arrapanti. Simone si rilassò, poi intostò e premette più volte il pene in gola a Lucio. Questi, quando lo trovò abbastanza duro, avvicinò il cazzo di lui alla vagina della moglie, e trovato il buco, gli piazzò il cazzo del suo amico dentro. L’ uomo restò per qualche attimo impappinato dalla goduria, ma in pochi minuti capì il sistema. La ragazza, dal canto suo, cominciò a sentire che la verga si faceva sempre più grossa e dura.

L’ amico spingeva con sempre maggior vigore, e per aggiungere potenza ai suoi colpi, la tratteneva per i fianchi con le mani sottili. Visto che le piaceva tanto farsi scopare dall’ altro, il marito si pose davanti e glielo infilò in bocca. Simone stabiliva il ritmo e Filomena ad ogni colpo ricevuto nella figa, si spostava in avanti: nel far questo si ritrovava il nerbo di Lucio tutto in bocca. Quando il giovane cominciò a sbuffare e a sudare dopo una estenuante chiavata, Lucio tirò via la moglie da quel cazzo voglioso, perché non arrivasse.

Si calmarono …La donna sedette sul divano. Suo marito prese per mano il suo amico e lo guidò al fianco della moglie, lei anche se non esperta, subito divenne curiosamente interessata ai due grossi cazzi in tiro. Li carezzò, studiò con gusto il cazzo nuovo, li valutò, li avvicinò per paragonarli. Era un gioco meraviglioso, che le provocava una lieve ebbrezza. Volle vedere le palle dei due e poi leccarle, poi si fece coraggio e iniziò a praticare il doppio bocchino.

Cercò di infilarli entrambi in bocca e, alla infine, ci riuscì. Mentre spompinava, suoni gutturali nascevano, rendendo ancora più oscena e arrapante la situazione. La donna si godette a lungo la situazione, e se il marito non l’ avesse fermata, avrebbe continuato per ore. L’uomo fece distendere il suo amico sul divano, con indosso solo la maglietta e il pene eretto, poi, sopra di lui, fece adagiare quello spettacolo meraviglioso che era sua moglie, solo con le calze, il reggicalze e il top, raccolto come una striscia, che le teneva i seni in bella mostra.

Lei non attese spiegazioni, si inserì il grosso pene in vagina e iniziò a strusciarci sopra, con movimenti circolari. Subito dopo cominciò a mugolare e a eccitarsi pur mantenendo un pizzico di perplessità … era certa che il suo uomo avrebbe provato a incularla, approfittando della sua posizione. Come chi si deve lanciare col paracadute, era preparata e l’aveva desiderato da sempre di farsi fottere da dietro e davanti contemporaneamente, ma adesso, che era arrivato il momento della verità, aveva un poco di paura.

Come temeva lui arrivò. Ma per prima cosa cominciò a leccare tutto ciò che trovava davanti: quindi figa, culo, cazzo dell’amico e anche le sue palle. Un paio di volte, travolto dal desiderio, lo sfilò dalla vagina della moglie per ficcarselo tutto in bocca. Subito dopo, quasi per scusarsi, era lui stesso a reindirizzare il cazzone di Simone, nella figa di Filomena, divenuta larga ed elastica. Lei intanto, un poco sudata, si spostò con voluttà i lunghi capelli neri su un lato della testa; si teneva con le mani sulle spalle di Simone e aspettava la prossima mossa di suo marito.

Questi, smise di leccare e delicatamente si avvicinò alle spalle di lei. Armeggiò col suo arnese, come se cercasse qualcosa, mentre con l’altra mano sulla spalla della moglie, la spinse delicatamente ma con fermezza a introdursi dentro tutto il pene dell’ altro, per poi restare ferma e completamente chinata verso il davanti. Fu così che all’ improvviso, provò la più grande divaricazione mai provata nella figa, non si fece male, ma restò senza fiato per l’emozione …Con sorpresa dovette accettare di averne ben due di cazzoni, dentro lei, adesso.

Anche il suo amico ci mise un poco a capire cosa fosse accaduto. Lui si fermò in figa, tutto dentro e immobile, per dare il tempo ai due che stavano chiavando di abituarsi alla sensazione nuova. Sua moglie si riprese giusto per ritornare a sentirsi sconvolta ancora una volta, perché con le dita andò a frugarsi le grandi labbra e scoprirsi dilatata da due membri. Le palle morbide e umide dei due formavano un solo, soffice cuscino, una sensazione meravigliosa al tatto che la fece trasalire.

Dentro sentiva le due teste che spingevano, indipendenti, in punti diversi della sua figa. Poi, dopo alcuni minuti di assestamento, lento e inesorabile, Lucio diede il ritmo alla più fantastica pompata che la moglie potesse immaginare. I due cazzi la divaricavano, scontrandosi dentro di lei, come due pistoni impazziti. Il moto era sorprendente e inconcepibile, cosicché, la figa di Filomena non riusciva ad abituarsi al moto incostante, né ai guizzi che le capocchie effettuavano nell’ utero.

Cominciò a ululare dal piacere, mentre tutto le ruotava intorno e lei si sentiva di continuo tentata di svenire dal piacere. Passò un tempo incredibile e incalcolabile. Poi si alzarono in piedi e il marito si dedicò alla moglie, rimettendola a novanta gradi e chiavandosela, poi pregò l’amico di spostarsi in avanti per metterglielo in bocca, cosa che Simone fece con molto piacere, tirandosi su la camicia per avere l’inguine libero. Dopo poco Lucio decise di cambiare buco e con poco sforzo e senza patemi, lo mise in culo a Filomena che lo accolse con un gemito, non potè esprimersi meglio, perché stava succhiando l’ altro cazzo.

Ma durò poco, perché Simone ormai era troppo arrapato e desiderava venire, con tutto se stesso. Allora non si dimenticò del suo antico amore, il posticino confortevole e sicuro in cui aveva già versato litri di sperma, così con delicatezza, sgusciò col pene dalla bocca di lei e raggiunse le terga di Lucio. Come se stessero effettuando una danza che conoscevano bene, il ragazzo si bagnò la testa del cazzo di saliva e adeguandosi al ritmo, poggiò la grossa capocchia all’ ingresso della ano del suo amico.

Al momento più opportuno si decise e assestò il colpo di grazia alle natiche del suo amichetto: glielo infilò senza complimenti fino alle palle, piene. Lucio, troppo arrapato per sentire dolore, si godette quel paletto piantato nel culo col massimo della goduria. Sua moglie sentì il nuovo ritmo dato dall’ inculata: ora erano le spinte date dalle natiche di Simone a propagarsi attraverso i due cazzi, arrivando dall’ amico del marito e attraverso il suo culo sfondato, fino al suo sedere, anche esso completamente divaricato.

L’ amico non riuscì a venire nel suo culo accogliente, come avrebbe desiderato, almeno non per quella prima sborrata, che sarebbe stata estremamente carica. Infatti, quando il cazzo gli faceva male per quanto era gonfio, Lucio inventò un nuovo gioco, per il finale di quel “primo round”. Li prese per mano e li portò con se nella stanza accanto, sistemò la moglie sulla sedia con le ruote, conoscendone anche le possibilità più segrete …Filomena aprì le cosce e Simone fu invitato ad abusare della moglie del suo amico, nella più tradizionale delle chiavate.

L’ uomo trovò la posizione più comoda per penetrare in profondità la figa aperta, che lo allettava tra quelle stupende cosce, ammantate di arrapantissime calze nere. Appena trovò il giusto ritmo, aiutandosi con la sedia con le ruote, chiavò l’ arnese in Filomena e iniziò a trapanarsela. Svelto e felino il marito si pose seduto per terra sotto di loro. Lo spettacolo in primo piano era da brivido: il cazzone che ben conosceva, ora veniva donato a sua moglie … cosicché lei si godeva la potente chiavata di un estraneo.

Vedeva il membro che usciva fino al glande, per poi riaprirsi un varco spazioso tra le grandi labbra e infilarsi come un locomotore infinito nel buco di sua moglie, spingendo fino a i coglioni, che sbattendole sulla figa bagnata emettevano una specie di schiaffo liquido. Lui leccava da sotto e succhiava e la moglie con l’ ultimo urlo, comunicò ai due che ricominciava a venire. Infatti, gocciolava. Il povero amico non era pratico di come viene una donna, ma da come lei lo disse e li avvertì, provo una stretta alle palle, incontenibile, e non preoccupandosi assolutamente di nulla, iniziò la più lunga e copiosa sborrata della sua esistenza.

Filomena non era stata avvertita e non poteva sapere che Simone aveva il dono di restare col cazzone in tiro, anche dopo la sborrata, a volte anche per un quarto d’ ora. Caratteristica che Lucio sapeva adoperare in maniera sopraffina. Così quando con sua sorpresa, nonostante annegata di sperma,Lucio fece in modo di far continuare l’ esecuzione della chiavata dall’ amico, ormai in trance, lei non si fermò più, e venne in maniera multipla continuamente per un tempo interminabile.

La resistenza e la potenza di Simone fecero si che Lucio, da sotto si prendesse la sua buona dose di sborra in bocca, succhiando avidamente, e non solo; appena la situazione gliene dava adito, prendeva il cazzo dell’ amico tutto in bocca, giusto un paio di affondo, per pulirlo, e poi lo regalava di nuova alla sua lei, infilato nel suo grembo. Quando finalmente Simone smontò dalla donna, esausto, il marito si mise in piedi e silenziosamente la sborrò tutta, seni, gambe, figa e bocca, dal pene lo sperma fuoriusciva silenzioso, con i fiotti che non trovavano fine.

Si riposarono e bevvero. Si lavarono e ogni uno di loro si diede una sistemata. Avevano passato insieme circa due ore di passione. Simone accese un piccolo televisore che trasmetteva i programmi della notte e mentre loro si riposavano un attimo, indecisi sul da farsi, si spostò nello studio tecnico per dare un tocco al lavoro e controllare dei resoconti. Lucio, aveva rimesso su gli slip, mentre la sua signora provava un piacere perverso e nuovo a girare tutta nuda, di sotto.

Sorseggiarono del vino, lui si abbandono sul divano, con uno sguardo distratto alla tv. Dopo un poco, sua moglie disse: – Ma Simone che fine a fatto? –Lucio rispose vago, poi le disse, sottovoce e senza cura: – Se vuoi puoi andare a vedere che fa … di là, no? –Lei non se lo fece ripetere e si allontanò con entusiasmo. Passarono altri minuti e nessuno dei due tornava … Lucio ebbe un presentimento e proprio non riuscì a starsene sulle sue.

Con passo felpato si accostò alla porta dello studio, ma niente. I due non c’ erano. Sempre senza far rumore, cercò ancora in altre stanze, fino a che nella penombra di un archivio nascosto, li intravide tra gli scaffali, senza che loro si accorgessero di lui. Filomena civettava e Simone cercava di baciarla, poi lo vide riaprirsi i pantaloni e tirare fuori ancora una volta il suo pene, già duro, toccò le spalle di sua moglie per invitarla ad abbassarsi e fargli il bocchino, lei obbedì, come se quello fosse il suo mestiere, incurante che il marito non c’era e neppure doveva sapere.

Dopo il pompino che durò giusto il tempo di fargli assaporare il suo dominio, l’uomo, come tanto gli piaceva, volle farsi una sveltina, col preservativo. Lo diede alla moglie, che sorridendo, glielo indossò sul cazzo, carezzandolo,Simone allora, senza amore, ma solo con voglia, la trattò come una troia. La fece adattare a pecora, tra gli scaffali e per fottere meglio, le fece poggiare il piede su un ripiano. Senza togliersi i calzoni, con gesto rapido si fece uscire dalla patta i due coglioni, il profilattico rifletteva la luce, rendendo il pene di Simone estremamente visibile, così Lucio non potè non assistere a quella veloce e potente chiavata.

L’ amico se la scopò in poco meno di cinque minuti, tirandosela a favore del cazzo dai fianchi. Ma la sua specialità era chiavarlo nel culo e non seppe resistere, le premette con la mano sulla schiena per far si che il suo sedere si inarcasse ancor di più, con la mano indirizzò il grosso membro tra le natiche della ragazza e senza ritegno la inculò selvaggiamente, sotto gli occhi di Lucio, che non poteva ribellarsi, pur vedendo l’uso selvaggio che il suo migliore amico faceva di sua moglie.

Lei, da vera puttana, se la godeva come se prenderlo in culo fosse una passeggiata. Che troia … Lucio capì che se non lo aveva cornificato con mezzo paese era solo per la mancanza della giusta occasione. Infatti, appena trovato uno sconosciuto col cazzo grosso, si era fatta infilzare, con estrema disponibilità, in ogni buco. Il suo amico non si trattenne più e sborrò rapido nel preservativo, con lo sguardo perduto nel piacere. La paura di essere scoperto, glielo fece estrarre subito dal buco del culo di lei.

Filomena arrapatissima dalla sveltina, effettuata con la paura che Lucio arrivasse all’ improvviso, gli prese il preservativo pieno di sborra liquida e gli pulì il cazzo dai residui di sperma con la lingua, come lui le aveva intimato, secco. Il marito fece appena in tempo a rientrare per non essere visto, mentre la bocca dello stomaco lo faceva soffrire, di piacere e di dolore. Dopo poco, si rivestirono e si congedarono, come se niente di particolare fosse accaduto.

Lucio invitò Simone a casa, qualche giorno che avesse potuto. Era ovvio che si sarebbe fermato anche per la notte. – Sempre se vuoi ancora chiavare Filomena, voglio dire, se ti è piaciuto. Magari vuoi prenderla anche da dietro? –L’ amico, sorrise impacciato, confermando che gli era piaciuto tantissimo. Avrebbe voluto aggiungere qualche complimento per la donna, ma non seppe cosa dire. Si vergognò, dovendo nascondere all’ amico, che proprio poco prima aveva inzuppato a profusione il grosso membro nell’ ano dilatato di sua moglie.

Viaggiarono in silenzio per tutto il ritorno, finché arrivati nel giardino fuori casa, Lucio trovò la forza di dirle: – Ma dove sei stata, quando siete spariti tutti e due? – Lei arrossì, non per vergogna, ma per il ritorno di pensieri lascivi riguardanti quella serata veramente speciale. Allora Lucio la incalzò:- Non mi dire che ti sei fatta chiavare di nascosto? –Lei tacque. – Ti ha voluta ancora? – chiese – non gli era bastato? –- Ti ho donata a lui, ti ho potata fino da lui per farlo fottere … e quello, quel cane, ti ha voluta chiavare anche di nascosto … ? –Poi continuò: – E tu, come una troia ci sei stata, non sapevi dire di no? Come ha fatto? – la incalzava, mentre il cazzo gli tonava duro.

Ti ha voluto sborrare ancora … e dove… e quanta … era? E … il suo cazzo ti piaceva? –E mentre le sussurrava con rabbia tante parole sconce e offensive, scesero dall’auto e si spostarono sul sedile posteriore. Le saltò subito addosso e spostato il filo dei tanga la sfondò ancora una volta. E quando stavano per venire insieme, con immenso amore, lei prese il profilattico pieno di sperma dell’amico che aveva conservato. Ormai liquefatto, ma ancora profumato, fece scorrere lo sperma tra le loro bocche che si baciavano e leccavano, appassionate.

Un ultimo pensiero di gratitudine al grosso cazzo dell’amico Simone, che quella sera aveva servito tutti i loro buchi e poi ebbero un orgasmo contemporaneamente insieme, più complici e innamorati che mai.

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