Vent’anni

Avevo vent'anni:non lascerò dire a nessuno che è l'età più bella della vita. Una cosa però la dirò e la lascerò dire: vent'anni è l'età in cui il cazzo si addrizza per un soffio d'aria, magari provocato dalle gonne di una ragazza, o addirittura per mezzo pensiero, per l'idea di una bocca o di una tetta.
Era scoppiata un'estate travolgente: le giornate bruciavano, e le voglie con loro. era scoppiata anche una moda femminile, altrettanto, ma diversamente, travolgente: morbidi abiti di lino bianco, semitrasparenti; a coprire, poco, succinta biancheria nera.

Un trionfo, un trionfo. Di tette strizzate, di culi triangolati da perizomi, di strisce nere sotto il bianco.
Ero all'università, e c'era da impazzire. Un'altra cosa dirò e lascerò dire: a vent'anni, le femmine umane sono le creature più meravigliose che il pianeta ospiti.
C'era una Nicoletta, lasciate che ve la descriva.
Statura media, una massa di capelli neri e crespi, la carnagione scura e, piantati sul viso, due incredibili occhi azzurri.

Si abbronzava subito, e gli occhi erano sempre più azzurri. Labbra piene, grandi, naturalmente segnate da solchi. Nasino all'insù.
Il corpo:un'esplosione ferma. Due tette come due colline, tonde, sode; le cosce e il culo erano capolavori.
Mi piaceva, piaceva a tanti. Parlavamo, non facevo nulla per nasconderle l'eccitazione provocata dal suo corpo; lei vedeva, sorrideva.
Un tardo pomeriggio, potevano essere le sette, fuori il sole splendeva glorioso, eravamo rimasti solo noi in biblioteca.

seduti vicini.
lei si accosta per chiedermi una cosa, e con i ricci mi sfrega ripetutamente la guancia.
Avevo vent'anni, bei tempi: un'erezione immediata, incontenibile, evidente sotto i pantaloni leggeri. Lei si accosta ancora, mi tocca la coscia con la sua: sempre più duro.
Nel corridoio non c'era nessuno: arriviamo al bagno, deserto.
Sono passati molti anni, un po' ricordo, un po' ricostruisco, scrivere purtroppo vuol dire anche, sempre, immaginare, inventare, contare balle.

Lei si inginocchia e si slaccia la camicetta, io libero il cazzo ormai marmoreo davanti al suo viso. Me lo prende prima fra le labbra, poi in bocca, piano, bagnandolo di saliva: un massaggio delicato con la lingua intorno alla cappella, e con le mani mi carezza le cosce, poi con una passa alle palle, gonfie fino a far male.
Quando il cazzo è semicoperto dalla sua saliva, lo tiro fuori e glielo metto tra le tette, senza togliere il reggiseno: poi le stringo con le mani e comincio a muovermi lì in mezzo, paradiso, valle dell'Eden.

Abbiamo poco tempo, a minuti passeranno a chiudere i bagni, li hanno già puliti.
Lei sa che il suo corpo fantastico mi farà venire in pochi minuti, e decide di assecondarmi,tira giù il reggiseno, si strofina il cazzo sui capezzoli, prima uno, poi l'altro, lo lecca e lo succhia ancora… quando lo rimette fra le tette sborro come una fontana, come un vulcano… sul suo mento, sul suo collo… lei continua a massaggiarmi mentre lo sperma le scende sulle tette…
Nicoletta, dovunque tu sia, sappi che quella scena, reale o immaginaria, vissuta o scritta, è fissa, come una pietra preziosa, nella mia memoria.

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