Viky 3

“Buon Nataleeee!!!” urlava uno dei dirigenti, totalmente ubriaco, al tavolo del ristorante, rivesciando due bottiglie.
La serata era stata assolutamente, come previsto, imbarazzante a più riprese.

Si era partiti subito bene, con l'amministratore delegato che si era presentato, fresco di divorzio, accompagnato da una stangona russa di nome Yadviga (subito ribattezzata YadFiga da un paio di colleghi) davanti al ristorante, e aveva subito cercato di appiopparmela.
Bionda tinta, altezza mirevole, un gusto nel vestire esagerato persino per i miei standard di appariscenza, troneggiava con una minigonna inguinale su dei tacchi brillantinati ricoperta da monili di ogni genere.

“Yadviga, questa è Vittoria, viene dal tuo Paese. ”

“…No. Diciamo che il suo si è accomodato molto volentieri sul mio…” risposi con un gelo profondo nella voce, ma la mano di Alessio che stringeva la mia mi diede uno strattone. “…Vo… Volevo dire, zdràvstvujte! Kakvàscidilà?”

Yadviga rispose subito con una pronuncia impeccabile, ma il suo entusiasmo fu di breve durata quando le spiegai che il mio ‘russkij jazyk’ era assolutamente arruginito, e con un fortissimo accento di Smolensk.

“Non ho capito un cazzo” commentò Alessio, mentre salutavamo altri colleghi.
“Me la volevo solo levare di torno, ‘Jadzia’ è una bella fregna ma stasera punto a Tailleur!”

Tailleur non si presentava.
Scartato l'AD e la sua stragnocca di Mosca erano seguiti gli ingressi al ristorante, le bonarie discussioni sui posti (“evitare Jadzia, sedia per Herr Figa di Legno” sussurrai ad Ale nel metterci seduti, con successo), cominciò una carrellata di antipasti letali per l'appetito.

“Non ci vedo dalla fame” commentai, avendo saltato il pranzo, nel tentativo di non sembrare concentratissima come ero nell'attendere Arianna.
“Sarà perché sei Ceca!” disse un collega suscitando delle risate di comodo e un mio tentativo di renderlo orbo con il tappo della bottiglia dell'acqua. Nel giro di 40 minuti la mia quota di eventi insopportabili aveva raggiunto la soglia di allerta.

Vi renderete conto come, visto l'andamento del convivio, la mia voglia di finire la giornata ficcando la testa di Herr Figa di Legno sul cazzo del mio uomo e usarla come troietta antistress fosse alle stelle.

E per fortuna Arianna arrivò, lamentando un'automobile con la batteria defunta, e un taxi ritardatario.

“Che fortuna che Alessio passa da quelle parti per andare a casa!!” dissi dando una piedata al mio lui, che si stava distraendo un po’ troppo nella scollatura del mio abito lungo nero. “Oh sì! Poi ti accompagno io!” rispose con un viso d'angioletto.
rianna divenne letteralmente rossa, un pessimo accompagnamento al suo completo blu, mentre già le versavo un bicchiere di vino.

E così arriviamo al dirigente che uccideva due bottiglie innocenti che riversarono la loro linfa preziosa sulla tovaglia, all'amministratore delegato che si lamentava della ex moglie, a Yadviga che cercava di capire i nomi di alcuni piatti, e io che tentavo di tradurle alcune parole, lasciando Arianna con la ridarella per le avances di Alessio.
Ridarella che l'accompagnò anche in auto mentre ci dirigevamo al White Rose, dove alcuni tavoli ci attendevano, almeno i ‘giovani’ che non volevano finire la serata con il brindisi di un tizio abbrancato ad una bionda tinta che augurava “buon Natale e merda a mia moglie”.

“Cazzo, ma davvero avete invitato Tailleur??” imprecò in un angolo un collega.
“Ragazzi colpa mia, quella ha sentito che organizzavamo, mi avrebbe reso la vita un Inferno… Tanto, guardatela…” dissi con un sorriso, indicandola con un cenno della testa dietro le spalle. Arianna beveva già un drink con Alessio, totalmente incapace di opporsi alle sue battute, provocazioni calcolate e approcci.

“Scusa, quella ci prova con il tuo tipo e tu sei qui a bere con noi??” commentò un'altra collega vicino a me.

Bevvi un sorso con sicurezza. “Intanto, non è il mio tipo. E poi, le piace, chi sono io per oppormi? E in ultimo… Io a Febbraio non sarò dei vostri. Questa sera Tailleur proverà cosa vuol dire ‘ubriacarsi Viktorie-Style', tanto poi chi la becca più?”

E così portammo avanti, io e il mio bel fanciullo, il nostro piano sottilmente malvagio. Arianna sembrava totalmente un'altra persona, visto che non ebbe a dire nulla né sul mio limonare con Ale fissandola da sopra la muscolosa spalla, né sulle offerte di drink dell'open bar, anzi si lamentava che il ragazzo non partecipasse quanto noi, mentre ci lasciava da sole per andare al bagno.

Era il mio momento…

“ha un gran bel culo” dissi prima di bere dal mio bicchiere, vedendo gli occhi sottili di Arianna puntare sulle sode chiappe del ragazzo che si allontanavano.
“Co…? Eh? Oh, sì, è… Hai un bel ragazzo…” disse avvampando.

“… Non è il mio ragazzo!” dissi con uno sbuffo. “Ma perché nessuno concepisce una frequentazione basata sul divertirsi assieme, partecipare ad una vita sociale, e anche delle sanissime e godibilissime scopate stellari??”
“Bè, non tutti hanno questo genere di relazioni…” disse nicchiando sull'orlo del calice Herr Figa di Legno (legno impregnato d'alcool).

“Colgo dell'invidia, Arianna?” provocai con un'alzata di sopracciglio.
“No, no…” ribattè con un gesto della mano. Il rossore sulle gote, l'alcool, e il mio istinto, dicevano che sì, Tailleur era nel giusto mood.
“Se vuoi possiamo fare una cosa…” sussurrai, accostandomi al suo orecchio.

“… Immagina di avere Alessio… Averlo stasera… Averlo tutto per te, toccarlo… Quel bel ragazzo, che ti sfiora…” scandirono le mie labbra a un millimetro dal suo padiglione.

Arianna rabbrividì. “… Solo una sera, non lo saprà nessuno… Tu, lui… Ti assicuro che ne vale la pena di ogni singolo centimetro di quel cazzo…”

“Ma Viktorie, cosa dici!!” sbottò senza tuttavia scostarsi. “… Ti garantisco un orgasmo a centimetro, al che, più o meno, direi che fanno più di una ventina… E io… Io posso dartene altrettanti, Arianna…” la mia lingua sfiorò il suo orecchio, facendola shittare in piedi.
Sorrisi.

Il colore sul viso di Arianna era inequivocabile, se non avesse avuto anche la giacchetta sopra i seni ondeggianti dal fiato corto avrei potuto certo scorgere i capezzoli eretti per l'eccitazione.

Tailleur fece per andarsene, ma incocciò Alessio di ritorno dal bagno.
“Vai già via?” le disse, prendendole la mano. Bevvi il mio cocktail, smettendo di guardarli, perché il gioco a quel punto era nelle capaci mani del mio maschio.

In capo a mezzora, dopo forse un ballo e chissà che avances, se non altri drink, eravamo in auto con Alessio. Rimanevo seduta sul sedile posteriore con Arianna che, di fianco a lui, sospirava ad ogni tocco delle mani sulle cosce.
Li lasciai giocare per un po’ da soli, per poi accostarmi al suo orecchio, dato che un tratto di tangenziale tutta curve richiedeva l'uso di tutte e due le mani del ragazzo.

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