Un esame molto particolare

Un esame molto particolare Milly era riuscita ad agganciare Lory. E a portarla a casa sua. “Ecco che allora, guardandola negli occhi ed accarezzandole una guancia, Milly rincara la dose proponendole un’altra piccola perversione…”Gradirei molto che…” Lory è una bella ragazza di 21 anni, mora, occhi verdi, statura media ma con una buona quarta di seno ed un sedere niente male. Nonostante la sua giovane età, nel campo sessuale può affermare con un certo orgoglio di avere già diverse esperienze alle spalle.

In linea con le più moderne tendenze, infatti, può vantare di avere iniziato a fare normale sesso etero all’età di 13 anni, per poi ritrovarsi a sperimentare le dolcezze lesbo qualche anno dopo…in pratica, dopo diversi e normali interrogativi su cosa desiderasse realmente, si è data alla fine una semplice risposta : quella di essere una bella troia bisex, e quindi di avere la fortuna di poter condividere ed apprezzare il sesso in tutte le sue forme, maschili e femminili, ed in tutte le sue modalità.

I suoi rapporti sono però sempre stati singoli e separati, con un uomo o con una donna alla volta ; ecco quindi che, da un po’ di tempo a questa parte, Lory ha un’idea fissa che la tortura e la perseguita notte e giorno, un sogno ricorrente, che le appare mentre dorme e le confonde i pensieri quando è sveglia : quella di potersi esibire in un’orgia con due maschi ed un’altra donna, nudi per godere tutti insieme.

Per questo motivo, Lory si ritrova a masturbarsi follemente più volte nell’arco delle 24 ore, in preda a questo desiderio pazzo che vorrebbe esaudire al più presto. La pulsione è talmente forte che Lory, quando è fuori casa, è costretta a chiudersi nei bagni della ditta per la quale lavora, ed a denudarsi velocemente per poter raggiungere gli orgasmi infilandosi un paio di vibratori da viaggio, insieme in fica ed in culo, aprendo il rubinetto del lavandino per coprire sia i ronzii degli apparecchi che i propri mugolii.

E naturalmente poi è anche costretta a giustificare le proprie assenze più o meno prolungate!! La stessa cosa accade quando Lory è in altri luoghi, ad esempio nei centri commerciali…un bisogno frenetico, quasi primordiale, acuito dall’eccitazione di essere scoperta. E’ solo quando si trova tra le mura domestiche, che la nostra eroina può considerarsi davvero tranquilla e soddisfare pienamente le proprie voglie…Mentre è in azione solitaria, completamente nuda nella sua camera e sul suo letto, senza limiti di espressione e costrizioni dettate dal tempo, Lory può essere libera di immaginare momenti e situazioni tipiche di un film porno, nella quale lei è una delle protagoniste…arriva perciò agli orgasmi con un’intensità sempre maggiore, aiutandosi con grossi cetrioli e pensando di essere una regina del sesso, intenta a dominare, nello stesso istante, sia un paio di cazzi vigorosi che un’altra bella fica come la sua…Inseguita da questa idea folle sempre più pressante, per settimane e settimane, Lory prende quindi la decisione di buttarsi in innumerevoli chat su internet, confessando nella rete questo suo desiderio e cercando complicità in qualcuno e/o qualcuna per poter giungere a questo traguardo.

Ed ecco che, con un po’ di pazienza e di attenta selezione, dopo alcuni giorni, Lory conosce Milly, una nuova amica di qualche anno più grande, che, guarda caso, sembra abbia un po’ di esperienza in più, rispetto alla sua, nel campo delle orge bisex a tre ed a quattro. Dopo alcune telefonate, le due ragazze si danno appuntamento in un elegante bar per parlarne direttamente. Quando arriva il giorno del fatidico incontro, atteso con impazienza ed eccitazione, Lory è molto incerta su come presentarsi, dato che non riesce a decidere se sia meglio fingere ed apparire a Milly con un abbigliamento sobrio da ragazza normale oppure rivelarsi subito nella sua vera natura di troia.

Decide alla fine per la prima opzione, indossando una gonna un po’ stretta ma più che normale, accompagnata però da una camicetta con una scollatura piuttosto vertiginosa che possa mettere in risalto l’incavo dei suoi splendidi seni…Quando Lory riconosce Milly vedendola arrivare, ha come un sussulto, una premonizione che le fa intuire che quella ragazza è la donna della sua vita. Milly infatti è davvero una bionda molto bella, di 25 anni, con due seni pazzeschi, occhi azzurri e due lunghissima gambe, che lei mette saggiamente in mostra indossando una mini mozzafiato.

Dal sorriso e dagli sguardi ammiccanti che Milly dedica a Lory, quest’ultima riesce subito a capire di soddisfare pienamente le esigenze della nuova amica. Durante il colloquio molto informale e sereno tra le due, in piedi al banco, un cucchiaino birichino decide poi di cadere in terra…ecco che una sollecita Milly si preoccupa allora di raccoglierlo, piegandosi in avanti al punto da far sollevare completamente la mini in faccia a Lory e mostrarle così, per un fuggevole attimo, due chiappe nude e perfette nelle forme…!!!Cosicchè, dopo l’aperitivo e tutte le presentazioni ed i convenevoli del caso, tra le due shitta immediatamente un feeling particolare, che sfocia, alla fine, in un invito a casa di Milly per approfondire il discorso…Salgono perciò sull’auto di Milly e si avviano.

Dopo aver percorso qualche decina di chilometri fuori città, e dopo altre allegre chiacchere, le due nuove amiche arrivano in una tranquilla zona di campagna. Milly vive in una casa indipendente, perciò con l’auto entrano da un cancello e raggiungono direttamente il box dell’abitazione. Dopo essere scese dall’auto, Milly confida subito a Lory di avere l’abitudine di starsene sempre nuda nuda in casa, in estate ed in inverno, tanto che le chiede, se possibile, di non salire in casa vestita…!!!…Lory le risponde, quasi con gioia, che non ha nulla in contrario, anzi, che la cosa la eccita parecchio!!! Milly annuisce e le sorride compiaciuta in silenzio, ammirando ben bene quel bocconcino di fichetta che ora ha di fronte, così come la leonessa potrebbe rimirarsi una tenera antilope…Lo sguardo di Milly cade quindi furtivamente sui piedini acqua e sapone di Lory, avvolti nei sandaletti : Lory intuisce al volo quel particolare gradimento! I suoi piedini sono fatti davvero molto bene e lei, sapendolo, è abituata a tenerli molto curati.

Ecco che allora, guardandola negli occhi ed accarezzandole una guancia, Milly rincara la dose proponendole un’altra piccola perversione…”Gradirei molto che tu ti sporcassi bene i tuoi bellissimi piedini prima di salire, tesoro…sai, io adoro alcuni giochini lesbo molto particolari, fatti a piedi sporchi…!!!!…”…. le dice convinta. Infine, baciandola dolcissima sulle labbra, Milly si avvia e sale per prima, dicendo a Lory di raggiungerla dopo dieci minuti esatti…Lory conosce bene il gioco sadolesbo della “schiava sporca”, e perciò questa piccola confessione di Milly le fa venire l’acquolina in bocca, pensando a quante cosine fantastiche lei possa avere in mente…!!!…Pensa quindi di farle una gradita sorpresa!!…Non perde tempo e si spoglia completamente nuda lasciando tutti i vestiti all’interno dell’auto.

Inizia poi a camminare strisciando i piedi nudi sul pavimento sporco e fuligginoso del box e, in breve, le piante dei suoi piedi, incluse le dita e le unghie, diventano nere come il carbone. Ma non basta, ci vuole un ultimo tocco con uno straccio lercio per sporcare i piedi anche sul dorso, per poi passare al resto. Ora Lory strofina lo straccio fuligginoso per terra, sulla caldaia della casa, ovunque ci sia sporco, imbrattandosi tutto il corpo, sporcandosi tutta…!!!…Ecco che ora si è davvero trasformata in una giovane troia monella, tutta da correggere…!!!…ed il gioco perverso può iniziare…!!!…Trascorso il tempo convenuto, tranquillamente tutta nuda e sporchissima, con la fica depilata e profumata, già bella soda ed aperta, Lory sale con sicura lentezza, guardando di fronte a se, come in un porno, la scala interna che porta agli appartamenti.

Il cuore le batte all’impazzata, è veramente eccitante l’esibizionismo di entrare tutta nuda per la prima volta in una casa che non conosce…!!!…In quelle condizioni, poi…!!!!…. Lory apre una porta ed entra nell’appartamento ; percorre un corridoio e, senza esitazione, seguendo le indicazioni che Milly le aveva fornito in precedenza, si dirige in quella che dovrebbe essere la camera da letto. Apre la porta con sicurezza…ed ecco Milly…!!!…meravigliosa, tutta nuda a sua volta…!!!…La attende ferma in piedi, a gambe divaricate e braccia conserte sotto i seni…bella come una dea greca…!!!…Lory rimane a bocca aperta : Milly è davvero di una bellezza mozzafiato!! Ha due cosce lunghissime e leggermente muscolose, con i piedi forti e ben formati ; un piercing nell’ombelico, le tette grosse con gli ampi capezzoli violacei ed appuntiti rivolti all’esterno e grossi come tappi di sughero, ma, soprattutto…..MIODDIO….

una grossa fica già eccitata, larga ed aperta, con due anellini d’argento alle labbra ed accuratamente depilata, solo un ciuffo a triangolo in cima…e con dentro tante tante foglie di carne…!!!…tutte lucide e bagnate, di colore dal rosso al violaceo…!!!…Lory deglutisce pensando con un misto di desiderio e timore…”…Oh cazzo, è una superdotata!!!”Milly è già infoiata come una maiala, e quando vede Lory apparire in quelle condizioni, si lecca le labbra in preda ad un moto evidente di grossa libidine.

Ora sta per parlare, ed il tono col quale le rivolge la parola ora si è fatto duro e sprezzante…!!!“Questo sarà un esame, Lory…lungo o breve, non so dirti, ma ti assicuro che sarà intenso…giusto per capire se non mi hai raccontato frottole!!! In questo esame, tu dovrai soddisfarmi sotto diversi aspetti, e se riuscirai a superarlo, potremo continuare a vederci…ah, durante l’esame, mi dovrai dare del VOI…naturalmente…!!!..”Tutto secondo copione, avendo già fatto la parte della schiava altre volte, Lory non ha alcun problema.

Quindi, completamente nuda e composta di fronte a Milly, a testa bassa, guardandosi i piedini lerci ed uniti, risponde umilmente…. ”Sì, Signora…siete…molto bella, Signora…”…Lory ora sente di avere la fica in fiamme che si sta bagnando sempre di più…Questo gioco la fa impazzire, ed ora non può far altro che attendere in devoto silenzio le mosse di Milly, la sua dea Padrona…!!!!…. L’esame ha inizio…Milly si avvicina lentamente a Lory, che rimane immobile e fremente con gli occhi bassi, e le gira attorno, accarezzandola tutta, palpeggiando le sue carni sode ovunque, ed esaminandola con attenzione come farebbe un allevatore prima di acquistare una giovane puledra.

”…Hmmm…anche tu sei fatta molto bene, puttanella lercia dai piedi sporchi…”…esclama alla fine Milly. Lei è di poco più alta di Lory : ecco che ora la Padrona si mette di fronte alla sua preda, le solleva il mento e le caccia la lingua in bocca, baciandola selvaggiamente. Lory risponde con altrettanto calore, accarezzando a sua volta la Signora, ma non fa nemmeno in tempo a ripetere…. ”Anche Voi siete molto…aaaaahhhh!!!..”…. che la sorpresa ha il sopravvento su Lory : con una rapidissima manovra a tenaglia, Milly infatti le infila, nello stesso istante e senza tanti complimenti, tre dita nella fica già bagnata ed indice e medio nel suo buchino dietro…!!! L’esperta Padrona, in un lampo, ha catturato la sua tenera coniglietta !!Milly ora, sorridendo beffarda, agita le dita, masturbando Lory in entrambi i buchi mentre la guarda piena di voglia.

Lory, come una gattina presa al laccio, sgrana i suoi occhioni verdi a bocca aperta e muove il bacino sotto questo assalto improvviso, zampettando sulle sue dita dei piedi nere di sporco, come se volesse fuggire, ma miagolando invece di vero piacere per quell’intima visita così inaspettata nelle sue parti più segrete, dove le dita sapienti ed impudenti di Milly volteggiano ora senza sosta. ”…Ooohhh…. Signora…. hhhaaaahhh…. mia Signoraaa…!!!..”…. invoca Lory guardando Milly con amore aggrappandosi ai suoi splendidi seni.

In mezzo a quell’onda di goduria, non potendo muoversi e per ricambiare il gesto, Lory non trova niente di meglio che protendere le labbra e succhiare teneramente il grosso capezzolo sinistro della Maestra…!!!”Buona, cavallina…. stai buona…così…. brava, zingarella lurida…..” le dice lei per tranquillizzarla. Lory, per tutta risposta, mugola ad occhi chiusi, piena di felicità e gratitudine, con il capezzolo duro di Milly tutto nella bocca. Dopo alcuni minuti, le dita rallentano : Milly le estrae con cura dopo quell’esplorazione profonda, per cominciare l’analisi.

Guardando Lory negli occhi, Milly le solleva, ricoperte di muco, e se le mette quindi in bocca per assaggiarlo. Dopo un altro mezzo minuto, arriva il responso autorevole :”I tuoi sapori sono molto buoni, zingarella” sentenzia Milly…”il tuo miele di fica è dolce e cremoso, ed hai un umore anale intenso e piccante al punto giusto, solo un po’ difficile da raggiungere. Ma si può rimediare…” le dice in maniera molto professionale. Lory non comprende subito, ma, mentre è ferma in piedi, tutta nuda, come un manichino a disposizione di Milly, vede che lei si dirige verso un cassetto, lo apre e ne estrae uno strap-on dall’aspetto piuttosto vigoroso.

Milly lo accarezza, lo bacia e lo indossa così come un medico indosserebbe un camice. Dopodichè procede camminando verso Lory come un bellissimo trans dicendole…. ”Ora stai buona, maialina : il tuo buchino dietro è ancora un po’ acerbo, ma io ho la cura giusta per renderlo maturo, caldo ed accogliente. …””…No!…noooo!!!…”…subito Lory tenta di fuggire nuda per la casa per sottrarsi a quella cura così brutale, ma purtroppo ottiene solo il risultato di fare imbestialire la Padrona.

Infatti Milly, per tutta risposta, la rincorre, la raggiunge e le molla un sonoro ceffone in pieno viso! Mentre Lory si lamenta per il dolore, lei le divarica le gambe e la piega in avanti con un’energica manata sulla schiena. Infine le torce un braccio dietro, ammonendola severa con voce sibilante…. ”Non permetterti mai più di ribellarti con me in questo modo, troia lurida, o i tuoi bei progetti andranno a farsi fottere…!!!”Ora Lory è di nuovo immobile, chinata alla pecora, indifesa ma remissiva.

In un attimo, sente di nuovo le dita di Milly che la invadono fameliche e che stavolta le allargano le chiappe per mettere alla luce il suo sfintere morbido ; altre dita glielo accarezzano velocemente. A dire il vero, Lory sente di essere un po’ gelosa di quel suo secondo scrigno, ma, a pensarci bene, si sente anche disposta a subire ogni forma di violenza, pur di raggiungere il suo scopo…!!!!…Dopo alcuni istanti, Milly mormora un incuriosito…”…Vediamo…vediamo…”…e Lory sente che lei si abbassa accosciata per avere una migliore osservazione, divaricandole le chiappe ancora di più, con energica decisione.

”Ooohhh…!!!..”…esclama quindi Milly all’improvviso con ammirazione…. ”…l’avevo già capito toccandolo..!!!”…. Lory deglutisce eccitata sentendo il suo ano libero all’aria e sotto osservazione ; sa che è molto bello e fatto bene, se lo è visto parecchie volte allo specchio, come dire, sembra una boccuccia di bimba con le labbra rotonde e serrate nell’atto di dare un bacino…è così tenero…!!!!…“Com’è soffice…. e che bei colori…rosa…rosso…viola…qui ci vuole un intervento supplementare…!!!…”…. esclama Milly convinta ed ormai rasserenata, e poi aggiunge : ”Un ano fantastico come il tuo, zingarella, ha proprio bisogno di un bel massaggio!!!…Per caso, non sei d’accordo…puttana???…”Lory deglutisce ancora pensando alla stupenda goduria che la attende : lei adora essere masturbata da un’altra donna, le donne sanno bene come far godere altre donne!!! Quindi risponde : ”Ooohhh sì, saggia Padrona…sì…il mio ano è Vostro…fate ciò che è giusto….

”…la sua voce è tremula, Lory è ormai docile come un agnellino!!Ed allora Milly, concludendo con un soddisfatto…. ”…Aaahhh…haaaa!!!…”…di approvazione alla sua risposta, si predispone per eseguire, con pratiche da lesbica veramente esperta, un dolcissimo intervento, davvero particolare…!!!Tenendole le chiappe ben allargate, Milly si sofferma ancora alcuni istanti in devota adorazione del buchino di Lory mormorando un convinto…”Sei bellissimo, Amore…”…. poi, lentamente, con la punta della lingua, inizia ad accarezzare in circolo i muscoletti rugosi del suo sfintere, facendoli fremere al contatto!!”Oooohhh….

mia divina Padrona, siete meravigliosa…. è…è bellissimoooo…!!!!!!…” grida Lory sgranando gli occhi per quella fantastica sensazione. Milly allora le tira le chiappe ancora più in fuori fin quasi a spaccarle il culo in due come una mela. Come ipnotizzata, Lory guarda fissa di fronte a se, piegata in avanti ed a bocca aperta…. ora è in Suo potere…. !!!!!!!!!La lingua di Milly continua a girare, gira lenta e regolare per lunghi attimi attorno ai bordi teneri dell’orifizio di Lory, che ulula per l’intenso piacere.

Dapprima sente che i muscoletti tentano di difendersi da quell’attacco, serrandosi e ritraendosi, ma poi, alla fine, cedono arrendevoli alle lusinghe di quella lingua così dolce…si distendono, si allontanano…. Ed ecco…ecco che finalmente Lory pronuncia a Milly la sua convinta dichiarazione d’amore :”…Sììììì…!!!…”…urla forte Lory inarcando la schiena e…. **BOOINGG**…. in un istante, il suo ano si apre tutto davanti a Milly come un fiore pulsante di vita!!!!!…Ansimando per l’eccitazione, mentre volta la testa all’indietro, Lory pensa con una certa soggezione ed ammirazione…”Mioddio…questa è veramente una gran troia lesbo…sa davvero come fare per far godere le donne…!!!!…””E brava, la mia zingarella…!!!…”….

esclama Milly trionfante davanti al varco ormai aperto, come un ladro che ha trovato la combinazione della cassaforte…”E’ proprio così che ti voglio!!!!…”…. Lory ora sente il suo alito caldo a poca distanza dal suo buco nero dai contorni robusti ora messi in bella evidenza. Sente l’aria calda entrare e si piega in avanti ancora di più!! Ora è lei che si allarga le chiappe da sola, impaziente, da vera puttana…. perché ora vuole essere presa…!!!!”Entrate mia Signora….

Vi prego…ooohhh…. entrate dentro di me…. adesso…!!!…”…implora Lory sommessamente in quella posizione mentre gira ancora la testa all’indietro. ”Sto arrivando, zingarella…”…conferma Milly ”…ma prima, rendo il giusto tributo a questa tua meraviglia…!!!!…. ”Ecco che Milly, senza aggiungere altro, fa arrivare le sue labbra sull’ano dilatato di Lory…per un dolce, dolcissimo, lungo e caldissimo bacio alla francese dato con immenso amore…. ***SSMMAAACCKKKK…!!!!***”…Sìììì…cosìììì…..Vi amo, bella Signora…. Vi amo…!!!!…”…. grida Lory eccitatissima a chiappe spalancate…”…ed ora cominciamo…”….

annuncia Milly…. In men che non si dica, Lory sente le dita di Milly che iniziano finalmente ad accarezzare, massaggiare, entrare ed uscire dal suo secondo canale come mai nessuna donna era riuscita a fare prima!! Ora le sembra di impazzire di godimenti infiniti!! Milly sa alternare con sapienza carezze, massaggi, inserimenti di dita, leccatine di lingua e teneri bacini in una sequenza che la fa gridare di orgasmo…. ”Sììììì…ooohhh…mioddiiioooo…. sììììì…che bellooo…. ancoraaaaa…. !!!!!”La cerimonia della masturbazione dell’ano di Lory dura una bellissima mezz’ora di fuoco, al termine della quale Lory si sente veramente felice, serena, ritemprata e pronta a donare il suo culo con amore e generosità, con piena soddisfazione!!!Ora Lory sente che Milly si rialza in piedi.

Ecco che i dolci godimenti sono terminati, ed è tempo di dura realtà!! Il grosso glande del pene artificiale che Milly sta indossando ora bussa impaziente al suo ano, reclamando il proprio tributo!!! Mossa da estrema curiosità, la cappella inizia ad entrare, grezza e villana, con un simpatico…**SFLUCCKK**…dilatando il foro carnoso ancora di più!! Un piccolo grido di dolore, e per qualche istante in Lory torna la paura…”…. Aaaaaahhhhh…. Signora…noohoo…Signora…”…..esclama Lory spaventata, come una bimba che deve fare la puntura….

”Oohhh…è la prima volta così, Signora…”…confessa frignando alla pecora mentre volta la testa ancora indietro…”Buona, micina…buona…”…. Milly cerca di tranquillizzarla facendo marcia indietro ed estraendo il glande con un divertente…**PLOPPP**. Inizia così ad accarezzarle il culo appena sopra il taglio delle chiappe, con grande amore, mormorando…”…No…tesoro…non devi aver paura…. ”Il glande, grosso come una succosa prugna matura, gioca ora dolcissimo fuori dall’ano di Lory per alcuni lunghi attimi. Milly continua ad accarezzarle il culo, quasi come fosse un’anestesia, ripetendo “No…non devi…dolce zingarella…”…Poi, come un’innamorata al primo incontro, mormorando “Come sei bella, Lory…” Milly si slancia in avanti con la bocca, come un cobra, e le fa arrivare nel taglio del culo una tempesta di teneri bacini che mandano Lory letteralmente in estasi!!! Così è troppo bello, Lory vorrebbe che durasse sempre…….

ma l’inganno demoniaco è in agguato…ora si fa sul serio!!!…Ecco infatti che, in una veloce e crudele sequenza, a sorpresa Milly assesta a Lory due forti sberle sulle chiappe, le afferra i fianchi e grida con voce arrochita dalla libidine :”…Eccomi, zingarella!!!!!…Milly è quiiiii!!!!!!…. ”…”…. No…. no…..noooooooooooo…!!!!!!!!…..”…urla Lory spaventata ridestandosi all’improvviso da quel dolcissimo nirvana…Ma la troia ora non sente ragioni : le dolcezze sono durate fin troppo!!!Quindi, senza alcuna pietà e riguardo, Milly dilata velocemente le chiappe di Lory con i pollici e, con un ghigno satanico, spinge con decisa violenza ed in un colpo solo tutto quel cazzone fino in fondo dentro quel culetto così dolce!!!!….

***SSSBBREEEEEEENNNGGGHHHHH***……”…Cosììììì…haahaahaaaaa!!!!!!!…”…esclama Milly vittoriosa. ”…. Noooooo…uuuaaaaaahhhh…..!!!!!…. ”…risponde Lory dolorante per quella penetrazione così estrema…Ed ecco che Milly comincia finalmente a cavalcare Lory nel culo, andando dentro e fuori, spaccandole l’ano con quel grosso cazzo meglio di qualsiasi maschio!!!!…è fantastica!!!!…alla fine, Milly ha avuto Lory come lei voleva, ma preparandola dolcissima all’evento finale…!!!!…”Sì, è veramente una straordinaria Regina del Lesbo”, pensa Lory mentre è posseduta da quel cazzone, tutto intero nel suo culo, che ora le piace da morire ed inizia a farla godere.

!!! Perciò, dopo alcuni istanti di intenso dolore, Lory ora si mette ad urlare piena di gioia :”Uuuuaaaahhhh…ooohhhh…sìììì…sìììììììì…ancora…ancoraaaa…più forte…spaccatemi, mia bella Signora…apritemi tuttaaaaaa!!!!!…. ”Dopo una ventina di colpi ben assestati, il dolore è ormai svanito, ed è solo un durissimo estremo piacere, quello che Lory sente percorrere il suo canale, un piacere del quale ora sa che non potrebbe più fare a meno!!!!!Ad un certo punto, Milly la fa rialzare in piedi, le stringe le tette da dietro con le mani ed inizia a leccarle il collo.

Ora sono tutt’e due in piedi mentre Milly è dentro di lei fino in fondo, muovendosi piano piano, dolcissima!!!!…”Sei mia, zingarella…senti come ti scopo…ti piace, vero???…”…le dice teneramente…”…Sì…”…risponde Lory con semplicità ed un debole sussurro. Poi, con una mano, Milly raggiunge la fica di Lory sul davanti e le accarezza con sapienza le labbra gonfie, dure ed eccitate, mentre con l’altra mano le percorre tutto l’addome. Ecco che ora le mani di Milly si alternano velocissime : tette, fica, tette, fica…come se la Signora suonasse delicatamente un’arpa sul corpo nudo di Lory, mentre il durissimo treno riprende piano piano a viaggiare nel suo culo.

Lory è sul punto di impazzire : ondeggiando sotto i colpi, gira la testa all’indietro, di shitto, e, con labbra e lingua protese, cerca la bocca di Milly come un passerotto cerca la sua mamma. La bacia forte con la lingua, quasi piangendo, piena di gratitudine e vero amore, mentre sente che inizia il godimento anale!!! Presto regalerà alla sua Padrona il muco che lei sta cercando!!! Ma ora Lory vorrebbe continuare per sempre, non vorrebbe mai più arrivare alla fine!!!!!!Dopo il bacio, Milly stringe Lory ancora più forte da dietro, facendo ricominciare un robusto lavoro regolare : ”Ti amo anch’io, puttana…ed ora ti faccio godere davvero!!!”…esclama lei, e subito arriva una sequenza di colpi di reni micidiale!!!! In mezzo ad urla altissime di piacere, le chiappe e le cosce di Lory ballano come budini per alcuni altri minuti di fuoco, finchè…ecco che Lory ha il tremito dell’orgasmo profondo, che ora la sta squassando come un terremoto!!! L’esperta Milly lo avverte ed esclama beffarda…”Haaaa…brava zingarella, vedo che stai arrivando…dai, fammi vedere come sborri dal culo!!!”…le dice volgare, dandole ancora una sberla sulle chiappe e qualche colpo di reni profondo e deciso…TUMM…TUMM….

come un vero maschiaccio!!!”…S-sss-sìììì…Signora…sìììì…ora vengoooo…”…dichiara Lory ormai arrendevole, muovendo la testa a destra ed a sinistra. Sotto quei colpi di cazzo micidiali, la troietta si sta di nuovo reggendo sulle dita dei suoi piedini sporchi, allargate al massimo, facendo piccoli balzelli alternati, zampettando per mantenere l’equilibrio. Ecco, ci siamo…le sue zampette si muovono sempre più veloci, come se ora si fosse messa a pedalare…i suoi mugolii si fanno sempre più alti…. finchè…”…Vengooo…vengooooooooo…. uuuhhh…uuhhhhhh…uaaaaaaahhaaaahhhaaaaaaahhhh…!!!!!!!”Lory. arriva con un urlo acutissimo…”…Signoraaa…sììììì…mioddiioooooo…!!!”…esclama piena di gratitudine!!! Anche il suo ano fa sentire la sua voce emettendo un dolce…**SPRUT**….

e consegnando puntuale e diligente alla porta dello sfintere dilatato il suo umore anale più cremoso e nascosto, il pegno dovuto per la sua Signora e Padrona…!!!!!Milly ora sorride soddisfatta del risultato ed attende con pazienza la fine degli orgasmi a grappolo della sua schiava. Poi estrae lentamente il pene artificiale grondante di prezioso muco dal suo ano, se lo stacca di dosso come un grembiule, lo afferra e si mette a leccarlo avidamente come un gelato, mentre guarda fissa Lory, ancora ansimante, nei suoi occhi verdi :”…Mmmhhhmmmm…trenta e lode, zingarella, non avevo ancora assaporato un’essenza anale così squisita!!!!!…Complimenti!!!…Te la volevi tenere tutta per te, questa dolcezza, vero????…Ma che brutta egoista!!!”…esclama volgarmente dopo qualche istante, con le labbra tutte imbrattate del suo finissimo miele color senape!!!Nessuno, né uomo né donna, fino a quel momento, tranne lei nella sua intimità più porca, aveva mai raccolto e conosciuto il sapore proibito di quella salsa così profonda da raggiungere ma così piccante e profumata.

Un po’ gelosa, ma rincuorata da questo apprezzamento, confusa, rossa in viso e ad occhi bassi, Lory riesce a balbettare solo un flebile…”Grazie Signora…grazie…” Il suo ano è dolorante, la preziosa sborra continua a colare all’interno delle cosce, ma Lory è felice ora di dividere quel suo segreto con una vera intenditrice, maestra di perversione…Contessa – La ponygirl “– Chantelle, sia pure stordita, capiva che c’era qualcosa che si muoveva diversamente rispetto alle altre…”Ormai stavano viaggiando da più di una settimana e Chantelle era sfinita.

Dieci giorni prima i pirati avevano abbordato la nave su cui si trovava in viaggio di piacere verso l’Egitto e dopo aver massacrato buona parte dell’equipaggio avevano fatto prigionieri i viaggiatori. Quello della pirateria, nella seconda metà dell’ottocento, era ancora un fenomeno abbastanza diffuso. Avevano navigato per diversi giorni, poi i pirati erano entrati in un porto sconosciuto e lì era avvenuta la selezione dei prigionieri. Chantelle era stata messa con le donne più belle e più giovani ed il gruppo era stato ceduto ad una carovana di briganti arabi che si era messa subito in marcia.

In quel gruppo c’erano una ventina di donne sistemate su due carri, con Chantelle c’era la sua amica Juliette, molto più anziana di lei, ma ancora piacente e florida. La carovana aveva attraversato un deserto ed era risalita verso un altopiano. Molte donne erano state violentate dai pirati e dai carovanieri, ma lei e Juliette no. Chantelle pensava che per lei e Juliette sarebbe stato chiesto un rishitto, erano entrambe nobili, Juliette sposata con un barone, mentre lei era figlia di un conte, ma più si allontanavano dal Mediterraneo e più perdeva speranza.

Se non l’avevano violentata l’avevano picchiata e frustata più volte e sempre ad ogni disobbedienza. Chantelle era un’aristocratica arrogante e schizzinosa, all’inizio si ribellò apertamente. – Come osate! – furono le sue prime parole. I pirati la spogliarono, la legarono al pennone e la frustarono a sangue. Chantelle non poteva credere che ciò stesse succedendo proprio a lei che aveva sempre ottenuto tutto quello che voleva e senza fatica, ma si dovette ricredere. Non voleva più essere frustata ed umiliata, da quel giorno non si ribellò più, ma obbedire non le riusciva proprio e più volte fu punita per non essere stata lesta a fare quello che le chiedevano.

I carovanieri erano ancora più selvaggi dei pirati, sbraitavano in quella lingua incomprensibile e se non venivano obbediti immediatamente la frusta si sentiva subito. Chantelle aveva i vestiti ridotti in brandelli, ormai era seminuda, era terrorizzata e puzzava. Quasi ogni sera gli arabi si divertivano con le donne, le maltrattavano con sadico piacere, le frustavano e se le scopavano. Il fatto che Chantelle e Juliette non fossero oggetto di tali attenzioni le faceva pensare e sperare.

Prima, Chantelle, aveva pensato ad un rishitto, pensava che le trattassero “bene” per poter chiedere di più, poi però, mentre si allontanavano sempre più dalla costa, pensò che fossero state risparmiate per poterle vendere meglio come schiave, pensava ad un harem di un ricco sceicco. Negli ultimi giorni avevano viaggiato attraverso una savana in cui sembrava non ci fosse nulla. Finalmente arrivarono in un piccolo villaggio con molte case di legno e qualche casa di pietra.

Non c’erano più di cento case. Sembrava che lo stile fosse europeo più che arabo o africano, strade larghe, negozi grandi, ben organizzato e costruito di recente. Chantelle guardò disperata Juliette, ma non parlò, la sua amica era più provata di lei. Juliette aveva superato i trentacinque, era una donna bella ed attraente, anche se in quel momento non lo si sarebbe detto. Era formosa, alta per essere una donna, anche se non quanto Chantelle, con cosce e gambe belle lunghe, seni a pera ben visibili sotto i vestiti laceri e strappati.

Il viso di un ovale perfetto era molto lentigginoso, infine una bella e lunga chioma rossa le ricadeva sulle spalle. Anche Chantelle aveva dei lunghi capelli biondi, lei era molto giovane, aveva ventidue anni, era alta, atletica e robusta, rimanendo molto femminile, formosa e bellissima. Le gambe erano belle lunghe, ma molto più forti ed agili di quelle di Juliette, non solo per l’età, ma per costituzione, ed il seno era generoso e sodo.

Un’incantevole ragazza, che in altri momenti si sarebbe detto sprizzava salute e forza da tutti i pori. Pianse e si abbraccio all’amica più anziana che cercò di consolarla. Furono separate in piccoli gruppi e furono rinchiuse nelle confortevoli celle di un magazzino. Vennero delle serve e le fecero denudare, stremate, le prigioniere non provarono neanche a ribellarsi, ormai erano remissive, se non piegate. Le portarono a lavarsi e diedero loro solo dei grandi teli con un buco nel mezzo per la testa e due laterali per le braccia con cui coprirsi, dei sandali come calzature e misero loro un robusto collare al collo.

Poi portarono loro da mangiare a volontà. Comunicare con quelle serve era impossibile, provare a scappare lo stesso, non sapevano neanche dove erano. Le donne non si aspettavano niente di buono, ma apprezzarono quella piacevole pausa priva di maltrattamenti ed angherie. In quei due giorni le donne rifiorirono, il riposo, il cibo e l’assenza di maltrattamenti le riportarono allo splendore iniziale. Il terzo giorno le serve arrivarono scortate da qualche guardiano, le serve truccarono le prigioniere e chi si provò a ribellarsi venne nuovamente punita, furono poche quelle che si ribellarono.

Poi i guardiani le ammanettarono con braccialetti di cuoio alcune dietro la schiena, altre sul davanti, e legarono al collare un corto guinzaglio di cuoio, quindi le condussero attraverso un cortile verso lo stabile principale. Furono introdotte, da una porticina sul retro, in una grande sala. C’erano una cinquantina di uomini e donne, di molte razze e nazionalità e vestiti nelle fogge più disparate. Le schiave furono introdotte in un recinto accanto ad un palco.

Chantelle si guardò intorno, tremava, ma aveva capito quello che stava per succedere. – Verremo messe all’asta. – La folla della sala non le aveva degnate di uno sguardo, con meraviglia osservò che tra la folla oltre che arabi e neri c’erano anche europei e oltre che uomini c’erano anche donne. Non c’era motivo di dubitare sul loro utilizzo, erano tutte belle schiave e Chantelle era la più bella di tutte. Un uomo grasso e barbuto, nudo dalla cintola in su, indicò una bruna e due guardiani la presero e la trascinarono sul palco.

L’asta era iniziata. L’avvenente schiava bruna, era molto impaurita e cercò di ritrarsi, ma il banditore afferrò il guinzaglio e la trascinò verso il centro del palco. Ora nella sala c’era silenzio e tutti gli occhi erano puntati sul palco. Il banditore descrisse le grazie della schiava e chiese un prezzo. Nell’attesa che qualcuno rilanciasse, sollevò il vestito della schiava. Era bella e formosa, forse anche un po’ abbondante, aveva la pelle bruna e serica.

Il viso era tondo e dolce, il seno ampio e cremoso. Non c’erano angoli in quel corpo, tutto era smussato in un insieme di dolci curve. Le prime offerte arrivarono facendo subito lievitare il prezzo, ma il banditore non era contento. La schiava era arrossita e piangeva, ma lui la fece girare e nuovamente le sollevò il vestito. Aveva i fianchi larghi e soffici, il culo alto sembrava fatto di burro, e le cosce erano lunghe e formose.

Il prezzo salì ancora, alla fine la spuntò un arabo che la prese e la consegnò ad un servo. La schiava piangeva disperata. Chantelle si sentiva svenire, ma poi decise che avrebbe affrontato la prova con coraggio. Pensava e si augurava ancora di finire nell’harem di un ricco sceicco ed un giorno di poter tornare a casa. Solo che lì di ricchi sceicchi sembrava non ce ne fossero, sembravano tutte persone ricche, ma non nobili.

Tutte persone che per come si muovevano, agivano e si vestivano, dovevano essere agricoltori o padroni di opifici o artigiani. Poi la presenza di quegli europei l’aveva lasciata esterrefatta. – Cosa ci facevano lì? Come potevano permettere che loro connazionali fossero vendute come schiave? Questo era ancora un mistero. – Ma Chantelle si accorse che quella comunità era molto unita e di gusti simili, al di là della nazionalità e delle razze. Quando la seconda schiava venne venduta ad un europeo e lui immediatamente ne prese possesso brutalmente, si rese conto che da lì non sarebbe venuto nessun aiuto.

Le schiave vendute erano immediatamente denudate. Chantelle immaginava che subito dopo, prima di venir trascinate fuori, dessero loro dei nuovi vestiti. Altre schiave salirono sul palco, tra una cosa e l’altra ci volevano venti minuti per vendere una schiava. Chantelle pensò: – durerà tutto il giorno. – Era stremata dalla tensione. La folla in sala era sempre la stessa, ogni tanto qualcuno andava via, ma arrivava qualcun altro, oppure quello che era andato via ritornava.

Dentro la sala tra una schiava e l’altra si mangiava e si beveva. Chantelle non sapeva che quello era un avvenimento abbastanza comune in quella regione. Aste di schiave se ne tenevano tre o quattro all’anno, poi c’erano quelle degli schiavi e si distingueva sempre tra aste di schiave e schiavi da utilizzare per lavorare ed aste di schiave o schiavi da utilizzare per prestazioni più raffinate. Nella regione c’erano una dozzina di grande fattorie, molte miniere e un centinaio di artigiani e commercianti tutti avevano bisogno di schiavi per diversi scopi e Chantelle non immaginava neanche che in quella regione fosse diffusa una pratica molto particolare che riguardava essenzialmente, ma non solo, i padroni e le padrone delle fattorie.

Sfinita, Chantelle non si accorse neanche che sul palco stavano trascinando Juliette. Fu colta dal terrore dell’imminente separazione. Il banditore la tirò per il collare al centro della pedana e la denudò sfilandole il vestito. Juliette si agitò, arrossì in tutto il corpo e pianse, ma non reagì. E come poteva? Il banditore le passò una mano sotto le tette e le fece allegramente ballonzolare per la gioia dei presenti. – Questa puttana, non più giovane, ma ancora molto appetitosa, è una baronessa.

Sia i pirati che i carovanieri non l’hanno toccata, certo l’hanno maltrattata un po’, ma il suo padrone o la sua padrona saranno i primi a prenderla. –Chantelle non capiva cosa il banditore dicesse, ma lo intuiva e seguiva atterrita con gli occhi sgranati. Il banditore continuava a palparla, la rossa, soggiogata e spaventata, si offriva, come lui voleva, allo sguardo dei presenti, come una vacca, teneva gli occhi bassi, ma assumeva tutte le pose oscene che il banditore le chiedeva.

Juliette aveva capito che era molto pericoloso opporsi a quegli uomini, era meglio, molto meglio assecondarli. L’asta di Juliette fu un successo, la schiava non era più molto giovane, ma era ancora molto desiderabile, ed in quella comunità avere una schiava nobile era una gran ricercatezza. Ormai se la stavano contendendo solo un uomo, un europeo, ed una donna, un’araba molto bella ed arrogante, si chiamava Sheila. Era abbastanza alta, aveva un bel seno, non molto grande, ma sodo, con dei capezzoli che rischiavano di forare la camicetta bianca che indossava.

La donna era bianca, ma la carnagione era scura ed aveva i capelli neri, ondulati e ricci, gli occhi tendevano al viola. Era molto giovane. Vestiva all’europea, indossava oltre alla camicetta dei pantaloni ed ai piedi portava degli stivali che le arrivavano al polpaccio, larghi e morbidi. Chantelle seguiva inorridita. Il banditore aveva fatto girare e chinare Juliette, le passò una mano sulla fregna. – La troia è molto calda, è bagnata. – Quest’ultima frase fu decisiva, l’araba aumentò il prezzo e se l’aggiudicò.

Un eunuco, grasso come una montagna e nero come la pece, si fece avanti e prese in consegna Juliette. La condusse verso la sua padrona che per il momento non le diede neanche la soddisfazione di guardarla. Nuda ed imbarazzata Juliette fu fatta accoccolare ai piedi della stana coppia. Poi fu il turno di Chantelle. Il banditore le mise una mano sulla spalla. La contessa sentì che le gambe non la sostenevano, ma l’uomo la palpò e la pizzicò su una natica e lei saltellando sul palco si riprese.

La sala rise e si concentrò su quella bella bionda. – Anche questa è una nobile, è una contessa. – Il banditore fece una pausa. – E’ molto fiera, ed è una vera campionessa. Guardate che gambe, secondo me può correre e può vincere. – Chantelle, sia pure stordita, capiva che c’era qualcosa che si muoveva diversamente rispetto alle altre. Vedeva sempre il desiderio sessuale serpeggiare per la sala, ma notò che intorno a lei c’era un’attenzione diversa.

Il banditore, lei non lo capiva, ma lo sentiva per i gesti ed il modo di tastarla, la trattava in modo diverso, magnificava non solo le sue forme, ma anche la sua forza ed il suo fisico atletico. L’uomo la toccava sempre lascivamente, ma spesso decisamente ed in modo impersonale. Anche con lei l’asta fu dura, fino alla fine furono in quattro a puntare, poi vinse nuovamente Sheila, l’araba che aveva già acquistato Juliette.

Sebbene tramortita dall’orrore, nuda e piangente Chantelle fu felice di andare verso Juliette.   Le due schiave erano completamente nude, Chantelle con le mani legate dietro la schiena e Juliette sul davanti. Accanto a Sheila stava l’uomo grasso, ma per niente molle, Yussuff l’eunuco che le aveva prese in consegna. Yussuf mise le sue manone sulle spalle delle schiave e le spinse verso l’uscita della sala. Le due donne tremavano sulle gambe malferme e piangevano, ma sospinte da Yussuff attraversarono la folla e arrivarono all’uscita.

Fuori splendeva il sole, l’aria era tiepida, ma prima di uscire cercarono di resistere, gridarono che volevano degli indumenti, ma Yussuff inflessibile le spinse fuori sulla strada. I passanti del piccolo villaggio non si meravigliarono di quelle nudità, ma tutto quell’agitarsi di tette, culi e cosce e lo strepito di urla e grida non potevano non destare l’attenzione di chi si trovava da quelle parti, anche perché le due donne erano abbastanza belle da meritare qualche occhiata e diversi apprezzamenti che suscitarono commenti e risate tra chi assisteva alla scena.

Sheila diede degli ordini. Sulla strada c’era il suo calesse, alle stanghe si trovavano due belle puledre, Chantelle e Juliette vedendole rimasero allibite. Chantelle osservò meglio i dintorni con rapide occhiate e vide che di puledre come quelle attaccate a calessi o a carri ve ne erano diverse altre e questo era ancora più incredibile. Sheila spinse Juliette sulla leggera carrozzella con due sedili: uno dietro ed uno avanti. Sheila si sedette dietro con Juliette e disse qualcosa a Yussuff.

L’eunuco fece fermare Chantelle le mise due dita sotto il mento e diresse lo sguardo della schiava sulle due puledre. Erano due giovani donne, una mora ed una castana, come seppe dopo si chiamavano Kelly e Honey. La giovane mora, Honey, aveva i capelli corvini, un bel seno con i capezzoli all'insù ed un corpo invitante e sensuale. La castana, Kelly, era meno giovane, si sarebbe detto sui trenta, un seno grazioso, ma piccolo, in compenso due gambe forti e due robusti polpacci.

Quello che però colpì Chantelle era la funzione a cui erano adibite, ed il loro strano abbigliamento. Erano praticamente nude, ma in verità non lo erano. Intanto avevano le braccia ricoperte da due lunghi guanti neri di pelle che arrivavano fin sopra il gomito, su ogni guanto c’erano diversi ganci che permettevano facilmente di legare un braccio all’altro semplicemente agganciandoli. Infatti entrambe le puledre avevano le braccia legate dietro la schiena, ogni polso era agganciato all’altro braccio all’altezza del gomito ed entrambe le braccia erano fissate strette strette e ben in alto alle cinghie che scendevano dalle spalle.

Ciò le costringeva a stare diritte, pancia in dentro e petto in fuori. In vita una larga, pesante e robusta striscia di cuoio che copriva loro la pancia e parte della schiena, ma lasciava nuda in basso la vulva e le natiche, in alto si fermava molto sotto il seno. Il pesante sottopancia era l’anima di quel particolare abbigliamento, sia dietro che davanti c’erano innumerevoli borchie ed anelli, da esso partivano diverse strisce di cuoio più o meno larghe e più o meno robuste.

Due, sottili, scendevano in basso e passavano ai lati della vulva, quindi ritornavano indietro passando sulle natiche delle puledre, altre striscioline scendevano ancora in basso e si collegavano ai lunghi stivali che arrivavano fino alla sommità delle cosce. Gli stivali erano molto particolari, pelle molto leggera e morbida in alto, tanto morbida da aderire perfettamente alle cosce delle puledre. Gli stivali diventavano sempre più pesanti sotto le ginocchia, verso i polpacci e le caviglie, la suola era molto alta e si alzava notevolmente verso il calcagno che era scoperto e non era sostenuto da nessun tacco.

Le puledre erano costrette a camminare e correre sulle punte modificando radicalmente la postura e l’andatura. Chantelle non ebbe modo di osservare bene come erano fatti. Infine altre strisce partivano dal robusto sottopancia ed andavano in alto passando sotto i seni delle puledre sostenendoli e quindi ritornando giù dopo essere passate sulle loro spalle, a queste stringhe erano legate le braccia delle puledre. Il seno era scoperto e due anellini d’acciaio pinzavano i capezzoli delle puledre e particolare interessante, dai due anellini pendevano due campanelle miniaturizzate.

Anche dalle grandi labbra delle loro vulve pendevano degli anellini. Chantelle non se ne accorse, ma anche il clitoride delle puledre era ornato con un anellino dello stesso tipo. Le puledre sostenevano e trainavano il calesse attraverso due corte, ma robuste cinghie legate da un lato ad una borchia del sottopancia e dall’altro ad analoga borchia infissa nelle aste. Quel particolare calesse aveva tre aste, una nel mezzo e due laterali. Come le vere puledre, il capo delle due schiave era ornato di tutto quello che serviva allo scopo: cavezza, museruola, frontale ed infine un morso ricoperto di cuoio.

Non erano stati risparmiati loro neanche gli ultimi ed avvilenti accessori: un pennacchio di piume rosso, la coda che pendeva dal retro della larga stringa di cuoio, i paraocchi ed infine un anello al naso. Il cuore di Chantelle era in tumulto, si domandò cosa l’aspettasse. Lei però pensò di essere troppo bella ed importante perché quello fosse il suo destino, nella peggiore delle ipotesi, fino a quel momento, si era immaginata nell’harem di un ricco sceicco, ma d’altra parte erano state acquistate da una donna.

Era pur vero che lei e Juliette erano state fino a quel momento risparmiate, mentre molte delle disgraziate sue compagne erano state ripetutamente violentate dai pirati, segno che a lei si attribuiva un gran valore. Il dubbio le venne però nel momento in cui Yussuff invece di farla montare sul calesse la portò di dietro e la legò con un guinzaglio allo stesso. Un attimo dopo la frusta schioccò, le due puledre partivano e lei correva dietro a loro.

Nessuno si girò per vedere cosa faceva. Chantelle non ebbe tempo per pensare, ora galoppava al ritmo delle puledre, non aveva scelta se non voleva rovinare a terra. Appena Chantelle fu in grado di correre e realizzare quello che succedeva si accorse del suono delle campanelle e di come questo richiamava lo sguardo dei passanti, che però, si rese conto, erano più interessati a guardare lei delle stesse puledre, evidentemente quelle per loro non erano una novità.

Chantelle era rossa di rabbia e vergogna, mentre correva guardava con aria di sfida la gente, quasi tutti indigeni, che la fissavano e ridevano, qualcuno le rivolgeva gesti sconci e parole che non capiva, ma dal significato inequivocabile. Usciti dal villaggio sul bordo della strada non c’era più nessuno a distrarla e si concentrò sulla corsa, le due puledre trottavano veloci ed ogni tanto venivano spinti al galoppo. Chantelle era in buona salute, ed ora che in quei giorni si era ripresa, era anche in discreta forma, ma sicuramente non aveva mai corso tanto in vita sua.

Corse per più di un’ora. Attraversarono campi e boschetti senza mai incontrare nessuno. Chantelle era provata, sudata e scarmigliata, quando ormai pensava di lasciarsi andare le puledre attraversarono un cancello e rallentarono, erano ormai sul sentiero di casa. Chantelle si sentiva svenire, ma ebbe il tempo di guardare che in fondo al viale sorgeva una grande casa. A circa cento metri c’era una grande stalla e di fronte ad essa una pista molto lunga che disegnava un bell’ovale.

Su di essa e nei prati adiacenti poté vedere altre puledre simili a quelle che trainavano il calesse e le sembrò di scorgere anche due stalloni. Non era sicura di quello che vedeva, aveva la vista annebbiata. Di fronte alla casa il calesse si fermò. La sua padrona scese e si trainò dietro, tirandola per un guinzaglio, Juliette. Poi le puledre proseguirono verso la stalla. Qui si fermarono e due serve corsero verso di loro.

Una, poi seppe che si chiamava Tanya, aveva gli occhi neri ed i capelli neri, ondulati e lunghi fino alle spalle, il corpo maturo e calmo, la pelle era bruna, ma nelle parti più delicate, che Chantelle riuscì ad intravedere, era di un bianco pallido. L’altra era un’araba, dalle labbra grosse e tumide, non era proprio una bellezza, si chiamava Miriam. Tanya si prese cura delle due puledre conducendole alle stalle. Miriam si prese cura di lei portandola verso un capanno vicino.

La serva di stalla la fece bere avvicinandole una scodella alle labbra, poi legò il guinzaglio ad un gancio della parete e l’abbandonò. Chantelle riuscì a rannicchiarsi per terra, nuda com’era e pianse. Era pomeriggio, ma nessuno si fece vedere fino al mattino successivo. Chantelle è nuda e legata alla parete del capanno in cui ha dormito. Per Miriam, la serva di stalla che la sera prima si è presa cura di lei, è stato facile avere ragione della giovane contessa, Chantelle era sfinita ed in quelle settimane ogni volta che si era ribellata era stata severamente punita.

Più che legata Chantelle era immobilizzata. La giovane è incatenata per i polsi e più su anche all’altezza dei gomiti, anche il collare è saldamente agganciato alla parete e senza possibilità di gioco, così come le caviglie e le gambe agganciate con due robusti anelli poco sopra le ginocchia alla parete. L’unica parte di lei che può muoversi sia pur di poco è il bacino, ma eventuali contorsioni non le gioverebbero sicuramente e la esporrebbero in posizioni indecenti.

Miriam l’aveva incatenata e poi se n’era andata. Chantelle non aveva nozione del tempo, ma doveva essere ancora mattina, però il sole che filtrava dalle alte finestrelle le sembrava alto. Era tardi, aveva fame, sete e doveva liberarsi. Miriam ritornò e non era sola. Con lei c’era un non più giovane cinese. Chantelle gridò, protestò, minacciò e poi invocò. – Ti prego slegami, ho sete e devo andare in bagno. – I due parlottarono tra di loro senza curarsi né delle sue proteste, né delle sue preghiere.

Chantelle dubitava che la capissero e lei non capiva quello che loro dicevano. Poi il cinese aprì la borsa che si era portato dietro e tirò fuori degli aghi belli lunghi, ma che non sembravano più pericolosi di tanto. Il cinese si avvicinò e l’accarezzò sulla gola. Chantelle tremò di disgusto e di paura e gridò avvilita. Poi in un attimo uno di quegli aghi fu conficcato sulla gola di Chantelle, un centimetro sotto il collare e penetrò per neanche un millimetro.

Il cinese le parlò dolcemente, lei non capì niente, ma si calmò, non provava dolore. Il cinese conficcò un altro ago vicino al precedente e poi un altro ancora. Non facevano male, ma Chantelle si accorse terrorizzata che non riusciva più a parlare. Fu un trauma, la schiava pianse mentre la serva di stalla ed il dottore cinese uscivano dalla stanza lasciandola piangente, incredula ed impaurita con tre aghi conficcati sulla gola. Chantelle pianse disperata, più volte cercò di gridare, ma dalla sua gola non uscivano parole, solo suoni strani, simili a nitriti.

Dopo mezzora ritornò il cinese con la sua padrona e con un uomo giovane e bello, un europeo. Chantelle sapeva che il suo destino era nelle mani di quella donna. La guardò e la padrona ricambiò lo sguardo fissandosi negli occhi della giovane schiava. La fiera contessa abbassò lo sguardo impaurita, in quel momento si arrese, non poteva fare più niente. In quelle settimane aveva meditato non solo di scappare, ma anche di vendicarsi, ora sperava solo che non le facessero più del male.

Il cinese le levò gli aghi, lei speranzosa provò a parlare, ma non le riuscì. In un francese molto gutturale l’uomo le parlò. – Mi chiamo Hubert, sarò il tuo istruttore. Lo so, lo so tu non puoi parlare, ma non fa niente. Tu sarai trasformata in una puledra e le puledre non parlano, imparerai ad esprimerti diversamente. Di puledre qui ne hai già vista qualcuna, ne vedrai delle altre e non solo qui, in questa regione tutti gli allevatori hanno un bel numero di puledre come te.

Ve ne saranno un centinaio, allevate in una dozzina di fattorie, più qualcuna sparsa qua e là. In questa tenuta, con te, siete in otto e poi ci sono due stalloni. La tua trasformazione inizia oggi e gli allenamenti inizieranno nei prossimi giorni. La tua padrona pensa che sarai un’ottima puledra e che le darai grandi soddisfazioni, io ho il compito di non deluderla e vedrai che ci riuscirò. Per il tuo bene ti consiglio di collaborare.

Hai un corpo eccezionale e sei alta. Gambe lunghe e muscolose, spalle robuste ed un petto sodo e generoso, il resto verrà, i tuoi muscoli diventeranno vigorosi ed imparerai a correre. –Hubert non si era limitato a commentare le doti della schiava, le sue mani l’avevano tastata in lungo ed in largo per provare quanto andava affermando. Chantelle non poteva fare niente, arrossì e fremette indignata, ma notò che il giovane, come prima il medico cinese, non aveva messo malizia in quelle carezze, l’aveva trattata con un certo distacco, come un a****le di razza.

Calde lacrime scesero dagli occhi di Chantelle, tremò umiliata sotto le carezze del suo istruttore che infine le diede qualche buffetto d’incoraggiamento. – Su, su vedrai che non è poi così terribile, impara ad obbedirmi e ti accorgerai che non è poi così male. Devi anche sapere che d’ora in poi sarai sempre nuda, per tua fortuna in questa parte del mondo non fa mai freddo e comunque durante la notte una serva di stalla, se lo riterrà opportuno, ti butterà addosso una coperta.

E’ prassi che una puledra, quando ha bisogno di qualcosa, raspi il terreno con lo zoccolo, imparerai a fare pure questo. –Il cinese si avvicinò e si chinò sulla sua vulva, quindi l’insaponò con un pennello. Chantelle arrossì sconcertata, avrebbe desiderato stringere le gambe, ma non poteva. Il cinese rapidamente la rasò eliminando ogni pelo in quella parte del corpo, il rasoio levò anche i peli vicini all’ano. Chantelle s’immobilizzò temendo che inavvertitamente la potessero tagliare, le venne la pelle d’oca.

Hubert le spiegò. – Ora Chao ti passerà una crema tra le gambe ed i peli non ti cresceranno più. – Chantelle pianse ancora, le piaceva il suo pelo biondo, ne era fiera, tutti i suoi amanti uomini e donne l’avevano trovato adorabile, ora non c’era più. Terminata l’operazione, la padrona che non aveva mai parlato si avvicinò a lei e le prese i capezzoli in mano stringendoli tra il pollice e l’indice e stropicciandoli tra le dita.

Chantelle tremò nuovamente di vergogna e paura. In passato lei si era deliziata con tante giovinette, servette o nobili che fossero, ora questa giovane donna la tastava con indolenza impersonale, come una vacca. Chantelle temette che potesse fare anche di peggio, capiva che era in suo potere. Inevitabilmente, nonostante la paura e quello che aveva passato, i capezzoli si inturgidirono e si allungarono. Chantelle arrossì e Sheila sorrise mormorando parole incomprensibili per Chantelle, ma di chiaro apprezzamento.

Hubert ed il cinese sorrisero. Poi la padrona si rivolse al cinese che rovistò nella borsa e tirò fuori due anellini d’oro spessi qualche millimetro. Il cinese li diede alla padrona che li poggiò sui capezzoli ancora ritti e turgidi di Chantelle. La schiava gridò, ma solo un rauco e doloroso mugolio giunse alle orecchie degli altri, simile ad un nitrito. Sheila non dovette essere soddisfatta della scelta perché si rivolse nuovamente al cinese che tirò fuori altri due anellini più grossi dei precedenti.

Questa volta Sheila dopo aver di nuovo manipolato i capezzoli della schiava e averli di nuovo appoggiati su di essi si ritenne soddisfatta. Il cinese mise da parte gli anellini destinati ai capezzoli. Sheila si chinò sulla vulva ormai nuda della schiava e le prese le grandi labbra in mano felice come una ragazzina a cui abbiano regalato un bel micino. Chantelle fremette imbarazzata e sempre più spaventata. Di nuovo la padrona si rivolse al cinese e due altri anelli, più grossi dei precedenti, vennero provati sulle labbra della vulva.

La padrona approvò ed anche quelli furono messi da parte. La mano destra della padrona accarezzò la schiava sul clitoride. Chantelle arrossì ed in qualche modo si dimenò. La padrona borbottò qualcosa per ammansirla, ma non smise di accarezzarla. Chantelle s’irrigidì, ma anche il bottoncino s’irrigidì e ancora una volta Sheila parlò con il cinese. Chantelle digrignò i denti e si dimenò terrorizzata. Un altro anellino, più piccolo degli altri, fu messo da parte.

Sheila si sollevò ed accarezzò la sua puledra sulle guance, le passò bonariamente un dito sulle labbra. Chantelle era inerme in suo possesso, piangeva disperata, il seno ansava come se volesse scoppiare. La padrona l’accarezzò e lentamente Chantelle si calmò, non vedeva via d’uscita. Il cinese diede un altro anello, grosso quanto quello destinato ai capezzoli, alla padrona che lo provò sulla punta del naso della schiava. Anche questo fu messo da parte. Poi la slegarono e Miriam, che intanto si era unita alla compagnia, dopo averle legato le mani dietro la schiena ed averle messo un guinzaglio al collare la condusse alle latrine.

Chantelle fece un ultimo tentativo quando l’invitarono a sdraiarsi sulla panca a cui sarebbe stata legata, ma fu inutile, aveva le mani legate dietro la schiena e Miriam la teneva saldamente per il laccio collegato al collare. Lei scalciò e si agitò, ma Hubert le saltò addosso e rapidamente la rese inerme. Poi la legarono alla panca. Le caviglie ai piedi davanti e i polsi a quelli di dietro, il collare fu agganciato ad una corta catenella, Chantelle si trovò immobilizzata ed il lavoro ebbe inizio.

Doloroso, molto doloroso. Chantelle gridò come ormai poteva gridare e pianse, pianse per il dolore quando l’inanellarono ai capezzoli e soprattutto al clitoride e di disperazione ed umiliazione quando le misero gli anelli alle grandi labbra e soprattutto al naso. Durò parecchio, il piccolo cinese intendeva fare un buon lavoro e non si fece distrarre né dai gemiti, né dai sussulti della schiava. Non capitava ogni giorno che gli anelli messi ad una schiava fossero d’oro, di solito erano d’acciaio.

Per quel lavoro sarebbe stato pagato bene, ma era ovvio che doveva fare un buon lavoro. Chao era il migliore nella regione e ci teneva a rimanere tale. Sheila osservava morbosamente il lavoro del cinese e spesso accarezzava benevolmente la schiava sofferente, Miriam aiutava il cinese e Hubert sembrava impassibile, ma in verità era eccitato come non mai. Quando Chao terminò la sciolsero, Chantelle non si oppose, era stremata ed impaurita. Quando Miriam ancora una volta le fece indossare i guanti da puledra e le legò imperiosamente le mani dietro la schiena, lei non oppose alcuna resistenza.

Chantelle vide quanto era facile immobilizzarla, ma ancora non immaginava quanto di più potevano fare. Un esempio glielo diedero immediatamente. Sheila legò l’anello del naso con un guinzaglio e la condusse verso il muro. Per un solo attimo Chantelle provò a resistere e fu terribile. La padrona legò la schiava ad un anello al muro. Le lasciò un gioco di non più di venti centimetri e Chantelle fu praticamente ridotta faccia al muro, ma non finì lì, un nuovo laccio di cuoio passò dentro l’anello che le pendeva dal clitoride ed anche questo fu collegato ad un gancio, più basso, al muro.

Chantelle era immobilizzata. Per sua fortuna non se ne accorse prima, il ferro rovente si poggiò sulla natica destra e sfrigolò per qualche istante. Chantelle impazzita dal dolore gridò come ormai poteva fare e nonostante il dolore si dibatté impazzita. Poi convulsamente cercò di fermarsi, sentiva male al naso ed al clitoride. Il ferro era stato arroventato fuori dal capanno e Miriam l’aveva portato a Chao che l’aveva marchiata con una bella S, ora era a tutti gli effetti proprietà di Sheila.

Hubert l’accarezzò sulla schiena, Chantell vibrava e sussultava, ma non osava muoversi, anzi cercava di calmarsi. Hubert l’accarezzò sulle natiche, anche lì vicino dove ancora scottava per il marchio. Poi l’uomo le disse: – Buona, buona, abbiamo quasi finito e non ci sarà più dolore. Chao è andato via. Ora devi indossare solo le tue nuove calzature e poi potrai riposare. – Chantelle non aveva idea di quanto tempo fosse passato, temette d’impazzire, ma si aggrappò a quelle parole e sperò che davvero fosse tutto finito.

Era sempre immobilizzata. L’operazione fu meno semplice di quel che poteva sembrare. La sera prima Miriam aveva preso le misure a Chantelle ed ora le sue nuove calzature erano pronte. Hubert le sollevò un piede e Miriam le fece indossare uno stivaletto. Era nero ed aveva la suola molto alta e larga, infissa sotto la suola c’era una bella lamina d’acciaio: un ferro da cavallo. Lo stivale spingeva il piede molto in su, solo la parte iniziale del piede toccava a terra, poi iniziava ad incurvarsi verso l’alto e non aveva tacco.

Lo stivaletto, era chiuso, pieno e pesante, il tallone veniva spinto tanto in alto che Chantelle sì sentì costretta sulle punte, la pianta del suo piede toccava a terra, ma il tallone no, rimaneva sospeso nel vuoto. Lo stivaletto era alto fino al polpaccio, ma era una delle tante versioni che la puledra poteva indossare, ve ne erano di bassi, tipo gambaletto, e di alti fino alla sommità delle cosce. Miriam strinse con forza le stringhe, soprattutto quella larga alla caviglia che aveva lo scopo di tenere il piede fermo, ciò in mancanza del tacco era molto importante per evitare spiacevoli distorsioni.

Il piede venne grottescamente catturato. Chantelle temette di cadere, non era abituata a quel tipo di calzature, nella sua giovane vita aveva indossato scarpe di tutti i tipi, ma sempre con un tacco, magari altissimo, ma che la sosteneva. Sheila la resse e lei riuscì a stare in piedi. A parte lo sforzo richiesto ai muscoli, in particolare quelli del polpaccio, lo stivaletto era comodo e la pianta larga assicurava un buon equilibrio, naturalmente era insolito e la futura puledra che si doveva ancora abituare, in quel momento, non lo trovava per nulla facile.

Analoga operazione venne ripetuta sull’altro piede. Chantelle si sentiva molto più alta ed instabile, temeva di cadere, quelle terribili calzature costringendola quasi sulle punte dei piedi con tutta quella suola spessa e robusta l’avevano sollevata di almeno quindici centimetri. Quando finirono Chantelle temette ancora una volta di cadere, ma si accorse che sebbene, i suoi piedi ora fossero grottescamente catturati in quelle orribili calzature, se stava ferma, non correva veri pericoli, ma già sentiva i polpacci duri e dolenti.

Con cautela provò a muoversi, ma non poteva farlo più di tanto, rimase ferma e pianse disperata. Lo sforzo di stare sulle punte le sembrò immane, in verità era molto più facile di quanto le potesse sembrare, solo che doveva imparare. Sheila le accarezzò le cosce, ora rigide anche per la postura in cui veniva costretta da quegli stivaletti. Chantelle non capì ancora una volta cosa le disse la padrona, ma Hubert tradusse per lei.

– La tua padrona dice che hai delle gambe potenti e delle cosce meravigliose, dice che imparerai a correre con quegli stivali che in questo momento ti sembrano dei trampoli e che sarai molto veloce. Molto più veloce di quanto tu possa immaginare. Nei prossimi giorni imparerai a farlo. -Anche Miriam era andata via, sarebbe tornata più tardi per darle da mangiare e da bere. Ora nel capanno c’erano solo Sheila ed Hubert, oltre a Chantelle legata per il naso e per il clitoride al muro.

Anche Sheila accarezzò amorevolmente Chantelle sulla schiena e sulle natiche e le sussurrò parole dolci che la fecero rabbrividire anche senza capirle. Poi Sheila appoggiò le spalle al muro, era di lato a Chantelle e parlò all’uomo. L’unica parola che Chantelle capì fu Hubert. La voce della padrona era rauca ed eccitata e mentre parlava aveva aperto sul davanti l’ampio e lungo vestito che indossava. Nonostante tutto Chantelle vide quanto la sua padrona fosse bella, la pelle liscia e bruna, i capelli lunghi e neri che le scendevano sulle spalle nude, il seno grosso e sodo, con due tette magnifiche e sostenute su cui spiccavano due grossi capezzoli bruni e ritti.

Sentì che Hubert si spogliava e poi la prendeva. Sheila si avvinghiò all’uomo e lui la sbatté con foga contro il muro. Chantelle distolse lo sguardo, ma quella fu l’ultima umiliazione, i padroni scopavano nella stalla incuranti della presenza della puledra. Ancora palpitante di piacere Sheila si rivolse all’uomo e poi lui parlò con Chantelle. – La tua padrona ha deciso quale sarà il tuo nome, d’ora in poi ti chiamerai Contessa. – Chantelle pianse, i due amanti uscironoAmare le donneDa che ho memoria sempre ho cercato qualche cosa che misfuggiva.

Era come se mi mancasse dentro una parte. Unaferita slabbrata che non si rimarginava. Una perditairrimediabile. Ma come si fa a sentire di aver perso persempre qualcosa di tanto impalpabile, indefinito, oscuro,informe? Rinunciai a capire. Mi tenni la mia assenza di pace interiore, diserenità compiuta, di totalità acquisita. Divenni un bambinocrudele. Cercavo di separare ogni cosa nelle sue componenti,per trovare infine quel nucleo di perfezione, diintegrazione delle parti nel tutto ma mi restavano in manosolo degli inutili frammenti.

Le ali variegate dei mosconi. Le zampette delle formiche. Capii solo molto più tardi. Al liceo un giorno lessi la storia dell'uomo primevoindifferenziato di Platone. Poi dicono che la scuola nonserve a un cazzo. Un lampo. Un satori. L'illuminazioneimprovvisa, finalmente. L'essere unitario separato, ilmaschile e il femminile lacerati per sempre. Ognuno allaperenne ricerca dell'altra parte di sé, per sentirsifinalmente meno soli al mondo. Questo mi spiegava tutto,specie perché cercassi di avere rapporti carnali e perversicon qualsiasi essere umano con due tette e tre buchi.

Eperché non mi bastasse mai. Non era affatto volgare concupiscenza. Non era bisogno diarrogante auto-affermazione da maschio cacciatore. Eraqualcosa di molto più profondo, Oscuramente commovente,quasi: la necessità di ritrovare la mia anima, come avrebbedetto Jung. In ogni donna c'era un pezzetto, una scheggia diqualcosa di immenso, bello e pulsante. Io amavo quellanebulosa perfezione, la bellezza di una divinità senza barbae con la fica, perché un tempo sapevo che mi aveva colmatodella sua grandezza assoluta.

Mi dedicai alle donne molto seriamente, da allora. Ero certoirrazionalmente che prima o poi avrei trovato quello checercavo. Solo allora mi sarei fermato. Non è ancorasuccesso, ma non dispero. Ah, sì. Adesso ho superato lacinquantina, inizio ad avere i primi acciacchi, sono anchesovrappeso. Eppure cerco ancora. Una amica una volta mi hadetto ridendo che sembro un Valmont buono che seduce perchénon può farne a meno. Le ho risposto che se non può farne ameno è incolpevole.

Lei ha aggiunto che è vero e che perquesto non mi ha ancora ammazzato nessuno. E anche che perquesto mi amano tanto le donne. Sembra inspiegabile a primavista, sono quanto di meno simile a Brad Pitt esista almondo, non ho nemmeno lo yacht a Portofino. La mia amica -Alessia, diamole un nome – lo spiega col fatto che lorosentono che sono io ad amarle. – “Sai, Franco, è abbastanza raro l'uomo che ama le donne.

Tutti le vogliono scopare, ma questo è diverso. I maschi cheAMANO le donne sono mosche bianche”. – “È un brutto affare essere mosche bianche. Quando vannosulla merda, il marrone spicca subito”. – “Di solito i maschi vogliono essere amati. Amano se stessiallo specchio. Si guardano negli occhi della donna e vedonola propria immagine. È questa che li compiace tanto”. – “E le donne no?”- “Le donne di solito sono romantiche e credono ancora nellefavole.

Oppure non vedono più un cazzo d'altro che quel cheserve loro per stare a galla. Difficile trovare una donnache non sia una lettrice di Liala e Harmony, oppure unacinica spietata. “- “E noi?”- “Voi siete degli stronzi ipocriti. Ma è colpa nostra chevi abbiamo educato male. Siamo dopotutto noi le madri, voisiete solo i fottuti figli. La responsabilità è sempre deigenitori. “- “Ti piacerebbe aprire le gambe un pochino. Mi piacerebbeinfilarci una mano. Giusto una tastatina tra amici.

“- “Siamo in un ristorante, un luogo pubblico, Franco. “- “Non sta guardandoci nessuno. E la tovaglia damashitacopre ogni vergogna. “- “Pubblico vuol dire con gente assortita. Controllati. “- “Mi sto controllando. Se no, ti avrei già tirato fuori letette per giocherellare con i tuoi capezzoli rosa. “- “Sono rosso scuro, tendenti al marroncino. “- “Ah, già. Mi sono confuso con tua cugina. “- “Ho solo cugini maschi e non ricordo il colore dei lorocapezzoli.

“- “Dai, mi piace sentire l'umidore che impregna pian pianoil tessuto aderente delle mutandine mentre ti accarezzo. “- “Sarai contento. Mi è caduto il cucchiaino. “- “Ora vado sotto il tavolo e lo recupero subito. “- “Per carità! Non ci provare nemmeno. “- “Da qua sotto c'è tutto un altro panorama. Ecco ilcucchiaino. “- “Ah-ah! Come ha fatto a finire lì dentro?”- “Telecinesi, credo. A volte capita tra gli adolescenti inetà prepuberale. “- “Franco, abbiamo quasi novant'anni in due.

Tu la maggiorparte. “- “Dicevi prima che lo faccio SEMPRE e SOLO per amore. “- “Mi fa piacere vederti tornare eretto. La selezionenaturale prevedeva questa posizione per l'uomo. “- “Davvero, credi che sia quella la spinta?”Le si intenerirono improvvisamente gli occhi color nocciola. Quando diventava così, assumevano una sfumatura differente,quasi dorata, lucente come l'ambra bagnata dal sole. – “Sì. Sei una dannata testa di cazzo e fai danniovunque passi. Ma ami tutte noi e solo per questo un giornohai la speranza di andare in paradiso.

“- “Speriamo di no. “, pensai. Le fiche più perverse e disponibili ai giochini sono tutte quante dall'altra parte. Alessia mi tirò per la prima volta il nocciolo dell'olivaascolana nell'occhio destro, ma mi prese solo sulla guancia,per fortuna. Il secondo nocciolo sibilò al mio orecchio e siperse nel golfo sottostante. – “Più mi parli di questa storia e più mi incazzo. “- “Ma perché? Cosa ho fatto di male, che non era ricercato anche dall'altra parte?”- “Appunto.

Potevo accettare che fossi un pervertito corruttore e amorale, perché ci sono certe persone che nascono così e mica è colpa loro. Ma un coglione che si fa spennare da due troiette è un'altra storia. E non la reggo mica. “- “Guarda che spennare uno vuol dire mandarlo allarovina. Le due ragazzette volevano solo avere un alibi perfare qualche giochino stuzzicante. Un regalino. In fondo,pagavano i loro genitori. “- “Non mi piacciono molto queste giovanette d'oggi, chevivono già a vent'anni la propria mercificazione come unvanto.

Che faranno quando saranno delle vecchiette sullatrentina?”- “Sei nuovamente moralista. Sono solo più disinibite diquelle della nostra generazione. “- “Della TUA, prego, nonno. “- “Ok. della mia. Le giovani d'oggi non hanno il nostro senso del peccato. il corpo è un mezzo per giocare. Il sesso è semplice divertimento. Nessun'altra implicazione. I sentimenti verranno, per quelli c'è sempre tempo. E se una ci guadagna un paio di Nike non è avvilente. È solo puro pragmatismo: unire l'utile al dilettevole.

Chiaro?”- “Gli alieni sono scesi sulla terra, cazzo. E io vengo a saperlo solo adesso. “- “Giada e Sarah sono soltanto le figlie del loro tempo. Un tempo in cui tutto avviene spontaneamente, seguendo l'istinto. Un tempo in cui i confessionali sono pieni di ragnatele. E anche i lettini degli strizzacervelli son freddi da un bel pezzo. “- “Vedo che tu ti ci trovi benissimo dentro. “- “Io non sono una mente molto complicata, lo sai.

“- “Oh, certo. tu non sei una mente e basta. “Ripresi a raccontarle la storia del mio degrado progressivoquasi con una punta di crudele compiacimento. Lei non mitirò più i nocciolini delle olive. Si doveva essererassegnata. O forse era perché erano finite le olive. Guardare con la coda dell'occhio contemporaneamente una chesi abbassa i jeans sul ventre e infila le dita agili edesperte nel tanga per accarezzare l'altra sotto lagonnellina, beh, è troppo per un normale essere umano.

A Sant'Antonio mica le hanno mai fatte queste cattiverie. Sarah era completamente depilata, come usano oggi tutte,belle e brutte. La sua carne era morbida eppure compattasotto le mie dita. E calda. E presto divenne umida e appiccicosa. – “Eh?”- “Ho detto: va bene per le nike dorate?”. Poetica ragazza. – “Certo. “Oddio, cosa sto per raccontare… Faccio prostituire mia moglieA volte delle serate nate storte si trasformano in delle serate indimenticabili. La scorsa estate, inventata una visita ad un’inesistente parente, riuscimmo a liberarci degli amici del gruppo ed uscimmo alla ricerca di qualche bel cazzo per farmi fottere Gioia.

Poi mi ricordai di un amico negro che avevamo già incontrato più volte e proposi alla mia cara mogliettina di andare a trovarlo casa. Come sapevo, la troia accettò di buon grado memore delle lunghe scopate e delle inculate in cui era maestro il nostro caro amico. Arrivati al suo indirizzo, una casa a due piani tutta abitata da negri e ci accingemmo a salire al secondo piano, dove lui abitava. Faceva molto caldo ed una porta la primo piano era aperta, quando passammo un negro ci vide salire, arrivati al secondo piano Gioia rimase sulle scale a qualche gradino di distanza.

Bussai, nessuno rispose, ribussai e mentre aspettavo che aprisse vidi che il negro del primo piano, incuriosito, sbirciava sotto la gonna della mia adorabile mogliettina toccandosi il grosso rigonfio. Finalmente Dac aprì, era nudo, solo un’asciugamani gli cingeva i fianchi, ci disse dopo che stava dormendo, fu felicissimo di vederci ma ci gelò dicendoci che in casa c’era la moglie, quindi non potevamo entrare in casa. “Perché non andiamo, almeno, un poco sul terrazzo, Gioia ha molta voglia”.

“Aspetta vedo se mia moglie dorme” e socchiuse la porta. Dopo qualche secondo tornò, “tutto a posto, dorme, è stanca del viaggio, è arrivata stamattina dalla Nigeria, è un viaggio lunghissimo con due soste in due aeroporti, penso che non si svegli”. L’inquilino del piano di sotto era sparito ma ero sicuro che avesse sentito tutto. Appena sul terrazzo Dac strinse a se Gioia cominciandola a baciare sul collo, la troia, invece, non perse tempo ed infilò la mano sotto l’asciugamani impugnando il cazzo già duro dell’amico.

“Troia hai voglia vero? Ti manca il mio cazzo?”. “Si, è troppo bello, grosso duro e lo usi da dio”. “Te ne darò quanto ne vuoi, ma stasera la prima cosa che voglio farti è incularti, mi piace da morire e tu impazzisci quando te lo sfondo, non è vero?”. “E’ verissimo, ma impazzisco perché mi inculi per un’ora senza mai godere facendomi venire almeno tre volte”. Che puttana di donna avevo sposata, ma vederla così sfacciata e desiderosa di una mazza nel culo mi eccitava da morire.

Dac la portò verso il muretto del terrazzo, la piegò in avanti, le sollevò la gonna, si lasciò scivolare a terra l’asciugamani e glielo schiantò nel culo. Gioia emise un urlo strozzato. “Non gridare sotto c’è un ristorante pieno di gente se qualcuno alza la testa ti vede e vede anche il mandingo che ti sta ingroppando”, le dissi a bassa voce. “Non credo che la tua signora pensi a quelli che la possono vedere, lei si sta solo gustando a fondo la mia mazza nel culo, è vero, puttana?”.

“Si non me ne frega un cazzo, dai continua a sfondarmelo, è meraviglioso, io già godo per la prima volta”. Ormai era partita niente l’avrebbe fermata. Dac spingeva sempre di più e, come aveva detto Gioia, non godeva, prolungando la goduria della mia zoccolona che venne ancora una volta. Dopo oltre venti minuti di pompaggio, glielo sfilò dal culo, “adesso dobbiamo pensare anche alla fica dandole la giusta razione di supercazzo, che ne dici troia?”.

“Hai ragione, adesso voglio sentirmi la fica piena del tuo pescione”. Dac stese l’asciugamani a terra ed invitò mia moglie a stenderci sopra. “Lo sai che quando me lo metti nella fica all’inizio voglio essere io a cavalcarti poi quando stai per godere mi piace essere messa sotto e sfondata, dai stenditi tu”, disse la mia baldracca. L’amico eseguì e Gioia impugnò la svettante mazza infilandosela nella fica. Che spettacolo, la troia cavalcava come una indemoniata la dura varra del mandingo.

“Ti piace tesoro?”, le chiesi. “Certo che mi piace, è bellissimo, lo ha duro e grosso come piace a me, mi arriva allo stomaco, lo voglio tenere nella fessa per ore tanto lui è bravissimo, resiste”. Io invece pensai che non avrei resistito a lungo alla vista della mia adorabile moglie, la madre di mio figlio, che stava comportandosi come una puttana da marciapiede, mi abbassai i pantaloni e le mutande alle caviglie, avevo il cazzo durissimo e glielo schiaffai in bocca, “spompinami puttana, e poi devi bere tutta la sborra che ti scaricherò in gola, come fanno le zoccole come te, ammettilo che sei una ninfomane, che appena vedi un cazzo non capisci più nulla, tu mi farai morire d’infarto”.

Si sfilò la mia mazza dalla bocca e disse “ed io morirò di goduria, Dac nella fica ed il tuo pescione in bocca, mi sembra di impazzire” e ringoiò il mio pescione. Le bloccai la testa e cominciai a chiavarla letteralmente in bocca. Ad un certo punto percepii la presenza di qualcuno, mi guardai in giro e vidi il negro del primo piano sull’uscio della porta del terrazzo con il cazzo fuori dalle mutande che si masturbava.

“Tesoro c’è un negro che ci sta guardando e si sta masturbando, anche lui ha una grossa mazza, penso che preferisca mettertelo in culo anziché spararsi una sega, gli dico di venire?”. La troiona con un semplice movimento degli occhi mi fece capire di essere d’accordo. Feci un cenno all’amico di avvicinarsi e con un movimento eloquente della mano gli feci capire di incularsi mia moglie, ma prima lo invitai a farsi vedere dalla troia.

Strabuzzò gli occhi a vedere la grossa mazza che l’amico si accarezzava, si tolse di bocca il mio cazzo e mi disse “fammelo leccare un po’, voglio farlo durissimo”. Lo sbocchinò a lungo facendogli drizzare una mazza di dimensioni esagerate, quando lo ritenne indurito abbastanza per sfondarle il culo, “tesoro, adesso rimettimi in bocca il tuo, pensa quando questo mi incula sarò piena in tutti i buchi, sarà la fine del mondo, grazie amore mio, lo so, mi sto comportando come una puttana ma credo che a te piaccia così, io sto godendo come una maiala” e ricominciò a succhiarmi.

L’amico si denudò completamente, divaricò le gambe di Dac si avvicinò al corpo di Gioia e le poggiò la cappella sul buco nero e con un colpo deciso le infilò in culo la sua durissima varra. Continuando ad incularla aderì perfettamente al corpo di Gioia, sembrava la monta di una cagna in calore, e la cagna in calore era mia moglie. Vederla mugolare riempita di cazzi mi arrapava da morire, la vedevo riempita in ogni buco, completamente in balia di tre maschie mi rendevo conto di quanto fosse troia, ma era quello che avevo sempre desiderato, ma capivo anche che la cosa le piaceva a quel punto mi domandai se fossi stato io a trasformarla in una puttana come piace a me oppure se quella fosse la sua indole.

Non ebbi dubbi era la sua natura, il suo istinto, era sempre pronta a farsi sfondare da ogni cazzo che incontrava, ma che bello, era proprio quello che desideravo, una moglie impeccabile nella vita di tutti i giorni ma che si trasformava in una vera zoccolona al cospetto del cazzo, e ancora meglio, di più cazzi. Ero sul punto di sborrare, per trattenermi estrassi il cazzo dalla bocca di mia moglie, e rimasi ad osservare lo spettacolo che era eccitantissimo, volevo protrarre la mia libidine più a lungo possibile.

E lo spettacolo si protraeva, i due mandingo sfondavano mia moglie con colpi sempre più violenti ma erano bravissimi a non godere, mentre la troia pur avendo già goduto due volte, non smetteva di incitarli. “Forza sfondatemi tutta, che meravigliosi cazzi che avete, grossi, duri e li usate divinamente”. Queste parole sextenarono ancor di più i negroni, “che zoccola che sei, a te tre cazzi non bastano ce ne vorrebbero altri ancora, dillo che ne vorresti altri” le disse Dac.

“No per adesso mi bastate voi, siete bravissimi”. Notai che aveva detto: PER ADESSO, quindi non escludeva che una prossima volta avrebbe gradito un maggior numero di cazzi, che stronza!!!!. Mi ripromisi di procurargliene quanti ne voleva, ho sempre sognato di vederla al centro di una gang-band in particolare con uomini di colore, grossi cazzi, allupatissimi ben sapendo che per una sorta di rivalsa verso i bianchi desiderano sempre sfondare il culo alle donne bianche, che poi era la cosa che più piaceva a mia moglie.

Erano oltre venti minuti che mi stavano fottendo Gioia, non resistetti più, glielo rimisi in bocca ed invitai gli amici a godere. Al un mio via ci scaricammo i coglioni nel corpo della mia vogliosa zoccola che venne ancora. Stremati ci sdraiammo sul pavimento del terrazzo dove restammo muti per diversi minuti. Dac ruppe il silenzio “io debbo andare, se mia moglie si sveglia e mi trova qua, mi ammazza”. “E non avrebbe tutti i torti” commentò Gioia.

“Comunque sappi che lei rimane qui per un mese, ma non preoccuparti ho visto che ti è piaciuto anche la mazza del mio amico, quando, in questo frattempo, avrai voglia di cazzo puoi andare da lui ma sia chiaro, quando mia moglie andrà via dovrai venire da me, ma siccome sono buono inviterò anche lui, che ne dici, troia?”“Per me va benissimo”. Cosa poteva rispondere la mia adorabile mogliettina, troia puttana nell’animo. L'idraulico rumeno”Stavo per andarmene in cucina per preparare il pranzo quando vedo un’ altro operaio avvicinarsi all’albero, questo è molto diverso dagli altri, oltre ad…” Avevo comprato un appartamento fuori dal paese proprio per evitare il rumore e il traffico delle città, ma ingrandendosi il paese sempre più, un giorno le ruspe hanno cominciato a lavorare anche nel terreno adiacente la costruzione in cui abito.

A causa di una forma influenzale avevo preso dei giorni di malattia e in ufficio non sarei andato, rimanendo così a casa. Non potendo uscire fuori, passavo il tempo girando stanza per stanza o guardando dalla finestra il lavoro degli operai nel cantiere che avevano aperto. Su quel terreno dove avevano fatto lo sbancamento per la nuova costruzione era rimasto un solo albero tra quelli che c’erano prima e a quell’albero andavano gli operai per scaricare la loro vescica, forse perché ancora non era stato messo un bagno chimico dentro al cantiere.

L’albero consentiva di non essere visti dalla strada ma io che abitavo al secondo piano potevo vedere benissimo gli operai fare i propri bisogni. Così mentre guardo fuori vedo un’operaio avvicinarsi all’albero calarsi la zip dei pantaloni uscire l’uccello e cominciare ad orinare, da dietro le tende vedendo questo sto per allentarmi, ma in quel momento mi intrigava molto vedere l’uccello dell’operaio per farne un confronto con il mio, perciò rimasi a guardare. Il suo uccello era più piccolo del mio pensai divertito, continuai a restare nella stanza dando ogni tanto una sbirciata fuori per vedere se altri operai si avvicinavamo all’albero.

Penso di aver visto cinque o sei operai andare ad orinare e di aver visto anche i loro uccelli e soltanto due erano più grandi del mio. Stavo per andarmene in cucina per preparare il pranzo quando vedoun’ altro operaio avvicinarsi all’albero, questo è molto diverso dagli altri, oltre ad essere più giovane ha anche un bel fisico, anche lui cala la zip e tira fuori il suo uccello a vederlo spalanco di più gli occhi dicendo fra me e me “ accipicchia che cazzo “ e resto a guardarlo fino a quando non finisce.

Tornando in cucina per prepararmi il pranzo, mi accorgo che il pavimento è pieno d’acqua, sicuramente si era rotto un tubo del lavandino, allora cerco di tamponare la perdita con degli stracci e telefono ad un idraulico, ma quel giorno era sabato e come capita sempre quando hai di bisogno non risponde nessuno. Non sapendo cosa fare e come riparare il guasto mi viene in mente che nel cantiere forse ci sarebbe stato qualcuno che magari sapeva almeno come fermare l’acqua.

Quindi mi vesto e scendo in strada per chiedere aiuto a qualcuno del cantiere, mi rivolgo a quello che presumo fosse il capocantiere e gli spiego l’accaduto. Lui mi rassicura che tra i suoi operai c’è ne uno che sa fare l’idraulico e che magari con qualche attrezzo avrebbe tamponato la situazione. Così chiama quest’operaio, e con mia grande sorpresa è lo stesso operaio a cui io avevo visto uccello che mi aveva fatto dire “ accidenti che cazzo”.

Io torno a spiegargli la situazione e preso i necessari attrezzi mi avvio insieme a lui al mio appartamento. Dal suo accento capisco che non è italiano, e mentre saliamo mi dice di chiamarsi Miki, di essere di Bucarest e di essere venuto in Italia perché nel suo paese non c’era lavoro. Quando entriamo in cucina, capisce subito quale è il guasto e riesce a fermare la perdita dell’acqua. Poi in un italiano stentato mi dice che si era rotto il tubo che portava l’acqua al rubinetto che doveva essere sostituito.

Non potendo uscire per andare a comprarlo chiesi se poteva farlo lui per me. Mi rispose che lo avrebbe fatto volentieri e che sarebbe venuto nel primo pomeriggio visto che non doveva lavorare al cantiere, io lo ringraziai e lo accompagnai al portone. Alle tre sento suonare al citofono e capisco dalla voce che era Miki, aveva con sé una cassetta con gli attrezzi e il tubo che doveva sostituire. Andiamo in cucina e si mette subito al lavoro, dopo circa una mezz’oretta che lavorava sotto il lavello mi dice che ha finito e sistemato tutto, apre il rubinetto facendomi vedere che non c’era più nessuna perdita.

Io comincio a ringraziarlo per il suo lavoro e chiedo quanti soldi gli devodare per poterlo pagare. Ma invece di sentirmi chiedere dei soldi mi guarda fisso in faccia e nel solito italiano stentato mi dice :“ Non voglio tuoi soldi, voglio il tuo culo”Io rimango sorpreso da questa richiesta e sto per buttarlo fuori, ma lui aveva già allungato una mano e stretto con forza la mia natica, non so a questo punto se è stata la paura o perché avevo ancora il mente le dimensioni del suo pene, risposi :“ Va bene farò come vuoi tu “Lui lascio le mie natiche e cominciò a slacciarsi i pantaloni, abbassando gli slip vidi il suo uccello pendolargli fra le gambe, adesso lo potevo vedere da molto vicino e sembrava ancora più grande.

Poi mi fa mettere in ginocchio e comincia a strofinarmelo in faccia“ Mettilo in tua bocca voglio vedere come sei bravo “Lo prendo fra le mani e lo porto in bocca lui mi tiene la testa e lo spinge fino in gola facendomi quasi soffocare, gli piace fare così e il suo cazzo diventa sempre più grosso e duro “ Bravo tu avere bocca molto buona”Dopo un po’ di questo lavoro mi toglie il cazzo dalla bocca e mi dice:“Adesso ti metto mio cazzo in tuo culo alzati “Mi fa alzare e appoggiare al mobile del lavandino facendomi mettere a novanta gradi, con le sue ruvide mani mi allarga le natiche e senza che io me ne renda conto, in un solo colpo mi ficca il suo cazzo nel culo, il dolore mi fa abbandonare la posizione a novanta gradi e mi fa mettere dritto.

Ma le sue braccia mi fanno tornare nella posizione iniziale“ Fermo così ora a te piacerà “Il dolore era stato tremendo nel mio culo non erano mai entrati cose di quelle dimensioni, soltanto durante il liceo con un mio compagno di classe dopo aver visto una cassetta porno abbiamo voluto provare anche noi quello che avevamo visto, ma era stata una cosa molto leggera data la nostra inesperienza e le dimensioni dei nostri uccelli.

Ma adesso nel mio culo sembrava che fosse entrata una mazza da baseball e il dolore mi faceva quasi piangere. Miki imperterrito continuava a dare colpi col suo cazzo dentro il mio culo straziato da quella violenta penetrazione che a poco a poco si era adattato al suo cazzo e il dolore aveva dato il posto al piacere. Adesso sentire il suo cazzo entrare e uscire nel mio culo, e i suoi coglioni sbattermi contro mi faceva andare in estasi.

“Il tuo culo è molto bello e se tuo buco stretto io lo allargo per bene “Diceva dando colpi sempre più forti, ed io sentivo veramente il mio buco allargarsi sempre di più. Poi lo sento fermarsi ed uscire il suo cazzo dal culo e mi ordina di sdraiarmi sul tavolo perché vuole vedermi in faccia quando mi fotte. Mi fa sdraiare sul tavolo allargandomi le gambe e mettendosele sulle spalle e avvicina il mio culo al bordo del tavolo anche stavolta con un colpo violento mi penetra.

Continua a pompare come un forsennato, affondando il suo cazzo fino ai coglioni nel mio buco che ormai si era allargato quanto il suo cazzo guardandomi in faccia mi dice:“ Vedi come ti faccio godere … ti piace mio cazzo nel tuo culo… “Io ero sempre più eccitato ma adesso potevo muovere le braccia perciò allungo una mano per menarmi l’uccello che voleva scaricarsi e che spruzza sul mio petto e nella mia mano una massiccia quantità di sperma che io spalmo sul petto e in parte porto alla mia bocca.

“ Adesso godi non è vero ? .. ti piace lo spruzzo dell’uccello… adesso farò assaggiare anche mio “Sentivo il suo cazzo dentro il mio culo dare colpi sempre più forti e capivo che stava per sborrarmi, ma lui invece di farlo mi fa scendere velocemente dal tavolo e aprire la bocca giusto in tempo per schizzarmi in faccia e in gola la sua crema bianca e densa che ingoio avidamente. Fatto questo soddisfatto per quello che mi aveva fatto e per come l’ho fatto godere mi fa leccare l’uccello per lasciarglielo bello pulito.

Fatto questo si alza i pantaloni prende la cassetta di lavoro dicendo“ Signore il lavoro io fatto grazie per avermi pagato, io sapere fare anche falegname, elettricista, muratore se avere ancora bisogno di me questonumero mio cellulare”Mi da un piccolo pezzo di carta con su scritto un numero e si avvia verso ilportone, io non riuscivo a dire una parola quello che mi era successo era stato allo stesso tempo doloroso e piacevole perciò l’accompagno al portone gli stringo la mano e lo saluto.

Ma quando chiudo il portone sono tentato di chiamarlo nuovamente perché mi ero ricordato che la porta che dava sul balcone non apriva bene, ma pensai che l’avrei chiamato domani e visto che lui preferiva il mio culo come forma di pagamento oltre alla porta ci sarebbero stati un sacco di lavoretti da fare in casa mia e che, anche se mi avessero sfondato, il culo avrei risparmiato un sacco di soldi. Un ex collega di lavoro “No, vengo io da te in ufficio, dopo il lavoro” così gli rispondo.

Non ce lo voglio oggi in casa mia, nel mio letto, non lo voglio il suo ricordo, il suo odore sui cuscini, le lenzuola che profumano prima di lui e poi umide del suo sudore e del suo sperma. Ex collega del mio ex. Sono io a voler andare nel suo ufficio, sono io che lo spingerò a farlo sulla scrivania e non una qualunque. Io quell’ufficio lo conosco, io su quella scrivania ci ho già fatto l’amore, col mio ex, nei tempi in cui facevo “l’amore”…Ma oggi non era organizzata la cosa.

E’ lui che mi scrive: “Oggi alle 13. 30?” e io rispondo ok. Non sono particolarmente in tiro con l’abbigliamento né con l’intimo. Sì, ma poi alla fine sono sempre io che mi faccio queste seghementali, con lui poi… che mi chiede spesso di farmi trovare già nuda a toccarmi… Al lavoro, prima di andare da lui, vado in bagno. Mi ha chiesto una mia foto nell’attesa. Ok, ubbidisco, anche se mi ha sempre dato fastidio eseguire gli ordini, ma a volte lo faccio.

Ho portato con me una penna rossa per aggiungere il mio tocco personale. Mi sollevo la maglia, tiro giù soltanto una spallina del reggiseno e scopro un seno soltanto, su cui scrivo in rosso: “Mordilo”. Io a certe cose ci tengo… shitto la foto e gliela invio. Per il momento si può accontentare. Mi guardo allo specchio per l’ultima volta, mi vedo carina, lui come mi vedrà? In mente sorrido, credo che apprezzerà più che altro doti non visibili di me.

Ok, sono pronta, piuttosto eccitata ma tranquilla, mi rendo conto di quello che sto facendo, sono consapevole. Mi metto in macchina, mentre guido mi invia un messaggio. E’ la foto del suocazzo… “Vieni a prendertelo” mi scrive. E sto arrivando, dammi un attimo! E lo sa che non riesco a scrivere messaggi e guidare contemporaneamente, quindi non gli rispondo. Raggiungo il suo ufficio, parcheggio, attraverso la strada, è a piano terra, la porta è aperta, entro, lui esce da un’altra stanza e mi viene incontro.

“Ti sei fatta attendere” dice. Niente ciao, viva la sintesi, e va bene così. Diosanto ma lui mi piace da morire, ma non poteva essere meno attraente, così non avrei capitolato? Dieci anni più di me, fisico… da paura, tatuaggi… il mio debole, simpatico, ci sa fare alla grande e no, non gli manca niente, non ci andrei a cena fuori, ma no, non gli si può proprio dire di no. Mi viene incontro e mi bacia.

Anzi no, lui non bacia, lui divora, lui mangia, lui assapora la mia bocca, la mia lingua, le mie labbra. Ci si fionda contro, dentro, e ne è padrone, rubandomi il fiato. Mi infila una mano sotto la maglia e fa esattamente ciò che ho fatto io in bagno prima, abbassa una coppa del reggiseno e mi stringe il capezzolo tra le dita. Un brivido… dolore, piacere… dolore, piacere… sono corrente alternata…Mi spinge verso la scrivania che è all’entrata ma io gli dico: “Andiamo nella stanza dietro, così non ci vedono dalla strada” e così mi ritrovo nella stessa stanza di dieci anni fa… cazzosepassa il tempo, ma la scrivania è la stessa, lo ricordo bene.

Lui mi ci fa sedere sopra, mi spinge facendomi allungare, stendere, e mi spoglia, i jeans, gli slip, mentre io mi tiro su la maglia senza toglierla, solo per scoprire i seni, su cui campeggia ancora la scritta. La vedo, sorrido e gli dico: “Ricordati quello che devi fare…” e infatti si abbassa con la bocca su di me e inizia a mordermi i capezzoli mentre la mano strizza l’altro seno. “Intanto toccati” mi ordina.

Io lo adoro… Lo adoro per questo… Perché è stato il primo a chiedermi di farlo, chissà perché poi, è un gesto così splendido, toccarsi mentre si è osservata da un uomo. E lui lo chiede sempre, vuole che lo faccia in ogni momento, anche mentre glielo prendo in bocca, in ogni posizione, vuole vedermi così. E allora appoggio i piedi su due sedie, così da tenere aperte le gambe e la mano scivola giù…Ma ci sarà un giorno in cui smetterò di stupirmi di me stessa, del mio corpo, del lago che divento quanto sono così eccitata? No, non credo, neppure adesso.

Sono liquida tra le gambe… sono desiderio liquido… carne non più solida ma sciolta… talmente pulsante e sensibile da divenire quasi dolorosa al contatto con le dita. Lui mi osserva stesa, è in piedi, é nudo anche lui dalla vita in giù, i pantaloni e boxer a terra, si sta toccando. E io chiudo gli occhi… so che lui c’è, che mi osserva, sento la sua voce, che mi ripete spesso in questi momenti: “Sei uno spettacolo…” Effettivamente vorrei vedermi, vorrei uno specchio sul soffitto.

Mi vedrei persa, completamente, perché, quando mi tocco così, ci sono solo io… io e il mio corpo… e mi piace godere di ogni singola sensazione, seguendo le dita che entrano dentro, ne escono umide, le lascio scivolare più giù per stimolarmi tra le due aperture e poi raggiungere anche l’altra più stretta… e che lui conosce bene. Sento le sue mani sulle mie gambe, mi interrompe, sposta le due sedie, lascia che le mie gambe scendano giù e lui si posiziona in mezzo.

Mi prende per i fianchi e mi fa scivolare verso il bordo della scrivania… lo affonda in me… senza toccarmi prima, l’avevo già fatto io… esce e rientra… un paio di volte… completamente… La sua forza, le mani che mi stringono e mi attirano a sé, le spinte sempre più profonde, una dietro l’altra… io tutto questo lo desidero, mi piace, mi fa godere… Mi fa godere la forza che usa su di me, l’idea che lui mi consideri solo un corpo.

Non posso credere a quello che ho scritto… Godere dell’essere usata? Ma sì. Perché io sto facendo esattamente lo stesso con lui, per aumentare la distanza dal passato e sbiadire i ricordi, e proprio qui, su questa scrivania… E lo so che per questo motivo lui si porterà via per sempre un pezzetto di me perché ci sta riuscendo, perché provo finalmente piacere con un altro uomo. A occhi chiusi non mi torna in mente il mio ex ma sento solo il suocazzo che entra ed esce da me… ed è una sensazione che mi dà i brividi… Mi dice di guardarlo, mi sollevo sui gomiti e la visione è sempre esaltante perchè lui è bellissimo da vedere, e osservare quel suo tratto di carne dura che ci lega, per questi attimi, che scorre facile in me, lo esalta, egocentrico che non è altro, anzi cazzocentrico… come si direbbe, ma aumenta anche la mia di eccitazione anche se so che in quella posizione non raggiungerò l’orgasmo.

Ma io godo anche solo nel far godere, così come gli avevo risposto quando mi aveva chiesto cosa volessi vedere in foto, prima di incontrarlo. “Voglio solo vederti godere…” e così fa… E mi viene dentro… e no, non glielo ho mai chiesto di venirmi addosso, sul seno, come mi piace, non so, si è preso tutto di me però questo non so, decido che non se lo merita ancora. Ci salutiamo sulla porta, si avvicina e mi deposita un bacio sulle labbra.

Lo guardo stranita e me ne vado. E no, il bacio veloce in bocca sulla porta, come un marito che esce di casa devoto al lavoro, non lo voglio… Tornerò a lavorare nel pomeriggio stravolta e euforica, come le altre volte in pausa pranzo, con un sorriso sulle labbra che faticherò a trattenere e la mia collega si domanderà: “Ma come mai questa non ride mai e ogni tanto il pomeriggio se ne arriva tutta euforica? Secondo me si fa di qualcosa…” Sì, effettivamente mi sono “fatta”, ma qualcuno…Quando fai una cosa è perché ne hai voglia, perché ti sembra che in quel momento sia quella più giusta.

Ma poi, guardandola con gli occhi di poi… forse mi chiederò “Ma che cazzo ho fatto?” Ancora non ci credo di essere finita con lui. E sì, dai, anche se non lo ammetterò mai, anche un po’ per vendicarmi del passato, non solo per soddisfare una pura voglia. E un pensiero che mi viene in mente è ogni volta quello di inviare un sms al mio ex: “Mi sto scopando il tuo ex collega.

Viva gli ex!” ma è solo un pensiero passeggero, non scrivo nulla, trattengo ogni istinto autolesionista, ho già dato, per oggi. Mi metto in macchina e torno a casa, avrei voglia di bere, fino a farmi girare la testa, o semplicemente vagare, con la mente, in auto, senza meta. Intanto mi sballo alzando al massimo il volume della radio e premendo a fondo l’acceleratore… chissà perché io per stare bene, per stare meglio, devo sempre prima farmi un po’ male, devo prima sentirmi un po’ male… E poi non ho voglia di pensare, nè sentire in bocca l’eventuale sapore amaro della vendetta o dei probabili rimorsi o sensi di colpa futuri.

E ogni volta che mi passerà per la testa che la Vendetta è solo l’altra faccia della Giustizia, beh… dovrò ricordarmi di ripetermi che è soltanto una grande sciocchezza. Una studentessa tra sesso e violenzaPamela era una bella ragazza. Non era magra come tutte le veline che si vedono in tv, ma era molto bella: alta, con un bel paio di tette (una quinta abbondante), un culo alto e sodo, abbondante, fianchi morbidi, gambe tornite.

Un gran bel pezzo di gnocca, insomma. E lei lo sapeva, si vestiva sempre in modo provocante, con minigonne attillate, top e reggiseni a balconcino, per mettersi in mostra. Nonostante questo, però, non si era mai spinta più in là di qualche pompino, le piaceva tantissimo la sborra, ma i ragazzi della sua età non la soddisfacevano. Pamela voleva essere dominata, trattata come la puttana che era, le sarebbe piaciuto molto un uomo più vecchio di lei.

Spesso, anzi, almeno tre, quattro volte al giorno, si masturbava furiosamente, immaginando di essere usata come una puttana, dominata e scopata a sangue. Quella mattina, quella in cui tutto ebbe inizio, era vestita come sempre, da zoccola. Una minigonna di jeans, che le arrivava appena sotto il culo, coprendo a stento la figa, come sempre leggermente umida, solo a guardarsi allo specchio si eccitava come una cagna. Una maglia che le copriva a stento le tette, lasciando scoperto il solco; i lunghi capelli neri erano sciolti lungo la schiena, fino al culo, e i grandi occhi verdi, da bambina e da puttana, erano circondati da uno spesso strato di eye-liner.

Quel giorno andava in una nuova scuola, doveva attirare l’attenzione. Pamela era stata sbattuta fuori dalla scuola che frequentava prima perché troppo sfacciata e maleducata e suo padre, un importante uomo d’affari, l’aveva spedita nel suo nuovo istituto, rinomato per la sua severità. Adesso vi doveva affrontare la quinta superiore, e sapeva che sarebbe stata bocciata, Pamela non studiava mai, passava i pomeriggi a masturbarsi. Lei non aveva potuto obiettare, sua madre era scappata, la vacca, anni prima, e suo fratello maggiore non la difendeva mai, lo stronzo.

Alla fine si era rassegnata ed era andata a scuola. Era arrivata abbastanza soddisfatta, sul pullman un uomo di circa una quarantina d’anni le aveva palpato il culo e le aveva infilato il cazzo tra le natiche, strusciandosi contro di lei. Ovviamente, Pamela si era eccitata come una troia, e aveva la fica grondante. Appena entrata in classe, salutati senza entusiasmo i suoi compagni di classe, era andata in bagno fingendo un’urgenza impellente. In effetti un’urgenza l’aveva, ficcarsi qualcosa su per la fica.

Si guardò intorno nel corridoio, nessuno. E una porta socchiusa prima dell’angolo. Si chiuse dentro ed accese la luce, uno sgabuzzino…Estrasse dalla borsetta, che portava sempre dietro, un piccolo vibratore, delle dimensioni di un rossetto. Sorrise tra sé e lo leccò, abbassandosi il perizoma. Si sedette su uno shitolone, divaricando al massimo le gambe, e se lo infilò dentro, accendendolo alla massima velocità. Cominciò presto ad ansimare, cercando di soffocare i gemiti, mentre si tormentata le tette e si artigliava i capezzoli.

– Ahh, fottimi, scopami dai, sfondami… – sussurrava tra sé, ficcandosi un dito su per il culo. Venne velocemente, eccitata dalla situazione, e si riassettò i vestiti, pulendo accuratamente il vibratore e rimettendolo al suo posto. Uscì e si guardò attorno con noncuranza, andando verso alla sua classe. Erano passate ben cinque ore e Pamela non ce la faceva più. Aveva solo professoresse vecchie e bigotte, che l’avevano guardata malissimo. “Che due coglioni” pensò, rifacendosi il trucco nello specchietto.

I suoi compagni la guardavano con la bava alla bocca, pensando a come farsela (avrebbe giurato di aver visto due con delle erezioni davvero notevoli) e le ragazze sembravano sul punto di accoltellarla. Sospirò, chiudendo lo specchio all’entrata dell’ultimo insegnante della giornata, il prof. di latino, italiano e storia, il signor Rainelli Matteo. Gioia selvaggia, l’avrebbe visto ben 12 ore la settimana. Alzò lo sguardo e incontrò quello dell’uomo. Era esattamente il suo tipo d’uomo.

Alto, leggermente stempiato, coi capelli brizzolati, il viso leggermente squadrato, occhiali rettangolari e sguardo duro. Nonostante dimostrasse più di quarant’anni, quasi cinquanta, aveva un bel fisico…”Dio, quanto mi piacerebbe che mi scopasse” pensò, sentendo la figa che si infradiciava. Restò tutto il tempo a fissarlo, tremando dal desiderio di masturbarsi davanti a tutti. A fine ora quasi sospirò di sollievo, mentre si alzava. – “Un attimo, signorina Ambrosi. Devo parlarle. “Fremendo d’eccitazione e di aspettativa, la puttanella si avvicinò alla cattedra.

Come le sarebbe piaciuto che lui la sbattesse sulla cattedra e le sbattesse nella figa colante il suo grande, caldo, pulsante cazzo. Quasi gemette quando la porta si chiuse e l’uomo le fece cenno di andare vicino a lui. – “Professore, io dovrei andare…”- “Zitta. Tu parli quando lo dico io, puttana. “Lei spalancò gli occhi, ma prima che potesse capire cosa stava succedendo, aveva già risposto. – “Sì signore…” – il suo corpo aveva agito bene, era esattamente quello che voleva.

L’uomo estrasse il cellulare di tasca e lo aprì, schiacciando qualche tasto. – “Guarda. ” – glielo mise davanti, e lei si ritrovò a guardarsi mentre si masturbava. – “Ma cosa…lei…”- “Ti ho filmato oggi, puttanella. ” – lei ancora fremette, eccitata da quella parola. Anche se la sua mente era confusa, il suo corpo urlava di desiderio. – “Da oggi sarai la mia puttana, altrimenti questo video finirà nelle mani di tutti, anche di tuo padre.

“Lei sgranò gli occhi. – “Sì, lo conosco da anni, siamo amici dal liceo, e se vedrà questo filmato la tua vita finirà. Cosa vuoi fare?”Che domanda stupida, era ovvio quello che avrebbe fatto, non avrebbe mai rinunciato alla possibilità di farsi sfondare da quello stallone. Sorrise. – “Tutto quello che vuole lei, signore”- “Dammi del voi puttana! E chiamami padrone!” – esclamò l’uomo, tirandole un ceffone. – “Sì padrone. ” – mormorò lei.

– “Vieni qui e alza la gonna. “Pamela si avvicinò si più a lui e si sollevò la gonna, mostrando la sua fica depilata e grondante, coperta appena dal perizoma. – “Sei proprio una cagna, guarda, stai sbrodolando. ” – mormorò lui. Poi, prima che lei potesse fare qualunque cosa, le afferrò i laccetti laterali del perizoma e tirò con forza verso l’alto. Lei quasi urlò, aggrappandosi alla cattedra: il filo centrale del perizoma si era conficcato della sua figa, premendo direttamente sul clitoride.

Matteo cominciò a muovere le mutandine, sfregandole avanti e indietro, tirandole sempre più un su, strappando a Pamela dei guaiti. – “Guarda, una cagnetta in calore” – mormorò. Prese un evidenziatore dalla cattedra e glielo sbattè su per la figa, strappandole un urletto. Lo tolse subito e, con un sorriso sadico, glielo infilò su per il culo. Lei gemette, piegandosi in avanti. – “In ginocchio, zoccoletta!”- “Sì, padrone” – si inginocchiò davanti a lui, slacciandogli i pantaloni con desiderio.

Si ritrovò davanti ad una nerchia enorme, solcata di vene pulsanti, dalla cappella rossa e congestionata. Nessuno dei coetanei aveva una verga del genere. – “Apri la bocca, puttana. ” – lei schiuse le labbra e Matteo, senza aspettare un minuto, le ficcò l’asta in bocca, fino ad urtarle il fondo della gola ed ancora ne avanzava fuori. Cominciò a scoparle la bocca, facendole fare avanti e indietro lungo il suo cazzo, tenendola per i capelli.

Lei gemeva, gli occhi socchiusi e lucidi, eccitata come una puttanella. – “Che bocca che hai, forse perfino meglio della fica. Quanti cazzi hai succhiato, cagna? Sei un cesso, apposta per scaricarci la sborra e così ti userò, puttana schifosa. “Un attimo prima di venire si staccò da lei, sbattendola per terra, e si masturbò furiosamente, scaricandole una quantità enorme di sborra in bocca, sulla faccia, nei capelli…Pamela beveva tutto con ingordigia, leccandogli il cazzo e gemendo, tre dita su per la fica che grondava di umori, tanto che aveva fatto una pozza per terra.

Matteo si riallacciò i pantaloni e si alzò, tirandole un calcio. – “Rivestiti puttana. Domani ci rivediamo e anche domani pomeriggio. Tuo padre mi ha chiesto di darti ripetizioni, ci vedremo ogni giorno…”. Pamela a quelle parole quasi svenne dalla gioia……. Il sesso sotto la pelleQualche anno fa ero riuscito ad avere un appuntamento con una cliente che, per la prima volta, era venuta nel mio studio per divorziare da suo marito. Ormai il matrimonio andava a rotoli dopo che lei aveva scoperto di avere un marito gay.

La sua signorilità e la sua femminilità le impedivano di continuare una farsa che non riusciva più a recitare. A quei tempi, ero un giovane avvocato facente parte di uno studio molto accreditato, i colleghi passarono a me la pratica e feci il possibile per uscire con lei con il pretesto che una donna come lei meritasse un po’ di serenità per parlare del suo divorzio. Non so cosa shittò, forse la voglia di rendere la pariglia a suo marito , ma accettò il mio appuntamento in un ristorante nel centro di Firenze.

Ricordo, quella sera quando si presentò, ancora quel vestito nero a tubo che scivolava sulla sua pelle mostrando le sue forme sinuose; la leggera scollatura metteva in evidenza un seno prosperoso ed il suo sorriso malizioso, quando aveva visto dove i miei occhi indecentemente guardavano e le sue parole sinuose. Era difficile non cadere in tentazione. – Pensa che riuscirò ad ottenere il divorzio? “Tu puoi ottenere tutto quello che vuoi ” pensai, mentre mi perdevo nei suoi occhi.

Io, avvocato di trenta anni, per la prima volta, non avevo le parole fluide per rispondere. Ero come stregato da quella forza della natura che si abbatteva su di me. Colpo di fulmine? Probabilmente sì. Non volevo credere a quello che mi succedeva, eppure, se lei mi avesse chiesto di seguirla all´inferno, l´avrei fatto. È difficile spiegare un colpo di fulmine, se esiste, so solo che, improvvisamente, il mio mondo girò solo attorno al suo.

Leggevo le carte che aveva messo sul tavolo e nervosamente cercavo di trovare una scusa per poterla guardare, una domanda qualsiasi che mi permettesse d´osservarla. Il cuore teneva un ritmo non consono alla situazione, mentre rispondevo: – Ci sono i presupposti per procedere; le foto che mi ha mostrato mi sembrano inoppugnabili, suo marito è chiaramente in intimità con questo uomo che vedo nella foto, quindi, non dovrebbero esserci problemi… Ancora quello sguardo che mi trafiggeva la carne mettendomi in evidente imbarazzo.

Imposi ai miei occhi di non scendere sulla scollatura e cercai di sostenere il suo sguardo. – Bene… allora procedo con le pratiche di divorzio: quali sono le sue richieste per la separazione? – Voglio tutto! Lo voglio vedere in ginocchio! In quel momento aveva gli occhi di una tigre ferita: evidentemente non credeva possibile che un uomo potesse non accontentarsi di lei. Pensai in fretta: per quella sera avevo raccolto soltanto la disperazione di una donna molto bella ferita nell’orgoglio e ci riprovai.

– Bisognerebbe discutere con calma della questione, che ne dice di ritornare a cena con me qualche sera per discutere di tutto, se l’ambiente le è risultato gradevole ? – Nessun problema, sto tornando a essere una donna libera, non ho problemi di figli né di orari…E quello fu l´inizio della mia fine. La guardai alzarsi, vidi quelle splendide cosce abbronzate tornare a nascondersi sotto quel vestito nero e la vidi ancheggiare mentre usciva dalla mia vista.

Ancora facevo fatica a respirare. Cercavo di ragionare, ma ormai ero fuori fase; ragionavo con il mio sesso e tutto mi sembrava estremamente bello, incredibilmente intrigante, eroticamente stupendo. Mi sentivo pronto a sfidare il mondo per averla e dimenticai tutto il resto. I minuti diventarono lenti, lunghi a passare, fu una sofferenza arrivare all´ora della cena. In quel ristorante intimo sulle colline riminesi aspettavo l´evolversi del mio destino. La vidi entrare e rimasi ancora una volta folgorato dalla sua bellezza, dal suo modo di vestire e portare gli abiti: indossava una gonna argento brillante, sopra, una camicia color bronzo spariva lascivamente facendomi pensare alla fortuna che avesse avuto chi poteva essere in contatto con la sua pelle; un paio di scarpe nere con i tacchi esagerati slanciavano splendidamente le sue già lunghe gambe.

I secondi di cui ebbe bisogno per arrivare al mio tavolo furono per me emozioni erotiche, pensai in quel piccolo frangente di tempo a cosa avrei potuto fare con quella ragazza se fosse stata mia. La feci accomodare e ordinammo la cena: per la prima volta guardavo con più attenzione il suo viso, Ricordava Monica Bellucci, soprattutto nella bocca; carnosa, piena. – Pensieroso? Tornai bruscamente alla realtà e cercai di darmi un contegno professionale mentre cercavo di capire come avrei potuto procedere per conquistarla:- Sì… stavo pensando alla sua pratica, ma devo dire che non è facile stare concentrato con lei qui davanti…Un leggero sorriso: il tempo di perdermi in quei denti perfetti.

– Anche galante……una continua scoperta. Ordinai cose che potessero incuriosirla, parlai di vini per stupirla. La serata proseguì tra il serio e il faceto. Uscendo, le chiesi se aveva progetti per il dopo cena. – Stasera sono impegnata, ma dobbiamo sicuramente incontrarci ancora per discutere di tutto: mi chiami domani. La notte non venne ad aiutarmi, anzi, pensai a lei continuamente, indecentemente, sentivo il suo odore, il suo profumo, mi ritrovai eccitato a sfogare il mio piacere con mia moglie, che inconsciamente leniva il mio bisogno di sesso.

– Stasera sei una furia sextenata…Quelle parole sospirate nel momento dell´amplesso, dimostravano come stessi facendo l´amore con mia moglie pensando ad un'altra. Entravo in lei a cercare il corpo dell´altra e spingevo forte a lenire il mio desiderio. Mi sentivo un bastardo, ma era la verità di quella sera. Poi, i miei sensi di colpa col tempo si attenuarono. Il giorno dopo chiamai:- Ci vediamo a cena questa sera?- Stasera non posso, facciamo domani sera.

Secca, decisa, non c´era possibilità di trattative; deluso mi rassegnai ad aspettare trentasei ore senza vederla. Quando la rividi mi sembrò ancora più desiderabile, sempre elegantemente vestita, con un tocco di civetteriaIn più. I capelli neri poggiavano su un tailleur blu. La giacca aperta faceva intravedere una camicia bianca che lasciava capire come i seni fossero liberi da vincoli ulteriori; un paio di calze bianche creavano un contrasto violento che subito mi aveva eccitato.

Il pensiero di che intimo indossasse aveva fatto il resto. – Posso sedermi? – Sì… scusa… stavo pensando- Ma tu pensi sempre cosi tanto quando mi vedi?Stava giocando con me, sapeva benissimo quali erano i miei pensieri ed io non facevo niente per nascondere quel mio desiderio crescente. Parlammo dei suoi problemi e poi passammo ai nostri o meglio, ai miei!Il mio corpo emanava sesso da tutti i pori e lei facilmente intuiva di essere l´oggetto del desiderio.

– Andiamo a bere qualcosa da me per definire la strategia da seguire?Sapeva cosa volevo e non ebbe un attimo di tentennamento: aveva già deciso prima d´entrare in quel ristorante come sarebbe finita la serata. – Credo che sia proprio necessario…L´aveva detto con un tono di voce che, se avessi potuto, l´avrei presa sul tavolo in quel momento. Smorzai il mio istinto sessuale e pagai veloce. La feci salire in macchina e mi avviai verso la mia casa sul mare sperando che lei avesse capito il mio desiderio.

Il mio dubbio svanì dopo poche centinaia di metri: mentre l´asfalto scorreva sotto le ruote, la mia cerniera dei calzoni scivolava sotto le sue dita; pochi secondi interminabili, poi, la sua bocca mi succhiò l´anima. Il paradiso tra le mie cosce… l´inferno nella testa… la confusione nel cuore. Attimi eterni di piacere da portarsi dentro per sempre. Nel momento del piacere estremo, le misi una mano sulla nuca e, accompagnandone il ritmo, chiusi gli occhi e pregai…Solo il cuore andava più veloce di quelle labbra fatali…Arrivammo al cottage che ancora dovevo riprendermi.

Assaporai quegli attimi di sfinitezza e poi, baciandola con furore, la portai dentro con l´intenzione di ripagare il piacere avuto. Piccole gocce di sudore scivolavano dalla sua fronte correndo lungo il suo viso, con le dita andai a bloccarle e le fermai con la lingua. Come un disperato, cominciai a cercare la sua bocca come fosse linfa vitale: la tempia, gli occhi, le guance, le orecchie, il collo… tutto fu succhiato avidamente. Le mani nervosamente aprivano i suoi vestiti e cercavano il suo corpo, l´odore del suo corpo si mischiava con quello più forte e prepotente del sesso.

Arrivai alle sue mutandine e con piacere sentii quanto fossero bagnate: le dita frugarono sotto la stoffa incontrando umori e calore…- Scopami! “Una richiesta disperata, struggente. Credevo di avere bisogno di più tempo per riprendermi dal pompino fattomi in macchina, invece, stranamente per me, ero pronto ad averla: non feci attendere oltre la sua richiesta, presi le sue cosce e le feci mettere attorno al mio corpo, misi le mani sulle sue natiche dure e appoggiandola al muro freddo, la penetrai deciso.

Entrai come una lama nel burro, lei era pronta a ricevermi ed io non avevo niente che lei non potesse contenere. I gemiti strozzati dai nostri baci, i movimenti dei corpi uniti, il sudore sulla pelle, tutto era afrodisiaco. Aspettai di sentire crescere il nostro piacere e quando fui sicuro che lei fosse pronta a godere sotto l´assalto del mio sesso, intensificai il ritmo ed esplosi in lei. Venimmo nello stesso momento e fu un momento celestiale.

Cascammo a terra sfiniti e appagati per quel momento, poi, tornando normali, cominciai ad accarezzarle il corpo e a giocare con le sue intimità ancora pronte a combattere. La presi per mano e la portai sul tavolo al centro della sala e la feci salire; le feci divaricare le cosce senza fatica e m´immersi con la lingua a cercare il suo sapore: sapeva di buono, era morbida e tenera, le sue labbra rosee furono prese dai miei denti e delicatamente martirizzate, cercai il clitoride e avidamente lo attaccai.

Sentii le sue mani afferrarmi la testa e le sue cosce stringermi in una morsa di ferro mentre il suo corpo, dimenandosi, mi faceva intuire quanto quello che le stavo facendo le piacesse. Continuai imperterrito anche quando, singhiozzando, mi disse di smettere. Non avevo mai incontrato una donna che si perdesse così in un rapporto orale: era completamente sconvolta, urlava il suo piacere dicendomi di smettere, poi, mi diceva di continuare e poi di smettere che non ce la faceva più e poi ancora e ancora…A me piaceva farlo e a lei farselo fare.

Continuai incurante dei suoi gemiti, alla fine cademmo esausti. Era come se ogni volta che lei veniva, venissi anch´io: mentalmente avevo partecipato al suo piacere e mi sentivo spossato. Stetti abbracciato a lei per diversi minuti, baciandola e guardandola come il bene più prezioso, i miei doveri di marito si erano sciolti in quelle quattro mura e non volevo riportarli a galla. Lei si era messa supina e in quella posizione metteva in risalto il suo sedere, io ero estasiato dalle sue forme e dalla sua ingenua oscenità… pensavo a lei in modo indecente ma il sesso non rispondeva, capivo che per quella sera avevo raggiunto il mio limite.

– Certo che hai un bel sedere…Lei, come percependo un pericolo, si girò di shitto per guardarmi negli occhi, poi, guardando il mio sesso desolatamente inerte, sorrise e disse:- Ogni cosa a suo tempo… adesso è il momento di dormire un poco, domani dovremo affrontare tanti discorsi nuovi…E girandosi con quella frase ambigua, appoggiò le sue natiche sul mio membro, facendomi perdere nei miei desideri più reconditiUna donna in prestito “Un piccolo grido esce dalla sua bocca, mentre una scena a tre scorre sullo schermo…”Me l'ha portata al guinzaglio.

Bendata. Lui, elegantissimo in un totalblack probabilmente marcato Armani, lei in un soprabito nero, senza nulla sotto. In una mano lui tiene la macchina fotografica, nell'altra il guinzaglio che porta al collare. L'incontro, preparato tra me e lui, davanti al vecchio e quasi fatiscente cinema porno della città. Sarà un pomeriggio intenso. – Tieni – dice, allungandomi la catena. Non abbiamo bisogno di pagare, non dopo il mio accordo con il proprietario. Una donna come lei, giovane, fresca, tesa.

Pronta a tutto, per me, per noi. Di fronte alla pellicola che scorrerà tra poco, immersi tra i suoni offensivi del porno la faremo gridare, a lungo. 120 minuti, questo mi ha concesso il suo master. 120 minuti, due ore, a nostra totale disposizione. Ho avvertito tre amici, saremo in quattro protagonisti, lei al centro, più gli astanti. Entriamo, e la faccio accomodare al centro della sala, dove c'è spazio davanti a lei. Lui comincia a immortalarla, ignara del buio e degli uomini che la stanno aspettando.

– Togli il soprabito – si irrigidisce appena, la voce non è più quella del suo padrone, dell'organizzatore dei suoi giochi. Ma la sua fiducia è assoluta, esegue. – Questo non servirà più – le dico, sfilandole il guinzaglio. Resta nuda, splendida, illuminata da un pompino che scorre sullo schermo e dal suono del risucchio di una bocca attrice che fa godere un cazzo perfetto. La sala non è affollata, un paio di coppie, sorprese dalla scena, si mettono comode per gustarsi uno spettacolo non annunciato.

Diversi guardoni si avvicinano. La mia mano, imperiosa, li ferma a distanza di sicurezza. – Apri le gambe – il mio sussurro. Io e i miei tre amici possiamo ammirarle il seno, la pancia piatta, le gambe aperte, la voglia già intensa. – Scommetto fosse già bagnata prima di uscire, vero? – Mi rivolgo al Master, a voce abbastanza sostenuta per farmi sentire da lei. Lui ridacchia, annuisce, e si mette davanti per shittarle una foto intera, senza perdere lo spettacolo della sua figa, liscia e imperlata.

Mi avvicino all'orecchio della nostra protagonista: – Inizia a toccarti, amo una donna che si masturba per noi. Lei si lecca piano le dita, e fa scivolare la mano, inizia a sfiorarsi. È un vero spettacolo, nulla da dire. Il mio uccello resta nei pantaloni, ma inizia ad indurirsi, la sua schiena si inarca. Tre guardoni si sfilano il cazzo dai pantaloni, e iniziano a farselo indurire. Chissà da quanto tempo aspettano una occasione come questa.

Due amici iniziano a leccarle il seno e il collo, lei pare appena sorpresa, ma ha ricevuto un ordine chiaro. Continua a toccarsi, e la sua eccitazione sta crescendo, lo sento dal suo odore. – Mordetele i capezzoli – e loro seguono il mio consiglio. Un piccolo grido esce dalla sua bocca, mentre una scena a tre scorre sullo schermo. Una doppia penetrazione potente, piccola anticipazione del futuro della nostra sottomessa. Fa scivolare dentro due dita, e accelera il movimento della mano.

Sa dove siamo e, per quanto bendata, sa che alcuni uomini la stanno leccando, che altri uomini si stanno masturbando per lei. Sentiamo gli ansimi, negli intervalli delle grida del porno. Le due coppie iniziano a giocare tra loro, quasi sincrone. Le donne stanno succhiando i loro uomini, eccitati come poche altre volte dalla scena che gustano e pregustano. – Dammi le tue dita – e lei esegue. Le lecco, ha un ottimo sapore.

Gliele lecco lentamente, facendo attenzione a bermi tutti gli umori che fino ad ora si sono espansi. – Allunga la mano destra. – Il mio amico non ha resistito e si era appena tirato fuori un grosso uccello duro dai pantaloni. Lei lo trova, facilmente, e inizia a masturbarlo velocemente. È una schiavetta che sfida, di sicuro. Spero che il mio giovane amico resista, so quanto possono essere eccitanti queste situazioni. Mentre lei sega il primo, il secondo le si fa davanti, eretto, pieno, teso, appoggia l'uccello alla sua bocca e glielo fa scivolare dentro.

Forte. Deciso. Impetuoso. Il primo rigurgito inonda il suo cazzo di saliva, e il Master la immortala con in bocca il cazzo di un totale estraneo. Io mi godo le scena, con una solida eccitazione crescente. Le due coppie ora si avvicinano, semi-nude. Ho come l'impressione che vogliano partecipare. Vado a parlare loro: un'idea nuova. Dopo pochi secondi le due donne le stanno leccando avidamente la figa e il mio terzo amico le ha messo l'uccello nell'altra mano.

Per quanto intenso sia il film, la scena è perfetta. La schiava ora ha tre cazzi per lei, e due donne a leccarla. I loro uomini non resistono e le prendono a pecora, godendo poco dopo sulle due schiene. I gemiti degli uomini, le bocche delle donne strappano alla schiava il primo, squassante, orgasmo: le grida sono trattenute dal cazzo che continua a scoparle la bocca con fulminea penetrazione, profonda. Solitamente amo giochi più lenti, ma stavolta la foga è importante.

Il Master fotografa, e io ho ancora il cazzo nei pantaloni, ma sono eccitato come raramente. Dura quasi un minuto quell'orgasmo intenso, il tempo di chiedere, gentilmente, alle coppie di lasciarmi spazio. Mi metto di fianco all'amico, e mi faccio scendere la zip. Estraggo un uccello duro e bagnato: gli chiedo di farsi da parte per un attimo. – Assaggia il mio cazzo bagnato per te. Non se lo fa ripetere: lecca lentamente, ora, la mia cappella bagnata.

È brava, non accenna a smettere di masturbare gli amici, ma ha rallentato. Ha capito che durerà a lungo il gioco, e inizia a goderselo davvero. Lo sento sulle sue labbra che circondano la mia cappella, si gonfia ancora, mentre mi accoglie completamente in bocca, fa colare saliva, lo bagna, la raccoglie con la lingua, la lecca di nuovo e lo riporta ancora completamente dentro. Faccio cenno al mio amico, e le infiliamo entrambi gli uccelli in bocca.

Fatica a prenderci, siamo grossi, duri, eccitata. Ma la bocca si dilata, e ci prende, non completamente, ma abbastanza per dimostrarci quanto è brava. I due masturbati si allontanano per un secondo, non resisterebbero ancora a lungo: hanno bisogno di un attimo di riposo. – Mettiti a pecora, mani sul sedile. – Esegue. La inculo. Non c'è un altro modo di dirlo. Lo so che se lo aspettava almeno in figa, prima. Ma le ho aperto le natiche, rudemente, con le mani e non ho resistito.

Le ho infilato, di colpo, completamente il cazzo nel culo. Grida, qualcosa che suona come stronzo. Il Master sospende per un attimo la fotografia: le tira una sculacciata fortissima, da lasciarle il segno per giorni: – Sei sua ora, porta rispetto. Dice con voce ferma. Il grido ha scosso la sala, il grido della schiava percossa dal padrone. Ma si è bagnata talmente tanto che ora è più facile incularla brutalmente. Le vene e le asperità del mio cazzo curvo entrano ed escono dal culo stretto e quasi paradisiaco, è stupendo incularla mentre due tra i miei vanno nella fila dietro per metterle, a turno, il cazzo completamente in gola.

Le infilo tre dita nella figa mentre continuo a fotterle il culo e, improvvisamente, grida di piacere. Sta godendo ancora, e a metà di un nuovo orgasmo mi sfilo dal culo per infilarglielo nella figa contratta. Il suo orgasmo esplode ancora più profondamente ed è costretta a lasciar andare gli uccelli che le stavano fottendo la bocca. Non ho nessuna intenzione di lasciarle tregua, mentre i guardoni stanno via via godendo delle loro seghe ispirate da questa dea schiava che ci sta accogliendo completamente.

Le donne si masturbano ai suoi lati. Lei non vede, ma sono certo senta gli umori spargersi per il cinema, più forti dei suoni di finti orgasmi che vengono dallo schermo. Mi siedo sotto di lei, sul malandato sedile del cinema: – Prendimi. È brava guida il mio cazzo lentamente nella sua figa ormai fradicia. Mi accarezza, mi masturba, mi indirizza, mi porta a farmi accogliere e inizia a muoversi, sempre bendata, al ritmo dei suoi pompini.

Un ritmo unico, per l'uccello che ha in figa e i due che tiene tra le mani, la bocca e la lingua. Faccio un cenno all'amico che si stava riprendendo. Ora è il suo turno di metterglielo nel culo. Non si fa pregare. È un altro grido potente, quello che attraversa la sala. Ora ha quattro uccelli completamente dentro di lei, la stiamo riempiendo e sfondando. Gronda umori sul mio cazzo e sulle mie gambe mentre le strizzo i capezzoli talmente forte da lasciarle i segni.

Per il suo Master, questa, è la foto perfetta. La sua schiava completamente posseduta dai desideri dell'uomo a cui l'ha prestata. Mi sto godendo completamente quel corpo che gode di tanta carne, di tante voglie, di tanti umori. La sua figa è un fuso nel quale muoversi in modo potente e violento, fotterla e scoparla con intensità, alternandomi a chi glielo sta buttando nel culo, altrettanto intensamente. Il suo corpo trema sotto ai nostri colpi e ormai gli orgasmi fioccano e colano, le gambe si reggono a fatica, i nostri uccelli sono stremati e gonfi di sperma che arriva quasi fino alle cappelle.

Mi sono perso, nella sua figa e in quel corpo, non so quanto tempo sia passato, ma so che non resisteremo a lungo. Continuiamo a fotterla, decisi, violenti. Il Master fotografa, gli astanti sborrano attorno senza ritegno alcuno, le due donne godono di riflesso e guardano ammirate corpi e cazzi che, sono certo, vorranno anche loro. Quando esplode in quello che ho deciso essere il suo ultimo orgasmo le dico di mettersi in ginocchio.

Assume una posizione perfetta. Caviglie appoggiate sul culo, mani sulle cosce, schiena perfettamente dritta. Ma non la voglio così, per quanto sia ammirato. – Pensi che ci segheremo per te? Se vuoi la sborra calda e densa, e la vuoi, dovrai farci esplodere tu. Si lecca mani e inizia a segarne due, sempre perfettamente inginocchiata. Il primo amico, il più giovane, esplode e le inonda pezzi di viso e di seno. Lei non fa una piega, se non raccoglierne una piccola quantità con la lingua, e un sorriso.

Il mio cazzo sta esplodendo e devo fare ricorso ad ogni risorsa mentale per non sborrare senza toccarmi. L'altro amico si sostituisce al primo. I due rimasti, masturbati da mani abili, che alternano pressioni sull'asta e il pollice alla base del glande, strappa dalle loro cappelle il liquido caldo. Lei lo dirige uno sul viso e uno sul seno, ormai è piena di calda crema, sembra a suo agio come non era ancora stata.

Il cinema continua a mandare immagini che impallidiscono di fronte a noi. Resto solo io, lascio spazio al master per immortalarla piena di sperma. Mi avvicino, lo prende in mano e inizia a riservarmi lo stesso trattamento degli altri, vuole farmi venire con la mano. – Usa la bocca, per me. E bevi. È ottimamente istruita, addestrata. Mi prende in bocca e continua da dove aveva lasciato. La lingua sulla cappella, la bocca ad avvolgermi e farmi scomparire.

Mi fotte lei ora, muovendo la testa e la bocca sul cazzo, alternandola con la lingua sul frenulo che spinge fino a farmi sragionare. La lascio andare ora, lascio crescere il mio di orgasmo, sento le palle gonfiarsi a dismisura, il liquido scorrere per l'asta, il cazzo ingrossarsi un attimo prima di esploderle in gola 120 minuti, due ore, di erezione tesa per una donna magnifica. I fiotti le colpiscono la gola, le colano in bocca, giusto una goccia sfugge e la raccoglie, ingoiando il resto.

Siamo stremati, ma il mio tempo è finito. Mentre lui shitta l'ultima foto con il mio cazzo ancora nella sua bocca, gli dico: – Stavolta è stata fortunata, ho trovato solo amici vanilla. La prossima volta non andrà così liscia. Sento quasi la sua schiena fremere, mentre il master la avvolge, ancora sporca, nel soprabito. Noi restiamo dentro. Se ci riprendiamo, ci sono due donne che hanno messo gli occhi su di noi. Anzi, dopo pochi minuti, sono le loro bocche che cercano di farci tornare duri per le loro voglie.

Ti voglio veder godereSalire e scendere su di un’asta di carne che penetra il tuo bellissimo corpo, che divarica la vagina e ti sprofonda nel ventre, che ti riempie, ti apre, ti sfonda, ti fa godere. Voglio vedere il tuo viso trasformarsi in una maschera di piacere mentre supina ti fai sbattere, la tua schiena arcuata dalla tensione, il sedere che ammortizza i colpi decisi che ricevi, il tuo bacino che si gonfia e contrae quando ti stringi intorno al pene per sentirlo meglio dentro di te.

Voglio vedere come spalanchi le gambe per aprirti ed offrirti, senza remore, seduta sul divano con il corpo teso e sudato. Voglio vedere la tua bocca aperta che geme, il tuo respiro affannato regolato dal ritmo della penetrazione, dal quel pene che continua a sfotterti e ti fa godere. E tu lo prendi, ti apri, lo accogli dentro di te, nel tuo ventre, nella tua femminilità. Gli dai tutto, ti dai completamente e godi del fatto d’essere femmina.

Voglio vederti muovere, sollevare il bacino per prenderlo meglio e sentirti pregarlo di spingere di più, di entrare sino in fondo; poi voglio vedere come ti contrai e ti lasci prendere dall’orgasmo, come il tuo corpo sussulta in preda alle ondate di piacere mentre lui continua a sbatterti. Infine voglio vedere i tuoi occhi quando lo senti venire dentro di te, quando il suo seme s’espande nel tuo ventre, e ti riempie. Le mutandine della mia ragazzaIniziai subito ad ispezionare con le mie mani i suoi grossi seni e poi le levai velocemente tutto il resto degli abiti, incluso quel splendido paio dimutandine che lasciavano intravedere anche la sua calda passerapelosa.

Lei mi incitava a penetrarla subito, ma io preferii farla godere di più toccandole la figa umida con il mio cazzo bollente. Mamma quanto eracaldo! Dopo poco ci ritrovammo con il mio cazzo nel suo culo e le mie mani che le afferravano i fianchi per sbatterla per bene. Dopodiché, la rigirai sul letto e la misi con gli occhi rivoltiverso di me; vedevo chiaramente che il suo sguardo era di una di quelle donne davveroporche, a cui puoi chiedere tutto.

Così le saltai sopra per un 69 e le feci inghiottire il mio cazzo duro e grosso; nel frattempo, io sguazzavo nei suoi umori della sua figa pelosa ed alternavo lo slinguazzare sul suo clitoridecon due dita messe nel buco della sua figa. Godeva, eccome se godeva! A quel punto, poi, le ho sborrato direttamentein gola, così per godere veramente appieno della situazione che si era creata e per concludere decisi pure di fotterla nuovamente, ma questa volta nella sua passera, fino a quando non ci ritrovammo distrutti nel suo letto, sudati, ma allo stesso tempo felici di aver goduto all’inverosimile.

È stata davvero una notte indimenticabile! Storie Di LaraEntri, senza se e senza ma e ti prendi di colpo tutte le mie certezze, come quella di non voler avere nulla a che fare con te. Adesso che ti ho qui davanti come posso dirti di no? Non mi dai neanche tempo di poter fare nulla che chiudi la porta e ti prendi ciò che pensi che sia tuo. Non parli, certe parole volgari non sono da te, tu la volgarità ce l hai dentro, tu la volgarità la dimostri strappandomi i vestiti dalla pelle.

Non sono loro che devono coprirmi, se non nuda devo essere vestita di te, del tuo sudore, della tua saliva, del tuo peccato. Almeno questo è quello che pensi. Sono indifesa o almeno è quello che pensi, vuoi avere il controllo su di me, vuoi che sia tua così potrai prenderti cura di me. Mi sento Eva, piena di peccato e senza risposte, e le tue mani sono le mie foglie di fico, sui seni, sulla mia intimità bagnata, quasi si moltiplicano per coprire ogni spazio del mio corpo.

Mi stuzzichi come solo tu sai fare, come ammetto nessuno ha mai fatto. Hai un potere su di me che non so descrivere. Ti muovi, mi prendi, mi sbatti sulla prima superficie disponibile ed io mi rilasso, chiudo gli occhi e mi abbandono a te, ascolto i tuoi movimenti invece di guardare il soffitto bianco. Mi tiri a te, il mio sedere scivola sul marmo freddo del tavolino e lascia che il tuo sesso si incastri con il mio.

Poi però sei tu a muoverti, sei tu che con il tuo ritmo serrato detti il mio oscillare sulla fredda superficie. Tu che sei fuoco e mi stai incendiando. Non ho nulla da perdere, solo da vincere, solo da godere. Mi sposti come una bambolina, spalanchi le gambe e poi le chiudi senza però mai fermarti un attimo, senza darmi un secondo di tregua, neanche per prendere un respiro. Ho perso la cognizione del tempo, dello spazio, solo noi, ci sono solo i nostri corpi che sbattono l'uno sull'altro.

Chissà chi sarà il primo dei due a raggiungere il traguardo, sei talmente sadico che saresti capace di lasciarmi sola, insoddisfatta. Allungo una mano sulla mia intimità e con la stessa smania con cui tu mi stai fottendo io mi accarezzo portando la mia voluttà ad un livello superiore. Puoi entrare in casa, nel mio corpo e nella mia mente, ma non sul mio piacere. Non ancora. La scommessaArianna è una ragazza bionda ed elegante che se la tira molto ma molto.

Giorgia invece è sportiva e simpatica e ha i capelli neri. Tutte e due sono molto belle e i ragazzi gli girano sempre intorno. Loro però si odiano perché Arianna è proprio una stronza e dice che Giorgia è volgare perché sta sempre in jeans. Lei ha un vestito da sera con lo spacco e i sandali alti. -Facciamo una scommessa- Dice a Giorgia: proviamo a vedere quella che piace di più. Quella che perde ci rimette il culetto e non si fa mai più vedere nella discoteca.

Arianna non vede l’ora di vedere Giorgia che piange e non si fa mai più vedere. E’ sicura di vincere lei. -Ci sto- Risponde Giorgia. Vediamo quale delle due riesce a farsi quel ragazzo là. C’è un ragazzo alto che sembra un atleta al bancone, e beve senza nemmeno sentire la musica. Non gliene frega niente di niente, sembra triste. Un bersaglio difficile!-Va bene comincio io- Dice Arianna- Ma attenzione che questa puttanella da quattro soldi non scappi dopo eh? Dovrà pagare il suo debito!-Stai tranquilla- Dicono le sua amiche.

La teniamo qua noi. Arianna si siede sullo sgabello e fa sporgere una gamba dallo spacco. -Ciao come ti chiami?- Dice al ragazzo. -Angelo. -Vuoi stare con me?- Arianna si sporge e sotto al vestito non ha il reggiseno. Allunga tanto la gambe che si vedono le mutandine sotto. -Voglio farmi i fatti miei- Lui le risponde e Arianna si offende subito e se ne va sdegnata. -Quello lì è finocchio- Osserva- Scegliamone un altro!Giorgia va sullo stesso sgabello, però, e siccome quello è un suo amico con il quale si è messa precedentemente d’accordo, in breve tempo si fa baciare sulla bocca davanti a tutti i testimoni.

-Toccami fra le gambe davanti a tutti. Lui le infila una mano nei jeans aderenti e le sposta il tanga, poi la tocca culla figa e la fa sussultare. -Ahhh…. va bene basta così hanno visto…. Lui però le infila anche un dito nel culetto e comincia a muoverlo e ritmo lì con tutti che guardano. “..aspetta…basta…” Ma le sta per venire un orgasmo e Angelo la lascia andare appena in tempo. Adesso Giorgia ha vinto e ritorna indietro.

Arianna vorrebbe andare via ma le amiche di Giorgia la trattengono. -Eh no devi pagare la scommessa!E Arianna deve uscire con loro nel parcheggio dove non c’è nessuno e si mette a piangere e supplicare ma non c’è niente da fare. -Spogliati tutta nuda!Arianna capisce e si toglie il vestito di seta tutto di un pezzo: rimane solo in mutandine bianche e sandali. Le sue tette sono abbastanza grandi e piene. -Togliti le mutandine! Giorgia ha preso dalla discoteca una grossa candela.

Arianna si toglie le mutandine e rimane tuta nuda. In mezzo alle gambe ha un ciuffo di peli color nero perché se li tingeva. Si accorge che tutti vedono e diventa rossa dalla vergogna. -Mettiti a quattro zampe!Arianna si mette a quattro zampe sulla sabbia e Giorgia vede il suo buchetto del culo tutto scoperto e gli ficca dentro la candela con forza. -AHHHHHHHHHHHHH Arianna strilla e Giorgia la costringe a dire che è una maiala e non si farà mai più vedere lì.

Poi la mandano via nuda che cammina a gambe larghe e Giorgia torna dal ragazzo. -Andiamo a casa tua- Lui la porta nella sua casa sulla spiaggia e le toglie tutti i vestiti uno per uno fino al tanga di pizzo che aveva sotto ai pantaloni. -Scopami fortissimo- Gli dice e lui la scopa come un terremoto. Giorgia gode tantissimo soprattutto pensando a quello che Arianna si è meritata. Come il cazzo nero ha cambiato la mia vitaMi chiamo Chiara, sono alta un metro e 70, terza di reggiseno, culetto tondo e formoso e una passione sfrenata per gli africani, tutti, dal Maghreb all'africa più nera.

Lavoro come impiegata, ma durante il fine settimana faccio la promoter per le discoteche di Bologna, ed è grazie a questo lavoretto che ho avuto il mio primo contatto con un ragazzo di colore che mi ha cambiato la vita. Sono sempre stata libertina e ho sempre adorato essere presa con forza, sottomessa e scopata dal mio partner e grazie al mio lavoro di promoter riuscivo sempre ad avere ragazzi per provare esperienze nuove, in periodo di Erasmus poi era festa grande.

Francesi, tedeschi, spagnoli (niente male quelli), romeni e altri…All'appello mi mancava però di provare un uomo di colore, o un magrebino, benché alcune mie amiche mi sconsigliassero questa mia fissa, perché secondo loro “sono pericolosi”. Una sera a Bologna, vicino al Parco nord, stavo distribuendo volantini per una serata, mi guardavo in giro e appena vedevo un ragazzo che mi sembrava africano lo fissavo, alcuni mi scopavano con gli occhi, ed ero già eccitata per questo, ma poi si avvicina un ragazzo in compagnia di alcuni amici, era un bellissimo ragazzo alto quasi due metri, possente e bellissimo, nero come la notte!Dissi: Ciao! ti va una serata in una discoteca non tanto lontana da qui? lui rispose: non sono di qua, non la conosco, ci accompagni? io risposi “si, certo!” Nel tragitto mi raccontò che era un ragazzo senegalese e che si chiama Cheick, io dissi che mi chiamavo Chiara.

Arrivati alla discoteca mi chiese se potevo restare per una bevuta, per ringraziarmi di averli consigliato la discoteca, i suoi amici erano tutti sparpagliati ed io e Cheick ci mettemmo a bere un drink insieme. Era bellissimo, uno sguardo magnetico che mi faceva sesso, ma non riuscivo a guardarlo negli occhi, lui si accorse del mio disagio e mi chiese se c'era qualcosa che non andasse, non so cosa mi prese ma gli dissi:”Se ti dicessi che ho sperato davvero che tu mi invitassi ad accompagnarti qui perché mi piaci tu cosa diresti?””Che io ho sperato che venissi con me, perché sei molto carina e mi dai l'idea di essere un fuoco!”Scoppiamo a ridere, poi, si fece più audace, mi mise una mano sulla coscia, si avvicinò, sentivo il suo maschio odore e mi stavo bagnando, iniziai a gemere come una bambina, lui si accorse che ero pronta per essere scopata e mi portò in un parcheggio non lontano dalla discoteca, dove aveva la macchina, ci mettemmo in auto, ci baciammo, fu piuttosto violento, mi toccava, aveva mani in ogni parte del mio corpo, mi desiderava, voleva nutrirsi del mio corpo.

Gli sbottonai i pantaloni ed usci qualcosa di meraviglioso: un cazzo grosso, infinito, la sua cappella circoncisa era una meraviglia. Mi gettai a succhiarli il cazzo, con la mano mi spingeva fino in gola il suo palo, dissi: Piano, non sono abituata!”Devi abituarti troia!”. sentii un brivido che mi attraversava, finalmente qualcuno che se ne fregava di me, che mi usava, mi sottometteva e mi scopava come volevo. Si mise sopra di me, mi impuntò il suo missile e lo fece entrare con violenza: “ahh, oh mio dio, ma è enorme! oh si, ahhh piano tesoro, la mia ficaaa” ma lui se ne fregava, trattava la mia piccola figa bianca con rabbia e depravazione, ad ogni colpo aumentava la velocità ed io ero sempre più alla sua mercé.

“Troia adesso usciamo, voglio prenderti da dietro”, uno schiaffo ed io obbedì, uscimmo dalla macchina, mi misi sul cofano e si prese il mio culetto che fino a poco prima gli sculettava in modo provocatorio davanti, voleva essere provocante, volevo farlo scoppiare di desiderio e volevo che mi scopasse fino a farmi male e così fece. “Mi avevano detto di quanto troie sapete essere voi italiane, ma adesso ho prove!””MMM siiii sfonda il mio culo ahh si, Cheick, sfonda la tua puttana italiana!”Mi scopò con violenza, mi sottomise in tutto e per tutto, mi riempì il culo di schiaffi fino a farlo diventare rosso, fino a quando emise un urlo… stava venendo, sentivo un lago che mi riempiva il culo, uscì dal mio culo e mi ritrovai allagata di sborra, mi usciva da tutte le parti, le mie cosce erano dei torrenti in piena, provai di asciugarmi alla bene e meglio e tornammo in discoteca, salutai Cheick dicendoli che era stato qualcosa di sublime e sperando di rincontralo, appena i suoi amici mi videro stordita e con i capelli in disordine vidi Cheick sorridere e i suoi amici sghignazzare, ma non me ne fregava niente, perché da quella sera ho capito di amare i cazzi neri e africani.

Sonia, infoiataSono in estasi, il mondo intorno non esiste sono in trance, scollegata dalla realtà, un momento inebriante di felicità, calore che si attenua con le mani mi aggrappo alle spalle di quest'uomo che con sapiente maestria mi ha portato all'apice del piacere. Mi sciolgo, raddrizzo la schiena che si era inarcata per godere al meglio della penetrazione che con i gingilli vibranti messi sul pene era irresistibile, uno urta ancora sulla mia clito e mi fa venire i brividi ora che sono venuta, con una mano scendo sul mio pube e lo blocco, premo il bottone e si spegne; i colpi però non si fermano e continuano a provocarmi un gran piacere sono però rallentati per farmi prendere fiato in compenso mi fa sentire tutti i suoi centimetri che arrivano con colpi più decisi e mi fanno vibrare e mi fanno stringere più forte le mie braccia su di lui fino a distenderlo sopra di me e solo il suo bacino rimane a muoversi.

Così avido di piacere inizia a baciarmi, cosa che apprezzo e mi eccita, lui si tira su ed esce mi fa girare mi metto a pecora anche se non ne avevo voglia, ma basta poco perchè la mia ritrosia sia vinta, questa posizione mi fa godere di più e le sue mani che si allungano sui seni mettono in moto la ricerca di nuovo piacere inizio a muovere il bacino per sentire tutto il suo sesso.

Con un dito ben oleato inizia a toccarmi il culo, mi distoglie dal godimento per un attimo il tempo di rilassarmi per quella nuova pratica che già pregustavo, non ci volle molto perchè prima una e poi due dita mi entrassero dentro piano, ma anziché passare alla sodomizzazione introdusse uno di quei giocattoli vibranti è avvincente perdo il senso della dimensione non riesco più a distinguere con precisione i suoi movimenti. Sento molto chiara la voglia di essere posseduta in tutti i modi.

Con una mano afferra la mia spalla con l'altra raccoglie i capelli e comincia a cavalcarmi è una corsa stupenda che mi riporta in paradiso e fa liberare la sua linfa. Come un cavaliere stanco si aggrappa alla mia schiena e i respiri affannosi si uniscono stremati. Mia moglie e la festa in mascheraSono sposato con Cristina, abbiamo due figli piccoli e viviamo a Como. Ho conosciuto mia moglie nell’azienda dove lavoriamo entrambi come impiegati.

Lei ha 42 anni ed è una bellissima donna: alta, mora, labbra carnose, terza di seno, occhi azzurri che fanno un magnifico contrasto con la sua pelle leggermente ambrata e due gambe da paura. Cristina sa di essere una bella donna ed anche se non mi ha mai tradito ha sempre amato vestirsi in modo sexi: minigonne, tacchi a spillo, camicette sbottonate per mostrare un po’ del suo florido seno, autoreggenti e cose del genere.

Mentre in passato la spingevo a vestirsi in modo un po’ più “castigato”, da un po’ di tempo a questa parte ho notato che gli sguardi desiderosi dei nostri colleghi su Cristina cominciano ad piacermi. Non nascondo che mi sono spesso ritrovato in ufficio con il cazzo duro nei pantaloni nel vedere i miei colleghi che si mangiavano con gli occhi mia moglie. Quelle mie fantasie un po’ da cuckold mi hanno spinto a controllare il cellulare ed il notebook di Cristina alla ricerca di messaggini, e-mail o chiacchierate in chat con amici e colleghi alla ricerca di confidenze piccanti e sue fantasie nascoste.

Il fatto che qualcuno la potesse corteggiare a mia insaputa e che lei potesse solo parlare di sesso con altri uomini mi eccitava un bel po’. Dopo un po’ di tentativi la ricerca fu fruttuosa. Riuscii a scoprire la sua password di skype e potei leggere le sue conversazioni memorizzate. Fra le tante con la sorella e le amiche notai che era da una settimana che chiacchierava molto con Walter, il nostro collega di colore, trasferito da circa due mesi nella nostra sede di Como.

I messaggi erano molto amichevoli, nulla di particolarmente trasgressivo, ma la cosa cominciò ad incuriosirmi. L’indomani al lavoro quando mia moglie entrò nell’ufficio di Walter sentii un brivido di eccitazione. Lui è un marcantonio di colore di 190 cm con un fisico asciutto e muscoloso. Notai che la guardava desideroso, ma in fondo era normale visto che mia moglie è un gran bel pezzo di gnocca. Li vedevo sorridere e giocare. Da un lato mi sentivo turbato e dall’altro eccitato.

Nei giorni successivi continuai a controllare le conversazioni di mia moglie su skype e con Walter i discorsi si facevano sempre più piccanti. Nell’ultima conversazione si dicevano:“E’ vero che quelli di colore sono molto dotati come si dice in giro?”, chiese Cristina. “Beh si abbastanza, diciamo che la natura è sempre stata molto generosa con noi scuri”, Walter rispose. “Si, ma generoso è un aggettivo non quantificabile, cosa intendi di preciso?”, aggiunse lei. “Diciamo che se proprio devo quantificare ti dico 22 cm”, rispose Walter.

“Wowwww, non pensavo che potessero esistere degli oggetti cosi grossi”, rispose la troia. Mentre leggevo quelle frasi tirai il cazzo fuori e cominciai a masturbarmi con veemenza. Non pensavo che scoprire quelle cose di mia moglie mi avrebbe reso cosi arrapato. Alla fine sborrai sulla scrivania. Il sabato successivo i vertici della nostra azienda, avendo chiuso un grosso contratto con una multinazionale giapponese decisero di festeggiare portando tutti i dipendenti ad una festa in maschera in discoteca.

Io purtroppo avendo l’influenza decisi di restarmene a casa. Cristina invece si vesti ancora più sexi del solito ed andò alla festa da sola. Verso le undici e mezza cominciai a pensare a Cristina ed a quello che stava combinando senza di me. Decisi di mettermi il vestito, la maschera e raggiungerla in discoteca. Quale migliore occasione di quella per poterla spiare senza essere notato?Mia moglie, con il viso coperto dalla maschera, stava ballando tra la folla muovendosi sinuosa ed affascinante.

Provai ad avvicinarmi a lei quando un uomo la abbracciò da dietro stringendola a se con forza. Riconobbi subito Walter, il suo fisico possente era inconfondibile. Rimasi paralizzato e decisi di rimanere in disparte a guardare. Cristina continuava a dimenarsi e Walter la stringeva a se tenendole le mani ben salde sui fianchi. Il bozzo che intravedevo dai suoi pantaloni era il chiaro segno che il desiderio di Walter era ormai giunto all’apice. Intanto a loro due si aggiunse un terzo uomo travestito da vampiro che non mi sembrava di aver mai visto prima.

Il vampiro iniziò a ballare con loro e allungò una mano sul culo di mia moglie. Lei lo lasciò fare e lui prendendo coraggio le appoggiò per bene il cazzo sul sedere. Non potevo credere ai miei occhi. Non riuscivo a capire se la situazione mi eccitava o mi faceva incazzare. Per me era una sensazione sconosciuta, il cuore mi batteva a mille, le tempie pulsavano, mi sentivo tradito ma allo stesso tempo eccitato.

La situazione mi piaceva tantissimo ed il mio cazzo era diventato durissimo. I tre lasciarono la pista da ballo mentre i due maschioni tenevano le mani sul culo di mia moglie. Mi passarono accanto, ma Cristina non mi riconobbe. Sembrava eccitatissima della situazione che si era venuta a creare. Si sederono in una saletta isolata. Lei in mezzo ed i due ai lati. Io per fortuna riuscivo a vederli dalla porta che era rimasta socchiusa.

Lei si volta verso il vampiro e cominciò a baciarlo mentre Walter le infilava due dita nella fica, masturbandola dolcemente. Il vampiro poi iniziò a baciarla sul collo. Lei era in estasi e cominciò a strofinare le patte dei due. Mi sentivo cornuto, ero agitato, ma allo stesso tempo eccitato come non mai. Cristina se la godeva ansimando voluttuosamente come una cagna in calore. Era irriconoscibile: la moglie fedele e la madre premurosa che era sempre stata erano scomparse lasciando il posto ad una donna trasgressiva e porca.

I due maiali non ce la facevano più, abbassarono le lampo tirando fuori due cazzi da paura. Quello di Walter era oltre 20 cm a prima vista. Quello che colpiva però era la sua larghezza… sembrava il cazzo di un cavallo. Cristina lo afferrò con avidità mentre il vampiro allungava le mani sotto la gonna e provando a sfilarle le mutandine. A mia moglie non sembrava vero di avere un cazzone enorme come quello di Walter fra le mani.

Non lo aveva mai confessato esplicitamente, ma in passato avevo capito che le piacevano i cazzi enormi. Ogni volta che vedevamo un video hot insieme su youporn cercava quelli con negri dai cazzi sproporzionati. Certo non si era mai lamentata del mio16 cm, ma evidentemente ora era entusiasta di poter stringere fra le mani una bestia del genere. Cristina non riuscì a resistere, lo prese in bocca e cominciò a succhiarlo mentre stringeva le palle fra le mani.

Il mio lo aveva sempre preso in bocca facilmente, ma vedere che riusciva ad infilarsi fino in gola un arnese del genere mi fece rimane di stucco. Intanto il vampiro la prese per i fianchi e la mise a pecorina sul divano e, mentre lei continuava a succhiare con avidità il cazzone di Walter, cominciò a leccarla da dietro. Le leccava con avidità fica e culo allargando ben bene con le mani il suo sedere.

Alla fine, infoiato come un toro, si mise in ginocchio sul divano, punto il suo cazzo verso la fica di Cristina e cominciò a scoparla da dietro. I suoi gemiti e le sue urla di godimento sextenavano in me mille emozioni. Riuscivo a sentire i colpi del vampiro che le sfondava la fica. La puttana era insaziabile: da un lato succhiava con avidità l’enorme cazzone nero di Walter e dall’altro prendeva da dietro il cazzo, meno largo, ma altrettanto lungo del vampiro.

Vederla sbattuta selvaggiamente mi arrapava da paura. Mi sentivo tutto un fuoco. Inebriata dal palo piantatole da dietro ad un certo punto la sentii sussurrare: “Fate di me la vostra puttana”. Fu allora che i due si scambiarono posizione e Walter ruppe gli indugi tentando di forzare il suo buco del culo. Lei immediatamente gli lanciò uno sguardo tra l’eccitato ed il preoccupato. Nonostante la foga la cappella non entrava. Per quello che ne sapevo il suo buco era ancora integro, o almeno io (stupido coglione!!!) non gli è lo avevomaimesso al culo.

I tentativi si susseguirono invano e cosi Cristiana voltandosi accarezzò l’uomo per convincerlo a desistere, ma ormai Walter era un a****le in calore e sputandosi sulle dita le infilò nel culo di mia moglie provando a lubrificarlo un po’. In un attimo impugnò la sua mazza rigida e la dirisse nuovamente verso l’ano di mia moglie, irrigidendosi nello sforzo. Il cazzo forzò l’orifizio anale provocando la reazione di Cristina che strinse le labbra in una morsa di dolore.

L’uomo assestò un colpo di reni deciso e la penetrò interamente nel culo, iniziando a stantuffare come un toro. La vacca dapprima strinse i denti, corrugando la fronte in un’espressione di dolore, ma il ritmo selvaggio impresso da Walter la travolse e presto la sofferenza si trasformò in godimento. “Siiiiiiiii, siiiiiiiiiiiiiii, daiiiiiiiiiiiiiiii”, urlava la troia. Intanto il Vampiro eccitato nel vedere Cristina che godeva come una porca le prese la testa fra le mani e le spinse il suo cazzo fino in gola, fino a quasi soffocarla.

Continuarono ancora per qualche secondo, poi lei distrutta dal piacere liberò la sua bocca dal cazzo del vampiro e sussurrò: “Basta, non ce la faccio più”. Cosi i due, mossi quasi da un tenero pensiero verso mia moglie esausta, ebbero un attimo di esitazione. Walter però era troppo infoiato ed, anziché fermarsi per darle tregua, aumentò i ritmi dei suoi colpi. Il suo enorme cazzone nero la stava aprendo in due ed i lamenti di Cristina, un misto fra piacere e dolore, mi intenerirono quasi.

Alla fine Walter venne copiosamente nel culo di mia moglie, la riempi letteralmente di sborra. Poi fu la volta del vampiro che, afferrando la sua mazza rigida, la diresse verso il volto di mia moglie ed esplose in lunghissimi spruzzi di sperma mentre lei, aprendo la bocca, attendeva il caldo e copioso liquido seminale. Uomini da domani e da scopareScopare, scopare sempre e tutti con tanta pace della mia fica e del mio culo…..Di te non si deve mai parlare male, mai.

Studia, laureati e riga dritto! Non farmi vergognare di te. 110 e lode sono una donna ingegnere in un mondo di tutti uomini. E me li devo scopare tutti per punire, soprattutto quelli che pensano di essere superiori. Era il mio sedicesimo compleanno e alla mia festa Luca mi portò un regalo diverso. Mi portò in bagno mi girò di schiena tenendo in una mano il mio seno e con l’altra cercava di scopare la mia fica che non si bagnava.

Dovetti scoparmelo io per non lasciarlo traumatizzato. La mia prima volta e fece schifo. Era molto facile per me già allora prendere quasi tutto quello che volevo per via del bel visino, una quarta di seno e il culo alto e di pietra grazie alla danza. A diciotto anni iniziò a piacermi un ragazzo, Luigi, mio coetaneo. Aveva gli occhi verdi e giocava a calcio. Sembrava avere un bel corpo e decisi di scopare lui il prima possibile.

Lui non mi guardava troppo, faceva solo ogni tanto delle battute plateali sul mio seno e sul mio culo. Un giorno chiesi al suo amico Andrea di fare sega a scuola insieme ed andare da qualche parte. Andammo in quattro io loro due e un’amica di Andrea sulla spiaggia in un paese vicino con l’autobus. Andrea e l’amica si appartarono. Luigi sembrava scomodo ed era timido e impacciato e questo mi irretiva molto. Gli chiesi di seguirmi in una delle cabine e lui visibilmente imbarazzato e sconcertato lo fece.

Arrivati lì gli presi una mano e me la misi sul seno e l’altra gli indicai di infilarla nei miei pantaloni. Non mi sapeva toccare. Mi chiese se io avessi già fatto sesso. E io risposi quello che lui voleva sentire. No, mai niente. Non ho mai avuto un fidanzato. Si senti tranquillo e mi rispose neanche io. Ed iniziò a toccarmi con meno timidezza e si fece toccare. Ma non fu capace di scopare alla grande.

Siamo andati da soli su quella spiaggia e altre volte ho avuto anche io i miei orgasmi. Scopavamo anche cinque volte di fila perché era sempre duro come il marmo. Man mano che prese fiducia divenne davvero bravo con il mio corpo e con la lingua sulla mia fica vogliosa. Poi mi confessò desideri notturni in cui si eccitava all’idea di chiamarmi puttana e lo fece. Mi chiamò puttana e questo mi eccitò tanto.

Mi chiedeva e mi chiedeva. Quel ruolo mi piacque fin quando non mi disse tu sei solo la mia puttana, tu prendi il cazzo solo da me. Lì lo mollai súbito. io devo scopare chi voglio!A quel punto capii che l’appartenenza non faceva per me. Dopo altri piccoli uomini avuti ai tempi del liceo m’innamorai perdutamente e perdutamente non fui corrisposta. Era l’estate prima dell’università. Armando 23 anni. Mi credeva una ragazzina in un corpo da donna e in nessun modo riuscii ad avvicinarlo.

Per dirla tutta mi ferì anche molto. All’università ebbi finalmente una tanto sospirata libertà perché mi trasferii a 600 km da casa. Eravamo in due nell’appartamento io e Gianluca, che per i miei era in realtà Rossella. Ho avuto sempre mille amiche e conservato grandi rapporti di amicizia, ma le donne si sa tendenzialmente giudicano e sempre giudicano male. Gli uomini invece approfittano, sempre. Fui fortunata. Gianluca era un bellissimo ragazzo siciliano. Al principio ero da sola.

Iniziai i corsi ed iniziai a conoscere la città, ad uscire e a intrecciare amicizie nuove. Finalmente mi sentivo addosso lo spazio esterno. Il primo giorno che arrivò Gianluca mi chiese di accompagnarlo a prendere delle cose di cui aveva bisogno lì intorno perché non conosceva per niente la zona. Preparammo insieme la cena e guardammo insieme la tv. Era molto simpatico e molto filosofo ed infatti si era iscritto a filosofia. Lo provocai molto, soprattutto dopo cena.

Sul divano. Fui brava davvero brava e fu semplice. Inizia con fargli vedere un po’ il seno, avevo un top di cotone bianco e i miei capezzoli induriti erano già belli in vista. Mi eccitava tanto vedere che buttava l’occhio tra un’immagine colta e una persa del film. Quando era già scomodo nella sua seduta mi alzai e fuori dalla sua veduta mi sfilai le mutandine per ritornare a sedermi più vicina così che il mio seno potesse sfiorargli il braccio.

Era teso e avvertivo il calore. Non cedeva perché era spiazzato. Allora mi sdrai su di un fianco seduta com’ero. La mia gonna era sufficientemente salita su da farlo arrossire. Non si muoveva. Mi eccitò da morire il dirgli “ho voglia di scopare, la mia fica è bagnata e tu?” Lui senza tante parole, mi venne addosso come una furia. Ma me lo scopai io, tante volte ed ogni volta ho avuto più e più orgasmi.

E’ stata la mia prima migliore preda e non gli feci prendere nessun vizio. Facevamo sesso solo quando lo volevo io. Era ben dotato ed era a portata di mano soprattutto per questo lo tenevo da parte. Ero un’ottima studentessa, non ho mai perso di vista gli obbiettivi dei miei genitori, non ho mai saltato le lezioni e mancato un esame e non ho mai preso un voto al di sotto di 28. Ero sempre con i capelli legati a coda di cavallo, camicia e pantaloni taglio maschile.

Ero seria. Ogni mattina che uscivo dall’appartamento incontravo il dottor X giù al portone. Capelli nero corvino corti e sempre in ordine, giacca e cravatta inclusi. Era sempre con la sua ventiquattro ore che andava a prendere la metro per recarsi in clinica. Un uomo molto affascinante, quarant’anni separato e senza figli. Perfetto per i miei gusti. Per circa una settimana ci siamo incrociati per strada e guardati. Io ero molto attenta all’orario, non dovevo mancarlo.

Poi il venerdì mattina si diresse lui incontro a me e mi disse “facciamo che sia un appuntamento programmato il prossimo”. Una settimana soltanto perché aveva ventuno anni più di me. Questo mi ha fatto un po’ vacillare all’inizio per un po’ di insicurezza, ma era ancora più stimolante. decisi che prima o poi da lui mi sarei fatta scopare il culo. Io risposi come avevo già pensato di fare, ovvero “facciamo che io abito qui e quando tu rientri passi da me”.

Gianluca era sceso giù in Sicilia per fortuna. Quella giornata non passava mai e più attendevo che facesse buio più la mia eccitazione cresceva. Tutto il giorno sentivo una pulsazione tra le gambe e più volte mi sono masturbata all’idea che mi sarei scopata dott. x quella sera eiaculando anche spesso. E la sera arrivò. Mi aveva scambiata proprio per una brava ragazza. Si aspettava di rivedermi come tutti i giorni mi aveva incontrato, molto castigata, ma non fu così.

Indossavo un minidress nero di seta, elegante e con la schiena scoperta e tacchi a spillo. Niente collant niente reggiseno niente slip. I mie lunghi capelli neri mossi scendevano a cashita sulla spalla, mi sfioravano il capezzolo e questo mi rendeva eccitata e poi non doveva perdersi la mia pelle nuda ambrata. Senza trucco, solo un po’ di mascara. Esordisce con “non mi hai detto neanche il tuo nome” e io chiesi quale nome dovrei avere secondo te? Dea mi disse, e così mi ha chiamata tutto il tempo.

Era proprio un uomo. Dopo qualche minuto dall’ingresso mentre io versavo del vino rosso per entrambi era già dietro di me, a solleticarmi la schiena. Io sono rimasta immobile e lui non ha resistito neanche il tempo che io avevo creduto. La schiena non bastava. Ha cominciato a scendere con le dita, a sfiorare il vestito dicendo che tra la pelle e il vestito non c’era differenza. Le sue dita sono arrivate sulle natiche, mentre io aprivo leggermente le gambe per fare spazio tra le cosce le sue dita hanno preso la strada giusta.

Mi ha trovato completamente bagnata e nuda. Ripeteva sei davvero una Dea. Sei così calda, umida eccitante voglio scopare anche il tuo culo stupendo. Io avevo una mano sulla sua coscia soltanto. Mi ha tenuta ferma incastrata vicino al tavolo, si è tirato giù la lampo dei pantaloni e me lo ha messo tutto dentro. Mi ha riempita completamente. Mi ripeteva di non essere mai stato così duro, di non essere mai stato in un posto così.

Mi ha scopato tre volte da dietro. Ho appena accennato a girarmi tornando inquieta a versare il vino, e lui ancora più eccitato a sfiorarmi la pelle ed accarezzarmi fianchi. Mi giro e il mio seno sotto quella seta era evidente e turgido e le sue mani salgono da sotto il vestito per riempirsi completamente della mia quarta abbondante. Si avvicina di nuovo, tanto e sento ancora l’eccitazione piena e nei suoi baci una morbosità assoluta.

Ha un cazzo enorme che voglio scopare io anche con la bocca. Posa la testa tra il mio seno e lì respira forte emettendo gemiti fino a non farcela più. Mi solleva sul tavolo mi apre le gambe e mi fissa negli occhi dicendomi sei davvero una Dea. Si è vero e tu vuoi scopare ancora questa Dea giusto? E vuoi anche scopare il culo e la bocca di questa Dea? Dovrai fare qualcosa di speciale allora… Farò tutto quello che vuoi.

Quella notte tanti tanti orgasmi, orgasmi adulti. Anche DottX voleva che fossi la sua puttana personale e di nessun altro e così fu. Per un bel po’ di tempo. Andavo da lui io quando potevo e quando avevo voglia di scopare. Alcune volte tutte le sere. A lui faceva impazzire il gioco Dea e DottorX e anche io mi eccitavo molto. Iniziò a farmi dei regali, vestiti specialmente e intimo. Tutte cose che voleva che io indossassi ed io ne ero felice.

Abbiamo giocato tanto ed io ero sempre piena di fantasie. Una volta ci siamo dati appuntamento in un locale al centro. Dovevamo incontrarci come due sconosciuti. Aveva deciso quello che io avrei indossato. Aveva scelto per me una camicia bianca molto stretta con una longuette nera molto stretta, avrei dovuto legare i capelli in una coda come quando mi ha incontrata , tacchi alti e assolutamente nuda per il resto. Mi sono seduta al bar mi ha offerto da bere.

Lui avrebbe dovuto sedurmi e il gioco consisteva nel vedere chi cedeva per primo. Mentre sorseggiavo il mio vino di proposito ho fatto in modo di macchiarmi la camicia. Il suo sguardo è caduto subito sul capezzolo troppo evidente anche per il barista che già era da tempo incollato al mio seno. Il ragazzo del bar continua a guardarmi ed è molto eccitato. E’ molto bello, della serie bello e maledetto ed ha una trentina di anni.

dottX ha notato quegli sguardi e se dapprima si irrigidisce, mi si avvicina all’orecchio e mi sussurra, si voglio vederti godere. Era un fuori programma, ma questo volevo…. Scopare due uomini assieme. Mi basta un cenno per il barista mentre dico al DottX che avrei avuto bisogno del bagno e non mi dà il tempo di raggiungerlo che lo ritrovo dietro di me. Mi spinge dentro e comincia a toccarmi ovunque, mi apre la camicia e si lancia sul mio seno avido come mai.

Mi solleva con le braccia, si apre i pantaloni e me lo mette tutto dentro con tanta violenza e in profondità. Gli propongo di venire a casa con me e il dottore e lui è già schiavo ed acconsente. Eccitatissimo. Il dottX è davvero su di giri in macchina, mentre guida mi mette due dita dentro e continua a masturbarmi fino all’arrivo a casa. gli ho promesso che solo lui può scopare il mio culo.

Dopo dieci minuti arriva anche il barista. È stato il delirio per me avere un cazzo nel culo e uno nella fica. Ho avuto una scarica infinita di eccitazione. Ne volevo sempre di più ed anche loro. Dottx si masturbava e mi chiedeva di prenderglielo in bocca mentre il barista mi scopava da dietro. Ho pensato a cosa mi ero persa fino ad allora. Non ci siamo separati presto. Dottx ha dato le chiavi di casa al barista affinchè la sera potesse arrivare mentre lui si scopava me e poi gli avrebbe dato il cambio.

Una sera ci siamo fermati nel portone avidi di quel sesso immediato e ci siamo ancora di più trovati eccitati dalla possibilità di essere visti. Infatti in quel momento stava passando uno studente più incuriosito dal mio corpo che imbarazzato da ciò che vedeva. Gli mostrai ancora di più il seno e decisi in quel momento che avrei scopato anche lui prima o poi, magari insieme agli altri. Intanto il sesso a tre continuava e scopare così mi piaceva troppo… Invitati lo studente a guardare… Prima me e il dottore e poi a scopare se ne avevo ancora voglia.

Venne mentre il dottx era intento a scopare il mio culo. Venne solo a guardare e a masturbarmi. Poi era il turno del barista. Pensavo che prima o poi avrebbero voluto introdurre un’altra donna. Ma non è mai successo. Erano schiavi entrambi. Pensando di essere padroni. Ma sceglievo io da chi e quando farmi scopare. Fu un po’ una tragedia separarmene, anche perché entrambi non ne volevano sapere. Gli dissi che iniziavo a sentirmi soffocata, che quello che c’era mi piaceva troppo, quasi da farmi paura e volevo concentrarmi di più sullo studio.

Solo l’ultima cosa era una bugia, io non avevo bisogno di studiare di più. Lo facevo già il tempo giusto, ma lui il tempo non bastava mai. DottX mi scrisse una lettera bellissima e d’amore. Io non avevo neanche fatto caso che comunque il tempo che passavamo insieme era fatto anche di risate, di chiacchiere e certe volte di coccole. Non mi ero accorta di aver creato un rapporto di coppia e poi con un terzo incomodo.

E soprattutto non sapevo assolutamente cosa fosse un rapporto di coppia. Nell’ascensore del suo condominio mi scopai anche quel ragazzo che mi aveva visto mezza nuda intenta con dottx. In quindici minuti ne avevo piegato un altro poi ho scelto di andare in un club privé.. Non accompagnata..praticamente lavoravo come troiaio, ma gratis. Sceglievo chi far guardare e chi scopare. Senza legami. Mi piace scopare tutti gli uomini che sembrano dei bastardi e ovviamente devono avere un cazzo grande e un bel corpo.

Se anche non sanno scopare bene, non importa. Ci penso io. Non tutti mi possono leccare la fica. Qualche volta ho permesso a qualche donna di farlo, ma me piace troppo il cazzo duro e enorme. Io non ritorno mai sui miei passi. Quando chiudo chiudo. E quando ho piegato la preda non mi interessa più. Mi sono laureata ed ho superato subito l’esame di Stato. In quella stessa città ho provato ad inserirmi in alcuni degli studi più importanti.

Per l’esattezza cinque. Nonostante i miei voti e le grandi capacità i primi tre mi avevano risposto che non c’era alcun posto vuoto e che erano addirittura in difficoltà, quasi alla chiusura. In effetti era tutto anziano, personale compreso oltre che i capi. Gli altri due mi avevano risposto il classico le faremo sapere con un sguardo da superiore e uno sguardo alle tette. Entrambi erano abbastanza giovani ed affascinanti e quel loro modo di trattarmi da ragazzina alle prime armi mi fece meditare vendetta.

E così feci. Mi vestii dei miei panni privati e tornai da loro. Studio A: con la mia solita coda di cavallo, ma con una gonna corta e una camicia castigata chiusa fino all’ultimo bottone e relativa giacca. Entro e mi fa accomodare. Ma io non accavallo le gambe. Le lascio appena schiuse, mi tolgo la giacca e il mio seno è troppo esuberante per non essere notato. Si allenta la cravatta. Comincia a portarsi le mani alla bocca.

Una mano in tasca indice che il suo cazzo cominciava ad ingrossarsi. Mi sbottono di più la camicia e il seno esce fuori abbastanza, mi lecco due dita e le infilo tra le gambe completamente aperte adesso. Mentre mi masturbo i suoi occhi sono lì alla mia fica e io lo invito a sostituire le dita. Si sbottona e tempo cinque minuti e già lì con la sua lingua su di me e mi scopa forte.

E ancora e di nuovo. Poi gli monto sopra io e non si ricorda più come si chiama. Mi voleva come ingegnere poi. Ho rifiutato subito, non voglio un capo che non riesce a resistere ad una gonna. Mi ha chiesto di tornare comunque e gli ho risposto che una scopata così l’ho trovata tante volte, è acerba. Studio B: la sua segretaria era sua moglie e quindi era stato scorretto con due. Mi feci ricevere e chiusi la porta a chiave.

Questo è stato ancora più stronzo. Ed io sarò più cattiva e lunga nella vendetta. Avevo addosso solo una fascia di pizzo come reggiseno affinchè si vedessero i capezzoli e su una giacca un po’ strettina , gonna di una lunghezza moderata, ma i capelli sciolti che sono il mio pezzo forte quando voglio farmi domare. Mi ha detto subito che si ricordava molto bene di me. E queste sono state le mie uniche parole dopo essermi aperta la giacca: “ti ricordi di me oppure ti ricordi di come hai pensato di mettermi sulla scrivania a gambe aperte per scoparmi? Risata da sornione.

Ma non si muove. Sono in difficoltà? Affatto l’avevo previsto. Mi alzo e lui gira solo un po’ la sedia, sapevo anche questo. Quest’uomo ha bisogno di più parole proprio perché la moglie e di là. Ma lo farò urlare. Mi siedo sulla scrivania e il mio seno è proprio davanti alla sua faccia. Si alza perché è un domatore, ma un domatore eccitato direi dai pantaloni. Io mi mordo le labbra facendo segno di sbottonarsi e gli sfioro il cazzo con un solo dito, si avvicina e mi dice ora non posso.

Puoi, devi perché sono bagnata e voglio essere riempita. Non ti va di scoparti una fresca studentessa? Se vuoi puoi legarmi imbavagliarmi. E così è stato. Era amante del boundage, ma sua moglie non lo accontentava. Solo leccarmi la fica che era completamente scabra lo fece venire. Ed era mio ora comandavo io. L’ho messo a sedere, mi sono girata di schiena, aperto le gambe e con molta lentezza me lo sono messa dentro poco alla volta fino a farle entrare completamente tutto ed ho fatto anche molte soste per non farlo venire.

Ho acceso l’interphone e sua moglie in gran silenzio ascoltava mentre lui diceva cose che lei non avrebbe voluto sentire mai. Scopami così, sei mia, sei la mia puttana, un culo così non l’ho mai visto mi ecciti da morire, ti prego fammi venire, prendilo tutto si così. Voglio sbatterti al muro. Dopo cinque ore di sesso esagerato era ancora lì a volermi prendere alla pecorina perché amava sbattermi mentre mi schiaffeggiava il culo.

Quando stavo per andare via avevo ancora la sua bocca attaccata alla fica e clitoride ancora bollente e molto sensibile, anche dolorante, ma quel successo mi ha dato modo di tornare a casa masturbarmi ancora ed eiaculare alla grande. Per una settimana sono stata tutti i giorni in quello studio a scopare fino a ridurlo ad uno schiavo. Sua moglie l’aveva giustamente lasciato senza se e senza ma. E’ arrivato ad offrirmi fino a duemila e cinquecento euro al mese per lavorare lì.

Ma io gli uomini me li devo scopare quando e come voglio e soprattutto gratis. Serena e la cartoleria di sua madreQuando entravo a comperare i fogli in cartoleria, e ad accogliermi c’era quella bella tipa dai capelli neri e gli occhi verdi, mi sentivo sempre attratto in uno strano gioco di seduzione, anche perché lei era sempre provocante coi suoi vestiti. Mi guardava sempre sorridendo, e mi mostrava sempre tutte le novità con piacere, avendo cura di mettere sempre in evidenza lo spacco del seno, con quelle belle tettone grosse e sode, dove si intravvedeva quella eccitante fossetta in cui immaginavo metterci il mio cazzo.

Serena era solita vestire dei jeans stretti che mettevano ben in vista il suo culo, bello rotondo al punto giusto, di quelli da afferrare e sognare di sbattersi sul cazzo con tanta intensità, per godere alla grande guardando muoversi un corpo eccitante. Serena sembrava quasi compiaciuta dalle mie richieste e, mentre andava alla ricerca dei prodotti di cui le parlavo, frugando nei cassetti e sui ripiani, sculettava allegramente e mi osservava con la coda dell’occhio, per vedere se riuscissi a staccare i miei occhi dal suo culo.

Devo ammettere che, di fronte ad uno spettacolo simile, non potevo in alcun modo opporre resistenza: e così, le fissavo le chiappe ondeggiare, disegnando le traiettorie del piacere davanti a me, invitandomi quasi ad afferrarle il culo tra le mie mani vogliose. ∞Quel lunedì tra fogli e piacereCosì quel lunedì sera, mentre stava per chiudere il negozio ed io ero solo con lei, ho fatto di tutto per far sì che potesse muoversi provocatoriamente davanti a me: e così, lei stette al gioco, finché a un certo punto, mentre stava sistemando alcuni oggetti, le ho infilato la mano nella maglietta cercando le sue tette.

Serena mi guardò vogliosa, si lasciò fare, e iniziando ad eccitarsi, mi disse apertamente di scoparla qui, in cartoleria, nel retrobottega: lei chiuse il negozio, e quindi, mi guidò verso quella stanza che sarebbe rimasta per sempre nella mia mente. Iniziai a strusciarmi a lei, sfregando il mio cazzo al suo bel culo: mi diventò duro in pochi istanti, e più sentivo il suo corpo in contatto con il mio, e più non resistevo all’idea di trombare con Serena su quel tavolo di legno, senza alcun pudore.

Si sollevò la maglietta, quindi levò il reggiseno, mentre io mi sbottonavo i pantaloni e mi sfilavo scarpe e mutande: quindi le afferrai il culo e mi misi a giocare, per poi svestirla in pochi gesti e guidandola al mio cazzo. Me lo scappellò con voglia, lo leccò a dovere, lo fece scorrere tra le labbra e la lingua, e quindi me lo mise tra le sue tette, e mi fece subito capire quale fosse la sua voglia di scoparmi, massaggiandomi il cazzo tra quelle tettone irresistibili.

Le infilai quindi il mio indice nella figa, giocando a penetrarla con decisione, e lei volle che giocassi con il suo clitoride mentre le trapanavo la figa con le dita: le succhiai quindi il clitoride e la sentii svenire dal piacere, mentre mi diceva di essere ancor più deciso. Per eccitarla ancor di più, le misi il mio pollice in culo, e la sentii lasciarsi letteralmente andare: era venuta senza freni, e squirtava soddisfatta, desiderando al di sopra di ogni altra cosa quel mio bel cazzo che lei riteneva veramente perfetto.

∞Nessuna tromba come SerenaLe dissi di scoparmi lei: e non si fece pregare. Mi sdraiai sul tavolo, con il cazzo in fuoco, e lei mi si sedette sopra, girandomi le spalle: quando vidi la sua figa sfregare sul mio cazzo, e quindi lentamente lasciarsi penetrare dalla mia cappella, mi fece perdere la testa. Iniziò a scoparmi, e mentre faceva su e giù sul mio cazzo, con pollice e indice le allargai lo spacco delle chiappe, per assistere allo spettacolo del suo culo che si schiantava sul mio bacino a ogni penetrazione, e la sua figa incendiata che tratteneva il mio cazzo.

Quando poi lei risaliva fino in cima, mostrandomi la cappella che veniva risucchiata dalla sua figa, mi sentivo ogni volta venire: e la imploravo di scoparmi senza sosta, perché sarei voluto venire di fronte a uno spettacolo simile. Così mente la sculacciavo, e lei mi fotteva a dovere il cazzo, sempre con le mie dita ad allargarle il culo, mi ha detto di metterle il pollice in culo: senza farmi pregare di più, lo misi dentro, e lei per tutta risposta mi scopò di colpo più velocemente e profondamente, facendomi venire.

Continuò a muoversi su e giù, lentamente, mente io mi riprendevo – ansimando piano – da quell’orgasmo indimenticabile: la guardai in faccia, lessi la sua soddisfazione negli occhi, e le dissi che mai nessuna mi scopò tanto bene in vita mia… Sorrise, mordicchiandosi le labbra, e si mise un dito in bocca: aveva ancora voglia di cazzo!∞Cosa dice Marco di Macerata:“Ci sono tipe che ti prendono subito, dal primo sguardo, e non riesci a dimenticarle nonostante tutto.

Ecco io quando ho incontrato Serena per la prima volta, già sognavo di scoparmela. Alla fine poi è successo nel negozio, la cartoleria, di sua madre: certo non mi dispiacerebbe tornarci altre volte!”Le calde cosce di LauraLaura era diventata più eccitante che maiEra da tantissimo tempo che non vedevo più quella bella fighetta di Laura, cugina di un mio vecchio amico, che non era molto attizzante in passato ma che ora, dimagrendo un po’, si è fatta veramente interessante.

L’occasione per rivederci è stata la scorsa settimana, che era il compleanno di questo mio vecchio amico, e dato il bel caldo dell’estate, ci ritrovavamo tutti all’aperto a brindare, presi dall’euforia e dalla voglia di festeggiare alla grande. Così, quando l’ho vista arrivare vestita con quella sua camicetta leggera, con quei sandali e quei piedi ben curati, e l’occhio mi è scivolato sulle sue gambe, mi son accorto che aveva un bel paio di legging grigi che le stringevano perfettamente le cosce.

E quando ho notato il suo interno coscia così provocantemente liscio e bello tonico, mi è venuto subito un groppone alla gola, perché mi immaginavo già con la testa tra le sue gambe, con tanta voglia di esplorare il piacere con lei. Così, mentre gli altri invitati si ingozzavano a più non posso tra dolci, stuzzichini e bicchieri, con Laura abbiamo iniziato a parlare, e lei si è accorta che la guardavo in modo insolito, pieno di desiderio, come mai avevo fatto in precedenza.

Mi disse che avrebbe voluto cambiare un po’ le cose in casa sua e, mentre il cugino si avvicinò a noi per parlare, mi disse di andare con Laura a vedere come era stato rifatto il suo soggiorno, per capire al meglio quali fossero le idee della giovane. ∞Quell’istante trascorso da solo con LauraDopo aver visto e rivisto le nuove poltrone e il divano, Laura mi diceva che avrebbe voluto prendere qualche spunto anche guardando le stanze ai piani superiori, e così salendo le scale, mi son accorto ancor meglio di quanto fosse attraente.

Il suo bel culo era fasciato in un bel paio di legging, aveva un bel perizoma, ma la camicetta leggera e setosa creava un intrigante gioco di trasparenze, e mentre camminava, mi accendeva sempre più il desiderio, tant’è vero che me ne stavo dietro di lei a una certa distanza. Distraendomi per rispondere a un messaggio arrivato sul cell, non mi ero accorto che si era fermata sulle scale e, così, son inciampato su di lei appoggiandomi sul suo bel culo e facendola cadere, senza che si facesse comunque male a causa della caduta.

Dopo essersi messa a ridere di gusto, e guardandomi meglio con quei suoi occhi marroni profondi, e con un sorriso pieno di desiderio, si è voltata verso di me per baciarmi, e non ho saputo resistere alla sua iniziativa, prendendo a limonare con lei. Rialzandoci dalle scale, ci siamo ritrovati in pochi istanti nella camera del cugino e, lì, l’ho letteralmente buttata sul letto, spingendola, senza che si opponesse e anzi dimostrasse tutta la sua voglia incitandomi a farla sentire viva e piena di passione.

∞Nella stanza di suo cugino a trombare con leiDopo averle levato i sandali, leccato dolcemente i piedi e sfilato reggiseno e camicetta, ho preso ad accarezzarle dolcemente i capelli, guidandole l’indice sinistro alla sua bocca, per poi ribaciarla e stringerla a me, cercando con passionalità i suoi legging, levandoli, e arrivando con le dita a giocare attorno alle sue grandi labbra. Una volta levato il perizoma, ho preso a leccarle dolcemente l’interno cosce, le sue grandi labbra, e quindi anche attorno al suo ano, sentendola gemere sempre di più, desiderosa di abbandonarsi a tutte le mie attenzioni, e di sentirsi veramente voluta.

Con il mio pollice e l’indice, mi son fatto strada nella sua figa, giocando amabilmente e sentendola sempre più calda e bagnata: dopo averla leccata e succhiata con decisione, mi son quindi concentrato di nuovo sul suo interno cosce, provocandola con morsi e succhiandola. Laura era ormai giunta al massimo del desiderio e così, adagiandosi comodamente sul letto, ha cercato il mio cazzo senza esitazione, e trovandoselo duro già in mano, ha preso a spompinarmelo giocando a succhiarmelo in punta e a farla scivolare tra le sue labbra, come fosse un leccalecca.

In un paio di minuti, con tanta passione, mi ha fatto venire tra le sue labbra, facendola soddisfare ancor di più col mio seme: a quel punto, lasciandosi prendere in braccio, si è sistemata a pecorina e, vogliosa, mi ha implorato di riempirla di piacere. Con il cazzo voglioso e ormai pronto a resistere a lungo, mi son fatto strada tra le sue grandi labbra, sentendole caldissime e bagnate, e pronte a sfregare così amabilmente attorno alla mia cappella, facendomi sentire in paradiso ad ogni movimento …Con la mia lingua costantemente in bocca, Laura mi ha chiesto di fermarmi e, quindi, ha preso lei il comando del gioco: con il mio cazzo ormai infuocato, era lei a sbattere rumorosamente il suo culo sul mio bacino, fottendomi il cazzo con una passione unica e venendo a più riprese mentre la sgrillettavo sul clitoride.

Dopo un quarto d’ora di estasi, mi sentivo la cappella stretta dal godimento, e lasciandomi andare alla sua ultima spinta, le ho riempito la figa di sborra, sentendomi solo desideroso di bere con lei dello champagne…Rivestendoci in fretta e risistemandoci a dovere, abbiamo ripreso a guardare i mobili in salotto, mentre qualche invitato stava risalendo andando in cerca del bagno: senza che qualcuno si accorgesse della nostra assenza, ci scambiammo di nascosto i numeri, tornammo tra gli altri, promettendoci di ritrovarci per nuove avventure.

Il vestito rosa ed i collantPoco prima della partenza per le vacanze aveva comprato un vestitino leggero rosa di stoffa morbida; di quelli che pur non essendo un tubino, rimangono piuttosto aderenti su fianchi e cosce. Nonostante durante il soggiorno avessimo fatto più volte l’amore, la mia mente già fantasticava in merito a quell’indumento, così, la sera del nostro rientro, finito di cenare e sapendo che poi avremmo fatto sesso, le inviai il messaggio “Vestitino rosa, scarpe col tacco e collant chiari…”Sicuramente si incuriosì per il fatto di averle chiesto i collant: sa bene essere le autoreggenti la mia passione principale fra la biancheria sexy da indossare quando facciamo sesso e non.

Così mentre si accingeva a cambiarsi, gliene inviai un altro con scritto:“Ovviamente niente sotto”Mentre si preparava, mi spogliai completamente e mi misi ad aspettarla sul divano in salotto menandomi il cazzo al pensiero di quel che mi attendeva. L’eccitazione crebbe quando sentii avvicinarsi il rumore dei tacchi che aveva indossato; finalmente entrò nella stanza e mi si avvicinò mostrando le calze color carne chiaro che aveva scelto e che donavano una particolare lucentezza alle gambe.

Fece per chinarsi e toccarmi il membro quando la fermai e le chiesi di portarsi a ridosso del tavolo e mostrarsi meglio; con veemenza e una camminata sensuale ubbidì appoggiandosi fra le due sedie. “Girati di spalle e mostrami sotto” le dissi; quindi si voltò e appoggiandosi al tavolo, alzò il vestito rosa mostrando il sul bel culo avvolto nelle calze: come le avevo scritto prima, sotto non aveva indossato nulla. “Ora abbassati le calze e inizia a bagnarti il culo” aggiunsi poco dopo.

Ancora una volta esaudì le mie richieste eccitandosi sempre di più e inumidendosi il buchetto passando con le dita più volte la saliva: Sicuramente si aspettava che all’improvviso mi sarei alzato e avrei iniziato a sodomizzarla con impeto, invece le chiesi di risistemarsi e raggiungermi su divano. Iniziammo finalmente a baciarci e accarezzandole le gambe fino all’inguine constatai che in mezzo alle cosce era bagnatissima. Fu così che le chiesi di esaudire un altro mio sogno: la portai in bagno e sedendomi per terra la avvicinai al mio volto alzandole la gonna.

“Voglio vederti pisciare addosso…. ”“Con le calze su?” chiese con un sorriso malizioso. “Si…. ” risposiNon dovetti aspettare molto che piegando in avanti le gambe iniziò a farsi colare la pioggia dorata fra le cosce e il mio petto cercando il avvicinare il mio viso al suo sesso il più possibile. Dopo 3-4 fiotti si girò e, abbassandosi i collant, mi mise il culo in faccia chiedendomi di leccare tutto: le passai la lingua tra la figa e il culo penetrandola più volte e assaporando quel misto di sapori fortissimi.

Ormai non ce la facevamo più entrambi e dopo esserci rinfreshiti e lavati ci buttammo sul letto dove la penetrai in più posizioni facendola godere più volte. Sentiva che il mio membro stava quasi per esplodere quindi mi disse: “Che ne dici se mi vieni tutto addosso e poi mi fai leccare tutto il tuo sperma?” “Ok,” risposi “ma con una variante che deciso io…. ”Incuriosita ancora una volta per cosa potessi riservarle, acconsentì.

“Vai a prendere il vassoio di metallo”, ordinai. Mi guardo con aria sospettosa intuendo probabilmente già cosa avevo in mente e sapendo che era una pratica che non piacendole molto, si era sempre rifiutata di concedere. Iniziò quindi a segarmitenendo il vassoio sotto al mio membro finché non lo inondai completamente. La presi per i capelli e avvicinai la sua testa al vassoio ordinandole di leccare ciò che vi trovava. Dopo la terza leccata la feci chinare a pecorina sul letto appoggiando il seno al vassoio e iniziai a leccarle e a masturbarle con le dita il culo.

Una volta che il mio pene fu tornato turgido come prima la inculai per un bel pezzo fintanto che non le scaricai dentro la seconda sborrata della serata. Ci sdraiammo quindi uno di fianco all’altro e senza dirci nulla sono convito che entrambi pensammo quanto fosse stato utile quel vestito rosa quella sera. La bibliotecaria Riccardo era solito recarsi in biblioteca per consultare vecchi testi di cui in libreria era impossibile perfino rintracciare l’autore.

Era a tutti gli effetti un drogato di letteratura. Amava i libri più d’ogni altra cosa. Leggeva praticamente di tutto, ma non avendo molti soldi, preferiva affittare i libri, piuttosto che comprarli. Da qualche settimana aveva messo gli occhi sulla nuova addetta all’archivio generale. Era una donna sulla quarantina, media statura, pelle olivastra, capelli neri ed occhi verdi. Si domandava se avesse scelto quel lavoro per vocazione o per semplice necessità, perché non tutti veneravano i libri con la sua stessa ed intensa passione.

Quel giorno era alla ricerca di un volume che non riusciva a trovare da nessuna parte. L’aveva cercato decine di volte sul gestionale della biblioteca, ma qualcuno doveva averlo riposto male e quando succedeva una cosa del genere, era un po’ come cercare un ago in un pagliaio. -Ti vedo spaesato, vuoi una mano?Riccardo si voltò e riconobbe immediatamente l’addetta all’archivio generale. Si chiamava Gemma o almeno quello era il nome scritto sulla targhetta che portava appuntata al maglione.

-Sì, ma non volevo disturbare nessuno. – rispose lui, timido come al suo solito. -Quale disturbo… io amo il mio lavoro. – rispose la donna, rispondendo anche alle sue fantasie. -Anche io l’amerei. Lavorare in mezzo ai libri dev’essere fantastico. Comunque, il libro è “Il tempio di Beleth”. -Gran bel libro. -Lo so… volevo rileggerlo. Ci sono cresciuto con quel libro. – sorrise. -Dovrebbe trovarsi nello scaffale undici A. -Non c’è. -Ah, l’avranno riposto male.

-Come al solito. -Guarda, siccome ne abbiamo due copie, forse potrei averne una nell’archivio; ti piacerebbe visitarlo? È per soli addetti, ma per te possiamo fare una piccola eccezione. Era un sogno che si avverava. Avrebbe visto l’archivio della biblioteca e sarebbe restato da solo in una stanza con Gemma; non poteva davvero credere alle sue orecchie. -Certo che mi piacerebbe visitarlo. S’incamminarono verso quella porta azzurrina, tra le file di studenti e feticisti dei libri, avvicinandosi sempre di più, quasi come se desiderassero entrambi che i loro corpi si sfiorassero.

Gemma chiuse la porta dell’archivio, mostrando a Riccardo tutti quei libri antichi. -Io ti sogno da dieci giorni. – disse, guardandolo negli occhi. -Cosa? Sono io che ti sogno da due settimane. -Senti, possiamo baciarci e non parlare? Ci sono già così tante parole in questo posto. – domandò lei. Riccardo la baciò, spingendola verso una pila di manuali sul mesmerismo. Aveva delle tette molto sode, probabilmente rifatte, ma comunque sode. -Toccami la figa.

– disse lei, infilando una mano nei suoi pantaloni. Riccardo superò la gonna della donna ed iniziò a masturbarla per farla bagnare. Quando il pene del ragazzo divenne di marmo, Gemma strappò i suoi collant, dicendo -Infilamelo e fammi male. Non gli era mai successa una cosa del genere. Una donna adulta si stava facendo scopare nell’archivio di una biblioteca. Infilò il suo pene dentro di lei ed iniziò a pompare lentamente. Voleva fare l’amore e non del semplice sesso.

-Dio, sì… continua così. Mi fai impazzire. Aveva una sensibilità vaginale fuori dal comune, bastava toccarla un secondo per farla eccitare fino a perdere il totale controllo del suo corpo. -Scopami, scopami. Non ti fermare. – disse, facendo cadere una raccolta di Eschilo dai classici grechi. -Quanto sei fica. -Dimmelo ancora. -Quanto sei fica. – disse nuovamente, sborrandole dentro. Non era riuscito a trattenersi ed era venuto dentro di lei, scaricandole tutto il suo sperma nella sua figa bagnata.

-Tranquillo… non credo che rimarrò incinta. -Mi dispiace. Volevo farti venire. -Beh, puoi sempre leccarmela. – rispose Gemma, spingendolo ai piani inferiori. Di tanto in tanto i sogni diventavano realtà e ti potevi ritrova con la faccia immersa nella vagina di una donna matura, all’interno di una biblioteca, diventando il tuo personale eroe. Una strafiga in cartoleriaQuando entravo a comperare i fogli in cartoleria, e ad accogliermi c’era quella bella tipa dai capelli neri e gli occhi verdi, mi sentivo sempre attratto in uno strano gioco di seduzione, anche perché lei era sempre provocante coi suoi vestiti.

Mi guardava sempre sorridendo, e mi mostrava sempre tutte le novità con piacere, avendo cura di mettere sempre in evidenza lo spacco del seno, con quelle belle tettone grosse e sode, dove si intravvedeva quella eccitante fossetta in cui immaginavo metterci il mio cazzo. Serena era solita vestire dei jeans stretti che mettevano ben in vista il suo culo, bello rotondo al punto giusto, di quelli da afferrare e sognare di sbattersi sul cazzo con tanta intensità, per godere alla grande guardando muoversi un corpo eccitante.

Serena sembrava quasi compiaciuta dalle mie richieste e, mentre andava alla ricerca dei prodotti di cui le parlavo, frugando nei cassetti e sui ripiani, sculettava allegramente e mi osservava con la coda dell’occhio, per vedere se riuscissi a staccare i miei occhi dal suo culo. Devo ammettere che, di fronte ad uno spettacolo simile, non potevo in alcun modo opporre resistenza: e così, le fissavo le chiappe ondeggiare, disegnando le traiettorie del piacere davanti a me, invitandomi quasi ad afferrarle il culo tra le mie mani vogliose.

Così quel lunedì sera, mentre stava per chiudere il negozio ed io ero solo con lei, ho fatto di tutto per far sì che potesse muoversi provocatoriamente davanti a me: e così, lei stette al gioco, finché a un certo punto, mentre stava sistemando alcuni oggetti, le ho infilato la mano nella maglietta cercando le sue tette. Serena mi guardò vogliosa, si lasciò fare, e iniziando ad eccitarsi, mi disse apertamente di scoparla qui, in cartoleria, nel retrobottega: lei chiuse il negozio, e quindi, mi guidò verso quella stanza che sarebbe rimasta per sempre nella mia mente.

Iniziai a strusciarmi a lei, sfregando il mio cazzo al suo bel culo: mi diventò duro in pochi istanti, e più sentivo il suo corpo in contatto con il mio, e più non resistevo all’idea di trombare con Serena su quel tavolo di legno, senza alcun pudore. Si sollevò la maglietta, quindi levò il reggiseno, mentre io mi sbottonavo i pantaloni e mi sfilavo scarpe e mutande: quindi le afferrai il culo e mi misi a giocare, per poi svestirla in pochi gesti e guidandola al mio cazzo.

Me lo scappellò con voglia, lo leccò a dovere, lo fece scorrere tra le labbra e la lingua, e quindi me lo mise tra le sue tette, e mi fece subito capire quale fosse la sua voglia di scoparmi, massaggiandomi il cazzo tra quelle tettone irresistibili. Le infilai quindi il mio indice nella figa, giocando a penetrarla con decisione, e lei volle che giocassi con il suo clitoride mentre le trapanavo la figa con le dita: le succhiai quindi il clitoride e la sentii svenire dal piacere, mentre mi diceva di essere ancor più deciso.

Per eccitarla ancor di più, le misi il mio pollice in culo, e la sentii lasciarsi letteralmente andare: era venuta senza freni, e squirtava soddisfatta, desiderando al di sopra di ogni altra cosa quel mio bel cazzo che lei riteneva veramente perfetto. Le dissi di scoparmi lei: e non si fece pregare. Mi sdraiai sul tavolo, con il cazzo in fuoco, e lei mi si sedette sopra, girandomi le spalle: quando vidi la sua figa sfregare sul mio cazzo, e quindi lentamente lasciarsi penetrare dalla mia cappella, mi fece perdere la testa.

Iniziò a scoparmi, e mentre faceva su e giù sul mio cazzo, con pollice e indice le allargai lo spacco delle chiappe, per assistere allo spettacolo del suo culo che si schiantava sul mio bacino a ogni penetrazione, e la sua figa incendiata che tratteneva il mio cazzo. Quando poi lei risaliva fino in cima, mostrandomi la cappella che veniva risucchiata dalla sua figa, mi sentivo ogni volta venire: e la imploravo di scoparmi senza sosta, perché sarei voluto venire di fronte a uno spettacolo simile.

Così mente la sculacciavo, e lei mi fotteva a dovere il cazzo, sempre con le mie dita ad allargarle il culo, mi ha detto di metterle il pollice in culo: senza farmi pregare di più, lo misi dentro, e lei per tutta risposta mi scopò di colpo più velocemente e profondamente, facendomi venire. Continuò a muoversi su e giù, lentamente, mente io mi riprendevo – ansimando piano – da quell’orgasmo indimenticabile: la guardai in faccia, lessi la sua soddisfazione negli occhi, e le dissi che mai nessuna mi scopò tanto bene in vita mia… Sorrise, mordicchiandosi le labbra, e si mise un dito in bocca: aveva ancora voglia di cazzo!Porno ChicStesa sul letto completamente nuda, mentre si toccava lentamente tra le gambe, era molto invitante, sembrava una ragazzina che aspettava con ansia di fare sesso e lo stava facendo… sesso, solo che stava “scopando” con sè stessa! Si vedevano chiaramente le sue dita scivolare dentro e fuori la sua vagina ricoperta da una lieve peluria, il sonoro era davvero eccitante, si percepiva solamente quel “rumore” tipico che solo delle mani che escono ed entrano avanti e indietro dentro una fica già bagnata.

Non sembrava avere fretta di venire la ragazzina, era evidente che cercava un piacere più profondo piuttosto che raggiungere un orgasmo in pochi minuti solo per il gusto di dare spettacolo a chi la stesse osservando. Che volesse godere di brutto lo si capiva da come si toccava lentamente in ogni parte del suo giovane corpo: partiva dal seno per poi scivolare verso la “zona” fica e quindi ritornare su per strizzare i suoi capezzoli.

Un gioco che faceva più volte per eccitarsi ed eccitare lo spettatore, in questo caso io. E ci stava riuscendo, ad eccitarmi, sentivo ogni minuto che passava crescere il mio uccello dentro gli slip. Lo spettacolo nel totale non durava molto, poco più di cinque minuti, culminando con lei che alla fine si sofferma un'ultima volta tra le sue gambe e sgrilettandodefininitamente la sua giovane fica, raggiunge l'orgasmo. La sua schiena si inarca, dalla sua bocca diversi gemiti escono confermando il godimento e le sue dita che sempre più velocemente escono ed entrano dal buco della fica, concludono la masturbazione avvicinandosi al suo viso facendosi strada tra le labbra di lei che dolcemente lecca assaporando i suoi umori.

Lo spettacolo era stato davvero eccitante, stavo io stesso per segarmi, se non fosse che lei, Giada, mi chiese espressamente cosa non andava nel filmato per non essere stato accettato dal sito che gli avevo suggerito, ed io essendo già in ritardo per la risposta, non potevo permettermi altri svaghi tra i quali masturbarmi sul suo stesso Video. Conosco Giada da sei mesi, ci siamo “incontrati” in Rete, Internet insomma, per passioni comuni su un sito per adulti abbastanza conosciuto.

Tra i nostri Hobby in comune, avevamo quello di condividere video, foto ed esperienze personali, inserendo questi nostri contenuti su qualche portale, appunto, per maggiorenni… Hard o luci rosse se preferite il vecchio linguaggio. A Giada avevano rifiutato almeno un paio di video e vedendoli attentamente, sembravano “puliti”: non si maltrattavano a****li, non c'erano scene di violenza, non si vedevano persone pisciare, insomma… un video Hot come tanti altri. Solo che a differenza di tanti altri, questo (ma non solo) erano stati rifiutati e per di più senza una motivazione che gli (ci) facesse capire quale fosse il problema.

Si, perchè ormai i portali per adulti avevano (hanno) preso la direzione secondo la quale “il sito è mio, faccio come mi pare ed a te non ti devo spiegazioni”, punto! Il che non sarebbe nemmeno sbagliato, se la casa è loro, ci fanno entrare chi vogliono, un po' come diceva qualcuno “la carrozza è mia e ci faccio salire chi mi pare”. Tutto OK, tutto lecito, sono d'accordo, se non fosse che le regole dovrebbero essere uguali per tutti, ma così non era (è).

Buttando un occhio ai vari siti che avevano rifiutato il suo filmato, avevo notato che gli stessi avevano in archivio foto di ragazze dall'età ed atteggiamenti molto discutibili, uomini che urinavano sulle donne o scene sado maso decisamente spinte e questo solo per fare qualche piccolo esempio. Ma voglio portare alla vostra attenzione un altro episodio prima di entrare nel dettaglio della storia, giusto per non cadere nella trappola o nella diceria “eh… vabbè, adesso per un singolo caso vogliamo fare di tutta un'erba un fascio?”.

No, appunto!Parliamo di un altro filmato, allora. L'ultimo girato è stato questa estate (2017) su una spiaggia un po' isolata. Ero con un'amica che chiameremo Alessia, anche lei abbastanza libera sessualmente e gli propongo di girare una piccola Clip erotica. Cerchiamo quindi un posto tranquillo ma non troppo, l'idea di essere scoperti comunque aiutava nell'eccitazione ed iniziamo a fare sesso, più o meno, in realtà gli chiedo di segarmi. Ma prima posizioniamo i nostri Smartphone (dettaglio importante) in due posizioni differenti, il mio su un lato in modo da riprendermi appunto lateralmente ed il suo frontalmente a me.

Ve la faccio breve: io sono in piedi, poco lontano da me le onde fanno da colonna sonora al video e lei è in ginocchio davanti a me. Dopo pochi minuti, tra lei che mi accarezza l'uccello, alternato da momenti in cui lo prende in bocca, ed io che gli tocco le tette, ovviamente il cazzo mi diventa duro e le palle si gonfiano. Sento che sto per venire e mi preparo a dare spettacolo per il video.

Qualche secondo prima di sborrare, sfilo il cazzo dalla bocca di Alessia, lascio che entrambi i cellulari lo riprendano bene, frontale e di lato, ed inizio l'atto finale che mi porterà alla schizzata. Lo rimetto in bocca ad Alessia, afferro ora con le mani la sua testa e guido i movimenti avanti ed indietro lungo il mio uccello. Sento lo sperma salire lungo l'asta e… finalmente vengo, la spinta dello sperma fa togliere la bocca di Alessia dal mio cazzo, un secondo spruzzo la centra in pieno viso, sul naso, poi se lo riprende in bocca, ormai preparata alle sborrate le gestisce sputando fuori lo sperma mentre gli vengo dentro piú volte.

Quindi prima di svuotarmi completamente, guido la sua mano lungo la mia asta per suggerirgli di continuare a segarmi e schizzo i restanti getti di sperma sul suo seno… cinque, sei, sette, otto sborrate che colano lungo lo spacco delle sue tette. Questo è grosso modo quello che è accaduto tra me ed Alessia quella mattina, ma quando la settimana dopo ho messo in Rete il video “finito” e montato, quasi (anche qui sottolineo “quasi”, poi mi spiegherò meglio) nessuno dei portali decise di inserirlo nei suoi archivi, insomma come si dice in gergo, di pubblicarlo!Ora i casi erano due e sembravo un di C.

S. I. in cerca della soluzione, ma che brancolava nel buio. Cosa non andava in questi video? Cosa non quadrava nei clip dove c'ero io, Chase appunto, Alessia e quello di Giada? E tornando a Lei, che fondamentalmente mi ha dato la spinta e forse l'input per andare a fondo a tutta la questione, perchè non riusciva a mettere su internet il suo filmato?La domanda finale quindi era: perchè il video di Giada non andava bene? Ha un bel fisico, un gran bel fisico, forse un po' acerbo per la sua età, ma pur sempre una bella ragazza che chiunque farebbe carte false per scoparsela, io stesso la ritengo una delle ragazze più belle che abbia conosciuto.

Nel video poi appariva solo lei, distesa nuda sul letto che si masturbava per la gioia di chi la osservava. Di conseguenza mettere “on line” lei che si tocca, significava avere molta pubblicità per gli inserzionisti. Dove sbagliava la ragazzina?L'illuminazione arrivò il giorno dopo, come sempre quando meno te lo aspetti. Torno a casa, rimetto il suo filmato e lo guardo con occhi nuovi:«ecco perchè non è stato accettato, ed ecco perchè sono stati rifiutati quello mio e di Alessia» dico a me stesso osservando lei che si masturba, «come ho fatto a non capirlo prima» dico a me stesso mentre afferro il cellulare e compongo il numero di Giada.

i****to tra mamma e FiglioCiao sono Pietro, ho 19 anni, sono alto 1,80. Posso dire di piacere alle mie coetanee, ma non posso dire che loro siano il massimo. Ho un “problema” bello grande, mi piacciono da matti le donne più mature, dalla quarantina alla cinquantina. Magari prosperose, ma non disdegno altri di corporature. Certo è che ne amo una in particolare: mia madre. Anna, 49 anni con alle spalle molte storie d’amore che si susseguono dopo che ha divorziato con mio padre.

Mia mamma è una bella donna, certo l’età lascia i suoi segni ma ha un quarta abbondante di seno e un culo non troppo sodo ma nemmeno ormai pieno di smagliature e cellulite. Le tette poi sono un qualcosa di meraviglioso, essendo lei bassina (circa 1,65) queste sembrano ancora più grandi. È una donna che non ha timore nel mettersi in mostra, anzi probabilmente ama stare sotto i riflettori e per questo molto spesso si veste in maniera succinta.

Questo non fa altro che farmi diventare duro il cazzo, certi giorni convivere con lei è davvero impossibile, alla fine mi tocca andare più volte a masturbarmi con alcune sue foto in costume o in abiti con belle scollature. Da qualche giorno però mi è venuta la voglia di provare ad osare, andare oltre i limiti del moralmente accettato dalla società. Voglio andare a letto con mia madre, o almeno baciarla o vederla nuda.

Le vacanze estive fanno al caso mio, decido di non partire con gli amici e di proporre una settimana di relax a mia madre, solo noi due da perfetta famiglia. Un bel viaggetto, in una località del sud vicino al mare. Lei accetta, alla fine che c’è di male? Per ora nulla. LA VACANZA: Arriviamo davanti alla casa presa per una settimana, tempo di pagare la proprietaria e subito la prima sorpresa per mia madre: c’è solo un letto matrimoniale.

Avevo scelto la casa proprio per questo motivo, avrei avuto dalla mia parte la scusa che ci costasse di meno rispetto ad altre abitazioni. Nessun problema nemmeno qui alla fine, in vacanza ci si adatta. Fa molto caldo, e non c’è il condizionatore e nemmeno il ventilatore. Meglio così, bisognerà essere vestiti il meno possibile. Decidiamo di scendere subito in spiaggia, tempo di disfare velocemente le valigie e metterci il costume e si corre in spiaggia.

Vado in bagno e mi cambio, esco e trovo mia madre già in costume. Pezzo unico, nero. Le sue tette sembrano ancora più grandi, e i capezzoli si intravedono. “Amore come ti sembra questo costume? A me pare che mi faccia sembrare più grassa””Mamma tranquilla sei bellissima così, e poi questa settimana sei tutta mia, meglio non attirare gli sguardi di qualche possibile ammiratore” Ci mettiamo a ridere, si avvicina e mi da un bacio sulla guancia.

“Dai scendiamo in spiaggia” Arrivati in spiaggia, mi butto subito in acqua e dopo pochi minuti mi raggiunge anche lei. Gli vado incontro e l’abbraccio, la bagno e quindi si arrabbia e per rendere ancora più divertente il tutto l’abbraccio ancora più forte. Lei ormai non pensa più al essersi bagnata ma solo che è in acqua con me. Io invece sento le sue tettone sbattermi contro il petto, e in un attimo il mio cazzo diventa come di marmo.

Nel frattempo ritorna sulla spiaggia e inizia a prendere il sole. Io esco dall’acqua e noto con piacere che è sdraiata di pancia, mettendo in mostra il suo lato B. Non posso più trattenermi, ormai l’erezione è palese. “Mamma io vado a fare un giro e poi vado a prendere il mio olio abbronzante, l’ho dimenticato in casa” La prima scusa per correre a casa e segarmi con le sue foto. “Ok, torna il prima possibile”.

Vado a casa, corro in bagno e ancora con il cazzo duro mi sego e sborro guardando l’immagine di mia madre in un abito nero scollato che lascia intravedere praticamente tutto. La giornata fila via normalmente, qualche erezione ogni tanto ma nulla di più. “Mamma ti va di uscire sta sera? Magari andiamo a mangiare fuori, ti va?” “Perché no, almeno uso un bel vestito che ho comprato settimana scorsa”Si fa sera, e alle 10 usciamo fra le vie del paese.

Lei vestita con un abito rosso, un unico pezzo, ed ovviamente la solita scollatura. “Mamma sei bellissima sta sera”“Dai smettila di prendermi in giro” ridendo e sorridendomi. “Ma dai non ti prendo in giro, sei proprio bella con questo vestito, faresti perdere la testa a chiunque”“Anche a te?”“Beh … si anche a me!”“Ma dai, se ti faccio perdere la testa io figurati la ragazze della tua età”“Mamma non pensare che l’età sia un fattore per determinare la bellezza, tu sei molto più bella di molte mie compagne di classe.

Hai quasi 50 anni ma fisicamente non hai nulla da chiedere. ”“Ma sei che sei proprio un romanticone” Si avvicina e mi da un bacio sulla guancia. La serata continua come se nulla fosse successo, torniamo a casa e ci mettiamo quasi subito a dormire. Lei si toglie il vestito e rimane completamente in biancheria. “Non penso ti dia fastidio che dorma così, fa troppo caldo altrimenti. ” “No figurati, anzi anche io adesso mi metto in in mutande, fa davvero troppo caldo!”Spegne la lampada e rimane solo la luce della finestra, mia mamma mi da le spalle e il suo bel culetto è praticamente a pochi cm da me.

Non posso che guardarlo, aspettando che si addormenti. Quel momento arriva e prendo una decisione fortissima, mi tolgo le mutande e inizio a toccarmi. Una sensazione pazzesca, mai provata fino ad ora. Mia mamma era con il culo in mostra e io ero li che potevo guardarlo a pochi cm. Sfiorarlo, e forse toccarlo. Tutto ad un tratto si gira, riprendo istantaneamente i boxer e provo a coprirmi. Per fortuna non è sveglia, si è solo mossa nel sonno.

Forse è la cosa migliore che potesse capitare, ora ho di fronte quello che ho sempre desiderato: il suo seno e le sue gambe che mi porteranno dove volevo andare. Il cazzo è sempre più duro, ora devo solo andare a sborrare in bagno. La sega più bella della mia vita. Non ho bisogno nemmeno del telefono, perché si vede anche lasciando la porta aperta la sua figura nel letto. Stanchissimo torno a dormire nel letto, con i boxer addosso e un cazzo che comunque non ne vuole sapere di non stare sempre sugli attenti.

La mattina dopo mia madre mi sveglia, e mi prepara la colazione. Mi chiede subito dopo di aiutarla a scegliere quale costume mettersi. Mi propone un due pezzi bianco, un trikini a fiori oppure un costume intero ma con una scollatura. “Guarda mamma mi piacciono tutti, però non so come ti stanno addosso. Se vuoi un mio parere devo vederli addosso. ”“Va bene!” E come in un lampo si sfila le mutande e il reggiseno con cui aveva dormito.

“Mamma guarda che puoi andare in bagno a cambiarti” “Senti Pietro, ormai non penso ti faccia problemi a vedermi nuda o sbaglio?” “In che senso mamma?” “Nel senso che quello che hai fatto ieri notte, non me lo sono lasciato sfuggire! Ti sei divertito?” Era incredibile quello che stava succedendo, lei aveva visto che mi ero toccato davanti a lei e non aveva fatto nulla per bloccarmi. “Mamma ti posso spiegare” “Non c’è nulla da spiegarmi, lo hai detto tu che sono una bella donna.

Anzi mi fa piacere tutto questo, vuol dire che lo pensavi davvero che fossi bella” “Mamma tu sei fantastica, ti giuro non lo farò più” “Certo che non lo farai più, perché lo farò io al tuo posto. Voglio essere desiderata, voglio divertirmi con qualcuno che amo davvero, e dopo tuo padre ci sei stato soltanto tu. Con gli altri uomini è sempre stata una cosa occasionale. Con te però sarà diverso”. Si sfila definitivamente la lingerie e io inizio a guardarla intensamente.

Aveva delle tette meravigliose come avevo sempre pensato. Appena sotto, vedevo la sua dolce amichetta. Completamente pelosa. Era rimasta all’antica, per la prima volta vedevo un cespuglio e non una figa rasata. Ovviamente il mio cazzo stava esplodendo. Lei non poteva non vederlo. “Oggi è l’inizio di una settimana che per te sarà durissima, e sai come si inizia?”. Si accovaccia e mi toglie finalmente le mutande, ora il mio cazzo durissimo gli sbatte praticamente in faccia.

“È lungo come quello di tuo padre, ma è molto più grosso, se devo dirla tutta è uno dei più grossi. Ora rilassati e lasciami fare tutto a me. ” Mette la mano sul mio cazzo e inizia a sfiorarlo, poi lentamente inizia a baciarlo con rapidi bacetti. Già sono pieno di sborra, che sta salendo sempre di più. Lei continua fino a che non lo mette in bocca, poco alla volta fino ad ingoiarlo tutto.

“Mamma voglio sborrarti sulle tette, lo sogno da sempre” “Allora quando vuoi, prendi e sborrami dove desideri” Tempo 5 minuti, stavo ormai per venire. “Mamma vengo, e voglio che prendi le tue tettone e mi dici di sborrarci su. “Si si, dai sborrami le tette Pietro. Lo desidero più di altra cosa. ” La inondaii, come mai prima d’ora. Sarebbe stata una lunga settimana. Lunga e dura. Sesso con sconosciuti al cinema Siamo sposati da cinque anni e Luca, mio marito, ha una fantasia erotica sfrenata che mi diverte e mi sorprende piacevolmente: gode nel vedermi godere fra le braccia di altri.

Come qualche giorno fa. Sono sola in casa e lui è al lavoro, mi chiama nel primo pomeriggio e dice di essersi liberato dall’ufficio. Mi chiede se mi va di giocare, mi invita a vestirmi molto sexy e raggiungerlo in un cinema a luci rosse. Lui sarà già dentro ad aspettarmi con delle piacevoli sorprese. L’invito mi sorprende, mai eravamo entrati in un cinema di quel tipo, sono curiosa, eccitata e non sto nella pelle, mi trucco e mi vesto in un lampo, indosso una leggera camicia trasparente e poco abbottonata, un gonnellino plissettato molto, molto corto, un paio di autoreggenti, un paio di scarpe con il tacco alto, niente intimo, copro tutto con un trench ed esco.

Arrivo al cinema, mi avvio verso il botteghino, pago e chiedo se c’è molta gente, il cassiere gentilissimo risponde “poca”. Mi avvio verso la sala, scosto la prima tenda, scosto la seconda che è a due passi dalla prima ed entro, la sala è buia, tolgo l’impermeabile e mi fermo un attimo per abituare la vista senza accorgermi che un tipo si scosta dal muro alle mie spalle, si avvicina, poggia la mano sul culo da sotto la gonna e insinua un dito nel solco delle mie natiche, mi giro e sto per reagire a quell’invadenza ma mi blocco, non sarà una delle “piacevoli sorprese”? Lo guardo, è un bel ragazzo di colore, alto e con un lucente sorriso, ricambio il sorriso e mi rigiro verso la sala con un leggero movimento che mi consente di allargare un poco le gambe in modo da rendere più agevole il lavorio della sua mano e, con lo sguardo, cerco sul lato destro della sala mio marito.

Vedo la sua testa, è li seduto nella fila dove ci eravamo messi d’accordo, intanto il ragazzo alle mie spalle incoraggiato dalla mia condiscendenza continua a muovere il suo dito dal basso in su carezzando delicatamente le labbra della vulva su fino alleano con un movimento leggero e eccitante che mi fa tremare le ginocchia. Do uno sguardo intorno, sullo schermo scorrono le immagini di una donna che si sta facendo inculare da uno dotato di una verga enorme, la sala è quasi vuota, le file non sono occupate interamente, non vedo donne, solo uomini seduti lontani tra loro, le prime file e le centrali sono le più piene.

Come d’accordo, lui mi aspetta nella terzultima fila in fondo, non vorrei ma devo liberarmi del ragazzo alle mie spalle che nel frattempo sentendo l’umido dei miei umori fra le grandi labbra, aveva già inserito il suo dito medio a carezzarmi l’interno della vagina, mi libero girandomi con tutto il corpo verso di lui e, regalatogli un casto bacio sulle labbra, mi allontano con passo svelto verso il mio uomo. Ancheggio in modo provocante, la gonna svolazza allegramente ad ogni passo, i miei seni sono liberi, coperti solo dalla leggera, trasparente e poco abbottonata camicia, l’ambiente mi piace e le mani dello sconosciuto passate fra le mie cosce mi hanno eccitata, sento un calore risalire dal nudo inguine lungo la schiena fino alla testa, mi sento troia, voglio essere troia.

Arrivo alla mia fila. Luca mi segue con gli occhi, è seduto alcune poltrone più in là e per arrivarci devo passare davanti ad alcune persone. Il tizio seduto all’inizio non mi nota subito, quando gli chiedo permesso gira la testa, mi squadra da capo a piedi, forse non si aspettava una donna, vedo che si mette la giacca sulle gambe e si alza per farmi passare tenendo sempre la giacca davanti a lui a coprire il membro con cui stava senz’altro giocando.

Entro nella fila dandogli le spalle, ora il mio sedere è proprio all’altezza della sua giacca che in quel momento sposta con la mano sinistra lasciandola cadere sulla poltrona accanto mentre la destra la appoggia alla spalliera della fila davanti impedendomi di proseguire, con la mano libera mi solleva la gonna, flette le ginocchia e spinge il suo cazzo fra le mie natiche senza penetrarmi ma sfregandolo fra le labbra ancora umide della mia vulva nuda, stimolandomi il clitoride, solo per un momento, quattro o cinque volte, quanto basta per farmi sentire quanto è grosso e duro, poi mi lascia passare.

Io comincio a colare. Proseguo oltrepassando due posti vuoti, arrivo al terzo e seduto c’è un altro uomo, mi vede, noto che armeggia anche lui con la giacca, gli chiedo permesso, ma lui a differenza dell’altro non si alza, apre le gambe e si tira indietro sulla poltrona lasciando un piccolo spazio fra il suo ginocchio e le spalliere davanti, così per oltrepassarlo dandogli le spalle, sono costretta ad avanzare prima con la gamba destra e poi con la sinistra sbilanciandomi in avanti.

Nel farlo porto il sedere all’altezza della sua faccia, la gonna è molto corta e si vedono chiaramente le autoreggenti. Da quella posizione può sicuramente vedere molto di più. Mentre sto per far passare la gamba sinistra, sempre sbilanciata con il busto in avanti, sento una mano a palmo pieno fra le mie cosce, le sue dita si serrano a coppa intorno alla vagina e con il pollice tenta di violarmi l’ano. Cerco di liberarmi agitando i fianchi mentre con lo sguardo cerco mio marito che osserva la scena con un’espressione beata, l’altro intanto non molla la presa, anzi il mio divincolarmi ha facilitato l’introduzione del suo pollice, non nel culo dove ci stava provando prima, ma in fondo, molto in fondo alla vagina, un brivido di piacere mi percorre la schiena, vorrei fermarmi e lasciarlo fare, ma resisto e finalmente lo scavalco.

La gonna svolazza, ancora uno da passare poi raggiungerò il mio uomo. Passo i due posti vuoti, arrivata davanti al terzo tizio allungo la gamba per passare. Lui è quasi sdraiato, non si nuove, anzi vedo che tiene il cazzo ben stretto in mano continuando a menarlo. Non so che fare, Luca è li due posti più avanti, incrocio i suoi occhi, mi sorride, leggo nel suo sguardo che quello che sta succedendo gli piace.

Veramente quanto mi sta accadendo istiga anche la troia che è in me, ci sto provando gusto, questo gioco mi esalta. Alzo la gamba per scavalcarlo, non si muove continua a menarselo, ormai sono a cavalcioni sulle sue gambe, sto per alzare la seconda quando mi prende per i fianchi, perdo l’equilibrio e casco seduta su di lui, sul suo cazzo duro. Mi agito, lui mi tiene ferma, porta una mano davanti e mi esplora la figa.

Smetto di muovermi, lo lascio fare, mi appoggio con la schiena a lui, aprendo bene le gambe- Sono proprio una vacca, lui entra con due dita nella mia vulva, la esplora, i capezzoli mi fanno male dalla voglia, giro la testa verso il mio uomo, vedo che si alza e viene verso di noi, so che lui gode di queste situazioni, infatti si siede a fianco e allunga anche lui una mano sulle mie tette.

Ora sono presa tra un maschio che non conosco e mio marito. Lo sconosciuto molla la mia figa e lo sento armeggiare con il cazzo. Mi penetra prepotentemente, da dietro, spinge forte, il mio uomo mi tira fuori una tetta, mi sento davvero troia impalata sul cazzo di uno sconosciuto e con mio marito che mi strapazza una tetta li in mezzo alla gente nella sala di un cinema. In breve lo sento venire dentro di me e i suoi ultimi colpi profondi mi provocano un orgasmo pazzesco, cervellotico, a causa o in virtù soprattutto della forte carica erotica dovuta a quella quantomeno strana situazione e godo, godo insieme a lui.

Ma non mi basta, ho ancora voglia di cazzo, tanta voglia, mio marito lo sa, mi prende per mano, mi fa alzare dal cazzo ormai moscio dello sconosciuto e con la figa grondante lo seguo. Mi porta nei bagni, mi fa spogliare, poi esce. Sono li nuda, mi ripulisco con della carta, so che presto sarò soddisfatta, infatti non ho nemmeno finito di asciugarmi che vedo entrare lui insieme ai due maschi che erano seduti nella stessa fila e che prima mi hanno solo toccata.

Io sono li a figa nuda, con la camicia ormai aperta e le tette fuori, loro mi guardano. Hanno voglia, quanto è successo poco prima deve averli eccitati. Tirano fuori i loro cazzi, sono duri, mi si avventano addosso e mi scopano, mi piegano a novanta gradi, uno si mette dietro e senza troppi preamboli mi forza lo sfintere, sto per urlare ma non faccio in tempo, l’altro mi si mette davanti e me lo mette in bocca.

Sono piena di cazzo, mi sbattono a ritmo, uno affonda nel culo e uno in bocca, che bello, ne vorrei uno anche davanti. Mi masturbo con rabbia, quello dietro fotte, fotte e mi schiaffeggia le natiche, mugolo ho la bocca piena. Sono duri a venire, vengo una prima volta e loro niente poi quasi insieme mi riempiono. Sento i loro getti caldi entrare in me, quello davanti quasi mi soffoca, ho la bocca piena e mi cola giù dalle labbra.

Sento lo spruzzo forte e deciso entrare dentro le mie budella, mi riempie e lo percepisco caldo e denso. I due tipi si ripuliscono e prima di andarsene si congratulano con il mio uomo per la bella troia che gli ha portato. Io sono felice della “piacevole sorpresa” e la mia riconoscenza si manifesta regalandogli un delizioso e profondo pompino. Mi ripulisco e stiamo per avviarci verso l’uscita quando gli chiedo del ragazzo di colore.

Luca casca dalle nuvole, “non ho invitato altri oltre a quelli con cui hai goduto”. Mi viene un’idea, voglio contribuire al gioco con una mia iniziativa, gli chiedo di sedersi un attimo e aspettarmi, mi guarda con aria interrogativa, lo rassicuro con un sorriso, gli do il mio trench e lo spingo a sedersi, vado alla ricerca del ragazzo di colore e lo trovo lì appoggiato al muro dove l’ho lasciato. Lo prendo per mano e lo porto tra le due tende dell’ingresso.

L’ho spinto contro la parete e gli sono saltata addosso. Lui mi ha infilato la sua enorme lingua in bocca, mi ha strizzato le tette, ha insinuato un dito nel mio culo, ha sfoderato un bellissimo e grossissimo cazzo su cui, chinandomi, mi ci sono buttata famelica ad ingoiarlo e succhiarlo con passione, poi mi ha sollevata in alto e mi ha lasciato cadere impalandomi su quel nerbo rigido e nero come il mogano.

Le braccia intorno al suo collo, le gambe in alto, le ginocchia poggiate alla parete, inizio un movimento di sali-scendi su quell’enorme palo, lo sento fino in gola. Ricomincio a godere, sembro assatanata, scuoto la testa come a staccarla dal collo, poi due mani si posano sui miei fianchi e mi fermano così impalata: è Luca che ci ha raggiunti e con il suo cazzo si fa strada nel mio culo e quando sento che è arrivato in fondo ricomincio il movimento che avevo interrotto.

Godo, godo, ho il sangue agli occhi, alla testa, vengo dal fondo del mio essere e mi sento svuotata. Vengono anche loro, prima il ragazzo che mi riempie l’utero con una quantità enorme di caldo sperma, poi il mio uomo assestandomi gli ultimi colpi violenti che lo portano all’orgasmo. Sono pienamente appagata, i maschi sono sgusciati esausti dal mio corpo e io sono corsa in bagno a ripulirmi dei loro umori. Usciamo sorridenti e soddisfatti e dopo un aperitivo al nostro solito bar ci avviamo verso casa dove senz’altro, dopo cena, ci aspetta una partita di sesso sfrenato ricordando e raccontandoci ogni istante e ogni stimolo di quel pomeriggio passato al cinema a luci rosse.

Con il master di mia moglie non ci si annoia maiMi arriva un msg. “Mi chiami?” c'è scritto. Il numero è quello di Sergio, il master che si scopa mia moglie da un po e un uomo 65 enne molto arrogante e sa condurre mia moglie a livelli altissimi ,”Ciao, come mai?” Chiedo. “Ho avuto un' idea, un' ideona per una serata super. “E' sempre esagerato. “Ok, dimmi. “”Scusa , ma preferirei non dirtelo adesso, vorrei che fosse una sorpresa.

Se volete, ci vediamo domani sera Chiedo a mia moglie se va bene ma credo che non ha nessun problemaLe telefono. Lei, come prevedevo, accetta con entusiasmo. Richiamo Sergio e gli dò conferma. “Benissimo…dì alla troia che si vesta sexy, molto sexy. “L’ appuntamento è in un parcheggio fuori citta' e sergio e li che ci aspetta. federica indossa un vestitino di raso aderentissimo, praticamente trasparente e molto, molto scollato. Sotto, solo calze color fume' con riga con reggicalze e delle scarpe con tacco 15 comunque abbiamo con noi il borsone con altre cosine sexy.

Un breve saluto e gli chiedo cosa sia questa sorpresa. “Ecco, via avevo parlato di un locale dove la troia si puo esibire insieme a me ci vado io al posto tuo, e ci penso io a farle fare la porcellina. “”Va bene – dico – fate pure. “”Però – aggiunge lui – tanto perchè non ci siano malintesi ti dico chiaramente che lei farà tutto quello che voglio io, anche in pubblico. “”Tu che ne dici?” le chiedo.

“Va benissimo. ” Sembra che la novità la intrighi, e molto. “Ok, allora andate. “Prendiamo accordi per dove e quando rivederci. L’ appuntamento è dopo un’ ora. , tutto solo, vado in un Pub a sorseggiare una birra e ad ammazzare il tempo che sembra non passare mai. Sono impaziente…anzi, ansioso. Non vedo l’ ora di rivederli, di…sapere cosa è successo. L’ ansia è mista ad eccitazione. Finalmente l’ ora dell’ appuntamento si avvicina.

Finisco di bere la birra e salgo in macchina, recandomi al luogo convenuto. E’ un parcheggio. Di solito, in questa stagione, è deserto. Stavolta ci sono quattro macchine, i cui passeggeri sono fuori dalle vetture e, a quanto capisco, aspettano che altri li raggiungano. La macchina del bull non c’ è ancora. Il parcheggio è abbastanza ampio per permettermi di fermarmi ad una decina di metri dalle altre macchine. Finalmente, con un leggero ritardo, vedo arrivare la macchina che aspetto.

Lui mi vede e si ferma vicino. Spegne i fari e io mi accorgo che…è solo. Ho un tuffo al cuore: cosa è successo? Dov’è mia moglie?Scendo di corsa dalla macchina, faccio due passi verso quella del bull e… mi rassicuro. Lui non è solo: federica , nuda a parte le calze e reggicalze, è semisdraiata sul sedile e gli sta succhiando il cazzo. Il bull abbassa il finestrino e io gli chiedo come si è comportata la troia.

Bene, dice lui, le ho toccato la fica, mi son fatto toccare il cazzo e le ho tirato fuori le tette. Di fronte c’ era qualche coppia che guardava…Mentre parlava, federica continuava a succhiargli il cazzo, senza mai rialzare la testa e senza dire una parola. Chiedo al bull da quanto glielo stava succhiando, e lui mi dice che, appena usciti dal locale e saliti in macchina le ha fatto togliere il vestito e le ha detto di ciucciarlo mentre guidava.

Quindi, ho fatto un rapido calcolo, ha attraversato tutto il paese in quelle condizioni…. In quel momento arriva una macchina, evidentemente il “ritardatario” del gruppo e si ferma proprio accanto a noi. Scendono due uomioni, guardano una prima volta quel che succede nella macchina, si guardano in faccia, poi guarda nuovamente lo spettacolo, si mettono a ridere e raggiungono il gruppo. Evidentemente riferiscono quel che hanno visto agli altri, che lanciano occhiate verso di noi, ma salgono ognuno nella propria auto e ripartono.

A quel punto, il bull fa sollevare mia moglie e le dice semplicemente: “Vai”. Lei sa quel che deve fare: scende, così com’ è, dalla macchina, apre il bagagliaio della nostra e ne estrae il borsone. Nel frattempo, il bull mi chiede se conosco un certo posto lungo la strada, alla mia risposta affermativa, mi dice di andare ad aspettarli lì, e, una volta arrivato, di restare in attesa. Mentre vedo federica risalire sulla macchina del bull con il borsone, metto in moto e parto.

Il posto che mi ha indicato è un tratto di lungomare di una cittadina balneare. Le macchine parcheggiate sono pochissime, e io mi fermo in un posto praticamente deserto. Passano cinque minuti e la macchina del Bull si ferma davanti alla mia. La portiera del passeggero si apre e federica scende. Senza mai guardare verso di me si avvia sul marciapiede. Ha le stesse calze, ma ora indossa una minigonna di raso nera, con, sul davanti, una cerniera che va dal basso all’ alto, attraversandola completamente.

Sopra, un body di tulle nero trasparente che mettono in evidenza i suoi seni. Io mi sposto, senza però scendere, sul sedile del passeggero, abbasso il vetro e la seguo con lo sguardo. Il reggicalze delle calze fa capolino da sotto la gonna e il passo, ancheggiante per le scarpe con l’ alto tacco a spillo, è lento ma deciso, sicuro. Percorsi una trentina di metri federica si ferma,. Posso così constatare che sotto indossa solo un body nero trasparente.

Poi, chinandosi leggermente, fa scorrere verso l’ alto la lampo della gonna rivelando chiaramente che, sotto, non ha nient’ altro che le calze!e…comincia a passeggiare avanti e indietro. Dieci metri avanti…si volta, e dieci metri in senso contrario, lentamente, ancheggiando. La tentazione di scendere e fermarla è tanta, ma l’ eccitazione che mi provoca quel che vedo è ancora più tanta. Mai avrei pensato di vedere la troia trasformata in zoccola, in…battona da marciapiede, pronta a soddisfare le voglie dei clienti…Una macchina si ferma, il guidatore abbassa il finestrino del lato passeggero, le fa un cenno.

Lei si china, poche parole e la macchina riparte. Non ho nemmeno il tempo di “realizzare” quel che ho appena visto che un’ altra macchina si ferma con due persone a bordo uno scende e fa salire mia moglie avanti e lui si siede dietro da come vedo sono anziani, questa volta, federica sale nella macchina, che riparte. Io mi sposto sul sedile del guidatore, metto in moto e mi lancio all’ inseguimento. Nello specchietto, vedo che ho dietro la macchina del bull.

Dopo pochi chilometri , la macchina svolta e imbocca una stradina asfaltata ma stretta. Io sempre dietro. Durante il tragitto ho notato che la macchina che ho davanti non fa niente per “seminarmi” ma anzi, procede tanto lentamente da consentirmi di seguirla agevolmente. Arrivati ad uno spiazzo sterrato la macchina si ferma. Io accosto ad una diecina di metri e, subito dopo, arriva il bull. Scendo e gli chiedo se sa cosa stia succedendo.

“Cosa vuoi che succeda – risponde – la troia ha trovato un cliente e ora farà quel che fanno tutte le zoccolone come lei. Vieni, dai, andiamo a vedere. ”Ho il cuore in gola e…anche più giù. Il cazzo mi pulsa mentre mi avvicino alla macchina. Mia moglie si sta dedicando a succhiare il cazzo del cliente. Questo è un tipo sulla sessantina , con un cazzo già durissimo. Lei è praticamente nuda. Lui smette di farsi spompinare, abbassa lo schienale del sedile del passeggero, fa inginocchiare federica sul sedile e le infila la faccia in mezzo al culo.

Mentre glielo lecca si mette un preservativo e, appena è sistemato, con due rapidi, violenti colpi le infila il cazzo in fondo al culo mentre l' altro uomo gli ficca in cazzo in gola e gli dice che di succhiare bene si accosta al cazzo e spompina da zoccola mentre suo amico continua a incularla e schiaffegiarle il culo poi si danno il cambio a turno la scopano e inculano per un bel po fino a che non decidono di sborrare quello che ha il cazzo in culo se ne viene nel preservativo e si vede che e bello pieno c’è una grande quantità di sperma.

Lei glielo sfila con delicatezza e lo tiene in mano mentre con la lingua e la bocca ripulisce accuratamente il cazzo da ogni traccia di liquido e poi con calma impugna il preservativo con entrambe le mani, infila la lingua nell’ apertura e, rovesciando la testa all’ indietro fa scivolare in bocca quella gran quantità di nettare. Dopo averci mostrato, socchiudendola, che aveva la bocca piena, lo ha ingoiato tutto e se la ride poi si dedica a far sborrare direttamente in gola altro cliente che le tiene la testa premuta sul cazzo per non farne cadere nulla e la troia ingoia tutto e ripulisce e lecca palle e culo di entrambi se la ridono tutti e tre e si fermano un po a parlare e si fumano sigarette mentre noi ci allontaniamo vediamo che ripartono e riaccompagnano la troia dove era stara prelevata anche noi torniamo allo stesso posto.

Il bull si ferma, scende e viene verso di me: “Ancora un pò di pazienza – mi dice – tu resta qui, guarda e…godi. “Mio malgrado, lo assecondo. Ormai sono preso in un meccanismo che con la realtà non ha più niente a che fare. E' come se fossi drogato. Aspetto solo di…vedere cosa ha ancora escogitato il bull. Tornato alla sua macchina, fa scendere mia moglie e attraversano la strada federica e il Bull si fermano, un pò troppo avanti, rispetto a dove sono io, allora sposto la macchina fino ad essere esattamente alla loro altezza.

Come so, oltre la siepe ci sono della panchine. Il bull sale in piedi ad una e, immagino, tira fuori il cazzo. Vedo la testa della troia muoversi nel tipico ritmo del pompino. Solo pochi secondi (o così mi sembra in quella confusa percezione dello spazio e del tempo in cui sono come invischiato) e il bull scende. Ora vedo la faccia di federica rivolta direttamente verso di me, e dietro a lei il bull.

Capisco che lei è inginocchiata sulla panchina e il bull (come verrò presto a sapere) la sta inculando. La situazione è questa. Lei, inculata all' aperto mentre, a pochi centimetri, solo oltre la siepe, passano auto e moto. La vedo socchiudere le labbra, poi stringerle per trattenere un lamento. Il bull pompa come un forsennato. Oltretutto lei non è nemmeno lubrificata…ma non cede. Socchiude gli occhi e…si masturba. Non lo vedo ma SO che si sta accarezzando.

E infatti, dopo pochi minuti federica gode, gode rovesciando la testa all' indietro e gridando “Siiiii…. siiiiiiii. “la vedo godere con una troia e dimenarsi e mi vedono cheIo, senza quasi accorgermene, mi sono abbassato i pantaloni e ho liberato dall' elastico degli slip un cazzo durissimo mi fanno le corna e continuano a scopare come forsennati vedo che il bull e pronto per schizzarle in bocca la sborra la fa abbassare e mette in modo che io possa vedere bene quando schizza in faccia e in bocca a mia moglie che lecca tutto lui si riveste e ci saluta e mi dice che e stata bravissima ce ne ritorniamo verso casa lei mi ha spiegato che i clienti erano amici del bull , col quale si erano incontrati nel locale e, tutti assieme, avevano ideato la…recita “solo” per me.

. La quiete del sesso selvaggio Mio padre era accecato dalla gelosia e stava quasi per menare Berni. Fu mia madre a frenarlo, dicendogli che non c’era nulla di male se io facevo l’amore con il mio fidanzato. Ma probabilmente per un padre è difficile accettare una cosa del genere. Soprattutto è difficile “assistere” ad una cosa del genere. Mia madre invece ci era abituata. Non era la prima volta che mi beccava a fare l’amore.

Mi aveva pizzicata un sacco di volte, soprattutto quando ancora non ero fidanzata con Berni, quando allietavo le mie giornate sollazzandomi con amanti occasionali. Quindi per lei era piuttosto normale vedermi fare certe cose. E poi in fin dei conti che male c’era? Non è che io e Berni stavamo facendo nulla di male. Eravamo innamorati e a breve ci saremo sposati, per cui era del tutto normale se ogni tanto facevamo l’amore. Quindi non avevamo nulla di cui vergognarci.

Lo stesso discorso valeva anche per i miei genitori. Anche loro non avevano nulla di cui vergognarsi. D’altronde anche noi avevamo pizzicato loro mentre lo facevano. Ma perché provare disagio per essere stati scoperti a fare una cosa così naturale come l’amore? Per fortuna dopo la tempesta venne la quiete e si placarono gli animi. Mio padre andò a fare la doccia e Berni invece si rivestì e se ne ritornò a casa nostra.

Io lo avrei raggiunto l’indomani; non avevo voglia di rivestirmi e andarmene via. Così me ne rimasi accoccolata sul divano insieme a mia madre, entrambe a goderci il torpore del recente orgasmo che avevamo avuto. Lei mi teneva abbracciata a se e io sentivo il calore del suo corpo (soprattutto delle sue grosse tette) contro la mia schiena. Lei infatti mi stava dietro, e mi tempestava il collo e le spalle di baci. Dopo essere stata appagata sessualmente mia madre diventava appiccicosa e incredibilmente dolce.

E io non potevo fare a meno di godermi passivamente tutte le sue amorevoli attenzioni. E nel mentre mi baciava dietro il collo, con una mano mi accarezzava un fianco, salendo fino alle mie tette e divertendosi a punzecchiarmi i capezzoli. Poi sentii la sua mano scendere giù e infilarsi tra le mie gambe, e le sue dita si infilarono tra le mie labbra di sotto, dapprima solo due, poi diventarono quattro. Poi le fece uscire, e vidi chiaramente che erano imbrattate della sborra di Berni.

Se ne accorse anche mia madre, che sollevò la mano e dopo averla esaminata se la portò in bocca. Ero scioccata da ciò che aveva appena fatto. “Mamma! Questa è la cosa più porca, più immorale e più imbarazzante che abbia mai visto fare”. “Addirittura!” rispose lei divertita. “Volevo solo sentire che sapore ha il tuo Berni. E devo dire che ha un sapore davvero niente male”. “Oddio, mamma… ma tu sei…” non sapevo cosa dire, quella cosa che aveva fatto era davvero surreale.

“Tu sei… sei veramente una porca. Non posso credere a quello che hai appena fatto. Hai messo in bocca la sborra del mio fidanzato!”. “E allora?” domandò lei come se nulla fosse. “Non ci sono mica andata a letto insieme”. “Ci mancherebbe soltanto questo, vacca che non sei altro”. “Ehi!” esclamò mia madre scoppiando a ridere. “Ma è questo il modo di rivolgerti a tua madre? Mettiamo il caso che io fossi davvero andata a letto con Berni, tu come ti comporteresti?”.

“Probabilmente non ti rivolgerei più la parola”. “Accidenti, sei gelosa fino a questo punto?”. Ebbene sì, questo è un mio aspetto che non molti conoscono. Ma l’idea che Berni potesse tradirmi con un’altra ragazza mi faceva saltare i nervi. Per fortuna non mi aveva mai dato questo genere di preoccupazioni, nel senso che Berni non aveva la tendenza a fare lo stronzo con le altre ragazze. “Perché, tu non sei gelosa dei miei due papà?” le chiesi.

“Del tuo papà biologico sì, un pochino lo sono. Perché so benissimo che non riesce a resistere alle tentazioni. Invece dell’altro tuo papà no, perché non mi ha mai dato modo di essere gelosa”. In effetti avere un marito cuckold aveva molti vantaggi, tra cui appunto il fatto di non dover avere la preoccupazione di poter essere cornificata. Invece il mio papà biologico, lui non sapeva proprio resistere. Gli piaceva così tanto la gnocca che per questo motivo non era mai riuscito ad avere una relazione fissa.

I miei due papà erano così diversi l’uno dall’altro, e mia madre proprio non ne poteva fare a meno di amarli entrambi. Dopo aver chiacchierato a lungo decidemmo di andarcene a dormire, e io mi misi a letto coi miei genitori. Eravamo così stanchi che ci addormentammo subito senza neppure vestirci. Io ero in mezzo a loro due, con mia madre che mi teneva stretta a se e mio padre su un fianco rivolto verso di me, con un braccio sulla mia pancia.

Mi svegliai alle sette del mattino, con mio padre che c’aveva un erezione da paura premuta contro la mia gamba. Ragazzi, quanto ero grosso! Era normale che mia madre fosse innamorata di lui. Il mio papà biologico, viste anche le dimensioni del suo cazzone, doveva rappresentare per lei “il sesso”, e invece l’altro mio papà era “l’amore”. Diciamo che il mio papà biologico, con la sua potenza sessuale e le incredibili dimensioni del cazzo, in qualche modo sopperiva al fatto che l’altro mio papà non era propriamente colui che si definisce uno stallone da monta.

Però, e forse era per questo che aveva deciso di sposarlo, soltanto lui era in grado di farla sentire una donna amata. E questo non è poco. Comunque ero così incantata dal grosso cazzo del mio papà biologico che non potetti fare a meno di prenderlo in mano con delicatezza. Ebbi la sensazione di avere tra le dita un potente strumento del piacere femminile. Era tutto contornato da spesse vene verdi che pompavano sangue in continuazione e che lo facevano stare fieramente dritto.

Chissà quante donne aveva fatto godere con quel bazooka. Mia madre era proprio fortunata. Senza rendermene conto, e forse rispondendo ad un istinto naturale, cominciai ad accarezzarlo con amore, in tutta la sua sproporzionata grandezza, fino alle sue palle taurine (dico taurine perché mi diedero proprio l’impressione di trovarmi di fronte alle grosse palle di un toro da monta). Beh, forse era giunta l’ora di mettermi in piedi, altrimenti mi ci sarei dovuta attaccare con la bocca per quanta voglia mi stava facendo venire.

Ma prima di uscire dalla camera da letto lo afferrai di nuovo dalla base e gli diedi un bacio a timbro sul glande turgido e caldo, che dio solo sa quante volte aveva penetrato il condotto anale di mia madre. “Ti voglio bene papà” gli sussurrai, ma lui dormiva ancora. Inside wild sexDovresti camminare per strada con un ramo di quercia nel culo e poi incontrare tre balordi neri che dopo averti sgarrato tutti i buchi fino a farti sanguinare, dopo aver bevuto il tuo sangue ed averti lasciata coperta dei loro morsi e dei loro graffi, come belve fameliche, riprendano a scoparti, fino a succhiarti l’anima.

Ti hanno lasciato sicuramente qualche profilattico nella fessa, distratti questi neri che sono abituati ad incularsi le scimmie. Ma tu dimentichi che sei stata la loro scimmia, il loro a****le schifoso. Appena uscita dal supermercato questi tre bingo bongo ti stavano seguendo. Si sono offerti, gentili, per posare le buste della spesa nel vano portabagagli della tua scassata station wagon mentre uno, rapidamente, ti ha preso le chiavi si è messo alla guida e gli altri due ti hanno dato un calcio in culo e ti hanno spinta dentro.

Uno dei tre ha preso una sua mutanda sporca e te l’ha messa sugli occhi mentre la macchina sgommava verso un bosco in provincia di Piacenza. La tua testa scoppiava, i tuoi pensieri frullavano, eri un ruminante, ridotta ad una vacca con una nerchia in culo, una in bocca ed uno streppone in un orecchio. Sì, uno di questi, forse era stato in Sicilia, conosceva la parola streppone, sapeva il significato di quel termine che altro non era che uno dei tanti sinonimi del cazzo.

Ma sei vittima inconsapevole di questi tre a****li che ti stanno inculando a turno. Forse il profilattico che ha usato il primo ti è rimasto nella pucchiacca…. ha detto quel mostro che ti sarebbero entrati altri. Che cosa schifosa !Mentre il primo ti impiastricciava i capelli perchè aveva spruzzato nel tuo orecchio, gli altri stavano entrando nella tua fica usando quello stesso profilattico. Eri ridotta uno schifo. Puzzavi di sesso, eri appiccicosa ed eri l’a****le del piacere di questi tre mangia banane.

Mentre ti fottevano a pecorina, ti avevano sbattuta a terra in un cespuglio infatti, tutta la tua vita di brillante quarantenne in carriera ti passava davanti agli occhi. Il college in Inghilterra, il Master negli Stati Uniti… tutto nel cesso sarebbe andato dopo quell’esperienza, se fossi uscita viva, segnata nell’anima e nel cervello. Ma a quelle bestie, figli di sciacalli e vigliacchi, non interessava nulla. Avevano ben altri progetti su di te…. ti avevano studiato, avevano seguito le tue giornate, i tuoi orari, la tua famigliola, tuo marto ed i tuoi tre figli.

Erano pronti per ricattarti, ormai sapevano tutto di te. E tu ? Come hai fatto a non notarli. Le tue preoccupazioni erano la manicure, il parrucchiere, il centro massaggi…e nulla più. Tutto fa parte della vita insulsa di una arredatrice imballata di soldi perchè il marito è direttore amministrativo di una Società di Gestione del risparmio. Mentre loro scaricavano il loro seme nelle tue viscere, tu morivi. Ma sono bravi, vogliono ancora giocare con te e le tue amiche.

Le tue lacrime non li commuovono, i tuoi gemiti, le tue grida non li impressionano, anzi. Tutti e tre iniziano a sputarti in faccia. Sono stanchi. Dimostrano anche loro di avere un briciolo di dignità che viene dai postriboli degli Inferni che frequentano. Ti rinfacciano le volte che ti hanno chiesto l’elemosina e tu non li hai degnati di uno sguardo. Adesso stai pagando con gli interessi, ti hanno già derubato di quei quattro soldi che hanno trovato nel tuo portafoglio graffato.

Sono molto pochi. Vogliono di più. Tu, intanto rimani a quattro zampe con la testa nel cespuglio di rovi. Le spine e le ortiche stanno sfregiando il tuo bel volto da bambolina. I tuoi capelli neri, ben acconciati, il trucco e la tua lingerie. Sei smostrata, a questi tre a****li non è bastato strapparti calze e slip per fotterti ben bene. Ti hanno tolto anche gli stivali. Sei scalzi e quasi completamente nuda. Non puoi vedere cosa succede al di là di quel cespuglio.

Forse ti hanno portato in una boscaglia. Senti la puzza rivoltante dello sterco degli a****li mentre le tre bestie hanno iniziato a mangiare quello che avevi comprato al supermercato. Qualche tua percezione ti fa presagire che in quel bosco ci saresti rimasta a lungo. Tenti di parlare con qualcuno di loro ma ti arriva un calcio, con uno dei loro scarponi, dritto nel buco del culo, talmente forte che ti fa mancare il respiro.

Da quel momento in poi ti rendi conto che la tua vita è stata piana di stronzate insignificanti, il tuo brillante lavoro, le serate con tuo marito, le vacanze di lusso con gli amici vip. Tutto scivola giù per il cesso, come un fulmine che ti balena davanti agli occhi adesso vedi un’altra vita. La Vita Nera che questi tre diavoli ti prospettano. Ti hanno già fatto capire che rimarrai, loro serva e schiava per ogni necessità, in quel bosco per un po’ di giorni.

Ormai sei una loro proprietà. Queste tre bestie, sputate dai cunicoli di qualche Inferno hanno invertito la tratta degli Schiavi. Adesso sono i negri che fanno i negrieri con i bianchi. Forse la prima sei stata tu. La forza dei costosi cosmetici che hai usato, Silvia, non ti ha messo su un livello diverso dal loro. Ognuno ha la propria Anima Nera e tu stai vivendo il tuo personale Inferno. Ad uno dei bingo bongo, dopo aver farfugliato qualcosa con gli altri due è venuta nuovamente la voglia di slabbrarti quel tuo culetto bianco e profumato.

Gli altri due vanno a prendere delle siringhe usate, erano lì per terra. Poi un altro si stacca e si allontana. Quello che voleva farti il culo, visto che sei già in posizione, inizia a toglierti quel preservativo di colore verde chiaro che fuoriesce appena dlla tua fica. Lo succhia un pochettino ritenendo che quelle fossero tutte vitamine, e così beve anche un po’ di sperma dei suoi amici di bagordi. Loro in quel pezzo di boscaglia hanno anche un capanno.

Ormai, da quando sono in Italia, venuti chissà da dove, da quale parte dell’Africa o del Sudamerica hanno fatto di tutto. Tutto il male possibile ad ogni tipo di persona, utilizzando tutta la rabbia che avevano in corpo di una generazione, quella dei trentenni e dei quarantenni dei Paesi del Terzo Mondo dimenticati dai Paesi civilizzati. Si arrogavano il diritto di essere dei Cavalieri della Vendetta, senza macchia e senza paura per i loro conterranei umiliati e offesi da circa due secoli di dominio e di guerre.

Tutte bufale, balle rivestite di zucchero filato e cannella, riempite di miele e marmellata di mirtilli da propinare alle loro vittime. Avevano fatto truffe, rapine in banca, sequestri di persona e violenze di ogni tipo. Erano liberi, nascosti come lupi, come predatori tra i più feroci, in quella striscia di bosco. Erano sicurissimi di farla franca. Le violenze carnali quasi mai, per pudore, venivano denunciate dalle donne, che si limitavano a nascondere dietro qualche lacrima, nelle cucine delle loro case, quanto avevano subito.

Gli uomini violentati venivano poi, dalla banda dei tra Satiri, per compiacere altri riccastri quando erano in fregola di farsi un bel palestrato o di succhiare e accarezzare il petto depilato di un quarantenne in splendida forma. A questi uomini facevano subire ogni tipo di gioco sado-maso, convocando anche dei transessuali brasiliani per far succhiare la fava e incularli di brutto. Adesso le chiamavano T-girls, un modo come un altro per dire che erano uomini travestiti da donna ma con una nerchia dalla dimensione asinina che lacerava il culo fino a farli sanguinare mentre i ricchi avvocati, industriali e viziosi italiani assistevano allo spettacolo.

A questo punto, nessun uomo avrebbe confessato alla propria compagna quello che aveva subito, dopo essere stato assente da casa per due giorni ed essere passato per le fogne di Napoli o di Milano per ricevere quel tipo di trattamento. Sarebbe stato sufficiente dire alla adorata mogliettina che un improvviso viaggio d’affari lo aveva portato dall’Italia a Bruxelles per incontrare degli investitori e lei, anche senza uno straccio di telefonata, era lì pronta a bersi tutti.

L’alta borghesia vive di falsità e si nutre di continue bugie pur di non perdere i propri privilegi per cui ben venga il viaggio d’affari, anche se estremamente hard e sado-maso, pur di non perdere il proprio collier d’oro che il maritino che le porta in regalo, facendole credere di averlo acquistato pensando a lei. Così il ricco capitano d’industria da vittima riesce a passare per un impegnato uomo d’affari, dopo aver visto passare i topi delle cantine di Napoli, o di qualche altre città italiana rischiando la leptospirosi mentre qualche trans gli rompeva il culo e qualche brutto sgherro gli fracassava la faccia per sfogare le sue frustrazioni da disgraziato che spesso aveva mangiato topi arrostiti perché non poteva permettersi l’aragosta a colazione.

Ed essendo schedato dalla Criminalpol era costretto a vivere nelle fogne, nei tempi di magra per evitare qualche ergastolo. Le avventure di mia moglieMatteo ed io siamo amici da molti anni, ed entrambi avevamo sposato due bellissime donne. Da tempo volevamo provare a farci una scopata insieme, ma sapevamo perfettamente che le nostre due signore di sicuro non avrebbero accettato…Allora decidemmo di provare con un espediente simpatico…Matteo aveva trovato un forte afrodisiaco in capsulette da sciogliere e quindi dopo esserci messi d'accordo portammo fuori a cena le nostre mogli in un ristorante, dove lo avremmo versato in nei loro bicchieri senza farci vedere.

Prima di uscire per la cena, vedendo quanto era bella mia moglie, le chiesi di mettersi in posa per farle una foto, che avrei mandato a Matteo senza che lei lo sapesse. Si era seduta mostrando tutto lo spacco del vestitino nero, lasciando intravedere tutta quella gamba che sembrava non finire mai. Venne il momento di separarci e, mentre si sistemava le ultime cose prima di partire, inviai la foto di mia moglie a Matteo.

Poco dopo lui fece lo stesso. Aprii il cellulare e vidi sua moglie con un vestitino marroncino e delle calze semitrasparenti…era veramente molto bella anche lei… Qualche giorno dopo ci siamo rivisti ed io speravo davvero che quelle capsulette funzionassero alla grande e che potessimo farci la scopata più bella della nostra vita!Una mezz’oretta dopo passammo a prendere Matteo e sua moglie e andammo al ristorante. Ci sedemmo al tavolo, ordinammo del vino e subito le nostre moglie andarono al bagno insieme…Era l'occasione ideale!Versammo subito le capsulette nel vino che si sciolsero quasi all'istante.

Perfetto! Dopo di che mangiammo e bevemmo, cercando anche di far bere parecchio alle nostre mogli…magari se alzavano anche un po’ il gomito sarebbe stato più facile convincerle a divertirsi tutti insieme. Un'oretta dopo io e Matteo ci alzammo per andare in bagno, e una volta giunti li discutemmo un po’ sul da farsi. Quando ci girammo per uscire, ci accorgemmo che dietro di noi c'erano due ragazzi neri, che ridacchiando, ci guardarono e ci augurarono buona fortuna! Sicuramente avevano sentito la nostra conversazione e capito cosa avevamo fatto.

Badandoci poco, tornammo al nostro tavolo e passammo una piacevole serata tutti e quattro. Mentre il tempo passava, ad un certo punto mia moglie, senza farsi vedere, mi appoggia una mano sulla gamba e risale, fino a toccarmi il pacco, cominciando a giocherellarci lentamente. Credo che l'afrodisiaco stesse iniziando a fare effetto… Con la coda dell'occhio mi accorsi che i due ragazzi di prima, che erano a qualche tavolo da noi, si stavano parlando e nel mentre avevano capito che mia moglie mi stava toccando.

Non ci feci molto caso…probabilmente pensavano che fossi un uomo decisamente fortunato. Dopo un po’, mia moglie smise e tornammo a chiacchierare del più e del meno. Infine decidemmo di tornare a casa, e senza pensarci due volte invitai Matteo e sua moglie a casa nostra a bere qualcos'altro. Pagammo il conto e tornammo in macchina a casa nostra. Salimmo le scale e arrivammo nel nostro appartamento. Li feci entrare, ci sedemmo nel divano e versai da bere a tutti.

Chiacchierammo ancora fino a quando notai che la moglie di Matteo, visibilmente brilla, gli stava sussurrando qualcosa all'orecchio e capii dallo sguardo di lui che probabilmente era eccitata. Allora con una scusa li feci alzare per mostrargli un quadro nuovo che avevo in camera. Lasciammo andare avanti le nostre signore e le seguimmo da dietro, quando a un certo punto entrambi sentimmo una forte botta alla testa e tutto divenne buio. Dopo un po’ ripresi i sensi…ero mezzo intontito anche da tutto il vino che avevamo bevuto… Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti mia moglie nuda con un nero dietro che le stringeva un seno e con l'altra mano lestava sditalinando la fighetta.

Allora cercai di reagire, ma mi accorsi che ero legato ad una sedia e non riuscivo a muovermi. Cercai di capire cosa stesse succedendo, e vidi che di fianco a me, nella stessa situazione, c'era Matteo, anche lui legato e poco distante, un'altro nero stava facendo lo stesso con sua moglie. Ci misi qualche secondo a capire che erano gli stessi ragazzi che avevamo trovato nel bagno del ristorante. Ci avevano seguiti fino a casa per approfittare della situazione che avevamo creato con l'afrodisiaco e le bevute.

Cercai di slegarmi forzando un po’, ma il tizio che aveva mia moglie stretta a lui, mi guardo, e mi disse:”lascia perdere amico…vi abbiamo legati per bene. Non hai modo di scogliere quelle corde. E poi non vedi? Guarda tua moglie…Non noti che le sta piacendo quello che le faccio?”Ero ancora mezzo intontito ma diceva la verità. Lei mi stava guardando ma non stava cercando di divincolarsi da lui. Anzi, stava anche simulando un leggerissimo movimento del bacino mentre lui passava le sue dita su tutta quella bella fighetta.

Mia moglie mi guardò, e mi disse che le stava piacendo tutta questa situazione e che forse era anche colpa dell'alcol…Ma io sapevo che era anche colpa delle capsulette che le avevamo fatto bere. Mi girai verso Matteo e vidi che era senza parole e stava guardando sua moglie, nella stessa situazione. Si stava eccitando anche lei e non opponeva nessuna resistenza. Era nuda anche lei…un bel seno sodo…un corpo scolpito…era la prima volta che la vedevo nuda…La mia attenzione venne richiamata su mia moglie, quando vidi che il ragazzo la spinse sul letto e comincio a spogliarsi rimanendo solo con dei boxer azzurri.

E già così notai subito che doveva essere ben dotato. Si vedeva chiaramente la forma del suo cazzo attraverso le mutande. L'altro fece lo stesso e si spogliò. Si tirò via la maglietta e poi i pantaloni, scoprendo un pene decisamente bello grosso…Si tolsero entrambi via tutto e rimasero completamente nudi e guardandoci si avvicinarono al letto, dove le nostre due mogli erano state lanciate. Erano entrambe visibilmente eccitate…mia moglie si stava anche toccando lentamente senza togliere lo sguardo da quei due grossi cazzi neri.

Non potevo credere a quello che vedevo. Non l'avevo mai vista cosi…troia…E anche la moglie di Matteo non era da meno. Continuava a mordicchiarsi le labbra senza farlo apposta e appena uno dei due le si avvicino, allungò la mano fino al suo cazzo e dopo un secondo di esitazione, prese a massaggiarglielo lentamente, girandosi verso Matteo e dicendogli: “mi dispiace amore…non so cosa mi prende…ma lo desidero troppo…davvero…non resisto…”Veder sua moglie che stava facendo una sega lentamente ad un cazzo nero, mi eccitò decisamente non poco, anche perché subito dopo, quell'altro invece aprì le gambe e sbatté in faccia a mia moglie quel suo grosso cazzo, e lei non se lo fece sfuggire…non ebbe neanche un minimo di esitazione.

Lo prese alla base e iniziò a leccarlo lungo tutta la lunghezza…Era pazzesco…eccitante e tremendo allo stesso tempo. Le nostre mogli stavano facendo pompini e seghe a due neri sconosciuti, e dalle loro espressioni, gli piaceva anche parecchio…Dio…quanto avrei voluto essere al loro posto. Anche Matteo di sicuro stava pensando la stessa cosa. Sua moglie nel frattempo aveva fatto distendere il tipo sul letto, prese il cazzo con due mani, gli diede qualche leccata e subito dopo cominciò a metterselo in bocca e a ingoiarlo lentamente più che poteva, risalendo subito dopo per poi riprenderlo di nuovo…Che troietta…Continuarono cosi per un bel pezzo e sia io che Matteo non riuscivamo a distogliere lo sguardo da quella scena…Nessuno di noi due pensava che le nostre mogli, anche se sotto afrodisiaco e ubriache potessero diventare cosi troie con due sconosciuti.

E invece…eccole li…mentre noi costretti a guardare senza poter partecipare…cazzo! Sentivo il cazzo che mi stava venendo duro per quello spettacolino…Ad un certo punto… mia moglie si alzò in piedi, facendo alzare anche il nero, gli si avvicinò e mentre con una mano prese a massaggiargli il cazzo, con l'altra gli prese la testa e cominciò a baciarselo per bene. Non potevo credere ai miei occhi! Per conquistarla e baciarla, ci avevo messo tre mesi settimane! Questo invece in meno di mezzora se la stava già per scopare! Che puttana! In quel momento il nero, fermò la sega di mia moglie, ci guardò, e disse:”ora voglio vedere quanto siete troie…mettetevi sul letto e divertitevi tra di voi!”Era in pratica un ordine.

E infatti mia moglie si mise subito sopra il letto. Anche la moglie di Matteo allora smise di spompinare quel grosso cazzo e guardo tutta eccitata la mia. Salì sopra il letto…Si mise a gattoni…E si mise a 69 sopra mia moglie, dandole praticamente la figa in bocca…E lei non ci pensò due volte!Tirò fuori la lingua e prese a leccare tutto quel ben di Dio…Passava dalle labbra esterne fino ad entrarle dentro, per poi tornare a succhiargliela interamente…Dio mio…l'espressione della moglie di Matteo, poi era di puro godimento…Iniziava anche a fare qualche leggero gemito di piacere.

Poco dopo si distesero entrambe sul fianco e continuarono con la 69, stavolta però si stavano leccando la figa a vicenda, ma da come vedevo, secondo me avevano anche iniziato a leccarsi il buco di quei due splendidi culetti…Mi girai verso Matteo ed era incredulo, ma si vedeva chiaramente che anche a lui la scena piaceva parecchio…non distoglieva lo sguardo un solo secondo…Continuavano a leccarsi e a gemere…era uno spettacolo per gli occhi. Quando uno dei due neri, gli ordinò di fermarsi.

Ci guardò e disse: “vediamo un po come sono messi i vostri due maritini!Andate a spogliarli e lasciateli in mutande! he he!” Le nostre mogli sorridendo, vennero da noi e ci slacciarono i pantaloni, ce li sfilarono e ci tolsero anche la camicia. Eravamo rimasti sia io che Matteo in mutande. E subito si vedette com'eravamo messi. Io avevo il cazzo in tiro dentro gli slip bianchi, mentre Matteo aveva il cazzo che gli usciva per metà dai boxer azzurri.

Subito sentimmo ridere i due ragazzi che dissero: “guardateli! Vi piace vedere le vostre mogliettine che fanno le troie tra loro e con gli altri, eh! che cornuti!Voi due, venite qua! Vogliamo risentire i nostri cazzi nelle vostre bocche!”Le nostre mogli si guardarono e ci diedero una leccata lenta sul viso…facendoci impazzire all'istante tutti e due!E poi tornarono dai due ragazzi con il cazzo già in mano. La moglie di Matteo lo prese prima in mano, lo massaggiò lentamente, per poi sputarci sopra e cominciare a leccarglielo tutto, dalla base alla cappella con un movimento via via più ritmato.

Mentre mia moglie venne fatta distendere dall'altro sul letto, che a sua volta si sedette sopra di lei, le ficco il cazzo in bocca e con la mano cominciò a sditalinarle tutta la figa. Non riusciva a prenderlo in bocca tutto quanto e iniziò a fare dei versetti di soffocamento, mentre il nero continuava a sbattergli il cazzo più che poteva in gola…E lei non ci pensava minimamente a fermarlo, anzi, si lasciava scopare la bocca senza problemi…Continuarono cosi per un'altro po’, poi i due ragazzi le fermarono e gli ordinarono di venire da noi a toglierci le mutande, che volevano vedere bene quanto ci piaceva vedere le nostre due troiette venire scopate da altri.

E cosi fecero. Si avvicinarono a noi e ci strapparono letteralmente le mutande di dosso. Ora avevamo tutti e due il cazzo completamente in tiro…L'occhio mi cadde sul cazzo di Matteo…Devo dire che non era messo male neanche lui, anzi…E vidi che anche a lui era caduto l'occhio su di me. Allora le nostre mogli, ridacchiando vedendoci messi cosi, si avvicinarono al letto, e mia moglie si sedette per terra di fronte a noi con le gambe aperte.

La moglie di Matteo invece si mise in piedi, col culetto di fronte al viso di mia moglie e iniziò a mimare un balletto, fino a quando la sua fighetta non arrivò alla lingue di mia moglie, che si mise a leccargliela avidamente, bagnandogliela tutta. Si vedeva che gliela leccava completamente…dalle labbra al clitoride…non tralasciava niente…mentre la moglie di Matteo stava ansimando dal piacere!Ci stavano stuzzicando apposta sapendo che eravamo legati e non potevamo far altro che guardare…Che puttane…!Dietro di loro invece uno dei due neri si era seduto sul letto e godendosi quello spettacolino si stava menando il cazzo…Mi faceva incazzare e allo stesso tempo eccitare, sapere che qualcuno si segava guardando mia moglie che faceva la lesbica…Allora fece spostare la moglie di Matteo e si mise davanti alla sua faccia, e la schiaffeggio con il cazzo in tiro.

Lei apri subito la bocca e lui glielo ficco dentro fino in gola e cominciò a sbattersela lentamente ma andando in profondità. Infatti poco dopo aveva tutta la saliva che gli gocciolava dalla bocca ed era praticamente su mezzo cazzo. E nel mentre continuava a mugugnare, come per dire che gli piaceva…Intanto quell'altro aveva preso la moglie di Matteo e l'aveva fatta mettere a pecorina sul letto, allargandole per bene il sederino per vedere anche quel bel buchetto, si prese la punta del cazzo e gliela appoggiò sulla figa piena di umori e saliva da prima.

Il suo cazzo venne praticamente risucchiato dentro. Non si vide nessuna resistenza…Allora il nero prese ad infilarglielo dentro e fuori lentamente…che goduria vedere quella scena…La troia lo prendeva tutto senza problemi…e le piaceva…eccome se le piaceva…Dopo pochi secondi il suo cazzo era tutto lucido e bagnato…doveva avere la figa completamente fradicia…Ad ogni stantuffata si vedevano i suoi umori uscire…L'amico vedendolo, non voleva essere da meno, e allora spinse il mio amore sul letto, e le allargò le gambe.

Le infilò anche lui il cazzo in figa e dopo un sussulto di mia moglie per il piacere, prese a sbattersela senza pietà…Dopo pochissimi secondi, mia moglie tirò indietro le gambe per fare entrare ancora meglio il cazzo nella sua figa, e gli accompagnava il movimento tastandogli il culo. Il che fece dire al nero che se la stava trombando: “ti piace eh?!Com'è farsi scopare da un vero uomo?!!”Mia moglie non rispondeva, ma continuava a gemere per ogni stantuffata che riceveva.

Continuarono cosi per un po, e sia io che Matteo non riuscivamo a distogliere lo sguardo…era terribilmente eccitante, anche se credo che ad entrambi scocciasse ammetterlo…Dopo poco entrambi i neri smisero si trombarsele e le fecero alzare. Si distesero a letto verso di noi e le nostre mogli gli si sedettero sopra. Cominciò cosi una scopata in piena vista per noi. Vedevamo i loro cazzi sfondargli la figa contemporaneamente, mentre entrambi per dargli il ritmo, gli palpavano per bene il culo e iniziavano a gemere anche loro…”oh si…piccola…!cosi brava…cavalcami alla grande, che mi piace!”Si vedeva che godevano parecchio…muovevano anche il culo semiballando per dargli più piacere…Che invidia che provavo…Improvvisamente i due neri si girarono, e dopo aver detto:”ora tocca a noi”le aprirono le gambe e gliele tirarono indietro fino ad aprirgliele completamente.

Ci ficcarono di nuovo il cazzo dentro e presero a sbattersele senza pietà. Dio mio…non avevo mai visto mia moglie aprire così tanto le gambe per farsi scopare. Non pensavo neanche potesse raggiungere una simile apertura. Continuavano a gemere dal godimento, e gli sguardi di quei due erano tutto un programma…erano decisamente fieri di quello che stavano facendo provare alle nostre mogli. Uno smise di sbattersi la moglie di Matteo, lasciandola ansimante sul letto, ma durò poco.

Ordinò a mia moglie di mettersi dietro di lui e di leccarle il buco del culo mentre riprese a scoparsela. Ci ficcò il cazzo dentro, tirandole indietro le gambe e appoggiandosele sulle spalle…Mentre mia moglie ubbidiente si mise e leccare avidamente il suo culo…Non avete idea di che rabbia!C'avevo provato non so quante volte a farmelo leccare, ma si era sempre rifiutata. Invece questo gliel'ha ordinato ed ora tra il cazzo nella figa della moglie di Matteo, e la lingua di mia moglie che gli lecca tutto il culo, chissà come starà godendo…Quell'altro invece si alzò, venne verso di noi, ci guardo pensieroso un'attimo, e poi si diresse verso Matteo e lo slegò.

Lo prese per i capelli e lo fece inginocchiare davanti a me. Non capivo cosa volesse fare…Poi improvvisamente disse a Matteo con voce perentoria: “dai che faccio divertire un po’ anche voi due! Ma le signore qui sono nostre ora…A voi…be…potete arrangiarvi, no?! Avanti da bravo, vediamo cosa sapete fare!Succhiagli il cazzo!” Matteo ed io eravamo esterefatti. Non sapevamo cosa pensare. Io ero ancora legato alla sedia e Matteo ai miei piedi che se voleva poteva anche alzarsi e provare ad aggredire il tipo e riprendere la situazione in mano.

Invece mi scioccò! Si avvicinò lentamente…tirò fuori la lingua e prese a leccarmi il cazzo!Non riuscivo a crederci…e subito dopo invece me lo prese direttamente in bocca! Oddio…Era…era decisamente piacevole…Mi stava succhiando il cazzo, e stavo anche godendo…Sentivo la sua lingua che si era avvinghiata attorno alla cappella e me la leccava tutta, mentre con le labbra se lo ingoiava fino alla base!Ahh…dio…Finalmente stavo godendo anche io!Le nostre mogli si erano fermate e ci stavano guardando anche loro incredule, vedendo Matteo che mi stava facendo un gran bel pompino.

Dopo qualche secondo tenne in bocca solo la cappella, e con la mano prese a segarmelo alla grande…E con la lingua intanto continuava a leccarmi tutta la punta…dio mio…sentivo il cazzo che pulsava di piacere…Stavo ansimando sempre di più, quando il tipo vicino a noi lo fece fermare. Vedendo la mia espressione di godimento allora decise di slegare anche me. “ora tocca a te! vediamo se sei all'altezza del tuo amico!”Non volevo neanche più ribellarmi…Era la prima volta che avrei preso in bocca un cazzo.

Non sono gay, però…avevo una voglia matta di provare. Allora appena Matteo si sedette, presi il suo cazzo in mano e glielo massaggiai un poco…Era morbido, ma duro allo stesso tempo…mi piaceva sentire quella sensazione. Allora mi avvicinai con la bocca e gli succhia la punta…Poi glielo leccai due o tre volte, e poi me lo misi in bocca e cominciai a spompinarlo avanti e indietro…Appena lo feci, sentii Matteo emmetere un gemito di piacere, il che mi fece infervorare ancora di più…Cominciai ad usare anche la lingua per farlo godere di più…Vedendo che avevamo preso a divertirci tra di noi, il nero li vicino tornò vicino al letto e si prese la moglie di Matteo, che ancora non credeva a quello che vedeva.

La fece alzare e la prese in braccio, aprendole le gambe. Appoggia la sua fighette fradicia sul suo cazzo e lascia che la gravità faccia il resto. Il suo cazzo entrò completamente dentro fino alla punta, facendola sussultare di piacere…Prese a sollevarla di peso e a rilasciarla cadere, iniziando cosi a scoparsela da in piedi, mentre lei ad ogni sbattimento non riusciva a tenere la bocca chiusa e continuava a gemere come un troia in calore…Ahhh…si….

si…. Continua!Oddio…. ah…ah…. Mentre l'altro aveva fatto distendere mia moglie a pancia in giù e aveva cominciato a scoparsela da dietro, penetrandola ed uscendo per tutta la lunghezza del suo cazzo facendo godere e gemere anche lei in continuazione, come una puttana sul punto di venire. Tutti quei gemiti mi avevano fatto venire una voglia matta di scopare…Allora tirai fuori il cazzo di Matteo dalla mia bocca, lo feci alzare e lo feci mettere a 90 su un tavolino, e con le corde di prima, gli legai le gambe aperte.

Non fece nessuna resistenza…Era messo con culo rivolto verso di me e il cazzo a penzoloni, gocciolante della mia saliva…Cavolo…aveva veramente un culetto notevole…a mandolino…piccolino…perfetto proprio…Pazzesco, non avevo mai guardato un culo maschile in vita mia…e invece ora, eccolo li…e non vedevo l'ora si scoparmelo!Allora gli presi il cazzo e glielo massaggiai un pochino molto lentamente…Dopo di che, non resistendo più presi a leccarglielo lungo tutta l'asta, per poi arrivare fino al buco del culo…mmmmh…sentilo…Mi piaceva massaggiarglielo con la lingua…tutto quanto…E piaceva anche a Matteo….

Continuava a gemere, e sentivo il suo cazzo pulsare ogni volta che arrivavo proprio li. Allora glielo massaggiai con ancora più passione, infilandoci un po di lingua dentro, che veniva accolta senza nessuna resistenza…”Oddio…si cosi…lecca ancora…”Continuava a gemere…ma volevo godere pure io…Allora lo slegai e lo feci distendere a terra, mostrandomi il culo. Mi chinai su di lui e appoggiai il mio cazzo sul suo buco. Mmmmmh…sentivo la cappella che stava scivolando dentro senza problemi…Aveva il buco completamente bagnato e mi stava risucchiando letteralmente il cazzo dentro…Dio…era un goduria…Avevo iniziato a muovere il bacino per farlo entrare meglio, che già sentivo il puro godimento, oltre al fatto di sapere che mi stavo sbattendo il culo del mio migliore amico…Era veramente una goduria…il godimento delle nostre mogli ormai lo sentivo solo di sottofondo…Ero completamente preso dal fottermi Matteo…e anche per lui era uguale…ad ogni penetrazione emetteva un gemito leggero di piacere…e avevo notato che con una mano aveva preso a segarsi per godere ancora di più.

Mmmmmh…Stavo per venire, ma mi fermai…non volevo che finisse di già. Allora tolsi il cazzo fradicio di umori dal culo di Matteo e mi distesi su un fianco. “ora tocca a te”gli dissi. Non se lo fece ripetere due volte. Mi allargò un gamba, mi appoggiò il cazzo sul buco del culo e prese a spingerlo dentro. Prima piano piano, per poi aumentare di intensità. Che goduria…sentivo il suo cazzo entrarmi tutto dentro e toccarmi la prostata ad ogni entrata…Oddio….

oh…sii…Non volevo che si fermasse più…Presi anche a segarmi pure io per godere meglio…Sentivo il suo cazzo ingrossarsi ancora di più dentro di me…mi stava sbattendo senza pietà…e non chiedevo di meglio…Poi improvvisamente lo tirò fuori, lasciandomi li ansimante con la voglia di risentirlo dentro. Si alzò e mi fece mettere a 90, allora gli presi il cazzo e me lo appoggia sul mio buco del culo e lo spinsi tutto dentro, riprendendo col movimento di bacino.

Lui era fermo e mi stava lasciando fare tutto a me. Continuavo a spingere per sentirlo uscire ed entrare…Avevo il culo in fiamme che voleva solo essere scopato…Non avevo mai provato una sensazione simile…Poi notai che lo sguardo di Matteo era tornato su sua moglie. Mi girai per vedere e la troia si stava facendo montare come una cagna in calore. A pecorina per terra con il nero sopra di lei che le stava sfondando la figa gocciolante, con una mano al collo per soffocarla leggermente e farla godere di più.

Gemeva da matti…sembra veramente una cagna in calore…Il cazzo a quella visione mi venne ancora più duro, e Matteo quasi per vendetta, prese a sfondarmi il culo con violenza. Mi mise le mani sulle spalle per fare più pressione prese sbattermi come un trapano. Continuava ad entrare ed uscire dal mio culo senza fermarsi un secondo. Era fantastico…sentivo goccioline di sperma che mi uscivano dal cazzo a penzoloni che si muoveva a ritmo…E mentre stavo gocciolando, vidi il nero che si stava fottendo mia moglie ansimare sempre più velocemente.

Allora girai la testa per vedere meglio. L'aveva appoggiata su un fianco del letto a gambe aperte, e stava aumentando l'intensità con la quale se la sbatteva…”ohhh…oddio…. godi puttana!!!!Siii…siiii……aaaah…..!!!”Improvvisamente rallentò e continuò a spingere dentro solo la punta con colpi molto lenti. Fino a che lo sentii gemere alla grande, ed eccolo che le sborro dentro…non aveva neanche tentato di togliere il cazzo dalla sua figa…voleva venirle dentro, ed infatti…lo lasciò dentro fino a finire tutta la sborrata, per poi toglierlo lasciandola con la fighetta grondante di umori e sperma…Subito dopo anche l'altro nero, smise di tutta fretta si scoparsi la moglie di Matteo a pecorina, e la fece inginocchiare subito.

Si sego qualche secondo, le ordinò di aprire la bocca e si lasciò andare, gemendo di piacere, schizzandole tutto il viso con fiotti di sperma, fino a quando una volta finito, se lo fece leccare e ciucciare un’altro po’ per farselo pulire per bene. E lei se lo ciucciava tutto, ingoiando tutta la sborra rimasta come una brava schiavetta…Matteo smise di colpo di sfondarmi il culo. Mi alzò una gamba e me la fece appoggiare su un tavolino.

Si inginocchio dietro di me, e mi diede una leccata favolosa al buco del culo…Oddio! Finalmente!!! Iniziò a leccarmi tutto il buco con avidità…Prese a cucciarlo… poi leccandolo, farci entrare la lingua dentro e leccando tutto l'interno…Sentivo la sua lingua toccarmi e massaggiarmi la prostata…Avevo il cazzo in fiamme…Tutto in tiro che pulsava come mai prima d'ora…Stavo per venire…”Non ti fermare…ti prego!!! Continua a leccare!!!!!Oddio…. si!!!Ahhhh!”Pochi secondi e sentii lo sperma schizzare fuori senza neanche essermi segato…Sgocciolavo fiotti di sborra senza fermarmi, mentre Matteo continuava a leccarmi tutto il buco del culo senza mai smettere….

Fantastico…Non riuscivo neanche a muovermi…Ero sfinito…Completamente soddisfatto per la grandiosa sborrata. Ma Matteo doveva ancora venire. Guardò e vide che sia io che sua moglie eravamo ko. Allora si avvicinò a mia moglie che lo guardo sorridendo. Lo fece distendere a letto…gli montò sopra mostrandogli quel bel culetto che si ritrovava…si appoggiò la fighetta fradicia sopra al suo cazzo e prese a strofinarglielo avanti e indietro…Mamma mia…era fantastica quella scena…mia moglie stava facendo una sega con la figa al mio migliore amico.

Anche i due neri ai piedi del letto stavano facendo apprezzamente per quella scena…Pazzesco…Sentivo gemere entrambi per lo strofinamento…A Matteo mancava poco per venire…si capiva da come ansimava…Allora fermò mia moglie e la fece alzare. Si distese sul divano e la fece distendere sopra di lui a gambe aperte. Fece scivolare il suo cazzo dentro la sua fighetta e cominciò a sbattersela, tirandole indietro la testa e soffocandola leggermente con il braccio. Se la stava trombando davanti ai miei occhi, e sia lui che lei stavano gemendo come a****li.

Sentivo mia moglie ansimare sempre più velocemente, quando Matteo con l'altra mano prese a sditalinarla mentre non smetteva di fottersela…”ahhhsiii…. continua Matteo…non ti fermare…Sii…. continua…. dio!!!!…oohhh!!!”Mia moglie prese a fremere…strillare di piacere e tremare mentre Matteo non si voleva fermare…Era presa da spasmi orgasmatici continui…Era stupendo vederli cosi presi…Cazzo…fantastico! Stava continuando a sbattersela anche dopo che era venuta, quando tutto all'improvviso, si fermo, fece alzare mia moglie a la fece mettere a novanta gradi davanti a lui…Si prese il cazzo in mano…cominciò a segarselo velocemente fino a quando tirò un urlo liberatorio ed ecco che si lasciò andare!Il cazzo prese a schizzare sperma tremando tutto dal piacere, sul culo e sulla figa di mia moglie che si godeva lo spettacola da là sotto, fino a quando non uscì più niente…Era venuto alla grande…ai piedi di mia moglie c'era una pozza di sperma e dei suoi umori.

Dio mio…che gran scopata…I due neri si alzarono e si rivestirono. E prima di andarsene ci dissero che se volevano, loro erano disponibilissimi a rifare il tutto un’altro giorno, e se ne andarono ridacchiando. Sonia e Serena sottomesse ripetutamenteIo e mia moglie Chiara siamo sposati da parecchi anni ormai. La nostra intesa sessuale è diventata, col tempo, sempre più profonda e matura. Come tutte le coppie di una certa età abbiamo i nostri problemi, ma l’amore che ci lega è antico e maturo, e li affrontiamo assieme.

E poi c’è sempre stata una persona, soprattutto agli inizi del nostro rapporto, che ci ha aiutato a scoprirci come coppia: il suo nome è Serena e, strano ma vero, si tratta di mia suocera. Tra me e lei c’è sempre stato un buon rapporto, ci siamo piaciuti sin dalle prime volte che andavo a casa sua per uscire con Chiara. Aveva divorziato dal padre di Chiara pochi anni prima che ci conoscessimo, credo perché si sentiva un po’ soffocata; come ho capito conoscendola negli anni, mia suocera è uno spirito libero, e forse alla lunga il menage matrimoniale l’ha stancata.

Ma una donna interessante come lei (ha molti interessi, e di vario genere: culturali, sportivi…) non poteva restare sola a lungo; infatti, negli anni successivi al divorzio, Serena si è concessa (mente e corpo) ad altri uomini. Un po’ ne ho conosciuti, tra il periodo del fidanzamento e i primi anni di matrimonio con Chiara. Erano dei tipi più diversi (professori universitari, agenti di viaggio, fotografi…) ma ognuno era interessante a suo modo per mia suocera.

Nessun nuovo marito però, solo storie d’amore tra persone mature che decidono di condividere un pezzo della loro vita; raramente queste storie duravano per più di un anno. Pur sperando io (e anche Serena lo sperava) che Chiara non seguisse l’esempio della madre, a me lo stile di vita della mia futura suocera non dispiaceva; era una donna con cui era piacevole passare del tempo, parlarci di qualsiasi cosa…e poi io le piacevo, mi faceva spesso battute su quanto tempo ci mettevo a sposare Chiara, che dovevo sbrigarmi.

Io e Chiara ci sposammo dopo 2 anni che stavamo insieme, e la prima casa in cui vivemmo fu un trilocale in affitto in città, ad un’oretta di macchina da Serena, che ogni tanto ci veniva a trovare. In quel periodo, Serena si stava lasciando col suo uomo del momento; circa due mesi dopo il matrimonio, un pomeriggio ci chiama per dirci che con lui è finita, che si sente un po’ sola…in pratica si autoinvita da noi per la serata, ma non è un problema.

Anzi. “Chiara, per me potrebbe fermarsi anche a dormire nella singola libera. Che ne dici? Così evita un’ora di strada in piena notte”. Chiara è un po’ titubante “L’appartamento è piccolissimo, avere mamma nella stanza vicino alla nostra vuol dire privacy zero. ” La cosa non mi turba. “Tua mamma è una donna di mondo; per me non è un problema. ” “Mah, si potrebbe anche fare…” Così convinco Chiara, anche se non al cento per cento.

Quella sera usciamo tutti e tre per un giro in centro: negozi, banchetti gastronomici in piazza…La serata passa allegra e piacevole, e prima dell’una di notte siamo a letto, io e Chiara nella nostra matrimoniale, Serena nella singola vicina. “Stasera eri bellissima, amore. ”“Grazie, tesoro. ” “Non riuscivo a smettere di guardarti, ti mangiavo con gli occhi… non vedevo l’ora che venissimo a letto. ” Le accarezzo il viso, ci baciamo…con le labbra le passo il collo, mentre lei tende il viso in alto.

Il suo nasino arricciato all’insù è erotismo allo stato puro, per me. Accarezzo il suo seno, il suo morbido, bellissimo seno…le scopro dolcemente un capezzolo, e inizio a succhiarlo dolcemente. Lei mi accarezza, dal petto scende giù, fino a sfiorare la mia erezione. Torno a baciarle dolcemente le labbra. “Ti andrebbe stanotte…di provare…”“Cosa?” “Dai, lo sai…”“Sesso orale?”Il sesso orale era un argomento problematico, Chiara non aveva mai voluto concedermi una fellatio, e siccome non voleva pretendere qualcosa che non dava, io non le avevo mai praticato un cunnilinguus.

“Lo sai che non mi va. ” “Si ma pensavo che magari, stasera…non so, potremmo provare…cominciare a provarci, almeno. ” “Lo sai che non mi piace. ” “Ma se non abbiamo mai neanche provato? E io vorrei poterti dare questo piacere. Sarebbe una cosa reciproca. ” Cercavo di convincerla senza insistere troppo, volevo che si sentisse completamente a suo agio. La discussione va avanti per qualche minuto, quando sentiamo un toc toc sulla porta.

“Posso?” Serena, in vestaglia nera, apre la porta della camera. “Scusate, stavo andando al bagno e per caso ho sentito che parlavate. Tutto ok?” “Si, mamma, tranquilla. Puoi tornare a dormire. ” “Tutto ok, Serena, grazie. E Tu? Il letto va bene?” le chiedo io. “Sì si, va tutto bene…” si avvicina al lato di Chiara, e si siede sul letto, vicino a lei “…non vorrei essere troppo invasiva ma…ho sentito che parlavate di sesso orale.

Avete dei problemi nell’affrontare la questione?” Si crea un lieve imbarazzo, almeno in me, ma vedo che anche Chiara è un po’ a disagio. “No, no, se ne parlava…” non so bene che dire. “Mamma, mi metti in imbarazzo. Sono fatti nostri. ” “Non voglio mettervi in imbarazzo, vorrei potervi aiutare. Sapete che con me potete parlarne. ”L’argomento è un pò imbarazzante, ma Serena è così dolce e disponibile (come è sempre stata) che pian piano l’imbarazzo sparisce.

“Si, stiamo affrontando la questione, è che Chiara non si sente ancora a suo agio nel…” “Non mi va, non me la sento ancora, mamma. ” “Ma non è un problema” io cerco di sdrammatizzare “insomma, penso che col tempo…” “Ma a me fa solo che piacere aiutarvi, possiamo trovare insieme un modo. Credo che il sesso orale possa essere un opportunità di darvi piacere l’un l’altro, ma forse, Chiara, hai bisogno che la tua mamma ti insegni come si fa.

Come ti insegnavo da piccola ad allacciarti le scarpe, o ad andare in bicicletta. ” “In che senso insegnarmi?” chiede Chiara. “Potremmo fare pratica insieme, e io ti condurrei passo per passo. Con il tuo aiuto, ovviamente. ” (rivolgendosi a me). “Cosa? Vorresti che gli facessimo insieme un pompino?” “Tesoro, è per farti superare i tuoi timori. ” “Ma sei seria?” “Che male c’è, siamo tutti adulti qui. Tu che ne pensi?” mi chiede.

Devo ammettere che l’idea di un pompino da parte di mia suocera, seppur imbarazzante, mi eccitava. Al tempo Serena aveva 49 anni, ma essendo una sportiva ne dimostrava meno di quaranta, il suo fisico era ancora ben tornito e formoso. Era proprio una gran bella donna, anche per questo non aveva problemi a trovare uomini che la desiderassero. Al solo pensare la sua bocca che vezzeggiava il mio pene, questo ebbe un sussulto. Ma preferii rimanere vago.

“Sei molto gentile a essere così disponibile, ma non so se Chiara…” “Mamma, è imbarazzante per me. ” “Non devi sentirti imbarazzata” disse Serena“la tua mamma ti vuole tanto bene e non vuole che tu ti precluda alcun piacere insieme al tuo uomo. ” “Io…insomma…se tu dici…possiamo provare. ” concluse Chiara. Ero al settimo cielo per l’eccitazione, ma mantenei un atteggiamento all’inglese, per non fare la figura dell’allupato. “Bene, mi fa piacere. Tu, caro?” chiede e a me.

“Beh, se Chiara è d’accordo, fa piacere anche a me. ” Feci io, un po’ paraculo. “Ok, allora, per iniziare vai un secondo in bagno a…” “Ok, vado” la precedo capendo cosa intende, e vado in bagno, a lavarmi il glande. Per l’eccitazione del momento, solo a scappellarlo per lavarlo mi sembra già di venire. Quando rientro, Serena è ancora seduta sulla sponda del letto, e fa un affettuoso massaggio alle spalle di sua figlia, che intanto rotea il collo lentamente.

“Bene caro, mettiti in piedi sul letto, io e Chiara staremo inginocchiate. ” Eseguo. Salgo sul letto, e mi appoggio alla parte centrale della alta testiera in legno. Serena e Chiara si mettono inginocchiate davanti a me, Chiara a destra e Serena a sinistra. Hanno già sistemato alcuni asciugamani per coprire le lenzuola. Sotto le leggere braghe del mio pigiama, è ben visibile la forma del pene eretto. “Per cominciare, Chiara, scoprigli il membro.

” Chiara prende i lembi del mio pigiama, e lo abbassa fin sotto il mio scroto. Il mio uccello appare per la prima volta, in tutta la sua durezza, alla vista di mia suocera. “Bene, è già eretto. Ora afferra la base dell’asta, e massaggiala. ” Chiara prende la base del mio uccello e comincia a massaggiarlo, in pratica una leggera masturbazione, mentre Serena avvicina la bocca, e appoggia le labbra sulla mia punta.

Lentamente, le fa scorrere sul mio glande, prendendomi tutta la cappella in bocca. Non riesco a trattenere un gemito soffocato, e stringo i pugni. Mia moglie mi sta facendo una sega, tenendo il mio uccello in bocca a sua mamma, che lentamente sugge dalla mia cappella. Ed è bravissima! Le sue labbra carnose strusciano avanti e indietro sul mio glande. Dal canto mio, cerco in tutti i modi di darmi un contegno, ma dopo poco non riesco più a trattenermi, e comincio a gemere di piacere “Ahhh…mmm” Tanto più che Serena, dopo una prima parte di lenti movimenti, aumenta il ritmo, e ingoia sempre più centimetri del mio uccello.

La sua testa, coi lunghi capelli scuri, fa avanti e indietro sotto di me. Dalla mia posizione privilegiata, lo sguardo mi cade per pochi secondi sul suo generoso seno, che si muove al ritmo via via più forsennato delle sue succhiate: per un attimo, immagino il mio cazzo che sburra copioso su quelle formose mammelle. Ma è solo un pensiero. Lo scaccio subito, altrimenti qui non duro mezzo minuto. Tutto a un tratto, Serena si ferma, e libera il mio uccello dalla sua bocca.

La cappella gronda della sua saliva, che in parte scivola fino alla base dell’asta, bagnandomela. “Ora prova tu, tesoro. Inizia con piccoli baci sul glande. ” Chiara, tenendomi sempre l’uccello in mano, avvicina il viso, e con delicatezza stampa alcuni bacini sulla mia cappella, ormai rossa e turgida. “Ora prova a toccarlo un po’ con la lingua, senza usare le labbra. ” Chiara passa allora a leccarmi la cappella, usando solo la lingua. “Brava, figliola.

Ora prova a succhiare la punta, come se stessi assaggiando un gelato. ” Ora Chiara mi da piccoli ciucciotti sulla punta della cappella. “Bravissima bambina mia, vedi che impari in fretta?” Chiara accenna dei sorrisi; ci sta prendendo mano, e anche gusto. Serena, per aiutarla a rilassarsi del tutto, riprende il massaggio alle spalle. “Bene così, lentamente. Non avere fretta. La calma e la lentezza valorizzano al massimo l’orgasmo. ” E mi guarda con un sorriso, che io cerco di ricambiare, pur tra i respiri accelerati: mia suocera e mia moglie erano inginocchiate davanti a me, una dietro l’altra.

Le mani della mamma carezzavano la figlia, quasi a darle il ritmo di quel pompino. Ed era un ritmo lento. “Ora, pian piano, cerca di succhiare un po’ più a fondo” le suggerisce Serena, da premurosa insegnante. Il pompino di Chiara si spinge sempre più a fondo, quasi a prendere tutta la cappella in bocca. Ha una dolcezza e una lentezza che adoro, ma che mi conducono quasi alla pazzia: vorrei supplicarla di farmi venire subito, di darmi il colpo di grazia, ma è la sua lezione.

Ed è stupenda. Non voglio assolutamente interferire. E comunque, dopo qualche altro istante di questo lento ma incessante stimolo orale, raggiungo il mio limite. Ma non voglio venirle in bocca; come prima volta, sarebbe eccessivo. “Chiara” la chiamo, tra un respiro e l’altro, ormai affannosi “…spostati… che…oooh… sto per venire. ”Faccio appena in tempo ad avvisarla; lei, presa di sorpresa, ha giusto il tempo di staccare la bocca, che partono gli zampilli. Chiara molla la presa, per cui il cazzo, senza controllo, espelle gli ultimi fiotti di sperma ballonzolando su è giù.

Uno colpisce anche il reggiseno nero di Serena. “Ops, scusa” fa Chiara. “Scusa me, dovevo… avvisarvi prima. ” mi scuso io, prendendomi qualche secondo per rifiatare dopo quella sburrata da dieci e lode. “Oh, figuratevi” fa Serena ridendo “Che problema c’è? Questa si lava. ” Intanto il mio uccello, ormai esaurita l’eiaculazione, comincia a gocciolare sperma sugli asciugamani sottostanti. “Ehi, aspetta. ” fa Serena, e in un attimo prende una salvietta e pulisce la punta del mio uccello dallo sperma rimasto.

Poi, dolcemente, me lo scappella due o tre volte, facendo uscire qualche altra goccia che subito pulisce. “Ecco fatto. Bello pulito. ”Tornammo a dormire, non prima di aver, sia io che Chiara, ringraziato Serena per quello che aveva fatto per noi. Da allora non abbiamo più avuto problemi riguardo al sesso orale, e siamo riusciti a darci sempre più piacere reciproco. E devo esserne grato alla mia cara e amata suocera!“Pronto, Serena?””ciao tesoro, sei in forma per questa sera? Ti voglio bello carico perchè oggi ho voglia di follie””ehmm cara, ci sarebbe un piccolo problema, lo sò che sono una bestia, ma ho per le mani una situazione nuova, di quelle prendere o lasciare non vorrei rinunciare, anzi ho detto di si per questa sera””che stronzo, hai anche la faccia tosta di dirmelo, e se anch'io ti dicessi oggi o mai più????””spero che non lo farai, questa donna è una vera bomba”Silenzio, dopo un attimo una risatina tra l'isterico e il trattenuto… “sappilo… sono molto incazzata””grazie, sapevo che avresti capito, chiedimi quello che vuoi, sono pronto a pagare pegno… Smackkkkkkkk, ciao”” se non fai troppo tardi passa a bere qualcosa, così mi racconti se valeva la pena trascurarmi per una maialona””ok ciao”Serena è come dire, l'amica speciale, intelligente, intrigante, complice, bella, e anche un pò porca.

Ci conosciamo da molti anni, ma non siamo mai stati una coppia, anche quando all'inizio ci vedevamo a casa sua tre quattro volte la settimana per scopare non ci siamo mai legati con una relazione. Se fossimo una coppia saremo una coppia aperta invece siamo molto di più, complici e amanti sapendo di trovare uno nell'altro la risposta ai nostri giochi e desideri erotici. Castana con occhi marrone scuro, due tette da miss maglietta bagnata e un culo da favola, pompinara ingorda, la sua posizione preferita è la pecorina, ma come prende il cazzo in culo impalandosi da sola a spegni moccolo è qualcosa che mi fa uscire di testa.

Tutto questo solo per dire a cosa ho rinunciato per questa serata novità, ma se le premesse sono quelle che ho intuito ne varrà la pena. Arrivo puntuale, faccio il giro del parcheggio e vedo subito il giallo di una vettura un pò in disparte al limite del parcheggio distante dalle altre auto. Un fremito di eccitazione mi sale dalle palle e attraversa tutto il corpo con un leggero brivido di piacere. Parcheggio dietro di lei che mi guarda dallo specchietto retrovisore, occhiali grandi e scuri le nascondono in parte i lineamenti ma è bella, anzi, di più.

Scendo e mi avvicino al finestrino dalla sua parte, i miei occhi non possono non cadere sulla sua scollatura che mette in mostra le splendide tette, non riesco a distogliere lo sguardo da quella meraviglia. “beh ti sei incantato… non si usa più togliersi gli occhiali e salutare?” mentre parla vedo con la coda dell'occhio che lei si sfila i suoi, “scusa, se riesco a non guardarti le tue tette ci provo”Mentre con una mano tolgo gli occhiali con l'altra avvicino un dito al suo collo e lo faccio scorrere lungo la scollatura fino a sfiorarle il seno.

Sei uno schianto, le dico mentre alzo lo sguardo e fisso i miei occhi nei suoi. Incontrare quegli occhi scurissimi e grandi mi da un altro brivido, so dal suo sguardo che sarò vittima della tigre che è in lei. “non fare il cretino, possono vederci, chiudi la tua macchina e sali, si và da me” Non mi rendo nemmeno conto di eseguire i suoi ordini come una marionetta, sono seduto vicino a lei e siamo gia fuori dal parcheggio lei parla ma mi sono perso, sento che mi domanda qualcosa, “allora?””scusami mi hai ipnotizzato, dimmi” mi guarda con uno sguardo cattivo, ma poi si mette a ridere: “non sono sicura di aver fatto un grande affare con te, se sei in questo stato adesso dopo cosa fai? mi svieni appena messo piede in casa?”Mi guarda divertita, guarda la strada, mi passa la mano dietro la testa e tirandomi verso di lei mi bacia leggera sulle labbra.

“Non voglio che veda dove stiamo andando, sei ancora in tempo a tirarti indietro”. Mi porge due batuffoli di cotone del tipo che le donne usawno per struccarsi: “non posso bendarti, daremmo troppo nell'occhio, quando te lo dico li metti dietro le lenti degli occhiali in modo che ti facciano tenere gli occhi chiusi, ovviamente se non vuoi torno indietro e ti riporto alla macchina””no, no, sei pazza non scendo da questa macchina per tutto l'oro del mondo figurati se faccio storie per una benda”Ride, si diverte, sarò il suo schiavo e lo sà, sta mettendo i paletti e io non ne scavalco neppure uno, la seguirei fino all'inferno anche se spero, di ritrovarmi in paradiso.

Sono bendato da un paio di minuti, alla prima svolta già non sò più in che direzione andiamo, ancora un paio di svolte e capisco che stiamo parcheggiando. Si sporge su di me, mi sfiora il collo con le labbra, contemporaneamente con un tocco da maestra stringe il mio cazzo semi turgido tra le dita lunghe, è il suo primo contato col mio uccello: “ah però… Non credo che mi deluderai, sembra che quello che sento corrisponda alle foto” Il suo alito caldo, la sua mano che mi palpeggia, ho un'erezione istantanea, le sue dita si aprono e si richiudono un paio di volte sul cazzo duro: “andiamo, non sprechiamo altro tempo” mi sussurra all'orecchio.

Attaccato al suo braccio facciamo pochi passi, sento che non usa le chiavi per aprire, suona al citofono e senza che alcuno risponda sento lo shitto del portone che si apre. “che scherzo è questo? Non mi avevi detto che non saremo stati soli?””hai ragione, ma ti ho detto che ci sarebbe stata una sorpresa e che in qualsiasi momento puoi rinunciare e io ti riaccompagno, tranquillo, non faccio brutte sorprese, però se vuoi ce ne andiamo”.

Un attimo di silenzio in attesa della mia risposta, ma lei continua a guidarmi verso l'ascensore, sa che non rinuncierò, anzi questo imprevisto mi eccita e mi attira, che mi frega se il marito è un guardone e gode nel vedere un altro che sbatte la moglie. Appena le porte dell'ascensore si chiudono schiaccio il mio corpo contro il suo, le mani sulle sue tette sode, il cazzo che preme sul suo inguine, lei mi prende il volto tra le mani e mi guida verso la sua bocca, mi infila la lingua in bocca, si incolla come una ventosa, sembra volermi risucchiare anche l'anima in quel bacio che mi lascia senza respiro.

Siamo al piano, mi guida ancora per un paio di passi, faccio il gesto di togliermi gli occhiali, mi ferma: “ancora un attimo, appena siamo dentro”. La porta è accostata, entriamo in silenzio, lo shitto della serratura mi dice che siamo dentro. Ancora cinque passi, si ferma, la sento davanti a me, mi sfila gli occhiali, si allontana di un paio di passi, vuole godersi lo spettacolo della mia faccia stupita, incredula, sbigottita. Non capisco… riconosco quel salotto, ma non capisco perchè dovrebbe esisterne uno uguale in casa di una donna che non conosco.

Lei sorride, mi guarda con la consapevolezza di conoscere i miei pensieri, il mio stupore, non parla ma l'ironia della sua espressione mi dice che il gioco è gia cominciato. Mi gira intorno, adesso è alle mie spalle, si stringe a me premendo con il seno caldo sulla mia schiena, si stringe al mio petto con un braccio mentre con l'altra mano mi carezza, scende sulla pancia, non si ferma, ha di nuovo in mano il mio cazzo duro, si stacca di nuovo, prende da una sedia un foulard e mi benda di nuovo, mi conduce in un altro ambiente, mi aiuta a distendermi sul letto.

La lascio fare, sono passivamente nelle sue mani, ho paura che mi leghi al letto ma allo stesso tempo lo spero, essere indifeso tra le sue mani è tanto pericoloso quanto eccitante. Lo sta facendo, mi lega i polsi con qualcosa di morbido, stà attenta a non stringere troppo, a non farmi male, adesso mi lega i polsi al letto… ecco ora sono suo prigioniero, cosa saprà inventarsi per sorprendermi ancora. La sento spogliarsi, viene sul letto, le sue cosce calde si poggiano sulle mie gambe, il cazzo sembra debba scoppiare, sento i suoi capelli sfiorare la mia pancia, un attimo dopo la punta della sua lingua percorre il glande con una lentezza esasperante, vorrei che imboccasse il cazzo duro che lo spingesse fino in gola, Invece continua col suo lento lavorio in punta di lingua, adesso scende lungo la mia asta tesa, scivola piano con tutta la lingua, arriva alla palle e comincia un lavoro di lingua alternato a piccoli succhiotti che portano le mie palle ora una poi l'altra dentro la sua bocca, risale e finalmente ingoia il mio cazzo ormai esasperato dalla lentezza del gioco, ogni fibra del mio corpo in tensione comincia ad assaporare il nuovo ritmo, il suo su e giù con la bocca è sempre lento, quando arriva in fondo all'asta si ferma un attimo e poi risale con altrettanta lentezza, è fantastico il suo modo di succhiarmi, solo una cosa mi manca.

Vorrei avere le mani libere per prenderle la testa ed essere io a darle il ritmo, ma anche per giocare con le sue tette. Le chiedo di liberarmi, non risponde e continua, adesso forse per punirmi della richiesta comincia a mordicchiare la cappella… morde con decisione ma molla la presa un attimo prima che sia davvero doloroso, sono in bilico tra la paura che possa stringere troppo e l'eccitazione per la novità che comunque mi da un fremito ad ogni nuovo morso.

Bendato, eccitato e preda di una che dispone di me a suo piacimento ho perso la nozione del tempo, non può esserne passato tanto ma io ne ho perso la misura. Si è fermata, sento il suo peso sulle mie gambe e le sue mani che mi percorrono il corpo, pancia, petto, spalle, braccia, le sue mani sul viso, penso adesso mi toglie la benda… invece no, si muove, si tira più sù, sento la sua figa umida poggiata sul mio cazzo duro, i capezzoli duri sul mio petto, la sua bocca calda sulle mie labbra, la sua lingua cerca la mia, le lingue si intrecciano, si inseguono, ruotano una intorno all'altra.

Anche questo è un espediente per non farmi fare domande. La mia bocca piena della sua lingua, la mia lingua avvolta alla sua per non poter chiedere: “cosa succede, se le tue mani sono sul mio viso, di chi sono le mani che stringono il mio cazzo e lo strofinano sulla tua clitoride?” Nell'eccitazione e nella voglia di vivermela tutta questa avventura non mi sono accorto che c'era qualcun altro nella stanza, il mio cervello comincia a risvegliarsi dalla febbre erotica che mi ha travolto, comincio a pensare di aver fato una cazzata a fidarmi ciecamente di una sconosciuta.

Una leggera paura si insinua nella mia mente, il pensiero che un gioco fantastico possa trasformarsi in una tortura si fa strada, eppure continuo ad essere eccitato da questa situazione, finora a parte le continue sorprese è stato tutto fantastico. Perchè dovrei avere paura, va tutto a meraviglia. Mi concentro sulle mani che giocano sul mio pene, sono piccole da donna, è già un buon segno. Adesso non sento più le mani ma una bocca che avvolge delicatamente il glande, un paio di succhiotti, un affondo, una succhiata potente e prolungata, la risalita e poi ancora la lingua che gioca sulla cappella, una strofinata sulla figa umida e di nuovo una spompinata.

Non posso resistere ancora per molto, sento che lo sperma comincia a premere per schizzare prepotente e se sarà dentro una bocca aperta o sulle labbra di una figa umida non sarò io a deciderlo. Invece no, all'improvviso tutto si ferma, sono solo sul letto, la mia sborrata è rimasta in canna, il pensiero della tortura erotica torna ancora alla mia mente: “dai slegatemi cazzo, finora tutto bene ma non esagerate” Sento rumori intorno a me, anche un risolino che segue alle mie esortazioni.

Dei gemiti di piacere, qualcuno continua a fare sesso dimenticandosi di me. “no cazzo così non ci stò, Liberatemi o faccio un casino”. la mia voce alterata comincia a tradire la mia irritazione. Solo mugolii di piacere rispondono alle mie richieste, mi agito e cerco di liberarmi ma non ci riesco. “porca troia, cazzo, mi sto rompendo i coglioni”Ho alzato la voce non so se è panico o rabbia. “Serena che cazzo stai combinando”Mi fermo a pensare a ciò che ho appena detto, “perchè ho nominato Serena? cosa c'entra Serena?”Cerco di calmarmi, ripasso con la mente gli ultimi avvenimenti, le piccole mani sul mio cazzo, quel modo particolare di spompinarmi, quel risolino che avrei dovuto riconoscere, e adesso perfino il profumo nell'aria mi dice quanto sono pirla, una parte di me aveva capito, ma io ero prima troppo preso e poi spaventato per realizzare la situazione.

Sono di nuovo calmo, tiro un sospiro di sollievo, perfino il mio cazzo è moscio, sorrido: “dai Serena, finalmente ci sono arrivato, slegami e concludiamo in bellezza la serata”nessuna risposta ma un peso sul letto mi dice che qualcosa stà per succedere, “mmmmmm cosa è successo a questo pisellino moscio”, una mano comincia leggera il lavoro per risvegliarlo, una carezza, un lento su e giù, una bocca che lo ingoia per intero, un bel risucchio e già riprende vigore, non è Serena che me lo lavora, è Giovanna, pochi attimi e torna duro pronto per il nuovo corso dei giochi, “liberami, ho voglia di toccarti, di partecipare a questo banchetto, Voglio la mia parte di figa, siete due troie due maiale, liberami che ti faccio vedere, ci divertiamo sul serio”Mi sta infilando un profilattico, si impala sul mio randello di nuovo in tiro, si cala lentamente fino a sentire le palle che le toccano le natiche, è così bagnata che il cazzo le scivola dentro fino in fondo in un unico movimento.

Non mi slega ma mi toglie la benda, davanti agli occhi i suoi capezzoli a portata della mia bocca mi nascondono il resto della camera ma continuo a sentire gemiti e mugolii che non posso più confondere, è Serena che se la gode, ma con chi? I capezzoli sono troppo vicini ed invitanti, con la punta della lingua comincio a titillarli, ne succhio uno mordicchio l'altro, i suoi movimenti ora più veloci mi portano velocemente alla soglia di un orgasmo che aspetto da troppo tempo, di nuovo dimentico che non siamo soli, mi libera le mani tra una spinta e l'altra, prendo le fantastiche tette, le stringo le massaggio, me ne riempio la bocca, non resisto più.

Comincio a spingere cercando il tempo con il bacino di Giovanna, le afferro le natiche, i miei colpi verso l'alto la fanno danzare sul mio cazzo, si butta in avanti sul mio petto per lasciare che il mio movimento sia il più lungo e profondo possibile, spigo, spingo, stò godendo, sento la sborra che esplode prepotente, uno schizzo, un altro, uno ancora, finalmente anche Giovanna comincia a tremare sento la sua figa stringere il mio cazzo nelle contrazioni dell'orgasmo, i suoi gridolini di piacere riempiono la stanza, mi incita a non fermarmi: “se ti fermi adesso ti uccido”sembra non finire mai, non mi fermo continuo a spingere, ma adesso lentamente, sono esausto, è lei che muove il bacino per sentire ancora fino in fondo l'asta che lentamente perde turgidità, stringe forte con le cosce, non vuole ancora lasciarmi uscire, si abbassa su di me, mi morde i capezzoli, mi succhia il lobo delle orecchie, cerca in ogni modo di risvegliare la mia eccitazione ma io non reagisco, per il momento non ne ho più.

Apro gli occhi, chiusi per il piacere e per la stanchezza, il suo viso sul mio è sorridente, temevo non avesse gradito l'attimo in cui mi sono arreso, il suo sorriso dice tutt'altro, è soddisfata e si vede, mi bacia, si sdraia su un fianco col cazzo ormai quasi moscio ancora dentro di se. Liberata la visuale dallo schermo del corpo di Giovanna finalmente vedo il resto della camera, stupito ma a questo punto non sorpreso, vedo Serena che in ginocchio sta succhiando con grande goduria il cazzone di tizio a me sconosciuto.

Come ci da dentro la troia, conosco bene con quale passione si attacca al cazzo e non lo molla fino a che non ottiene la crema che ama spalmare sulle splendide tette. 5?Quasi avesse sentito il mio pensiero, si volta, fissa un attimo lo sguardo nei miei occhi, interrompe un attimo la pompa e con un sorriso beffardo ma con la sua solita allegria mi chiede: “piaciuta la sorpresa?”solo un attimo per godersi la risposta del mio sguardo e del mio sorriso ebete che è già di nuovo tornata al suo appassionato pompino…“Non… non puoi chiedermi anche questo…” iniziò a dire, disperata “mi hai fatto di tutto, ti rendi conto?? Ho sbagliato con te in passato, ma mi pare di aver saldato adesso!!!”Marco era freddo come il ghiaccio.

“Conterò fino a tre… uno…” scandì. “Ma… è solo andare in bagno… un minuto, non chiedo nulla di più di un minuto!!!!” continuò Serena, resa isterica dalla piega degli eventi. “Due…”, proseguì indifferente lui. Serena non poteva crederci… non poteva credere di essere giunta a tale profondità nell’abisso… Sapeva cosa voleva dire andare oltre quel conteggio… si rendeva sempre più conto dell’assenza di limiti nelle perversioni di lui… non era il gesto ad umiliarla, inginocchiarsi dopo quanto successo era il meno… no… era quell’invasione che punto dopo punto voleva spingersi in tutti gli angoli della sua vita…E a cui non poteva opporsi…Si inginocchiò davanti a lui, senza guardarlo.

Lui mise due dita sotto il mento di lei, alzandole delicatamente il viso. “mi dicevi, puttana?”“Posso andare in bagno adesso?” chiese trattenendo i singhiozzi. “Intendevi dire, posso andare in bagno, Signore, immagino…. ” Precisò lui. Serena inghiottì amaro. Strinse gli occhi, e tutto d’un fiato riformulò la richiesta “Posso andare in bagno, Signore?”“Brava la mia puttana…” disse lui, raggiante in viso, accarezzandole la testa come ad un cane “vedi che non ci vuole poi molto… alzati e seguimi.

”Serena eseguì, ed entrambi uscirono la stanzetta… solo che Marco non le aveva ancora detto se poteva andare o meno. Si diressero verso Paola, seduta comodamente al posto che era stato il suo… dietro al bancone… mentre alcune persone nel negozio facevano il loro giretto. Potenziali clienti. La raggiunsero. La donna al bancone era raggiante. Senza alzare la voce, si dedicò a Serena. “Mamma mia, se c’è una che sa di cazzo appena preso, sei tu Sere… e hai l’aspetto di chi ne prenderebbe ancora e ancora…” disse, guardandole la scollatura profonda.

Lei non ebbe il tempo di reagire, Marco intervenne. “La puttana deve andare in bagno. Accompagnala, falla pisciare e riportamela subito, che abbiamo qualche commissione da fare… bado io qui per il momento. ”Serena rimase a bocca aperta… si era illusa per un istante, e aveva sbagliato. Non le avrebbero concesso un minuto da sola. Umiliazione su umiliazione… nessuna deroga a quanto avevano promesso… nessun cedimento riguardo alla linea che adottavano verso di lei.

Usata, degradata, trattata come un giocattolo… Non osava dire nulla, specie nel vedere Marco con l’espressione di chi repliche non vuole sentirne… Occhi imploranti, l’unica cosa che si concedeva… mute implorazioni che raccoglievano solo l’indifferenza o il divertimento dei due. “Oh!” sorrise la donna, “subito, signore. Vieni Sere, su, dai. ”Serena dava un peso anche al gesto che la bastarda aveva fatto… l’aveva invitata a seguirla verso il bagno picchiettando la mano sulla coscia… come fosse un a****le da addestrare… Andò con lei, che sempre con sorriso smagliante le teneva aperta la porta del piccolo bagno.

Paola fece passare Serena, e richiuse. Si voltò verso la preda. “Svelta, gran signora, che ho un negozio da mandare avanti. ” Lo disse con una soddisfazione immensa. Serena la guardò schifata, scrollando lenta il capo. “Io ti ho insegnato a lavorare qui e tu… tu… sai cosa mi hai fatto! Paola, io e te eravamo amiche e…”“Amica” la interruppe l’altra “non ho tempo per i discorsi. Siediti e falla, qui, davanti a me.

” Sentenziò. L’urgenza imponeva a Serena l’impossibilità di scegliere… si alzò la gonna quel tanto che bastava per sedersi, continuando a guardare fisso Paola, con tutto l’odio che poteva esprimere…Veniva ricambiata da un sorriso, mentre la faceva… ovvio, pensò Serena, sono qui davanti a lei a far pipì a comando… dopo che mi ha toccato ovunque… ed il pensiero divenne parola…“Sei solo una pervertita Paola… solo questo… troverò il modo di fartela pagare, stronza che non sei altro…”Lei non si scompose, mentre osservava Serena ripulirsi.

Aspettò si alzasse dalla tazza. Poi, guardando Serena che si dirigeva verso la porta, le rispose. “Sai perché sorrido? Ti ascolto mentre dici che me la farai pagare, mentre penso al fatto che tra non molto avrò la mia prima ricompensa…” disse parlando alle spalle di Serena, che vedeva irrigidirsi… “quindi se ti va di dirmi quello che pensi, in tutti i modi possibili, fai pure… Serve solo a farmi eccitare ancora di più.

Attenta però, se fossi in te, non direi queste cosette davanti a Marco…”Serena rimase un istante immobile… poi mise la mano sulla maniglia per uscire dal bagno. Non si accorse di quanto fosse importante il gesto successivo… eppure, il fatto di ritrarre la mano, e lasciare che fosse Paola ad uscire per prima, era enormemente significativo… Inconsciamente, si rendeva conto che non avrebbe saputo cosa fare, una volta uscita… avrebbe avuto il timore di sbagliare… di essere punita…Paola per contro aveva inteso la portata di questa piccola sfumatura, e passò davanti a Serena con l’atteggiamento della dominatrice…“Seguimi, gran signora.

” Le disse, e tornarono verso Marco. Nel negozio c’erano vari clienti, alcuni dei quali guardarono affascinati Paola, e molti tra il voglioso e l’incredulo Serena… la scollatura continuava ad essere un magnete per gli occhi delle persone attorno…“Ha creato problemi, la mia puttana?” chiese Marco, diretto, ignorando Serena. “Uhm…” fece finta di riflettere Paola, divertendosi a vedere il viso della preda divenire implorante… chiedeva tacitamente di non rivelare le offese dette poco prima…“Svelta è stata svelta… peccato quella linguetta lunga…” disse alla fine Paola.

Marco si accigliò, guardando Serena, ma vedendo una coppia avanzare verso il bancone per pagare un indumento, disse solo “Dopo ne parleremo per bene… ora andiamo a fare compere. ”“Come… dobbiamo uscire dal negozio?? Un attimo… mi devo cambiare…” aveva risposto a precipizio, con il cuore in gola. Ingenuamente, per quanto usata in tutti i modi, si aspettava che niente si spostasse al di fuori di quell’ambiente… era inconcepibile per lei mostrarsi in quel modo là fuori, lungo il centro commerciale, dove in molti poi la conoscevano…Marco le fu all’orecchio…“Io ora esco di qui… appena sulla porta, voglio voltarmi e vederti dietro di me… oppure vuoi che il caro maritino veda quanto godi con il mio cazzo nella figa? Nel video penso si noti piuttosto bene…” e detto questo si avviò verso l’uscita.

Serena si sentiva persa… Paola nel mentre stava servendo i clienti, sogghignando. Marco era a due metri dalla porta… non c’era tempo per riflettere… lo seguì, sentendosi il volto in fiamme per l’imbarazzo…Lui la guardò dall’alto in basso, prima di sorridere. “Molto bene, facciamo due passi, ho voglia di mostrare la mia puttana in giro…” disse avviandosi con lei al fianco lungo la galleria di negozi. Serena era nel panico… non portava intimo, e quella camicetta lo rendeva evidente… incrociò le braccia sul petto, mentre camminava, allo scopo di mettere almeno una difesa a quell’esporsi…Il gesto non sfuggì all’uomo.

La fermò. Piano, quasi con delicatezza, le prese entrambe le mani nelle sue, distendendole le braccia lungo i fianchi…“Non devi assolutamente coprirti… voglio che tutti godano dello spettacolino…” e riprese a camminare con lei al fianco, ubbidiente nella postura. “Marco… per favore, si vede tutto… qui mi conoscono… cosa penseranno…” disse Serena ad occhi lucidi. “Ti conoscono? Conoscono forse la gran signora che se la tira… adesso conosceranno la puttana in calore che sei…” le spiegò lui.

Serena riceveva quelle risposte come sberle, mentre la vergogna andava a mille… chi le fissava la scollatura, chi la guardava sdegnato, con scritto in faccia cosa pensava di una donna che girava a quel modo…E a Serena pareva di vederli tutti quegli sguardi… mentre il suo seno veniva trattenuto a stento dall’indumento, mentre i capezzoli facevano ben capire che oltre ad esso, lei non portava nulla…Quanto doveva durare quell’oscena sfilata? Già aveva dovuto rispondere al saluto di alcune facce conosciute… gente che era rimasta o stupefatta, o piacevolmente impressionata… Risultato sempre identico… occhi su di lei…Marco, dal canto suo, manteneva un aspetto austero di facciata.

Dentro godeva. Senz’altro scoparsi Serena era qualcosa di magnifico… averla totalmente, lo era ancor di più. Lo riempiva una furia cieca quando percepiva in lei quel che di ribellione derivante dai loro passati rapporti, una furia che ora poteva stemperare immediatamente, soggiogandola a suo piacere. Vederla ora in quello stato, dipendente dai suoi capricci, esposta come non lo era mai stata, era un dolce nettare…Ma la strada era molto lunga… sogghignò, pensando che la sua schiavetta di certo si illudesse che tutto fosse una brutta avventura momentanea… che caduta nel precipizio, poi si potesse solo risalire…No.

Sul fondo, lentamente, ma senza esitazioni. E la prova stava anche nel negozio che stavano raggiungendo…Serena si bloccò di colpo. “Marco! Che intendi fare??” disse impaurita. Il viso di lui era la quint’essenza dell’innocenza. “Cosa, puttana? Stiamo semplicemente per far compere…” rispose soave. Lei indirizzò lo sguardo verso la loro meta… il negozio sportivo. Quello di Gianni. “Sei…” stava per offenderlo… le parole le salirono in gola… prima di rendersi conto che lui l’aveva privata di quello sfogo… sarebbe accaduto senz’altro di peggio, se non avesse misurato quanto stava per dire… Cambiò subito tono…“A-ascolta… non lì… ti chiedo solo questo, solo questo! Gianni tornerà alla carica di sicuro se mi vede vestita a questo modo! E’… viscido!!” concluse lei, seriamente convinta che quelle motivazioni sortissero qualche risultato.

Marco finse di riflettere, davanti a lei. “Pensa, puttana… quanto diviene importante la tua ubbidienza ora… noi entreremo lì, perché ho deciso così, e sarai, per così dire sotto esame… Se sarai ubbidiente come dico io, compreremo quello che serve, ed usciremo… se però non ti giudicassi soddisfacente, beh, immagina con quanta soddisfazione ti scoperebbe uno che hai rifiutato…” disse flemmatico. “N-no… ti scongiuro, questo non può…” piagnucolò Serena. Il dito di Marco, a segnalare il silenzio.

E lei prontamente tacque. “In pratica, dipende da te, puttana… brava e ubbidiente, oppure il suo cazzo glielo svuoterai tu. Intesi?”Serena era avvilita. In altre occasioni, si sarebbe sentita addirittura ammirata per la sottigliezza di un gioco simile… Marco praticamente non la concedeva di suo spunto, stava in lei la volontà di umiliarsi davanti a chissà quale nuova perversione per evitarne una assolutamente drammatica… E, come ogni volta, diveniva un gioco senza uscita… che le imponeva un’unica rispostGuardando a destra e sinistra, occhi lucidi, si rassegnò…“s-sì, ma ti prego…” tentò di aggiungere, lui fu però perentorio.

“Seguimi, puttana. ” E si avviò dentro il punto vendita, piuttosto grande ed affollato. Dapprima, l’ingresso della coppia fu anonimo. Un minuto dopo, quando si avvicinarono ai primi scaffali, cominciò la stessa scena della galleria… la scollatura di Serena calamitava come al solito e, secondo gli ordini, lei non doveva far nulla per tentare di coprirsi. Marco passeggiava tranquillo, guardava tutto e nulla. In realtà, vagliava… tutti i visi di chi indossava la maglia “staff”… Finchè trovò quello che cercava, confermato poi dalla velocità con cui Serena abbassava il viso, per fare in modo che i capelli la celassero…Gianni.

Stava riordinando della merce in una corsia. Non aveva visto Serena, era di spalle. Marco era però sicuro fosse lui. Sui 45, a impartire indicazioni a dipendenti più giovani… sì. Marco si voltò verso Serena. “Puttana, adesso devi essere gentile… so benissimo che quello è Gianni…” disse, e trovò nuova conferma nel silenzio di lei, e proseguì “non devi poi fare molto… salutarlo, come si fa tra due persone civili… e coglierai l’occasione per scusarti per il tuo comportamento eccessivo nei suoi confronti…”“Ch-che cosa??? Il mio?? Lui ci ha provato con me e io dovrei…” disse incredula lei.

“Esattamente. Qualche problema?” chiese lui, duro. Serena ricordava bene con quanta durezza aveva respinto le avances di Gianni, per altro volgari. Con durezza, certo, e con grande senso di soddisfazione… l’aveva fatto andare via con la coda tra le gambe…Lo ricordava… e senza dubbio, lo ricordava anche Gianni. Ed ora le si chiedeva di domandare scusa… facendogli così capire che lui aveva avuto il diritto di provarci, e gli offriva la porta aperta per un’altra occasione… si sentiva bruciare… di rabbia, di disperazione…Di vergogna.

E l’altra incognita… Marco come l’avrebbe chiamata… da quando l’aveva calata nella trappola, “puttana” era diventato il suo unico nome… Non poteva… non poteva…Marco notò l’esitazione. Non fece discorsi. Nessuna minaccia. Cominciò a contare. “Uno…” disse con calma. Il cuore di Serena batteva all’impazzata… e se… e se cosa?? Ubbidienza… solo quella accettava lo stronzo!!“Due…” continuava Marco, troneggiando su di lei…Lo guardò fisso… scaricandogli addosso con un solo sguardo tutto quello che provava… stringendo i pugni, un muto urlo rabbioso… che però portò all’inevitabile…“Va bene… va bene, bastardo!” disse alla fine.

Un tremito le prese le gambe, mentre seguiva Marco, mentre si avvicinavano al padrone del negozio, sempre indaffarato nel suo lavoro…Un’occhiata di Marco fu sufficiente per far capire a Serena di richiamare l’attenzione dell’uomo. Un respiro profondo… un annullarsi…“Buongiorno Gianni…” sussurrò…Lui si voltò, con la faccia di chi viene infastidito mentre sta facendo un lavoro importante…Fu con divertimento che Marco lesse i cambiamenti di umore sul volto di lui… prima il fastidio, appunto, poi quel che di indispettito… del resto, si trovava davanti chi l’aveva rifiutato seccamente… per poi passare allo sbigottimento, quando si accorse delle grazie di Serena così in vista…E la bocca arcigna di Gianni si aprì infine in un gran sorriso…“Serena! Buongiorno! Che sorpresa!!” disse entusiasta.

Lei, imbarazzata, fece i discorsi di circostanza. “Passavo di qui… per… compere… ti… ti presento Marco… il mio… il mio capo. ” Disse accennando con la mano a quello che in realtà era il suo padrone. I due si strinsero la mano e si presentarono. Un brevissimo silenzio, una nuova occhiata di Marco. Intransigente. “Gianni…” sussurrò lei, mentre l’altro lanciava sguardi nella sua scollatura, sguardi percepiti, pesanti…“Dimmi pure, cara. ”“Io…” iniziò con un groppo in gola che la strozzava “io volevo… cioè…” alzò lo sguardo verso Marco, inflessibile nel ricambiarlo.

“Volevo… scusarmi per averti trattato male, tempo fa…” disse d’un fiato. L’altro fece tanto d’occhi… sorpreso, oltre il descrivibile… e poi, un sorriso furbo, da piacione, si dipinse sul suo viso…“Oh cara… si vede che ci siamo capiti male… non preoccuparti, magari ne parliamo a quattr’occhi un’altra volta…” disse sornione, passandole due dita sul viso. Marco intervenne. “Bene, sono felice che vi siate chiariti. Ora, Gianni, facciamo un giro, dobbiamo fare acquisti… potremmo aver bisogno più tardi.

”“Quando volete” gli rispose l’uomo, che non staccava gli occhi da Serena. Marco fece due passi, poi richiamò Serena con quel modo umiliante che lei aveva già vissuto… due colpi sulla gamba, come a richiamare un cane… Un gesto che, lei vide, non era sfuggito a quel coglione di Gianni…Come a richiamare un cane…E come un cane, lei seguì Marco. Un cane bastonato, a testa bassa, incapace di alzare lo sguardo…Lui sorrideva, cingendola con un braccio, un contatto che le fece venire la pelle d’oca, ma da cui non osava sottrarsi.

“Vedi, puttana, non è stato poi così difficile…” considerò lui. Serena a testa bassa, gli rispose “Tu ci godi… ci godi proprio a farmi sprofondare…”“Oh, mia cara puttana, lo chiami sprofondare questo? Siamo solo all’inizio… ma con l’ubbidienza, tante cose le potrai evitare… dipende da te, puttana, da te… Ferma un attimo” disse Marco all’improvviso. Si trovavano davanti all’abbigliamento da fitness, che sembrava aver catturato l’attenzione di lui. “Sì…” mormorò Marco, prendendo alcuni capi velocemente.

Si voltò verso Serena “al camerino, puttana. ” Ordinò, indicandone uno piuttosto isolato. Lei vi si diresse, scortata da lui. Giunti davanti al primo camerino disponibile, Marco fece scorrere la tendina. “Dentro, e fammi vedere come stanno questi. ” Disse, tirando la tenda per metà e mettendosi in attesa, poco fuori la stanzetta. Un sorriso gli spuntò, notando come Gianni fosse lì in zona, inventandosi chissà quale lavoro da fare, ma in realtà facendo la figura del calabrone impazzito attorno al fiore…Riportò l’attenzione sulla sua schiavetta.

A causa della tenda aperta per metà e il grande specchio sulla parete del camerino, Serena si stava spogliando in maniera impacciata stando appiccicata alla parete. Nonostante le prove a cui era stata sottoposta, Serena non si capacitava di rimanere nuda per lui… avvilita, dopo essersi tolta la camicetta, si copriva il seno con un braccio, mentre pescava un indumento dal piccolo mucchio che Marco le aveva consegnato. E scosse il capo…Era una canotta per la palestra… di un colore azzurro pallido… senza dubbio troppo piccola per contenere le sue forme.

Guardò Marco sospirando. “Indossala, puttana. ” Fu l’unica reazione di lui, fermo appoggiato allo stipite a controllarla. Serena si chiedeva a quale assurdo gioco dovevano servire quegli indumenti… cosa le riservava lo stronzo? Aveva già chiesto scusa all’altro porco… cosa voleva di più??Ubbidiente… totalmente ubbidiente, almeno fin quando si trovava in quel punto vendita, altrimenti era certo che Marco avrebbe messo in atto la sua minaccia…Finì di infilarsi la canotta… come previsto, era strettina, e più che un indumento da palestra, addosso a lei diveniva un’attrazione attira cazzi… Questo almeno era l’immagine che lo specchio le rimandava…“Provvedi con i leggings ora, puttana.

” Ordinò Marco. Serena sfilò la gonna con quel finto atteggiamento di sicurezza di chi non vuole far capire l’imbarazzo che prova… nuovamente la sua figa sotto gli occhi di lui…Veloce, si infilò i leggings, che completarono l’opera già iniziata dalla canotta… Aderenti… mostravano semplicemente tutto… l’assenza di mutandine faceva sì che il taglio fosse molto più che evidente… per non parlare del culo, che sembrava pronto per ben altro piuttosto che ginnastica…Marco, compiaciuto, aveva l’acquolina… a stento si trattenne dallo scoparla ancora lì e subito.

Non che qualcosa glielo impedisse…ma i suoi programmi erano altri. Sorrise. “L’addestramento è l’addestramento”, pensò. Tornò serissimo, quando Serena si voltò verso di lui. Lei lo vide solo fare un cenno con la mano, in direzione di Gianni, poco distante, che prontamente si indirizzò verso di loro. E il terrore la riempì. Tentò di afferra i suoi vestiti, attaccati al gancio, ma Marco glieli strappò di mano, appoggiandoli fuori dalla stanzetta, fuori dalla portata di Serena, che si sentì persa.

“Ubbidiente ora…” le sussurrò Marco “O ti faccio scopare immediatamente…”“Oddio… ma cosa devi dirgli… cosa…” disse atterrita l’altra, ma fu interrotta dall’arrivo del proprietario. Che rimase a bocca aperta, nel vedere quella femmina. Rapidamente, Serena si voltò dando la schiena, in ogni caso, Gianni era già molto soddisfatto di quello che vedeva… quanto aveva già fantasticato su quel culo…Ciò che soddisfaceva uno, però, non soddisfaceva l’altro…“Signor Gianni… ero un po incerto… secondo lei, il completino è del colore giusto?” chiese Marco, pensieroso.

Gianni si leccava le labbra, teso… eccitato…“Direi… sì insomma…” stava iniziando a dire. “Che stupido…” riprese Marco “così vede ben poco. Voltati. ” E lo disse accompagnando la parola ad uno schiocco di dita. Serena si sentì gelare. Nuovo esporsi, nuovo umiliarsi… e il gesto… nello specchio vedeva la perplessità di Gianni… vedeva come riconosceva in Marco un qualcosa che non era solo un capo… e poi, la lingua sulle labbra… mentre si lei si voltava, occhi che le passavano su tutto il corpo…“Vede meglio così, signor Gianni?” chiese Marco, ironico.

L’altro non riusciva a staccare gli occhi da Serena… che a sua volta deviava lo sguardo a destra e a sinistra, istintivamente iniziando il gesto di portarsi le braccia al seno, ma mai completandolo… le regole… le regole si stavano attaccando a lei… alla sua pelle… regole di ubbidienza… totale, a costo di esibirsi davanti ai peggiori maiali lei conoscesse… non poteva dare niente di meno di questa…Gianni intanto , per quanto su di giri, per quanto in estasi davanti a quelle forme, rimaneva con quella punta di imbarazzo, di confusione rispetto alla situazione.

“Sì, meglio… direi che è perfetta… proprio perfetta…”Marco invece assunse un’aria perplessa…“No… c’è qualcosa che non mi convince ancora…” disse, e Serena lo guardò incredula… cos’altro voleva farle fare??“Forse il colore… non so…” continuò il suo padrone “No! Ecco ci sono! Sarebbe meglio questo!” disse Marco, raggiante, pescando dal ridotto mucchietto di indumenti che aveva scelto poco prima…Tese quello che aveva in mano a Serena, che con gesto di rabbia lo prese, accorgendosi di quanta poca stoffa stava stringendo… guardò Marco, al limite del pianto…“Voltati, e provalo.

Subito. ” Sibilò Marco, serio. Un contrasto notevole, rispetto a Gianni, estasiato. Non era un uomo, pensava Serena. Era una sorta di diavolo… Era qualcosa che la voleva giù… sempre più giù, a strisciare… I tremiti erano evidenti, mentre tornava a girarsi… doveva fare lo spettacolino per il pubblico a quanto pareva, doveva far vedere quanto era ubbidiente, davanti al capo e a chi lui desiderava…E messa nella condizione di nascondere il meno possibile… Marco l’aveva studiata ancora una volta bene, voltata, ma con lo specchio davanti a sé… Il tremito.

Non se ne andava. Un ultimo sguardo allo specchio… Marco con il mezzo sorriso di chi ha tutte le carte in mano, Gianni… dio mio… faticava a dominarsi… il gioco perverso di Marco raggiungeva l’obbiettivo. Lo sextenare l’eccitazione del padrone del negozio, il farla apparire come totale puttana davanti a lui, renderla in tutto e per tutto vulnerabile agli occhi di chichessia…Ma poteva accadere di peggio… lo sapeva, quello era il giogo, o accettava un’umiliazione di quel genere, o…O cosa? Non poteva saperlo.

Di sicuro, c’era solo il fatto che Marco non aveva limiti. E l’avrebbe dimostrato, in caso di disubbidienza…Veloce… doveva essere veloce. Presa tra i due maiali e lo specchio, Serena si sfilò la canotta, coprendosi rapidamente con un braccio, per arginare almeno in parte l’inevitabile…Il risultato fu spettacolare, visto dai due uomini. La schiena nuda di lei, completata da quel culo contenuto solo dai leggins e poi… tette impossibili da nascondere, nonostante tutto l’impegno che Serena metteva per celare le sue forme.

E ancora veloce, ad indossare quello che voleva essere qualcosa che copriva…Al solito, un rimedio quasi peggio del male… Era un top, corto, a lasciare scoperto il ventre. Su altre forme, più contenute, avrebbe fatto intuire senza svelare. Marco aveva però scelto qualcosa adatto ad una terza, non ad una quinta. La parte superiore del seno era completamente nuda, il rosa delle areole ben visibile…Serena strinse le braccia attorno al corpo, ammutolita. “Voltati. ”Marco.

Che dentro sé, non solo voleva mostrare la sua bella puttana, ma anche come la dominava. Un centimetro alla volta, Serena eseguì, sempre con le braccia strette al corpo, testa bassa. Gianni, che non sapeva quale santo ringraziare per la fortuna inaspettata di quello spettacolo, cercava ora di ritagliarsi una parte più ampia, fu infatti lui ad esordire “Non capisco come le stia… con le braccia così…”Serena alzò la testa di shitto, furente. Gianni, da baldanzoso, abbassò immediatamente la cresta vedendola a quel modo.

Sarebbe stata una piccola vittoria per lei. Marco però non aveva gradito l’atteggiamento della donna. “Le braccia. ” Semplice. Diretto. Serena tratteneva le lacrime a stento. Riposò lo sguardo su Gianni, che a braccia incrociate era tornato a fare il grand’uomo… Maledetto porco… pensò lei… e d’improvviso il terrore completo, essendosi accorta di aver esitato. La punizione poteva essere… no, non ci voleva pensare…. Le braccia finirono lungo i fianchi. Gianni perse un battito del cuore, ma senza scomporsi… forse forse, dopo queste prime pietanze, avrebbe gustato anche il dolce… del resto, il corpo di Serena se l’era sognato mille volte… e in tutte quelle mille volte, se la scopava a più non posso… Senza contare che l’essere stato respinto a suo tempo rendeva ancor più eccitante il fatto di averla semi nuda nel suo negozio…“Sì… decisamente questo ti sta meglio…” disse Marco avvicinandosi di un passo a Serena “certo, il tuo girare senza intimo mette un po in risalto i capezzoli” proseguì “ma se proprio non sopporti reggiseno e mutandine, questo mi sembra perfetto.

”Serena voleva sprofondare. Non esisteva fine… Gianni la guardava come se fosse già sua, e difatti fece il gesto di allungare una mano verso di lei. E Marco fu rapido a scostarlo quel tanto che bastava e chiudere la tendina. Prese i vestiti di Serena, glieli passò scostando appena il divisorio. “Rivestiti. Ti aspettiamo qui. Prendi quello che hai provato, compriamo tutto. ”Gianni rimase indispettito dal finire di quell’interessante commedia. “Ma… forse era il caso di farle provare qualcos’altro” disse con occhio malizioso.

Marco aveva un’espressione inflessibile mentre lo fissava. “Oggi non abbiamo altro tempo. Sicuramente acquisteremo altro in futuro. ” Precisò. Il disappunto dell’altro era evidente, mentre sentiva Serena rivestirsi al di là della leggera barriera… era completamente infoiato… gli sembrava di essere arrivato a due centimetri dalla meta, e ora…“A ripensarci” disse “dovevo passare anch’io da voi in questi giorni a comprare qualcosa…” disse speranzoso. Marco sorrise, sinceramente divertito. “E noi l’attendiamo… Serena è una commessa a dir poco cortese… direi servizievole.

” Gli disse Marco, certo che Serena stesse udendo ogni singola parola. E difatti, quando comparve tirando piano la tendina, sembrava un pulcino bagnato. Stringeva gli indumenti appena provati al petto, a capo chino. Marco le cinse i fianchi dolcemente con un braccio, ed insieme si avviarono verso le casse. Gianni li seguiva a ruota. Pagò Marco, velocemente, con accanto una donna che ancora non riusciva a proferire parola. Adesso che gli acquisti erano riposti in una busta portata da lei, la scollatura della camicetta faceva di nuovo bella mostra di sé.

Gianni li sentiva sfuggire… ebbe solo il tempo di aggiungere “allora ci vediamo presto… e grazie di TUTTO Serena”, aggiunse con un gran sorriso. Marco le bisbigliò all’orecchio… lei chiuse gli occhi, sconfitta. “G-grazie a te… a presto…” salutò Serena, ripetendo quanto le aveva suggerito il suo padrone. Con gentilezza, le aveva raccomandato Marco… come se non fosse bastata la commedia di poco prima. Avrebbe schiacciato quei due vermi sotto i piedi con tutta la furia che poteva… Ma le catene che Marco le aveva messo addosso pesavano… stringevano… E c’era una cosa che il gioco di Marco generava.

Lui aveva dato l’impressione, con Gianni presente, di fare da padrone ma anche da guardia. Era il modo sottile di lui di dire “Ubbidienza, e nessuno ti tocca…”. Sorrise amaramente, mentre ripercorrevano la galleria del centro commerciale. A parte lui, e Paola, naturalmente… Loro potevano usarla, toccarla… Marco poi… l’aveva scopata nel modo più umiliante, portandola subdolamente ad essere come creta nelle sue mani… Almeno con Gianni avevano finito, se l’era cavata e…. “Non mi sei piaciuta, poco fa, puttana.

” Disse di punto in bianco lui. “Cosa??” esclamò esterrefatta lei. “Voglio una risposta più pronta ai miei ordini. Ho visto troppe esitazioni. ” Disse serio. “Tu sei pazzo… mi hai fatto esibire come un a****le… un a****le da circo davanti a…” diceva esasperata la donna, continuando a camminargli a fianco. “Un a****le… sì, certo. Ma non da circo. Più da compagnia. Devo solo decidere che a****le…. ” Disse lui pensieroso “ed è proprio il senso dei nostri prossimi acquisti, puttana.

”Serena non capiva. Odiava, però. Non sapeva se lo stronzo lo facesse per divertimento, o se realmente si aspettava da lei un’ubbidienza così totale… standolo ad ascoltare, pareva quasi non accontentarsi dell’umiliazione, voleva una specie di degradazione… Ma doveva pure esserci un limite… oppure no?Di sicuro, Marco manteneva le sue promesse… la rete in cui l’aveva invischiata la colpiva su mente e corpo, rendendo trasparente ogni sua debolezza o segreto… Se solo non l’avesse mantenuta in quella condizione di costante vergogna e imbarazzo… Non poteva far nulla per il desiderio che leggeva attorno a lei… Marco la chiamava puttana costantemente, e come dovevano chiamarla quelli che le fissavano il seno mentre li incrociavano… che fissavano i capezzoli assolutamente intuibili, sotto il tessuto.

Erano stati la sua piccola croce fin dalla giovinezza, quando aveva cominciato a svilupparsi… ricordava ancora la divisa da pallavolo, a scuola, quella maledetta maglietta che strusciava e la facevano diventare un argomento di scherno eccitato per i ragazzini…Odiava esporsi. Andava fiera del suo aspetto, ma era sempre stata di classe… mai volgare… mai apparsa così… così…Puttana. Pochi giri di parole. Era così che appariva, lo sapeva. Si era persa nei suoi pensieri, cosa che doveva imparare a non fare, se ne rendeva conto ora, davanti alla nuova meta…“Che… che significa?” chiese Serena.

Marco si fermò. Lo sguardo verso di lei era estremamente eloquente. “Abbiamo molti acquisti da fare in questi giorni, puttana. Molti negozi da visitare. E questo sarà una frequentazione che ti diventerà familiare. ” Puntualizzò. Lei era al limite del panico. “Ma questo… questo è il negozio per a****li!! Che diavolo…” quasi strillò. “I guinzagli migliori si trovano qui. ” Rispose l’uomo con tutta calma. Serena non poté fare altro che prendersi il volto tra le mani.

Marco procedeva con calma verso il punto vendita, Serena rimaneva ferma. Lui si voltò. Due colpi veloci sulla gamba. “Su, qui da me. ” Disse, incurante del fatto che si trovasse tra la gente. Lei non sapeva più cosa dire, come muoversi… le gambe erano di cemento… Marco aveva detto “guinzaglio”… e perché si stupiva? L’aveva scopata legata ad una scrivania, c’era veramente da stupirsi?? No… non era lo stupirsi, era l’inorridire. Aveva passato una vita sessualmente morigerata, dove l’unica trasgressione, a volerla chiamare così, era stata la chat e il conseguente tradimento…Un unico cazzo di sbaglio!!!Dove la voleva portare il porco? Visioni tremende le venivano alla mente, al solo pensare alla parola “guinzaglio”…“Devo mettermi a contare, puttana?” Marco.

Che proseguiva nell’infischiarsene della gente attorno. Qualcuno si voltò, perplesso. E lei non ebbe altra scelta che andare verso lui. “Ti scongiuro, almeno abbassa la voce… ahi!” gemette, quando lui la prese per i capelli, con un gesto che per i passanti avrebbe dato l’idea di una semplice carezza. “Cosa penso sull’esitare, puttana?” chiese in un sussurro all’orecchio di lei. “Mi… mi dispiace… Marco… è solo… dio mio…” balbettò Serena “un negozio di a****li, stai esagerando… ahii!!” protestò ancora lei, al piccolo strappo che Marco diede alla chioma.

“Cosa penso del protestare, puttana?” indagò ancora l’uomo. Lacrime bagnavano gli occhi di Serena. “Ma come puoi pret… ok…. Ok!!” cambiò rotta, quando la mano di libera di Marco si posò su uno dei due bottoni rimasti chiusi della camicetta. Marco proseguiva al suo orecchio “non pensare finisca qui. Più tardi, queste piccole perdite di tempo le pagherai per bene… Pensaci… perché a me non frega nulla di come, quando o quanti dovranno sfondarti pur di farti comprendere di chi sei o cosa sei…Pensaci bene… Capito?”Serena era di marmo.

Le parole di lui coglievano nel segno… E la resa arrivava, sempre, puntuale…A che servivano le esitazioni? A nulla, se non a farle subire di peggio. Aveva qualche via di fuga? Anche solo un mezzo asso nella manica? Nessuno. Ubbidienza. Pensava solo poche ore prima che bastasse l’assecondare. No. Ubbidienza. Guardò la vetrina del negozio… poi le persone attorno… perché le sembrava che tutti sapessero?Marco la spinse lieve, e lei smise di opporsi. Entrarono, in un ambiente non grande, e decisamente poco affollato.

Serena conosceva di vista la giovane addetta, sistemata alla cassa, niente più di un saluto quando si incrociavano. Difatti, la giovane fece solo un cenno del capo per salutarla, associato ad un’occhiata curiosa alla sua mise, ma nulla più. Serena era attentissima a Marco, per cogliere dove l’attenzione dell’uomo si soffermava… camminava lento, con lei appresso, mentre passava lungo gli scaffali, osservando… osservando…Nella prima corsia, il suo aguzzino non perse un secondo in più su nulla, poi svoltarono nella seconda, celata alla vista della commessa.

Fecero un paio di metri. Il cuore di Serena ebbe un sobbalzo. Collari e guinzagli. Sebbene avesse cercato di prepararsi mentalmente, sebbene sapesse, si ritrovò comunque spiazzata alla vista di Marco che studiava l’esposizione. Mentre lei rimaneva ritta immobile accanto a lui, l’uomo dimostrava una concentrazione nello scegliere quasi maniacale… del resto, si rendeva conto Serena, non stava giocando… stava realmente scegliendo qualcosa che a quanto pareva era fondamentale…Marco ora stava esaminando un collare nero, semplice, ne controllava minuziosamente anche l’interno, poi lo riponeva… toccò successivamente ad uno rosa, che subì la stessa indagine.

Nel frattempo, un uomo passò accanto a loro, perso nei fatti suoi, ma Serena si sentì ancora addosso quell’imbarazzo derivante dal fatto che tutti sapessero, che tutti immaginassero il perché della loro presenza lì…Si impose calma… erano una coppia in negozio, non c’era motivo per cui qualcuno potesse pensare qualcosa di perverso… In ogni modo, si consolò, quello doveva essere l’unico cliente per il momento, a parte loro, e lo udì pagare alla giovane cassiera, e poi andarsene.

“Non riesco a decidermi…” pensava a voce alta Marco “sia sul colore, che sul modello…”Serena ricacciò in gola quello che avrebbe voluto dirgli, di dove ficcarsi quei collari, ma sapeva bene, che avrebbe solo rischiato conseguenze oscene. Nuovamente quindi, tacque. Marco ritornò a considerare il collare rosa, lo alzò a livello degli occhi, parve convincersi e lo tese a Serena. “Avvicinati, proviamo questo, puttana. ” disse lui. Serena fremeva. Non si aspettava che anche quello dovesse succedere in pubblico.

Vero, non c’era nessuno al momento, ma era mortificante in ogni caso. Si morse il labbro, quasi a farsi male, tutto per evitare di dire quanto serbava dentro. Veloce… doveva basare tutto sul fatto di essere veloce… e quella farsetta si sarebbe conclusa subito…Le mani di lui, attorno al suo collo, mentre lo cingeva con il guinzaglio… armeggiava con la chiusura…“Fatto. ” Disse lui, rimirando l’opera conclusa. E rimirare, era un qualcosa di riduttivo… Marco sentiva il cazzo nei pantaloni esigere la scopata… la sua puttana, con quel semplice accessorio, ai suoi occhi diveniva irresistibile, una bellezza frutto della sottomissione.

Ed ora Serena le due dita di lui che passavano dal collare al suo viso, con un tocco lieve… si sarebbe potuto definire delicato, se non fosse stato il suo… lei lo detestava, avrebbe voluto arretrare… invece rimase come statua, ad occhi ostinatamente chiusi, mentre quel tocco procedeva a disegnarle i lineamenti… occhi che adesso si serravano con più forza mentre le dita ritornavano verso il collare… e più giù… si indirizzavano nell’incavo tra i seni…Occhi spalancati adesso, mentre Serena afferrava il polso di Marco, con respiro affannoso.

E sguardo nello sguardo. Marco, fissava lei, nemmeno con durezza, in semplice attesa… di quello che avveniva, cioè l’abbassarsi dello sguardo e della mano di Serena, che doveva e lasciava fare. E le dita ripresero la loro discesa, a risalire sul seno sinistro, fortemente esposto… e poi, appena infilate sotto la camicetta, già a trovare il capezzolo… Un piccolo sussulto di Serena, mentre le dita sfioravano, stringevano piano, tornavano a sfiorare… E nuovamente i suoi occhi si chiudevano, con l’umidità delle lacrime, dovute alla rabbia di un corpo che la tradiva ancora… lui stimolava sapientemente, e il ventre rispondeva… il respiro diveniva corto….

“Di chi sei?” chiese lui, in un sussurro, senza distogliere lo sguardo dal suo viso. Voleva rispondergli con quello che era il suo mondo… lei era di sé stessa! Lei era di suo marito! Eppure fu la realtà, drammatica e spietata a farla rispondere, mentre l’umido tra le cosce si faceva sentire…“T-tua…” disse flebile. “Cosa sei?” insistette Marco. Sapeva cosa doveva dire… non c’erano dubbi, né c’erano scappatoie…“Una… una puttana. ” Rispose, ora con il bisogno di concentrarsi… le dita continuavano a stimolare… purtroppo dannatamente a modo…“Una puttana gocciolante, direi…” proseguì lui…Serena non poteva né voleva dargli quella soddisfazione, sebbene sentisse netto l’effetto che quelle dita avevano su di lei…“N-no… no… io…” farfugliò.

Marco sorrise. “No, puttana?” E rapido, dal capezzolo le dita scesero verso il bordo della gonna, infilandosi veloci. La prima reazione di Serena fu di serrare le cosce. “Che fai?? No… non qui!!” disse lei, terrorizzata. Marco fu duro. “Apri le cosce puttana. ”“Se ci vedono… Marco…” ma dischiuse le gambe, permettendo al ragazzo di arrivare al taglio. “N-no… p-per favore…” singhiozzò subito Serena, sotto il tocco sempre lento delle dita di lui, lento e leggero… un toccare che non penetrava…“Ripeto la domanda… cosa sei?” chiese ancora Marco, ritrovandosi le dita già umide.

“io… io ti o-ohhhhh!!!”! le mani di Serena corsero alla gonna, quando Marco infilò le dita per un solo attimo dentro la sua figa. Una vampata di eccitazione, che non le permise di udire il rumore di una sedia smossa, poco lontano. “L’occasione per essere ubbidiente ti era stata data… servirà un’altra lezione, puttana. ” E prese a stantuffarla velocemente, mentre Serena cercava di indietreggiare lievemente con il bacino, senza convinzione… lui la teneva ora anche per un braccio, impedendole di sottrarsi al masturbare.

“Smett-ti… smettismetti…” gemeva piano Serena, odiando il fatto che il suo corpo partisse così presto per la tangente… dopo gli orgasmi di poco prima, avrebbe dovuto dimostrare un minimo di resistenza alle stimolazioni di lui… l’odio stesso che provava verso quell’uomo avrebbe dovuto fungere da diga… ed invece, quello che accadeva era la dimostrazione di tutta la frustrazione patita negli anni, e quindi, anche se trattata a quel modo, non c’era maniera di nascondere la voglia inespressa, che la stava guidando verso un nuovo orgasmo… E la faccia di Marco, trionfante, era di chi le strappava la verità… una puttana… una puttana gocciolante…“M… Marco… ti… pre… o… non…” Serena si sentiva al limite, e lui non dava segni di volerla smettere…Ed invece, smise di colpo, facendo uscire la mano dalla gonna, e riportando le dita fradice dentro la camicetta, sul capezzolo.

Serena non ebbe tempo nemmeno di ricomporsi un istante. “Avete bisogno?” chiedeva la commessa alle spalle di Serena, qualche metro più dietro. La donna si irrigidì, ferma, immobile, mentre Marco, nascosto dal suo corpo, procedeva nello stimolarla. “Sì, signorina… avrei proprio bisogno…” disse Marco, gettando nel panico Serena, che sentiva avvicinarsi la ragazzina… due metri…. Un metro… solo all’ultimo l’uomo tolse le dita, facendole emettere un piccolo rantolo che non la donna non riuscì a contenere.

Ed improvviso ricordò. Il collare! L’aveva ancora addosso!! Quel maledetto si divertiva a portarla al limite, in una condizione da farle perdere contatto con la realtà, in modo da piegarla sempre… Serena si sistemò rapidamente i capelli, volendo nascondere l’oggetto e chinò la testa. “Mi dica pure!” fece la ragazzina in modo cortese, sorridendo da principio, un sorriso che rimase quasi uguale anche dopo l’occhiataccia alla scollatura di Serena. “Dunque…” iniziò Marco guardando la scaffalatura “non so decidermi su colore di un collare…” disse alla commessa, che seguiva il suo indicare l’assortimento.

Il cuore di Serena batteva a mille… e, orribilmente, il primo pensiero che le venne fu che qualsiasi cosa fosse accaduta ora, sarebbe stata colpa sua… Non era stata ubbidiente, ed ora arrivava il prezzo da pagare… La donna, complice lo stato di eccitazione in cui forzatamente Marco la trascinava, non si accorgeva che il sottile gioco dell’uomo la stava anche guidando verso un auto accusarsi per quello che subiva…“beh, la capisco, ce ne sono a bizzeffe di colori qui” diceva la commessa “ma parliamo di un cane maschio o femmina?”“Una cagna, decisamente una cagna…” le rispose Marco con un mezzo sorriso e uno sguardo di sghinbescio verso Serena.

“Un colore tenue magari” riprese la ragazzina, “ma di che taglia è?”“Direi media” rispose lui, e si girò verso Serena “in quanto al colore, questo rosa come le sembra?” e lo disse scostando i capelli di Serena e prendendo con un dito a mò di gancio il collare che Serena portava al collo. Serena deviò lo sguardo da un’altra parte… la vergogna per quella situazione era troppa. Marco, con una leggerezza da non credere, faceva di lei un a****letto da far girare nella ruota, una ruota che lui comandava con polso di ferro.

“ehm…” disse la commessa, perplessa e imbarazzata “io… signore, non saprei dire…. ”“Rosa non sta bene? O forse vuole vedere prima con il guinzaglio? Sì, dev’essere questo. ” Disse, pescandone uno tra quelli appesi, un guinzaglio a catena, con un pratico moschetto ad un capo. Serena era disperata, nello sguardo e nel suo tremare, sotto gli occhi della ragazzina che sbalordita osservava l’uomo agganciare il guinzaglio al collare, rendendo così plateale la condizione di sottomissione di lei.

C’era da dire che solo per un assoluto auto controllo Marco non restò imbambolato… già la donna gli ispirava istinti tra i più bassi e perversi in condizioni normali… ma ora… la catena ciondolava dal collo, a ricadere nell’incavo tra quello tettone… e poi l’espressione di lei… rassegnazione, di chi è in balia dei capricci di un altro…E lo era eccome. Marco era compiaciuto dal risultato raggiunto… compiaciuto, ma non ancora appagato. L’avrebbe fatta strisciare ai suoi piedi, e non soltanto perché glielo ordinava, bensì perché lei stessa l’avrebbe considerato un premio…Tempo al tempo.

Ora occorreva un passo un più. Magari rischioso, ma ne sarebbe valsa la pena. La commessa era senza parole. Pervertiti ne aveva visti in giro, senz’altro, ma mai lì nel negozio… oltretutto, conosceva la signora, l’aveva incrociata mille volte nel centro commerciale, e non aveva sospettato potesse essere… beh, guardandola con quella scollatura però… Forse più che una signora, era un troione… lui invece la sorprendeva, uomo distinto, sicuramente magnetico… In altre occasioni, un pensierino ce l’avrebbe fatto…Solo che, ed era la sua unica preoccupazione, non potevano comportarsi così, per lo meno non lì dentro…“sì” esordì nuovamente Marco, l’espressione di chi considera un abito da sera “direi che ora rende un po di più, non trova, signorina?”“Signore… non so come siano i vostri… vostri rapporti… ma le chiedo cortesemente, non qui, se entrasse qualcuno ora, e il padrone venisse a sapere di questa… cosa…” considerò la ragazzina, guardando Marco con l’atteggiamento quasi di scuse.

Serena, avvilita, intravedeva quantomeno una via d’uscita rapida, fortunatamente, la commessa sembrava seriamente preoccupata da quello che stava accadendo… certo, se pensava a come l’avrebbe guardata nei giorni a venire… o a cosa poteva dire in giro… Bastardo… lurido bastardo, pensò ancora. Marco si fece addirittura seducente, avvicinandosi di un passo alla ragazza “la posso senz’altro capire… potrebbe risultare imbarazzante per lei, se qualcuno di mentalità diversa dalla sua entrasse e vedesse questa semplice prova accessori… potrebbe intendere male… Ma immagino che lei, signorina, sia aperta rispetto a questo…”La commessa sorrise “Non mi scandalizzo certo, non è quello il problema, è solo che…”“Guardi, non intendo creare problemi… Credo però si possa approfittare di una sorta di camerino o simile per la prova… le pagherei il disturbo, un pagamento di cui solo noi due saremmo a conoscenza…”Un istante, e la commessa considerò quel risvolto… poi diede un’occhiata a Serena, prima di riportare l’attenzione su Marco, il quale ne intese bene il senso.

“No no… non si preoccupi… la gran signora al guinzaglio non parlerà. Non fa nulla che io non voglia. ” Disse deciso Marco, con uno sguardo molto eloquente nei confronti di Serena, che chinò il capo, atterrita. Un sorriso timido si affacciò sul viso della commessa, adesso intrigata dalla situazione, ma anche interessata ad un piccolo guadagno extra…“uhm… in realtà, abbiamo una sorta di piccolo magazzino, non è grande, però…” buttò lì la ragazza, pensierosa.

Serena sprofondò nel sentire quelle parole. La bocca si spalancò, poi cercò di articolare una frase…“Ma… che volete… che vuoi fare???” chiese. E sperimentò per la prima volta il richiamo tramite una tirata del guinzaglio. Difatti, Marco preso un capo della catena, diede un piccolo strappo, che fece avanzare di un passo Serena verso di lui…“Non ti ho detto di parlare, gran signora. ” Disse lui duro, tenendola al guinzaglio. L’angoscia di Serena si contrapponeva al sorrisetto della commessa.

E Marco si rivolse nuovamente a quest’ultima. “Scusi l’interruzione, signorina. La disciplina non è il suo forte ma… provvederemo. Sì, potrebbe andar bene il magazzino per la prova… sa, non mi piace comprare qualcosa di cui non sono convinto…” disse Marco. “Sì… e quanto…” chiedeva la ragazza, lasciando intendere che ora si parlava di soldi. E lì venne fuori lo spirito d’azienda dell’uomo… colui che investe… e investe bene se il godimento è assicurato… ora, e per il futuro…“Per il suo tempo e per lo spazio? Direi che cinquanta euro possono andar bene, no?” propose Marco, prendendo dal taschino della giacca una banconota.

La ragazza rimase incredula, si aspettava una piccola somma, e invece quell’offerta, per lei studentessa e lavoratrice, erano un toccasana. Li prese immediatamente e se li mise nella tasca posteriore dei jeans, con uno sguardo finto corrucciato verso Serena, sempre più esterrefatta… negoziavano le umiliazioni in sua presenza… senza alcun ritegno…“Bene” disse la commessa, “seguitemi, la stanza è lì in fondo accanto al bagno”, e si avviò in quella direzione. Serena lasciò che le lacrime sgorgassero… Marco aveva subito iniziato la lezione di disciplina, guidandola verso il locale al guinzaglio.

Non c’era una promessa che lui mancasse… anima, corpo, mente… lui, assieme a Paola, avevano garantito di entrarle ovunque, senza riserva alcuna… E non c’era una maniera in cui lei potesse prepararsi agli eventi, perché semplicemente Marco non aveva limiti… Era deciso a piegarla, alle sue voglie, ai suoi capricci, alle sue perversioni…E ci riusciva puntualmente… Da gestrice di un negozio, in poche ore si ritrovava ad essere trattata come un a****le… un a****le da gioco, talvolta, e un a****le da monta, come Marco aveva già dimostrato… E non si fermava davanti a nulla.

L’aveva sempre considerato un verme, ed da viscido infatti agiva sulle persone… le faceva sue, come la commessa appena incontrata… I soldi avevano fatto la loro parte, indubbiamente, ma riusciva a vendere la sua dignità anche agli sconosciuti in maniera velocissima, paventando loro il panorama di poter giocare con lei…Uno strattone al guinzaglio la richiamò alla realtà… la commessa li aveva guidati appunto in fondo al negozio, in uno stanzino alle cui pareti erano accatastati i vari prodotti necessari al negozio.

Il tutto lasciava una corsia centrale di un metro e mezzo dove i tre si trovavano ora. La loro guida li aveva fatti entrare, restando sulla porta, in modo da controllare sia il magazzino, che il negozio vero e proprio. “Ecco fatto, non è grandissimo… però…” diceva la ragazza, all’indirizzo di Marco. Per lei, Serena non esisteva come interlocutrice. “Va benissimo, per la nostra prova, signorina…” lasciò in sospeso Marco. “Sonia. ” Rispose lei, con un sorriso vezzoso.

“Sonia. ” Ripetè l’uomo “Sì, devo solo vedere adesso se gli articoli vengono recepiti a dovere…”Serena non capiva cosa intendesse lui. Se voleva dimostrare ulteriormente il suo dominio, l’aveva già fatto, umiliandola con quella ridicola passeggiata al guinzaglio… che altro voleva… dannazione, perché non la lasciava in pace!Marco aveva ben altre idee. “Collare e guinzaglio, puttana… ti pare possa valutarli, in questo modo?” chiese a Serena, tenendola a catena corta. Serena non capiva “Marco… che… non c-capisco…”“Credo intenda dire che gli a****li vanno a quattro zampe…” disse piano Sonia, guardando di sfuggita Serena, e lieta poi di trovare il muto consenso dell’uomo.

Lei non poteva crederci. Non poteva essere vero! “Stai scherzando spero!! Dimmi che è uno scherzo!!” esclamò Serena, quasi urlando. La reazione aveva impensierito Sonia, che ora aveva la certezza sarebbero sorti guai… eppure la calma dell’uomo la invitò a lasciar fare…E difatti, l’espressione rabbiosa della donna davanti a lei si spense quasi immediatamente, cancellata dal gesto dell’uomo, che un giro alla volta, si avvolgeva la catena attorno alla mano, costringendo Serena ad essere praticamente viso a viso con lui…“Quante cose devo raccontare di te alla signorina Sonia, prima che tu ti decida a metterti a quattro zampe?”“Io… s-scusami… almeno… ti scongiuro, fa uscire lei…” piagnucolò Serena, sapendo di aver violato quell’ubbidienza che lui pretendeva.

“Forse basta dirle di come bevi bene…” le sputò in faccia, con occhi ardenti “oppure…” ma non completò la frase. Singhiozzando, Serena lo interruppe “Va bene! Oddio… va bene! Farò come vuoi!!” Marco le diede catena immediatamente, guardandola, così come basita stava facendo Sonia, ad occhi spalancati. Non aveva mai visto una scena del genere e, dove essere sincera, la trovava oltremodo interessante… e non solo…Serena lanciò uno sguardo di fuoco a tutti e due, prima di scuotere la testa a destra e sinistra, rendendosi conto di cosa si stesse abbassando a fare… Prima un ginocchio, poi l’altro, sotto lo sguardo compiaciuto dell’uomo, che però non ammetteva altre proteste… Una mano a terra, seguita dall’altra… Labbra serrate, testa china, a guardare il pavimento… a quattro zampe.

Un a****le. L’a****le del suo padrone. Marco aveva vinto ancora. E il peggio era che lei non poteva in nessun modo contrastarlo, ogni minuto che passava, anzi, lui acquisiva sempre più potere su di lei, che in maniera stupida tentava quelle rimostranze che la portavano poi sempre più giù… Ma come poteva restare zitta davanti alle sue richieste?? Come poteva quel ragazzo essere così disumano da volerla rendere sua in ogni modo possibile? Ed ora alzò lentamente il capo, per capire quell’improvviso silenzio attorno a lei…La ragazzina la fissava, stupefatta.

Chiaro… era uno spettacolo da circo inaspettato… e Marco? Perché taceva con quel sorriso stupido? E stava guardando… Chiaro! La mano di Serena corse rapida al seno destro, uscito dalla scollatura… Lo rimise dentro, rossa in volto. Sonia intanto scrutava nel negozio… nessuno, e per la prima volta si ritrovò a pensare “per fortuna”… Non sapeva cosa le stesse prendendo, senz’altro però, comprendeva cos’era l’invidia…. Invidia verso l’uomo che esercitava quel potere… e il piacere… piacere di vedere una donna più matura di lei assoggettata a quel modo… Dio, sperava davvero non finisse…Fu esaudita.

Marco infatti cominciò a muoversi, tirando piano il guinzaglio. Serena, mordendosi il labbro, avanzò gattoni seguendolo… ogni due passi però si soffermava un istante per risistemare la camicetta. “Non ci siamo” sbottò lui di colpo “così non riesco a capire se ti calza a pennello…” disse, mentre Serena lo guardava esasperata. “Chissà cosa mi disturba… uh, certo” esordì schioccando le dita “sono gli abiti. Di a****li vestiti non se ne vedono di certo… dico bene, Sonia?” La ragazzina era rapita dalla situazione, quasi ipnotizzata… fu lo sguardo implorante della donna a riportarla alla realtà… senz’altro chiedeva un tacito aiuto… un “può bastare” che avrebbe contribuito a fermare il tutto… Ci riflettè… o meglio, si convinse di averlo fatto… si convinse di aver considerato l’idea di andare in contro a quello sguardo… Ed invece si ritrovò a sorridere all’uomo, un sorriso imbarazzato, ma pur sempre un sorriso.

“Sì… credo anch’io…” mormorò, colpevole. “Che razza di bastarda!!” sibilò Serena, in lacrime. E si rese conto di essere stata portata a sbagliare ancora. Non servì a nulla il suo assoluto silenzio successivo. Già intuiva che per Marco il suo parlare era oltre quello che le veniva concesso. “Che figure mi fai fare, puttana… offendere chi è stata così gentile con noi… Sonia, sono costernato. ”La commessa, che aveva accusato l’offesa, si sentì rinfrancata dall’intervento di lui.

“Di nulla… io penso, cioè, la situazione…”“No, no, no,” proseguì Marco “non cercare di scusarla. Meglio essere duri talvolta. ” Detto questo, individuò lo zoccolo di una pedana, dove stavano appoggiate le merci, e tirò il guinzaglio fino a far avvicinare la sua preda a quel sostegno. Un rapido giro della catena, e il moschetto fu agganciato all’anello del collare. Serena si ritrovò così ridotta realmente alla stregua di una cagna, totalmente vulnerabile, alla mercè di Marco e sotto gli occhi di Sonia.

A quanto pareva, però, all’uomo non bastava. Si portò accanto al fianco di lei, chinandosi. Con un movimento veloce, le abbassò la gonna fino alle ginocchia. “No!! Per favore per favore per favore!!! Marco, sarò buona, sarò buona!!!!” diceva Serena, tirando sul guinzaglio, incapacitata a voltarsi e, meno che meno, ad alzarsi. Marco restò indifferente alle suppliche. “Alza la zampa, puttana. ” Disse imperioso, pronto a sfilare del tutto l’indumento. Serena andò oltre la disperazione.

Marco aveva detto “zampa”. Lo guardò, vedendolo sfocato a causa degli occhi lucidi… Durezza e determinazione…Non le restava altro che rassegnarsi… se era arrivato a questo, davanti ad una nuova protesta, che avrebbe fatto?Alzò leggermente il ginocchio, poi l’altro, lasciandosi sfilare la gonna… A occhi chiusi adesso sentiva la mano di lui aprirle i due bottoni della camicetta… Sconfitta, se la lasciò sfilare, un braccio, in seguito l’altro… Serena fremeva. D’imbarazzo. Di profonda vergogna.

Nuda, vestita solo di un collare. “No…” disse flebile. Marco intanto si era rialzato e contemplava… Perché il termine giusto era proprio “contemplare”…. A partire dal bel culo pieno, passando per le cosce… fino ad arrivare a quelle tettone stupende che penzolavano ora libere da costrizioni. Stupenda. La cagna era perfetta. Nuda, indifesa e sottomessa. Ma soprattutto, totalmente sua. Sonia aveva assistito a tutto con il cuore in gola. Non per paura che qualcuno potesse scoprire il gioco che alla fine era stata lei ad autorizzare, certo, una qualche traccia di essa rimaneva… no, era proprio quel piacevole brivido che la situazione le dava a darle sensazioni forti… non avrebbe mai immaginato che l’uomo potesse ridurre la signora in quel modo… E la donna lasciava fare… Un rumore dal negozio.

“No!” pensò la commessa, vedendo una coppia che stava entrando. “Signore… mi scusi, c’è gente, mi assento un secondo…” disse sottovoce. Marco si voltò “Ok, chiuda pure la porta allora…”La commessa stava eseguendo, poi si fermò un momento, già con la maniglia in mano…“Non… beh, sì insomma, torno subito eh!” disse con un sorriso malizioso e, rossa in volto, chiuse la porta. La maschera di durezza sul viso di Marco si aprì inevitabilmente in un sorriso.

E con quel visibile divertimento, tornò a voltarsi verso Serena, tutta presa a cercare di togliersi il moschettone dal collare. Immediatamente, si chinò accanto a lei, prendendola per i capelli, ad alzarle il volto verso di lui. “Che stai facendo, puttana?” chiese secco. “Stai esagerando!!! Ti rendi conto, ti rendi conto di come mi hai ridotta???” disse lei, rabbiosa. Lui non si scompose. “Forse credi che l’ubbidienza sia dovuta solo quando c’è gente attorno… no, puttana, in qualsiasi caso io ti voglio docile… docile e disponibile.

Mani a terra, puttana. ”“Cosa… cosa potrebbe dire quella ragazza in giro di me??? Ci hai pensato???” rabbia e disperazione, ma eseguiva, riportando le mani a terra. Marco divenne lieve nel parlare “Non dirà nulla… se io non voglio… L’hai sentita, gradisce molto lo spettacolo che stai offrendo…”“Sei stato tu!! L’hai pagata e…” ribattè Serena, subito interrotta. Marco lasciò la presa tra i capelli, e cominciò a passare due dita lungo la schiena di lei, leggero.

“L’ho pagata? Sì certo, per la prova abbigliamento, il resto… beh, avere un giocattolo a disposizione piace a tutti… specie se poco prima quel giocattolo se la tirava come fosse una principessa…” e mentre parlava, cinse il braccio attorno alla sua schiena, fino ad arrivare ad avere nelle mani entrambe le sue tette. Cominciò a soppesarle e massaggiarle lentamente…“Io… Cosa vuoi fare adesso? Basta!! Non… almeno non… qui…” le mani. La deconcentravano. E lui continuava.

“Vedi? Il tuo problema è questo corpo da puttana… Posso frustarti quando e come voglio, e lo farò senz’altro, ma la peggior tortura per te è il piacere… il tuo corpo ne ha bisogno…”Serena strinse gli occhi, imponendosi di tenere le mani ferme, a contatto con il pavimento, cercando anche di non mostrare reazioni ai tocchi di quel porco. Il problema era però che lui aveva ragione… il suo corpo chiamava piacere… indipendentemente da come Marco la stesse usando e umiliando, la sua pelle reagiva immediatamente ai tocchi… la stimolazione di poco prima nelle corsie già l’aveva provata, ed ora che il maiale teneva il suo seno tra le mani, avvicinandosi a stringere i capezzoli, ma senza sfiorarli, la rendeva ancora creta nelle sue mani.

“N-non… è… tu… è colpa… colpa tua… mi… mi torturi!” disse lei, con la testa incapace di stare ferma. Marco infatti procedeva con quel massaggio a fil di capezzolo… stringeva, in maniera famelica, stringeva le sue tette fin quasi a strizzarne le punte, ma all’ultimo, non toccava nemmeno quelle punte, incendiate dalla voglia. E questo la stava facendo impazzire, anche se tentava di tutto per non farlo notare. “Torturarti? Oh andiamo, puttana… per così poco…” la scherniva lui, mentre il braccio che la cingeva si spostava verso il culo di lei, la mano ad infilarsi tra le sue gambe… “N-noooh!” gemette Serena, sentendo un singolo dito scorrerle lungo il taglio, appena a dischiuderla, senza penetrarla.

Il sadismo di lui… che adesso stuzzicava tette e figa, stuzzicava, ma senza realmente mai stimolarli fino in fondo… la stava costringendo ad una lotta con sé stessa… rimanere immobile, mentre invece i capezzoli volevano essere strizzati… immobile… mentre la figa voleva essere riempita…Un leggero rumore… la porta che si riapriva piano, Sonia che tornava. Appoggiandosi allo stipite della porta, rimaneva a guardare l’umiliante masturbazione subita dalla signora… restava zitta, per non interrompere nulla, anche se sia Marco, sorridente, che Serena, con occhi tra l’avvilito e l’eccitazione pura, si erano accorti subito della sua presenza…Marco soprattutto gradiva molto il ritorno della ragazza.

Continuava perversamente a stimolare senza concedere a Serena nessun appagamento. “Su, puttana, dì a Sonia che hai la figa gocciolante…” diceva piano Marco…“N-no… n-o… f-falla… falla usc-uscire… uscire p-per ommmiodiio…” tentava di dire, mentre il suo corpo si muoveva iniziava a muoversi avanti e indietro, cercando inconsciamente più contatto… E Marco si divertiva con le tettone della sua preda… passandole il palmo vicinissimo ai capezzoli, in modo da farle sentire il calore della pelle, inducendola a tentare di strofinarsi… e ad ogni tentativo, lui allontanava la mano di un niente, generandole ancor più frustrazione…“dillo, puttana… dì che hai la figa gocciolante, su…” insisteva Marco, sentendo sotto le sue dita il corpo bollente di lei… al limite… di più…“AHHHHH!!! I-io… bas… diodiodiodio!!!” Gemeva ancora lei, ora che Marco aveva spinto tre dita nel suo ventre, a fondo, muovendole piano all’interno.

Con uno sguardo che bruciava voltò di shitto il viso verso Sonia, aprendo e chiudendo la bocca, tremante di desiderio, squassata dalla voglia di godere…La commessa guardava rapita… e Marco aveva creato la giusta tensione erotica… Sonia attendeva, voleva adesso sentirglielo dire… mentre l’osservava contorcersi, legata alla catena… Mentre l’uomo insisteva, insisteva…“Dillo, puttana, su…” continuava Marco, vedendola in agonia, sotto i suoi tocchi… E Serena, tirando sul guinzaglio, a denti stretti…“Ho… fi… la… ho la figa gocciolante!!!!” urlò, pronta all’orgasmo liberatorio.

Che non venne. Marco si arrestò immediatamente. “NO!!! Maledetto!!!!” sputò fuori Serena, dapprima contorcendosi, poi, senza nemmeno rendersene conto, muovendo la sua stessa mano in direzione del taglio per completare da sola l’opera. Il movimento fu subito intercettato da Marco, che la prese per i capelli. “Mani a terra, puttana. ” Sentenziò. “Ma… perché???” chiese angosciata e ancora sconvolta lei. “Mani a terra. Tu non godi quando vuoi, tu godi quando te lo dico io.

Mani a terra, e resta ferma immobile, a quattro zampe. ” Precisò Marco. Ancora tremante, frustrata oltre il limite, Serena dovette rimettersi nella posizione ordinatale. Però il suo contorcersi non smetteva. “Immobile ho detto. ” Insistette lui, scrollandola per i capelli. Ripetè il gesto per tre volte, fin quando Serena riuscì in qualche modo a contenere i movimenti involontari dettati dalla voglia, e drammaticamente, il peso della nuova degradazione che alla fine si era auto inflitta, si affacciò nella sua mente.

Lacrime le segnarono il viso, chinato. Non riusciva ad alzare lo sguardo, consapevole che oltre al suo aguzzino, era presente anche la ragazza, che l’aveva vista eccitata come una vera e propria troia. Marco intanto, sciolse collare e guinzaglio dal suo collo e dal sostegno. “Rivestiti, puttana. E non asciugarti. Voglio saperti sempre bagnata. ” Disse imperioso, e rimase lì ad osservarla, mentre distrutta fisicamente e mentalmente, Serena si rialzava, con una stupido quanto inutile senso di pudico, si voltava per indossare camicetta e gonna.

Quando si voltò, Marco era accanto a Sonia, pronti per uscire dal piccolo magazzino. “Qui, puttana. ” Disse con il solito picchiettare sulla gamba. Lei si avvicinò, a testa bassa, sentendo netto l’umido tra le cosce. Vergogna si sommava a vergogna. “Dunque Sonia, compriamo altre due o tre cosette… poi vorrei proporti un altro piccolo affare…” disse lui, rivolto alla commessa. “Se posso fare qualcosa…” rispose lei, sempre con quel sorrisetto tra l’imbarazzato e il compiaciuto.

“Decisamente” Disse Marco, cingendo i fianchi di Serena “poi gliene parlo… intanto, mi può mostrare dove sono le ciotole per il mangiare?” chiese con reale curiosità. Il sorriso di Sonia di aprì completamente. “Sì prego, mi segua. ”Serena non aveva parole. Non poteva dirne. Non dopo essere stata come una cagna in calore sotto le mani di lui. Sotto i suoi capricci. Sotto ogni sua perversione. Sua. Senza scampo. Sonia li stava guidando verso gli articoli richiesti, e Marco non poteva evitare di pensare che l’atteggiamento della ragazzina l’aveva comunque sorpreso… non avrebbe detto nascondesse una vena sadica, a prima vista.

Mora, minuta, una ventina d’anni… sul metro e cinquantacinque, fisico snello, vestita di un jeans e una semplice maglia abbondante, dava più l’impressione dell’annoiata da tutto, che… che della… curiosa… ecco, quello era il termine. Eppure, tant’era, e non guastava, visto quello che aveva in mente… Con la coda dell’occhio intanto sorvegliava Serena, il suo seguirlo passo passo, a capo chino… “Bene” pensò “si piega, ma fa di tutto per non spezzarsi e rialzarsi… ma la renderò devota al mio cazzo… piano piano…”Serena dal canto suo, era frastornata.

Si era svegliata convinta dovesse essere un giorno come tanti, e si ritrovava nelle mani di un uomo che stava adesso scegliendo una ciotola per cani… sul cui utilizzo non c’erano dubbi… Era stata legata, scopata, ridotta a implorare per godere, spogliata e totalmente sottomessa… Poi il guinzaglio, la catena… C’era poi il tocco da maestro di Marco, agire sulle sue voglie represse per far cadere ogni volta le minime difese che poteva opporre… Infatti, nonostante si andasse oltre la definizione di umiliazione, Marco la rendeva anche estremamente e costantemente eccitata, seppur contro la sua volontà, ma era un fatto che camminasse con un lago tra le cosce.

Adesso seguiva Marco e la stronzetta verso la cassa, conscia del fatto che uscita dal negozio, le sarebbe toccata l’ennesimo passeggiata pubblica a seno quasi scoperto… Marco non le aveva ancora lasciato un secondo per riprendersi… la martellava di continuo… fisicamente, mentalmente… una morsa, una gabbia attorno a lei che sentiva stringersi sempre più…Quanto meno, lo spettacolo davanti a Sonia era finito, e magari, non l’avrebbe nemmeno più incontrata…Sbagliava a non pensare all’assenza di limiti di sadismo dell’uomo.

Giunti alla cassa, Marco pagò i vari articoli, vale a dire il collare, il guinzaglio e in più due ciotole, sceltae davanti agli occhi di Serena, che si era vista tutto il dialogo intercorso tra Marco e Sonia riguardante la grandezza giusta dell’oggetto, svoltosi come se lei non ci fosse. L’uomo aveva appena riposto il portafoglio, quando si rivolse nuovamente a Sonia. “Spero non abbiamo recato troppo disturbo, signorina…” disse cordialmente. “No… nessun disturbo” disse Sonia, poi a voce più bassa, deviando lo sguardo, aggiunse “anzi… è stato… interessante”Serena l’avrebbe presa a sberla lì sul posto… si era divertita, la stronza… si trattenne… ormai erano quasi fuori, doveva imporsi… ubbidienza.

Marco però non aveva finito. “Interessante dice? Bene, perché avrei una richiesta in particolare…” proseguì lui, serio. “Mi dica pure, sono qui per servirla. ” Sonia lo disse in tono quasi fremente. “Potrebbe capitare più avanti che qualche impegno mi occupi la giornata, a me e all’altra addestratrice della… signora… qui presente…” disse Marco, non facendo nemmeno caso alla reazione avvilita di Serena al suono della parola “addestratrice”… “Sì… se posso fare qualcosa…” interloquì la commessa.

“Appunto… con la dovuta preparazione, potrebbe darci una mano come, sì, per così dire, una sorta di dog sitter…” concluse, con un atteggiamento assurdamente normale, di chi pone una domanda tra le più comuni. Ma gettò nel terrore la sua preda. Che stava dicendo quel porco?? In quel centro commerciale lei ci lavorava!!! La conoscevano!!! E stava addirittura chiedendo una dog sitter???Si voltò di shitto verso Marco, che l’attendeva però al varco. Fu lui a dire le prime parole.

“C’è per caso qualche problema?” chiese con voce ruvida. Serena ne aveva di problemi, li sentiva montare dentro, era pronta a urlargli in faccia quello che pensava… E poi? A parte il piacere dello sfogo, cosa sarebbe rimasto? Cosa sarebbe accaduto? Una punizione esemplare? Marco avrebbe inviato la documentazione a suo marito? Cosa?Impotenza. Sottomissione. Ubbidienza. L’unica via. E lo sguardo così carico di orgoglio… si spense. “No…” sussurrò, chinando il capo. “Bene. ” Disse lui, tornando a rivolgersi a Sonia.

“Quindi, signorina, potrebbe dare disponibilità? Chiaramente, il suo disturbo verrebbe ricompensato… in modo adeguato…”Sonia non finse neanche di pensare. “Sì certo! Quando dovrei cominciare?” chiese tutta eccitata. Marco sorrise. “Con calma… mi dia il numero di telefono, mi farò vivo senz’altro. ”E ancora Sonia non perse tempo, scribacchiando su un foglietto il numero e consegnandolo all’uomo. Non si poteva nemmeno dire fosse sfacciata, era semplicemente entusiasta… il discorso era che le veniva data la possibilità di giocare, e giocare pesante, ad avere potere… non voleva perdere quell’occasione.

E poi, il signore era un uomo decisamente piacente…“A presto allora, signorina, arrivederci… e grazie di tutto…” sorrise Marco, avviandosi verso l’uscita. “Arrivederci e grazie a lei…” disse Sonia, abbassando la testa al passaggio di Serena, che l’incendiò con lo sguardo. Piccoli inutili gesti di ribellione. Tornati nella galleria del centro commerciale, Marco consegnò le due buste con gli acquisti, quelli fatti da Gianni e gli ultimi, nel negozio di a****li, alla donna. Lui notava come, tra abbigliamento ed espressione, desse proprio l’idea che lui voleva… di una donna che ha appena fatto del gran sesso ed è pronta a rifarlo… E lui stesso, doveva ammettere, era pronto a prenderla lì dove lei si trovava… beh, ancora un pochino di pazienza… sorrise, in effetti, lui poteva farsela ovunque e comunque.

Solo che la tabella di addestramento andava rispettata… e lui era un professionista. Serena era ferma, davanti a lui. Attendeva ordini. Bene, pensò lui, considerando che non faceva un passo senza una sua parola. Si prese un minuto di tempo, prendendo la penna da un taschino e scrivendo alcune cose su un foglietto, che ripiegò, e tenne per sé. Poi si rivolse a lei. “Puttana, si torna al mio negozio. Cammina davanti a me, sola.

” Comandò. Un ordine semplice. Eppure, Serena si ritrovò con il cuore in gola… Erano due minuti di cammino, nulla più, ma ora si rendeva conto di una cosa, e se ne rendeva conto drammaticamente. Farla camminare sola, l’avrebbe esposta a tal punto da farle desiderare che lui le stesse accanto… Come con Gianni… Serena era stata umiliata davanti a lui, ma era la presenza di Marco che limitava l’agire dell’altro…“Non è chiaro quello che devi fare?” chiese ancora Marco, spazientito.

Ubbidienza. Al di là di pensieri e tristi considerazioni. Cominciò a indirizzarsi verso il negozio, testa ben eretta e viso serio, a voler almeno simulare un contegno che, tra scollatura e capezzoli così visibili attraverso il tessuto, non poteva pretendere. Serena avvertiva la presenza di Marco, poco più indietro, ma ancor di più, sentiva le occhiate, più prolungate ed esplicite, adesso che appariva come una donna sola. Un gruppetto di quattro ragazzi sui diciannove anni che stava incrociando lungo la via non nascose i sorrisi sguaiati mentre la fissavano… né si preoccupò di abbassare la voce per commentare… “Tettona”, l’ovvia parola fiorita sulle loro bocche…Accusava i colpi… silenziosa, seria… guardando tutti e non guardando nessuno allo stesso tempo.

Doveva solo sbrigarsi… Mancava poco al negozio, trenta metri… venti… “Signora?” si sentì chiamare da dietro. Lei si gelò. Non ebbe il tempo di voltarsi, visto che fu raggiunta al volo dal proprietario della voce… e dai suoi amici. Erano i quattro ragazzini che aveva incrociato poco prima. D’istinto, cercò Marco tra la gente. Era poco lontano, braccia incrociate sul petto, che guardava nella sua direzione, fermo. Serena non capiva. Cosa volevano? Si sentiva in ansia… aveva visto i loro sguardi poco prima, e sentito i commenti… esposta a quel modo, si sentiva vulnerabile.

Anche se i ragazzi non sembravano ora baldanzosi, ma imbarazzati… perplessi… pur passando e ripassando gli occhi sulle sue grazie. “Sì… cosa… cosa volete?” chiese, il respiro accellerato. “ehm…” iniziò quello che aveva davanti a sé “un signore ci ha detto di fermarla e…” continuò impacciato mentre alzò a livello sguardo un foglietto… lo stesso che aveva visto nelle mani di Marco qualche minuto prima. Serena lo riconobbe subito. E l’ansia crebbe. “Quindi…?” chiese rossa in volto.

“… ci ha detto di fermarla e di rivolgerle queste tre domande… lei ci deve rispondere e noi gli diremo cosa ci ha detto…” disse d’un fiato il ragazzo. Lei non riusciva a crederci. Alzò lo sguardo verso Marco, furiosa, come pure implorante… E lui stava là, stessa posizione, in attesa, ad osservare lei e i quattro ragazzi che a semicerchio le stavano attorno. Lo sguardo di Marco sembrava trasmetterle anche il futuro prossimo, se non avesse obbedito… Lei.

E i quattro ragazzi… La rendeva quasi isterica la precisione millimetrica della pressione a cui lui la sottoponeva… Frecce sempre perfette, a colpire il bersaglio, cioè lei stessa…Ubbidire. O sarebbe stata offerta ai quattro, ne era certa. Umiliarsi. Sempre e costantemente l’unica via. Senza guardare i ragazzi attorno a sé, assumendo un’aria che sapeva di agnello sacrificale, disse un “Ditemi…” che servì a liberare la spavalderia dei quattro. “Roba da non credere” disse uno di loro.

“Dai dai, parti, fai le domande, che sono curioso!” disse un altro. “ok ok” esordì quello che gestiva il foglietto, sghignazzando “prima domanda: cosa indossi sotto i vestiti?”Serena chiuse gli occhi un momento. Non era una domanda, era una sorta di pugno nello stomaco. Deviò lo sguardo verso un punto imprecisato, per non dover guardare in faccia quei mocciosi che traevano divertimento dal vederla a loro disposizione in quell’oscena versione del gioco della verità.

“Niente…” disse in un sussurro. “Niente???” esclamarono insieme i ragazzi. “Cazzo, questa non porta neanche le mutande!!!” esclamò uno, senza curarsi del fatto che erano in mezzo alla gente. “Aspettate, aspettate!! C’è la seconda!! Questa è forte!!” riprese il tipo con il foglietto, mentre Serena sentiva la pelle velarsi di un sudore freddo. “Allora, prossima domanda, quando le hanno palpato le tettone l’ultima volta?” e il ragazzo non si trattenne, ridendo alla fine della domanda, mentre gli altri tre rimanevano attentissimi, nell’ascolto e nello spogliarla con gli occhi.

Serena tremava dalla vergogna. Si disperava ancora per l’essersi messa in una situazione del genere… un ultimo sguardo a Marco… il bastardo se ne stava sempre immobile, a godersi la scena… l’avrebbe preso a calci un giorno o l’altro… l’avrebbe… no. Non doveva perdersi nei pensieri… se esitava, sarebbe accaduto di peggio…“quindi… quindici minuti fa…” sussurrò, sextenando un’altra serie di commenti nei ragazzi. “Che razza di puttanone…” “Beato chi ti scopa, tettona…” Lei si mise una mano sul viso, scuotendo il capo… ancora una domanda… ancora una e sarebbe finita…Finita? No… non sarebbe finita.

Avrebbe solo cambiato tipo di tormento, ma non sarebbe finita. Marco la voleva ridotta a schiava, spogliata di ogni dignità… poteva solo sperare di confinare quel degrado ad ambienti non pubblici…“Terza domanda… che ha scritto qui… oh! Bella questa!!! Descrivi cosa e come devi chiedere al tuo padrone quando devi andare in bagno. ” e finita la domanda, i quattro la fissarono, frementi. Serena scosse il capo, disperata. Guardò i ragazzi, che attendevano la risposta… ma lei si sentiva un blocco al centro dello stomaco… non riusciva più a proferire parola…Se ne accorse anche Marco, che si avvicinò, ponendosi dietro alla schiera di ragazzi.

“Ti hanno fatto una domanda, rispondi. ” Disse all’indirizzo della donna. I quattro lo guardarono un attimo, subito però si riconcentrarono su di lei. “io…” cominciò Serena, ma quel blocco al centro dello stomaco non se ne andava. Invece della risposta, uscì una protesta “Sei solo un pervertito!!” disse ad occhi lucidi. I ragazzi rimasero perplessi, ma Marco sciolse subito quella tensione. “Domani, se riuscite, ripresentatevi qui alla stessa ora… avrete altre domande che vi indicherò.

” E la piccola banda si rilassò immediatamente “Certo, io ci sono” “pure io!” disse un altro. “Ma… oltre le domande?? Si può fare altro” chiese il quarto, baldanzoso. Marco fissò Serena. E lei comprese l’ovvio… In lei stava l’essere lasciata completamente in balia dei ragazzini… si asciugò le piccole lacrime appena affiorate sotto gli occhi e guardò di lato, mentre rispondeva…“Io… io devo inginocchiarmi davanti a lui… e chiedere il permesso di andare in bagno…” disse in un sussurro, lasciando stupefatti i quattro.

“Ma che troione è questo?” chiedeva uno di loro. “Uno che mi tromberei anche subito” intervenne un altro. “Bene ragazzi, vi ringrazio tanto per la collaborazione. Adesso noi andiamo. ” Disse, cingendo un’avvilita Serena con il braccio. “Ma… ma domani allora, ci troviamo qui?” chiedeva quello del foglietto, evidentemente eccitato. “Certo” rispose Marco “le domande non sono finite… a presto ragazzi…” e si voltò assieme alla donna. Sentiva il corpo di lei tremare sotto le dita, mentre la vedeva mordersi il labbro e voltarsi a controllare che i ragazzini se ne fossero effettivamente andati… Un minuto dopo, rientravano nel negozio.

Paola stava seguendo una cliente, ma indirizzò a Marco un sorriso a piena bocca. Marco guidò la sua preda verso la stanzetta e, una volta dentro, chiuse la porta alle loro spalle. Serena aveva bisogno di fermarsi… riposare un attimo… era sfinita in tutti i sensi e a tutti i livelli. L’ultima esperienza poi, l’aveva lasciata completamente svuotata… Umiliazioni del genere solo un giorno prima le sarebbero apparse impensabili e inaccettabili, ed invece ora passava da una all’altra in maniera continuativa.

Quella stessa stanzetta assumeva ai suoi occhi il ruolo di piccola stanza delle torture… Quando sarebbe finita la giornata? Erano appena le quattro… e si rendeva conto adesso che Marco non le aveva neanche concesso il tempo di mangiare… Era l’ultimo dei problemi, comunque. Lo stomaco le si era chiuso ore prima…Solo che lo sfinimento le prendeva tutto il corpo… La giornata non finiva… senza considerare la cena… cosa avevano in mente di fare a casa sua? Perché l’avevano costretta ad invitarli… ?“Posa gli acquisti, puttana e inginocchiati.

” Ordinò Marco. Serena posò le buste a terra, accanto alle altre portate da Paola, poi, con remissione, si inginocchiò. Stordita dall’ultima prova, non opponeva alcuna resistenza… si limitava ad apprezzare il fatto che almeno lì non c’era altro pubblico… Rimaneva solo da capire cosa Marco aveva in mente. Il sadico che dimorava in quell’uomo la teneva in un’inquietudine che non si spegneva mai. Ora lui prese a girarle attorno, con tranquillità. “Poche semplici cose, puttana.

Hai esitato un po’ troppo oggi, e di questo se ne occuperà Paola più tardi. ” “Ma… ma che stai dicendo” chiedeva lei stupefatta, dalla sua posizione sottomessa “mi hai… ti rendi conto di quello che mi hai costretta a fare? Mi hai esibito come… come…” singhiozzava adesso. “Come una puttana? Come una cagna in calore? Tu sei entrambe le cose…” diceva lui, continuando a girarle attorno “Ed è bene che là fuori se ne accorgano… del resto, hai tradito tuo marito perché la tua figa ha fame…”Gli occhi di lei si chiusero… Marco la riportava all’origine, alla sua colpa.

La sua condizione era dovuta alle sue voglie. Il senso di colpa. La annichiliva. Marco intanto proseguiva. “Ti ho dimostrato che di te posso fare quello che voglio, in qualsiasi momento. E, allo stesso modo, con il mio permesso, lo può fare Paola. ” Disse, notando come gli occhi di lei si spalancarono, gonfi di paura e di odio, ma notava anche come la donna rimanesse zitta, a subire il suo discorso. “Non mi interessa se tu pensi di aver fatto abbastanza.

L’abbastanza, lo decido io, e credimi che i miei standard sono molto elevati. Totale ubbidienza. Sempre. Ovunque. ” E a quelle parole si chinò a sussurrarle nell’orecchio “Oppure non esiterò a concederti a Gianni, e a chiunque ne abbia voglia…”Parole che sortivano l’effetto voluto… Serena si irrigidiva, spaventata all’idea di essere usata da chiunque…“Ma… e se… io posso, sì insomma, vuoi soldi? Posso pagarti se mi lasci in pace, se dimentichi tutto…” chiese sottovoce.

Lui rialzò, riprendendo a camminarle attorno. “Soldi? Dici che mi mancano? Ricordati chi ti paga lo stipendio… a proposito, a partire da domani, controllerò io le tue spese. ”“Cosa? Che stai dicendo?” chiese confusa Serena. “Capirai domani. Come capirai, con le buone o con le cattive, che tu non vai in bagno se non ti do il permesso. Tu non mangi, se non te lo dico io. Tu non godi, se non hai il mio permesso.

E’ tutto chiaro?”“Non… io sono una persona e… ahi!!!” gemette Serena, quando lui la prese per i capelli. “Sì? Sei una persona? Vediamo subito allora. ” Disse lui. Poi fu un attimo. La costrinse ad abbassare la testa fino a terra, tenendole però il culo ben in alto. Fatto questo, le abbassò d’un colpo la gonna. “Allarga le cosce, persona. ” Disse con tono duro. Serena respirava affannosamente, sapeva di aver sbagliato ancora, ma non si aspettava di trovarsi nuovamente e così presto con la figa a sua disposizione.

La stimolazione al negozio di a****li era stata prolungata e, nonostante l’episodio con i ragazzini, si sentiva vulnerabile in quanto ad eccitazione. “Ahiiaaaa!!” urlò, quando uno schiaffo le raggiunse il culo“Cosce aperte, ho detto, persona. ” Ordinò spazientito Marco. E lei eseguì, sentendosi bruciare il punto in cui era stata colpita. Sentiva ora una mano di lui sul collo, a tenerla giù, mentre l’altra iniziava a frugarla… e si maledisse… perché senz’altro il porco trovava fin da subito i residui della manipolazione di mezz’ora prima…“Ma sentila, la persona, non riesci proprio a stare asciutta…” la schernì lui, infilandole tre dita dentro.

“OHHHHH!!!” Serena scrollò il culo, quasi a volersi liberare di quella mano, ma questa volta non erano i tocchi leggeri che miravano a fala impazzire lentamente. Marco stantuffava veloce, a fondo, riportandola rapidamente ad ansimare sotto i suoi colpi. “Sme… smet… Bas..ta!!” di nuovo i lamenti, di nuovo il contrasto tra il lamentare e l’iniziare a muovere il culo in sintonia al dentro e fuori delle dita di Marco. E il colare. Lei stringeva le palpebre, a cercare di escludere il rumore della sua figa, che agognava l’orgasmo.

“Sentila… sentila la persona come cola sulla mia mano… senti… cos’è, dignità della persona questa?” continuava lui, sempre dicendo quella parola come se stesse sputando qualcosa di disgustoso dalla bocca… e nel frattempo la vedeva sempre più al limite… eccola… ecco la bocca della sua preda che si spalancava pronta all’urlo liberatorio… e tolse le dita. “Bastardo!!!!!! Sei un pezzo di merda!!!!” urlò Serena, scrollando il culo frustrata, tentando di divincolarsi da quella presa sul collo che la schiacciava viso a terra.

In quel mentre, aprì la porta Paola. Un’altra donna sarebbe rimasta colpita, o quantomeno perplessa dalla scena. Paola invece sorrise. “Oh! Ha fatto la cattiva?” chiese sibillina. Marco nel frattempo era tornato al gioco perfido dello sfiorare senza penetrare… “Decisamente… figurati che ha detto di essere una persona…” disse fissando quel corpo che non smetteva di agitarsi e contorcersi sotto la sua morsa. “Mamma mia… no no Sere, queste sono parole brutte, sai?” disse avvicinandosi.

“St… stronza… s-sei una S…” niente. Non riusciva a finire una frase. Marco sapientemente gestiva i suoi tocchi per spezzare ogni suo dire. “C’è nessuno di là?” chiese lui a Paola. “No, al momento no. ” Rispose l’altra, fissando con voglia la donna ai suoi piedi. “Sbrighiamoci allora, presentiamogli il suo nuovo amico. Per un’ora potrai gestire tu. ” Sentenziò lui. Il sorriso di Paola era adesso quello del serpente. “Con piacere…” disse, recandosi ad una delle buste che lei stessa aveva portato al mattino.

Prese un oggetto, poi tornò vicino a Marco. Serena sentì la presa al collo sparire, e la voce di Paola che chiedeva “dove lo vuoi?” e Marco che rispondeva “altezza cagna. ” Non capiva, non le interessava. Disperatamente, voleva solo godere in quel momento. La mano di lui di nuovo nei capelli, la guidava a camminare a quattro zampe verso il muro, dove attendeva anche Paola. Era costretta a capo chino, vedeva solo i piedi dei due, e le sue mani che alternavano i movimenti in quell’umiliante passeggiata.

Capiva che la punizione sarebbe stata esemplare… infatti Marco non le diede l’ordine di togliersi la camicetta, provvide lui stesso a sganciare i due bottoni e a sfilarla brutalmente. Tre secondi dopo, ancora Marco su di lei, a metterle il collare con il guinzaglio, e consegnare un capo di esso a Paola. Nuda. Alla catena. Una condizione appena subita, una condizione a cui era impossibile abituarsi. Non con due sadici attorno a lei. Non per una donna che fino a poco prima era stata assolutamente padrona di sé stessa.

Alzò gli occhi, affranta. E lo vide. Era un dildo a ventosa, rosa, attaccato al muro. Di dimensioni medie, un quindici centimetri per due. Pronto per lei, a quanto pareva. “Che… che volete farmi ancora…” chiese lei in un sussurro, costretta a guardarli dal basso verso l’alto. “Te lo spiego subito. Quello è il tuo miglior e amico ora, e lo devi tenere sempre lucido. ” Disse Marco, portandola a girarsi con il taglio rivolto verso il dildo.

“Voi non siete normali… voi siete pazzi!!” disse al limite del pianto. “Bah! Secondo me, Sere, tra poco la penserai in maniera diversa…” le sorrise Paola. Marco invece si chinò accanto a lei. “Lucido… ricorda… ogni volta che io controllerò, voglio vedere il tuo nuovo amico contento… e lui è contento quando è pulito pulito… lucido, appunto. ”“Io… ma che ho fatto per meritarmi questo??” singhiozzò Serena. “Nulla. Ma è meglio toglierti subito certe idee dalla testa, cara la mia persona.

Mi raccomando, lucido non vuol dire godere… solo io posso dirti quando puoi venire… e per ora, non ne hai il permesso… Ma vedrai che Paola provvederà a spiegarti come funziona per benino…”Si rialzò, e guardò Paola. “Un’ora. Sai come la voglio. Una ricompensa la riceverai stasera. Con questo, avrai anche il bonus. ” Paola era raggiante, ma shittava anche la sua deferenza “Sì, signore. ” Rispose. E Serena, seppur ridotta al guinzaglio, non poteva fare a meno di notare come Paola si muovesse molto liberamente, ma poi mostrava un che di sottomissione verso di lui… indubbiamente, però, al di là di Marco, Paola voleva usarla come e più di lui… e lo sguardo da fiera della foresta non poteva che confermarlo…La temeva… temeva quegli occhi che mostravano quanto fosse pronta a farle di tutto… a maggior ragione ora che Marco stava uscendo dalla stanza, generandole ancora quella sensazione… verso il suo aguzzino… astutamente l’uomo creava in lei l’assurdo bisogno della sua presenza… lui la teneva nella gabbia… lui garantiva un’assurda sicurezza…Marco uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

E a conferma dei suoi timori, Paola mutò il sorriso in uno sguardo duro…“ora si comincia, gran signora…” e la prese per i capelli, facendola indietreggiare a forza, fino ad avere la figa a contatto del dildo… Sentendolo, Serena tentò di ritrarsi, senza però nemmeno tentare di alzarsi, cosa che le sarebbe stata comunque impossibile, adesso che Paola aveva accorciato la catena. E fu con quella che la donna dette uno strattone significativo. “uno…” disse semplicemente… e Serena andò nel panico.

Umiliazione, degradazione… ma anche la vergogna di cose assurde… una donna che la schiavizzava, tenendola al guinzaglio, la richiesta di impalarsi da sola…“due…” continuava Paola… e peggio ancora… quanto poteva andare avanti senza perdere di nuovo il controllo… era stata stimolata a più riprese… ed ora… ed ora… Paola contava… e se fosse arrivata al tre…Piano… se si fosse mossa piano, forse avrebbe conservato la lucidità… forse…Lentamente cominciò ad andare indietro… “a-ah-ahhh…” sospirò quando l’oggetto iniziò a farsi strada dentro di lei.

Non faceva certo fatica ad entrare, la lubrificazione era abbondante, e lei a occhi chiusi fece entrare i primi due centimetri con estrema facilità e, doveva ammetterlo, con involontario piacere… tanto da cercare di procedere…Ma la catena la trattenne. Paola la bloccava. “No no no… per ora tieni pulita la punta… avanti e indietro solo con un pezzettino, gran signora…” le disse chinandosi davanti a lei, il viso a tre centimetri dalla sua faccia.

Lo sguardo di Serena era sì carico d’odio, ma si stemperò subito in una smorfia di piacere, quando cominciò ad eseguire quanto le era stato ordinato… Avanti… lentissima… indietro di pochissimo, a prenderne solo la punta… piano… piano… poi ancora… e ancora…Sentiva la figa pulsare. Si odiava per questo. Lei stessa diveniva una volta di più l’avversario più terribile… guardava Paola, pronta a dirle ciò che pensava di lei, ma le parole venivano affogate dal piacere, dalla voglia… per tre volte aveva tentato di impalarsi di più, ma la donna che teneva il guinzaglio l’aveva sempre bloccata…“Allora, gran signora, ti piace il tuo nuovo amico?” chiese divertita Paola.

Serena stringeva le labbra, mentre proseguiva l’oscena masturbazione. Non voleva darle la soddisfazione di sentirla rantolare. “Uh, gran signora, siamo silenziose… vabbè, pazienteremo, vedrai che poi mi parlerai…” e detto questo, si posizionò al suo fianco, tirando la catena, in modo che il corpo di Serena fosse costretto ad inghiottire due centimetri in più di quel cazzo finto. “Ahhh… n-non…” niente, non riusciva a dire niente. Però riusciva ad aumentare il ritmo… o meglio, non poteva farne a meno… le labbra si dischiusero… gemiti sommessi iniziarono a susseguirsi… la catena le imponeva di prenderne ben meno di quello che desiderava… e non si accorgeva che la lucidità che avrebbe voluto mantenere, se n’era già andata…Avanti, indietro.

Avanti indietro. Veloce, veloce. Piccole gocce precipitavano dalla sua figa verso le piastrelle… voglia… tanta… da soddisfare… subito…Un tirare della catena, continuo ed inesorabile, che le faceva perdere piano piano il contatto con il dildo. E Serena che puntava mani e ginocchia per resistere a quel tirare. Aveva bisogno… tanto…Uno strappo deciso, e la sua figa fu vuota. Uno sguardo furioso verso Paola, che contraccambiò con un sorriso sadico e tornò a chinarsi davanti a lei.

“Questo era solo l’assaggino, gran signora…” le sussurrò piano. Non fu l’odio, ma la frustrazione a portarla a sbagliare. “Fottiti, stronza!” sibilò Serena. Paola si erse in tutta la sua altezza, l’espressione da predatrice in viso. “Tra un’ora, ti garantisco che striscerai ai miei piedi. ” Disse secca. Poi si mise dietro di lei, guinzaglio in mano, le riposizionò il dildo sul taglio, e con un gesto secco, la tirò indietro, facendo sparire tutta l’asta di gomma dentro il ventre di lei.

“ODDDDDDDDDDDIIIOOOOO!!!” L’urlo di agonia dovuta al piacere, riempì la stanzetta. Serena rimaneva impalata, fremente, rendendosi conto di essere eccitata allo spasimo e, purtroppo, di esserlo davanti a Paola… non voleva assolutamente concederle di vederla ancora implorare, ma le stimolazioni continue la stavano trascinando oltre ogni sopportazione… Pur non volendo, pur rifiutando l’idea del bisogno dell’orgasmo, si spostò in avanti di pochissimo, pronta a impalarsi nuovamente…“No, gran signora, immobile adesso. ” Le ordinò Paola, occhi che scintillavano.

Ed era ovvio… aveva al guinzaglio la sua preda, nuda, angosciata dal piacere mancato e dal fatto che doveva sottostare ai suoi ordini… Naturale che fosse al settimo, anche se si sentiva a sua volta incendiare tra le cosce… ma per lei, l’attendere era una delizia… presto sarebbe giunto il momento della ricompensa, e si sarebbe sfogata per bene. Intanto si crogiolava guardando la donna davanti a lei, esasperata da quell’ultima imposizione, lo stare immobile…Serena, con mezza asta dentro, la guardò implorante.

La furia era già svanita, cancellata dal bisogno di scorrere avanti e indietro… “Non… posso…io…” singhiozzava disperata. “Oh! Le è tornata la voce!” sogghignò Paola “Devi sforzarti, gran signora… sai qual è il problema? Ne hai troppo dentro…” e detto questo, tirò la catena, riportandola ad avere solo mezzo centimetro dentro di lei. Serena piangeva apertamente ora, pur tirando facendo forza sulle ginocchia per ritrovare l’intera penetrazione. “Sei… sadica!!” esplose, rinunciando al tirare e ricadendo sui gomiti, faccia a terra.

Si sentiva sfinita, pur con l’eccitazione a livelli incredibili. “Sadica? Per così poco, gran signora? Guarda che so essere molto peggio…” e lo disse mentre staccava il dildo dal muro e lo riattaccava al pavimento, davanti al viso della donna. Usò ancora il guinzaglio per imporle di alzare la testa. Serena aveva gli occhi stravolti, ancor di più ora che si ritrovava il cazzo finto davanti al suo viso, inequivocabilmente pronto per un altro tipo di servizio…“Su, gran signora.

Marco lo vuole lucido. Cinque minuti di riposo alla tua bella fighettina… non vogliamo che tu goda fuori programma eh, quindi, lavori il tuo amichetto di bocca. E lo voglio lucido fino in fondo. Non vorremmo fare arrabbiare Marco…” E si posizionò ritta, avendo cura che il dildo fosse tra i suoi piedi divaricati. L’effetto era quello voluto… Paola se la godeva un mondo a vederla alzare la testa, così prostrata davanti a lei, così indicibilmente sottomessa…“Paola… che senso ha farmi tutto questo… non hai un briciolo di…” stava dicendo Serena.

“No, non ce l’ho. ” Tagliò corto la donna “e se fossi in te, non mi perderei in chiacchiere. Marco passerà di sicuro a controllare. ”“Non posso… per favore. ” Implorò ancora Serena. “Succhia. Ora. ” L’espressione di Paola rasentava la pura cattiveria adesso, e Serena seppe che non c’era spazio per qualche forma di pietà… Un ultimo sguardo al dildo… vi si avvicinò piano… la bocca vicino alla punta… che si aprì. Cominciò prendendone un pezzetto, un centimetro di quell’oggetto in cui riconobbe anche il gusto dei suoi umori… ad occhi chiusi faceva un lieve su e giù impacciato, dettato da una vergogna che non le lasciava scampo.

Fu la mano nei capelli di Paola a farle capire che non bastava. La afferrò saldamente, e a forza, guidò un su e giù dapprima energico, poi profondo… ogni volta che Serena si chinava sul dildo, Paola la teneva giù un paio di secondi più del necessario… saliva andava così ad aggiungersi a saliva, visto la profondità dell’ingoiare che l’altra imponeva…“Così, gran signora” diceva la sua aguzzina, continuando a dettare i ritmi del succhiare “dato che con questa bocca ci faranno di tutto, è meglio che ti abitui…” e spingeva, a fondo, la testa di lei.

Per tre volte Serena fece lo shitto improvviso, semi soffocata, facendo fuoriuscire il cazzo dalla bocca e tossendo saliva, ma sempre Paola la riprendeva al volo e la obbligava a riprendere il pompare… Il risultato era un pavimento reso viscido sia sotto la sua figa, che attorno alla base del dildo…D’improvviso, entrò Marco. Serena poteva solo intuire che fosse lui, la posizione prona non le permetteva di vedere oltre le sue scarpe…“Allora, come lavora la persona?” chiese a Paola.

“Direi chela stiamo ridimensionando un pochino… forse, se glielo chiedi, non sarà più così piena di sé da definirsi persona…” disse sorridendo la donna, alzando di colpo la testa di Serena, per farle guardare direttamente Marco, che si chinò accanto a lei. “Cosa sei?” le chiese Marco, fissandola negli occhi. Serena si rendeva conto di essere stata spogliata di ogni dignità… era inutile mostrare una qualsiasi forma di orgoglio… assecondare. Ubbidire. Totalmente. Questo voleva.

Questo otteneva. Sempre. “Una putt… puttana…” disse piano. “La mia puttana. ” Precisò Marco. “La… la tua puttana…” singhiozzò Serena. “Eppure mi avevi detto di essere una persona… ma sbagliavi, vero puttana?” rincarava lui, passandole un dito lungo il viso. “Io… sì… sbagliavo… adesso… posso riposare… per favore…” chiese disperata Serena. Marco si rialzò. Prese le polsiere dalla scrivania e fece un cenno a Paola, che fece inginocchiare Serena, tirandola per i capelli. Marco non trovò opposizione da parte della sua preda, quando le congiunse dietro la schiena e le legò assieme.

“Torno di là” disse Marco rivolto a Paola “continua come ti ho detto. ” E fece per andarsene. “Io… ti prego Marco… ho detto quello che volevi, ti scongiuro!” diceva Serena, inginocchiata, cercando compassione. Lui sorrise. “Dire è un conto… quello che pretendo è molto, molto di più. Paola, la voglio in calore. ” E se ne andò, chiudendo la porta. Serena si afflosciò sulle ginocchia, a capo chino. Implorare, scusarsi… nulla, non serviva a nulla.

Ed ora sentiva di nuovo la mano di Paola tra i capelli… la strattonava, lasciando per un attimo il guinzaglio che ciondolava tra i suoi seni… lei era costretta a muoversi sulle ginocchia, e la destinazione la conosceva… ecco… Paola la posizionava a due centimetri dal fallo di gomma… con un piccolo tocco del piede sulle cosce le imponeva di divaricare le ginocchia… E poi si piazzava, guinzaglio in mano, a due passi di distanza… a contemplare…“Difficile talvolta dover attendere…” pensava Paola, guardando Serena, deliziosamente nelle sue mani… Nuda e splendida.

Legata, inginocchiata e quindi meravigliosa. Al guinzaglio e pronta all’uso… divino…La lingua passò sulle labbra, golosa, prima di parlare. “Ricominciamo la pulizia, gran signora. Ora ti abbasserai, e scoperai per bene il tuo amichetto. Quando dico di fermarti, lo farai uscire. Senza se, e senza ma. Il godere non è una scelta tua. Chiaro?”Serena la guardava sconcertata. Giocavano a farla impazzire, tra le tante cose… sessualmente, era stravolta, un gioco perverso del genere, l’avrebbe fatta precipitare nel baratro.

E gli occhi di Paola… passavano famelici sul suo corpo… cosa voleva ancora da lei… Temeva la risposta…. Perché inconsciamente, la conosceva…Paola era in attesa. E lei era senza possibilità di scelta. “Sì…” bisbigliò. “Comincia, gran signora. Giù, subito. ” Ordinò Paola. Serena non potè far altro che obbedire… scese lentamente… nonostante le mani legate, fu un attimo farlo entrare, mentre l’espressione del viso diveniva tirata… era oltremodo bagnata, spinta troppo verso il limite… Scese fino ad averne metà nella figa… si fermò un secondo, occhi chiusi frementi, cercando di contenere gemiti che si accumulavano in gola…“Tutto, gran signora.

Voglio vedere sparire il tuo amichetto, eh. ” Disse Paola, dando un leggero strappo alla catena, per sottolineare l’ordine. Serena ansimava, mentre proseguiva la discesa… lenta… lentissima… ogni millimetro era un’agonia di piacere. Ma l’ordine era chiaro… e le rimbombava nella mente… non godere… non godere…“Ah…ahhh…” le uscì dalle labbra, quando l’ebbe preso tutto. Tremava. E gocciolava. Lo sentiva lungo l’interno coscia, sentiva il lago che si formava dentro lei… Controllarsi… muoversi lentamente…Paola sorrideva.

Vederla nel disperato tentativo di contenere le emozioni… di controllare con la mente ciò che il corpo chiamava a gran voce, beh, dava quel tocco in più… per meglio dire, un’altra difesa di lei da mandare in frantumi… Lasciò andare il guinzaglio, che ricadde tra le tette di Serena, e appoggiò le mani delicatamente sulle spalle della preda… Il piacere di vederla ritrarsi leggermente… le dava fastidio essere toccata da un’altra donna, ma la predatrice era ben sveglia dentro Paola… fece scivolare lentamente le mani verso i capezzoli… lievissima… per poi prenderli tra pollice e indice…“N-n-non… toc… armi… t-ti p-prego…” mormorava Serena.

Uomo o donna, il suo corpo era una corda di violino pronta a saltare… se si fosse concessa il lusso di godere, se gliel’avessero permesso, cosa sarebbe accaduto? Marco era stato intransigente in modo assoluto su quel punto… ma Paola voleva a tutti i costi renderle un inferno ogni secondo… “Non penserai di riposare, gran signora… qui si fa allenamento…” disse la predatrice, iniziando a tirare i capezzoli verso l’alto, obbligando Serena a seguire il movimento… lentissimo… un millimetro alla volta… la faceva impazzire, rompeva quel flebile auto controllo… resistere… rifiutare il godere…Ma come poteva farcela… Paola adesso alternava delicatamente il suo comandare tramite i capezzoli… su… giù… su… giù… e lei soccombeva… “Io… miodio… miodio… sto…” era vicina… disperatamente vicina…E il tocco sui capezzoli divenne assurdamente doloroso, e la obbligava ad alzarsi sulle ginocchia quel tanto che bastava a fare uscire il dildo dalla figa.

“NOOOOO!!!! Basta torturarmi!!!!” urlò Serena. Ma non per il dolore. Tentava adesso di rimettersi a cavalcioni del fallo, sembrava realmente impazzita. Con rapidità Paola riprese il guinzaglio, cortissimo nelle sue mani…“No…” diceva mentre l’altra si contorceva… “No no no” ripeteva, con il tono di chi sgrida una bimba capricciosa… “Non mi dire che ho rovinato qualcosa…”“Stro… stronza maledetta… man… mancava… poco… poco…” le sputava in faccia Serena, gli occhi infuocati. “Davvero, gran signora?? Scusami… non me ne ero accorta… ma conosco io un metodo per portarti un passo indietro, prima di ricominciare…” e tenendola stretta per la catena, diede un ceffone sul seno sinistro della sua preda.

“Ahiaaaaa!!!” urlò Serena, presa totalmente di sorpresa. Immediatamente, fu raggiunta dal secondo, sempre sullo stesso punto. “SMETTILA!!! Ti prego bastahhhhhh!!!” urlò ancora al terzo. Ora ansimava, arrendevole, sempre inginocchiata e chinandosi leggermente in avanti, quanto il guinzaglio le permetteva. “Bene, gran signora… possiamo riprendere ora. ” Disse Paola, riposizionandola sul cazzo finto. “T-tu mi v-vuoi tor… tormentare…” disse tra gli ansiti Serena, preparandosi alla nuova impalata…“Dai, su… magari è l’ultima volta…”la scherniva l’altra, quasi con tono dolce…“AHHHHDDDIOOOOOO!!!” gemette Serena, quando Paola la rispinse giù, fino in fondo.

“Su gran signora… è quasi finita…” disse ancora la sua aguzzina, e Serena la guardò stravolta. Dopo mezz’ora, gli orgasmi mancati erano sette. Quando Marco aprì la porta, fu colpito per prima cosa dai profumi… di bagnato, di figa… netti, nell’aria…Poi si concentrò sulle due donne. Paola lo guardava, trionfante. Teneva il guinzaglio, mentre ai suoi piedi, Serena era chiaramente stata interrotta mentre leccava il dildo. Il viso era stravolto, il respiro accelerato. Era visibilmente sudata… nell’insieme, Serena era nella condizione che lui aveva chiesto…In calore.

Marco si avvicinò, e prese in consegna la catena da Paola “Molto bene. Sono soddisfatto. ” Disse. “Grazie signore. Passo di là?” chiese la donna, contenta. “Sì, dieci minuti e arriviamo. Intanto ho sistemato il video dove la puttana implora per essere scopata, l’ho inviato anche sul tuo cellulare, casomai avesse qualche problema con la disciplina, in futuro…”“Benissimo signore. Vado. ” Disse, passando nel negozio. Appena fu uscita, Marco si chinò davanti a Serena, la prese per i capelli, facendola inginocchiare.

“Mi sembri sfinita, puttana… o ti devo chiamare persona…” chiese sorridendo. Serena era ben oltre la vergogna ormai. Che l’insultasse come voleva, che la degradasse pure… al momento desiderava solo una cosa… poi avrebbe avuto il tempo di pentirsene, ma adesso il suo corpo prima, e la mente poi, focalizzavano solo un bisogno…“Sono… quello che vuoi… posso…” chiedeva a occhi chiusi. “Sì? Puoi cosa, puttana?” la istigava Marco. “… bagno… andare in bagno… sola…” e strinse le palpebre chiedendolo… sapeva di umiliarsi, ma aveva necessità, doveva toccarsi, assolutamente…Il sorriso di Marco si allargò.

“In bagno sola… e come mai, puttana?”Serena si morse il labbro. “Ho bisogno di fare pipì… e…”“Uhm… no no, se non sento la verità , non posso concederti così tanto, puttana…” disse lui, passandole il dito lungo il collo. Serena adesso lo guardava, disperata. “Per favore… ho solo bisogno… io…” tergiversava, ma quando quelle dita scesero lungo il seno, a prenderle il capezzolo, rinunciò ai giri di parole…“Ho bis-bisogno… di toc-carmi…” e lo disse con occhi lucidi.

La resa era stata data. “Toccarti? Non mi sembra si dica così… riprova…” continuava incalzandola lui, ora avvicinando la bocca a quelle tettone così ben esposte… “Cazzo, ho…” un sospiro, mentre lui passava la lingua sul seno… “ho… bi-bisogno di… mast-masturbarmi!”Marco sospese il suo leccare. “No. ” Disse semplicemente. “Perché… dio perché??? Ho fatto di tutto, di tutto!!!!” piangeva lei, senza curarsi che il suo disperarsi davanti a lui era per chiedere l’umiliazione totale… era giunta a chiedere il permesso di masturbarsi…“E’ già previsto come e quando godrai oggi… non sei libera di scegliere, puttana.

Ma se hai tanta voglia di cazzo…” e lasciò la frase in sospeso, mentre la liberava dalle polsiere. Serena, ricadde a quattro zampe, mentre Marco prendeva una sedia e si accomodava davanti a lei. Serena alzò il capo, e vide come lui teneva le gambe divaricate, le braccia incrociate sul petto. “Su, puttana. Tiramelo fuori. ” Ordinò Marco, con assoluta calma. Lei scosse il capo, in un “no” che sapeva di avvilimento… eppure si mosse, facendo strisciare il guinzaglio sul pavimento.

Le mani le tremavano, mentre slacciava il bottone dei pantaloni… poi fu la volta della zip… Ed ora esitava… il fiato corto. Un’agitazione la scombussolava… non voleva servirlo, ne detestava l’idea, e quello concorreva a renderla così elettrica. Ma c’era poi l’altra parte… l’avevano portata così al limite che solo l’idea di cazzo la rendeva disposta a tutto…Alzò gli occhi… l’espressione di Marco era di chi non avrebbe atteso oltre. Lentamente, scostò il bordo delle mutande… E lo prese in mano, per farlo uscire.

Lo mollò subito, appena l’ebbe estratto. “Passami il guinzaglio, puttana. ” Ordinò Marco, e lei eseguì, con angoscia crescente. Non c’era tregua, mai. Marco prese il capo che le tendeva la donna, e immediatamente ridusse la catena a venti centimetri, tirando il viso di lei tra le sue gambe, il viso a pochissima distanza dal suo cazzo duro. “Perfetto puttana. Guardalo, guardalo per bene. E nel mentre, masturbati i capezzoli. Solo quelli. ” Le disse, soddisfatto della reazione di delusione che le lesse in volto… Ciò nonostante, Serena portò le mani ai suoi chiodini, duri all’inverosimili e, considerava lui vedendola sospirare , sensibili come non mai… “Accarezzali per bene, puttana” le diceva guardando quelle labbra a breve distanza dal suo cazzo “proprio come te li lavoro io…”E lei eseguiva, ogni carezza, una fitta di piacere.

Erano da sempre stati un punto particolarmente sensibile del suo corpo, ma ora Serena capiva quanto potevano diventare tortura… li rigirava tra le dita, accarezzando, stringendo piano… lasciandosi rubare la mente… non importava a chi apparteneva il membro che aveva davanti alla faccia, la sua figa non aveva occhi… solo bisogno… troppo…“Dunque puttana, mentre ti diverti” disse sarcastico lui “ti spiego alcune cose, che serviranno a partire da questo momento e sempre. Primo, il tuo cellulare lo gestiamo noi…”Serena ebbe un sussulto.

Il cellulare! Dov’era adesso?? Erano ore che per forza di cose non lo guardava…“Ma… i-io…” voleva chiedere, ma senza interrompere l’accarezzarsi, non riusciva a formulare la frase completa. “Non interrompere, puttana. Noi decidiamo a chi rispondi, chi chiami e tutto il resto. Abbiamo già provveduto a spulciare bene bene anche quello… trovando interessanti spunti…” disse con un ghigno. Serena non riusciva ad immaginare cosa potessero aver trovato… lo teneva abbastanza pulito, il marito non controllava mai, ma non si poteva mai sapere… a cosa alludeva quel bastardo?“Seconda cosa.

Il mercoledì è il tuo giorno libero. Smetti pure di prendere impegni. Lo passerai sempre con me. ” Lei recepiva, come frustate quelle parole. Il problema era l’eccitazione… recepiva, annuiva sottomessa, senza realmente rendersi conto di quanto la sua vita stava finendo interamente nelle mani di Marco… E intanto gocciolava… i capezzoli bruciavano sotto le dita… e un cazzo era lì… a pochi centimetri…“Terzo punto. Al mattino verremo a prenderti noi a casa, per venire a lavorare, e verrai sempre riaccompagnata da noi.

Chiaro?” Chiese lui secco, iniziano a passarsi la mano sul cazzo, un gesto che fece provocò una velocissima leccatina sulle labbra da parte di Serena… che riscuotendosi, disse un semplice “s-sì…”“Quarto punto. Non che mi preoccupi, visto che il cornuto non sa apprezzare una puttana come te, ma non dovrai mai più essere penetrata da tuo marito. E credimi che non sarai mai fuori dal mio controllo, riguardo a questo…”“M-ma… “ iniziò a dire Serena “m-mi… mi s-stai chiedendo… Mar… Marco… io…” farfugliò, rossa in viso, occhi fissi sul menare di lui.

“Non devi preoccuparti. La useremo così tanto che neanche ti passerà per la testa di farlo con lui. Io decido chi può ficcartelo dentro. ” E detto questo, diede uno strappo al collare, tirandola ancor di più verso il suo cazzo. Guinzaglio in una mano, con l’altra la prese per i capelli e si posizionò la bocca di lei sul membro. Sorpresa da quella foga, Serena puntò le mani sulle gambe di lui, per cercare quantomeno di limitare quello che non era un pompino, ma uno scoparle la bocca.

Difatti Marco ad ogni affondo le spingeva la testa a fondo, impedendole di deglutire… la saliva colava, mentre lui aumentava la velocità, incurante dei gemiti soffocati di lei… Un minuto dopo, le portò il capo all’indietro e, mentre lei tossiva, le venne sul seno. Stremata, Serena ricadde nuovamente a quattro zampe. Istintivamente, si guardava attorno per cercare qualcosa con cui pulirsi…“Spalmatelo bene su quelle tettone, puttana. Devi sapere di me. Sempre. ” Sentenziò Marco.

Ai suoi piedi, Serena non potè far altro che eseguire. Serrando le palpebre, si passò una mano sul seno, fino a che non ebbe spalmato tutto il seme dell’uomo su di sé…Nel mentre, si rendeva conto di cosa gli aveva annunciato per il futuro… Le stava rubando nuovi pezzi di vita, un altro giro di vite, un’altra stretta alla gabbia… Lo odiava… lo odiava con tutta sé stessa… specialmente per quello che sentiva dentro… la voglia di scoparsi persino lui, pur di mettere fine a quell’eccitazione che non voleva lasciarla… Sentì le mani di lui sganciarle il collare.

“Alzati puttana, e rimettiti gonna e camicetta. Avrai fame immagino, dopo questa lunga giornata…. ” Le chiese, sorprendendola. Sembrava quasi dolce nel tono di voce. “S-sì, Marco… non mangio da stamattina…” ammise lei. “Bene. Vestiti, puttana. ” Ordinò lui. Serena non capiva… Non capiva quella piccola attenzione inaspettata… Fece quanto le era stato detto… la camicetta, prima, senza osare andare oltre il secondo bottone, poi la gonna… mentre considerava quanto si sentisse gonfia e pulsante tra le cosce.

Aveva bisogno di venire, aveva bisogno di una doccia, aveva bisogno di stendersi e riposare…Non osava però aprire bocca e chiedere… Quando fu pronta, i due uscirono dalla stanzetta. Qualche cliente, ovvi sguardi verso di lei. Ovvio sorriso di Paola, da dietro il bancone. Marco si avvicinò, seguito da Serena. “Mamma mia Sere, che profumino di buono sento…” disse lei, facendola arrossire violentemente. “Si può sempre fare meglio. ” Disse Marco, tranquillo. “Hai preparato il computer?” proseguì, riferendosi al piccolo portatile che aveva immortalato Serena qualche ora prima.

“Certo” rispose Paola “non rimane traccia di nulla. Il video integrale l’ho messo al sicuro per noi… Poi l’ho predisposto per la connessione… insomma, è pronto. ”Serena ascoltava, senza parole. Stavano allestendo il reale collare che la teneva sottomessa… raccoglievano e catalogavano per bene tutto quello che serviva per tenerla in pugno. “E il cellulare della puttana?” chiese ancora lui. “Sistemato. Hai i due programmini che avevi chiesto… uno la segue passo passo, e possiamo sapere sempre dove si trova, l’altro monitora il suo traffico telefonico, chiamate sms e, ovviamente, il programmino speciale per il gioco… contenta Serena? Possiamo sapere sempre dove sei e con chi parli… non che resterai spesso da sola, comunque.

” Concluse la donna, guardandola. Serena non capiva più nulla. Non potevano essere arrivati a tanto! E cos’era il gioco??“Ma… cosa state dicendo?? Voi pretendete di avermi a disposizione sempre??” riuscì a non urlare, visto la clientela presente, ma era esterrefatta. Stavano dimostrando un’assoluta determinazione nel volerla come schiava, sempre e ovunque!Marco fece un sorriso disarmante. “In effetti, puttana, è così. Tu mi appartieni. Ma ovviamente, puoi andare fin da subito. Chiaro che appena rifiuti, tuo marito riceverà tutto il materiale, del tuo amichetto di chat, degli altri amici con cui giocavi virtualmente, i commenti che facevi di tuo marito… poi il video dove implori di essere scopata da me… E se non sbaglio, Paola è pronta a riferire di quanti altri ti sei fatta qui…”“Ma… ma non è vero!!” esclamò Serena, disperata.

“Beh… credo che poco importeranno le tue parole, dopo quello che il maritino si troverà davanti… ma forse, sarà comprensivo… “Serena si prese il volto tra le mani… poi li guardò… “quello che mi chiedete è pazzesco…”Marco la fissò, duro. “Chiedere? Io non chiedo, ottengo. Questo è quanto. Hai finito adesso, puttana, o vuoi ancora farmi perdere tempo?” Gli occhi di Serena vedevano i panorami futuri… controllata, in modo assoluto, usata a piacimento. Vedeva insomma un inferno, fatta di una ragnatela dov’era stata invischiata… il ragno era Marco, che giocava con lei, con le sue voglie… con la sua vita… Quello che non riusciva a vedere, era una via d’uscita.

“Va bene…” sussurrò…“Bene, perché è ora che tu mangi, mia cara puttana. Non sei contenta?” chiese lui. Assecondare. Ubbidire. “S-sì, certo Marco…”“Però, prima di andare, ti manca ancora qualcosa… Paola, preparala. ” Stabilì Marco. “Certo, vieni qui, gran signora, dietro al bancone, in piedi. ” Le disse sorridendo. Serena eseguì, piena di angoscia. Era semi nascosta ai clienti, ma non aveva la minima idea di quello che la donna voleva ancora farle… “No…” bisbigliò, quando sentì la mano di Paola risalirle da dietro, lungo le cosce… Cercò anche di serrarle, quando la sua aguzzina iniziò a forzarle il taglio per far entrare qualcosa…“Ma ch-che fai… no… nooo!!!” gemeva Serena, mentre Paola spingeva, non vista un oggetto dentro di lei…“Ferma… ferma che ti fa solo bene, gran signora… ecco, entrato!” disse trionfante.

In effetti, il piccolo cilindretto di plastica era penetrato in lei facilmente, visto il lago che si portava dentro… “Che… che cosa… diomio… ma che avete fatto?!?!” chiese sconcertata. “E’ un gioco molto simpatico… e… un modo di renderti più veloce nell’ubbidire, puttana. ” Le disse Marco, che nel contempo, prese un piccolo telecomando dal bancone, spingendo un tasto. “ohhh!!!” esclamò Serena, piegandosi leggermente sul bancone. L’oggetto che aveva dentro aveva preso a vibrare.

Marco sfiorò ancora il telecomando, e la vibrazione cessò. “Ora sei pronta puttana. Prendi con te il cellulare e il portafoglio, ti serviranno. ” Disse, e Paola prontamente tese gli oggetti a Serena, che aveva un’espressione incredula. “Seguimi. ” Ordinò ancora Marco, con il consueto gesto di battere la mano sulla gamba. E Serena cominciò a comprendere che il pasto avrebbe rappresentato una nuova agonia… ai primi due passi, un lieve gemito le sfuggì dalle labbra… il cilindretto che portava nella figa, anche se spento, stimolava comunque il suo piacere, già portato ad alti livelli…Ogni passo diveniva così una prova… doveva concentrarsi per non ansimare, e senz’altro Marco lo sapeva bene, visto che teneva un’andatura veloce, uscendo dal negozio.

Lo raggiunse con fatica, rendendosi conto che per quante volte affrontasse la gente della galleria, non si abituava mai a quell’imbarazzo generato dal suo essere così esposta… e nemmeno le persone attorno rimanevano indifferenti… C’era poco da fare… una scollatura del genere, su un seno come il suo, calamitava gli sguardi. L’aspetto stravolto poi non faceva che accentuare quell’aria da donna da sbattere… senza contare l’odore che si sentiva addosso… di lui, del suo sperma… E la vergogna saliva in forma di rossore sul suo viso.

Anche per la paura adesso di incrociare persone che avevano potuto in qualche modo giocare con lei… Gianni, Sonia, i quattro ragazzini…Sì, Marco tesseva una rete… dove lei si ritrovava sempre più circondata da persone che l’avevano vista in situazioni più o meno oscene e umilianti… non osava pensare ai giorni a venire… la costante tensione a cui sarebbe stata sottoposta anche solo per passeggiare lungo il centro commerciale…Lo stimolo continuo. Lo sentiva, tra le cose.

Fortunatamente, Marco si era già fermato, davanti ad uno dei bar del centro, quello più vicino al negozio, un ambiente piuttosto grande, con tavolini, ma anche cinque panche da sei persone a spalliera alta, addossati al muro, che riempivano il muro davanti al bancone. Un locale dove spesso anche lei consumava qualche caffè. Certo… era una fortuna fossero già arrivati, per quello che segretamente portava nella figa… non per come era vestita e per il fatto che conosceva il gestore del bar, Enrico, e la sua compagna, Sandra che spesso gli dava una mano come banconiera…Che avrebbero pensato a vederla così… ovvio, quello che pensavano tutti… che era in cerca di cazzo…La vergogna.

Marco l’aveva resa sua stretta compagna di vita in poche ore…Lui ancora non entrava. Si voltò invece a guardarla. “Entra, e vai a sederti nell’ultima panca in fondo, rivolta verso la galleria. Ordina un toast e un qualcosa da bere. Tieni il cellulare a portata di mano. Io ti raggiungerò tra poco, puttana. ” Disse, e la lasciò lì senza dare altre spiegazioni. Non le rimase che procedere… il posto era poco affollato, nonostante ciò, occhi ammirati la osservarono mentre sfilava per raggiungere il tavolo.

Si sedette, lieta di essersi tolta dal centro dell’attenzione. Non trovava però pace. Il corpo estraneo che si portava dentro si faceva sentire ad ogni movimento… non con scariche di piacere assoluto, ma indubbiamente la manteneva calda… e soprattutto, ad agitarla, c’era il pensiero dei progetti di Marco… dove fosse ora, cosa pretendeva di nuovo da lei… e le nuove regole che aveva stabilito per la sua vita futura. Cellulare sotto controllo. Il fatto che sarebbero passati loro a prenderla al mattino.

Giorno libero totalmente nelle mani dei due bastardi. E… niente più penetrazioni da parte di suo marito… non che accadesse spesso… ma… Volevano lei. Dentro e fuori. Totalmente. “Serena, buon pomeriggio!” disse Enrico, richiamandola dai suoi pensieri. “Salve Enrico… ho… un po di appetito…” disse con un sorriso imbarazzato e tenendo le braccia incrociate sul petto per cercare di nasconder almeno in parte le sue forme. “Spara pure, quello che vuoi. ” Si mise a disposizione lui, gentile come sempre.

Si era sempre dimostrato un bravo ragazzo, da quando lo conosceva, come del resto Sandra, la sua ragazza, anche se lei tendeva ad essere più acida. “Un toast, e un succo di frutta all’ananas, per cortesia. ” Ordinò, e lo vide scrivere veloce, e andare a passare la consegna a Sandra. In quel mentre entrò Marco, che si posizionò ad un tavolino all’inizio del locale, in contatto visivo con lei, a quattro cinque metri di distanza.

Serena non si spiegava perché la lasciasse sola. Lo vide solo armeggiare con il telefono. E sul suo, arrivò un whatsapp… “Rialzati, e siediti a diretto contatto con la panca. Niente gonna tra la tua figa e il legno. ”Bastardo. La voleva controllare pur facendola stare sola. Un ordine che non sarebbe nemmeno stato difficile, se non fosse stato per quel colare che sentiva… questo la portò ad esitare…“uhh!” le sfuggì dalla bocca il gemito.

Il cilindro vibrava… e l’effetto si faceva sentire fin da subito… era troppo carica per tentare di simulare indifferenza… doveva ubbidire, ovviamente, e subito… e sperare che…Veloce, appena fu sicura che nessuno guardava, si alzò quel tanto che bastava per togliersi la gonna da sotto il sedere… E persino l’effetto della pelle nuda sul legno lucido le rimandò una scossa di piacere…La vibrazione si placò, lasciandola comunque provata. Guardò Marco, tra l’implorante e il rabbioso… Lui, espressione che pareva quasi annoiata, la fissava di rimando.

Fu l’arrivo di Enrico con il succo a distrarla. “Ecco qui Serena, fresco fresco. Tutto bene in negozio?” chiese discorsivo, da buon gestore. “Grazie, sì e-ehhh…” fece decisa un piccolo shitto in avanti, sentendo la vibrazione riprendere. Le mani si attaccarono al tavolo, rivelando ad Enrico lo spettacolo della sua scollatura. Serena, intanto, era nel panico, dovuto al piacere montante. “Serena, tutto a posto?” chiedeva Enrico, non perfettamente in grado di evitare sguardi sulle tette di lei.

“s-sì… io… s-solo… un… un po di… s-stan-chezza…” disse, e tornò a guardare Marco, che seduto a gambe accavallate si godeva lo spettacolo. “Capita, quando si lavora tanto. ” Disse Enrico, sorridendo, e, fortunatamente per lei, allontanandosi. E la vibrazione, che la faceva gocciolare direttamente sulla panca, si fermò. Purtroppo, chi continuava a vibrare era lei. Quel nuovo gioco iniziato da Marco, la lasciava senza fiato. Il bastardo adesso poteva decidere di spingerla al massimo e di farla godere anche lì, senza alcun preavviso.

E se realmente lui avesse deciso così? Se veramente l’avesse fatta godere davanti a tutti… con la voglia che si sentiva, non osava pensare a quale figura avrebbe potuto fare…Il segnale di un nuovo whatsapp. Marco, ovviamente. “Ti devi far dare il numero di telefono di Enrico. E deve capire bene perché lo vuoi. Fai vedere bene quanto sai essere puttana. ”L’orrore di dipinse sul viso di lei. Era impossibile chiederle anche questo! Era un bel ragazzo, per carità, ma non poteva fare quei giochetti lì, a pochi metri da dove lavorava! E in più, con la compagna di lui presente!“Non posso! Non posso fare una cosa del genere!!” scrisse di getto come risposta.

Non passarono nemmeno dieci secondi, e il cilindretto si attivò. Serena strinse istintivamente le cosce, sentendo la vibrazione che cambiava di velocità… da blanda, cresceva velocemente di intensità, per divenire poi un pulsare che la squassava…Il problema era che non riusciva più a stare ferma… il corpo ondeggiava avanti e indietro… e quel piccolo vibratore insisteva, insisteva…“Oddio… oddio…” mormorava piano, cercando di non farsi sentire da nessuno… ma mancava poco… se Marco non spegneva quel dannato affare, l’avrebbero sentita eccome… Sapeva l’unico modo per fermarlo… sapeva dipendeva da lei… il piacere la stava sovrastando…La mano corse al cellulare, le sfuggì una prima volta, poi lo riagguantò e veloce scrisse “ok”, senza nient’altro, non riusciva ad articolare i movimenti.

Inviò. E la vibrazione cessò ancora, lasciandola ansante, la mano sugli occhi, nel tentativo di ritrovare un minimo di calma. Che non giungeva… Era seduta ormai sui suoi stessi umori, colava, e l’imbarazzo era accresciuto dal fatto che dentro di lei si andava convincendo che tutti potevano intuire cosa stava passando anche solo guardandola in faccia… Come si poteva non notare quanta voglia avesse in questo momento?E ancora Marco scriveva. “Per la tua esitazione, dovrai anche fargli capire PERFETTAMENTE che non porti reggiseno.

”Ancora la mano sugli occhi, dopo aver letto… e ancora sotto l’umiliazione dell’esporsi, come pure tornava alla mente il numero di scelte possibili… zero…E Sandra stava passando il toast ad Enrico, che adesso veniva nella sua direzione. “Ecco qua Serena, buon appetito. ” Disse sorridendo. “Ehm… Enrico…” bisbigliò lei, rossa in viso. “Sì, dimmi pure” si soffermò lui, poggiando le mani al tavolo, in attesa. Poteva essere cortese e sapeva stare al suo posto, ma era un fatto che l’occhio inevitabilmente cadesse sulle forme di lei…“Io…” ricominciò Serena, lanciando un’occhiata a Marco, che la stava fissando fermo come una statua di marmo “… io … mi chiedevo… sì insomma, se tu potessi… vorrei il tuo numero di telefono…” Ecco.

L’aveva chiesto. Abbassò gli occhi subito dopo, sprofondando nella vergogna. Però anche lui sembrava veramente imbarazzato, e abbassò la voce a sua volta. “Ehm… Serena… non so se sia il caso, sai, Sandra è piuttosto gelosa di queste cose… ma… per cosa ti servirebbe?” chiese lui, che in altre occasioni non avrebbe nemmeno pensato a doppi fini da parte di lei, ma vedendola vestita così, il dubbio si mescolava a segreta speranza. Serena aveva un groppo in gola… di parole non ne venivano più… ma sapeva anche che di esitare non se ne parlava…Il corpo di Enrico la celava agli occhi della sua compagna, così iniziò posando un dito sul bordo esterno della camicetta… lo fece scorrere fino al profilo del seno… e alzò il tessuto…Enrico rimase folgorato dalla visione di quella tetta stupenda… sormontata da un capezzolo eretto, da passarci la lingua per ore… Inghiottì, dimentico di dove si trovava.

E stupido lui, che aveva sempre visto quella donna come una santarellina…Un colpo di tosse alle spalle di Enrico, che ebbe l’effetto di congelare l’uomo e di far saltare il cuore in gola a Serena. L’unico che segretamente si divertiva era Marco, che da principio aveva visto la sua puttana obbedire in tutto e per tutto a quello che le era stato richiesto, e che ora si gustava la scena di Sandra che, pur non avendo visto la scenetta, non apprezzava affatto quella complicità tra i due…Bene, pensava lui, ogni tassello andava al suo posto… per il resto, occorreva solo un po di tempo…Vedeva intanto Sandra con una scusa riportare il compagno al bancone e dargli un’occhiata pesantissima… mentre la sua puttana, costernata e avvilita piluccava il toast, guardando unicamente il tavolo.

Più che bene… ottimo. Più avanti, con Sandra avrebbe parlato lui…Ma adesso era tempo di chiudere la faccenda… mancava il numero di telefono… ma, a quanto pareva, mentre Serena pagava il toast al tavolo in quel momento, Enrico passava un foglietto…Difatti, Marco non sbagliava… Serena aveva teso i soldi ad Enrico, che prendendoli, le aveva fatto ricadere nella mano il numero, fregandosene a quanto pareva della possibile furia della compagna, se l’avesse beccato… E Serena non sapeva se essere contenta per aver raggiunto l’obbiettivo, o essere disperatamente a terra… del resto, ora un altro uomo era appena stato convinto da lei stessa del fatto che fosse una puttana in piena regola…Non ebbe il tempo per pensarci… un nuovo messaggio di Marco.

“Alzati ed esci, puttana. ” Lei non perse tempo, e si alzò veloce, lasciando sul tavolo toast e succo consumati a metà. Veloce… troppo. Sentiva il cilindro, la stimolazione… ogni movimento la rendeva liquida… Camminò piano quindi per raggiungere l’uscita, passando davanti al banco con un saluto rapido, a cui Enrico rispose languido, ma Sandra… aveva occhi di fiamme…Serena abbassò la testa, e raggiunse Marco, già nella galleria. “Fammi… Mar-co… Fammi to-gliere questooonhh!” un urletto… il bastardo aveva acceso e spento velocemente… un’altra dimostrazione del giogo che aveva messo su di lei.

“Puttana, per il momento il cilindro resta dov’è. Piuttosto… a che ora torna a casa quel cornuto di tuo marito?” chiese duro. Serena sentiva una fitta a sentire quelle parole… il sentire offendere la persona che aveva sposato… ed era stata lei a permettere tutto questo… lei e solo lei…“Alle sette…” sussurrò piano. Marco sorrise “Ottimo. Allora è il momento di avviarsi a casa tua. Voglio studiarmela, prima della cena, e prima che arrivi quell’imbecille che hai sposato.

”Lo sguardo di Serena si fece carico di rabbia per un attimo. Lui estrasse il piccolo telecomando dalla tasca, in modo plateale, così che lei lo vedesse bene… e disse ancora “Quell’imbecille che hai sposato. Problemi, puttana?”Sconfitta, lei abbassò lo sguardo. “Immaginavo, puttana. Ora andiamo, abbiamo tanto da fare…” e si incamminò, con lei che lo seguiva, torturata passo dopo passo dal vibratore che urlava la sua presenza tra le cosce…Non finiva… quell’inferno non finiva… anzi, si spostava direttamente nella sua casa.

Davanti a suo marito. “Passiamo un secondo lì davanti, allungami il computer, Paola. ” Stava dicendo Marco al telefono. Serena gli stava dietro, assolutamente remissiva. Giunti alla porta del negozio, trovarono Paola, con il pc in mano e la sua borsetta. “Allora ci vediamo più tardi Marco, appena chiudo arrivo. Cosa devo portare?” chiedeva, tendendo il computer all’altro. “Tutto, non si sa mai cosa ci può servire…” rispose Marco. Paola si avvicinò a Serena, consegnandole la borsetta e prendendole il mento tra due dita “Ciao gran signora, ci vediamo più tardi… e come ci vedremo…” le disse con un ghigno.

Serena scosse il viso, ad allontanare quelle dita, che tanti tormenti le avevano già generato. Paola non se la prese “oh, non preoccuparti, dopo non potrai sfuggire… ciao cara. ” Le disse. Serena si sentì gelare a quelle parole. Marco riprese ad avanzare verso l’uscita, e lei svelta si mise al passo. Guardava solo avanti… in poche ore, quel luogo era diventato fonte di potenziale imbarazzo ovunque… Uscire… sarebbe stato un toccasana ora, se non fosse stato per la prospettiva… Nessuna tregua.

Marco non ne concedeva. Si era approfittato di lei, l’aveva sporcata con il suo seme, se l’era fatta nel senso più stretto del termine, aveva lasciato che altri giocassero con lei e con la sua dignità…Ma niente bastava. Nel mentre uscivano dal centro commerciale, tentava di prepararsi all’inattendibile. Ovviamente senza riuscirci. Raggiunsero l’auto di lui, che aprì le serrature. Una volta saliti, Serena lo vide trafficare con il navigatore… le venne quasi un sorriso isterico quando vide con quanta facilità impostava lo strumento sull’indirizzo di casa sua… Marco sapeva tutto… controllava tutto.

O meglio, controllava adesso la sua vita, un pezzettino di più ad ogni istante che passava. Se pensava ai suoi errori, dovuti realmente ad una fame sessuale che l’aveva presa ad un certo punto, poteva comprendere il pagare… ma a quel modo… totale, senza limiti… Marco non si accontentava di scoparla, no… voleva tutto di lei. E quel rapporto con quella bastarda di Paola poi… che si stava rivelando una pervertita assatanata… Pensava, mentre si avvicinavano a casa sua, distante non più di dieci minuti dal centro commerciale.

Marco fece l’ultima svolta, all’interno del quartiere tranquillo dove viveva lei, e si fermò al civico esatto. Fino a quel momento era rimasto in silenzio, quasi come se lei non esistesse. “Eccoci qui”, disse parcheggiando addossato al marciapiede, davanti alla villettina a schiera di lei. Una bella casetta, constatò lui, con un giardinetto ben curato antistante, una proprietà confinante con due case laterali. Serena era tesa allo spasimo. Per quanto avesse cercato mentalmente di prepararsi a quel momento, non era riuscita a calmarsi… Erano lì, davanti a casa sua… Marco stava per invadere il luogo dove viveva con suo marito, e lo invadeva forte del fatto che possedeva tutti i suoi segreti e che poteva di nuovo abusare di lei con un semplice schiocco di dita… lì, dove aveva costruito gran parte della sua vita…Tesa… tesa… allungò la mano verso la maniglia, per scendere.

“Aspetta, puttana. ” Disse lui, fermandola. Lei lo guardò incerta, senza parlare. “Passami le chiavi di casa, puttana. ” Le disse, secco. Serena aprì la piccola borsa, frugò un attimo, e una volta trovate, gliele tese. “Bene, poi domani provvederò a farne alcune copie, per me, Paola… e a chi ne avrà bisogno. ” disse ancora lui, quasi pensieroso. Serena deglutì. C’erano risvolti a cui non aveva minimamente pensato. Tipo quello. Marco le stava dicendo che praticamente lui e chissà chi altri potevano accedere a casa sua quando volevano… tra le sue cose, quando più gli garbava… era inaccettabile….

Doveva adesso scegliere bene le parole, mentre lui aveva già aperto la portiera per scendere. “Marco… non mi sembra il caso, sì insomma… mio marito, o anche i vicini, se vedessero gente che entra e esce…” farfugliò lei, nel tono più umile che potesse trovare. Storie di vecchie puttane drogateNasci e cresci nella convinzione che la vita sia fatta di colori tenui , delicati e dolci solo perché hai avuto un’infanzia tranquilla e serena che ti ha fatto conoscere l’amore, quello che legava i tuoi genitori e quello che essi infondevano a te di rimando.

Con l’andar del tempo impari che non tutti hanno avuto la tua stessa fortuna e non hanno certo imparato le stesse cose, in special modo, non hanno lo stesso tuo modo di vedere i colori, ognuno ha la propria personalità, il proprio modo di esprimere, con più o meno delicatezza e dolcezza, i propri sentimenti. Credi, ti illudi che l’amore sia quella bellissima e meravigliosa cosa che ti descrivono nelle favole, non ti soffermi a guardare in profondità, a leggere tra le righe per trovare quel sentimento puro in cui credi.

Sei troppo bambina, anzi adolescente, per capire cosa significa AMARE, credi ancora troppo alle favole e pensi che la persona che ti affiancherà, come credi, per tutta la vita sia quella giusta che si sacrificherà, che gioirà, che suderà per te e con te, così come ti sei impegnata di fare tu nei suoi confronti. Corri, corri e credi imparare a vivere, cerchi di avere tutto e subito quello che la vita ti può offrire, vuoi una famiglia, dei figli, una posizione economica buona, non hai tempo di soffermarti a pensare, hai bisogno di crearti un tuo spazio dove sentirti importante perché solo così ti senti realizzata e corri, corri senza fermarti mai.

Pensi di aver trovato l’Amore quello con la “A” maiuscola, quello giusto, che ti accompagnerà per il resto della tua vita, così come lo è stato per i tuoi genitori, non hai la costanza e tanto meno il tempo di fermarti a pensare come e cosa ti ti viene offerto, finché ad un certo punto, tutto ti viene a mancare, le cose in cui credevi non ci sono più, sembrano svanite nel nulla. Forse ti aspettavi che la vita ti regalasse qualcosa, ma impari solo ora che nulla ti viene dato gratuitamente senza essertelo guadagnato portando la tua “croce”.

La bolla di sapone dove credevi di poter vivere per sempre si rompe ed entri inesorabilmente in crisi, una crisi di identità dove metti in discussione tutto, perché tutto ti viene a mancare. Le cose in cui credevi non ci sono, o forse non sono mai esistite, che era solo frutto della tua fantasia; era un sogno, un sogno di adolescente che non aveva corpo e così ti ritrovi donna con dei figli da crescere e delle responsabilità, senza aver mai vissuto la tua adolescenza.

Il tempo dei colori tenui e delicato è finito, i sogni sono finiti, non serve più sognare, devi guardare in faccia la realtà, svegliarti e guardarla anche se non è bella e ti brucia, anche se ti fa star male e sai che starai anche peggio ma devi andare avanti. Il primo momento di smarrimento è pesantissimo ma passa, ti armi di tanta pazienza e ricominci il cammino più duro, devi darti da fare, devi crescere nel migliore dei modi i tuoi figli, devi dargli tutto l’amore e tutto quello che necessita loro per il loro futuro sereno, perché crescendo possano valutare la vita per quello che è realmente, senza false illusioni.

Poi un bel giorno quando credi di aver alzato un pochino la testa un medico, a cui non vuoi credere, imperterrito continua a spiegarti la gravità della situazione e tu sei lì davanti a lui choccata che ascolti, senza capire quello che ti dice. Quelle parole continuano ad uscirgli dalla bocca e sono come una cannonata al tuo cuore di mamma: – TUMORE AL CERVELLO – età 4 anni e 10 mesi – parlano di tuo figlio.

Ti senti persa, ti crolla il mondo intero, ti chiedi:- Perché a me, perché a lui?Non connetti più, non sai darti risposte, non credi più in nulla, non hai la forza di reagire; ti senti viva perché cammini, perché vedi gente intorno a te, ma non riesci a capire cosa fai in quel posto, ti sembra di vivere una parte di vita che non ti appartiene. Ad un certo punto ritorni alla realtà e conosci il colore più brutto che la vita ti possa riservare, un colore che nessuno vorrebbe mai vedere: il Nero più profondo, da dove non trovi via d’uscita e dove ti senti impotente.

Anche se sei in un Centro specializzato, non sai più in cosa credere, sei come in balìa di te stessa, senza più interessi, senza più speranze. Ti manca la cosa più importante, tuo figlio, da stringere al petto, da tenere per mano al tuo fianco, perché è in un lettino d’ospedale, legato e monitorato, che sta lottando, senza saperlo, per la vita. Quella vita che gli hai regalato e che non ha fatto nemmeno in tempo ad assaporare.

Non hai più la forza di reagire, non sai più cosa fare, ti senti impotente di fronte ad una diagnosi così funesta, vorresti fare tanto ma non hai la possibilità, ne tantomeno la capacità. Entri in chiesa, non sai nemmeno perché visto che non sei nemmeno in grado di pregare, hai dimenticato le parole, vedi una grande statua della “Pietà” – piangi, piangi tanto da non poterne più, credi che preghiera più bella non potevi fare e solo in quel momento, a contatto con la Madre di Dio che ha provato lo stesso tuo dolore, ti svegli e torni veramente alla realtà.

Devi affrontarla, devi trovare la forza per lottare, non sai contro cosa o contro chi, ma sai che devi farlo, devi vincere quell’apatìa che si è impadronita di te, devi darti da fare per combattere per tuo figlio: è importante!Adagio, adagio cerchi di allontanare, il più possibile, tutto il buio e il nero che ti circonda, che ti opprime ed inizi a camminare lungo il sentiero del dolore, accettando la realtà. Ti rendi conto che da quel momento il dolore lavora per te, ti forgia, ti matura, ti corazza, ti fa conoscere il vero significato della vita e dell’Amore.

Ti insegna ad amare in modo diverso, intensamente, costantemente e veramente senza chiedere mai nulla in cambio. Conosci un nuovo mondo, un mondo fatto di speranze spezzate, di dubbi irrisolti, di sogni cancellati, di giornate vissute senza pensare mai al domani; di tanti perché e tanti chissà, il mondo dei malati gravi, si quelli che hanno poche speranze ma tanta voglia di vivere. Ti aspetti risposte che non arrivano, ed anche se arrivassero ne avresti paura.

Dicono di te che sei coraggiosa, ti chiedi perché? Non hai scalato l’Everest, non hai fatto imprese impossibili, hai solo imparato a combattere, a vivere ed amare e sei sicura che, come te, tutte le mamme del mondo lo saprebbero fare. Il tempo passa, capisci che non puoi chiedere nulla a chi ti sta intorno, perché nessuno ha tempo per i tuoi problemi, le persone devono correre per farsi spazio, per raggiungere un certo tenore di vita, ognuno pensa a se, così come facevi tu, molto tempo prima.

Capisci che solo in quel grande Ospedale dove altri come te vivono lo stesso problema, forse anche peggio, trovi conforto e carica, trovi sollievo solo parlando con chi ha vissuto la tua stessa esperienza, condividi i tuoi pensieri solo con chi capisce di cosa stai parlando. Non puoi parlare con chi incontri di tumore, non riuscirebbero a capire, ti compatirebbero senza entrare nel merito del problema. Solo davanti a chi ha problemi maggiori dei tuoi riesci a trovare la forza per rimetterti in cammino.

Tutto questo lo hai imparato con tanto dolore e solo dopo aver visto il sangue di tuo figlio, la sua disperazione e poi la sua rassegnazione, hai conosciuto la sua forza, quella forza che infonde in te, hai visto la sua sofferenza e ti fa rabbrividire, hai ritrovato la fede in Dio, quella forte, quella che ti sostiene, quella che ti fa accettare, lottando, tutto e sempre con tutta la pace e la serenità di spirito che nemmeno tu sapevi di possedere – Tutto questo si chiama AMORE –Ed è un arcobaleno di colori che ti esplode nel cuore, quando lo capisci, perché credevi di non poterlo provare mai, di non riuscire più a vivere le sensazioni che dà questo grande sentimento, non pensavi che un esserino così piccolo ti facesse scoprire cosa significa Amare veramente.

Il dolore, oramai lo hai imparato, è duro ed è fatto di sfumature più o meno accese. Ad ogni individuo è consentito vederle con i propri occhi e valutarne l’intensità. Dopo che hai insegnato a tuo figlio la serenità di accettare ed affrontare il suo dolore fisico, vorresti avere la possibilità di rubare un arcobaleno pieno di vita e di colori ed in quell’esplosione di fuochi d’artificio vedere il suo bellissimo sorriso, tutto questo vorresti offrirgli oggi perché domani non potrebbe vederli più.

Sta arrivando anche il momento in cui dobbiamo accettare il buio più completo (sta perdendo la cosa più bella che Dio ci ha regalato: la vista) e lui, tuo figlio, se n’è già accorto e lo sta accettando meglio di te. Fatti portare per mano da lui che sarai al sicuro. Tanti sono i passaggi di un esistenza, le sfumature ed i colori che l’accompagnano ma solo dopo aver vissuto tanto dolore impari a conoscere ogni battito ogni palpito che l’AMORE e la vita ti possono regalare ed a viverne con intensità ogni momento, cercando di allontanare dalla mente e dal cuore quel colore tetro che non vorresti mai più vedere.

Nel tuo cuore e nella tua mente vuoi a tutti i costi e con l’aiuto del Buon Dio, inserire una spina magica che non si possa spegnare mai più, quella della SPERANZADovresti camminare per strada con un ramo di quercia nel culo e poi incontrare tre balordi neri che dopo averti sgarrato tutti i buchi fino a farti sanguinare, dopo aver bevuto il tuo sangue ed averti lasciata coperta dei loro morsi e dei loro graffi, come belve fameliche, riprendano a scoparti, fino a succhiarti l’anima.

Ti hanno lasciato sicuramente qualche profilattico nella fessa, distratti questi neri che sono abituati ad incularsi le scimmie. Ma tu dimentichi che sei stata la loro scimmia, il loro a****le schifoso. Appena uscita dal supermercato questi tre bingo bongo ti stavano seguendo. Si sono offerti, gentili, per posare le buste della spesa nel vano portabagagli della tua scassata station wagon mentre uno, rapidamente, ti ha preso le chiavi si è messo alla guida e gli altri due ti hanno dato un calcio in culo e ti hanno spinta dentro.

Uno dei tre ha preso una sua mutanda sporca e te l’ha messa sugli occhi mentre la macchina sgommava verso un bosco in provincia di Piacenza. La tua testa scoppiava, i tuoi pensieri frullavano, eri un ruminante, ridotta ad una vacca con una nerchia in culo, una in bocca ed uno streppone in un orecchio. Sì, uno di questi, forse era stato in Sicilia, conosceva la parola streppone, sapeva il significato di quel termine che altro non era che uno dei tanti sinonimi del cazzo.

Ma sei vittima inconsapevole di questi tre a****li che ti stanno inculando a turno. Forse il profilattico che ha usato il primo ti è rimasto nella pucchiacca…. ha detto quel mostro che ti sarebbero entrati altri. Che cosa schifosa !Mentre il primo ti impiastricciava i capelli perchè aveva spruzzato nel tuo orecchio, gli altri stavano entrando nella tua fica usando quello stesso profilattico. Eri ridotta uno schifo. Puzzavi di sesso, eri appiccicosa ed eri l’a****le del piacere di questi tre mangia banane.

Mentre ti fottevano a pecorina, ti avevano sbattuta a terra in un cespuglio infatti, tutta la tua vita di brillante quarantenne in carriera ti passava davanti agli occhi. Il college in Inghilterra, il Master negli Stati Uniti… tutto nel cesso sarebbe andato dopo quell’esperienza, se fossi uscita viva, segnata nell’anima e nel cervello. Ma a quelle bestie, figli di sciacalli e vigliacchi, non interessava nulla. Avevano ben altri progetti su di te…. ti avevano studiato, avevano seguito le tue giornate, i tuoi orari, la tua famigliola, tuo marto ed i tuoi tre figli.

Erano pronti per ricattarti, ormai sapevano tutto di te. E tu ? Come hai fatto a non notarli. Le tue preoccupazioni erano la manicure, il parrucchiere, il centro massaggi…e nulla più. Tutto fa parte della vita insulsa di una arredatrice imballata di soldi perchè il marito è direttore amministrativo di una Società di Gestione del risparmio. Mentre loro scaricavano il loro seme nelle tue viscere, tu morivi. Ma sono bravi, vogliono ancora giocare con te e le tue amiche.

Le tue lacrime non li commuovono, i tuoi gemiti, le tue grida non li impressionano, anzi. Tutti e tre iniziano a sputarti in faccia. Sono stanchi. Dimostrano anche loro di avere un briciolo di dignità che viene dai postriboli degli Inferni che frequentano. Ti rinfacciano le volte che ti hanno chiesto l’elemosina e tu non li hai degnati di uno sguardo. Adesso stai pagando con gli interessi, ti hanno già derubato di quei quattro soldi che hanno trovato nel tuo portafoglio graffato.

Sono molto pochi. Vogliono di più. Tu, intanto rimani a quattro zampe con la testa nel cespuglio di rovi. Le spine e le ortiche stanno sfregiando il tuo bel volto da bambolina. I tuoi capelli neri, ben acconciati, il trucco e la tua lingerie. Sei smostrata, a questi tre a****li non è bastato strapparti calze e slip per fotterti ben bene. Ti hanno tolto anche gli stivali. Sei scalzi e qusi completamente nuda. Non puoi vedere cosa succede al di là di quel cespuglio.

Forse ti hanno portato in una boscaglia. Senti la puzza rivoltante dello sterco degli a****li mentre le tre bestie hanno iniziato a mangiare quello che avevi comprato al supermercato. Qualche tua percezione ti fa presagire che in quel bosco ci saresti rimasta a lungo. Tenti di parlare con qualcuno di loro ma ti arriva un calcio, con uno dei loro scarponi, dritto nel buco del culo, talmente forte che ti fa mancare il respiro.

Da quel momento in poi ti rendi conto che la tua vita è stata piana di stronzate insignificanti, il tuo brillante lavoro, le serate con tuo marito, le vacanze di lusso con gli amici vip. Tutto scivola giù per il cesso, come un fulmine che ti balena davanti agli occhi adesso vedi un’altra vita. La Vita Nera che questi tre diavoli ti prospettano. Ti hanno già fatto capire che rimarrai, loro serva e schiava per ogni necessità, in quel bosco per un po’ di giorni.

Ormai sei una loro proprietà. Queste tre bestie, sputate dai cunicoli di qualche Inferno hanno invertito la tratta degli Schiavi. Adesso sono i negri che fanno i negrieri con i bianchi. Forse la prima sei stata tu. La forza dei costosi cosmetici che hai usato, Silvia, non ti ha messo su un livello diverso dal loro. Ognuno ha la propria Anima Nera e tu stai vivendo il tuo personale Inferno. Ad uno dei bingo bongo, dopo aver farfugliato qualcosa con gli altri due è venuta nuovamente la voglia di slabbrarti quel tuo culetto bianco e profumato.

Gli altri due vanno a prendere delle siringhe usate, erano lì per terra. Poi un altro si stacca e si allontana. Quello che voleva farti il culo, visto che sei già in posizione, inizia a toglierti quel preservativo di colore verde chiaro che fuoriesce appena dlla tua fica. Lo succhia un pochettino ritenendo che quelle fossero tutte vitamine, e così beve anche un po’ di sperma dei suoi amici di bagordi. Loro in quel pezzo di boscaglia hanno anche un capanno.

Ormai, da quando sono in Italia, venuti chissà da dove, da quale parte dell’Africa o del Sudamerica hanno fatto di tutto. Tutto il male possibile ad ogni tipo di persona, utilizzando tutta la rabbia che avevano in corpo di una generazione, quella dei trentenni e dei quarantenni dei Paesi del Terzo Mondo dimenticati dai Paesi civilizzati. Si arrogavano il diritto di essere dei Cavalieri della Vendetta, senza macchia e senza paura per i loro conterranei umiliati e offesi da circa due secoli di dominio e di guerre.

Tutte bufale, balle rivestite di zucchero filato e cannella, riempite di miele e marmellata di mirtilli da propinare alle loro vittime. Avevano fatto truffe, rapine in banca, sequestri di persona e violenze di ogni tipo. Erano liberi, nascosti come lupi, come predatori tra i più feroci, in quella striscia di bosco. Erano sicurissimi di farla franca. Le violenze carnali quasi mai, per pudore, venivano denunciate dalle donne, che si limitavano a nascondere dietro qualche lacrima, nelle cucine delle loro case, quanto avevano subito.

Gli uomini violentati venivano poi, dalla banda dei tra Satiri, per compiacere altri riccastri quando erano in fregola di farsi un bel palestrato o di succhiare e accarezzare il petto depilato di un quarantenne in splendida forma. A questi uomini facevano subire ogni tipo di gioco sado-maso, convocando anche dei transessuali brasiliani per far succhiare la fava e incularli di brutto. Adesso le chiamavano T-girls, un modo come un altro per dire che erano uomini travestiti da donna ma con una nerchia dalla dimensione asinina che lacerava il culo fino a farli sanguinare mentre i ricchi avvocati, industriali e viziosi italiani assistevano allo spettacolo.

A questo punto, nessun uomo avrebbe confessato alla propria compagna quello che aveva subito, dopo essere stato assente da casa per due giorni ed essere passato per le fogne di Napoli o di Milano per ricevere quel tipo di trattamento. Sarebbe stato sufficiente dire alla adorata mogliettina che un improvviso viaggio d’affari lo aveva portato dall’Italia a Bruxelles per incontrare degli investitori e lei, anche senza uno straccio di telefonata, era lì pronta a bersi tutti.

L’alta borghesia vive di falsità e si nutre di continue bugie pur di non perdere i propri privilegi per cui ben venga il viaggio d’affari, anche se estremamente hard e sado-maso, pur di non perdere il proprio collier d’oro che il maritino che le porta in regalo, facendole credere di averlo acquistato pensando a lei. Così il ricco capitano d’industria da vittima riesce a passare per impegnatissimo uomo d’affari, dopo aver visto passare i topi delle cantine di Napoli, o di qualche altre città italiana rischiando la leptospirosi mentre qualche trans gli rompeva il culo e qualche brutto sgherro gli fracassava la faccia per sfogare le sue frustrazioni da disgraziato che spesso aveva mangiato topi arrostiti perchè non poteva permettersi l’aragaosta a colazione.

Ed essendo schedato dalla Criminalpol era costretto a vivere nelle fogne, nei tempi di magra per evitare qualche ergastolo. Lezioni di veroQuanti anni erano passati. I ricordi dell’ infanzia gli tornavano in mente uno dopo l'altro, mentre percorreva gli stanzoni vuoti della vecchia casa. Si erano trasferiti da oltre dieci anni, ora lui era praticamente un giovanotto. Aveva passato da un’altra parte tutta l’ adolescenza e la gioventù e, si sa, quegli anni per i giovani sono paragonabili ad un abisso temporale.

Pieni di cambiamenti fisici e psicologici. La crisalide diventa farfalla ed è pronta per affrontare il suo destino: forte e matura. La vecchia casa di famiglia si era liberata, da poco, dagli inquilini e si erano detti: perche tenerla abbandonata?D' accordo con i genitori, avrebbe organizzato lì il suo studietto di disegno (aveva appena terminato il primo anno di Ingegneria) e, pensò tra se, per portarci anche qualcuna delle sue conquiste. Cosi, per scopare, non avrebbe dovuto più ricorrere ai mille, scomodi espedienti che rendevano ancora più bramoso e intrigante il sesso giovanile.

Immaginandosi le scene di cui sarebbe stato protagonista si senti come un pascià, pronto a spalancare la porta del suo Harem privato. Qualche giorno dopo, entrando nel portone pieno di scartoffie da portare in casa, si incrociò con un giovanotto longilineo dall’ aspetto familiare. Dopo un attimo di esitazione, lo squadrò, poi disse: – Ehi! Simone! – L'altro rispose con un sorrisetto sardonico. – Ciao – aggiunse Lucio – da quanto tempo… –- Però! Mi avevano detto che eri tornato.

– disse Simone. – E tu, invece? Non ti sei mai mosso dalla vecchia casa? – chiese. – E dove vuoi che vada? I vecchi sono morti e mi hanno lasciato la casa. Almeno riesco a viverci… -Lo guardò con comprensione e dissi: – Mi dispiace, non sapevo. –E, Simone: – Lascia perdere è relativo, in realtà ero stato adottato. – Dai, mi ha fatto piacere rivederti, io ci sarò spesso… Vieni a trovarmi, non farti problemi, attraversi il pianerottolo e sei da me… tanto sono sempre da solo.

— Ok! – disse – vedremo. Ciao, allora, adesso vado. – e Simone si perse tra i vicoletti antichi. L’ attività di giovane dalle larghe prospettive si ampliò e si intensificò per Lucio. Inoltre si era alla fine degli anni settanta e le ragazze dell’ epoca erano in piena rivoluzione sessuale. Le minigonne e i minishorts impazzavano, le discoteche per gli studenti erano aperte dalle 10 di mattina … le occupazioni universitarie e le “comuni” erano all’ ordine del giorno e il sesso si praticava in ogni sua forma: spesso e volentieri.

Cicciolina e Moana erano le nuove ambasciatrici della ricerca erotica. Naturalmente per Lucio avere uno studio-garconniere non poteva che rappresentare un grande vantaggio. Inutile dire che l’ andirivieni di amici e ragazze in abiti succinti non passava inosservato nel vicoletto. Ma i tempi erano cambiati, le case erano piene di studenti in affitto che arrivavano da tutto il Sud per frequentare le varie facoltà universitarie. Nessuno più si fossilizzava a controllare cosa succedeva agli altri: la vecchia città, diventava una metropoli.

Intanto, il povero Simone sbarcava il lunario alla meglio e soprattutto essendo chiuso e schivo: non batteva chiodo. Gli incontri di pianerottolo si susseguivano e spesso, in tutta onestà di intenti, Lucio provò a inserirlo nel giro di facili scopate … ma con nessun risultato pratico. Un pomeriggio di tranquillità relativa Lucio invitò l’ amico di infanzia ad accomodarsi per chiacchierare un poco e per fargli vedere i suoi progetti … e anche per dimostrargli che non era solo un satiro, ma anche uno studente attento e appassionato.

Parlarono del più e del meno … all’ epoca un whisky e una Marlboro accompagnavano di prassi ogni chiacchierata. Il discorso, a un certo punto, cadde sull’ argomento: sesso. Lucio incitava Simone a non farsi troppi problemi nell’ abbordare una ragazza, magari anche una di quelle amiche che spesso, seminude si aggiravano per casa sua. Ma l’altro era “tosto” e proprio non se la sentiva di paragonarsi all’ amico, che nella sua immaginazione limitata era, praticamente, un vero play boy.

Quando l’ argomento diventò più diretto, Lucio disse: – Ma allora insomma, come fai? Non scopi? –La risposta di Simone tendeva al vago e al sibillino, ma in realtà non negava di limitarsi all’ auto erotismo per soddisfare il suo piacere. E Lucio ridacchiava. I “rossori” e le titubanze dell’ amico, praticamente ancora vergine lo divertivano, e un po’ lo stimolavano. Negli ultimi anni di grande attività fisica, Lucio non si era negato neppure come gigolò, e poco importava se i suoi amici generosi, erano donne mature o uomini importanti, con la passione per il “pisello”.

Parlare con un ingenuo come Simone lo stuzzicava. L’ età era quella in cui, se non arrivava almeno due volte al giorno, si sentiva a disagio: e così un po’ per esibizionismo e un po’ per fare sesso con un uomo senza ricevere un compenso, ma per il puro piacere di dominare, lo eccitò. Con disinvoltura seppe ritrovare nella mente dell’ amico i ricordi di infanzia e così, quasi per gioco, cominciarono a rinvangare il passato.

– Ricordi quando me lo prendevi in bocca – diceva Lucio, mentre tirava fuori il cazzo già duro dai pantaloncini. – In quella stanzetta scura – disse – ricordo ancora quelle volte che arrivavi da sotto, da dietro alle mie gambe … mettevi la testa sotto le palle ed, io abbassandolo con la mano, ti premevo il cazzo in bocca. –Simone non aveva né la forza né la volontà per reagire e così, ancora una volta, come se il tempo non fosse mai passato, si sedette sul divano e, senza remore, cominciò a fargli un bocchino.

In poche ore il leone rampante e arrapato che si nascondeva in Lucio aveva avuto di nuovo la meglio sull’ altro giovane. Simone, ammirato e soggiogato dalla forte personalità dell’ amico, riprese il suo ruolo supino, di strumento sessuale, rassegnato e grato, nelle mani di Lucio, più furbo e dotato. Naturalmente anche in lui si nascondeva una forte carica sessuale ed erotica. Quel ruolo gli piaceva. Infatti mentre succhiava il cazzo dell’ amico e gli leccava la sacca dei coglioni, si sentiva in tiro il suo arnese, come mai prima.

Ripresero il menage da dove l’ avevano lasciato tanti anni prima. Ma adesso erano uomini. I cazzi erano grossi e duri. E la sborra non era acquiccia, ma sperma abbondante, denso e gustoso. Ora prendere il cazzo in mano di un altro non era più un gioco non meglio identificato, ma una precisa masturbazione dell’ altro. Gli incontri omosessuali tra i due, non erano più supportati da uno scambio di figurine o di soldatini, e non si potevano più giustificare come un gioco … nonostante Simone amasse pensare di subire un piccolo maltrattamento, occasionale ma piacevole, e Lucio si giustificasse con se stesso, pensando di usare la bocca e le mani dell’ amico, come surrogato più arrapante di una masturbazione solitaria.

Infatti il rapporto si evolvette nei mesi successivi: diventando sempre più morboso e trasgressivo. Simone rimaneva arroccato nella sua posizione di orso solitario, mentre la vita e le avventure di Lucio si arricchivano di nuove conquiste e di compagnie femminili sempre più coinvolgenti, eppure …Eppure non passava un mese che, nell’ ombra segreta del suo studio, non si incontrassero almeno due o tre volte, per imparare i limiti e i confini del sesso proibito … sempre che questi confini esistessero davvero.

Dopo che Simone aveva ripreso il suo ruolo di gregario accondiscendente alle esigenze del capobranco, iniziarono a sperimentare le nuove vie del piacere omosessuale. Così per Simone iniziò un tirocinio in cui l’ amico esperto gli insegnava come donargli piacere e trarne, dal semplice servirlo. Il ragazzo fingeva di imparare con difficoltà, soprattutto per compiacere l’ amico e non deluderlo, ma intanto anche il suo coso, nei pantaloni si agitava come un serpente, mai domo.

Così Simone imparò a fare la sega a Lucio in maniera perfetta, aspettando fino alla sborrata, che di prassi, si faceva sgorgare nell’ altra mano, in attesa davanti al glande rubizzo, con le dita raccolte a forma di conchiglia. Poi si perfezionò nel bocchino e imparò, per compiacere l’ amico, che lo pretendeva, a farsi arrivare in bocca, soffocando nella sborra e tossendo, avvilito, schizzi di sperma e saliva contemporaneamente. Il suo amichetto gli diceva che le sue donne gli facevano questo e l’ altro non doveva essere da meno.

Sempre più spesso gli permetteva di togliersi i pantaloni e le ridicole mutande bianche, anni cinquanta. Sempre più spesso gettava un occhio preoccupato verso il cazzo strano dell’ amico, dove i problemi di rapportarsi con gli altri, sembravano rappresentati “fisicamente”. Il “coso” di Simone infatti era particolare secondo lui. La pelle del prepuzio non aveva forse mai oltrepassato il glande per intero, infatti successivamente scoprì che, per l’ amico, era fonte di dolore lo scappellamento completo: soprattutto quando il pene era duro (cosa che per i loro incontri era la norma, del resto).

Aveva una forma che, contrariamente al normale, lo rendeva storto verso il basso, invece di svettare in alto nel classico “alzabandiera”. Ma ancora più piacevolmente preoccupante era il fatto, che quando il cazzo dell’ amico era molto duro, diventava perfettamente diritto. Era come un’ asta, un manico, che spuntava orizzontalmente dal corpo magro del giovane amico. Inoltre, quando si eccitava sul serio, il suo cazzo diventava veramente notevole e, pensava con raccapriccio Lucio, probabilmente non era ancora al massimo delle sue capacità espressive, visto che dopo tutto, lui nemmeno glielo toccava … ancora.

Ovviamente, nell’intimità fisica dei primi rapporti, qualche volta il pene di Simone aveva sfiorato l’amico, che però non me aveva fatto un dramma. Magari poi nei suoi sogni ripensava a quel contatto infinitesimale, senza ammetterlo neppure con se stesso. Lucio continuava a frequentare l’ università e a studiare. Poi iniziò le prime attività e continuava a scopare con la sua ragazza fissa o con una conquista occasionale. Ma la vera libidine inconfessabile lo attendeva in quel gioco di ruoli, estremamente complesso, che avveniva ogni tanto con l’ amico Simone.

Dopo le seghe lunghe e languide, offerte quasi come un servizio, erano passati a Simone che diventava sempre più bravo nel fargli i pompini. La cosa era andata avanti e quindi, facendolo sembrare più un premio che un piacere personale, anche Lucio aveva cominciato a concedere qualche attenzione a Simone. Questo lo faceva in modo distaccato, quasi controvoglia, non voleva rinnegare così apertamente la parte di maschio, dura e violenta, tipica dei giovani del suo stampo.

Però poi, in realtà, seguiva a ruota le performance di Simone. Quindi anche Lucio imparò a prenderglielo in mano. Una volta aveva provato a unire i loro due peni e a masturbarli in contemporanea, non poteva nascondere il piacere unico che questo sfregamento provocava. Specialmente quando, in piedi l’ uno contro l’ altro, dai due piccoli orifizi la sborra eruttava quasi contemporaneamente, spandendosi, calda e appiccicosa, sulle sue mani. Sempre per non dispiacere l’ amico, così disponibile e servizievole, aveva voluto tentare a prenderglielo in bocca.

Le prime volte il gesto era abbozzato, quasi controvoglia e con fredda partecipazione, ma poi … pian piano si era dovuto rendere conte che aspettava quegli incontri omosessuali, con maggior eccitazione di qualsiasi altro appuntamento erotico. Desiderava imparare sempre meglio a fare il pompino a Simone e il sangue gli ribolliva nelle vene, quando si accorgeva che il cazzo del suo amico, sollecitato dalla sua lingua, si ingrossava a dismisura. Spesso lo misurava controllandone il “calibro” sulla pancia di Simone.

Quando il ragazzo era al massimo del piacere e non capiva più niente, il suo cazzo superava di molto l’ ombelico e la pelle di seta era più tesa che mai. Simone una volta aveva trovato il coraggio di chiedere: – Posso venire in bocca? – ma Lucio per orgoglio maschile (come se non fosse impegnato a fargli un languido bocchino), aveva risposto di no. Salvo, in seguito, a desiderare nei suoi sogni, quello spruzzo di sborra, che tanto scioccamente aveva rifiutato.

Venne poi il tempo in cui cominciarono a desiderare qualcosa di più. Praticamente si ricordarono che, tanti anni prima, negli angoli più bui del vicolo o per le scale di sera, qualche volta, più per istinto che per conoscenza, Lucio aveva appoggiato il suo membro giovanile dietro le natiche di Simone. Allora non sapevano nemmeno bene il perché, però sentivano il gusto proibito di quel gesto di possesso dell’ uno nei confronti dell’ altro che, supino, si donava.

Ora erano adulti e sarebbe stato ridicolo se, come allora, avessero contato quante “botte” l’ uno desse all’ altro, pur senza una effettiva penetrazione. Così non senza reticenze da parte di Simone, Lucio vinse la sua ritrosia. Forte dell’ esperienza fatta con le ragazze, riuscì ad ottenere che l’ amico si rassegnasse a dargli il culo … inutile dire che Simone era vergine, di dietro. Un pomeriggio estivo, intimò a Simone di stendersi sul solito divano e di porsi su un fianco, abbassandosi il Jeans fino alle ginocchia, poi con calma, anche Lucio si stese sull’ angusto spazio del divano.

Il suo cazzo si indurì, come, e anche più, del solito, e per tenere tranquillo Simone, glielo prese in mano da sotto le gambe schiuse. Poi, sempre per rendere arrendevole ed eccitato il suo amico, si abbassò dietro il suo culo, in bella mostra. Da sotto il taglio netto delle natiche, fioriva lo scroto compatto di Simone, scuro e profumato di umido. Poco oltre, dalle gambe strette tra loro per bloccarlo in posizione, il cazzo del giovane sembrava una piccola terza gamba.

Lucio leccò ripetutamente tutto quel pacco, trovandolo delizioso. Si divertiva a prendere il pene di Simone tra le labbra e poi, nel perderlo, perché la posizione forzata rendeva il cazzo del giovane elastico e sfuggente. Intanto, frugando e baciando sotto i coglioni di Simone, Lucio iniziò a bagnargli il buchetto con delle linguate piene di saliva. La libidine del rapporto era sempre più cocente, fino a quando Lucio si decise a provare a penetrarlo, questa volta sul serio.

Si mise ben piantato alle spalle dell’ amico. Entrambi poggiavano sul lato destro del corpo. L’ altro era magro e abbastanza leggero, probabilmente ormai era rilassato e arrapato, infatti, Lucio, con le sue grosse e forti mani non trovava difficoltà a gestirne i fianchi in modo da portare la chiappe dischiuse del ragazzo a favore del suo cazzo in tiro. Bagnò ancora una volta di saliva il buchetto dell’ altro, che sentiva morbido e arrendevole al massaggio delle dita.

Altre volte aveva penetrato un culo maschile o femminile, ma mai la verginità anale dell’ altro era stata per lui tanto significativa. Non che ci tenesse sentimentalmente per Simone, ma di sicuro il loro era un rapporto estremamente particolare, che si combatteva a suon di posizioni psicologiche, più che a ritmo di semplice sesso. Lucio dominava, nella vita e nel sesso, la personalità più arrendevole e pacata di Simone ma, allo stesso tempo, era come se si prendesse responsabilità dell’ amico e lo considerasse un suo paggio al quale era affezionato e a cui riservava le attenzioni migliori.

Il loro rapporto era segreto e intrigante. Fuori da quella casa ogni uno tornava ad essere una persona perfettamente normale e, soprattutto, eterosessuale. Lucio era deciso a godersi quei momenti al massimo per renderli memorabili. Così iniziò a rompere il sedere al suo amico con estrema cautela. Il suo cazzo era veramente enorme però e dovette adoperare molta delicatezza. Dopo alcuni estenuanti minuti di tentativi, il cazzo nerboruto di Lucio li teneva collegati come un grosso tubo, l’ uno nel culo dell’ altro.

Simone era esausto e dolente, e più volte si era lamentato nel subire quell’ ennesima mortificazione, eppure aveva accettato tacitamente di essere inculato dall’ amico più potente, come se fosse un atto dovuto, un segno del destino. Ovviamente la cosa era anche eccitante al punto che con la mano si cercava il buco tra le gambe e lo trovava completamente invaso da quel tronco di carne, che sfociava alla radice nelle morbide palle piene di sperma.

Quello sperma, lo sapeva, inderogabilmente sarebbe confluito nella profondità del suo culo, ne era certo. Ma non tutto successe così rapidamente. Quando lo sfintere, con un ultimo gemito, aveva accettato lo spessore del cazzo di Lucio non erano che all’ inizio della bonaria punizione. Gli uscì dalle terga e gli carezzò il culo, per dargli il tempo di riprendersi dai postumi della innaturale dilatazione. Ma subito dopo l’ inculata riprese, con ben altri ritmi e maggiore decisione.

Lo trascinò davanti allo specchio e lo fece abbassare a novanta gradi. Mentre il giovane si prendeva le caviglie per tenersi in equilibrio, Lucio lo impalò perfettamente, per non permettergli di cadere. Il giovane si sentì venire meno, mentre assisteva allo specchio a quella scena da film, ben rendendosi conto dalle pulsazioni che gli si scaricavano nel culo, che il soggetto era lui stesso. Venne poi posseduto, sempre nel culo e sempre per tutta la lunghezza del cazzo di Lucio, sia gitato di faccia che di dietro, poggiato sulla scrivania.

Infine dopo oltre mezz’ ora e una caterva innumerevole di penetrazioni, ritornarono sul divano. A Simone bruciava il culetto, ormai definitivamente sfondato, ma non desisteva dal farsi fottere, perché il piacere di subire l’ inculata dall’ amico era troppo intenso. Sul divano, si dovette stendere supino, con un cuscino sotto il bacino e una delle cosce, che per meglio spalancare il deretano, penzolava dal lato libero. Lucio era sudato e arrapato. Ancora una volta, sostenendosi sul braccio si posizionò dietro il giovane e ancora una volta lo inculò con decisione.

Il ritmo divenne costante e distaccato. La mente di Lucio vagava nei paradisi del piacere, mentre si accasciava pesantemente su Simone, che pur soffrendo per quel peso invadente, non aveva il coraggio di fermarlo. Infine, gli sentì accelerare il respiro e ansimare … e infine , pesando solo su di lui, gli strinse con le mani le chiappe intorno al cazzo che impalava quel minuscolo culo, come per farne una guaina più stretta, idonea al suo piacere, cattivo.

E così gli venne dietro. Scaricando la sua rabbia e la sete di dominio, tutta nel sedere dolorante arrossato. Sprofondava in lui con tutta la forza, e sborrò tanto profondamente nell’ ano del giovane, che ancora il giorno dopo, in bagno, egli si sentì scorrere dal sedere alcune gocce dello sperma ricevuto il giorno prima. L’ intimità tra i due arrivava a livelli sempre più profondi. Lucio, sicuro dell’ affidabilità dell’ amico e certo della sua totale complicità, si lascio andare anch’ egli, senza più farsi troppi scrupoli o imporsi remore.

Giustificandosi con se stesso per il fatto che Simone gli dava tutto se stesso senza chiedere e senza pretendere nulla di più, gli piaceva pensare di fare dei piccoli sacrifici per l’ amico, che non aveva mai chiavato con una donna vera. Cominciò a ingoiare il suo sperma, dopo avergli praticato il bocchino talmente in profondità, da aver spesso lacrimato per il soffocamento, in conseguenza dell’ introduzione esagerata del glande nella gola. Aveva scoperto che la posizione più favorevole era quella in cui si stendeva sul divano a pancia in sopra, posizionando la testa rovesciata su un bracciolo.

La dominazione del cazzo in quella posizione era totale. Il giovane era libero di chiavarglielo in bocca a suo piacimento, comodamente in piedi, con la possibilità di governare il ritmo e la profondità della penetrazione. Dal canto suo, vedeva in primo piano il cazzo in arrivo o mentre lo pompava. Vedeva anche il sacco coi coglioni, poteva carezzarlo e spesso, in un assurdo tentativo figurato, pur avendo la bocca piena fino alla radice del pene, cercava di spingerci dentro, almeno una, delle palle di Simone.

Spesso, questi gli sborrava in gola, senza che nemmeno riuscisse a sentirne il gusto. Infatti quando veniva così, Simone, diventava una corda tesa: tutto il corpo si irrigidiva e il cazzo fermo, sprofondato in bocca a Lucio, e lui era totalmente bloccato. Il glande, gonfio, sborrava a fiotti vibrando violentemente insieme all’ asta. Aveva il dono di restare duro e in tiro a lungo, anche dopo la sborrata. Capitava così che, Lucio, doveva soccombere per non contrariare l’ amico e aspettare a volte anche un quarto d’ora, fino a che il pescione di Simone, gli liberasse la bocca.

Dopo questo tipo di pompa, le mascelle erano indolenzite. Di contro, però, la situazione era talmente arrapante che spesso Lucio si masturbava, tenendo in bocca quell’ asta prepotente che mandava odore e sapore di sborra calda. Di questo passo, non ci volle molto per decidersi a sacrificarsi fino in fondo per l’ amico. Con la scusa di fargli provare com’ è fottere una ragazza, ammise il pene di Simone nel culo. Non fu una passeggiata, come credeva.

Infatti la sua speranza era che sapendolo mettere dietro, sarebbe stato altrettanto bravo a prenderlo, tra le natiche. Ma non era così. La colpa era anche di Simone però, che si ritrovava quel cazzo ballerino, un pene che, alle sollecitazioni rispondeva fin troppo “elasticamente” … e così, quando si trattò di sverginare il culo dell’ amico, divenne grosso come quello di un cavallo. Ormai non è che si potesse tirare indietro, anzi il gonfiore della cappella di Simone, lo rese ancora più lascivo e desideroso.

Si preparò stendendosi su un lettino, con un cuscino sotto la pancia. Allargò le cosce per dare spazio a Simone che iniziò ad armeggiare dietro di lui. Per prima cosa, con lo sfintere, sentì perfettamente la cappella tonda che si posizionava, al centro del punto giusto per penetrare. Fu una sensazione difficile da raccontare: era come se vedesse quella grossa palla, estranea, che tentava di diventare parte della sua stessa carne. Quando Simone iniziò a spingere, capì che era condannato.

Gli avrebbe fatto male. Ma era troppo arrapato per dire di no. Si rassegnò a diventare uno che lo prende “in culo”. Cercò di scacciare tutti i preconcetti e le frasi fatte, volgari, legate in maniera figurata a questo evento. Cercò di pensare che dopo tutto non era che una atto sessuale come gli altri, un momento di piacere che finiva lì. Nulla di male. Una tantum. Nel buio nascosto di quella casa dimenticata, donava un emozione all’ amico.

Quell’ amico che si fotteva da quasi un anno, profittando del suo culo a suo piacimento. Si convinse che era un dono. Una sensazione da regalare a chi, diversamente, forse non avrebbe mai provato il piacere di … possedere. Mentre i pensieri turbinavano nella testa, Simone si era bagnato il cazzo di saliva e ripartiva all’ attacco. Riprese ad armeggiare col suo buchetto finché … finché, con un guizzo, la capocchià di Simone, gli spaccò l’ ano in due, superando la resistenza, involontaria, dello sfintere.

Il dolore fece saltare Lucio, che sgusciò in avanti; mortificato e offeso, col culo indolenzito. Non aveva mai provato niente di simile. Mai. Era un dolore deciso e umiliante, ma allo stesso tempo gli dava il desiderio perverso di provarlo ancora, per avere e dare piacere. Si massaggiò le natiche, facendole vibrare con le dita, per rilassarsi. Era confuso sul da farsi … non sapeva se tirarsi indietro, non sapeva se ormai, avere il culo rotto, non gli avrebbe permesso mai più di essere “maschio” come prima.

L’ amico era in attesa, arrapato e un po’ confuso. – Mi hai fatto male! – disse Lucio, languido. – Fai piano. E’ la prima volta, lo sai. Lo faccio solo per te. –Purtroppo quelle parole non convinsero il maschio pratico che c’ era in lui. Si rese conto che era cambiato. Il desiderio di prenderlo ancora nel culo non era da “macho”, né era un favore, semplice, da offrire ad un amico. Dopo alcuni minuti si calmò e riprovarono.

Simone fu più dolce nell’ entrare e Lucio, con sorpresa, scoprì che il male era quasi del tutto sparito. Restava quella strana sensazione di carne estranea che viaggiava nella sua. Capì perché alle donne … e a molti uomini piaceva. Era il colmo del piacere, darsi totalmente. Dare il culo era un atto amorevole di sottomissione, che dava brividi di piacere e sensazioni profonde che nessun altro atto poteva eguagliare. Simone se lo chiavò a lungo, sempre così: distesi sul letto.

Ogni tanto gli faceva cambiare la posizione delle gambe. Prima il giovane lo aveva tenuto con le gambe e il culo spalancati, mentre lui, con le ginocchia serrate, si era messo dentro, oscenamente, spingendo spesso troppo a fondo l’ asta e provocandogli qualche fastidio, che lo faceva saltare in avanti. Poi, al contrario, gli strinse le gambe e le serrò, mentre lui si sedettepraticamente sulle sue terga, col cazzo che sprofondava nel culo ben fatto di Lucio.

A volte, tenendosi sulle mani, il ragazzo si fermava col cazzo infisso nell’ ano solo per metà. In quelle occasioni, Lucio, con le dita controllava sia il pene di lui, scoprendolo enorme e tosto, sia lo stato del suo sfintere. Era molle e dilatato, al punto che ci poteva infilare anche il dito, per controllare i contorni del cazzo che lo stava ingroppando. Una vera libidine. Era stancante prenderlo nel culo ripetutamente, ma non si ribellò.

Quell’ esercizio lo aveva reso languido e passivo, lievemente femmineo. Scoprì un piacere nuovo: aspettare che “l’altro” finisca di fottere. Imparò la grande differenza tra l’ orgasmo maschile e quello femminile. La donna, o chi “dona” e si “fa fare”, può permettersi di godersi tutta una serie di sensazioni, molto simili all’ orgasmo fisico, prolungandole all’ infinito e gustandosi tutti i momenti dell’ accoppiamento. Il maschio, sopra di lui, col cazzo dentro, invece, non provava che un crescendo di arrapamento, concentrato violentemente sull’ atto materiale e sullo sfregamento fisico che lo avrebbe portato ad arrivare.

Lucio, sottomesso a quel cazzo, invece imparava a godere costantemente del piacere e della furia dell’ altro. Simone sudato ed eccitato gli diede le ultime, selvagge botte, intensissime, poi uscì dal suo culo e fece in modo di farlo girare. Lucio ebbe giusto il tempo di aprire la bocca, mentre l’ amico con un mugugno a****le, cominciò a schizzargli sperma in faccia e in bocca … a litri. Col culo dolorante e indolenzito, ma non era mai stato così arrapato.

Aspettò che l’ amico stremato si poggiasse sul fianco. Allora girò la testa, di quel tanto che bastava, per succhiargli il cazzo, miracolosamente duro, come prima che fosse venuto, e succhiando si diede pochi colpi al pene, che era quasi molle, piccolo e morbido,così sborrò copiosamente sulla sua pancia. Restarono distesi per parecchio tempo, ritemprandosi. Passò ancora qualche mese. Dopo quella esperienza, Lucio era rimasto abbastanza turbato. Era perplesso e aveva una leggera forma di crisi interna.

I suoi rapporti con la sua donna si intensificarono: quasi volesse provare a se stesso che nulla era cambiato. Era il maschio, lievemente prepotente di sempre. Voleva essere superficiale, disincantato e “chiavettiere”. Cercò anche qualche vecchia amicizia femminile, per il semplice gusto di scoparsela … ma il piacere proibito di donare il suo buco a Simone, non riusciva a toglierselo dalla testa. Prima, quando lui si inculava l’ altro ragazzo, aveva spesso pensato di non dover temere alcuna implicazione.

Anzi, giustificava il suo rapporto in maniera unilaterale: lui era più maschio che mai. Ecco perché, vista la “potenza” sempre arrapata del suo sesso, prendeva tutto ciò che gli capitava d’ avanti. Poco importava se si trattasse di una commessa diciottenne di passaggio, della sua donna o del suo amichetto: lui, tirava fuori il suo arnese … e fotteva. Dietro, avanti, nella bocca … per lui erano solo buchi, foderi, in cui infilare la sua spada in cerca di soddisfazione.

Cercava di glissare con se stesso sul fatto che farlo con l’ altro, aveva per lui un gusto diverso, più rilassato, senza ansia da prestazione, nessuna gelosia o tensione …Era sempre passato, con estrema superficialità, anche sulle emozioni intense che gli dava prendere in mano un altro membro; spesso metterselo in bocca e fargli schizzare sborra copiosamente. Oppure scaricare, ora con foga, ora con delicatezza, il suo piacere nel sedere stretto dell’ altro. Ma adesso che lo aveva preso nel culo, le sue certezze vacillavano totalmente.

Capi che il problema non era fisico, ma mentale. Ma la cosa che non volle capire, ma che volle riprovare: era il piacere intenso di dare. Dare piacere col suo ano dilatato, usato dall’ amico per goderne, era una sensazione che non lo abbandonava … capì, finalmente che non avrebbe più potuto, né voluto farne a meno. Così decise con se stesso che, come a carnevale era lecito essere matti per un giorno, lui ogni tanto si sarebbe preso una pausa.

Avrebbe dimenticato per qualche ora la sua virilità, per donarsi al suo amico per il piacere omosessuale che traeva dal suo corpo. Era passato quasi un mese … da quella che avrebbe dovuta essere la prima (e l’ ultima volta) che permetteva a Simone di farselo. Per tutto quel tempo aveva evitato accuratamente di incontrarlo, ma adesso che era deciso, non si fece più problemi, anzi. Aveva una grande voglia di tornare dal sua amico per stuzzicarlo e … per la prima volta, informarsi se anche a lui era piaciuto, il suo “dono”.

Quando, dopo pochi giorni, si incontrarono, Lucio capì che molte cose erano cambiate. Il loro rapporto aveva adesso una connotazione affettiva e una complicità ancora più decisiva e netta. Anche l’ altro era cambiato, era diventato più maschio e volitivo. Aveva assaporato il desiderio di possesso. Lucio, contro la sua volontà, non poté fare a meno di chiedergli, lascivamente, se lo aveva pensato e se lo aveva desiderato. La risposta fu un sì duro, ma dopo gli fece capire che aveva sognato le sue natiche tonde, giorno e notte e che si era masturbato spesso pensando a lui.

Invece di farlo rabbrividire, queste affermazioni gli diedero piacere. Per la prima volta apprezzava il suo corpo, con un’ ottica estetica completamente nuova e provò piacere a constatare di avere veramente un bel culo. Ricordò che anche delle donne glielo avevano detto e anche che aveva delle belle gambe. Ci ripensò con un sorriso, cercando di decifrare se per caso, quelle furbe creature, avevano voluto sottintendere qualche “messaggio” che lui non aveva saputo cogliere, al momento.

Il loro rapporto da quella volta fu meraviglioso ed eccitante. Dopo una caterva di preliminari, dopo un sessantanove che li aveva soffocati entrambi, più volte, Lucio aspettava, come una condanna inoppugnabile che l’ amico gli chiedesse di fargli, ancora un volta, il culo. Sentiva che era il suo più grande desiderio. Forse nei suoi sogni, inculare Lucio, aveva anche il sapore nascosto di fottersi una donna. E questo lo arrapava ancora di più. Quando stava quasi per implorarlo di farselo, Simone si decise a prendere l’ iniziativa e gli sussurrò: – Dai, adesso fattelo mettere nel culo! –Lucio ebbe un brivido caldo che gli attraversò tutto il corpo.

Aveva addosso solo la camicia, tutta stropicciata, ormai. Non la tolse, però. Si alzò dal divano e si poggiò sul tavolo, offrendo le natiche nude al membro rubizzo di Simone. Quella volta imparò che il culo non ha verginità … lo sfintere non era un imene. Imparò che dopo un giorno o massimo due, nei quali non veniva sfondato, ritornava praticamente intatto e doveva essere forzato di nuovo. Così, quando Simone lo penetrò, il dolore della dilatazione si ripresentò tale e quale, come la prima volta.

Lucio lo spinse con le mani fuori dall’ ano, e aspettò che la sensazione di spaccatura passasse. Si sfregò le natiche con le mani e se le massaggiò, lamentandosi sommessamente. Simone, in piedi, aspettava preoccupato, aveva paura che tutto finisse lì; che la sua “preda” non avesse più intenzione di farsi penetrare. Ma non era così. Lucio gli sussurrò: – Dai mettimelo adesso … ma fai piano. –Simone lo accarezzò a lungo e lo lubrificò con la saliva.

Lucio imparò a rilassare il muscolo e ad abbandonarsi completamente. L’ inculata riprese lenta e piacevole. Dopo pochi minuti il culetto di Lucio era del tutto rilassato e il cazzone di Simone lo stantuffava senza remore. Lucio si divertì a cambiare posizioni, imitando le donne con cui era stato. Si fece fottere in piedi, dopo essersi portato davanti allo specchio di un armadio, vedere la scena del cazzo dell’ altro che gli viaggiava dietro, aggiunse piacere al piacere.

Poi si mise di nuovo sul tavolo da lavoro. Stavolta però, girato di faccia, con le gambe all’ aria. Simone pose gli avambracci sotto le ginocchia per sostenerlo e tenerlo fermo. Le sue natiche erano posizionate poco fuori il bordo del tavolo, e l’ altro giovane lo inculava facilmente, mentre spingeva, se lo tirava dalle gambe, verso il suo bacino. Per la sborrata finale tornarono a mettersi in piedi, davanti allo specchio. Quando capì lui era pronto a venire, Lucio si abbassò completamente in avanti,per dilatare al massimo le chiappe.

Simone intanto lo teneva per i fianchi, attirandolo con le mani verso il suo sesso, fino a quando, tremante per l’ eccitazione lo sborrò, spingendo, se possibile, ancora più dentro l’ enorme willy che si ritrovava e bloccandogli il culo. Lucio impazzì. La situazione di essere bloccato da quel palo, come se una volta inserito, dovesse per forza sottostare ai comandi e alle voglie dell’ amico gli diedero un senso di impotenza, femminea e lasciva, che gli fece salire la pressione.

Simone tirò fuori il pene dall’ ano e se lo controllò. Era scappucciato e totalmente e pieno di sperma. Si ricoprì il glande rosso con la pelle del prepuzio, ma per fortuna il cazzone gli restò in tiro. Lucio non seppe rinunciarci. Approfittando del suo culo aperto e lubrificato da una dose super di sborra, si spostò verso dietro e, senza aiutarsi con le mani, riuscì a “catturare” il cazzo di Simone, usando solo il suo buco come fosse una ventosa: aveva preso di nuovo il palo nel di dietro.

Era tutto bagnato e il pene dell’ amico sguazzava nella sborra. Con la pressione a mille, lievemente chino in avanti, si tirò qualche colpo di sega. Subito, dal suo cazzo barzotto, cominciò a colare lo sperma, a fiotti e goccioloni. Con la mano sporca di sborra si toccò l’ ano, dove trovò il liquido seminale dell’ amico, che ormai era diventato della spuma bianca. Facendo sgattaiolare fuori il cazzo di Simone dal suo budello arrossato, si leccò le dita, assaporando quella strana panna, lievemente salata.

L’ attività tra i due amici restò cadenzata e piacevole ancora per alcuni mesi, poi la vita cambiò le cose. La casa di Lucio fu venduta. Il lavoro e gli impegni aumentarono … si persero di vista. Seconda Parte: PerversiDa quelle esperienze passarono oltre dieci anni. Simone trascinava metodicamente più o meno la stessa vita. Aveva pochi amici ed ebbe ancor meno esperienze. Qualcuno provò a presentargli una ragazza … ma con scarsi risultati pratici.

Lucio, più volitivo e agguerrito, invece fece una carriera fulminante, soprattutto perché accettò un lavoro che lo teneva quasi tutta la settimana in giro per l’ Italia e a volte per l’ Europa. Ebbe una serie notevole di storie e di tresche e poi … si sposò. Sua moglie, Filomena, si dimostrò sin dal primo momento una ragazza eccezionale, nonostante giovanissima e più piccola di lui di ben dodici anni. Si conobbero infatti quando lui era un uomo fatto e lei una ventenne di provincia.

Filomena decise da subito che lui sarebbe stato l’ uomo della sua vita e si comportò di conseguenza, con fedeltà e abnegazione, sopportò il lavoro di Lucio che lo rendeva incontrollabile, soffrendo di gelosia, e soprattutto nella certezza che per lui, lei non era che una delle tante. Come per i marinai, sapeva che Lucio aveva probabilmente una donna in ogni “porto”. Lo sapeva dagli amici che ne ammiravano “le imprese” e la simpatia.

Ma le cose, tra loro, non andarono per il peggio, al contrario …Come lui amava dire: erano andati d’accordo perché si incontravano a metà strada. Lei era una ragazzina troppo matura, mentre lui era un uomo maturo ancora infantile. Il lavoro di Lucio, col tempo, invece di essere un ostacolo si rivelò una buona opportunità, che sfruttarono al meglio. Servì per permettere loro di viaggiare insieme e godersi dei lunghi e piacevoli periodi in giro per i posti più incantevoli, i ristoranti più occulti, le enoteche più esclusive.

Le altre, che significavano già poco per lui, sparirono rapidamente dalla sua vita. Cominciarono a convivere e poi si sposarono, sotto gli occhi increduli di familiari e amici. Filomena era una ragazza semplice, senza grilli per la testa e trovò anche lavoro, così mise in pratica le sue capacità e cominciò a contribuire attivamente al menage: cosicché Lucio poté permettersi di adeguare la sua attività, ad un sistema di vita più regolare e a sempre minori viaggi di lavoro.

I loro rapporti erano ottimi. Filomena aveva praticamente imparato il sesso da lui. Prima aveva avuto le normali e relative esperienza di una ragazza di provincia, un ragazzo, che probabilmente sarebbe diventato, per noia e per convenzione, il suo futuro marito. Stare con Lucio era molto più impegnativo e lei faceva del suo meglio per stare al passo con i desideri, mai paghi del suo uomo. Pur essendo molto “tranquilla” nel quotidiano, era disponibile: come le auto di grossa cilindrata, dava il meglio e il massimo, appena raggiunto il giusto numero di giri.

La sua serietà personale e il fatto che amici e colleghi, non conoscessero questa sua caratteristica, ne avevano fatto una donna estremamente fedele. Nell’ intimità, invece, non si tirava mai indietro, e lui aveva molto pepe e tantissime fantasie, sempre nuove, da proporle. Lei accettava perché lui sapeva identificare il momento giusto per attuare i suoi sogni proibiti. A Lucio non era difficile mantenersi “in tiro”, perché Filomena era stupenda, una modella e migliorava col passare del tempo, e diventare sempre più bona.

Bruna, tratti decisi, meridionale, con degli intensi ed espressivi occhi verdi, che risaltavano di più d’ estate, con l’ abbronzatura. Altissima e prorompente, per anni Lucio non riusciva a credere che lei riuscisse ad essergli totalmente fedele. Col tempo l’ uomo si dovette convincere che era proprio così: Filomena era tutta sua … un “impresa” impegnativa per un uomo solo. Governare e soddisfare quel metro e ottanta di deliziosa carne ben tornita non era sempre facile.

Le lunghe cosce che sfociavano al vertice in una figa miracolosamente piccola e delicata, due seni da primato, grandi e prepotenti e un culo che era un vero giardino delle delizie. Sua moglie era talmente “tanta” che spesso le loro fantasie vertevano sulla possibilità di avere un rapporto a tre, che avrebbe permesso a Filomena di provare nuove e intense esperienza (e un po’ di inconfessabile relax a lui), sapeva che con quel fisico e tanta eccitazione, la donna si sarebbe potuta permettere di spompare, con disinvoltura una mezza caserma.

La passione di lei era farlo all’ aperto e magari in luoghi dove avrebbero potuti essere visti o scoperti. Spesso lei sentiva perfettamente che lui avrebbe desiderato rapporti promiscui e lei avrebbe fatto del suo meglio per accontentarlo, ma almeno all’ inizio era troppo gelosa e si addolorava a sopportare una esperienza simile … un paio di volte provarono con qualche amica occasionale, ma fu un disastro. Anche lui non volle tirare la corda, rendendosi conto di quanto lei ne soffrisse.

Un aspetto della sessualità di lui, che capiva poco era il segretissimo piacere che lui provava a farsi toccare, baciare e leccare il culo. Spesso lei si metteva sottosopra rispetto a lui nel letto e gli faceva il pompino da dietro, dopo ampie e prolungate linguate nel buchetto. Capiva che questo gli piaceva tanto dalla durezza del membro e dall’ abbondanza dell’ eiaculazione. Avevano anche tenuto, nascosti e segreti, un paio di cosi di gomma che avevano a volte adoperato per lei, ma anche per lui.

Filomena non poteva nascondere che dopo un poco aveva trovato eccitante, penetrare dietro al marito con quegli aggeggi. La voluttà che lui provava le davano adrenalina pura. Ovviamente … nei suoi pensieri, si era anche domandata, come e dove, lui avesse imparato a godere nel farsi penetrare il culo, ma non aveva mai avuto il coraggio di chiederlo. Una cosa che le piaceva tantissimo era fargli il bocchino tenendogli due e anche tre dita infisse nel culo.

In effetti il sedere era un poco il centro del loro piacere. Lui era espertissimo nel penetrarvi in maniera quasi indolore e sapeva gestire la durezza del pene con abilità: ficcandolo dentro appena appena rizzato, per poi lasciare che si gonfiasse tra le natiche della sua donna. Capitava molto spesso che la facesse venire una o due volte, poi, dato che non usavano preservativi e lei non prendeva niente, lui le chiedeva di preparargli il buchetto.

Allora Filomena si metteva di lato e aspettava paziente (e arrapata) che si masturbasse veloce dietro di lei. L’ oscillazione veloce del glande faceva si che ogni tanto le urtasse le chiappe, sollecitando il buchetto in attesa, cosa che aumentava il piacere della ragazza. Spesso mentre aspettava,con sottomissione la penetrazione imminente, si masturbava con delicatezza pure lei. Lucio si dava gli ultimi colpi alla mazza e poi la infilzava, incurante del fatto che la sfondava senza preavviso.

Le infilava la canna dietro solo per metà, perché con le dita si teneva il cazzo e sentiva lo sperma che passava dal canaletto e si riversava in culo alla moglie. Poi, una volta che aveva eiaculato per bene, lo tirava fuori per un attimo, permettendo allo sperma di raggiungere l’ esterno e gocciolare dall’ ano. A volte questo esercizio era accompagnato dal gorgoglio della aria pompata in precedenza, che usciva dal sedere, mista alla sborra.

Ben conoscendo i gusti della sua donna, rientrava in lei, premendo forte e riempiendola tutta. Quello era il segnale per Filomena di finirsi in pace e con soddisfazione, la sua masturbazione. Quella mattina Lucio non credette ai suoi occhi, quando nell’ androne del suo ufficio, incontrò Simone, che seduto aspettava qualcuno. Lo salutò cordialmente e subito si fece accompagnare a prendere il primo caffè. Parlarono a lungo e si raccontarono le rispettive esistenze negli anni passati senza sapere più nulla l’ uno dell’ altro.

Si scoprì così che Simone, da quasi un anno lavorava per una azienda di servizi che era collegata a quella di Lucio. Che aveva anche saputo che dell’ amico, ma che non era riuscito a incontrarlo, fino ad ora. Per caso, quel giorno era toccato a Simone venire in ditta a recuperare alcuni materiali. Mai era successo che, alla luce del sole, facessero mai riferimento ai loro incontri segreti e anche quel giorno non venne fatto nessun accenno ai rapporti omosessuali che avevano vissuto.

Si lasciarono scambiandosi il numero dei rispettivi cellulari, con la promessa di rivedersi. Quell’ incontrò risvegliò in lui tutta la libidine accumulata negli anni, mentre ripensava, arrossendo di piacere e non di vergogna, a quello che avevano fatto insieme e a quello che il suo amico era riuscito a ottenere da lui, in passato. Come era già successo alcune volte, nel pomeriggio, quando tutti erano andati già via, Simone si collegò col PC a un sito porno, dove cercò un breve filmino amatoriale, nel quale si vedevano solo lenatiche di un uomo abbastanza grosso.

Dietro di lui si posizionava un altro, più magro e con un cazzo notevole. Nei pochi minuti del filmato venivano immortalate ben due sborrata, che il magro depositava dietro il malcapitato compagno, che messo a pecora si prestava ad essere posseduto. Si masturbò ricordando i vecchi tempi e cercando le similitudini con le inculate di Simone, fino schizzarsi sulla pancia tutto il piacere. Dopo qualche giorno si sentirono e, naturalmente, ricominciarono a vedersi saltuariamente.

Simone purtroppo non sosteneva bene né l’ età, né lo stress psicologico, dovuto alla sua solitudine e al suo carattere molto passivo. Però, incontrare Lucio fu per lui un toccasana e si riprese alla grande. Un pomeriggio, ad esempio, chiamò l’ amico e gli comunicò di avere qualche ora da dedicargli, prima di rientrare, l’ amico gli disse che nel suo ufficio c’ erano gli operai per dei lavori di ristrutturazione. Per il resto … era estate e gli altri colleghi erano in ferie.

Lucio credeva che non si sarebbero potuti vedere, ma l’ altro lo invitò a passare lo stesso. Così fece, parcheggiò a qualche isolato di distanza e poi raggiunse la sede della ditta dove lavorava Simone. Questi gli aprì, e lo fece entrare come un clandestino. Invece di recarsi nel solito studio, l’ amico lo fece entrare in un piccolo sgabuzzino al piano terra, alle spalle del centralino. Poi gli disse di aspettare un attimo e lo lasciò lì, praticamente al buio.

Lucio si sentì abbastanza maltrattato, quasi come una battona, che viene ricevuta per sfogarsi al più presto. Infatti le cose andarono proprio così. L’ amico tornò dopo pochi minuti, gli ribadì che di sopra c’ erano gli operai e che dovevano sbrigarsi. Lui, quasi offeso, gli disse che sarebbe potuto tornare un altro giorno, ma niente da fare, l’ altro era sempre più ringalluzzito dalla disponibilità ormai sottomessa di Lucio, e gli disse di no.

– Fai presto, non perdere tempo, girati che te lo metto nel culo! – E così fece. L’amico, confuso e impreparato, si voltò e si slacciò i pantaloni, abbassandosi lievemente in avanti e poggiando le mani su un piccolo lavello. Appena le terga furono a disposizione, Simone si mise dietro di lui e dopo essersi passato il palmo pieno di saliva sul glande, già gonfio, glielo ficco dentro, senza complimenti. Lo fotté rapidamente per non più di tre minuti, poi gli sfilò il cazzo da dietro e lo fece inginocchiare davanti a lui, glielo mise in bocca con altrettanta foga e in pochi attimi,bloccandogli la nuca con la mano, gli scaricò in bocca un sacco di sperma.

Era tanta, come spesso accadeva, perché essendo di carattere pesante e metodico, preferiva programmare con anticipo notevole i loro incontri, in modo che nei giorni precedenti non si masturbava, per arrivare forte e carico all’ appuntamento. Una volta profittato di lui, in culo e in bocca, l’ amico quasi lo cacciò via: il rischio di essere scoperti era troppo forte. Lucio si ritrovò fuori, frastornato dalla rapidità con cui tutto era avvenuto. Simone l’ aveva usato, come si chiava con una puttana.

Il culo indolenzito dalla rapida successione di botte ricevute all’ improvviso, la bocca sporca di seme, risalì in auto, arrapatissimo da quel trattamento e si recò a casa, dove, con una scusa portò Filomena nella veranda e se la fottette con la stessa veemenza con cui era stato preso. Le sborrò sulla schiena, producendo un quantitativo incredibile di quel seme, che aspettava da ore di esplodere fuori. Dopo, lei ancora eccitata lo baciò vogliosa e lui si augurò che non sentisse il senso di attaccaticcio e l’ odore dello sperma secco sulle sue labbra.

Intanto non bisogna pensare che il suo compagno si fosse trasformato in un accanito violentatore di culi. L’ uomo ormai era, se possibile, ancora più sensibile e schivo di quando era un ragazzo. La sua natura non era cambiata e neanche i suoi desideri. Fin da giovane aveva accettato e ammesso di essere servile e accondiscendente nei confronti del “capobranco”. Anelava spesso di essere soddisfatto a sua volta e penetrato nel rapporto anale, ma i loro rapporti erano talmente occasionali che raramente Lucio si poteva dedicare alle sue natiche vogliose.

Quello a cui non rinunciava era di prenderlo in bocca, spesso durante uno struggente sessantanove. Ma Lucio andava da lui soprattutto per prenderlo. Si potevano vedere poche volte all’ anno e sempre per poco tempo. Così l’ uomo, che faceva il maschio a tutto tondo, nella vita di tutti i giorni, ormai vedeva quei rapporti come la soddisfazione segreta di un suo alter ego, sempre più femmineo, obbediente e lascivo. E il suo amico, messo per strada dalle parole e dalla sua gestualità esplicita, faceva del suo meglio per accontentarlo, a volte accumulando un ulteriore stress nella sua già travagliata e difficile esistenza.

Difficilmente aveva problemi di erezione, ma era importante che l’ appuntamento tra loro fosse fissato con qualche giorno di anticipo, altrimenti il giovane arrancava, senza poter concludere granché. A volte gli era capitato di dovere rinviare qualche “visitina” perché troppo stanco e debole. Magari poche ore prima si era fatto una sega e non aveva recuperato ancora le sue labili forze. Lucio, invece, andava da lui per farsi spaccare e Simone lo capiva, e ce la metteva tutta, ma non sempre riusciva a venire, a sborrare.

Anche questo era uno stress, perché sapeva di deludere le aspettative del suo amico. Una volta aveva espresso il desiderio di pisciare in bocca a Lucio, che se ne stupì e rifiutò categorico … ma la volta successiva, al telefono, lo avvisò di non fare la pipì fino a quando, nel pomeriggio, non si sarebbero incontrati. Infatti quel giorno, per prima cosa andarono in bagno. Se Simone non avesse conservato tanto piscio nella vescica, non avrebbe mai trovato la forza per farlo, invece dopo alcuni tentativi riuscì a fare la pipì nella bocca del suo amico.

Erano davanti al cesso. Lucio in ginocchio di fianco al vaso e Simone in piedi. che orinava lentamente. Il piscio caldissimo inondava la bocca ora aperta ora chiusa di Lucio, che si lasciava riempire fino all’ orlo per poi far scorrere il liquido giallo fuori dalle labbra, senza fretta. Ne sentiva il sapore strano e la puzza addosso. E godette di tanta sottomissione passiva a quel cazzo che orami era diventato il suo idolo del piacere.

Filomena dopo qualche tempo si accorse che qualcosa non andava per il verso giusto. Bisogna sapere che il marito non era più lo scavezzacollo di un tempo; l’ uomo dedicava alla famiglia tutto il suo tempo libero e, sul lavoro, era praticamente sempre rintracciabile e … tracciabile. Per Lucio una moglie giovane, bella e fedele ormai bastava e avanzava, inoltre Filomena era quieta ma non schiva. Le piaceva il sesso e le piaceva molto farlo col marito che sapeva sorprenderla e appagare, sempre.

Le piccole trasgressioni, lo strap-on che ogni tanto gli praticava, non facevano che eccitarla ulteriormente. Quando facevano all’ amore erano tante le fantasie che lui inventava soprattutto in merito ai rapporti a tre. Spesso le chiedeva se qualcuno aveva tentato di farsela e lei ingenuamente rispondeva di no. Allora era lui a prendere l’ iniziativa e a raccontarle quello che poteva succedere …Inventava la situazione, l’ imbarazzo di lei che si trasformava in piacere e la paura che il marito la scoprisse, che si trasformava nel piacere sfrenato di fargli le corna.

Non solo lei si sarebbe dovuta far chiavare da un altro, ma Lucio avrebbe dovuto saperlo. Magari sarebbe stato di fuori, costretto ad aspettare che la moglie finisse di fottersi l’ altro. Lei intanto eccitata e vincente, avrebbe esagerato, con grida e parole sconce, il suo piacere, in modo che lui si fosse sentito umiliato e impotente … e che questo “maltrattamento” gli avesse reso ancora più sextenatal’ eccitazione e il frutto di una feroce masturbazione.

A volte, Lucio, inseriva questo “terzo incomodo” invisibile e inesistente, anche nel loro menage erotico, allora raccontava di come sarebbe stato farlo in tre e di come avrebbe potuto essere intrigante se lui stesso, si fosse trovato a doverlo prendere in bocca. A Filomena piacevano quei racconti. Il fatto che Lucio inventasse anche delle storie in cui anche lui era costretto a prendere il cazzo di un estraneo la rendeva un po’ perplessa, ma non ne faceva un problema.

La dovizia dei particolari dei racconti davano da pensare … ma lei era una ragazza quieta e non amava speculare troppo. Seguire il marito nelle sue esigenze e nelle sue fantasie erotiche era già fin troppo soddisfacente, per le sue aspettative. Era certa che se non avesse sposato Lucio, molte delle cose che aveva scoperto e operato nei rapporti sessuali, non avrebbe nemmeno saputo che esistevano. Le sue vecchie amiche e coetanee in paese, si erano ingrassate o lasciate andare, come donne e mamme.

Quindi, Filomena era una donna appagata. Ma non era stupida e, naturalmente, era anche molto gelosa. Non solo si accorse che il marito da qualche mese aveva spesso la testa da un’ altra parte, ma aveva anche notato una attività insolita del suo telefonino. Si era anche appuntata un numero “sospetto”, ma ad indagini più accurate, risultò trattarsi di uno studio tecnico che progettava la logistica per aziende di trasporto e stoccaggio. Ma la cosa che fece shittare il campanello d’ allarme fu una scoperta che fece grazie alla distrazione e alla totale fiducia di lui.

A volte per i loro giochi erotici si servivano di preservativi. Era lei stessa che ne comprava una shitola in farmacia, ogni tanto. Poi venivano occultati in un armadio, lontani da occhi indiscreti … e spesso dimenticati, per l’ uso sporadico che ne facevano. Quando Filomena diede un’ occhiata ai profilattici … scoprì che ne mancavano due. Non poteva essere certa, né poteva affermare che fossero stati usati per tradirla, ma il sangue alla testa le salì ugualmente.

Pochi giorni dopo, era di sabato, un pomeriggio che lei si doveva recare dai genitori, Lucio evitò accuratamente di farsi coinvolgere e inventò una scusa per potersi liberare ed uscire da solo. Aveva appuntamento con Simone, naturalmente. Non immaginava neppure minimamente dei sospetti della moglie, inoltre non aveva mai pensato ai suoi giochi erotici come ad un tradimento; per lui quello era diventato quasi un hobby, una valvola di sfogo, alla ricerca di piaceri che nessun altro rapporto avrebbe potuto procurargli.

Verso le cinque si preparò. Con civetteria evitò di indossare gli slip sotto i jeans e poi si ricordòche l’ altro, come spesso accadeva, gli aveva chiesto di portare i preservativi. Ma quando aprì la shitola si accorse che era del tutto vuota … tranne che per un bigliettino, scritto in fretta dalla moglie: “Ti stai divertendo?”Il mondo gli crollò addosso. Una caterva di sentimenti simile a una valanga. Era arrabbiato. Era impaurito. Era impreparato.

Cosa sapeva Lei? E quanto sapeva?Come avrebbe potuto spiegarle o giustificare il suo comportamento?Per assurdo, non aveva neppure un amante. Infatti in quel momento, avrebbe preferito mostrare alla moglie una bella ragazza che usciva dall’ armadio, piuttosto che ammettere di avere rapporti sessuali con un uomo. Aveva paura che lei non avrebbe mai capito. Quel giorno l’ umore di Filomena era nero come la pece e il marito, incapace di decidere che comportamento seguire, se ne stava sulle sue.

Faceva l’ offeso, cercando di sbottonarsi il meno possibile, con la speranza di salvarsi in corner, appena se ne fosse presentata l’ occasione. Passarono alcuni giorni, quasi due settimane … erano in uno stato di stallo che non faceva bene a nessuno; poi lui decise di sbloccare la situazione. Filomena era sua moglie e si era sempre dimostrata all’ altezza in ogni situazione, doveva tentare … non poteva lasciare che il loro rapporto si deteriorasse così, andando alla deriva.

Una notte le si avvicinò nel loro lettone e lei non lo respinse. Con molta dolcezza le comunicò che c’ era qualcosa di lui che lei non sapeva … le parlò di una vecchia amicizia maschile, che si era protratta nel tempo: un rapporto che lui preferiva non spiegarle ancora a parole, ma che ci avrebbe tenuto lei capisse e … che gli credesse. Per fare questo la invitò ad andare con lui a trovare questo suo amicocol quale, spiegò, in passato era successo qualcosa.

Niente d’ importante, qualcosa di puramente fisico … lui lo aveva incontrato e il “vizio” lo aveva tentato a riprovarci. Filomena, dal canto suo, tirò un gran respiro di sollievo, non avrebbe sopportato di essere stata tradita proprio quando aveva la certezza della fedeltà di lui. Certo non immaginava fin dove si era spinto il marito con l’ altro, il suo amico, però qualcosa lei aveva pur sospettato, quando lui le aveva fatto capire che il grosso pene di gomma che aveva portato una volta a casa, poteva servire a giocare con lei, ma anche a penetrare dietro di lui.

Lucio chiamò Simone, era parecchio che non si sentivano. Gli comunicò di avere una sorpresa per lui, voleva fargli conoscere sua moglie … l’ amico non seppe rispondere né capiva le implicazioni di quella visita. Non sapeva cosa e quanto sapesse di loro due la donna ed era certo che si sarebbe trovato in grande disagio, davanti a lei. Tra tutti e tre, l’ unico che si scioglieva in brodo di giuggiole e di fantasie, era Lucio.

Mentre loro erano preoccupati, lui era gongolante: progettava che da quell’ incontro sarebbe nato ben altro che un semplice chiarimento delle rispettive posizioni. Era deciso a trascinare l’ amico nel suo menage, anche se non osava pensare come questo si sarebbe potuto evolvere. Una sera che Simone era di notte col turno, organizzò l’ appuntamento. Arrivarono verso le dieci di sera e portarono qualcosa da mangiare da una rosticceria e una bottiglia di vino frizzante.

Prima di entrare lui disse alla moglie ancora una volta: – Tesoro, sicuro che te la senti di conoscerlo? – le carezzò la guancia con tenerezza – guarda che se non ti va, possiamo tornarcene a casa. Io voglio solo che tu sia tranquilla su di me e che mi creda. –Ma lei era decisa ad affrontare la cosa; e poi conosceva troppo bene il marito per non sapere che tutto questo lo eccitava enormemente.

Entrarono nell’ ingresso dell’ ufficio silenzioso e deserto. Lucio conosceva la strada per raggiungere l’ ufficio tecnico, dove il suo amico era impegnato in alcuni controlli di routine. Essendo l’ unico tecnico che viveva da solo gli capitava spesso di lavorare la notte, durante le feste e in piena estate. Ma starsene da solo non gli dispiaceva. Lucio ormai a suo agio, si comportò come sempre in maniera simpatica e brillante, li presentò e fece gli elogi dell’ uno e dell’ altra.

L’ altro, da persona semplice, si trovò subito in sintonia con Filomena; dopotutto anche lei era una persona semplice ed aperta, e poi, entrambi, subivano il fascino di suo marito. Mangiarono qualche stuzzichino, assaggiarono il vino, chiacchierarono del più e del meno. Il giovane ne aveva ancora per qualche minuto, intanto la coppia si spostò in una sala attigua, dove c’ era un tavolo per riunioni e un salottino in pelle. Con disinvoltura, come se fosse del tutto a suo agio, lui si rivolse a sua moglie, invitandola ad accomodarsi.

Poi con complicità profonda le chiese di aspettare un attimo, le disse che voleva controllare come l’ avesse presa il suo amico. L’ aveva già avvertita che si trattava di un soggetto con le sue fisime e con dei tempi di reazione tutti suoi. Tornò da Simone nella sala controllo e lo trovò teso e sulle sue. – Ehi! – fece Lucio – che hai? Che te ne pare di Filomena? –E l’ altro: – E’ una bellissima donna … un’ altra vittima? –- Ma che cavolo dici? Sei sempre prevenuto.

Chi pensi che ti abbia portato qui: una zoccola? – disse convinto – “Lei” è mia moglie, capisci? La donna che amo e con cui vivo. Cosa credi che la porto in giro a fottere? Siamo qui perché qui ci sei tu, e io ti stimo … lo sai. –Poi concluse: – E lei è qui perché si fida di me! –- Ok, capito – disse l’ amico laconico – ma io che c’ entro? Che devo fare? State di là e io vi aspetto … — Ma tu sei scemo ? – lo apostrofò Lucio – Ho fatto il diavolo a quattro per portarla.

Adesso finisci le tue cose e poi ci raggiungi … non ti preoccupare, non devi fare niente … tranquillo. –Poi aggiunse: – E io che pensavo che Filomena ti sarebbe piaciuta. – poi ironico – Scusa, sai? La prossima volta ti porto Miss Universo! –- Ma cosa dici? – disse Simone – Per me è bellissima … ma, ma io che cosa c’ entro? –- Basta … appena ti liberi vieni da noi … poi si vedrà; capito? –Lucio tornò dalla moglie.

Anche Filomena era abbastanza impacciata e confusa. Lui capì che non era più tempo di chiacchierare. Le si avvicinò e cominciò a baciarla, tirandola verso di lui e facendola alzare in piedi. Nella sala le luci erano accese, non tutte, ma accese … andava bene così!Lucio baciava e carezzava sua moglie. Fu contento che lei si fosse preparata al meglio: indossava una gonna lunga ma svasata ed ampia, morbidissima, e una maglietta nera attillata; non aveva messo il reggiseno e la maglietta non riusciva assolutamente a trattenere i suoi enormi, prorompenti seni.

Carezzandola spostò le mani sotto la gonna. Lei aveva scelto di indossare le calze di seta color carne, tenute da un reggicalze bianco. Ottima scelta, pensò il marito. La moglie si era preparata come si deve per l’ incontro, voleva dire che l’ idea l’ aveva solleticata alquanto. Bene!Lucio decise che era ora di iniziare le danze. Sempre tenendola vicino a se, come una coppia di studenti che si scambiano smancerie, la guidò verso una zona della stanza in cui, attraverso la porta, vedevano Simone, che si attardava tra le attrezzature.

Naturalmente, in quella posizione, anche Simone vedeva loro. Infatti, il giovane notò le due figure. Gli sembrava di guardare un film impossibile, di cui lui non poteva essere certo il protagonista. Cercò di sfuggire a quella realtà notando quanto gli sembrasse irrealequella scena. A pochi passi da lui il suo amico baciava, con la lingua che non trovava pace, la sua bellissima moglie. La donna, che lui non aveva mai visto, era uno spettacolo.

Più alta di lui, aveva forme giunoniche che si intravvedevano da sotto gli abiti. Quando Lucio, con gesto calcolato, le infilò la mano sotto la gonna, Simone sussultò. Cercava di non guardare, ma non riusciva a farne a meno. L’ amico faceva in modo che lui potesse vedere … tutto, sotto la gonna della moglie, mostrandogliela poco a poco, come in uno spettacolo di spogliarello. Intanto Filomena, dopo un attimo di smarrimento, capì che il marito stava facendo in modo che l’ altro uomo la vedesse, si lasciò andare per superare la vergogna.

Lo lasciò fare. L’ idea di essere vista, spiata e, probabilmente, di piacere a quello sconosciuto, si rivelava sempre più intrigante ed eccitante. La sensazione per la donna era fortissima, essendo lei molto seria e castigata nel quotidiano, non si era mai messa in mostra così … ma si fidò del marito, lasciando che lui facesse come meglio credeva. Si godeva quei momenti intensi, sentendo gli occhi bramosi e increduli dello sconosciuto su di se, mentre il suo uomo le alzava completamente la gonna, facendole mettere in mostra le natiche chiare.

Il perizoma bianco di Filomena non ne nascondeva la rotondità, anzi le definiva in tutto il loro splendore. L’ uomo. stupefatto e ipnotizzato da tanto ben di dio, si accorse che suo malgrado, il cazzo si induriva sotto i pantaloni. Il marito visitava con le mani sapienti il corpo di lei e, facendo finta di niente, le alzava la gonna e poi la abbassava, spostandosi e carezzando le sue gambe. Si pose di fronte a lei e, rapidamente, le tirò fuori i seni dalla scollatura della maglietta, facendoli pendere in tutta la loro bellezza.

L’ altro restò di stucco. Le sue esperienza con le donne erano talmente esigue e limitate che era sbalordito da quelle montagne di carne e da quei capezzoli turgidi e puntati, grossi come un dito pollice. La voglia matta di succhiare a quelle mammelle e di palparle lo colse impreparato. Con la stessa semplicità con cui si sarebbe aggiustato la cravatta, il suo amico fece appoggiare la moglie a una sedia con le mani e si spostò dietro di lei, i seni della donna pendevano davanti come due palloncini chiari.

Quindi in un attimo, glielo chiavò in figa e cominciò a sbatterla: le due mammelle oscillarono in maniera sconvolgente. Per lui fu facile infilarlo in un colpo solo, visto che lei aveva la figa bagnata e desiderosa. Lui se la scopava di botto, perché sapeva che alla moglie piaceva che si facesse così. Lei era una donna abbastanza freddina nel quotidiano ma, e il marito lo sapeva bene, diventava un vulcano durante i loro amplessi.

Mentre sentiva che la sbatteva da dietro, godette a mostrare tutto di se allo sconosciuto, che la guardava inebetito dall’ altra stanza. Lo sfidò con lo sguardo vacuo e invitante, mentre le due enormi tette ballonzolavano come campane, dove i capezzoli facevano da batacchio. Simone aveva già inventato troppo lavoro per quella sera, non poteva restare a guardare come un idiota. Trovò il coraggio di avviarsi verso la stanza in cui l’ amico si stava chiavando la moglie senza ritegno.

– Vieni, entra … – gli disse con voce rotta Lucio. Cercò di spiaccicare qualche parola che non si capì … poi si allontanò, dicendo: – Torno subito, voglio lavarmi le mani. –Allora l’ amico tirò il cazzo fuori dalla figa della moglie, si mise al suo fianco e le disse: -Allora, amore, che ne dici? Ti piace o vuoi che andiamo via?-Lei sorrise, mentre si aggiustava la gonna e rimetteva i seni nella maglia: – Non lo so – disse – e tutto così strano … così nuovo.

–Poi aggiunse: – Restiamo dai, per me l’ importante e che ci sia anche tu, il resto va bene. –- Bello – disse il marito. Nel frattempo il suo amico rientrò. L’ altro lo invitò a sedersi sul divano, poi disse ammiccante: – Allora, che ne dici, ti piace Lei? –L’ altro con un sorriso forzato e impacciato disse. – Che domande … è bellissima! –- Ok – rispose – adesso te la faccio vedere bene.

– Poi, rivolto alla moglie aggiunse: – Vieni tesoro. –Lei, pazza di piacere, si fece guidare davanti a Simone. Si sentiva venire, ad essere esposta così, come un a****le alla fiera,completamente in balia del marito, che faceva del suo corpo quel chegli piaceva. Venne posizionata a favore delle luci e a pochi passi dall’ uomo, che cercava di sembrare indifferente, mentre invece aveva la testa che gli girava come una trottola. Forse per questo l’ amico lo aveva fatto sedere …Invitò la sua donna a togliersi la gonna; cosa che lei fece non senza un pizzico di voluttà.

– Vieni, Simone, tirale i seni fuori dalla maglietta, lei vuole. –Simone non poteva certo tirarsi indietro e poi l’ atmosfera nella stanza era talmente tesa, che i movimenti sembrava avvenissero al rallentatore. Si alzò dal divano, mentre Filomena non riuscì a evitare di guardare con voluttà, il grosso rigonfiamento sotto la patta dei suoi pantaloni. Le mani piccole e impacciate cercarono le due tette. Il giovane trafficava con mano inesperta e con molta vergogna; eppure quei palpeggiamenti non potevano che farle girare la testa, si sentiva profanata da mani estranee, per la prima volta dopo tanti anni.

Avere per le mani quei seni morbidi e consistenti era una sensazione mai provata. Il cazzo del giovane pulsava all’ impazzata. Non aveva mai avuto rapporti con una donna. Avendo abbondantemente superata la trentina, credeva che ormai non sarebbe mai successo, soprattutto perché si vergognava temendo di essere valutato come un imbecille. Invece, adesso, tastando e cogliendo a piene mani i seni, che il suo amico gli aveva concesso, trovò la dolcezza infinita di quella moglie.

Per lei, sentire in maniera palpabile, l’ ingenuità dell’ giovane aumentava il piacere di donarsi, di farsi scoprire amorevolmente da quell’ uomo, praticamente ancora vergine. I modi delicati e il rispetto reverenziale con cui toccava e saggiava, trasmettevano alla donna tutto l’ abisso di desideri repressi, che si celavano nell’ animo dell’ uomo. Fu grata a suo marito, quando le tolse le mutandine e poi la invitò a sedersi a cosce aperte, per accontentare la vista dell’ amico.

Lei lo fece con voluttà, e il marito, portò il giovane per mano fino al divano, poi coi gesti lo invitò a mettersi in ginocchio davanti a lei e ad avvicinarsi, pericolosamente, alla sua figa spalancata. Allora lui si lasciò andare con la bocca affamata su quella fessura, leccando, baciando, assaporando …era come se volesse rifarsi di tutte le mignotte che non si era fatto in vita sua. L’ altro, svelto, si abbassò i calzoni e mise il suo cazzo tra le labbra della moglie.

Mentre la piccola lingua dell’ altro, inesperto le esplorava la vagina, allora la donna, incapace di trattenersi, cominciò a venire, sospirando ed emettendo piccoli gemiti. – Non fermarti – incitò il marito, di modo che il suo amico continuasse con scrupolo a slinguare nella figa di lei, mentre si aiutava anche con le dita per aprirle le grandi labbra. Lei se ne veniva e mugolava, mentre teneva in bocca il cazzo duro di suo marito.

Si fermarono e si calmarono. La donna, ormai, era un’ altra: se ne stava tra i due uomini, come una troia esperta ed emancipata. Non provava nessuna vergogna, pur essendo vestita solo della maglietta e del reggicalze. Le calze le aveva tenute, come aveva visto fare in qualche filmino porno, visto col marito. Si tenne anche le scarpe col tacco, convinta di sembrare più arrapante agli occhi dei suoi partner. I due si erano seduti al suo fianco.

Il marito, si era tolto tutto, ora indossava solo la camicia aperta sul petto. Passando le mani sopra la moglie raggiunse il suo amico e gli tolse i pantaloni. L’ altro non ebbe il coraggio di fermarlo e rimase con quelle sue mutande di cotone anteguerra, alte fino all’ ombelico. Attraverso lo spacco laterale, Lucio fece svettare il suo cazzo diritto. Filomena, nonostante si fosse lasciata andare tanto, provò un attimo di smarrimento alla vista di quel cazzone, tanto nuovo e tanto diverso da quello di Lucio.

Era grosso e lungo. Non poteva vedere lo scroto perché era dentro le mutande di lui. Vedere che comunque il marito aveva maneggiato quel pene maschile con tanta disinvoltura e familiarità, le diede un brivido, che non sapeva ancora come interpretare. – Carezza il cazzo a Simone, tesoro, gli piacerà! – disse lui e lei si fece rossa e calda … dal piacere. Prese in mano quel grosso stantuffo, valutandone la durezza. Era bellissimo sentirlo tra le dita.

Si accorse, che al contrario di altri cazzi, aveva la pelle del prepuzio quasi chiusa sul glande. Dentro si intravvedeva il buchetto voglioso di Simone, che si schiudeva; le venne voglia di succhiarlo … ma non osava. Allora il marito fece alzare in piedi il suo amico, e le disse di liberarlo delle sue mutande … e poi aggiunse:- Amore, fai quello che desideri … non mi dispiace. –Lei non se lo lasciò ripetere.

Approfittò del giovane in piedi e gli baciò il cazzo. Lo leccò accuratamente e con la lingua scavò nella pelle morbida per raggiungere il glande, caldo e arrossato. Poi assicurandosi che suo marito guardasse, lo prese tutto in bocca. Era duro, ma liscio come una seta, lo testò con la lingua, cercando di scoprirne gusto e sapore e per cercare di conservare quella sensazione il più a lungo possibile. La ragazza amava masturbarsi, appena era sola e tranquilla e, così, desiderava che quel ricordo speciale si imprimesse bene nella sua mente.

Simone era nel pallone e quei pochi movimenti che faceva, li faceva in maniera veramente impacciata. Era troppo per lui tutto quello e tutto insieme. Anche la donna era comunque lievemente impacciata. Lucio capì che, come prima volta, poteva bastare. Con discrezione aveva già deciso come dovesse finire quella serata. Guidò la moglie sul divano e fece cenno al suo amico di avvicinarsi, gli fece aprire le gambe e sistemarsi in piedi dal lato della testa della moglie.

Lui si mise dietro all’ amico, carezzandogli le cosce e la schiena e fece si che si prendesse il pene tra le mani. Egli si tirò una sega, masturbandosi proprio come piaceva a lui e in pochi minuti venne, vibrando e mugolando mentre chiudeva gli occhi. Lo sperma cadde addosso a Filomena come una pioggia estranea, zampillandole sul petto, sulla pancia e, in parte, un faccia. Le gocce che raggiunsero le labbra vennero leccate avidamente dalla donna.

Allora suo marito, nel più tradizionale dei modi, le salì addosso e le penetrò tra le gambe. Ordinò al suo amico di tenerle i piedi in alto, affinché si godesse la vista di quella chiavata, che avveniva davanti a lui. A freddo, poi, avrebbe ripensato a tutto quello e avrebbe imparato a non divinizzare la sua donna, ma a desiderare che tornasse a trovarlo, per fotterla come un troia e per riempirla di cazzo.

Proprio la “carica” che il marito desiderava sentire. Intanto pompava con veemenza e velocemente, quando fu pronto, si mise in piedi sul divano, immediatamente intimò al suo amichetto:- Fammi sborrare, presto! -Simone ebbe un attimo di esitazione, ma poi l’ eccitazione ebbe la meglio e così dimostrò alla donna, quanto era bravo a fare il cazzo in mano a suo marito … dopotutto, gli tirava le seghe da quando lei era ancora alle elementari.

La seconda ondata di sborra spruzzò dal glande di Lucio e si aggiunse allo sperma già sparso sul petto di Filomena. La donna, intanto si faceva il ditalino ed era perduta in un orgasmo tutto suo. Subito dopo, andarono via, senza nemmeno lavarsi. Abitavano fuori città e ci volle un po’ per tornare a casa. Fecero il viaggio in silenzio: lui le dava il tempo di sedimentare ciò che era accaduto. Sapeva che in tre si sarebbe potuto ottenere molto di più, ma non aveva voluto strafare.

Suo moglie e il suo vecchio amico erano stati come “ubriachi”, e lui non voleva che andasse così; voleva che si conoscessero, si studiassero e imparassero a desiderarsi con prepotenza, per godersi, come lui, il meglio che quel rapporto poteva dare. Arrivati a casa, lei, stanca e languida si recò verso la doccia, lasciando la porta del bagno aperta. La donna fece scorre via tutti i vestiti, lasciandoli per terra. Poi staccò il reggicalze e infine si fece scivolare via le calze di seta.

Tutta la sua roba era macchiata di goccioloni bianchi, era sperma misto agli umori della sua figa. La traccia tangibile che non aveva sognato. Il fatto che non si potesse stabilire a chi dei due appartenesse la sborra le fece ribollire il sangue. Suo marito l’ aveva seguita e l’ abbracciò teneramente di spalle. La confortò con parole dolci, ma la sua voce era bassa e carica di erotismo. Mentre la carezzava tutta, la annusava.

Lei sapeva di sudore, di sperma e di lussuria. Allora lui cambiò registro e cominciò a rimproverala con parole lussuriose, fingendo risentimento e sorpresa, per le porcate che le aveva visto fare quella sera, davanti ai suoi occhi, per giunta. – E così hai appena provato un altro cazzone!Non ti vergogni? –E lei, mentre lo baciava, rispose sfrontatamente di no. – Ah … – disse lui – e poi ti ho vista mentre facevi il bocchino, ti pare bello? – Lei mugolo qualcosa di indefinito, e lui la incalzò: – E ti e piaciuto tenerlo nella bocca? – – Oh, si – disse Filomena – era grosso e mi spingeva … -Lucio, intanto le passò dietro e tirò fuori la verga, già arrapata.

– Sai disse – mentre cercava il buco della moglie, tra le sue cosce – sai ho visto che ti piaceva quando lui si tirava la sega … guardavi il suo cazzo, estasiata. Ma ti piace così tanto? –Intanto lei era a pecora, con le mani poggiate su uno sgabello e lui la scopava come a lei piaceva, facendo sbattere le palle sul suo sedere. – Ma anche tu gli hai toccato il cazzo … anche a te piaceva.

– disse con voce rotta lei. Le dava alcune botte, poi si fermava con tutto il coso dentro e spingeva ancora, da fermo. Continuò a parlarle come a lei tanto piaceva, ma stavolta le storie che raccontava non erano invenzioni o fantasie … solo un paio d’ ore prima, la timorata e tranquilla Filomena aveva assaggiato due cazzi e aveva ricevuto addosso una doccia di sperma emessa da due uomini. Intanto che lei sognava, Lucio la chiavava.

Pensò al cazzo di Simone, lo desiderò ancora, pensò che sarebbe successo ancora e che l’ uomo, praticamente uno sconosciuto, quasi certamente l’ avrebbe montata … magari in quella stessa postura e le avrebbe spinto dentro un cazzo del tutto nuovo. Chissà se a lui era piaciuta? Se la desiderava …Ma era convinta di si. Era troppo felice di succhiarle i seni, e con quanto gusto le aveva succhiato la figa … e la sua lingua, poi, era di fuoco, non si fermava mai.

Era decisa: voleva ancora quel cazzone, tutto dentro e voleva anche la sborra calda dell’ amico di suo marito: voleva che impazzisse per lei e che desiderasse di farsela continuamente. Lucio, si accorse che lei si abbandonava e stava per venire, allora prese dal mucchio dei panni dismessi, il top nero. Era intriso dello sperma del suo amico e lo piazzò sul viso della moglie. Lei venne annusando e leccando la stoffa profumata, e lui le diceva di odorare, odorare la prova tangibile di quanto era stata puttana, a prendere un altro pene nella bocca … e, mentre lei aveva orgasmi multipli e costanti, lui aggiunse che era sicuro, che se quell’ altro le avesse chiesto di sborrare in bocca, lei gli avrebbe ingoiato tutto, senza batter ciglio.

Quanto aveva ragione …Ma suo marito lo sapeva benissimo, mentre a sua volta veniva ancora sul morbido sedere della moglie, a goccioloni. Erano passate quasi due settimane dall’ incontro. Lucio telefonò a Simone, ma il suo amico fu abbastanza laconico e vago nelle risposte; allora pensò che era meglio incontrarsi da vicino per capire le reazioni e le intenzioni del giovane. Dopotutto c’ era di mezzo anche la moglie e, di conseguenza, il loro rapporto diventava una questione “di famiglia”.

In questo caso lui voleva andare sul sicuro. Mai si sarebbe sognato di tirare le persone che amava in qualche problema o in uno scandalo. Si diedero appuntamento per il sabato sera, trovò una scusa plausibile e si recò al solito studio. Alle otto il giovane era già da solo e lui lo raggiunse. Dopo pochi convenevoli, arrivò al sodo. – Allora, che ne dici? Che te ne pare di mia moglie? – come sempre, quando affrontava questo argomento, gli tremava lievemente la voce.

Simone era impegnato, o fingeva di esserlo, mentre sistemava delle cose su una specie di consolle. – Come vuoi che risponda? Lo sai bene che è molto bella … il guaio è che è capitata nelle tue mani. – disse con un sorrisetto. – E che vorresti dire? – rispose lui. – Lo sai che voglio dire, tu usi le persone e sempre per il tuo comodo o i tuoi scopi! –Conoscendolo, non se la prese, era un vittimista; ma cercò di chiarirgli le idee: – Tu sei mezzo scemo se credi che io approfitti di qualcuno …specialmente se si tratta di mia moglie, che amo … o di te, che nonostante non lo apprezzi, sei un amico per me.

–- Se, se … – disse Simone, col sorrisetto di prima – amico … poi fece una battuta scema. – Certo, amico! E poi come puoi pensare che io ti faccia toccare mia moglie, la donna che amo, contro la sua volontà e, magari, da uno qualunque? –Si mise seduto: – E’ certo che le ho parlato e che ho controllato se a lei va … e sai che ha detto? Che sei un bravo ragazzo e che le piaci.

–Simone ebbe un brivido, ma sperò che il suo amico non se ne fosse accorto. Al solo pensare al corpo e alla pelle di lei, gli mancava il fiato. Naturalmente l’ intesa e la depravazione raggiunta con l’ altro era potente, come sempre, insomma: non è che lui avesse cambiato gusti o non desiderasse più di farsi l’ amico. Ma il fatto che egli gli avesse offerta la moglie lo eccitava e lo faceva sentire più forte e più maschio.

Inoltre aveva intuito che in quel gesto erotico si nascondeva anche il piacere di fargli omaggio, una forma di sottomissione sottile, che superava di gran lunga in intensità, il dominio fisico che aveva già raggiunto. – La vuoi vedere ancora? – gli chiese l’ amico all’ improvviso?- Ti pare possibile che non mi farebbe piacere? Se vi va … si, mi piacerebbe. – ammise. Allora lui disse, con voce roca: – A lei piaci.

L’ altra volta non l’ hai chiavata …che ne dici?Se ti va te la faccio scopare … — Uffa! – sbuffò l’ altro impacciato. Lui capì che l’ amico si vergognava e non reggeva quella conversazione. – Ok, allora te lo prometto, la prossima volta te la spoglio e te la faccio prendere, magari da dietro come piace a te! – rise, ma era già eccitato. Ora Simone era seduto e lui decise di passare all’ azione, senza aggiungere altro.

Con estrema delicatezza si sedette e avvicinò la sedia alla sua. Mentre il suo amico si occupava di sistemare gli ultimi moduli su un tavolo con la consolle, lui gli tastò il pantalone alla ricerca del pene. Con naturalezza gli aprì la patta e liberò l’ arnese di lui dallo slippino: iniziò a accarezzarlo, stringerlo, scoprirlo. Gli toccava l’ asta di sopra e di sotto, gli cercava la sacca con le palle con una mano, mentre l’ altra girava intorno al pene , già in tiro.

Mentre gli maneggiava il cazzo dalla pelle di seta, si accorse che l’ amico cominciava a essere sempre più eccitato. Preferì non parlare più della moglie, visto che lui non sapeva sostenere quel discorso, ma si avvicinò al suo orecchio e sussurrò:- Vuoi pisciarmi in bocca? –- Uhm … sì – sussurrò quell’ altro. Si abbassò con la testa e iniziò a baciare il cazzo del suo amico, intanto che lui sistemava le ultime cose.

Poi si alzarono. Si denudò completamente e precedette l’ amico in uno degli ampi bagni. Mentre l’ amico faceva i suoi comodi, gli piacque dimostrargli la sua sottomissione, come se lo volesse pacifico e non arrabbiato. Così si inginocchiò in uno dei vani doccia. Erano pulitissimi, perche quasi nessuno li usava mai. Aspettava, senza fretta, guardando con disinvoltura i movimenti di Simone. Il giovane si sbottonò la camicia ma non la tolse. Invece con calma si sfilò i le scarpe e i calzini, mettendoli da parte.

Poi tolse i pantaloni, che piegò e ripose su un porta asciugamani. Il suo cazzo spingeva le mutande all’ antica, disegnando una protuberanza informe. Poi anche le mutande vennero tolte. Lui con libidine diversa dal solito, si godette lo spettacolo del fisico asciutto e sottile del ragazzo. Il cazzo dritto più che mai svettava da quel corpo, era grande e lungo. I gesti lenti e la disinvoltura nel non affrettarsi, rendevano languida quella prolungata attesa.

Invece di infastidirlo, aumentavano il desiderio. Il giovane entrò nella doccia a sua volta, aveva acceso tutte le luci. Lui capì che voleva umiliarlo e dominarlo … e stette al gioco. L’ amico si abbassò e cominciò a carezzargli il corpo delicatamente. Intanto l’ altro chiuse un attimo gli occhi e il suo pensiero volò a Filomena, immaginò quanto le sarebbero piaciute quelle carezze … e pensò anche che lui avrebbe permesso che l’ altro gliele facesse.

Dopo avergli carezzato i fianchi, le spalle e le natiche, si spinse con le mani tra le sue gambe. Il suo cazzo era moscio, ma questo non gli dispiacque, anzi gli diede delle forti strizzate, lasciando che le mani tremassero forte, mentre teneva tutto il pacco tra le dita. Dopo alcuni minuti si alzò in piedi. Uscì un attimo dalla doccia per pendere alcuni asciugamani di carta e ritornò. Lucio, eccitato più che mai si era messo per terra a gambe aperte.

L’ amico, più intraprendente di come non era mai stato, si mise in piedi dinanzi a lui, col cazzo puntato, e disse: – Non ho pisciato da stamattina … perché volevo che tu la prendessi tutta quanta! –- Va bene – rispose l’ altro – se vuoi, puoi farla. – Aveva capito che portargli sua moglie, era stato un gesto che aveva ingigantito il senso di potenza e di potere dell’ amico su di lui.

Questa sensazione, quasi femminea, di bonaria sottomissione, come se accontentare i desideri più porci dell’ amico fosse un suo preciso dovere, era per lui totalmente nuova. Lo stupore massimo era che invece di fargli rabbia o di avere una reazione negativa, gli piaceva e lo rendeva languido e disponibile. L’ altro aveva intuito bene, anche cedergli la moglie, per godersela, non era solo una forma di depravazione, ma anche un gesto di donare piacere e di permettergli la condivisione di un “bene” importante.

Era pronto e teso adesso, e gli disse:-Adesso, stai zitto e apri la bocca! –Lui lo accontentò subito. Spalancò le labbra piene di desiderio. Il suo amico glielo infilò immediatamente in bocca, ma non tutto; il glande era libero. Chiuse gli occhi per concentrarsi. I minuti passarono lentamente. Dai piccoli colpi di cazzo che gli sussultava sotto il palato, Lucio capì che l’ uomo era pronto per mingere, ma non riusciva a lasciarsi andare.

Senza fare il minimo rumore, e senza dargli alcuna fretta, se ne stette buono buono, cercando di nascondere il desiderio che aumentava ad ogni attimo di ricevere in gola quella pioggia, calda e dorata. Infatti, pochi attimi dopo, lo spruzzo iniziò, cogliendolo di sorpresa. L’ uomo, eccitato e carico, gli prese la testa tra le mani per impedirgli di lasciarsi uscire il coso di bocca. Lucio, preso alla sprovvista e inondato di piscio, si avvilì e la bevve, cominciando a tossire.

Il resto della pisciata si svolse in maniera meno cruenta, l’ orina col suo calore, scorreva dalla sua bocca dopo averla inondata, passando sulla lingua, e percorreva tutto il corpo dell’ uomo, per poi gocciolargli a terra dalla punta del suo scroto, alla fine del percorso. Soddisfatto il desiderio del suo “padrone” senza battere ciglio, si lavò sotto la doccia e dopo si asciugò. In silenzio il giovane lo prese per un braccio e lo accompagnò di nuovo nell’ ufficio tecnico.

In genere andavano direttamente nella sala riunioni, ma quella volta, lo volle prendere sul tavolo da lavoro, dove c’ era la consolle, era leggermente inclinato. Il suo amico si aspettava i soliti convenevoli, in genere si scambiavano seghe e pompini … ma non andò così quella volta. Simone prese dalla tasca della camicia un preservativo, uno di quelli che gli aveva lasciato l ‘ amico durante una delle sue visite – Mettilo sul mio coso! – intimò, deciso.

L’ altro continuò felice ad obbedire. Recitava una parte sempre più sottomessa e supina; gli piaceva tanto quel nuovo tono del loro gioco ed era felice di accontentare l’ amico, che finalmente si era deciso a tirar fuori “le palle”. Era pronto e prono per soddisfare i suoi comandi e i suoi desideri. Infilò non senza difficoltà il profilattico sul cazzo dell’ amico più duro che mai. Era talmente di pietra e gonfio, che cominciò a nutrire un minimo di paura a vederlo così dotato e così aggressivo allo stesso tempo.

Dopotutto, sapeva che quei preliminari potevano voler dire solo una cosa, Simone voleva metterglielo nel culo. Era titubante per il semplice motivo che non sempre era “pronto” a farsi fottere. A volte si era fatto male, altre volte ci era voluta molta pazienza ed estrema dolcezza. Intanto vedeva l’ amico torvo e deciso e si augurò con tutto il cuore di farcela a sopportare, perché era sicuro che lui era deciso a farselo e non avrebbe ammesso scuse.

– Appoggiati al tavolo – disse, brusco. Per un attimo gli sembrò tanto strano e fuori posto, starsene nudo, là in quell’ ambiente estraneo, ad obbedire agli ordini stentorei di un altro maschio. Lievemente spaventato, si abbassò in avanti e con gesto rapido si riempì la mano di saliva, che sparse velocemente sull’ orifizio anale. Senza altri preamboli, Simone gli mise la capocchia enorme tra le natiche e lo infilzò completamente. Lucio lo prendeva nel culo molto saltuariamente ed ogni volta, il primo colpo, gli faceva male.

La prassi voleva che dopo averlo sfondato, il suo amico si fermasse e tirasse il pene fuori dal pertugio, aspettando tacitamente qualche minuto per dargli la possibilità di riprendersi. Ma quella volta andò in maniera molto diversa. Il cazzo non uscì. Al contrario, l’ uomo, restò fermo, aggrappato ai suoi fianchi, col corpo che pesava tutto sul sedere dell’ amico. Il dolore fu notevole e la speranza che gli desse un attimo di respiro fu vana.

L’ altro non glielo tolse dal culo, anzi, dopo qualche secondo cominciò a scopare in un modo strano e violento, diverso dal solito. Lo fotteva nel culetto come fanno i cani: una serie velocissima di affondo, sempre più in profondità, una ricerca spasmodica di penetrazione, fino poi a restare immobile, tutto infisso, per riprendere fiato. Poi ricominciava a sfondarlo con tutto il peso e la forza. Per un poco, la vittima cercò di sopportare gli assalti e di ignorare il bruciore delle natiche.

Voleva fare del suo meglio per accontentare le voglie dell’ amico, pur sapendo che poi, a casa, gli avrebbe bruciato per un paio di giorni e che, probabilmente, gli aveva spaccato il culo a sangue. Ma la cosa terribile era che il cazzo era ormai troppo lungo: quando spingeva in fondo, con tutte le forze, la punta del glande, spingeva, dandogli una fitta insopportabile sul fondo del culo. Dopo alcuni minuti, non ce la fece proprio più, e riuscì a divincolarsi.

Scappò via nella stanza dove cera il divano, massaggiandosi l’ ano indolenzito. – Ehi – disse lamentoso – ma che vuoi farmi? Mi sfondi il culo se continui così … -Dirlo era eccitante e così si decise a provare ancora. Mentre si stendeva sul divano per accontentarlo, disse: – Ti prego, non farmi male ancora … – ma fu inutile. Simone, come un segugio, col pene gli ritrovò il buco e riprese a incularlo, come un forsennato.

Ancora la dilatazione lo fece gemere e lamentarsi. Sfuggì a quel maglio, scivolando in avanti, ma l’ altro, inesorabile, lo puntò di nuovo e riprese a dare colpi. Era diventata una vera caccia al suo buco dolorante. Impaurito, ma incapace di dire di no, Lucio si alzò e andò a poggiarsi alla scrivania, l’amico lo inseguì, incalzandolo e, messosi in una posizione favorevole, lo inculò ancora e ancora. Dopo circa un quarto d’ ora di assalti sempre veloci e sempre violenti, lo sfintere era talmente bagnato e dilatato, che il pene dell’ amico non trovava più alcun ostacolo ad entrare.

Il sedere della sua vittima era diventato largo come la figa di una battona, talmente aperto che per rincarare la dose di quella specie di vendetta punitiva, ogni tanto Simone, chiudeva le dita della sua mano, che per fortuna era piccola, e la affondava nel suo ano, fino al polso, senza incontrare resistenza. L’ unica cosa che ancora lo faceva scappare dal maglio dell’ amico era il colpo finale, dato con tutto il peso, perché la punta estrema del cazzone diventava come uno stiletto e gli procurava fitte nella pancia.

Allora Lucio che cercava di sfuggire non faceva che trovare una nuova posizione, ma il cazzo rientrava in lui, implacabile. A un certo punto, quando era sul divano senza forze, e tanto per non cambiare, stava prendendo una serie di colpi nel deretano, Simone si sfilò dal culo e gli si parò davanti, masturbandosi il cazzo. Gli intimò: – Voltati e stai pronto, ti voglio sborrare in bocca! –Si sfilò il profilattico, mentre l’ altro obbediva e si girava a faccia in su.

Ebbe la conferma della violenza subita appena vide il glande, completamente estroflesso del suo amico. Nonostante la fìmosi non si fosse mai spezzata, la capocchia del ragazzo era tutta fuori dal prepuzio tesissimo e, quasi certamente, doveva fargli un gran male. Si abbatté a quattro zampe sull’ amico e se lo chiavò in bocca, come stesse sverginando una fanciulla. Venne a lungo e in grande quantità. Lucio, che non lo aveva mai visto così arrabbiato, bevve la sborra senza fiatare e senza un lamento.

Mentre ancora teneva in gola il suo cazzo che si calmava e si afflosciava;mentre non si sentiva più il buco del culo per le troppe percosse subite: completamente sfiancato, Lucio si carezzò il glande del cazzo che finalmente aveva trovato un attimo di tranquillità per rizzarsi. Senza vedere niente e senza provare particolare piacere, sentì che anche il suo sperma eruttava dal buchetto, come la lava, lenta erutta da un vulcano. Dopo molto tempo e senza una parola, trovò la forza di alzarsi dal divano bagnato.

Gli faceva male dappertutto. Le mandibole erano indolenzite per la forzata apertura a cui erano state sottoposte. A ogni passo gli faceva male il culo. Quando si andò a lavare, lo trovò così sfondato che dubitò avesse potuto mai ritornare allo stato normale. Per la prima volta, provò paura e sgomento per quei suoi strani rapporti omosessuali. Stavolta avevano superato ogni limite e lui temeva di non ritrovare più la sua personalità. Si vestì in silenzio.

Simone sembrava un toro che aveva perso le forze, ma non la rabbia. Si salutarono come al solito. Probabilmente, entrambi dovettero pensare la stessa cosa: “forse questa è l’ ultima volta che lo facciamo”. Montò in macchina. Era tardissimo. Guidando allucinato verso casa, per la prima volta si sentì non più come un uomo vizioso, ma più come una “femmina” profanata: come una puttana che per quel suo uomo avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche quelle che non se la sentiva di fare.

A casa, Filomena lo aspettava sveglia e questo acuì le sue sofferenze. Lei non disse nulla, né inveì contro di lui, però era chiaro che aspettava una spiegazione. Lui si spogliò e la portò a letto, per mano. Spensero le luci. Prese la sua mano e pian piano la portò verso il basso, sul suo corpo nudo. Ma non le fece toccare il cazzo, bensì il suo ano, discinto e aperto. Lei sussultò temendo il peggio …ma lui le disse:- No, non ti preoccupare.

Non è niente , però, devi sapere che … -E cominciò a raccontarle molte cose della sua vita che la moglie ignorava completamente. Lei era una brava ragazza, suo marito le aveva insegnato praticamente tutto e ascoltò con piacere e senza giudicare, quella parte nascosta della sessualità di lui. Lui temeva di disgustarla, ecco perché aveva taciuto, ma lei aveva già capito che qualcosa ci doveva essere stato tra lui e l’ amico Simone.

Insomma, due più due fa quattro: che cosa facevano durante i loro incontri, che come ormai sapeva c’ erano sempre stati, fin da giovanissimi?L’ unica cosa che gli chiese è se tra loro avessero dei “ruoli” definiti o se si facevano l’ unl’ altro indifferentemente. Insomma, volle capire se anche il marito si inculava completamente l’ amico, visto che il trattamento che aveva ricevuto quella sera, la diceva lunga sul fatto che Lucio lo prendeva nel culo, eccome!Infine l’ uomo le parlò di quella sera e dell’ aggressività, improvvisa, dell’ altro.

Ne parlarono e sembrò lampante ad entrambi, che il fattore sextenante era stato conoscere sua moglie. Lui gli disse anche di aver promesso all’ amico che si sarebbero incontrati ancora, o meglio, che lui gli avrebbe portato la sua bellissima moglie, per cedergliela e per permettergli di farne ciò che più gli piaceva. Ormai giocavano un perverso gioco di ruolo. Lui fingeva di essere succube dell’ amico e di non potergli negare nulla, compresa la sua moglie.

Mentre lei, finse di essere risentita e spaventata da quella opportunità. Allora gli sussurrò nel buio della loro camera: – Ma, come hai fatto a impegnarti così, amore? –Lui si finse contrito e addolorato. -Ti rendi conto, che ti sei impegnato anche per me? –- E … adesso? – tacque, come se stesse valutando le ripercussioni di quelle affermazioni sulle sue prestazioni sessuali. – E se lui ti chiede che vuole farmi?E se lui volesse farmi lo stesso servizio che ti ha appena fatto … io dovrei obbedire e accettare che il suo cazzo, mi entri tutto dentro e tutto dietro?Ce l’ ha pure abbastanza grosso … tra l’ altro.

A te non dispiacerebbe se mi incula a sangue? Sapresti sopportare questa umiliazione? –Lucio arrapò e anche la moglie era bagnata ormai. Disse: – E che posso fare ? Ho promesso. Sai cosa ha detto anche? Che vuole venire nella tua bocca! Ed io, ancora una volta, non ho saputo dire di no … – Continuando a stuzzicarsi con quelle parole, fecero all’ amore, grati a Simone, che anche se non c’ era rendeva così eccitante il loro rapporto.

Una settimana dopo, il marito chiese alla donna se stava prendendo la pillola e lei rispose di si e, inoltre, che erano da poco finite le mestruazioni. Allora Lucio le chiese se per il sabato successivo poteva fare in modo che fossero soli, a casa. Lei capì che qualcosa bolliva in pentola e gli promise di fargli sapere al più presto. Purtroppo non fu possibile, ma riuscì a fare in modo che la sorella venisse a casa loro per il sabato, con la scusa di una cena di lavoro, così loro avrebbero potuto uscire senza problemi e, magari, pernottare anche fuori.

Allora lui avvisò Simone. Il giovane cambiò turno con un collega, che fu ben felice di avere il sabato libero. Filomena era contenta di ritornare in quell’ ambiente così estraneo, pieno di lucette, rumori elettrici, strane attrezzature, stanze informali piene di finestroni e cristalli … L’ ultima volta si ricordava che spogliarsi era stato eccitante, immaginava che, nascosti nell’ ombra mille occhi la potessero spiare; magari con delle telecamere nascoste avrebbero ripreso le sue prestazioni “da troia”, guardandosele più e più volte, e facendo sesso … usando le su immagini come quelle di una pornodiva.

L’eccitazione aumentava in lei, man mano che il sabato si avvicinava. Un paio di volte uscì senza indossare gli slip, e bagnandosi segretamente mentre parlava con le persone del suo quotidiano. Dentro di se sogghignava e le sarebbe piaciuto da impazzire stupire quella gente. La moglie casta, tranquilla, pacifica, in realtà, presto avrebbe fottuto con un estraneo. Avrebbe maneggiato e ricevuto dentro un cazzo nuovo, mentre il suo proprio marito, aspettava e subiva l’ umiliazione di vederla profanata.

E lei avrebbe gridato ed esagerato il piacere che provava, per ostentare la sua puttanaggine. Dal fruttivendolo, dove si sceglieva la frutta migliore, non le sfuggirono le solite occhiate del figlio del titolare. Il ragazzo era grezzo, ma piacevole. Aveva poco più di vent’ anni e lei immaginò che gli sarebbe piaciuto scoparla … non poteva certo mai immaginare che lei sarebbe stata ben lieta di farselo, lì e subito, perché aveva la figa completamente bagnata.

Non poteva farne a meno … allora, si guardò intorno per essere sicura che non ci fossero altri, poi, con la scusa di raccogliere un frutto che le era caduto di mano, si chinò, con le gambe abbronzate ritte sui tacchi delle Chanel color crema. Lo fece lentamente, assicurandosi che il giovanotto vedesse. La stretta gonna bianca di tela venne sollevata in maniera esagerata, per permetterle di fingere di cercare il frutto tra le casse.

Il giovanotto da dietro, strabuzzò gli occhi, rimanendo impietrito: non riusciva a concepire con chiarezza quell’ immagine da sogno, che gli si parava davanti. La signora Filomena, quella bonona, che tante seghe gli aveva ispirato, si abbassava sempre più in avanti e non si accorgeva che la sua gonna saliva lentamente, come un sipario, liberando le gambe e mettendo in mostra fino a parte del il culo e le grandi labbra abbozzate. La visione durò un attimo, poi la donna si rialzò, in tutta la sua statuaria bellezza, era alta almeno dieci centimetri più di lui.

Si voltò e lo guardò, aveva un sorrisetto strano: – Ah, Salvatore,tu stai qui? – gli disse – guarda che mi è caduta una mela tra le ceste, prendila tu che io non ci arrivo! – E sculettando, passò davanti al giovane inebetito e andò verso la cassa, per pagare. Salvatore era shoccato. Ci mise qualche minuto a riprendersi, poi scrollando la testa continuò a ripetersi che era stata una visione, e che quello che credeva di aver visto non era mai accaduto.

Però il cazzo grosso e spesso, gli era venuto durissimo, nel vecchio jeans logoro e sdrucito. Il sabato successivo, la giornata sembrava non passare mai. Mentre in casa facevano le solite azioni, meccanicamente, quasi non si parlarono. Nell’ aria c’ era un tensione che si sarebbe potuta toccare con un dito. Suo marito aveva le farfalle in pancia, sicuro che l’ incontro della sera sarebbe stato decisivo. Stavolta avrebbe visto davvero l’ effetto che gli faceva vedere sua moglie chiavata da un altro e, per ora, non faceva che sentirsi molto su di giri … era come se una delicata tortura gli venisse inflitta, come una droga.

Quei pensieri gli facevano male ma, allo stesso tempo, non avrebbe saputo rinunciarvi. Anche sua moglie era su di giri e aspettava con curiosità e apprensione l’ arrivo della sera. Il suo chiodo fisso era il cazzo di Simone. Per una strana forma di “transfert” lei vedeva l’ altro più sotto l’ aspetto del suo membro, che come persona. Idolatrava nei suoi pensieri quel cilindro di carne, meravigliosamente nuovo, a cui avrebbe voluto dedicarsi amorevolmente.

Era deciso: non avrebbe mai detto di no a nessuno dei desideri espressi dal possessore di quel cazzone. Come una bacchetta magica (quale esempio più calzante) aveva potere su di lei: in pratica mentre Simone, per lei non significava quasi niente, amava il suo cazzo con tutto il cuore e lo voleva felice, appagato e coccolato. La sera scelse con cura il suo abbigliamento: mini grigia elasticizzata, voleva che fosse ben chiaro che sotto indossava il reggicalze per tenere su le calze di seta nere con la riga.

Top nero, reggipetto nero, a mezza coppa. Portò anche dei profilattici, sapeva che a volte, i due amici li usavano per i loro “giochetti”. Le scarpe di vernice nera, con i tacchi a spillo, le aveva acquistate apposta per l’ occasione, ispirandosi ai filmini che qualche volta il marito le aveva mostrato. Niente profumo, usò solo un velo di deodorante ascellare, voleva che i suoi odori di donna, pian piano, si fondessero con quelli dei maschi, in quella serata che si profilava rovente.

Arrivarono poco dopo le dieci. Portarono dei pasticcini freschi e del vino frizzante. Simone li accolse amabilmente, ostentando anche troppa gentilezza nei modi, ma comunque era sincero … era contento di rivederli, e ancora più raggiante di rivedere la “bona” Filomena. Era abbagliato. Si trovava di fronte una panterona, vestita da pin up, fasciata da una minigonna elegantissima, sotto si intravvedevano lievi protuberanze … probabilmente era il reggicalze. Le calze nere le stilizzavano le gambe.

Di sopra indossava un top, che le modellava in modo incredibile i due grandi seni, che si sporgevano appetitosi. Il giovane, una donna così, l’aveva vista solo in fotografia. Mentre sistemava le ultime cose da controllare, assaggiarono qualche dolcetto e sorseggiarono il vino nei bicchieri di carta. Poi lui li invitò ad accomodarsi nello studio con i divani, mentre terminava i suoi controlli. I due coniugi non trovarono obiezioni, Lucio intanto tirò fuori dal taschino una micro camera: sarebbe servita per immortalare i momenti più piccanti.

Tutti quei preparativi, quella specie di cerimoniale, caricarono di libido la donna: si senti preda di quei due maschi, che non aspettavano atro che di infilarle il pene da qualche parte ma, allo stesso tempo, si sentì padrona di un enorme potere. Sapeva di potere e di dovere dare piacere a due uomini. La gioia maggiore era data dal senso di totale libertà in cui si sarebbe potuta muovere … non è da tutte, godersi tutta la libidine della trasgressione e al tempo stesso agire, senza timore di essere scoperta, spiata, ricattata.

Nessun marito a cui dare conto, al contrario, suo marito era proprio lì, con lei e non vedeva l’ ora di vederla fottere da quel bastardo, che chissà quante seghe si era fatto ricordando il suo corpo nudo. Si spostarono nella sala; la porta a doppia anta di cristallo, li divideva dallo studio tecnico. Lucio la baciò, cominciava ad essere eccitato più che mai. Abbracciandola e carezzandola, le fece scivolare giù, giù la gonna, poi si abbassò per sfilargliela completamente.

Erano in penombra, ma la sua siluette era spettacolare, e glielo disse, poi aggiunse: – Sono sicuro che lo farai impazzire, stasera. Ti va? –Lei assentì, felice di trovarsi lì, sentiva caldo alle tempie. Sedettero affianco sul divano, lui la carezzava con tenerezza, ma non prendeva altre iniziative. La moglie capì che quella sera sarebbe stata una serata molto particolare … il marito voleva concedere “la preda” all’ amico del tutto intatta. Dopo circa un quarto d’ora, le disse: – Tesoro, vai, vai pure a prenderlo di là, sono certo che aspetta che noi facciamo la prima mossa … è timido e, credo, che per lui sarai la prima donna in cui potrà penetrare.

–- Va bene – disse lei, complice – vado a tentarlo … – sorrise e se ne andò, ben felice di gironzolare senza gonna in quell’ ufficio estraneo, per presentarsi al cospetto di uno che a stento conosceva. – Ciao – gli disse, una volta di là – non ci raggiungi? -Il povero ragazzo, davanti a quella meraviglia, cercò di darsi comunque un tono: – Si, adesso vengo, … ehm … se volete cominciare, fate pure … –- No, ti aspetto … Lui mi ha portata per te, lo sai? Ti stima molto.

–Il giovane non sapeva più cosa rispondere, poi trovò il coraggio e la forza per essere galante: – Bhe, ecco … io … io non vorrei assolutamente che tu ti sforzassi … io … – balbettò ancora qualche parolina senza senso. Intanto Filomena si era avvicinata, anche troppo, a lui. Era seduto sulla poltroncina con le rotelle, e cominciava a perdere il controllo … lei si fermò a pochi millimetri da lui, i fianchi e il sedere, la carnagione chiara spiccava sulle calze nere: si voltò per fargli ammirare il suo culo, completamente esposto, sottolineato solo dal sottilissimo perizoma.

Non si era mai sentita tanto esposta e tanto felice di esibire il suo corpo. Si sentiva come una merce preziosa da esporre a quell’ uomo arrapato. – Nessuno sforzo per me, caro – gli sussurrò con voce suadente – mi piace accontentarti … come Lucio del resto, vogliamo solo che tu stia bene, con noi. –Diede uno sguardo alla porta vetrata, dietro, nella penombra, avverti il guizzo felino dello sguardo di suo marito.

Si avvicinò ancora di più, strusciandosi alle gambe e al volto dell’ amico. Lui non ce la fece più e, con le piccole mani, cominciò a carezzarla con desiderio malcelato. Aveva sete di lei!Si sentiva da come la toccava. Era impacciato, ma allo stesso tempo godeva talmente di quel contatto, che diventava il più arrapante dei partner. Dal canto suo il giovane amico si lasciava sempre più andare: come un bambino che scarta piano un regalo troppo a lungo desiderato.

Questa volta non era più impacciato e insicuro … adesso la voleva. E voleva imparare come era fatta, dove era morbida, in quali punti era soda, quali i punti più segreti da scoprire, quali parti di lei, una volta toccate, gli facevano maggior effetto sul cazzo. Il marito, intanto, non riusciva a starsene seduto. In piedi dietro la porta osservava la scena di Filomena, che più troia che mai, si comportava come una esperta spogliarellista dalle mosse feline.

Era estasiato e arrabbiato al tempo stesso … il terrore che la moglie gli sfuggisse di mano era presente e terribile, ma allo stesso tempo, vederla agire e farsi toccare il quel modo lubrico dal suo amichetto, che sbavava letteralmente per quel contatto. A ogni carezza cercava di rubarle tutta l’ anima. Avrebbe dovuto essere impacciato e inesperto … invece vedeva la sua donna arrapare di lui e, ne era sicuro: lei rincarava la dose, per fargli ancora più male.

La vide accarezzargli il pene che gonfiava i pantaloni, ripetutamente, mentre lui le impastava le natiche con le mani e le spingeva la bocca tra i seni. La tirava a se con le manine sulle chiappe enormi e completamente nude. Spingeva e si godeva il culo e le morbide tette della sua vera moglie, che stupendolo, lei prese l’iniziativa. Tirò su dalla poltrona il loro amico, per le mani, e prese il suo posto sulla poltroncina; gli disse qualcosa, probabilmente: – Vieni, leccamela tutta! – Infatti lei sedette tutta verso il davanti e allargò oscenamente le cosce sui due braccioli.

L’ altro si inginocchiò per godersi quell’ anfiteatro meraviglioso. Iniziò ad esplorarla, con le mani, con le dita e con la bocca. La mogliettina “innocente” aveva spostato il perizoma dalla figa, e lo teneva distante dal suo spacco. Aveva la figa quasi rasata, con un piccolo triangolino di pelo al punto giusto, l’ altro la leccava con piacere e lena, Lucio vedeva la testa che si muoveva seguendo la lingua che penetrava in lei, a ripetizione.

La moglie era in visibilio, con gli occhi socchiusi e l’ espressione estatica. Sbuffava e soffiava dalla bocca. Si fece trasbordare i due grossi seni, dal top. Il suo amico, lesto, ne prese possesso con le mani … impastandole da padrone, come fosse tutta roba sua. Poi si alzava e succhiava i capezzoli, mentre si dedicava alla figa con le dita. Il marito si faceva una ragione di tutto questo, almeno ci provava; si era sbottonato il pantalone e si menava il cazzo da solo, come un collegiale sfigato e solitario.

Era chiaro che quei due non sentivano la sua mancanza, si cercavano, si strusciavano, arrapavano l’ uno dell’ altro. Lui si senti offeso di ricevere tanto poco interesse … non era più la gelosia, ma il fatto che non si curavano per nulla di lui. Sua moglie e il suo più intimo amico, che aveva fatto incontrare personalmente, se la godevano, senza provare la minima considerazione per lui. La cosa era …. quanto di più arrapante gli fosse mai capitato.

La bocca dello stomaco gli doleva per la tensione incredibile, il cazzo cercava una immediata via di sfogo per una valanga di sperma, che a stento riuscì a trattenere. Era oltraggioso aspettare … aspettare che qui due porci sfogassero le loro voglie e le loro privazioni … a spese sue. Quell’ idiota che a oltre trent’ anni, non aveva mai avuto l’ onore di toccare nemmeno una bagascia, adesso si spassava sua moglie: la donna più irraggiungibile del paese, il punto di riferimento dei segaioli più insoddisfatti, ritenuta del tutto intoccabile, sdegnosa e schiva.

E sua moglie, dopo anni di continua, costante ed esagerata fedeltà, quasi incredibile a crederci, tutt’ a un tratto, si sbrodolava e si faceva slinguare a tutto spiano da quello, che aveva appena conosciuto. E lui, l’ unico, vero chiavettiere del gruppo, mortificato e dimenticato … nella sala d’ attesa. Nell’ altra stanza, intanto, l’ amico era completamente ubriaco di figa. Mai gli era capitato di immergere il viso in tanto bene, un profumo inebriante gli saliva per le nari, nuovo, mai senito … mentre un sapore delicatissimo, lievemente salato, delicatamente frizzante, si spandeva sulla sua lingua, che viaggiava, mai paga, in quello spacco meraviglioso e invitante.

Ogni tanto quella figa diventava talmente liquida, che lui era costretto a succhiare, ad asciugare quegli umori, che lui stesso, con la saliva, sollecitava. Era stupendo esplorare con le labbra e con la lingua quella figa, che doveva essere certamente estremamente piccola. Tra chiacchiere da trivio e descrizioni sommarie aveva immaginato che molte fighe dovevano essere grosse e rigonfie, invece adesso gli si parava davanti alla bocca un taglietto delicato. I pochi peli del pube raccoglievano, al di sopra, profumi e umidità.

Con le dita e con la lingua, la schiudeva, come si apre una rosa, e all’ interno nuovi petali, ancora più piccoli e delicati, facevano da cornice a un taglio più profondo, caldo e umido … immaginò che forse, tra poco e per gentile concessione, la sua verga avrebbe potuto essere accolta, in quella vagina paradisiaca. Il capogiro che seguiva a quel pensiero lo salvò dal venirsi nei pantaloni. Sopra il buco caldo, un bottoncino di carne rosea e gustosissimo, attirava le sue labbra e si lasciava succhiare con voluttà.

Quando leccava e succhiava il bottone, la donna si inarcava e sussultava alle sue sollecitazioni: in quei momenti si sentiva un re!Lei, sotto le mani e la bocca del giovane uomo, si godeva il rapporto, spietatamente fisico, che il marito le aveva regalato, ma il piacere più inteso le veniva dalla zoccolagine che esprimeva in quelle pose discinte, sapendo, perfettamente, che, nella stanza accanto, lui moriva letteralmente di piacere e di gelosia. Sapeva che quella scena frustrante e anomala, gli sarebbe rimasta impressa per sempre nella mente … e immaginava le volte in cui, l’ avrebbe fatta venire, chiavando e sussurrandole all’ orecchio tutto il suo disappunto e i suoi rimproveri al piacere perverso che lei, evidentemente, stava provando.

Filomena venne. In un turbinio di sensazioni, mugolii e languore. Simone fu preso alla sprovvista quando lei, con una voce irriconoscibile, glielo comunicò … parlando a stento e spezzando le parole con i singulti del piacere. Impazzì di orgoglio e di piacere, non aveva mai provato la sensazione di far arrivare una donna. Si rilassarono un attimo. Poi, lasciata la poltroncina, si spostarono nella stanza accanto, dove raggiunsero Lucio, in piedi, che si carezzava il cazzo.

La donna si recò un attimo al bagno, anche per riprendersi. Lucio, intanto, chiese a Simone se lei gli piaceva e, come per controllare di persona, gli infilò la mano nei pantaloni, passando da sopra la cintura. Il pene di Simone, non era duro come si sarebbe immaginato: troppe emozioni, probabilmente. Quando la moglie tornò, trovò il marito che con la mano tastava il cazzo di Simone, ebbe un brivido, ma non disse nulla.

Lucio si spostò e la abbracciò, per consolarla. Poi slacciò il pantalone dell’ amico, che lasciò fare, ed anche il suo. Liberò dagli slip i due cazzi e, visto che il più in tiro era il suo, disse a Simone: – Guardami adesso, come la chiavo – e con delicata determinazione, mise la moglie in piedi, gambe aperte, lievemente china in avanti. Con le mani le aprì la fessa e ce lo cacciò dentro, con noncuranza.

Poiché lo infilò fino alle sue palle, la moglie ebbe un sussulto per la spinta ricevuta. Poi aggiunse: – Dopo, se ti va, la faccio chiavare pure a te! –Cominciò a scopare la moglie, senza toccarla, come se la infilzasse con uno spiedo, poi tornasse indietro, per aggiustare il tiro e poi, subito dopo, ficcava di nuovo. Con lentezza e costanza, procedeva nel corpo di lei, mentre l’ amico, in piedi, poco più in là guardava la scena con lo sguardo attento.

Dopo alcuni minuti, uscì dalla figa, ma disse alla moglie di aspettare, così come stava, piegandosi a novanta gradi. Lei accettò l’ ordine senza un lamento e si abbassò, poggiando le braccia sulla spalliera di una poltrona, in attesa che qualcuno facesse il suo comodo con la sua figa. Il giovane, capito che forse era il suo turno, si lasciò prendere dall’ emozione. Il coso tra le sue gambe si afflosciò, quasi senza vita.

Il suo amico, senza fretta, spense la luce nella sala, in modo che restasse in penombra, illuminata solo dalla luce dello studio attiguo. Sott’ occhi, Filomena, eccitata e vogliosa, vide una scena che non sarebbe mai riuscita a immaginare: il marito si inginocchiò davanti al suo amico e gli prese il cazzo flaccido tra le labbra. Lo vide lavorare con maestria. Dopo il primo sgomento, lo invidiò sia per la bravura con cui faceva il pompino, sia perché le venne voglia di cazzo in bocca.

Ma non si mosse. Aspettò, come le era stato ordinato. Passarono alcuni minuti, intensamente arrapanti. Simone si rilassò, poi intostò e premette più volte il pene in gola a Lucio. Questi, quando lo trovò abbastanza duro, avvicinò il cazzo di lui alla vagina della moglie, e trovato il buco, gli piazzò il cazzo del suo amico dentro. L’ uomo restò per qualche attimo impappinato dalla goduria, ma in pochi minuti capì il sistema. La ragazza, dal canto suo, cominciò a sentire che la verga si faceva sempre più grossa e dura.

L’ amico spingeva con sempre maggior vigore, e per aggiungere potenza ai suoi colpi, la tratteneva per i fianchi con le mani sottili. Visto che le piaceva tanto farsi scopare dall’ altro, il marito si pose davanti e glielo infilò in bocca. Simone stabiliva il ritmo e Filomena ad ogni colpo ricevuto nella figa, si spostava in avanti: nel far questo si ritrovava il nerbo di Lucio tutto in bocca. Quando il giovane cominciò a sbuffare e a sudare dopo una estenuante chiavata, Lucio tirò via la moglie da quel cazzo voglioso, perché non arrivasse.

Si calmarono …La donna sedette sul divano. Suo marito prese per mano il suo amico e lo guidò al fianco della moglie, lei anche se non esperta, subito divenne curiosamente interessata ai due grossi cazzi in tiro. Li carezzò, studiò con gusto il cazzo nuovo, li valutò, li avvicinò per paragonarli. Era un gioco meraviglioso, che le provocava una lieve ebbrezza. Volle vedere le palle dei due e poi leccarle, poi si fece coraggio e iniziò a praticare il doppio bocchino.

Cercò di infilarli entrambi in bocca e, alla infine, ci riuscì. Mentre spompinava, suoni gutturali nascevano, rendendo ancora più oscena e arrapante la situazione. La donna si godette a lungo la situazione, e se il marito non l’ avesse fermata, avrebbe continuato per ore. L’uomo fece distendere il suo amico sul divano, con indosso solo la maglietta e il pene eretto, poi, sopra di lui, fece adagiare quello spettacolo meraviglioso che era sua moglie, solo con le calze, il reggicalze e il top, raccolto come una striscia, che le teneva i seni in bella mostra.

Lei non attese spiegazioni, si inserì il grosso pene in vagina e iniziò a strusciarci sopra, con movimenti circolari. Subito dopo cominciò a mugolare e a eccitarsi pur mantenendo un pizzico di perplessità … era certa che il suo uomo avrebbe provato a incularla, approfittando della sua posizione. Come chi si deve lanciare col paracadute, era preparata e l’ aveva desiderato da sempre di farsi fottere da dietro e davanti contemporaneamente, ma adesso, che era arrivato il momento della verità, aveva un poco di paura.

Come temeva lui arrivò. Ma per prima cosa cominciò a leccare tutto ciò che trovava davanti: quindi figa, culo, cazzo dell’ amico e anche le sue palle. Un paio di volte, travolto dal desiderio, lo sfilò dalla vagina della moglie per ficcarselo tutto in bocca. Subito dopo, quasi per scusarsi, era lui stesso a reindirizzare il cazzone di Simone, nella figa di Filomena, divenuta larga ed elastica. Lei intanto, un poco sudata, si spostò con voluttà i lunghi capelli neri su un lato della testa; si teneva con le mani sulle spalle di Simone e aspettava la prossima mossa di suo marito.

Questi, smise di leccare e delicatamente si avvicinò alle spalle di lei. Armeggiò col suo arnese, come se cercasse qualcosa, mentre con l’ altra mano sulla spalla della moglie, la spinse delicatamente ma con fermezza a introdursi dentro tutto il pene dell’ altro, per poi restare ferma e completamente chinata verso il davanti. Fu così che all’ improvviso, provò la più grande divaricazione mai provata nella figa, non si fece male, ma restò senza fiato per l’ emozione …Con sorpresa dovette accettare di averne ben due di cazzoni, dentro lei, adesso.

Anche il suo amico ci mise un poco a capire cosa fosse accaduto. Lui si fermò in figa, tutto dentro e immobile, per dare il tempo ai due che stavano chiavando di abituarsi alla sensazione nuova. Sua moglie si riprese giusto per ritornare a sentirsi sconvolta ancora una volta, perché con le dita andò a frugarsi le grandi labbra e scoprirsi dilatata da due membri. Le palle morbide e umide dei due formavano un solo, soffice cuscino, una sensazione meravigliosa al tatto che la fece trasalire.

Dentro sentiva le due teste che spingevano, indipendenti, in punti diversi della sua figa. Poi, dopo alcuni minuti di assestamento, lento e inesorabile, Lucio diede il ritmo alla più fantastica pompata che la moglie potesse immaginare. I due cazzi la divaricavano, scontrandosi dentro di lei, come due pistoni impazziti. Il moto era sorprendente e inconcepibile, cosicché, la figa di Filomena non riusciva ad abituarsi al moto incostante, ne ai guizzi che le capocchie effettuavano nell’ utero.

Cominciò a ululare dal piacere, mentre tutto le ruotava intorno e lei si sentiva di continuo tentata di svenire dal piacere. Passò un tempo incredibile e incalcolabile. Poi si alzarono in piedi e il marito si dedicò alla moglie, rimettendola a novanta gradi e chiavandosela, poi pregò l’ amico di spostarsi in avanti per metterglielo in bocca, cosa che Simone fece con molto piacere, tirandosi su la camicia per avere l’inguine libero. Dopo poco Lucio decise di cambiare buco e con poco sforzo e senza patemi, lo mise in culo a Filomena che lo accolse con un gemito, non potè esprimersi meglio, perché stava succhiando l’ altro cazzo.

Ma durò poco, perché Simone ormai era troppo arrapato e desiderava venire, con tutto se stesso. Allora non si dimenticò del suo antico amore, il posticino confortevole e sicuro in cui aveva già versato litri di sperma, così con delicatezza, sgusciò col pene dalla bocca di lei e raggiunse le terga di Lucio. Come se stessero effettuando una danza che conoscevano bene, il ragazzo si bagnò la testa del cazzo di saliva e adeguandosi al ritmo, poggiò la grossa capocchia all’ ingresso della ano del suo amico.

Al momento più opportuno si decise e assestò il colpo di grazia alle natiche del suo amichetto: glielo infilò senza complimenti fino alle palle, piene. Lucio, troppo arrapato per sentire dolore, si godette quel paletto piantato nel culo col massimo della goduria. Sua moglie sentì il nuovo ritmo dato dall’ inculata: ora erano le spinte date dalle natiche di Simone a propagarsi attraverso i due cazzi, arrivando dall’ amico del marito e attraverso il suo culo sfondato, fino al suo sedere, anche esso completamente divaricato.

L’ amico non riuscì a venire nel suo culo accogliente, come avrebbe desiderato, almeno non per quella prima sborrata, che sarebbe stata estremamente carica. Infatti, quando il cazzo gli faceva male per quanto era gonfio, Lucio inventò un nuovo gioco, per il finale di quel “primo round”. Li prese per mano e li portò con se nella stanza accanto, sistemo la moglie sulla sedia con le ruote, conoscendone anche le possibilità più segrete …Filomena aprì le cosce e Simone fu invitato ad abusare della moglie del suo amico, nella più tradizionale delle chiavate.

L’ uomo trovò la posizione più comoda per penetrare in profondità la figa aperta, che lo allettava tra quelle stupende cosce, ammantate di arrapantissime calze nere. Appena trovò il giusto ritmo, aiutandosi con la sedia con le ruote, chiavò l’ arnese in Filomena e iniziò a trapanarsela. Svelto e felino il marito si pose seduto per terra sotto di loro. Lo spettacolo in primo piano era da brivido: il cazzone che ben conosceva, ora veniva donato a sua moglie … cosicché lei si godeva la potente chiavata di un estraneo.

Vedeva il membro che usciva fino al glande, per poi riaprirsi un varco spazioso tra le grandi labbra e infilarsi come un locomotore infinito nel buco di sua moglie, spingendo fino a i coglioni, che sbattendole sulla figa bagnata emettevano una specie di schiaffo liquido. Lui leccava da sotto e succhiava e la moglie con l’ ultimo urlo, comunicò ai due che ricominciava a venire. Infatti, gocciolava. Il povero amico non era pratico di come viene una donna, ma da come lei lo disse e li avvertì, provo una stretta alle palle, incontenibile, e non preoccupandosi assolutamente di nulla, iniziò la più lunga e copiosa sborrata della sua esistenza.

Filomena non era stata avvertita e non poteva sapere che Simone aveva il dono di restare col cazzone in tiro, anche dopo la sborrata, a volte anche per un quarto d’ ora. Caratteristica che Lucio sapeva adoperare in maniera sopraffina. Così quando con sua sorpresa, nonostante annegata di sperma,Lucio fece in modo di far continuare l’ esecuzione della chiavata dall’ amico, ormai in trance, lei non si fermò più, e venne in maniera multipla continuamente per un tempo interminabile.

La resistenza e la potenza di Simone fecero si che Lucio, da sotto si prendesse la sua buona dose di sborra in bocca, succhiando avidamente, e non solo; appena la situazione gliene dava adito, prendeva il cazzo dell’ amico tutto in bocca, giusto un paio di affondo, per pulirlo, e poi lo regalava di nuova alla sua lei, infilato nel suo grembo. Quando finalmente Simone smontò dalla donna, esausto, il marito si mise in piedi e silenziosamente la sborrò tutta, seni, gambe, figa e bocca, dal pene lo sperma fuoriusciva silenzioso, con i fiotti che non trovavano fine.

Si riposarono e bevvero. Si lavarono e ogni uno di loro si diede una sistemata. Avevano passato insieme circa due ore di passione. Simone accese un piccolo televisore che trasmetteva i programmi della notte e mentre loro si riposavano un attimo, indecisi sul da farsi, si spostò nello studio tecnico per dare un tocco al lavoro e controllare dei resoconti. Lucio, aveva rimesso su gli slip, mentre la sua signora provava un piacere perverso e nuovo a girare tutta nuda, di sotto.

Sorseggiarono del vino, lui si abbandono sul divano, con uno sguardo distratto alla tv. Dopo un poco, sua moglie disse: – Ma Simone che fine a fatto? –Lucio rispose vago, poi le disse, sottovoce e senza cura: – Se vuoi puoi andare a vedere che fa … di là, no? –Lei non se lo fece ripetere e si allontanò con entusiasmo. Passarono altri minuti e nessuno dei due tornava … Lucio ebbe un presentimento e proprio non riuscì a starsene sulle sue.

Con passo felpato si accostò alla porta dello studio, ma niente. I due non c’ erano. Sempre senza far rumore, cercò ancora in altre stanze, fino a che nella penombra di un archivio nascosto, li intravide tra gli scaffali, senza che loro si accorgessero di lui. Filomena civettava e Simone cercava di baciarla, poi lo vide riaprirsi i pantaloni e tirare fuori ancora una volta il suo pene, già duro, toccò le spalle di sua moglie per invitarla ad abbassarsi e fargli il bocchino, lei obbedì, come se quello fosse il suo mestiere, incurante che il marito non c’ era e neppure doveva sapere.

Dopo il pompino che durò giusto il tempo di fargli assaporare il suo dominio, l’ uomo, come tanto gli piaceva, volle farsi una sveltina, col preservativo. Lo diede alla moglie, che sorridendo, glielo indossò sul cazzo, carezzandolo,Simone allora, senza amore, ma solo con voglia, la trattò come una troia. La fece adattare a pecora, tra gli scaffali e per fottere meglio, le fece poggiare il piede su un ripiano. Senza togliersi i calzoni, con gesto rapido si fece uscire dalla patta i due coglioni, il profilattico rifletteva la luce, rendendo il pene di Simone estremamente visibile, così Lucio non potè non assistere a quella veloce e potente chiavata.

L’ amico se la scopò in poco meno di cinque minuti, tirandosela a favore del cazzo dai fianchi. Ma la sua specialità era chiavarlo nel culo e non seppe resistere, le premette con la mano sulla schiena per far si che il suo sedere si inarcasse ancor di più, con la mano indirizzò il grosso membro tra le natiche della ragazza e senza ritegno la inculò selvaggiamente, sotto gli occhi di Lucio, che non poteva ribellarsi, pur vedendo l’uso selvaggio che il suo migliore amico faceva di sua moglie.

Lei, da vera puttana, se la godeva come se prenderlo in culo fosse una passeggiata. Che troia … Lucio capì che se non lo aveva cornificato con mezzo paese era solo per la mancanza della giusta occasione. Infatti, appena trovato uno sconosciuto col cazzo grosso, si era fatta infilzare, con estrema disponibilità, in ogni buco. Il suo amico non si trattenne più e sborrò rapido nel preservativo, con lo sguardo perduto nel piacere. La paura di essere scoperto, glielo fece estrarre subito dal buco del culo di lei.

Filomena arrapatissima dalla sveltina, effettuata con la paura che Lucio arrivasse all’ improvviso, gli prese il preservativo pieno di sborra liquida e gli pulì il cazzo dai residui di sperma con la lingua, come lui le aveva intimato, secco. Il marito fece appena in tempo a rientrare per non essere visto, mentre la bocca dello stomaco lo faceva soffrire, di piacere e di dolore. Dopo poco, si rivestirono e si congedarono, come se niente di particolare fosse accaduto.

Lucio invitò Simone a casa, qualche giorno che avesse potuto. Era ovvio che si sarebbe fermato anche per la notte. – Sempre se vuoi ancora chiavare Filomena, voglio dire, se ti è piaciuto. Magari vuoi prenderla anche da dietro? –L’ amico, sorrise impacciato, confermando che gli era piaciuto tantissimo. Avrebbe voluto aggiungere qualche complimento per la donna, ma non seppe cosa dire. Si vergognò, dovendo nascondere all’ amico, che proprio poco prima aveva inzuppato a profusione il grosso membro nell’ ano dilatato di sua moglie.

Viaggiarono in silenzio per tutto il ritorno, finché arrivati nel giardino fuori casa, Lucio trovò la forza di dirle: – Ma dove sei stata, quando siete spariti tutti e due? – Lei arrossì, non per vergogna, ma per il ritorno di pensieri lascivi riguardanti quella serata veramente speciale. Allora Lucio la incalzò:- Non mi dire che ti sei fatta chiavare di nascosto? –Lei tacque. – Ti ha voluta ancora? – chiese – non gli era bastato? –- Ti ho donata a lui, ti ho potata fino da lui per farlo fottere … e quello, quel cane, ti ha voluta chiavare anche di nascosto … ? –Poi continuò: – E tu, come una troia ci sei stata, non sapevi dire di no? Come ha fatto? – la incalzava, mentre il cazzo gli tonava duro.

Ti ha voluto sborrare ancora … e dove… e quanta … era? E … il suo cazzo ti piaceva? –E mentre le sussurrava con rabbia tante parole sconce e offensive, scesero dall’ auto e si spostarono sul sedile posteriore. Le saltò subito addosso e spostato il filo dei tanga la sfondò ancora una volta. E quando stavano per venire insieme, con immenso amore, lei prese il profilattico pieno di sperma dell’ amico che aveva conservato.

Ormai liquefatto, ma ancora profumato, fece scorrere lo sperma tra le loro bocche che si baciavano e leccavano, appassionate. Un ultimo pensiero di gratitudine al grosso cazzo dell’ amico Simone, che quella sera aveva servito tutti i loro buchi e poi se ne venirono insieme, più complici e innamorati che mai. Letizia, sottomessa e schiavizzataAlle sette in punto Chiara si svegliò. Avvertì un piacevole solletico alle piante dei piedi, una carezza gentile su ogni dito ed un bacio appena accennato sul tallone.

Mosse i piedi ed il dorso della sue estremità destra colpì la guancia di Letizia, che in ginocchio in fondo al letto e con la bocca appoggiata ai piedi di Chiara sospirava paziente. -“Aaahh!”- sbadigliò la padroncina, distendendo le braccia e le gambe e girandosi con la schiena in giù sul morbido materasso. “Buon giorno, mia povera schiavetta”-Letizia scostò un poco la testa, si voltò verso il viso di Chiara e poi tornò a chinarsi con la fronte fin quasi a sfiorare il pavimento.

Vedere quella persona adorante al suo servizio compiacque moltissimo la signorina, che scese una gamba oltre il bordo del letto andando a premere un piede sulla nuca di Letizia. La serva rimase immobile e Chiara aumentò la pressione della sua gamba schiacciandole la testa sulle mattonelle. La padroncina rise. -“Eh eh…sei puntuale. ”- disse –“Brava”–“Grazie, padroncina”–“Tu hai dormito bene?”–“Certo”- rispose Letizia –“Grazie, signorina”-In realtà Letizia aveva dormito sotto al letto di Chiara, adagiata su di una sottile coperta di lana ed un minuscolo cuscino ruvido.

Chiara aveva disposto da qualche tempo che la serva dormisse così, alla sua portata, poiché essa doveva essere sempre presente e a disposizione per quando ne avesse avuto bisogno. Ogni tanto, nel cuore della notte, Chiara si svegliava con la voglia di farsi leccare i piedi o di urinare; allora allungava una mano sotto al materasso, afferrava la serva per i capelli e la costringeva a venire fuori dal letto, talvolta incitandola con schiaffi e strattoni.

La poverina si svegliava di soprassalto e nel dormiveglia, ancora mezza tramortita, era costretta ad obbedire alla bella aguzzina e a bere la sua calda urina. Poi Chiara la congedava e ritornava a dormire. Spesso la serva era esiliata sotto al letto con l’ausilio di calci e schiaffi. Quella sera la padroncina aveva bevuto molto ed aveva avuto bisogno di scaricarsi per ben due volte. Letizia aveva bevuto tutto con solerzia. Andava avanti così da un mese o poco più, da quando la padrona aveva deciso che una schiava part-time durante le due ore di scuola non era più sufficiente.

Gliene serviva una a tempo pieno e dato che Letizia veniva da una famiglia allo sbando, nella quale nessuno si sarebbe accorto della sua mancanza, la scelta ricadde su di lei. Chiara permetteva generosamente alla schiava di ritornare a casa tre o quattro volte la settimana al fine di cambiarsi d’abito e prendere la roba che le occorreva. Letizia aveva sistemato la faccenda con i genitori dicendo che per l’anno scolastico corrente si era trovata una camera in affitto a poco prezzo e che vi sarebbe rimasta a lungo, almeno fino alla pagella di giugno.

Il problema maggiore per la convivenza di Letizia e Chiara nella casa di quest’ultima era però rappresentato dalla madre della giovane padroncina. La signora Elisabetta era una donna di classe e bellezza inconsuete. Aveva poco più di quarant’anni ed una linea da modella, capelli bruni e lisci, labbra carnose e occhi neri e profondi. Era una donna abituata a comandare, grande manager di un’altolocata società d’azioni e personalità molto forte. Chiara l’aveva vista comandare ed umiliare molti dipendenti sul posto di lavoro, sia uomini che donne.

La cosa interessante era che la madre andava particolarmente fiera di queste dimostrazioni di superiorità davanti alla figlia. Era come se volesse insegnarle a dominare gli altri Chiara aveva appreso fin troppo bene quelle prime lezioni ed aveva fatto pratica sulle sue compagne di scuola. I ragazzi non le davano altrettanta soddisfazione, purtroppo, erano troppo rozzi. Un paio d’anni prima la signora Elisabetta aveva assunto una segretaria appena laureata e quest’ultima aveva cominciato a lavorare a casa di lei.

Chiara ricordava quel periodo in modo speciale, gran parte dei rudimenti della sua vita da padrona li aveva appresi allora. In principio la segretaria svolgeva compiti di routine, sistemava scartoffie, riordinava moduli, sbrigava pratiche. Poi il legame fra lei e la sua bella datrice di lavoro si fece più stretto, velocemente e morbosamente più stretto. Chiara prese a spiare l’ufficio della madre dove lei e la giovane praticante lavoravano una volta vide…Elisabetta lavorava alla scrivania, seduta su di un’ingombrante ma comoda poltrona in pelle e con le gambe abbandonate sul bracciolo di destra.

La segretaria se ne stava di fronte a lei, in ginocchio, ingobbita e sottomessa, praticando un rilassante massaggio ai piedi della manager. La donna sorrideva ed osservava con aria annoiata e un po’ snob la serva. Ogni tanto sfilava un piede dalla stretta carezzevole delle sue mani e glielo strofinava in faccia, sulle labbra, forzando la sua bocca con le dita e giocherellando con il suo mento, il naso ed i capelli. Di solito era Elisabetta a parlare, quando dalla stanza si udivano delle voci.

La servetta parlava poco e se lo faceva era con una voce flebile e timida. Probabilmente la padrona le aveva dato l’ordine di parlare solo in determinate occasioni. Non è che le due donne trascorressero tutto il giorno in una stanza a non far nulla, naturalmente. A volte Chiara andava a spiarle e le trovava entrambe immerse nel lavoro. Di solito le ore migliori per osservare le strane pratiche a cui Elisabetta sottoponeva la serva erano quelle precedenti alla cena, quando cominciava a far buio ed ormai il grosso del lavoro della giornata era stato sbrigato.

Una volta Chiara vide la segretaria che lucidava le deliziose scarpe nere con il tacco alto di sua madre. La donna aveva messo prima l’uno poi l’altro piede su di uno sgabellino alto trenta centimetri e la ragazza era inginocchiata davanti a lei, indaffarata con spazzola e lucido da scarpe per toglierle l’ultima traccia di polvere dal tacco. La madre di Chiara la guardava dall’alto in basso, dominandola in altezza come una montagna domina un verme che striscia a valle.

Con un’ ultima dimostrazione di superiorità Elisabetta aveva abbassato il piede sul pavimento e, facendo finta di nulla, era andata a posare la suola della scarpa sulla mano della servetta. Questa non aveva replicato nulla, si era limitata ad emettere gemiti soffocati ed ad attendere che la dominatrice sollevasse il suo bellissimo piede. In un’altra occasione Chiara vide la segretaria che dava lo smalto alle unghie di Elisabetta e rimase ben sorpresa nell’osservare quanta cura la giovane ponesse nel mettere quella rossa tintura brillante sulla punta delle dita della madre.

Un’altra volta ancora la donna era seduta sul piano della scrivania, le sue lunghe gambe accavallate penzolavano in aria sospese ad un palmo da terra. Indossava scarpe col tacco e bellissime calze nere. Le segretaria doveva aver commesso qualcosa di molto grave perché era inginocchiata davanti a lei, col capo chino e le mani dietro la schiena. La donna la guardava, dominandola con uno sguardo freddo come il ghiaccio ed i suoi occhi erano colmi di collera e disprezzo.

Poco prima Chiara aveva udito due voci levarsi dalla stanza ed aveva riconosciuto anche quella della ragazza; ciò era molto strano perché la segretaria era solita parlare sempre a bassa voce. Come se niente fosse la madre di Chiara avvicinò un piede alla faccia della serva. La punta della preziosa decolté dal tacco a punta le indicava la radice del naso come un dito inquisitore. La giovane sollevò impercettibilmente lo sguardo, esitò alcuni istanti e la donna mormorò una parola breve.

Infine la segretaria le prese piede e scarpa fra le mani e baciò. Iniziò dalla suola, polverosa e sudicia che fosse, andò al tacco, la sua lingua mulinò sulla pelle nera e brillante, poi passò al piede, sfilò la calzatura e leccò le dita e la pianta del piede. Elisabetta trovò piacere nella dimostrazione di sottomissione della sua serva, le affondò nella bocca prima un piede, poi l’altro, infine tutti e due assieme, lasciò che un altro essere umano si mortificasse al livello di un verme in ginocchio al suo cospetto.

Per tutto il tempo lo sguardo di Elisabetta rimase tuttavia freddo ed ostile. Dai movimenti frenetici delle sue mani e del suo collo si vedeva chiaramente che lo spettacolo offertole dalla ragazza che si stava umiliando prostrata sotto la scrivania le era molto gradito. Quando i suoi piedi furono evidentemente sazi di attenzioni Elisabetta passò all’umiliazione successiva. Si fece togliere le calze dalla giovane ed essa obbedì silenziosamente ed efficientemente, raccolse l’indumento dalle mani della succube, ne fece una palla e la infilò nella bocca della segretaria, naturalmente dopo avergliele strofinate sotto al naso per alcuni istanti.

Infine Elisabetta scese dalla scrivania, posando i piedi sulle mani della serva e si infilò nuovamente le scarpe. Prese la ragazza per i lunghi capelli mori e la strattonò violentemente perché essa la guardasse negli occhi. La segretaria aveva ancora le calze della datrice di lavoro in bocca. In quel momento Chiara udì un rumore per le scale, s’accorse che era tornato suo padre e s’allontanò dalla porta. La segretaria uscì dalla stanza pochi minuti dopo, era scarmigliata e rossa in viso.

Apparentemente se ne stava tornando a casa come tutti i giorni, ma Chiara la spiò sulla porta d’ingresso mentre si infilava il cappotto. -“Arrivederci”- disse alla dipendente della madre. La giovane non osò replicare al suo saluto, non dischiuse neppure le labbra. Aveva ancora le preziose calze di Elisabetta custodite della sua tiepida e sicura bocca. Continuò a tornare per qualche tempo, un paio di settimane o tre, infine Elisabetta la licenziò in tronco per chissà quale altra disobbedienza.

Dopo quella esperienza Chiara capì non solo di essere la figlia di una affascinante amazzone, ma di possedere essa stessa il carattere di una dominatrice. Perciò, quando Letizia divenne schiava a tutti gli effetti di Chiara, la giovane padroncina si premurò ben presto di portarla a casa propria. Voleva farla conoscere a sua madre, mostrarle che anche lei era benissimo in grado di dominare qualcun altro. Voleva condividere il gusto della supremazia su di un essere umano con uno spirito affine.

Era sicura che Elisabetta avrebbe approvato il talento della figlia, che l’avrebbe incitata e soprattutto che avrebbe usufruito ella stessa della faccia e della lingua di Letizia. Ma le cose non andarono esattamente così. Fu durante un giorno autunnale uggioso e grigio che la padroncina Chiara condusse Letizia per la prima volta a casa propria. C’era anche Elisabetta. La donna si stava preparando ad uscire perché doveva presenziare ad un importante riunione di lavoro.

Era in bagno a rifarsi il trucco quando le due ragazzine entrarono in casa. Chiara portò Letizia in salotto e si sdraiò comodamente sul divano, stendendo le gambe snelle ed allenate sui morbidi cuscini di seta. Aveva ancora le scarpe. Indicò con l’indice un punto sul tappeto. -“A terra”- disse rivolta alla schiava. Letizia s’inginocchiò. -“Toglimi le scarpe”–“Si, Chiara”- lo fece. -“Ora rinfrescami un po’ i piedini. Sono stanchi e sudati”- disse, strofinando le piante sulla faccia della schiava.

Era vero, i calzini di spugna bianca erano madidi di sudore. Letizia fece per toglierli ma Chiara la calciò lontana con i talloni, colpendola al mento e strappandole un gridolino roco di dolore e stupore. -“Ti ho detto di togliere i calzini?”–“No, Chiara. Mi dispiace”–“Lecca, che aspetti?”- ordinò Chiara con voce alterata. Era magnifica e terribile al contempo nella sua comoda posizione di dominatrice. Altezzosa ed irraggiungibile come una piccola dea ma sensuale e maliziosa come una principessina viziata.

La povera Letizia leccò come meglio poteva le calze della padrona mentre quella si godeva lo spettacolo beatamente adagiata sul divano. Chiara ridacchiava ogni volta che la lingua della serva le solleticava gli spazi fra le dita; la colpa era del tessuto ruvido dei calzini che quando si strofinava sulle piante le dava un poco di prurito. Allora la giovane muoveva i piedini, li sfilava e li riavvicinava alle labbra di Letizia, le graffiava la faccia con le unghie degli alluci, le premeva le punte negli occhi e sul naso.

Dopo qualche minuto si fece levare i calzini. -“Poggiali pure sulle scarpe”-Letizia obbedì. -“Ora ricomincia da capo. Mi raccomando, bene fra le dita. Succhia fino all’ultima goccia di sudore. Voglio che tu me li lecchi così bene da non avere più bisogno di lavarli, d’accordo?”- In quel momento s’udì un rumore proveniente dal bagno. Elisabetta aveva quasi terminato di prepararsi e stava uscendo. -“La prego…sua madre sta per arrivare qui e se ci vedesse…”- balbettò Letizia –“Potrebbe…”- -“Mia madre è affar mio, lecchina.

I miei piedi e la loro igiene il tuo. Bada ai fatti tuoi e non seccarmi”–“Ma..”-Chiara sollevò un piede e lo puntò contro il viso implorante di Letizia. -“Lecca, troia!”–“Si, subito”- rispose mestamente Letizia. La ragazzina aveva sempre avuto un rispetto al limite dell’adorazione per la madre di Chiara. Elisabetta era la madre premurosa e buona che non aveva mai conosciuta, provenendo da una famiglia di disadattati. Teneva molto all’opinione della donna e le poche volte che l’aveva vista a scuola s’era sempre prodigata in inchini e complimenti, cose a cui Elisabetta aveva replicato con sorrisi cordiali ed affettuose carezze sul capo.

Ma in quella occasione non poté fare altro che obbedire alla padroncina. Si chinò un po’ di più e tirò fuori la lingua come aveva fatto altre centinaia di volte prima d’allora. Leccò ogni millimetro della vellutata pelle dei piedi di Chiara, che dal canto suo la lasciava fare con assoluta noncuranza. Elisabetta terminò di truccarsi ed uscì dal bagno in quel momento. Si andò a mettere le scarpe e poi si avviò verso la porta.

Per farlo dovette passare dal salotto. Giunse sulla soglia e ciò che vide la stupì non poco. Sua figlia era adagiata sul divano e teneva le gambe stese sui cuscini ad un angolo del morbido sedile. Inginocchiata davanti a lei una ragazzina della stessa età le stava leccando con ardore i piedi. Chiara la guardava tranquillamente, ogni poco muoveva i piedini, forse per farsi leccare più a fondo le estremità o forse solo per infastidirla maggiormente.

Fatto sta che Elisabetta sulle prime rimase un po’ sbalordita. Ma la sorpresa fu di breve durata. -“Che succede, Chiara?”- chiese. La figlia s’accorse della madre e la salutò; Letizia divenne di colpo rossa in viso e s’irrigidì come un bastone di legno. Chiara la colpì in faccia con un calcetto. -“Continua, tu”- ordinò con un tono che non ammetteva repliche. Letizia riprese, si sentiva avvampare di vergogna e disprezzo verso se stessa. Qualche lacrima premette per uscire dai suoi occhi.

-“Ciao, mamma”–“Chi è lei?”- chiese la donna. -“Tutto a posto. E’ quella mia compagna di classe che conosci anche tu”–“Ah!”–“Letizia”–“Bene, ma cosa sta facendo? E’ un nuovo gioco?”-Chiara spinse indietro la testa e rise. Anche la donna sorrise. Ogni traccia di sorpresa se ne era andata dal suo splendido volto. -“No…no, Letizia è la mia schiava, hai presente?”–“La tua schiava, eh?”- chiese divertita la donna. Si avvicinò al divano. Letizia affondò ancor più la testa fra i piedi della giovane Chiara, sperando che ciò fosse sufficiente a nascondere il proprio volto dallo sguardo della signora Elisabetta.

-“Ah!”- rise Chiara –“Guarda come si nasconde il topo pur di non farsi vedere da te! Si vergogna, sai?”–“Poverina”- disse la madre. Era in piedi ad un metro di distanza dalla schiava. -“Gli sto insegnando ad essere fedele”–“A si?”–“Si, apprende con lentezza. E’ stupida”–“Chiara…!”- esclamò la donna con tono di bonario rimprovero. -“No, sul serio. Avrebbe bisogno, secondo me, di un’altra padrona. Sai, per cambiare un po’ mano…o piede”- rise –“A volte è utile”–“E allora?”–“Potresti insegnarle qualcosa tu”–“Io?”-“Perché no?”–“Chiara, ha la tua stessa età.

Ha diciotto anni! Potrebbe essere mia figlia!”–“Ah ah…ma non lo è! E’ solo la nostra schiava. La tua e la mia! E poi di anni ne ha diciannove”- Tirò indietro i piedi, allontanandoli dalla schiava. Letizia, come vedendo nei magnifici piedini di Chiara l’ultima barriera fra se e lo sguardo di Elisabetta, si spinse in avanti per quanto le fosse possibile, cercandoli, bramandoli. Ma Chiara glielo proibì. La serva non aveva più difese, era allo scoperto.

Pianse, si sgomentò silenziosamente. Alcune lacrime solcarono le sue guance. -“Serva, saluta padron Elisabetta come si conviene ad una schiava come te”- disse Chiara, che ora sedeva sul divano con le gambe raccolte contro i guanciali di seta. Letizia si inchinò davanti alla donna sfiorando il tappeto con la fronte, strisciò fino alla punta delle sue scarpe pulite e gliele baciò. Due baci per ogni scarpa. Poi sollevò il tiro e le sue labbra andarono a posarsi sul dorso del piede di Elisabetta.

La donna la lasciò fare per un poco, poi indietreggiò. -“Basta, basta…brava sch…piccola”- disse-“Ma mamma! Non ti piace, forse?”–“Eh, Chiara! E’ una ragazzina!”–“Ma quello che vuoi che sia! Non lo va mica a raccontare in giro! E poi è molto fedele, una vera schiava, fa tutto ciò che le dico di fare…”-Elisabetta rimase in silenzio. Letizia era ancora genuflessa sul pavimento di fronte a lei. -“E poi può tornare utile per tante faccende. Per esempio, le tue scarpe, vedi? Devi andare via di fretta e non sono perfettamente lucide come dovrebbero essere…”- disse Chiara.

-“Letizia!”- esclamò la giovane padrona. -“Si, padroncina”- rispose la sottomessa ed il tono abbattuto con cui lo disse fece scappare un sorriso divertito alla madre. -“Le scarpe di mamma”–“Si, padroncina”-Letizia si avvicinò ancora una volta ai piedi della donna e prese a leccarle le scarpe. Partì dalla punta, andò fino in fondo al piede poi tornò indietro. Ingoiò la polvere e ripartì. Elisabetta questa volta non si scostò di un millimetro. Lasciò lavorare la piccola caricatura di essere umano che le stava davanti come Chiara le aveva brillantemente suggerito.

Durante tutto il tempo i suoi occhi rimasero fissi sulla testa di Letizia, osservò la cura che la ragazzina metteva nella pulizia delle sue pregiate decolté nere e non riuscì a trattenere un risolino. La lingua ed il servilismo di Letizia l’avevano contagiata ed ora non aveva alcuna remora ad impiegarla come uno strumento di piacere. Chiara guardava un po’ la madre ed un po’ la compagna di classe. Rideva e faceva commenti sul modo di inchinarsi di Letizia al cospetto della signora Elisabetta, sulla scia di saliva che la lingua tracciava a più riprese sulla pelle nera.

-“Mamma, non staresti più comoda seduta?”–“Si, hai ragione”- rispose Elisabetta. Si sedette sul divano ed accavallò le gambe. Letizia si vide spostare i piedi da sotto il naso e rimase un attimo incerta sul da farsi. -“Continua pure, cara”- disse languidamente Elisabetta. Letizia continuò. Andò a togliere lo sporco fin sotto le suole delle sue scarpe. -“Quand’è che dovresti andar via per quella riunione?”- chiese Chiara. Elisabetta si era completamente rilassata sui morbidi cuscini del divano, aveva disteso le membra ed aveva abbandonato le gambe alle cure della serva.

-“Cosa?”–“La riunione, mamma. Avevi un impegno, oggi!”–“A si?”- fece la donna, sorridendo diabolicamente. –“Beh, la riunione era per oggi ma i colleghi mi aspetteranno. E poi non posso certamente presentarmi a lavoro con le scarpe sporche, ti pare?”-Chiara sorrise. Elisabetta lasciò che Letizia terminasse la sua opera e dopo dieci minuti buoni di leccaggio le scarpe erano lucide come specchi. -“Posso andare, ora”- disse, togliendo da sotto la bocca della ragazzina i propri piedi.

Letizia si sporse in avanti per continuare ma la donna la fermò con un elegante gesto del piede. I suoi tacchi erano terribili, un solo colpo ben piazzato avrebbe potuto strappare un occhio alla serva. -“Ho detto basta, ragazzina. Sei sorda?”–“Scema! Chiedi scusa!”- sibilò Chiara. -“Scusi, signora Elisabetta…padrona…”-Elisabetta rise, si alzò dal divano e passando di fronte ad una Letizia prona e col capo chino si diresse verso la porta. -“Tornerò sul tardi, Chiara”–“Certo, mamma”–“Tu studia”–“Si, mamma.

Non ti preoccupare. Vuoi che faccia preparare un bagno caldo dalla schiava per il tuo ritorno? Basta che tu mi dia un colpo di telefono con qualche minuto d’anticipo…”–“Mmm…no, guarda. Anzi, mandala a casa sua, tra un po’. Dovrà sbrigare dei compiti per la scuola pure lei, immagino”–“Ma no! Lei è la mia schiava, lo studio è secondario per lei. Anche se boccia non ha importanza in fondo. La sua prima preoccupazione deve essere quella di obbedirmi e di accudire la mia persona…cioè le nostre persone”-E così dicendo pose un piede sopra la testa di Letizia e le schiacciò la faccia sul tappeto.

Letizia non protestò. Lasciò che la padroncina facesse ciò che più desiderava. -“Chiara…beh, dopo ne parliamo. Intanto mandala a casa”–“Va bene, mamma”–“Ciao”–“Ciao”-Si salutarono, Chiara ed Letizia rimasero sole in casa per qualche ora. Chiara cavalcò la sua serva neanche fosse un pony. Le si sedette sul dorso oppure sul collo. La usò anche come sgabello e le salì sulla schiena con il bel sedere tondo e con i piedi. Si fece leccare ancora un po’ le estremità e pretese che Letizia curasse anche le natiche, questa volta.

Poi si diresse a riflettere nel suo studio, usando Letizia come poggiapiedi. La schiava reagiva bene all’addestramento e presto sarebbe divenuta una schiava a tutti gli effetti. Chiara avrebbe voluto anche insegnarle a bere la propria urina e poi, magari fra qualche mese, l’avrebbe convinta a fare cose ancora più degradanti. Le stuzzicava molto l’idea di farsi leccare il culetto dopo aver defecato oppure quella di sputarle in bocca. Si, avrebbe cominciato di lì a qualche giorno, si ripromise.

Udì il rumore di un’automobile nel piazzale della grande casa. Era sua madre. -“Accidenti!”- pensò –“La mamma aveva detto di mandare via ‘sta stronza prima del suo ritorno”-Balzò in piedi, saltando letteralmente con tutto il suo peso sulla schiena di Letizia che fino ad allora, a quattro zampe, le aveva sorretto le gambe. -“Scema, alzati! E’ ora di andarsene!”–“Si, padroncina”- rispose la schiava, tutta dolorante. -“Se la mamma ti trova mi sgrida. Calati dalla finestra, vattene dal giardino”–“Ma…padrona, siamo molto in alto qui!–“Stupida!”- disse Chiara.

Si lanciò verso la schiava e le afferrò i capelli gettandola in ginocchio –“Disobbedisci, cagna? Disobbedisci a me?”-Le sputò in faccia. -“Se mamma si arrabbia è peggio per te!”–“Va bene, padrona. Obbedisco. …obbedisco”-Letizia si calò lungo il cornicione e la siepe d’edera che correva lungo le mura di casa cercando di non far rumore. Saltò giù da un’altezza non più così elevata come era la finestra della camera di Chiara, ma cadde ugualmente sulla ghiaia e si sbucciò una gamba ed un fianco.

Chiara la vide rimettersi in piedi a stento dopo aver compiuto un volo di poco meno di due metri. -“Corri”- le disse dalla finestra di camera. -“Si, padroncina”-Letizia fuggì via zoppicante. Chiara, quella sera stessa, dichiarò alla madre la sua ferma intenzione di adottare la serva, ma la risposta di Elisabetta non fu favorevole alla giovane aguzzina. -“Chiara”–“Si, mamma”–“E’ andata via la tua amica?”–“La mia amica?”- chiese Chiara facendo finta di non capire –“Ah, la schiava.

Si, si. L’ho mandata a casa sua dopo una mezz’ora che tu te ne eri andata”–“Bene, perché non voglio più vedermela in casa!”–“Come? E perché?”–“Chiara! E’ una tua compagna di classe!”–“E allora che c’è di male?”–“E io ho due volte i suoi anni”–“E con questo?”–“Non lo capisci da sola?”–“No, non lo capisco. Oggi te le sei fatte leccare le scarpe, no? Non mi dirai che non ti è piaciuto? Ti sei divertita quanto me!”–“Oggi è stato solo un momento! Si, mi sono divertita.

La tua amica è brava e paziente, ma a parte che non è giusto sottomettere ed umiliare una persona come hai, anzi abbiamo, fatto noi oggi, che cosa penserebbe la gente se venisse a sapere che in casa teniamo una ragazzina appena maggiorenne per farci lucidare le scarpe con la lingua? Io sono una donna d’affari. Non posso compromettere la mia immagine con la clientela! Ed anche tu…il prossimo anno andrai all’Università. Non sarebbe ora di accantonare queste tue manie da mistress “frusta e tacchi a spillo”?”-Chiara era scocciata.

Niente schiava in casa. Maledizione. E la mamma non sembrava essere disposta a tornare sulle sue decisioni. La sua carriera di donna manager…c’era troppo in ballo. Messa alle strette la giovane decise di giocare la sua ultima carta. -“Ma, mamma, allora la segretaria?”-Elisabetta corrugò le sopracciglia appena un poco. -“La segretaria?”–“Si, quella ragazza che ha lavorato qua fino a qualche anno fa”-Elisabetta comprese che i piccoli momenti di relax che si era concessi con la ragazza erano stati scoperti.

-“Ci hai spiate, eh?”–“Ebbene si, lo ammetto. Per via dei rumori che ogni tanto venivano dal tuo studio e che non erano proprio consueti. Ho visto con quanto piacere ti facevi massaggiare i piedi. E come ti divertivi a umiliare quella ragazza tormentandole la faccia con i tacchi a spillo. E poi ti facevi dare lo smalto alle unghie e ti facevi lucidare le scarpe”–“Non con la lingua, però”–“Ma con quella ti facevi leccare i piedi.

E una volta le hai messe le tue calze in bocca e l’hai fatta andare via così”-Elisabetta rise. -“Hai visto anche quello? Si, le mie calze in bocca. Ma mica una volta gliele ho fatte succhiare!”- -“Sei terribile. Più di me. E ora dici che io non posso tenere una schiava in casa?”–“Te l’ho detto. Come professionista non mi posso compromettere E poi con quella ragazza era diverso, c’era un accordo fra noi. Se lei avesse raccontato in giro qualcosa l’avrei rovinata mentre se mi avesse obbedito con fedeltà le avrei affidato un buon posto in ufficio.

Quella volta che mi hai vista mentre le mettevo le calze sudate in bocca ero arrabbiata con lei perché non si era dimostrata all’altezza della mia fiducia. Sbagliò a compilare una pratica. Così la cacciai dopo essermi divertita ad umiliarla un’ultima volta. Non ha mai denunziato la cosa perché altrimenti oggi sarebbe ancora disoccupata. So che ha trovato un impiego in un altro studio legale. Ora fa i pompini ad un noto avvocato in centro.

Con te e la tua amica è diverso. Ti potrai divertire con quella ragazzina a scuola, ma qui non ce la voglio. Va bene?”–“Come vuoi tu, mamma”–“E anche a scuola, stai attenta! Non è affatto normale che una studentessa del liceo obblighi una sua compagna a leccarle le scarpe. Potrebbe essere giudicato qualcosa che va ben oltre il semplice gioco. Perciò, in tutta sincerità, ti dico che preferirei che tu la piantassi con questa storia.

Tuttavia ti conosco, sei testarda. Quindi se sei proprio decisa a continuare per questa strada devi promettermi di farlo perlomeno con un po’ di prudenza e buon senso. Comprendi ciò che intendo dire?”–“Certo”–“Allora?”–“Letizia sarà la mia schiava solo a scuola. E questo resterà un nostro segreto. Nessun’altro sarà coinvolto nei nostri giochi, nemmeno tu se non lo vorrai”–“Così va meglio”- disse Elisabetta. Si lasciarono con questa promessa ma Chiara era ben intenzionata a non obbedire alla madre.

-“Lasciare la schiava dopo la scuola? Sciocchezze! Letizia è la mia serva!”- pensava –“Ventiquattrore su ventiquattro e sette giorni su sette. Anche quando dorme, anzi, quando io le consento di dormire! Farò a modo mio”-Iniziò a portare Letizia in camera sua nel primo pomeriggio, facendola passare dal giardino in modo che nessuno potesse vederla entrare; la teneva sotto il letto durante la notte, obbligandola a non far rumore, se ne serviva come cesso, sveglia e scendiletto, come lustrascarpe e sguattera.

Letizia poteva andare in bagno solo quando la madre di Chiara non la poteva vedere o nelle ore di lavoro. Talvolta rimaneva nascosta nella camera della padroncina per pomeriggi interi e mangiava solo ciò che Chiara le portava. Erano gli avanzi della cena che venivano consumati freddi e mescolati tutti assieme. Inutile dire che sotto ai bellissimi piedi della padrona la vita di Letizia divenne ben presto un vero inferno. Come già detto era un mese o più che le cose andavano avanti così.

Quella mattina Chiara volle fare un nuovo esperimento. Controllò l’ora alla sveglia, erano le sette in punto. Ciò voleva dire che sua madre non sarebbe venuta a svegliarla prima della prossima mezz’ora. Mezz’ora di tempo da trascorrere con la serva. Letizia, in un mese di convivenza forzata trascorsa sotto al materasso della padrona, aveva compiuto grandi progressi: riusciva a bere perfettamente l’orina della dominatrice, sia calda che fredda. La sua lingua si era abituata a leccare per ore intere le superfici più luride e ruvide, come le suole delle scarpe.

Aveva appreso come sopportare il dolore inferto dai tacchi di Chiara quando questa si divertiva a ballarle sulla schiena o sulle spalle. La padroncina aveva meditato durante la notte su di un’ennesima tortura a cui sottoporre la schiava. Era seduta sul letto con le gambe stese sul materasso ed i piedi sospesi nel vuoto ad un palmo di distanza dal freddo pavimento. Letizia se ne stava in ginocchio con la fronte a pochi centimetri dai talloni della sua padrona, guardava per terra con aria triste e sconsolata.

Odiava il momento del risveglio perché di lì a poco si sarebbe dovuta calare dalla finestra della camera della padrona per scendere in giardino, volatilizzandosi dalla tenuta dei genitori di Chiara. La sua aguzzina le avrebbe lanciato lo zainetto da scuola e poi lei sarebbe andata a piedi fino all’istituto. Chiara vi si sarebbe recata in auto. A volte la padrona le toglieva per dispetto un quaderno o un libro dallo zaino prima di lanciarglielo e poi, a scuola, se la rideva dei rimproveri subiti da Letizia da parte dei professori.

-“Ora vado al bagno e quando torno tu mi pulirai”- disse la sadica sovrana. Letizia era perplessa. Di solito Chiara faceva pipì nella sua bocca e poi si faceva pulire dalla sua lingua. -“Non vuol farla nella mia bocca, padroncina?”- si offrì gentilmente lei. -“Eh eh!”- rise Chiara –“Non ancora, stupidella, per far questo ti occorre ancora un po’ di allenamento”–“Come?”–“Non hai capito, scema che non sei altro? Mica vado ad orinare!”–“Ah, capisco, signorina”–“Oggi comincerà il tirocinio per imparare a mangiare la mia bella cacchina.

Non sei emozionata?”- sollevò un piede e glielo pose sulla nuca. Letizia non rispose. Al solo pensiero di dover mangiare merda si sentì prossima al pianto. E sarebbe stato inutile supplicare Chiara di ritornare sui suoi propositi. Sapeva che la sua crudele principessa non avrebbe desistito dal suo intento. Chiara si alzò. -“Mettimi le pantofoline, serva”-Letizia eseguì con tanto di doveroso bacio sulla punta dei piedi della padrona. Le pantofole erano bianche con appena un accenno di tacco e lasciano scoperte le dita.

-“Brava la mia stupidella, sei fedele alla tua padroncina, vero?”-Andò in bagno. Era senza mutandine ed indossava solo la lunga camicia da notte di seta. Tornò in camera dopo qualche minuto, con un bel sorriso raggiante ed uno sguardo maligno. Si andò ad accostare al letto, sollevò la camicia da notte e si piegò in avanti, gambe dritte e mani appoggiate sul materasso. Gli orli della vestaglia ricadevano sui fianchi snelli ed il culetto era allo scoperto.

-“Che c’è? Non ti muovi? Guarda che fra un po’ la mamma mi viene a chiamare ed io devo essere già pronta!”-Letizia le si avvicinò da dietro, lentamente. Giunta con il viso a dieci centimetri dal solco fra le natiche della padroncina le sue narici furono investite dall’acre odore della cacca di Chiara. Allora s’irrigidì e non avanzò oltre. Rimase per qualche secondo con la faccia contro il bel sedere della sua signora ed annusare, combattuta fra il naturale ribrezzo che la costringeva indietro e la sua vocazione di schiava che la trainava in avanti.

Chiara presto si spazientì. -“Dico a te, leccapiedi. Ti dai da fare o no? Coraggio non vorrai che alla tua padroncina dopo pizzichi il popò, vero?”- e mentre lo diceva rinculò leggermente e strofinò la curva delle natiche sul viso di Letizia. Avvertì anche qualcosa di umido che le bagnava i glutei ma non si trattava della lingua della serva. Si voltò indietro e vide il volto di Letizia in lacrime. Rise divertita e si voltò nuovamente verso il letto, porgendo il culetto alle cure della schiava.

-“Adesso non te lo dico più, cagna! Avanti, leccami il culo!”-Letizia si fece avanti, inserì la lingua nel solco e leccò. Lente e lunghe lappate; sentì il sapore repellente ed ostile della cacca che le irritava le papille gustative. -“Ingoia!”- ordinò Chiara. Letizia era al limite. Ingoiò. -“Ancora, lecca ancora. Deve essere perfettamente pulito”- sghignazzò Chiara. Altre lappate fino in fondo all’ano, spinse la sua lingua più in profondità che poteva e deglutì ancora.

Rimosse ogni stilla di feci dal bellissimo sederino della padroncina. -“Aaaaahhh…. !”- esclamò Chiara, quando finalmente la schiava ebbe terminato –“Così può bastare”-Letizia allontanò il viso dal fondoschiena dell’altra. Le veniva ancora voglia di vomitare –“Si, padroncina”–“Ma la prossima volta dovrai essere più rapida”–“Certo”–“E soprattutto la tua lingua dopo un po’ s’incrosta e non pulisce più bene come dovrebbe, lo sai?”- -“Faccio del mio meglio, padroncina”- piagnucolò Letizia –“Cerco di ingoiare”–“Si, si, zitta stupida.

La prossima volta dicevo, devi preparare una ciotola con dell’acqua fresca. Dopo ogni dieci leccate ti darai una sciacquata alla bocca, così avrai sempre la lingua pulita e nuova come una spugnetta appena strizzata”–“Si, mia padrona”-Chiara si cambiò d’abito. -“Preparati ad andare”- disse Letizia –“E ricomponiti. Non lo vedi che faccia hai? Va bene che sei solo una schifosa leccaculo slurpapiscio ma queste cose vanno lasciate fra noi, come ha detto mamma!”–“Si, Chiara…”- mugolò Letizia.

Si sistemò capelli e viso come poté e si calò lungo la siepe. Dopo un mese di pratica le riusciva così bene che adesso poteva arrivare in giardino senza neppure cadere col sedere a terra. Chiara fece colazione con calma. Fette biscottate con marmellata e burro, caffellatte ben zuccherato. Scese in garage e salì in auto, come ogni giorno sarebbe arrivata a scuola prima di Letizia. Il solco fra le sue natiche era stato pulito proprio bene, non pizzicava per nulla.

Meglio così, l’addestramento per insegnare alla schiava a leccarle il culo sarebbe stato più breve del previsto. Poi, forse, sarebbe stata la volta del mangiare direttamente i suoi escrementi. Con il tempo Letizia avrebbe imparato a sopravvivere bevendo solo la pipì e mangiando solo la cacchina della sua padrona, pensò Chiara. Nient’altro da bere o da mangiare. Si, sarebbe stato proprio divertente, e poi in questo modo non avrebbe più avuto bisogno di portare gli avanzi del pranzo e della cena in camera, col rischio di essere scoperta.

E sua madre avrebbe voluto che si disfacesse di quella piccola nullità di nome Letizia! Che sciocchezza!Pensare che se non l’avesse rifiutata anche Elisabetta avrebbe potuto orinare nella bocca della stupida…Sarebbe stato un vantaggio pure per Letizia, in fondo. In due avrebbero provveduto a sfamarla e dissetarla. Anzi, forse le avrebbero causato addirittura un’indigestione! Che roba, pensò Chiara, mentre a bordo dell’auto procedeva lungo la strada che l’avrebbe condotta a scuola. Un’indigestione di cacca.

Senza motivo guardò in basso, fra i suoi piedi. Sperò che Letizia non ritardasse troppo. Aveva le scarpe sporche e prima dell’inizio della lezione sarebbe stato opportuna farsele lucidare dalla schiava. Una cronista di guerra, catturata dai ribelliSiria:AleppoDALLA ZONA EST DELLA FRONTIERA – Erano passati 15 giorni da quando le quattro squadre militari si erano posizionate nella zona est della città, l'unica zona non bombardata dal fuoco amico. Era la zona più alta, la prima ad essere setacciata dagli alleati all'arrivo in città.

Un totale di venti soldati, 15 uomini e5 donne avevano innalzato alacremente una sorta di ufficio con satelliti, computer e tutta l'attrezzatura necessaria per monitorare la situazione. Insieme a loro erano presenti anche la giornalista Sara Z. ed il suo cameraman che, ogni giorno, puntuali alle ore 18, trasmettevano il servizio da mandare in onda alle ore 20 per aggiornare i telespettatori circa l'evoluzione del conflitto. Sara non era nuova a questo tipo di missioni; era già stata in altre tre missioni in giro per il mondo e aveva ricevuto anche un'adeguata preparazione militare.

Non era mai stata di intralcio alle squadre speciali con domande o azioni inopportune, ma anzi si era sempre fatta apprezzare per la lealtà e concentrazione. In realtà Sara si era fatta apprezzare anche per altro in un ambiente così a stragrande maggioranza maschile. Aveva trentadue anni e superava il metro e settanta in altezza, capelli rosso rame naturale, occhi verdi, Sara era la classica ragazza che riusciva ad ottenere un fischio di approvazione anche appena sveglia.

Gli anni di ginnastica ritmica da piccola e tutti gli allenamenti al seguito delle squadre speciali le avevano donato un fisico tonico ed aggraziato, impreziosito da un bel seno, una terza abbondante dopo che era un po' dimagrita, e dei glutei naturalmente scolpiti. Non si tirava indietro alle battute e agli apprezzamenti dei commilitoni, ma era sempre stata professionale e – all'interno delle tende o degli uffici militari -non era mai stata colta in fallo o aveva mostrato debolezze sui campi di guerra.

Anche in quella mattinata di apparente calma, davanti al fornelletto dove si preparava il caffè, gli apprezzamenti e le battute si sprecavano e le risate imbarazzate si seguivano leggere nell'aria. Tutto pareva portare ad un'altra giornata di solo monitoraggio quando un'esplosione nelle vicinanze fece ridestare tutti dall'apparente torpore. L'esplosione era stata così violenta che i muri avevano cominciato a tremare e la polvere aveva iniziato a cadere copiosamente sui monitor. In maniera non comprensibile, i radar non erano riusciti a captare alcun pericolo e questo aveva colto alla sprovvista l'intera squadra.

La struttura iniziava a perdere pezzi ed il comandante in capo alla missione aveva messo in allerta tutti: l'edificio andava sgombrato, bisognava raggiungere le grotte più a nord quanto prima per mettersi al riparo e chiamare soccorsi. In gruppi di cinque tutti avevano lasciato ordinatamente, ma in maniera veloce l'edificio muovendosi a nord. Sara, il cameraman ed altri tre commilitoni chiudevano il gruppo, loro erano sempre dietro sul fronte. Le squadre erano in salita quando una scarica di proiettili si era stampata proprio a due passi da loro.

Alcuni commilitoni erano caduti colpiti da queste schegge impazzite; altri avevano cominciato a correre a nord venendo bloccati da velocissimi mezzi corazzati dei nemici. I nemici avevano tirato l'imboshita giocando con un effetto sorpresa e nuovissime tecnologie invisibili. Nel caos generale, con più della metà della squadra a terra o bloccata, Sara invece di aspettare disposizioni dai militari rimasti e scappare insieme a loro, aveva preso il braccio del cameraman fiondandosi entrambi verso sud, dall'altro lato rispetto al blocco nemico.

Non avevamo lasciato contatti, non avevano avvisato nessuno, solo fuga senza ritorno. Nella corsa si era sentito un unico rumore, secco, pesante. Il cameraman di Sara, un colosso d'ebano di 195 centimetri, era crollato per terra, colpito alla testa da qualche pallottola nemica esplosa nelle vicinanze. In preda al panico, Sara aveva cominciato a correre senza sosta, andando sempre a zig zag come le avevano insegnato per non dare punti di riferimento ad eventuali cecchini appostati.

Sara correva, correva, correva, senza girarsi mai, sguardo fisso in avanti con le mani saldamente premute contro il suo zaino. Dopo un tempo indefinito, probabilmente di 30-40 minuti, Sara si era accorta di essere in una zona deserta. Solo tanti cumuli di macerie si estendevano per il territorio, con un paio di palazzi ancora parzialmente intatti che si vedevano a brevemedia distanza. Le esplosioni avevano creato dei crateri naturali che potevano fungere anche da protezione o accampamento in momenti di urgenza.

Sara si era lanciata in quello che le era sembrato il posto migliore…un palazzo parecchio demolito che però manteneva delle zone chiuse ed ancora un piano apparentemente in decenti condizioni che le avrebbe permesso meglio di vedere verso l'esterno. Era sola, l'unica cosa che poteva fare è drizzare bene le orecchie e non farsi beccare e guardare tutto e tutti da quella sorta di soppalco coperto. In una zona così povera di nascondigli, correre in questo momento non era così utile.

Sara si era accovacciata, slacciando lo zaino e saldando per bene il giubbotto antiproiettili. Aveva caldissimo, moriva di caldo, ma per niente al mondo si sarebbe tolta il giubbotto. Il suo seno sembrava esplodere contro il giubbotto a furia del respiro affannoso, le mancava l'aria, ma tenne duro. Tirò fuori il suo binocolo e gli occhiali da vista lontana per cercare di perlustrare l'aria dalla sua zona. Le uniche zone monitorabili, a parte le pianure ed i crateri, erano i due edifici ancora in piedi.

Erano abbastanza vicini per poter vedere bene dalle finestre, almeno i piani inferiori. Quel binoloco poi era un prodigio della tecnologia, gentile concessione del comandante della squadra. Il primo palazzo era parso da subito vuoto. A dir la verità si potevano ben vedere alcune sagome di persone probabilmente decedute all'interno, sporche di sangue. Nel secondo palazzo invece Sara aveva notato subito attività. Al secondo piano, un po' più in alto rispetto alla sua posizione, si vedevano delle guardie che camminavano avanti ed indietro dietro le vetrate delle finestre.

Al primo piano, quasi alla sua altezza di vista, invece una stanza era completamente buia ma, alla vista dell'altra, rimase completamente esterefatta. Quello che riusciva a vedere non aveva senso a prima vista. Vedere un sedere femminile nudo era l'ultima cosa che poteva aspettarsi. Ed invece era quello che vedeva. Una donna, con buona parte del vestito militare ormai a stracci, giaceva a 90 gradi su un letto. Le gambe erano divaricate, c'erano delle catene che partivano dal letto e bloccavano i piedi.

Non era possibile vedere il viso della donna visto che era bloccata in una sorta di giogo, di ghigliottina che teneva bloccate testa e braccia. Quello che Sara vedeva l'aveva turbato…la donna presentava un cuneo anale ben impiantato tra le chiappe e dei morsetti collegati da una catenella che apparivano su un seno cadente che doveva essere molto grosso. La vista di una guardia armata qualche metro più a destra della donna l'aveva fatta sobbalzare e nascondere un po' meglio tra le rovine del palazzo, ma non riusciva a togliere ad allontanare lo sguardo da quello spettacolo irreale.

In un lasso di tempo che poteva essere una mezzora non era capitato niente, sembrava di vedere un quadro bondage. All'improvviso però Sara vide entrare altri 3 uomini nella stanza ed iniziò ad avere paura. Uno dei tre uomini era vestito di bianco, sicuramente oltre i 185 cm, molto moro di carnagione ma dall'aspetto curato, nonostante i capelli e la barba lunghi. Gli altri due invece sembravano degli energumeni di colore, stessa altezza ma portamento molto più militare; erano pesantemente armati.

I due militari si misero ai lati della ghigliottina, un terzo militare arrivò correndo riferendo una informazione all'orecchio dell'uomo in bianco e poi sparì. L'uomo in bianco invece si mise leggermente al lato della donna e cominciò ad accarezzare con premura il sedere della donna immobilizzata. Aveva dei modi gentili, accarezzava in senso circolare, entrambi i glutei, con una mano o due, in maniera sempre più marcata ma pacata. Dal suo punto Sara vide che l'uomo spostò le mani tra le gambe della donna, iniziando a stuzzicarla lentamente.

La donna cominciò subito a dare segni di risposta dibattendosi. L'uomo continuò il trattamento per diversi minuti, con la donna che si dimenava come un cavallo pazzo. Era stato sempre regolare nel movimento, ma continuo, deciso, senza sosta. Sara con il suo visore aumentato vedeva con che dovizia l'uomo entrava nelle grandi labbra, lentamente, e poi toccava le piccole labbra in un moto perpetuo, infinito, con la donna oscenamente piegata ed in mostra. Sara aveva iniziato a pensare all'effetto che potevano fare quelle mani sulle parti intime indifese per così tanti minuti ed ebbe un brivido.

Lei amava questo tipo di trattamento, impazziva quando l'uomo si dedicava a lei con la lingua o con le mani alle sue parti intime in maniera così lenta e continuata. Avrebbe supplicato, in un altro momento, di ricevere quel trattamento. Sara era a disagio tra quello che vedeva ed il calore che iniziava a provare. Non poteva sentire la voce della donna, ma era sicura che non fosse in silenzio. L'uomo in bianco aveva messo una mano sul cuneo anale, mentre con l'altra aveva preso palesemente a sditalinare la donna che sembrava indemoniata.

Più le stuzzicava la passera e più tirava fuori il cuneo lentamente. Sembrò un processo interminabile, Sara iniziava a provare emozioni stranissime a quellavista, l'uomo era vicino alla conclusione ma era estenuante nell'attesa. Sara si domandava da quanto fosse lì la donna e quanto dolore le procurasse quell'arnese nel sedere. Dopo pochi secondi, l'uomo estrasse l'arnese dal sedere della donna; era un cuneo di dimensioni notevoli, tra le chiappe la donna mostrava una notevole apertura anale adesso.

Ma la cosa che lasciò basita Sara era che la donna si lanciò in un orgasmo notevole…la vide tremare e poi praticamenteaveva iniziato a gocciolare umori, quasi a squirtare mentre l'uomo le massaggiava con cura il sedere. Sara era confusa, aveva caldo, aveva iniziato a tremare pure lei…tutta quella situazione l'aveva presa alla sprovvista e, senza quasi essersene accorta, aveva avuto una sorta di orgasmo pure lei. La situazione surreale le aveva scombussolato l'autocontrollo, non capiva il perchè ma si sentiva bagnata tra lemutande e non era perchè era sudata dopo la corsa.

Sara non era analmente vergine; aveva provato con 2-3 partner l'esperienza da dietro con alterni risultati. Col primo uomo non le era dispiaciuto, col secondo aveva detto basta, mentre il suo collega afro americano a new york qualche tempo prima l'aveva quasi spaccata per la foga e le dimensioni facendola però godere, ma da quella volta non aveva più provato. Ma non dispiacere era un conto…godere di riflesso di una situazione vista era un'altra cosa e lei era sbalordita.

La situazione le aveva fatto perdere il controllo della sua mente, del suo organismo, ma anche della situazione intorno a lei. Con un secondo di ritardo sentì qualcosa in vicinanza, il tempo di capire cosa fosse ed una mano l'aveva presa mettendole un bavaglio alla bocca con un qualcosa di odore poco gradevole. In pochi secondi Sara aveva perso l'equilibrio e pian piano era svenuta. Sara era stata scoperta e catturata. Una sensazione di freddo.

Freddo umido, freddo nelle ossa. Torpore, sensazione di trovarsi in un mondo ovattato, a rallentatore. Sara aveva aperto gli occhi, dopo un periodo che le era sembrato infinito, e si sentiva contratta, a disagio. Si sentiva così stonata che si era dimenticata dove fosse; pensava di essere a Roma o a New York nelle classiche mattine in cui tornava da un lunghissimo volo autunnale oltreoceano e si trovava a dormire in un hotel ancora senza riscaldamento acceso.

Stavolta si sarebbe lamentata con il personale dell'albergo pensò!Aveva dormito di lato, fianco sinistro, piano piano cominciò a muovere le gambe, voleva riprendersi da questa nottata agitata. Mosse le gambe, con le ginocchia che le duolevano, flettendo prima una e poi l'altra gamba, avvertendo fastidi strani. Sbadigliò con la reazione naturale a portare la mano sulla bocca; anche da sola, alcune norme di buona educazione le venivano naturali. Ma la mano non si mosse, non capiva.

Provò di nuovo, ma sembrava un corpo senza braccia. Provò ad alzarsi di schiena ed una serie di dolori e situazioni vennero alla luce. Aveva le mani e le braccia legate dietro la schiena, a livello dei polsi e dei gomiti, praticamente addormentate, per questo non ci aveva fatto caso subito. Una sensazione di terrore si impossessò di lei, improvvisamente le tornò tutto in mente…. panico, paura, ansia ed iniziò a dimenarsi da terra.

L'ultimo ricordo era di lei che si sentiva debole, con le ginocchia che cedevano ed il mondo che andava sottosopra. Adesso non capiva dove si trovava, non capiva dove l'avevano portata, non capiva perchè l'avevano legata. Aveva passato tante situazioni di paura in guerra, al seguito dei militari, ma era la prima volta che veniva rapita e che, soprattutto, si trovava sola. Respirò, si fece forza, provò a pensare a tutti gli insegnamenti dati nei corsi militari in queste situazioni.

Cercò di non piangere, cercò di far finta che andasse tutto bene, cercò di pensare che presto sarebbero venuti a prenderla. Ma lei non aveva un localizzatore, ma soprattutto non aveva seguito la squadra nel momento dell'assalto. Era un ago in un pagliaio in quella zona di guerra. Facendo ricorso a tutte le sue abilità di ex atleta di ginnastica, dopo essersi dondolata per terra, riuscì a darsi la spinta per mettersi a sedere, nonostantel'impossibilità di aiutarsi con le braccia.

Quello che però era un gesto naturale, il sedersi, per lei si rivelò molto doloroso. Un dolore intenso, una presenza ingombrante, un qualcosa di molto fastidioso le premeva da dietro, nella parte posteriore del suo corpo. Non le impediva di muoversi, ma sicuramente era un qualcosa che le dava tormento, fastidio. Una discreta luce nell'ambiente permetteva di non essere nell'oscurità e le permise di guardarsi e di rimanere stupefatta. Non indossava più nulla dell'abbigliamento militare del giorno precedente o, comunque, del momento precedente allo svenimento, ad eccezione forse delle calze di spugna che aveva in dotazione.

Niente giubbino antiproiettile, niente zaino, niente pantaloni coi tasconi ma, soprattutto, notò proprio l'assenza di un abbigliamento nella parte inferiore del suo corpo. Dopo essersi abituata un minuto a quella luce soffusa ed essersi osservata nei limiti del possibile, sobbalzò quando si vide riflessa in uno specchio posto proprio difronte a lei. Non credeva alle coincidenze o al caso, sapeva che qualcuno le aveva lasciato uno specchio lì per un motivo. Si guardò allo specchio, così seduta com'era con faccia sorpresa, incredula.

Il suo nuovo “abbigliamento” era veramente minimal…c'era quello che rimaneva della sua maglietta bianca che a stento le copriva il seno. Le avevano tolto anche il suo reggiseno contenitivo a top e questo le aveva creato un sentimento di rabbia, essendosi sentita toccata, vista e subito chissà che cosa mentre lei non era cosciente. Ma la vera rabbia e paura vennero fuori quando allo specchio riuscì ad inquadrare la parte di sotto del suo “abbigliamento”.

Portava solo una mutandina bianca del tipo quasi trasparente, che doveva essere almeno un paio di taglie più piccole della sua taglia (e non aveva di certo un culone). Quasi una misura da bambina/adolescente. Quello che poteva sembrare un collare di cuoio completava gli accessori indossati della giornalista. Si sentiva così costipata lì sotto, sentiva qualcosa che non andava, provava dolore. Decise di scendere piano piano con la schiena e di allargare le gambe per vedere cosa non andava.

Non era sufficiente, così armeggiando con la schiena e con le gambe riuscì a girarsi completamente e trovarsi piegata a 90 gradi di spalle allo specchio. Le mutandine che portava coprivano ben poco del sedere e notò da subito un piattello nero che fuorisciva, che era ben visibile al di fuori degli slip. Qualche bastardo le aveva messo un plugin anale durante il suo svenimento e questo creò paura in Sara, non sapendo se qualcuno fosse andato anche oltre e l'avesse violentata.

Anche lì davanti, nella sua zona intima, sentiva una presenza estranea, un pizzicotto, ma le fu impossibile capire cosa fosse. Anche muovendo le braccia a stento riusciva a sfiorare lo slip posteriormente, non poteva far nulla per liberarsi da quegli impedimenti ed imprecò. Una lacrima le solcò il volto, ma almeno non era bendata, non era imbavagliata ed aveva le gambe libere. Subito pensò che forse l'avevano lasciata lì e, con un po' di fortuna, sarebbe riuscita ad uscire da quella stanza e chiedere aiuto.

Nonostante un po' di fatica e dolore dato da quell'oggetto piantato nel suo sedere, con qualche manovra riuscì a mettersi in piedi. L'ambiente era umido e freddo, ma fortunatamente non era completamente scalza e dopo pochi metri trovò quello che sembrava un portone socchiuso. Armeggiando un po' con la schiena e con le mani riuscì ad aprire la porta; un corridoio spoglio con una serie di porte laterali si presentò davanti a lei. Camminando lentamente ed attentamente provò ad aprire le varie porte tramite i pomelli.

Le trovò tutte chiuse ad eccezione dell'ultima. Non vedeva altre opportunità se non entrare in quell'ambiente, nel resto dello spazio osservato non aveva trovato un'anima viva. La stanza che si presentava oltre la porta sembrava ancora più scura della stanza dove si era svegliata. Chiuse lentamente la porta ed andò alla ricerca di un interruttore o almeno un punto luce sforzandosi di guardare nella profondità dell'oscurità. Superato un ingresso buio si trovò quello che poteva essere una sorta di ambiente aperto.

La stanza principale si presentava spoglia, c'erano solo sedie, tavoli e quelle che sembravano tubature dell'acqua mezze montate ed in bella vista. Una scala e diverse corde completavano l'ambiente. C'era anche una vecchia sedia poltrona, del modello ancora presente in diverse attività di parrucchiere. Camminando si trovò due porte davanti: la prima era completamente chiusa e, con le braccia bloccate, non potè far nulla per forzarla. L'altra porta, più angolata, non sembrava chiusa, era aperta per cinque centimetri almeno.

Tese l'orecchio ed un rumore di motore elettrico si sentiva in lontananza, accompagnato da quello che potevano essere di lamenti…. di persone o a****li era difficile dirlo. Poteva tornare indietro o poteva provare a capire cosa ci fosse lì. L'istinto da reporter la spinse ad indagare, a capire se c'era qualcosa o qualcuno che potesse essere utile. Con il piede destro riuscì ad allargare l'apertura della porta ed entrare. La stanza sembrava continuare in fondo a destra, almeno da lì notava le luci.

Arrivata alla svolta, Sara rimase inebetita difronte alla scena che trovò. Piegata a novanta gradi c'era una donna con braccia e gambe bloccate su una sorta di cavalletto. Le braccia erano bloccate in apertura alare orizzontale su una tubatura leggermente rialzata. Le gambe aperte ed i piedi erano legati in tre punti ai poggiaterra di questo cavalletto. La donna era poggiata su una sezione di pelle che sorreggeva la sua pancia, lasciando il suo seno cascare al di fuori in bella mostra.

La donna portava praticamente due stracci di una divisa addosso nella parte superiore; nella parte inferiore era praticamente nuda. Avvicinandosi con estrema lentezza, Sara capì i rumori di motore elettrico. In corrispondenza della parte posteriore della donna, c'era un apparecchio con due lunghe aste. Una puntava nel sedere della donna, l'altro nella sua vagina. Da quello che era possibile vedere erano due falli che riempivano gli orefizidella donna vibrando e producendo un ronzio elettrico con un ritmo lento ma perpetuo.

I lamenti della donna fecero rinvenire Sara che era rimasta senza parole a quella vista. La donna era un continuo movimento..testa, seni, corpo, sedere, si muovevano come se presi da scosse e movimenti saettanti. Sara non riusciva a pensare cosa stesse provando quella donna con quegli aggeggi, ma ci impiegò diversi minuti prima di muoversi, restando a fissare la scena e vedendo i movimenti rotatori dell'attrezzo nella donna. Il pavimento era tappezzato di cartoni e – proprio sotto la donna – le colorazioni del cartone presentavano diversi schizzi più scuri.

Gli attrezzi avevano sicuramente procurato un effetto sulla donna e Sara si sorprese di quanto il cartone fosse coperto di gocce e dispersioni scure là sotto. Quella donna stava godendo in maniera massiccia colando umori e l'unica domanda di Sara, in cuor suo, fosse da quanto tempo la donna fosse in quello stato emotivo. Sara ci mise poco a realizzare che la donna difronte a lei era la stessa che aveva visto prima di svenire, la donna seviziata da quell'uomo in vestito bianco.

Rabbrividì pensando che quella donna potesse essere così tormentata in maniera ininterrotta dalla precedente occasione. Sarà cercò piano piano di farsi avanti, la stanza era vuota pertanto si avvicino alla donna ansimante, toccandole la testa con una leggera carezza. La donna era così presa da quella situazione di stress e tormento che sobbalzò al tocco di Sara. I grossi boccoli castani quasi risaltarono in aria. La testa, fino a quel momento abbassata, si alzò di shitto, quasi ferocemente verso Sara, nonostante fosse imbavagliata e non potesse urlare contro nessuno.

Un nuovo brivido colpì Sara. Conosceva quella donna, conosceva quel militare, conosceva il Maggiore donna Smith del battaglione alleato. Quella donna le aveva anche erogato un corso di sicurezza qualche mese prima, ma soprattutto di quella donna e della sua squadra non si avevano più notizie da almeno due settimane. L'angoscia e la paura prevalsero nel viso di Sara, mentre cercò di accarezzare il volto della donna che – quasi per pudore – abbassò di nuovo lo sguardo, non mantenendo il contatto coi suo occhi.

Di quella donna così solare, battagliera ed energica non era rimasto che un cencio di donna imbavagliato ed incatenato, mosso solo da stimoli esterni piantati nei suoi orefizi. Sara provò con le mani a togliere il bavaglio alla donna anche se non fu impresa semplice; dovette passarle davanti, mostrandole completamente il sedere ed avvicinandosi a lei nel tentativo di prendere il bavaglio. Più volte nella manovra il viso della donna colpì i glutei e l'arnese piantato in Sara,lasciando in Sara ambigue sensazioni.

Dopo diversi tentativi e tanta fatica, Sara riuscì finalmente ad abbassare il bavaglio della donna che scese sul collo. “Pompino acqua, per piacere pompino acqua sete”. Frasi sconnesse uscirono dalla bocca della donna. Quegli occhi così marroni in quell'aspetto così mediterraneo che avevano fatto crollare diversi uomini al solo sguardo per cotanta bellezza, avevano perso ogni forma di lucentezza e guardavano Sara con forma inespressiva. Sara cercava di interpretare la richiesta della donna che continuava ad ansimare; avendola vista sempre in divisa e giubbino antiproiettili, non si era mai accorta di quanto fosse prosperoso e grosso il suo seno.

I capezzoli sembravano spuntoni pronti ad esplodere in mezzo a grosse areole marroni. Si girò cercando una fonte di acqua, non capendo cosa c'entrasse un pompino, ma probabilmente aveva frainteso dato lo stato della donna. Nessun lavandino, nessuna pompa d'acqua, nessuna bottiglia sembravano essere presenti nelle vicinanze. Sara era girata di spalle ed era così concentrata che sobbalzò quando nell'oscurità sentì pronunciare il suo nome. Mancò poco che finisse per terra con il cuore che pompava a tremila.

Una luce si accese, rendendo l'ambiente meno spettrale. Visualizzò una donna affianco all'ingresso che passo passo si avvicinò alei con fare rilassato e sorridente. “Ciao Sara, finalmente ti sei svegliata. Benvenuta nella tua nuova casa. Vedo che avete già fatto le presentazioni”. La donna aveva il suo stesso accento e tratti molto simili a lei. Aveva profondi occhi azzurri e lunghissimi capelli rossi raccolti in una treccia che portava alle spalle. Una maglietta nera abbondantemente scollata metteva in mostra quelli che dovevano essere due bei seni, abbinata ad un pantalonecachi strappato, che mostrava parti di nudità, con le tasche ed alcuni oggetti attaccati.

Le sembrava poco alta di lei; nel complesso una donna che non sarebbe passata inosservata. In un altro contesto l'avrebbe scambiata per una moderna eroina dei fumetti o di film fantasy. Sara rimane immobile a fissarla indecisa su cosa fare. Fece un paio di passi indietro per rendersi meno visibile alla luce e, dopo un attimo di esitazione, pensò di girarsi per darsi alla fuga notando un'altra porta alla sua sinistra, in un ingresso che non aveva però ancora ispezionato.

Era una mossa estrema. Il tentativo si rivelò vano; un attimo dopo aver varcato l'ingresso buio si sentì schiantare letteralmente contro un muro umano cadendo rovinosamente per terra, senza un minimo appoggio. Un uomo era rimasto a spiarle per tutto il tempo in religioso silenzio a pochi metri di distanza. L'omone la prese per i capelli e la riportò in piedi senza grossi complimenti. Sara senza l'uso delle braccia era caduta sulla spalla sinistra sentendo peraltro un forte dolore nella zona anale quando aveva battuto il sedere.

Le mancava l'aria, non riusciva a tenere le gambe completamente chiuse e ferme. Il tizio – un armadio color ebano con due spalle infinite che doveva essere alto almeno 1,90 m – le mollò una sculacciata sonora sulla chiappa destra spingendola e tirandole i capelli, avvicinandola verso la donna che intanto si era messa a sorridere. Sara si sentiva un burattino in quella situazione e – dolore a parte – non potè far altro che camminare sentendo il sedere in fiamme.

“Buongiorno Sara, dormito bene? sono contenta di vederti” – riprovò la donna. “L-l-lasciatemi stare…. chi diavolo siete voi? Ehi tu non toccarmi i capelli” – partì in risposta Sara. “Wow signorina, come siamo aggressive oggi…non ti hanno insegnato a presentarti in presenza di nuove persone?” rispose la donna e quasi in contemporanea l'uomo le lanciò un'altra sculacciata a centro sedere, premendole il plugin ancora più internamente, mentre Sara si piegava per il dolore lanciando un gridolino strozzato.

La donna si avvicinò fino a due passi da Sara, accarezzandole con il dorso di una mano il viso. “Liberale le mani” ordinò e l'uomo – un po' grugnendo in segno di disapprovazione – iniziò a slegare i lacci che avevano menomato Sara sinora. Sara ansimò e quasi iniziò un pianto liberatorio quando riprese possesso delle sue braccia. Rimane un minuto leggermente piegata a fare esercizio e riprendere confidenza coi movimenti; troppo tempo le braccia le erano rimaste bloccate e voleva ritornare padrona di se stessa.

Si sentiva un po' meglio, ferita nell'orgoglio, trattata da bestia, era pronta nella sua azione, divaricando leggermente le gambe per essere più in posizione. Si rimise in posizione eretta piano piano e – nell'istante in cui si trovò a guardare la donna – la sua mano partì lanciandole un sonoro ceffone in faccia. Contestualmente si girò e sferrò una ginocchiata in mezzo alle gambe dell'uomo che vacillò immediatamente. Entrambe le persone nella stanza erano cadute a terra e Sara capì subito che era il momento di scappare…ora o mai più.

Iniziò a correre verso l'ingresso che aveva varcato inizialmente, un po' menomata nella corsa dall'affare nel sedere, ma pronta a vendere cara la pelle. Aveva percorso pochi metri quando una scarica elettrica piombò sulle sue parti intime quasi paralizzandola. Una seconda scarica la lasciò in ginocchio. La terza scarica la lasciò per terra con le gambe aperte a boccheggiare ed ansimare ad alta voce. Nel momento in cui aveva visto la donna scura in volto avvicinarsi con un telecomando in mano aveva capito cos'erano quei pizzicotti che aveva sentito nelle parti intime al risveglio.

Non solo le avevano ficcato un plugin nel sedere, ma si erano anche divertiti ad inserirle degli elettrodi sulle grandi e piccolelabbra. La donna si avvicinò continuando a regolare il telecomando. Scariche in alternanza colpivano le intimità di Sara che era bloccata e non poteva far altro che contorcersi. Quello che inizialmente era stato dolore puro, ora iniziava a trasformarsi in ondate di calore, di gambe un po' più aperte e di chiappe più strette nonostante l'arnese inserito.

La donna era abilissima nella sua azione e Sara iniziò ad ansimare più per il piacere che per il dolore, incapace anche di piegarsi per arrivare agli slip e porre fine all'agonia. La donna si avvicinò scura in volto, con un strano ghigno, e – mentre Sara si contorceva – lei approfittò per tirarle i capezzoli senzala minima delicatezza con la mano libera dal telecomando. Dopo alcuni minuti di scariche e con ormai Sara al limite dell'ennesimo orgasmo ricevuto, la donna diede tregua alla giovane giornalista distesa per terra.

La parte davanti della mutandine di Sara era un lago, una grossa chiazza era ben visibile su quel bianco trasparente. La donna diede le spalle a Sara andando a sincerarsi delle condizioni dell'omone ora seduto per terra. Gli si avvicinò, l'accarezzò con fare quasi materno e poi allungò una mano sul pube dell'uomo. La mano giocò un pochetto con l'orlo dei pantaloni, prima di entrare negli slip dell'uomo e cominciare un sensuale massaggio. Allentato il dolore, l'uomo si alzò andando a prendere dell'acqua che versò sul viso e sulle labbra del maggiore Smith ancora piegata, priva di forze.

Anche Sara nel frattempo aveva recuperato un minimo dai dolori e dagli orgasmi ripetuti, massaggiandosi la zona pubica ma incapace di rialzarsi. Tornò a posare lo sguardo sul maggiore Smith; l'omone le aveva preso i capelli imponendole di alzare la testa e forzandola a praticarle un pompino. Come un automa, la donna aveva aperto la bocca e preso il grosso arnese nero offerto dall'uomo. L'uomo alternava il pompare la bocca della donna con lo strusciare il suo membro in mezzo ai grossi seni della donna.

Sara guardava l'uomo spingere la donna verso il suo membro ma, senza prestare attenzione, aveva preso a massaggiarsi la zona pubica con lo stesso ritmo con cui l'uomo pompava la bocca della donna, abbassando l'incedere del suo respiro. Sembrava ipnotizzata. La donna con la treccia nel frattempo si era riavvicinata a Sara. “Tesoro mio, vedo che siamo partite con il piede sbagliato, ma penso che tra poco imparerai le buone maniere da schiava” e mollo' un ceffone alla giornalista, rendendole il favore.

“Io comunque sono Miss Samantha e da oggi seguirai le mie istruzioni, ti addestrerò come si conviene. “Sara sembrò barcollare ma non ebbe il tempo di reagire che la donna la prese per i capelli tirandola a carponi verso di se. Al tentativo di reazione di Sara, la donna partì con una nuova scarica nelle parti intime di Sara, facendola nuovamente crollare. Sara fu presa per il collare che indossava, come un cane, e tirata in direzione dell'omone che continuava a pompare il maggiore.

Per non essere trascinata, Sara dovette tenere il passo camminando a carponi con la donna. Alla vista della giornalista, l'omone lasciò il maggiore e si diresse verso di lei, tirandole i capelli e spingendole la testa verso il pavimento. Così piegata, con il sedere in alto, le blocco' la vita con le sue gambe, portando le mani agli slip. Un unico movimento coordinato delle mani fu sufficiente a strappare letteralmente il leggero tessuto delle mutandine di Sara.

Il sedere della giornalista sembrò esplodere per come era stato compresso in quegli slip così stringenti. Solo il rotondo piattello nero del plugin nella donna faceva capolino. L'omone, con un cenno di sorriso, senza cambiare posizione, cominciò a sculacciare pesantemente Sara su entrambe le morbide e tonde chiappe. In pochi minuti il sedere della donna era in fiamme, con Sara incapace del minimo movimento. Alla fine l'uomo, soddisfatto del suo lavoro, si spostò da Sara, lasciandola per terra dolorante a soffrire con la passera che perdeva ancora umori per gli ultimi orgasmi ricevuti.

“Come ti senti Sara? Hai goduto abbastanza finora o vogliamo continuare? Ti sta piacendo vedere la nostra amica usata da Amir come ti piaceva ieri?” sentenziò la donna con un sorriso sulle labbra. Sara sbigottita rispose “Ma di che costa parli? Liberate quella povera donna!”Con atteggiamento scenografico, Miss Samantha tirò fuori dai tasconi un piccolo tablet porgendolo a Sara e premendo l'inizio di un video. Il video riprendeva Sara che puntava il binocolo in direzione della telecamera, sul palazzo quindi, dal suo arrivo fino alla sua cattura.

Per tutto il tempo era stata filmata, avevano saputo che era lì fin dall'inizio. Ma soprattutto per tutto il tempo avevano visto la sua reazione alla violenza sul maggiore Smith. Più volte aveva cambiato posizione, più volte la si era vista fissa a guardare un punto e Sara era rimasta scioccata vedendosi addirittura toccare le parti intime mentre era lì nascosta. Il suo viso diventò subito paonazzo facendo quasi cadere il tablet per terra.

“Ci siamo accorti della tua presenza ed abbiamo voluto regalarti uno spettacolino…ma non ci aspettavamo che avresti così gradito. Il Padrone ringrazia. “continuò Miss Samantha. “Appena sarai pronta, non vedrà l'ora di fare la tua conoscenza e testarti di persona. Il maggiore Smith è stata ormai usata abbastanza, serve carne fresca”. A queste parole Sara rabbrividì e si rannicchiò involontariamente quasi a coprirsi, mantenere vicino la sua dignità di donna e non di pezzo di carne da usare.

“Il maggiore Smith sarà qui in questo periodo per insegnarti tutto quello che ha imparato su come essere schiava ed accontentare il suo padrone, rendendogliriconoscenza per il trattamento e le attenzioni ricevute” proseguì indicando la donna a pecora ormai senza forze. Amir, che ne frattempo aveva liberato il maggiore Smith da quegli attrezzi infernali, quasi a voler dar prova delle qualità della donna, si avvicinò a lei prima accarezzandole le natiche, poi strusciandosi a lei e poi inculandola con un colpo secco.

Ormai la donna era così aperta che il suo orefizio anale nonmostrò la minima resistenza accogliendo il pur possente membro nero nelle sue pareti. L'uomo alzò il ritmo sin da subito ripetendo impalate lente ma profonde ma con ritmo regolare. La donna ormai aveva imparato a non urlare più da tempo, ormai ansimava solo in quei momenti in cui era ancora capace di provare piacere dopo ripetuti e ripetuti orgasmi quotidiani. L'uomo nel suo agire sicuro, sgrillettava anche la vagina della donna che di tanto in tanto stringeva ancora di più le chiappe sull'arnese dell'uomo.

L'uomo – vicino all'orgasmo – dopo l'ennesima pompata – si staccò dalla donna avvicinandosi a Sara. “Apri bocca” disse e Sara – di rimando – quasi si allontanò di lì. Fu fermata da Miss Samantha che la prese per i capelli, bloccandola e mettendosi alle sue spalle, puntandole la sua faccia verso il grosso membro dell'uomo. Dopo altre due smanettate, l'uomo esplose in una fragorosa eiaculata andando ad inondare il volto di Sara che urlò di stupore per il momento così inatteso.

Un bagno di seme inondò la giornalista, che fu colpita al volto, sugli occhi, sul petto, con parte dello sperma che le finì anche in bocca. Sara non era un amante dell'ingoio, ma le era capitato di dover ingoiare parzialmente il seme di un uomo, specie in eiaculazioni troppo improvvise. Ma mai si eratrovata davanti ad una gettata tanto potente e copiosa che le aveva fatto il bagno. Miss Samantha si staccò da Sara, ormai era inondata di sperma, ammonendola in malo modo dallo sputare per terra, ed afferrò decisa il membro di Amir, ciucciandolo e pulendolo per bene, lavorando con precisione e quasi adorazione verso quel membro.

Sara invece si ritrovò a prendere fiato e a rendersi conto della sua situazione. Non aveva fazzoletti, non aveva nulla con cui pulirsi se non leccare o asciugarsi alla maglietta. Cercò di inghittiore il meno possibile e cercò di resistere allo sputare per terra; temeva altre punizioni da parte della donna. Con quello che restava della maglietta, ed ormai avendo perso parte del pudore, sollevò la parte di tessuto cercando di pulirsi alla meno peggio e lasciando in bella mostra i rotondi seni con i capezzoli color rosa che svettavano verso l'alto.

Amir e Miss Samantha si alzarono e slegarono la ormai quasi svenuta donna dal cavalletto poggiandola per terra e legandole entrambe le mani. Anche a Sara fu riservato lo stesso trattamento. Presa per i capelli, ancora con diverso sperma in faccia ed addosso, con la maglietta ancora tutta sollevata, fu portata sull'altra parete e legata con le mani alla tubatura lì presente. Entrambe le donne furono lasciate al buio con i due seviziatori che lasciarono la stanza alle loro spalle.

Il risveglio ero stato tormentato per Sara. Dopo essersi assopita e crollata per la stanchezza, l'adrenalina e il susseguirsi degli eventi e sperimentazioni del suo primo giorno in quell'edificio, Sara si era svegliata ai primi raggi del sole, completamente contratta per la posizione in cui aveva dormito. Girata di lato, con il collo non correttamente poggiato per terra, Sara avvertiva i naturali dolori alle braccia, conseguenza della sua condizione di prigionia, legata ad una tubatura prima di essere stata abbandonata lì.

I cartoni avevano formato una pur minima forma di protezione dal pavimento freddo e, fortunatamente, le avevano lasciato una piccola libertà di manovra di gomiti ed avambraccia e potè fare un minimo di esercizio per riattivare la circolazione. Da una finestrella in alto entravano alcuni raggi di sole, l'unica fonte di luce in grado di traforare un ambiente altrimenti oscuro. Per suo sollievo, nessuno dei due personaggi del giorno precedente era ancora tornato con malsane intenzioni e potè godere di un momento di calma per pensare alla sua situazione ed agli eventi degli ultimi giorni.

Rimase a fissare la donna difronte a lei, vista la gentile concessione dei raggi di sole che si erano posati sul maggiore Smith, quasi a prendersi gioco e mostrare ulteriormente a Sara ed al mondo la sua pietosa condizione. La donna giaceva per terra, testa quasi in giù, invisibile sotto il suo casco di boccoli cascanti, quasi completamente girata di spalle, lasciando in mostra la quasi interezza della sua parte posteriore. Come doveva essere esausta e martoriata poverina pensò.

Così sdraiata, il Maggiore Smith lasciava in bella mostra quelle grosse e carnose natiche che la natura le aveva donato. Non erano per nulla un brutto vedere, tutt'altro, considerato che tutta quell'attività militare le aveva lasciato un sedere sì grosso e sporgente di natura, ma molto tonico. Sara era stata solita essere oggetto di scherno di suo cugino quando erano poco più che adolescenti. Lei ancora magrolina e poco sviluppata non poteva competere con quelle ragazzine o giovani donne già formate e prosperose.

Il cugino poi era un autentico amante dei grossi culi, “big booty” in onore dello slang e dei video con grossi glutei seminudi sempre presenti nei video dei rap neri americani. Non perdeva occasione per sbavare dietro ogni pantalone un po' più sporgente di donna, specie se più attillato e questo comportamento la faceva ridere ma a volte anche esasperare. Fortunatamente, seppur con un po' di ritardo, anche Sara si era sviluppata meravigliosamente mettendo le curve giuste, guadagnandosi il rispetto del cugino (e propabilmente anche qualche sega in bagno in suo onore).

I grossi seni del maggiore Smith, unito a quel crepaccio che ormai mostrava tra le natiche, avrebbero fatto venire nei pantaloni il cugino e la maggior partedegli uomini di sua conoscenza al sol guardare. Sara cercò di scacciare quei pensieri a sfondo erotico; un sentimento di pudore e solidarietà presero la meglio nei confronti della donna per terra, nonostante fosse innegabile per lei che le pratiche subite da quella donna le avevano lasciate sentimenti tumultuosi nei giorni precedenti.

Dopo quasi un paio d'ore di silenzio, durante le quali Sara si era quasi riaddormentata, il Maggiore Smith si destò lanciando strani lamenti. Si girò da un lato e dall'altro, pancia per terra, mettendo in mostra il repertorio completo delle sue grazie. Non che la situazione di Sara fosse migliore, pensando che anche lei era quasi nuda e, quel poco di maglietta che le era rimasta, ormai era inutile e non le copriva neanche parzialmente i seni.

Dopo qualche minuto la donna si calmò e, con molto tatto, Sara provò a chiamarla. “Ma-maggiore Smith, Maggiore Smith…mi sente?”Sara ripetè quattro-cinque volte la domanda invano, che rimase nel vuoto. “Meg” risposte con voce impastata la donna. “Solo Meg, basta con questo Maggiore..non vedi dove stiamo?” fu sibillina la voce della donna ancora in posizione distesa per terra. Sara rimase sorpresa della risposta e di tanta freddezza, ma almeno fu sollevata di sentire la donna sveglia e di non essere sola.

“Meg…. come stai? come ti senti? sei bloccata?”La donna scosse il casco di riccioli, iniziandosi a muovere. Invece di girarsi di shitto verso Sara, da pancia in giù cercò prima di mettersi sulle ginocchia, mostrando a Sara una pecorina da urlo. L'omone Amir le aveva lasciato lo sfintere ancora parzialmente aperto, era stato un martello il giorno prima. Da inginocchiata, piano piano passò la catena che le legava le mani sopra la testa e poi lentamente si girò versò Sara, mettendosi a sedere.

Un segno di smorfiasolcò il suo viso. Riprese a parlare Sara “Meg, mi dispiace di ieri, di come ti ha trattato quell'omone…spero che tu non avverta troppo dolore. “La Smith: “ti dispiace? Ieri ci è andato leggero, sei tu la nuova attrazione adesso…ho avuto solo un orgasmo”. Sara sembrava non capire, il militare sembrava quasi contrariata della situazione di ieri. “Dalle scorse settimane ti hanno sempre trattato così? hanno sempre abusato di te?” chiese Sara seriamente preoccupata.

Meg rispose “Sara…ormai qui per loro sono una schiava sessuale, il mio compito è quello di dare piacere agli omoni in missione qui. Questa è la mia nuova mansione adesso…. e dovresti iniziare ad accettarlo anche tu! Non c'è un cosa vuoi, cosa non vuoi, cosa ti piace e cosa no…o accetti o finisci nella fossa” fu lapidaria il Maggiore. Gli occhi di Sara si aprirono ancora di più insieme alla sua bocca. Continuò il Maggiore “Se siamo in una prigione? si siamo in una prigione! Ma sono venti anni che sono in una fottuta prigione! tutta la mia vita nell'esercito, sacrificando tutto, sacrificando famiglia, carriera ed anche il sesso!! Pensi che la mia vita sessuale fosse attiva con la divisa? Con i superiori era meglio non mischiarsi, i cadetti avevano timore di me, come tutti…pensavano ce l'avessi di ferro! QUI MI STANNO USANDO, MI STANNO SFONDANDO, TREMO PER QUANTI ORGASMI HO!”Sara indietreggiò di qualche centimetro, incredula a quelle parole.

Non conosceva più quella donna, quella che era stata una sorta di guida militare per lei fino al mese precedente. “Sara svegliati, non guardarmi così…. posso essere usata, sfruttata, venduta…e lo sarò, ma almeno posso godere e non essere parte passiva ed assente del gioco…ed io sto godendo, mi sto facendo usare, sfrutto quello che ho, perchè l'unica soluzione altrimenti è lanciarsi dal palazzo. Nessuno ci verrà a prendere, o non in tempi brevi, fattene una ragione…mi vogliono impalare, mi faccio impalare, mi vogliono scopare in quattro, voglio sentire tutte le emozioni attivamente.

“Sara iniziò quasi a lacrimare, a piangere…il suo piano di scappare da lì in due era stato stroncato…non avrebbe avuto l'aiuto del maggiore Smith e soprattutto non avrebbe usufruito della sua esperienza sul campo. “Sara…anche Miss Samantha era dei ‘nostri'…era un nostro soldato dimenticato qui sei-sette anni fa…ed è viva a vegeta. La viva va avanti e, se non vengono a prenderci, io non farò il vegetale…sfrutterò tutto quello che posso offrire e prendere.

Ed occhio a lei, certi giochetti con lei non funzionano, li conosce meglio di te. Stai attenta nei prossimi giorni a come le rispondi!”Sara non ebbe tempo di aggiungere altro o replicare. Quelle parole sembrarono quasi profetiche…in quell'istante si udirono ruomori di scarponi in movimento e Miss Samantha e quattro omoni si presentarono all'ingresso della stanza…..Un silenzio irreale ed una tensione tangibile erano presenti nella stanza. Sara praticamente smise di respirare alla visione di quelle persone; il suo incubo era diventato reale, gli aguzzini erano di nuovo lì, ancora più numerosi e lei era nuda ed indifesa e nel panico più totale.

Al diavolo i corsi sullo stress, sulla sopravvivenza e sulla gestione delle emozioni in casi estremi. Non aveva emozioni al plurare da gestire; Sara sentiva solo una cosa in quel momento ed era paura più totale. L'ironia sembrò fuori luogo, ma non potè fare a meno di fissare il maggiore Smith, Meg, colei che era stata l'istruttrice in alcuni di quei corsi, colei che leaveva insegnato a tener duro, a gestirsi e non farsi sopraffare e che ora invece sembrava fosse diventata l'ultima delle puttane da accampamento in guerra, pronta ad offrire tutti gli orefizi su richiesta.

Miss Samantha faceva strada davanti ai quattro uomini che la seguivano in religioso silenzio. Solo Amir si sganciò subito, puntando verso il Maggior Smith con una bottiglia d'acqua. La fece bere, le sciacquò la faccia, la mise con la spalla dritta versa il muro e le ficcò il cazzo in bocca. Il maggiore iniziò ad insalivare l'arnese per bene senza poter usare le mani ancora bloccate. Continue grosse succhiate, prima di avere la possibilità di respirare.

A volte Amir arrivava al limite, portandola quasi ad avere i conati di vomito e rilasciare grosse dosi di saliva per terra. In quei momenti di respiro, portava l'arnese dalla bocca del Maggiore fin in mezzo alle sue grosse tette, regalandosi favolose spagnolette. Dopo qualche minuto di fervente movimento, l'omone finalmente scaricò tutto il suo seme in faccia alla donna che iniziò a leccare e leccarsi per pulire il tutto. Era diventato palese che il Maggiore Smith fosse ormai la schiava personale di Amir.

Finito lo spettacolo, gli altri puntarono verso Sara e si avvicinarono a lei fino a che non furono a circa mezzo metro di distanza. “Lei è quella nuova, quella beccata a masturbarsi mentre il Padrone giocava con quest'altra schiava. Se era fradicia solo guardando, figuriamoci quanto sarà fradicia e zoccola quando toccherà a lei” esordì la donna. E giù di risate fragorose. Il viso di Sara già rigato da lacrime diventò totalmente paonazzo e non riuscì a mantenere lo sguardo degli uomini.

L'umiliazione regnò sovrana. Miss Samantha prese Sara dal collare e la esortò ad alzarsi. La giornalista faticò non poco ad alzarsi, contratta ancora nei movimenti e limitata dal plugin nel culo. Un fischio di approvazione si alzò quando Sara fu finalmente in piedi e Miss Samantha le fece fare un giro completo su se stessa tenendola a guinzagli corto. Miss Samantha scollegò il collare dalla catena, slegando le mani di Sara che fu libera da tutti gli impedimenti.

“Vai Sara scappa, aggrediscimi, picchia questi uomini” intimò la Mistress strattonando più volte la giornalista. Non vedendola muoversi, Miss Samantha la scaraventò contro gli uomini. I tre uomini erano tutti di un'altezza superiore a 1,90 m e particolarmente massicci. Tutti stampo militare. Ion aveva chiare origini caucasiche, capelli a spazzola biondi ed occhi chiari. Diverse cicatrici erano evidenti sul suo viso. Dan, un filo più basso, moro, era certamente più robusto di Ion e, con quel mascellone, poteva fare il verso a diversi attori americani.

DaMarcus era di poco il più alto ma anche il più massiccio…un altro armadio d'ebano, figlio dell'Africa, in grado di far sembrare non così prestante anche il gigante Amir alle loro spalle. Sara si ritrovò in mezzo ai tre energumeni che si chiusero in cerchio prendendosi gioco di lei spingendola e toccandola dappertutto e strappandole quel rimasuglio di maglietta che aveva addosso. La sua bella terza di seno fu ben gradita dagli uomini che si alternarono a succhiarle con dovizia i piccoli capezzoli via via sempre più appuntiti color rosa e passarle le dita nella vagina o muovendole il plugin nel culo come fosse una coda.

A turno venne passata dai tre uomini che se la misero davanti e si strusciarono su di lei personalmente, bloccandole gli arti e facendole muovere solo il busto in maniera circolare o avanti ed indietro, mimando l'atto sessuale. Ogni volta Sara sentiva i membri di ciascuno crescere di volume, ma anche la sua vagina crescere di lubrificazione. Lo sbattimento del plugin nelle sue pareti interne le dava emozioni contrastanti…. ancora dolore da un lato, ma iniziò a notareanche un certo calore.

Sara era in confusione. Amir intanto aveva liberato il maggiore Smith; al suo segno lui trascinò il maggiore e DaMarcus sollevò di peso, a mo di sacco, la povera Sara, incamminandosi verso una direzione ignota per la giornalista. A nulla valsero le urla e gli strattoni di Sara che sembrava essere in una morsa umana. Il suo dimenarsi era solo motivo di eccitazione per i militari che, camminando, si alternarono a sculacciare e stuzzicare il suo povero sedere che ben presto diventò rosso.

Visto che la giornalista non si calmava, Miss Samantha fece fermare il gruppo piantandosi davanti al sedere della donna. Gli altri due uomini presero le braccia della giornalista per tenerla ferma. DaMarcus le aprì le gambe, mentre la teneva a tracolla, saldando la posizione. Miss Samantha cominciò ad accarezzarle gli interni coscia, accarezzando i glutei ancora caldi dopo le recenti sculacciate. Con movimenti circolari iniziò a passarle un dito nella vagina, con movimenti così sapienti che iniziarono a far contrarre la povera Sara che non riusciva a calmare il suo corpo.

Piccole e grandi labbra ebbero la loro dose di attenzioni dall'espertissima mistress. Parallelamente l'altra mano iniziò ad armeggiare con il dildo piantato nel culo. Movimenti lenti, circolari, pian piano Miss Samantha tirava verso di se per farlo uscire fuori. Sara iniziò a supplicare la donna di fermarsi, che sarebbe stata buona e ferma, ma fu troppo tardi. Miss Samantha non badò ai lamenti e completò l'opera con un altro po' di stimolazione e sapienti movimenti.

Tra le urla della giornalista, inconsciamente aggrapatasi a tutta forza al grosso corpo di DaMarcus, il dildo si stappò dal culo con un acuto vocale di Sara e, nonostante il dolore, uno schizzo di umori quasi colpì Miss Samantha che progredì in una fragorosa risata. Sopraffatta dalla situazione, Sara ebbe quasi un mancamento e si lasciò svenire sul corpo dell'omone, sembrando un sacco a spalla a tutti gli effetti. Il gruppo proseguì nel suo viaggio verso la prossima stanza…Un getto d'acqua fredda la colpì come un cazzotto in pieno viso.

Sara sobbalzò al contatto con l'acqua gelida, prendendo un respiro profondo, traendo i muscoli, come se fosse emersa da sott'acqua. Le sveglie improvvise e scomode cominciavano ad essere un'abitudine. Per la seconda volta in pochi giorni Sara aveva subito gli eventi, crollando e svenendo in situazioni a forte componente adrenalinica o di sorpresa. Provò a parlare ma qualcosa, un oggetto a forma sferica morbido, le era stato inserito in bocca e legato intorno alla testa.

Sentì se stessa farfugliare mentretentava di urlare. Di nuovo, si trovò con braccia e gambe bloccate. Di nuovo, non era padrona di se stessa e dei suoi movimenti. Di nuovo, era vittima della paura più profonda. Muovendo i glutei e la schiena, si sentì di essere su una poltrona o comunque qualcosa di foderato, non una sedia. La schiena non era dritta, ma sprofondava nel giaciglio. Le braccia erano bloccate in alto dietro la sua testa a livello di gomiti e polsi.

Qualcosa oltre la sua visuale le teneva fermi gli arti superiori. Provò a muovere le gambe, ricevendo come risposta solo rumore e dolore. Aveva le cosce spalancate e poggiate sui braccioli di questa poltrona. Le gambe erano aperte in maniera fissa, legate ad altezza ginocchio e caviglia su ambo i lati. Era esposta alla visione di tutti; un brivido interminabile le attraversò il corpo. Ricordò di aver visto una sediapoltrona da parrucchiere al primo risveglio, prima che tutto avesse inizio.

Si maledì a sentirsi ora proprio su quella poltrona. Riprovò ad urlare cercando di guardare a destra e sinistra, ma anchè qui notò un blocco. Il poggiatesta era fatto in modo da tenerle la testa dritta con la visione solo frontale. Imprecò, rabbia e paura diventarono sempre più lampanti. Il suo corpò iniziò a tremare sempre con maggiore frequenza. Un altro schizzo d'acqua ghiacciato, da direzione laterale, le bagnò il viso facendola sobbalzare nuovamente.

Dopo pochi istanti, la figura di una Miss Samantha sorridente entrò nella sua visuale. Portava sempre gli stessi pantaloni cachi, ma la maglietta era ancora più sbottonata. Non era solo una sensazione di Sara, ma nel locale ora faceva molto caldo. Miss Samantha era sudata, il top ancora più aperto, rendendo quasi del tutto visibile il generoso seno bianco. Giusto la parte laterale del top bloccava, seppur momentaneamente, la completa esplosione di tanta grazia all'esterno.

Affianco alla donna ricomparve quello che era stato chiamato DaMarcus, l'omone più grosso di tutti, anche lui così sorridente. Sara iniziava a perdere il conto di giorni e ore…non sapeva più se le “presentazioni” erano avvenute il giorno prima o solo poche ore prime. La stanchezza, l'adrenalina e l'assenza di riposo le stavano procurando brutti scherzi ormai. I due soggetti si misero davanti a Sara ammirandone le grazie totalmente esposte. Un impeto di vergogna colpì Sara che diventò di nuovo paonazza.

Soprattutto l'uomo dedicò tutta la sua attenzione alla fighetta depilata, con quelle labbra così delicate e schiuse. Si inginocchiò lentamente per vedere meglio, mandando Sara in escandescenza, incapace di sottrarsi a quella “ispezione”. L'uomo sembrò soddisfatto. Miss Samantha riprese la pompa da terra e lanciò altri due – tre schizzi d'acqua su Sara. Il primo, abbondante, colpì il petto di Sara, facendole diventare i capezzoli durissimi all'istante. Gli altri due getti furono più mirati verso la vagina.

Uno repentino, un'autentica pugnalata nelle intimità di Sara, l'altro invece più prolungato, proprio come se fosse un lavaggio. L'acqua ghiacciata aveva contratto al massimo le gambe di Sara che iniziò ad ipersalivare e perdere saliva dalla bocca nel tentativo di urlare per tale violenza. I due lì in piedi non fecero una piega. Miss Samantha ruppe il ghiaccio dicendo all'omone “DaMarcus, vedi se la schiava è di tuo gradimento. “Sara spalancò gli occhi, non voleva essere toccata da quell'uomo.

Un farfuglio continuo uscì dalla tua bocca. L'uomo incurante non si fece ripetere due volte l'ordine. Si avvicinò alle gambe legate della giornalista, inginocchiandosi e restando a dieci centimetri da quella vagina così curata. Sara riusciva a sentire il respiro dell'uomo sulle sue parti intime, ma non riusciva a vederlo avendo il collo bloccato. S'irrigidì. L'uomo aveva due enormi mani calde che riempirono buona parte degli interni coscia della giornalista, stuzzicandola ed accarezzandola, restando sempre nella partesuperiore delle gambe.

Con una mano si dedicò anche ai capezzoli che, causa acqua ghiacciata, erano dei piccoli bulloni, spremendoli tra due dita e poi passandoci soprala mano per strofinarli. L'uomo pose nuovamente le mani sugli interni coscia tirando fuori la lingua e dando una prima lappata piena nelle grandi labbra di Sara per poi ritrarsi. Una scarica di adrenalina colpì la giornalista che si sentì violata totalmente, una bambola di pezza immobilizzata. L'uomo riprese a leccare la vagina di Sara.

Cominciò così un turbinio di lunghe, lente e profonde lappate nelle grandi labbra…scariche per il cervello di Sara che iniziò a piangere ma sollevò leggermente il sedere. L'uomo intuì il movimento e fece presa su ogni coscia per tentare di aprire ancora di più il tesoro della giornalista. Prese a leccare lungo il contorno esterno delle grandi labbra, con precisione e dovizia, salendo poi lentamente su verso il clitoride. Sara cercò di restare lucida e mantenere il controllo, ma era difficile.

Era un bel periodo ormai che non subiva quei genere di “trattamenti” nelle sue grazie e lei era stata sempre estremamente sensibile e coinvolta, ma anche estremamente grata, ogniqualvolta un uomo le aveva dedicata quelle attenzioni. E quell'omone gigantesco ci sapeva fare, sapeva toccare i suoi punti deboli e minare la sua stabilità emotiva. L'uomo iniziò a tintillare il clitoride con la punta della lingua, prima lentamente, poi via via più velocemente. Ogni reazione di Sara veniva ripagata con una nuova leccata.

Sara era al limite; nonostante la situazione di prigionia stava godendo. Pesanti impulsi partivano dalle sue parti intime salendo fino su al cervello. L'uomo continuò imperterrito iniziando a succhiare il clitoride per alcuni secondi creando spasmi in Sara. Nel frattempo Miss Samantha prese a giocare con i capezzoli della giornalista, mettendosi alle sue spalle ed appoggiando il suo decoltè sulla sedia. Essendosi esposta molto in avanti, anche i seni di Miss Samantha strabordarono, mettendo in risalto due grossissimi capezzoli chiari, duri e grossi come bulloni.

Miss Samantha staccò la palla di gomma dalla bocca di Sara che cominciò ad urlare come un ossessa, spuntando saliva a raffica. La donna tirò fuori dal tascone un plugin nero di una decina di centimetri, non molto grosso, che cominciò ad insalivare con la saliva di Sara che abbondava vicino la sua bocca. Tenne ferma la mascella della giornalista, infilandole in bocca il plug per una maggiore salivazione e per mimare un pompino.

La donna passò l'oggetto insalivato e viscido nelle mani dell'omone che riprese a lappare le grandi labbra di Sara, scendendo nella zona perineale ed iniziandoa giocare con la lingua con le rosellina del sedere della giovane giornalista. Sara aveva smesso di urlare e piangere, ormai era un continuo ansimare e tremare, era in preda di un fortissimo orgasmo in posizione di totale immobilità. L'uomo aveva il viso completamente bagnato degli umori della donna ma non si fermò.

Prese il plugin e cominciò a strusciarlo tra le grandi labbra della donna, avendo come risultato un oggetto completamente viscido e lubrificato. Mentre riprese a succhiare il clitoride, iniziò a giocare col sedere della donna, inserendole e togliendole pian piano il plugin. Sara urlò di fermarsi con quell'oggetto, di non farlo, che avrebbe smesso di urlare e protestare. L'uomo alzò la testa per guardarla, le sorrise, le mollò due schiaffoni sui glutei che pian piano erano scivolati sulla sedia, venendo in evidenza, e poi le infilò con decisione il plugin su per lo sfintere provocandole un vuoto d'aria.

Il plugin entrò intero senza eccessiva difficoltà, considerato quant'era stato lubrificato e considerato che ormai Sara non era più vergine analmente. Il plugin aveva provocato un nuovo stimolo in Sara con l'uomo che le dava colpetti sull'oggetto per farlo sentire internamente. Un ultima succhiata del clitoride fu sufficiente per far vedere a Sara di nuovo il paradiso, esplodendo in un secondo orgasmo tremendo nel giro di pochi minuti. L'uomo si rialzò soddisfatto, succhiando i capezzoli di Sara e poi passandole la lingua in bocca contro il suo volere.

Sara sentì il sapore aspro dei suoi umori con quella lingua indiavolata che le aveva fatto perdere il controllo, friggendole il cervello. Dopo pochi minuti, Miss Samantha prese il posto dell'uomo tirando dal tascone un altro oggetto, una pompetta che andò a collegare al plugin inserito nello sfintere di Sara. Pian piano iniziò a pompare, piccole pompate leggere ma pur sempre ritmate. Sara drizzò pure le dita dei piedi, una delle poche cose ancora libere e si lasciò andare urlando “Oh no no no no…basta basta….

così mi apriiii” con occhi sgranati. Miss Samantha non fece caso alle parole della donna e continuò a pompare per qualche altro interminabile secondo. Sara era scesa un altro po' con il bacino, con le braccia completamente serrate in alto, per contrastare la costipazione che sentiva nel sedere e nell'intestino. Un qualcosa di molto grosso era al suo interno, una sensazione nuova ed improvvisa per Sara. Una situazione fastidiosa ma che – in qualche modo – le creò anche un sottile senso di scarica elettrica d'eccitazione che, parallelamente ad una nuova stimolazione del clitoride da parte di Miss Samantha, sfociò in un terzo e tremendo orgasmo riducendo la giornalista in una situazione di sfinimento ed incapacità a parlare.

L'unico verso nella stanza era il suo forte ansimare ininterrotto, quasi come una cantilena. Sara fu lasciata in quella posizione bizzarra ed oscenamente esposta dalle due persone che si andarono ad accomodare su un divano distante, tenendo comunque la giornalista sott'occhio. La mano di Miss Samantha scivolò subito nei pantaloni dell'omone tirando fuori un pene di notevolissime dimensioni, forse non largo e grosso come quello di Amir, ma sicuramente più lungo. La donna cominciò a leccare la cappella e fare su e giù con la testa voracemente, come un'assatanata.

L'uomo con una mano cominciò a strizzare i grossi seni della donna, mentre l'altra l'infilò nei pantaloni tentando un ditalino. La donna non si staccava da quell'enorme palo, insalivandolo e succhiandolo senza sosta. Dopo alcuni minuti di autentica furia, l'uomo prese per i capelli la donna e la mise faccia sul divano, abbassandole con una sola mano i pantaloni già sbottonati. Miss Samantha non portava biancheria. Messa la donna a pecorina, l'uomo puntò direttamente la grossa cappella sul suo sfintere, dopo aver lubrificato l'entrata con un po' di umori della donna, già completamente bagnata.

L'uomo cominciò a pomparla come un a****le senza sosta, alternando grosse impalate a forti sculacciate. La donna non fece una piega ed anzi spalancò ancora di più le gambe per sentire i colpi affondare con ancora più enfasi. Lo spettacolo a****lesco andò avanti per alcuni intensissimi minuti; l'uomo esausto eiaculò in maniera fragorosa, tenendo il suo arnese ben piantato nel suo culo negli ultimi istanti, quasi a voler sigillare quell'unione. L'uomo si staccò dalla donna, il cui sfintere risultò oscenamente aperto colando tutto il seme, regalo dell'uomo.

Dopo aver grugnito ed essersi lasciato andare soddisfatto della prestazione, l'uomo concluse con un lapidario “adesso voglio lei”. I due aguzzini riposavano ormai da qualche ora sul divano, dopo essersi accoppiati come a****li ed aver martoriato la povera giornalista. Sara era rimasta in uno stato di semi incoscienza dovuto alla serie di orgasmi fortissimi che le aveva eliminato tutte le forze e le resistenze. Si sentiva stanca, si sentiva sporca, lo stato di confusione era diventato parte di lei.

Ma soprattutto si sentiva oscenamente aperta e violata, sopraffatta. Le sue labbra erano diventate iper screpolate e secche, non mangiava e non beveva da tempo indefinito, aveva perso la cognizione del tempo, non avendo seguito il numero di albe e tramonti. Forse un giorno, forse due, forse una settimana…ormai per lei il tempo era diventato un concetto relativo. Non voleva dare ragione al Maggiore Smith, era ancora convinta che fossero tutti a cercarla. Sarebbe stata questione di tempo prima di essere liberata e gli aguzzini consegnati alla corte marziale del loro paese, qualunque esso fosse.

Sara aprì e mosse le labbra quasi a voler parlare. Un filo di fiato sfiorò le sue labbra senza far rumore. Riprovò. “acchhhh”, “acqhhhhhhh”. Cercò di mettersi un pochino in posizione più dritta, sebbene fosse totalmente legata a quella poltrona da torture. Mosse il bacino e fu sufficiente per ricordarsi quanto il suo sedere fosse stato violato e non fosse libero di muoversi causa dolore ad ogni movimento. “Acquuhhhaaa” “Acquaaaa” “Acquuaaaaaa”. Con l'ultimo tentativo pensò di essere stata abbastanza chiara e di aver parlato abbastanza forte.

Aveva sete, si sentiva spossata e disidratata. Urlò un'ultima volta con tutto il fiato in corpo. Sentì un rumore, forse quegli stronzi l'avevano sentita. DaMarcus, l'omone nero, si destò dal suo momento di siesta addrizzando la schiena sul divano. Miss Samantha dormiva ancora mezza nuda su di se. Comicamente le sue mani abbracciavano il suo grosso e lungo arnese che causa calore e respiro caldo della donna era ritornato duro. Spostò la donna, si alzò stiracchiandosi e guardò verso la giornalista.

Si mise gli scarponi, anche se era nudo dalla cintola in giù. Si avvicinò verso la donna col suo passo così altezzoso e fermo. “Cazzo vuoi schiava!” urlò guardandola con uno sguardo poco collaborativo. “Acqua per piacere, ho sete” pronunciò a bassa voce lei. DaMarcus si allontanò per alcuni secondi, tornando poco dopo con la pompa che avevano usato precedentemente per farla svegliare. “Apri la bocca schiava” disse e la giornalista seguì la sua richiesta.

“Tira fuori la lingua adesso” e Sara seguì quanto detto facendosi forza. L'omone aprì l'acqua ed un getto d'acqua, stavolta tiepida, colpì la donna bagnandola in viso, spostandosi poi su seno e ventre. Era stato meno fastidioso dell'acqua ghiacciata precedente, ma fu comunque un sussulto per la sua posizione di torpore. Sara si leccò le labbra per catturare quelle gocce, così insufficienti, che le erano arrivate sul viso. L'omone puntò la pompa sul suo grosso membro, completamente in tiro, e si gettò un abbondante getto d'acqua, lavandosi e massaggiandosi i suoi gioielli.

“Vuoi bere schiava? allora succhia” intimò l'uomo avvicinandosi di molto alla donna immobilizzata. Continuava a smanettarsi il cazzo guardando Sara ed appoggiando l'arnese quasi sulla sua pelle. “Vuoi succhiare vero?”Non completò la frase che si sentì una mano sulla spalla. Miss Samantha si era svegliata, anch'ella nuda, con uno sguardo tutt'altro che tenero. Sara guardò schifata l'uomo e spaventata la donna, non aveva la minima idea di farsi ritoccare o prendere quel coso in bocca.

“Vedila com'è schifata poveretta, non ha davvero sete” disse la donna appena sveglia. Sara dovette riconoscere che Samantha era una donna magnifica. Non truccata, appena sveglia, completamente spettinata e maltrattata dall'omone, ma Miss Samantha, anche così, sarebbe stato il sogno erotico e selvaggio di qualsiasi uomo, con quella pancia piatta, quella pelle liscia e quei due grossi seni completati da grossi capezzoli chiari. La donna toccò il membro dell'uomo e si abbassò per baciargli leggermente la cappella “Schiava sei sicura di no?”Sara fece un segno impercettibile di diniego con la testa, ficcandosi ancora di più nella poltrona, atterrita e schifata.

“Va bene, allora volevi solo farci perdere tempo. “. La donna si avvicinò, sgonfiò la pompetta, e senza grossi complimenti cominciò a tirare dal culo di Sara il grosso plugin. Dopo alcuni tentativi e tanta ribellione da parte della giornalista, il grosso affare venne fuori, non proprio nelle condizioni di base, mapiù grosso. Lacrime scendevano dalle guance di Sara, nuovamente violata. La donna tornò verso il divano prendendo un tubetto. Si avvicinò di nuovo alla donna passandole una crema sullo sfintere in fiamme, facendole poi un massaggio intensivo anche nelle sue parti intime.

Nella mano aveva anche un vibratore rotante, di quelli che girano in orizzontale, lasciando l'asta ferma. Si piegò e riuscì ad incastrare il vibratore in uno scompartimento della poltrona, in maniera tale che fosse ben fermo e puntato ad altezza parti intime della giornalista. Azionò il vibratore e si alzò. Sara da subito iniziò a muoversi. Il calore di quella pomata, unita a quella improvvisa vibrazione le diede nuove energie ed iniziò a tremare.

Miss Samantha guardò la donna e disse “Evidentemente non serviamo qui…se cambi idea chiamaci” prendendo l'uomo per il suo arnese dritto ed uscendo dalla visuale della giornalista. Sara iniziò a contorcersi, andando in panico per la situazione, perchè era sola e non poteva far nulla. Iniziava a sentire caldo, molto caldo, iniziava a sentire i capezzoli indurirsi, i glutei stringersi e quasi prendere aria dato lo sfintere lasciato aperto. Non voleva ricadere in una serie di orgasmi, ma era la vittima di una macchina infernale.

Non sapeva quanti minuti erano passati, forse dieci, forse mezzora, ma iniziò a stringere i denti perchè ondate di calore arrivavano al cervello, con le ginocchia che si sarebbero piegate per fermare l'orgasmo se avessero potuto. Provò a spostare il bacino, ma ebbe come risultato il vibratore che si poggiò in maniera fissa sul clitoride facendola gridare. Era un moto perpetuo, infinito. Le dita di mani e piedi si aprivano e chiudevano sotto tensione, iniziò a mordersi le labbra, quella pomata le aveva infiammato tutta la vagina rendendo tutte le pareti ancora più sensibili, aumentando il godimento.

Iniziò a piangere con continui spasmi urlando “bastaaaa bastaaaaa ahhhhhhhhh” ed ansimando a dismisura. Aveva bisogno di acqua fredda e subito, di refrigerarsi e stemperarsi, sentiva che il cervello la stava abbandonando. Fanculo! Poteva resistere facendo un pompino ma non poteva perdere la sua sanità mentale. Miss Samantha sembrava averla sentita, tornando con un'aria divertita “Ciao tesoro, hai detto qualcosa? Stai bene, ti vedo accaldata” le chiese con il più falso dei sorrisi che potè mostrale.

“Acqua per piacere, acqua fredda” chiese la giornalista. “Devo far tornare DaMarcus cara?” e Sara fece si con la testa iniziando a perdere lacrime. La donna si abbassò per spegnere il vibratore. L'omone si riavvicinò, anch'egli sorridente, con la sua pompa d'acqua. “Cosa devi dire a DaMarcus?” chiese la donna”Acqua per piacere…per piacere..””E poi?” continuò la mistress. “Va bene, ti farò un pompino, ma dammi l'acqua”. La donna si avvicinò a Sara bisbigliandole qualcosa nell'orecchio.

Sara la guardò con occhi spalancati, dicendo di no. La donna si abbassò minacciando di riaccendere quell'aggeggio infernale e Sara sembrò cambiare idea. “Va bene…farò quello che volete, ti spompinerò quel cazzo nero fino a quando non mi inonderai di sborra…. ti prego”. Quelle parole uscirono dal corpo di Sara così violente; Sara non pensava sarebbe riuscite a dirle ma era arrivata al limite e si piegò ai suggerimenti della donna. Il sorriso di DaMarcus diventò enorme; si avvicinò alla giornalista per sbloccarle quei blocchi che le tenevano fermi il collo, togliendo anche il poggiatesta, ma Sara sussultò comunque per la paura.

L'uomo regolò la pompa e la aprì adagio, puntando la bocca di Sara. La ragazza iniziò ad abbeverarsi, seppur in posizione abbastanza scomoda, leccando da quel gettito d'acqua, come fosse un cane. L'uomo si avvicinò, quasi in un momento di pietà, regolando meglio posizione e gettito in modo da essere più vicino e farla dissetare meglio. Dopo una bevuta che sembrò infinita, Sara scosse la testa per dire che aveva bevuto abbastanza. L'uomo lasciò la pompa ed iniziò a smanettarsi l'arnese.

Salì su un piccolo scalino attaccato alla sinistra della poltrona, trovandosi col suo arnese ad altezza della faccia di Sara. La donna chiuse gli occhi, ricevendo in tutta risposta uno schiaffo da DaMarcus. L'uomo le passò le dita nei capelli, bloccando poi la presa sul cuoio capelluto ed iniziando a muovere la testa di Sara a suo piacimento. L'uomo intimò alla ragazza di guardarlo negli occhi e prenderlo in bocca, come le aveva promesso.

“Forza puttana, da una schiava giovane come te mi aspetto molto. Succhia piano e succhia bene, prima la cappella, poi di lingua e poi tutto in bocca. “Sara si sentì portare con la testa sempre più vicino a quell'enorme arnese; dopo un nuovo sonoro schiaffo, fece le sue preghiere ed aprì la bocca. L'uomo le entrò piano in bocca, poggiando solo la cappella. Era enorme, Sara non aveva mai preso una cosa del genere in bocca.

Era stata sempre un'amante del sesso orale, fatto e ricevuto, ma sebbene non fosse mai stata con sottodotati o sfigati, quella cosa era gigantesca, di marmo, nodoso, era come dover gestire un tronco. L'uomo cominciò ad usare Sara come un oggetto…la sua testa andava avanti ed indietro, gli schiaffi le ricordavano quando aprire di più la bocca o guardarlo negli occhi. Sara era riuscita a prendere in bocca solo metà di quell'arnese, iniziando già a salivare.

Non avendo la possibilità di dare il ritmo e poter usare le mani, era in balia dell'uomo che – di tanto in tanto – le faceva mancare il respiro. L'uomo iniziò ad andare in fondo alla gola col suo cazzo, rendendo Sara paonazza in volto, pronta a vomitare. Uno, due, cinque volte, quando finalmente tirò fuori l'asta per farla respirare. Sara prese un grosso respiro ma rivide quel torno tornare verso di lei. Ora andava meno in profondità, ma era più rapido e lei iniziò a sbavare ma, inconsciamente, iniziava anche ad eccitarsi.

Quella cosa dura in bocca la stimolava, dovette ammettere. Purtroppo per lei, sembrò accorgersene anche Miss Samantha che scese verso le sue intimità iniziando a sditalinarla. “Continua negro, la zoccola si sta scaldando…faceva tanto la santarellina…”. L'uomo continuò andando a fondo o restando solo con la cappella in bocca, in un vortice infinito. Uscì un paio di volte il suo tronco e lo usò per schiaffeggiare sulle guance la povera Sara. Le sue mandibole erano in sofferenza, era imbrattata di saliva e non sentiva più i capelli per quanto le erano stati tirati.

Sentiva caldo, quel diavolo di Samantha la stava di nuovo sditalinando a dovere e sembrava non voler smettere. Tutto peggiorò quando la mistress tirò di nuovo in ballo il plugin, iniziando a rigiocare con lo sfintere della giornalista. Sara cercò di protestare, ma con la bocca piena potè fare ben poco. Fece una cazzata; nel tentativo di parlare, morse la cappella dell'uomo che tirò fuori l'arnese addolorato e le mollò un ceffone. Miss Samantha intanto soddisfatta rimise il plug nel sedere della donna e cominciò a rigonfiarlo.

“Zoccola, mi hai morso…vedo che a te le buone maniere non piacciono”. Miss Samantha nel frattempo si era rialzata, prendendo il cazzo dell'uomo, coccolandolo e baciandolo come se avesse in mano un bambino. L'uomo si spostò dal lato della poltrona per piazzarsi davanti a Sara che era sprofondanta nel fondale. Iniziò a passarle i polpastrelli sulle cosce oscenamente legate e spalancate, avvicinandosi con il suo arnese. Sara capì e col terrore negli occhi urlò di non farlo, che non l'aveva fatto apposta ed era pronta a scusarsi, spompinandolo a dovere.

Il cambio del suo linguaggio fu involontario, ma nella paura aveva preso a parlare come le era stato imposto da Miss Samantha. L'uomo non volle sentir ragioni, avvicinandosi ad un centimetro dalla vagina di Sara ed iniziando a strusciare col suo membro contro di lei. Sara, consciamente o meno, era un lago lì sotto. Miss Samantha aveva fatto un ottimo lavoro su di lei. Quel plug nel sedere, di nuovo, le aveva dato il colpo di grazia, facendole eruttare ulteriori umori.

L'uomo entrò lentamente ma deciso, facendo sgranare gli occhi di Sara che, dopo averlo preso con fatica in bocca, si ritrovò a prendere quel palo anche nella sua cosina restando senza fiato. Le pareti della sua vagina tirarono sin da subito contro quel prodigio della natura. DaMarcus non le sembrava essere così attaccato, ma già aveva messo metà del suo arnese in lei ed aveva iniziato a pompare. Il suo era un procedere lento e profondo, il tipo di andamento che Sara soffriva di più, perchè ogni spinta le arrivava direttamente al cervello.

Aveva sempre trovato eccitanti le scopate lunghe ed estenuanti, dove si scaricava pian piano. Le sveltine erano sempree solo messe di prima mattina, nei giorni in cui faceva tardi per concedersi e fare le cose per bene. L'uomo continuò lento ma incessante, ponendo un pollice sul suo clitoride ed iniziandola a stuzzicare. Sara iniziò a muovere la testa, chiedendo di fermarsi, ma era chiaro che iniziava a godere in maniera intensa, non riuscendo a finire le parole.

I capezzoli erano diventati due bulloni ed erano sotto la tutela diMiss Samantha che non perse tempo a tirarli in maniera decisa. La mistress stupì Sara salendo sulla poltrona, in mezzo alle sue gambe e, con l'aiuto di DaMarcus, mettendosi in posizione opposta alla sua. Si trovò a fare una sorta di verticale ed, alla fine, poggiandosi con le ginocchia all'altezza di Sara, si trovò con la sua testa difronte alla sua vagina. Erano in una forma quasi a 69.

La mistress aveva una forma fisica invidiabile, riuscendo a restare poggiata sulle braccia e con le gambe in alto. Con un colpo, spinse il busto e le anche un po' più indietro; la sua vagina finì in faccia a Sara, incredula e sconvolta. L'ultima cosa che voleva era leccare la fica di una donna. Chiuse forte la bocca e gli occhi per ritrarsi a quello scempio. La donna non si perse d'animo cominciando a sditalinarsi con il naso di Sara, in maniera incessante e convulsa e mantenendo un equilibrio prodigioso.

Parallelamente DaMarcus si staccò dalla figa di Sara per metterlo in bocca alla Mistress che cominciò a dondolare avanti ed indietro con doppio godimento. La resistenza di Sara durò poco; gli umori di Samantha le avevano riempito il naso ed aveva aperto bocca e lingua. La mistress non perse tempo andando a fondo col bacino per godere ancora di più. Samantha iniziò a masturbare fortissimo Sara che, già ipersensibile, continuò a perdere umori e perseil controllo anche della sua bocca che, ormai, stava proprio mangiando la figa di Samantha.

La donna continuò qualche altro minuto a prendersi il piacere fino a quando, con un'altra mossa da circense, si liberò da quella posizione e scese dalla poltrona. Sara non capiva come avesse fatto e che sensazioni le avesse lasciato lappare una donna…era confusa, ma era un fuoco e DaMarcus riprese a penetrarla. Ormai era una lotta allo sfinimento. Quell'uomo l'aveva trapanata lasciando un traforo in lei, quel palo piantato nel culo e le dita della mistress avevano fatto il resto.

Era senza umori, completamente scarica ma, dovette ammettere, complemtamente libera di testa con il cervello che le aveva fatto sentire tutto il piacere degli ultimi tre anni almeno. L'uomo continuò un altro minuto o due ad infierire violentando ormai senza ostacoli la donna. Al culmine del piacere, anche lui sali sul seggiolo della poltrona, tra le gambe spalancate della donna, puntando la testa della giornalista e scaricandole tutto il suo seme. Sara, dopo l'esperienza con Samir, si ritrovò nuovamente inondata di sperma e totalmente imbrattata.

Era così scarica ed aveva goduto così tanto che la cosa non la disturbò più di tanto. Le mani della mistress si poggiarono sul suo volto come a volerle spalmare tutto quel seme. Con una mano aprì la bocca della giornalista e le fece leccare gli ultimi rimasugli, senza avere obiezioni, con la ragazza che ormai prese senza protestare tutto quello che le veniva fatto. Alla fine la giornalista fu slegata e fatta scendere da quella poltrona infernale.

L'unico impedimento lasciato fu il plug nel culo. Sara non riuscì a mantenersi in piedi, le ginocchia le cedevano e piano piano fu fatta poggiare a terra dove si mise spalle per terra e con le cosce di nuovo spalancate. Adesso le avevano lasciato un po' di libertà ma, dopo quella esperienza, non riusciva a chiudere le gambe ma, soprattutto non aveva più alcuna vergogna a farsi vedere esposta. La sua dignità stava andando a farsi benedire.

“Tieni mangia, te lo sei meritato” urlò la mistress gettandole contro un qualcosa nella stagnola, forse un panino. Sara, con molta fatica, prese quel pasto tra le mani ma, tramortita, dopo alcuni minutì si assopì per terra…distrutta…. umiliata…ma scopata ed avendogoduto come mai nella sua vita. Sedici ore. Due terzi di una giornata completa. Il tempo più lungo passato in aereo da capo a capo del mondo. Il tempo, il numero di ore consecutive passate alla base della redazione nel giorno in cui l'ultimo grosso nemico della nazione era stato preso, in attesa di notizie dai colleghi.

Sedici ore…. e niente di tutto questo. L'ultima giornata era state devastante per la psiche ed il fisico di Sara, trattata come una bambola di pezza nelle mani dei suoi aguzzini. Svuotata..sfibrata..prosciugata di forze fisiche e mentali…Non che gli altri giorni fossero stati tranquilli, ma l'ultimo giorno aveva rappresentato un punto di rottura per la giovane giornalista in quel maledetto luogo. Sara, da quando era svenuta per terra alla fine dell'ultima sessione, aveva dormito per sedici ininterrotte ore.

Una sorta di c***, una sorta di scollegamento dal mondo, una pausa richiesta dal suo corpo dopo i giorni passati a godere e svenire all'improvviso, quando il cervello andava in sovraccarico di emozioni. Aprì piano gli occhi, la sua testa non fece pensieri, era vuota, credeva fosse tutto un sogno…. di nuovo. Di nuovo…. era tutto vero. C'era qualcosa di diverso però…non era per terra, non era su un cartone, non sentiva le mani legate….

mi avranno liberata? sono salva? pensò…Provò ad alzarsi di shitto, ma il cerchio alla testa e la pressione instabile furono un monito della cattiva scelta. Così svuotata non sentiva nemmeno dolori, sembrava fosse su una nuvola. C'era il bianco, mosse gli occhi e notò che c'erano delle lenzuola sotto di lei. Lentamente fece pressione con una mano sul suo giacigliò e si accorse di essere su un qualcosa di morbido, forse un materassino o qualcosa di soffice.

Era spaesata per l'introduzione di questi confort. La stanza era in penombra, riuscì a vedere solo le grandi arcate bianche che la sovrastavano. Non ricordava queste forme architettoniche. Di nuovo il dubbio…sono salva? dove sono?Decise di provare ad alzarsi nuovamente, con più calma, per evitare nuove emicranie , per capire la sua realtà. La realtà si manifestò nuda e cruda. Mettendosi a sedere sul letto risentì, tutto d'un botto, nuovamente quel riempimento, quella presenza ingombrante proveniente dal suo di dietro.

La sensazione le fece partire un attacco d'ansia, nonostante non fosse una novità. Mise a fuoco la stanza e la zona circostante. Difronte a lei, a meno di un metro dal bordo del letto, c'era uno specchio. Un nuovo maledetto specchio, come la prima volta che si era svegliata in quel maledetto luogo. Niente era cambiato, era ancora lì!Rimase a fissare la sua immagine allo specchio. Senza trucco, con i suoi capelli chiari sporchi, impastricciati, con gli occhi leggermente scavati, sembravaun'altra persona.

Fu felice di notare che, come aveva avvertito, polsi e caviglie erano libere, ma la sua felicità fu smorzata dalla visione di un collare intorno al suo collo. Per fortuna non era di metallo, sembrava di cuoio ben aderente alla pelle, con una catena che partiva nella parte posteriore. Non si mosse, provò a respirare, provò a mettere i due pollici sotto il collare per vedere lo spazio libero dal collo. Si rifissò allo specchio, sembrava veramente una schiava sessuale come aveva visto in passati reportage di guerra, ma non solo.

Purtroppo – anche con le forze alleate – nei vari accampamenti, in piena notte, era capitato di spiare gruppi di militari amici giocare con donne civili e nude in situazioni promiscue, spesso passate tra i giovani uomini tramite collare strattonato…come fossero cagne. Sapeva, come anche raccontato dal maggiore Smith in quel palazzo, che i rapporti tra militari erano difficili e complessi, pertanto queste donne, queste schiave,era un ottimo passatempo senza complicazioni, specie in periodi così lontano lunghi da casa.

Aveva sempre chiuso la bocca in questi rari eventi, sapeva che capitavano, ma aveva provato pietà per queste donne così usate e sfruttate, non potendo fare niente per loro in un ambiente così chiuso e omertoso. In quelle rare occasioni però gli occhi erano rimasti aperti un secondo di troppo e le era capitato di vedere come i vari militari palpavano, sculacciavano, usavano, si passavano queste donne, senza freni o cortesie…. scappando poi in condizione di disagio nella sua tenda.

Era quello il suo futuro? Era così che avrebbe passato i prossimi mesi? Le parole del maggiore Smith a lasciarsi andare e godere del momento l'avevano colpita,erano state dure da sentire e da digerire. “Nessuno ci verrà a prendere”…la frase rimbombava nelle sue orecchie ogni volta. Non poteva negare che nei giorni precedenti, nonostante le angherie, aveva goduto come mai in vita sua. Ma provò ad essere lucida, non credeva a quello che stavapensando o farneticando.

Doveva restare concentrata, qualcuno sarebbe venuta a salvarla. Tornò a guardarsi allo specchio, notando un colore più scuro intorno ai capezzoli, martoriati da quel diavolo di Samantha. Aveva fatto un lavoro infernale sudi lei. Provò a toccarsi i capezzoli, ma il solo contatto li riportò su dolorosi ma appuntiti. Si girò con la testa, constatò che la catena era abbastanza lunga da darle una certa libertà e provò ad alzarsi, compatibilmente con la pressione dell'oggettonel suo sfintere.

Appena alzata, un crampo assurdo colpì il suo stomaco, provocando un suono fortissimo. Il suo stomaco era vuoto da giorni e chiedeva nutrimento, emanando brontolii udibilissimi. La sua debolezza la convinse a risedersi pian piano prima di sbattereper terra, anche perchè il suo stomaco si lamentava senza sosta. Si rimise a letto, decisa che avrebbe parlato con gli aguzzini per avere un po' di pietà. Voleva essere forte e dura, era convinta di riuscire a guardare negli occhi Samantha, da donna a donna, cercando di portare fuori l'ex militare alleato che era stata.

Nella peggiore delle ipotesi avrebbe proposto un pompino, come in occasione della richiesta d'acqua, ma doveva mangiare, aveva fame, era al limite. Si ridistese ed anche il suo stomaco sembrò rilassarsi. Cadde in uno stato di dormiveglia, abbastanza cosciente, per una nuova oretta, in completa modalità da risparmio energitico, fino a quando la procace figura di Miss Samantha si pose tra lei e lo specchio. L'impulso non fu immediato. Sara ci mise alcuni secondi prima di realizzare l'arrivo della donna e shittare all'indietro sulla spalliera del letto con gli occhi sbarrati pieni di paura.

“Buongiorno principessa..vedo che ci siamo fatti una gran dormita, hai dormito quasi per un giorno intero. ” esordì con un falsissimo sorriso la donna malefica. Il suo vestiario era strambo. Sopra un tacco 15 probabilmente, portava solo delle autoreggenti chiarissime e scure senza slip. Nella parte superiore era presente solo un reggi seno che lasciava totalmente scoperti i seni, sorreggendoli. “Ho fame. Miss Samantha ho fame, te lo chiedo per piacere. Abbi pietà di me.

“. Sara fu diretta con la donna, come aveva escogitato, col massimo della cortesia, in un misto di disperazione. Fissò la donna nel tentativo di impietosirla e creare un legame con lei. La donna le sorrise in maniera compassionevole e si mise a sedere sul bordo letto. Si girò, alzando una mano e muovendo il dito indice a mo di inchino. Dall'oscurità, dopo qualche secondo, ricomparve DaMarcus in una strana mise. Stavolta era completamente nudo, mani dietro la schiena che sembravano legate ad una catena che si ricongiungeva sul collo, come attacco di un collare.

Anche lui sembrava uno schiavo con il suo arnese già in tiro…Sara era veramente senza parole. “DaMarcus hai sentito la nostra cagnetta? Ha fame..” disse la donna. “Cagna, dov'è il cibo che ti abbiamo dato ieri? E' così che ci ringrazi? Siamo stati buoni e ci chiedi pietà?”Sara aveva completamente dimenticato il fatto. Era vero, le avevano lanciato un qualcosa nella stagnola per rifocillarsi, ma non ricordava. Era sicura di non aver mangiato nulla, morta di fame com'era, ma era altrettanto sicura di aver toccato ed avvicinato a se quel pasto prima di svenire.

Che fine aveva fatto? Cosa doveva inventarsi ora per riaverlo?”M-m-mi sono addormentata, non ho mangiato, scusate. Potrei riaverlo per piacere?” piagnucolò la giornalista. “Negro, la schiava ci sta forse dicendo che le abbiamo rubato il pasto? Che non siamo stati gentili con lei?””Ci vuole fregare, ti avevo detto di non essere misericordioso con lei, io fotto lei, non lei fotte me!” abbaiò l'uomo. “Fanculo troietta. Ci stai dicendo che ti abbiamo fregato. Puoi anche morire di fame.

Andiamocene cazzone” rispose improvvisamente dura la mistress, alzandosi e prendendo l'uomo incatenato dal suo arnese. Sara era disperata, i crampi stavano tornando e non voleva far sentire il rumore del suo stomaco. Ma non poteva rimanere da sola, sarebbe morta. “A-a-aspettate, non lasciatemi sola, vi prego…ho fame. ” disse Sara, vergognandosi come non mai. Samantha si fermò. “Perchè dovremmo ripensarci schiava? Ci vuoi solo fregare dopo tanta bontà”. Sara fece leva sull'istinto di sopravvivenza, affondando la sua dignità.

Abbassò gli occhi e disse “faccio un pompino all'omone in cambio del cibo di ieri. “Samantha sghignazzò, dando le spalle al letto e piegandosi verso l'arnese dell'omone. Tra i suoi tondi e pieni glutei bianchi spuntava un grosso plug nero, dalla base grande e disegnata. La donna cominciò a sputare sulla cappella dell'uomo succhiando velocemente, dandogli schiaffi sulle palle. “Se penso di vedere un pompino, non starò di certo ad aspettare te” rispose aspra la donna ancora salivando, tenendo energicamente il cazzo in mano.

“Forza andiamocene da questo cazzo di posto” riprese, rialzandosi e tenendo l'uomo solo per la cappella del suo cazzo. L'uomo sussultò un attimo. Sara vide i due girarsi e partire ed iniziò a piangere. Per lei sarebbe stata la fine da sola in quel luogo. Non sapeva nemmeno dove fosse il maggior Smith, se era ancora lì e se l'avrebbe mai rivista. “Vi pregooo” urlò la giornalista e fece qualcosa d'istintivo, senza pensarci. Si girò sul letto, mettendosi a 90 gradi ed esponendo le sue grazie.

“Vi pregooo” continuò. Samantha si fermò girandosi ed il suo viso si illuminò in un istante. Col il suo pollice continuò a massaggiare la cappella dell'omone. Tornarono indietro e la mistress, con la mano libera, accarezzo le natiche della donna, passando poi con l'esterno della mano verso l'interno coscia. Con l'indice della mano tastò le grandi labbra della donna dandole uno schiaffo affinchè aprisse di più le gambe, abbassando il busto. Sara obbedì. “Che cosa mi vuoi dire cagna?” riprese calma la donna.

“Vi prego, datemi da mangiare, poi lui mi può riscopare. ” disse Sara. “Lui Può? Ci stai dando ordini e dicendo quello che dobbiamo fare cagna?” continuò la mistress. “Io ti dò da mangiare, io ti dico cosa farai. O io me ne vado ed io ti abbandono qui al tuo destino. ” abbaiò decisa la donna. Sara ebbè un breve tremolio, respirando profondamente. Passarono alcuni secondi e poi, sempre nella posizione a quattro zampe, rispose “V-v-va bene”.

Samantha le mollò una sculacciata sulla natica destra, le prese le grandi labbra con una mano chiudendole in un pizzico e poi disse “girati cagna”. Quello che avvenne sciccò Sara. La donna fece due passi arrivando a pochi centimetri da lei. Poi alzò la testa ed allungò una mano, tornando con un qualcosanella stagnola. Il suo pasto era ed era rimasto sopra la sua testa per tutto il tempo e Sara non se ne era accorta, arrivando a vendere se stessa!Imprecò in silenzio, maledicendosi, mentre con entrambe le mani prendeva il pasto in mano alla donna.

Era una stupida, era una dannata poco di buono!Samantha ritrasse all'ultimo la mano, guardando la ragazza dicendo “Cagna, abbiamo un patto? O sei morta. “. Sara serrò la mascella fissando la donna e, dopo pochi secondi che sembrarono interminabili, fece un lievissimo cenno affermativo con la testa. La stagnola tornò nelle sue mani e, in 5 minuti, Sara divorò ferocemente quell'abbondante panino, come se non mangiasse da una vita. Samantha la guardò e disse “ora che la cagna è sazia, la cagna deve lavorare.

Torniamo tra un'ora. Devi essere a 4 zampe e ti voglio sentire già abbondamentebagnata. E' meglio per te se non disobbedisci!” ed andò via con l'omone, tirandolo stavolta per la catena. L'ora fu lunga e Sara ebbe modo di pensare. Passò tutta l'ora come ordinanto da Samantha mettendosi già a quattro zampe e cercando una posizione comoda. Aveva il terrore di vederla spuntare all'improvviso facendosi trovare impreparata. La parte difficile era eccitarsi in un momento così difficile.

Tremava, tutto il sangue era al cervello, sentiva un leggero freddo di paura, era impossibile lasciarsi andare. Chiuse gli occhi, adeguò il respiro, cercò di scacciare i continui pensieri. Le venne in mente il Maggiore Smith che le diceva di lasciarsi andare; le venne in mente il maggiore Smith che si faceva inculare da Samir ed ebbe un brivido. Le venne in mente il maggiore Smith prima di essere rapita, imprigionata in una gogna con quel culone esposto al pubblico uso.

Ed iniziò a sentire caldo, col dito che leggermente cominciò ad entrare nella sua vagina bagnandosi, per poi navigare verso l'esterno, verso le labbra, finendo per toccare e fermarsi sul clitoride. Doveva restare calma, dopotutto sarebbe stata solo una scopata come il giorno precedente. Alla fine era andato tutto bene, aveva goduto come mai ed ora era anche meno bloccata, poteva essere più comoda. Si fece coraggio…”Lasciati andare” pensò, ricordando il Maggiore. Sentì i tacchi, il momento era vicino e si sgrillettò più velocemente per non farsi trovare impreparata.

“Ferma!” urlò Samantha e Sara, come un robot, smise di muoversi. La donna tornò bendandola all'istante, il buio calò su Sara. La donna le afferrò il collo, imponendole di abbassarsi. Due ceffoni sul sedere le ricordarono di rimanere ben esposta. La donna la tirò un pò più indietro, trovandosi con le ginocchia verso fine letto. Sara immaginò che così sarebbe stata più al servizio di DaMarcus. Samantha si mise a cavalcioni sul collo di Sara, nel verso contrario alla sua testa, bloccandole di fatto la possibilità di alzarsi.

Fortunatamente la catena era lunga e non tirava molto. Samantha cominciò a passare entrambe le mani sulle gambe di Sara, facendo muovere solo i polpastrelli che volavano leggeri sulla pelle. Con le dita di entrambe le mani si posizionò sulle grandi labbra aprendole e chiudendole in un massaggio ritmato. Nel massaggio pian piano fu coinvolto il clitoride e Sara involontariamente cominciò a bagnarsi. Quella maledetta donna sapeva farla gemere!Sculacciate e dita nella vagina si alternarono fino a quando Samantha vide Sara bagnata al punto giusto.

Provò a pizzicare i capezzoli indolenziti di Sara, avendo come risposta un sobbalzo di Sara. La donna non gradì mollando un ceffone sulla vagina della ragazza – “ti conviene rimanere col culo alto e le gambe aperte se non vuoi un bis” tuonò la donna. E Sara spinse all'indietro col massimo delle sue forze. Era un bel vedere e Samantha ne gustava la forma delle chiappe tonde e rosse, col quel plug nero di contorno, e della vagina depilata e leggermente aperte dallo specchio difronte, compiacendosi del lavoro.

Mosse il dito indice verso l'oscurità come invito a qualcuno ad avvicinarsi. L'indice venne spostato verso la bocca per dire di far silenzio. Alla luce venne fuori non solo DaMarcus, l'atteso da Sara, ma tutto il plotone conosciuto, composto dal suddetto più Samir, Dan e Ion, i militari conosciuti, si fa per dire, nei giorni precedenti. Il patto stipulato da Sara sarebbe stato particolarmente sudato. DaMarcus fu il primo ad iniziare e, con la lingua, cominciò a stimolare le grazie di Sara.

La giornalista riconobbe il tocco perchè quell'uomo l'aveva già messa in difficoltà nei giorni scorsi. Fu di nuovo lento e preciso sull'esterno e sul clitoride, giocando con la lingua, succhiando, per poi andare di profondelappate. Sara ebbe l'istinto di piegare le gambe, le ginocchia volevano cedere su tanto ardore, stava mugolando, ma un pizzico di Samantha sui capezzoli la fece tornare sull'attenti. I capezzoli erano dei chiodi esplosivi dolenti. Samantha aprì ancora di più le gambe della giornalista per DaMarcus che, legato con le mani all'indietro, non poteva usare gli arti.

L'omone si avvicinò al bersaglio e stavolta entrò deciso e profondo. Sara sussultò emettendo un ululato ma riuscì a tenere la posizione senza piegarsi, i capezzolile duolevano già senza ulteriori pizzichi. L'uomo mantenne un ritmo costante andando in profondità; Samantha sosteneva il ritmo spingendo verso i suoi coglioni le chiappe di Sara, schiaffeggiandole di tanto in tanto. Dopo una decina di minuti l'uomo si fermò e si mise di lato, lasciando il posto a Samir.

Samir aveva un arnese leggermente meno grosso di DaMarcus, ma un po' più lungo. Dopo aver usato la bocca di Samantha per lubrificarsi un po', si appoggiò con le manone alle sue spalle e penetrò Sara senza troppa cortesia. La ragazza ebbe un nuovo sussulto, quel cazzo sembrava volesse sfondargli lo stomaco e non riuscì a mantenere la posizione, prendendosì nuove sculacciate e nuovi pizzichi sui capezzoli da Samantha. Durante l'azione di Samir, Samantha cominciò a giocare con un dito con il plug di Sara, passandoci un po di saliva e girandolo e provandolo piano piano a togliere.

Sara faceva grossa pressione e Samantha ripassò una mano sul capezzolo di Sara. La ragazza si rimise sull'attenti all'istante, restando in balia della donna. Nulla potè quando Samantha riuscì a sfilarle con forza il plug. L'impetò di Sara fu tale da spingere all'indietro Samantha ed abbassare le gambe. La mistress non prese bene la disobbedienza. La donna prese per i capelli Sara, invitandola a girarsi, mettendosi spalle sulle lenzuola. Risalì a cavalcioni, mettendole per esposte figa e culo sul suo viso e cominciando un gioco in avanti ed indietro.

Nel frattempo prese le caviglie della donna, portandosele verso di se, altissime. Ora toccava a Dan e Ion che si alternarono nella figa della giornalista per un totale di venti minuti. Ogni minuto che passava i rumori che sprigionava l'impatto degli uomini sulla figa di Sara aumentavano di volume. Stava godendo senza sosta. Anche Samantha, con quel trattamento, cominciava a godere e cambiò il movimento del suo bacino in movimento circolare. Nel frattempo DaMarcus salì piedi sul letto e si posizionò sulla sua bocca, regalandogli un fantastico pompino.

Dopo circa cinquanta minuti di sesso non stop, Samantha si spostò dalla faccia di Sara, che annaspava tra i suoi umori. Samir fu fatto sedere a gambe spalancate sul letto e Samantha portò la faccia di Sara verso l'arnese dell'uomo, per un ultimo pompino. La ragazza si muoveva spinta per capelli dalla donna, che le impedì di usare le mani e che la fece rimettere a carponi per avere una buona stabilità. Il cazzo di Samir era enorme perciò la ragazza non ebbe fatica a prenderlo in bocca.

Era così sovrastata dagli eventi che quel gesto, un pompino, così schifato nei giorni precedenti, fu per lei un gesto quasi normale, meccanico. Tanto ormai non era più il primo pompino a DaMarcus pensò, bendata com'era. Sara continuò a succhiare per qualche minuto, mentre Samantha le stuzzicava il buco del culo con le dita e col plug, lasciandolo mezzo inserito per mantenernela larghezza massima. Sara non sapeva in che condizioni fosse il suo sfintere, sperava leggermente aperto, ma lo specchio alle sue spalle cominciava a raccontare un'altra realtà.

Samantha dopo qualche attimo fece cenno ai due uomini di mettersi ai due lati del letto e a DaMarcus di salire sul letto, dietro Sara. Le mani di Sara vennero guidate a prendere qualcosa, ad impugnare un oggetto. “Guai a te se li molli” ringhiò la mistress. Il cazzo di Dan finì nella sua mano sinistra, quello di Ion nella destra. La mistress rimane con le mani vicino a quelle della ragazza, per assicurarsi che non facesse scherzi.

Sara, con un secondo di ritardo, capì tutto. Non stava gestendo solo un cazzo, aveva in giro tre cazzi. Si bloccò un attimo, fissando la schiena, ma il palmo di Samantha intorno ai suoi seni ed il sussurrare alle orecchie di sue minacce, la fecero desistere dal fare cavolate. Iniziò un processo ritmato tra bocca e mani che si alternavano nel dare goduria ai tre uomini. Si sentiva veramente sporca ora, ma aveva preso il ritmo e, in equilibrio precario, stava andando avanti con foga come un automa senza volersi fermare.

La doccia fredda finale arrivò quando sentì un quarto cazzo spingere nuovamente nella sua fessura e riprendere a pompare con vigore. Per la sorpresa e la foga dell'uomo rischiò di strozzarsi con il cazzo di Samir andato troppo a fondo, non potendo gestirlo con le mani. Con due sculacciate sonorosissime Samantha la fece riflettere dal fare scemenze e la ragazza, sbavando a più non posso, riprese piano piano il ritmo, dovendo gestire anche un cazzo dietro.

Sembrava un polpo, era una cagna che veniva usata da quattro uomini. Dopo altri quasi 10 minuti di ritmo tribale, Samir prese la testa di Sara e la spinse più a fondo…era arrivato al limite. La ragazza perse l'equilibrio, finendo contro il suo arnese. I due uomini ai lati si misero al fianco di Samir, finendosi di smanettare da soli. DaMarcus, con le mani liberate nel mentre da Samantha, riprese da dietro la donna e riprese a pompare.

“Fammele spaccare il culo” ringhiò come un ossesso l'omone, ma con estrema calma Samantha risposte “Il suo culo è già promesso, stai calmo bestia. “Sara, ferma in una morsa dalle possenti braccia di Samir, continuò a pompare con la bocca fino a quando l'uomo con gli esplose vigorosamente in bocca,scaricandole in litro di sperma. L'uomo la tenne bloccata fino a quando non finì, non permettendo alla donna di scansarsi ma obbligandola ad ingoiare. La giornalista ingoiò il possibile, ma perse molto seme che le sbavò addosso.

Non fece in tempo a liberarsi dalla morsa di Samir che, a testa, prima Dan e poi Ion, reclamarono il loro momento di scarico e vennero ciascuno addosso alla ragazza che veniva passata e mantenuta per capelli. Sara iniziò ad avere difficoltà a respirare per la quantità di sperma addosso, ma non era ancora finita. DaMarcus la prese per i capelli da dietro, obbligandola a girarsi a 4 zampe. Samantha accompagnò la scena con sonore sculacciate; gli altri uomini a loro volta sculacciarono o inserirono le dita nelle fessure scandalosamente esposte della ragazza.

Sara sapeva che DaMarcus aveva una pompa di sperma e si preparò al peggio. L'uomo fece staccare la catena e la fece scendere dal letto facendola mettere in ginocchio davanti al suo membro e tappandole il naso. Le ultime due smanettate e l'uomo collassò in un orgasmo feroce inondando la ragazza che, a bocca aperta, si trovò riempita nuovamente di seme. L'uomo la schiaffeggiò affinchè ingerisse e leccasse tutto dalle labbra e da terra, come una cagna.

Sara obbedì senza tante storie, seguendo le indicazioni e le strattonate dell'uomo essendo ancora bendata. La ragazza fu fatta rimettere a carponi da Samantha che le inserì nuovamente con due schiaffoni il plug nel sedere e la tirò subito su senza darle la possibilità di abituarsi all'oggetto ingombrante. Fu finalmente sbendata. Le girava la testa, la visione di quegli uomini nudi la lasciò attonita. Aveva scopato con quattro uomini ed una donna, usata a loro piacimento, e non aveva avuto tempo di avere paura o vergogna.

Aveva goduto come una bestia. Samantha le accarezzò la testa come si fa con un cane ubbidiente e le disse “brava cagnetta, inizi ad imparare. Ora abbassati e bacia ogni cazzo ringraziandolo per ogni orgasmo avuto. ” e tirò Samantha verso DaMarcus. DaMarcus la fece piegare in ginocchio ed disse “Bacia cazzo e palle ad ognuno di noi, senza sporcarci di sborra. “. Sara obbedì ed in cinque minutì ringraziò i membri dei quattro uomini che, di risposta, apprezzarono con una sculacciata a testa.

Alla fine Sara ritornò vicino la sua padroncina che la riaccarezzò come una brava cagnetta. “Hai fatto un lavoro decente, cagnetta. Ora mettiti a quattro zampe ed accompagnaci alla porta. “Furono duecento metri umilianti ,davanti ai cinque aguzzini, camminando come una cagna per terra, sporca, esposta e con un plug nel sedere. La vergogna iniziava a mischiarsi sempre più col piacere, con la leggerezza della testa, col sentirsi sporca ed usata…e non era più così umiliante dovetteammettere.

Samantha le prese i capelli e le disse “tra tre ore verrai a quattro zampe fino a quella porta, busserai e ti girarei mostrando il culo bello alto. Hai capito? Sopra il letto c'è l'orologio, non accetterò ritardi..tornatene a letto cagna e riposa”. Le mollò una sculacciata finale ed indicò ai quattro uomini di andar via. Samantha rimase a guardare soddisfatta la sua cagnetta che ritornava a cuccia, come richiesto. Un sorriso abbozzò sul suo volto.

Una volta abbandonata dai suoi carcerieri, Sara si avviò di nuovo verso la stanza assegnata, come le era stato ordinato, gattonando lentamente nella sua camminata a quattro zampe. Arrivata sul letto, dopo esserci alzata dalla sua posizione a terra, si rese conto di quello che aveva fatto. Nessuno le aveva ordinato di andare a quattro zampe, nessuno l'aizzava da dietro o la seguiva…eppure era tornata in stanza in quella posizione, come voluto in precedenza da Samantha.

La cosa la turbò molto, doveva sembrare ridicola ad andare in giro a quattro zampe, nuda e con un palo nel sedere. Fortunatamente ora era sola, poteva riposare. Ripensò ai suoi aguzzini e alla richiesta di ripresentarsi lì tra 3 ore. La sua mente iniziò a frullare su che cosa Samantha avesse in serbo per lei, che cosa poteva ancora subire, quante persone l'avrebbero toccata ed usata. Il suo respiro aumentò un po' di ritmo, il suo petto saliva e scendeva.

Nelle profonde inspirazioni per calmarsi, le duolevano pure i capezzoli. Era seduta sul letto con la schiena dritta e le gambe incrociate. Ormai il suo fisico aveva assimilato quella presenza nel didietro e non sentiva più particolari fastidi. Continuò con gli esercizi di respirazione per qualche altro minuto finchè non si riprese da quella situazione di disagio. Ritornò a pensare a quello che le era successo poco prima, al fatto di essere stata usata per la prima volta da più uomini ed avere goduto a ripetizione.

Lei che era sempre stata padrona di se stessa, non era più riuscita a contenersi, a trattenere le emozioni e le sensazioni del suo fisico. Si era fatta prendere dalla situazione, ad un certo punto qualcosa si era rotto e la paura si era trasformata in godimento puro. Credeva che il suo aguzzino, presumeva DaMarcus, avesse avuto una grande prestazione sessuale invece, a sua insaputa, si erano alternati più uomini su di lei,più uomini l'avevano soggiocata come un giocattolino sessuali, più uomini avevano scaricato il loro seme su di lei.

L'idea di aver tenuto due cazzi in mano, uno in bocca, una nella sua vagina la fece tremare…e non fu paura. Aveva tenuto testa a quattro uomini e le era piaciuto. Era svuotata, ma appagata, aveva lasciato ogni briciola di godimento su quel letto. Alzò la testa alla ricerca dell'orologio. Aveva ancora più di due ore e mezza per riposare. Doveva fare pipì quanto prima e non sapeva dove farla. Non poteva di certo farla sul letto.

Si ricordò che tornando in stanza aveva visto una porta laterale sulla destra, dal letto non adocchiabile. Si alzò e si avvicinò in quella zona, pregando con tutta se stessa che ci fosse un bagno lì. L'apertura della porta la lasciò a bocca aperta. In grande, in alto sulla parete, c'era un eloquente scritta in rosso “Bagno per cagne”. Fu quasi tentata di uscire, ma il bisogno era impellente. Difronte a lei c'era solo un bagno turco, con una pompa e rubinetto laterale.

Doveva farla in piedi, piegandosi e mantenendo l'equilibrio. Cosa che aveva sempre detestato fare nella sua vita prima di allora. Chiuse la porta, intimorita che potesse essere vista da qualcuno. Si diede della stupida subito, ricordandosi in che condizioni era. Si pose all'altezza del bagno ed iniziò a piegarsi. Non aveva fatto i conti con il plug nel suo sedere che iniziò a spingere e farsi sentire. Cercò di non pensarci, doveva fare pipì, e si piegò ancora di più.

Quel plug non la faceva concentrare, si sentiva costipata e non riusciva a lasciarsi andare. C'era un solo rimedio: doveva togliere il plug e riprovare. Fece un paio di respiri profondi. Non aveva mai portato o messo quegli aggeggi, ma pensò che non dovesse essere difficile manovrarli da sola. Pensò alla sua collega Kate che a volte, in confidenza, diceva di portare il plug anche al lavoro. Le piaceva, era comodo e sexy esclamava ridendo!Pertanto disse che sarebbe stato semplice e portò la mano destra dietro, iniziando ad esplorare le sue natiche.

Trovò subito il piattello, quello che doveva essere la base. Era di gomma dura, poteva sentirne la consistenza. Pensò a quante volte glielo avesse messo e tolto Samantha in questi giorni ed anche in quello stesso giorno. Doveva solo respirare e poteva riuscirci. Cercò di rilassarsi e piegò leggermente le ginocchia. Iniziò a tirare pianissimo, sapeva che non sarebbe stata una cosa veloce. Iniziò a manovrare lentamente il piattello, regolando la respirazione e la posizione delle gambe, che divaricò un pochino di più.

Iniziò a tirare piano piano, facendo ballare un po' l'interno con la speranza che fosse più agevole. Man mano che tirava il plug, sentiva tirare anche il suo sfintere che non voleva lasciare il suo intruso. Inarcò ancora di più la schiena e riprese a tirare, digrignando i suoi bianchissimi denti perchè la sensazione non era delle più piacevoli. Non stava facendo progressi perchè si fermava ogniqualvolta sentiva dolore. Pensò a Samantha, quella maledetta, ed ai movimenti che faceva quando le infilava o toglieva quell'arnese.

Iniziò a toccarsi la vagina, sperando che un po' di piacere riuscisse a placare il dolore. Doveva fare pipì, pertanto la sua già ipersensibile vagina non fu così d'aiuto…l'avere piacere era l'ultimo dei suoi pensieri al momento. Si ricordò che DaMarcus e Samantha la sculacciavano spesso sia mentre le mettevano il plug, sia in fase d'uscita. Non si era mai autosculacciata come forma di autoerotismo, ma non era contraria alla pratica quando alcuni uomini avevano voluto saggiare le sue tonde chiappe.

Portò dietro anche la mano sinistra, afferrando una chiappa e stringendola coi polpastrelli. Senza pensare si mollò un ceffone sul sedere. Non aveva calcolato la forza perchè il ceffone fu abbastanza pronunciato e le fece male, ma sentì che il plug si era mosso, il suo sfintere si era allargato. Vide che era sulla strada giusta. Decide di mantenere la forza nello schiaffo, in modo da non dover pensare al dolore nello sfintere. Un dolore più grande nasconde quello più piccolo le avevano insegnato.

Si ricolpì sulla chiappa sinistra, mentre con la destra armeggiava un altro po' col plug, facendo un altro piccolo progresso. Continuò a schiaffeggiarsi per un'altra decina di volta, sempre con costanza, prendendo chiappa, coscia, dandosi dolore e stringendo i denti perchè l'operazionestava andando a buon fine, lo sfintere era in massima tensione, il plug era per metà fuori, poteva farcela. Un ultimo sonoro ceffone sulla chiappa le fece quasi uscire una lacrima, ma lo sbalzo e la reazione emotiva furono così forti da riuscire ad estrarre il plug che quasi volò dalla sua mano destra.

Il vuoto d'aria che si creò nel suo sfintere la fece rimanere a bocca aperta e le fece perdere quasi il controllo del fisico. Lo sforzo, l'emozione, il crollo di concentrazione fecero si che iniziasse ad urinare da sola, copiosamente, e solo la sua grande prontezza fece si che non si urinasse addosso. Fu una liberazione, iniziò a piagere e rimase ferma in quella posizione anche dopo che aveva terminato con gli occhi chiusi e le spallecadenti.

La fase era stata troppo concitata e piena di stimoli, cercò di calmarsi e riprendere fiato, aprendo gli occhi lentamente per non avere giramenti di testa. I suoi occhi andarono verso la mano destra, alla ricerca della visione del plug, di che cosa le avevano messo e restò pietrificata. In mano non aveva un oggettino piccolo, carino e colorato come le era capitato di vedere su qualche sito. Tra il suo pollice ed il suo indice teneva una cosa mostruosa, un oggetto che poteva essere lungo un dieci centimetri almeno, ma che soprattutto era grosso e nero…troppo grosso pensò per il suo delicato sfintere.

Un brivido corse lungo la sua schiena pensando a quante volte l'avevano inserito e tolto…e soprattuttoconsiderando quando gliel'avevano gonfiato internamente!!Il panico subentrò in lei. Con gli occhi guardò per bene la stanza alla ricerca di uno specchio che però mancava. Avrebbe voluto farsi un controllino,accertarsi della situazione del suo sfintere dopo certi trattamenti. Aveva paura di avere un cratere lì dietro. Rimase a fissare quell'oggetto nero. Era stata una gran fatica tirarlo fuori, le sue natiche erano rosse e bollenti per gli schiaffi che si era auto procurata.

Pensò al maggiore Smith e a quel cratere che aveva al posto dello sfintere. Lei non era stata fortunata nel prendersi solo un plug, lei aveva preso inculate vere,da Samir, DaMarcus e chissà chi più. Pensò agli arnesi di quegli uomini, ancora più grossi e più lunghi di quel plug e molto più potenti. Pensò al rumore che facevano quando entravano nello sfintere del maggiore, la faccia da ossessi che avevano e la maschera di dolore e goduria di lei con ingroppate che duravano anche molti minuti.

Pensava a come il maggiore inarcava la schiena e gridava, esponendo ancora di più il sedere sotto i possenti colpi di Samir dietro di lei che la impalava senza sosta e senza cortesia alcuna. E se fosse capitato a lei cosa sarebbe successo? Fino a quando sarebbe stata salva e fortunata?Iniziò a sentire caldo e si sentì leggermente umida nelle sue intimità. Dopotutto aveva appena fatto pipì pensò, ma quel pensiero di mazze nere nel suo didietro le diede un sussulto, la face rabbrividire.

Non poteva immaginare come si sarebbe comportata in una situazione del genere. Ma doveva calmarsi, ora era sola e non c'era nessuno che attentava alle sue intimità. Si ridestò guardando il rubinetto e la pompa, sebbene senza lavandino. Sperò ardentemente che l'acqua fosse collegata; tutta questa situazione l'aveva accaldata e sporcata ancora di più. Aveva bisogno di acqua, di ripulirsi fisicamente e mentalmente da impuri pensieri. Riuscì a poggiare il plug su quello che sembrava un porta sapone; era l'unica cosa sporgente che ci fosse lì dentro.

Con la mano destra girò il rubinetto, mentre con la sinistra prese la pompa. Un forte rumore di tubature rimbombò nella stanza, ma fortunatamente sentì anche un gorgolio, un frusciare, un flusso d'acqua; in pochi secondi dalla pompa iniziò a fuoriuscire acqua. Concentrò lo schizzo lontano da lei per poterlo prima controllare. Dopo aver regolato il getto, pian piano avvicinò la pompa per testare l'acqua. Era fredda, freddissima, ma non aveva alternative. Piano piano si bagnò la mano destra e se la portò al viso per rinfrescarsi e pian piano pulirsi.

Non aveva possibilità di vedersi ad uno specchio, ma immaginava in che condizione fosse dopo tutti quei bagni di sperma. Era impensabile lavarsi i suoi capelli lunghi in quel momento, così almeno cercò di lavarsi alla meglio viso e collo fino a sentire una sensazione di pulizia. Le era stemperata un po' la temperatura del suo viso dopo quella nuova vampata. Pian piano scese con la mano bagnata verso il suo petto e i suoi seni che sobbalzarono al contatto con l'acqua ghiacciata.

I capezzoli piccoli e rosei, ancora doloranti, tornarono sull'attenti procurandole un misto di fastidio ed eccitazione. Dei piccoli chiodini in su comparvero e leggermente lì bagnò per idratarli e rinfrescarli prendendo un brivido. Scese pian piano verso le sue parti intime e delicatamente iniziò a rinfrescare vagina e sedere, passando per la zona perineale, per dar tregua e riprendersi dopo quell'orgia. Si – dovette ammetterlo – aveva partecipato ad un'orgia, essendo la protagonista principale.

Come la peggiore delle puttane. Il contatto dell'acqua con la vagina le diede grossi stimoli; aveva la vagina in fiamme e quel getto freddo la fece riprendere, la portò alla realtà, fu catartico. Aprì leggermente le gambe, abbassando il bacino, continuando a lavarsi le grandi labbra, restando a bocca leggermente aperta per la sensazione di sollievo. Ripensò anche al precedente lavaggio e cosa aveva subito da DaMarcus e da quella strega. Fermò la mano che stava passando sulla vagina per un sussulto subito.

Passò per bene la mano anche tra le natiche e sullo sfintere che le bruciava ancora un pochino. Riempì una mano d'acqua e se la gettò tra le chiappe, come a volersi dare una bella ripulita, passando con due dita bagnate ancora intorno alla rosellina. Non era abituata a prenderlo da dietro, era una situazione nuova e doveva rinfrescarsi e riprendersi ora che poteva…anche in quella zona. Chissà cosa avrebbe dovuto fare il Maggiore per ripulirsi dopo tutte quelle impalate, non le sarebbero bastate una decina di clisteri.

Si sentiva meglio, ma quell'acqua ghiacciata nelle parti intime aveva catturato tutto il calore in lei, lasciandola spossata ed esausta. Posò la pompa, avviandosi pian piano tornò al letto, sul luogo delle ultime perversioni. Aveva poco meno di due ore di tempo e si tuffò di peso sulle lenzuola bianche. Aveva paura di appisolarsi per il rischio di non svegliarsi in tempo così socchiusesolo gli occhi per riposarsi. Non badò alla posizione…. giaceva con le ginocchia alzate e le gambe spalancate, tenendo il sedere un pochino alzato e leggermente piegato a destra.

Era la posizione più comoda in quel momento per dare aria ai suoi orefizi. Passò le mani sui seni e poi sulla pancia. Si sentiva dimagrita, più asciutta. In altri momenti sarebbe stata contentissima, ora la cosa le interessava poco o nulla. Non aveva fame; chissà forse quei fiumi di sborra l'avevano saziata o così schifata di ingerire qualcosa. Le faceva male un po' la schiena, così provò a girarsi pancia in giù, lasciando il suo bel sedere tondo completamente esposto ad un eventuale intruso.

Ma non le interessava più nulla. Ormai l'avevano così vista in tanti modi ed usata a piacimento che la dignità ed il senso del pudore erano andati a farsi benedire. Sembrava passato un secolo da quando affermava che avrebbe dovuto resistere e mantenere un contegno, una dignità. Ormai era lì a soddisfare cazzi ingordi; anche con tutte le resistenze del mondo sarebbe stata usata, anzi avrebbe solo sofferto di più. Quella posizione pancia in giù si rivelò particolarmente comoda e conciliante per un pisolino.

Sebbene provasse a tenere gli occhi aperti, spesso e volentieri li teneva chiusi per diversi minuti. Continuò con questa dormiveglia per diverso tempo con i riposini che aumentano da cinque, a dieci, a venticinque minuti. Sobbalzò ridestandosi dall'ultimo sonnellino, cercando l'orologio. Ebbe paura. Riuscì a fissare meglio il quadrante dell'orologio e la paura si trasformò in terrore…Mancavano meno di due minuti all'ora concordata da Samantha e lei era ancora nel letto. Di shitto si alzò e corse fino alla porta principale della stanza.

Un minuto le era più che sufficiente per arrivare al portone indicato, ma per niente al mondo avrebbe fatto tardi. Gli ultimi metri li fece mettendosi a quattro zampe per adeguarsi nuovamente al suo status. Sembrava fosse molto più a suo agio e veloce ora. Era pronta per bussare quando nuovamente il terrore si impossessò di lei. Aveva lasciato il plug nel bagno, non l'aveva più rimesso. Il tempo era scaduto, non poteva tornare indietro ed iniziò a tremare.

Bussò e si girò di culo verso la porta come le era stato ordinato. Spinse fuori il sedere, cercando di mostrare il suo sfintere in segno di scusa. L'aveva fatta grossa. Pregò che tutto sarebbe andato bene e che non avrebbe rimpianto quel plug per il resto dei suo giorni. GeorgeErano le tre di un sabato pomeriggio e la città pareva deserta. Fuori c'era un bel sole e George se ne stava seduto fuori dal bar a sorseggiare una coca.

Sul tavolo teneva spalancato il suo portatile con il programma di video scrittura aperto. Il foglio era bianco. Non aveva voglia di scrivere nulla e nulla gli veniva in mente. Probabilmente sarebbe stato lì per un bel po’ sfogliando un po’ i giornali ormai certo che non avrebbe prodotto nulla di concreto. Non che ne avesse davvero bisogno. La rubrica si scriveva quasi da sola e la sua antica ambizione di scrivere un romanzo era sempre più un sogno infranto.

A ben guardare poteva anche starsene per i fatti suoi a poltrire fino a lunedì e nessuno gliene avrebbe fatto una colpa. Ma la situazione era destinata a cambiare. Il cambiamento si presentò sotto forma di una biondina venticinquenne non bellissima ma con una minigonna da paura che passandogli davanti gli chiese “Scusi sa dov’è la farmacia”. George non potè fare ameno di alzare infastidito gli occhi dal pc. Poi la guardò… Guardò con calma le piccole tettine sotto alla camicetta nera, le lunghe gambe affusolate fasciate in un collant a rete nero, i lunghi tacchi a spillo e l'espressione idiota da oca che aveva sul volto.

Che fosse un oca era una certezza… A meno di cento metri alla sua destra c'era una croce verde di tre metri per due con scritto farmacia che luccicava alla luce del neon. Solo un cieco… o un idiota non l'avrebbe vista. “E' qui vicino se vuole la accompagno” disse lui. Lei tolse gli occhiali da sole per guardarlo meglio. Aveva una faccia che pareva schiacciata su se stessa, come se correndo troppo veloce avesse sbattuto contro un muro.

Occhi chiari..trucco marcato sulla bocca e sulle guance… Sempre più pungente l'odore di fiori del suo deodorante mano a mano che gli si avvicinava. Prima ancora che lei ribattesse, approfittando della sua indecisione fece un rapido gesto al barista di segnare sul conto la consumazione e fatto sparire il pc nella sua borsa si alzò in piedi. Appena il tempo di fare tre passi e anche alla ragazza bionda, che disse di chiamarsi Maura, fu lampante l'insegna della farmacia.

“Eccola eccolali” strillò con una vocina da gattina. “Già” annuì lui. Senza neanche far caso al fatto che avrebbe potuto trovarla da sola con estrema facilità. Senza forse nemmeno capire che accompagnarla era solo una scusa lo ringraziò con un pallido “Grazie” e affrettato il passo si affrettò verso il negozio mollandolo al suo destino. Non gli piacque molto. Vederla ancheggiare via con quel culetto a mandolino che ancheggiava ad ogni passo gli stimolò solo il desiderio di portarsela in fretta a letto.

D'altra parte lui non era il tipo che amasse supplicare le donne. Non ne aveva mai avuto bisogno e non avrebbe certo iniziato oggi. Se la troietta bionda l'aveva snobbato tanto peggio per lei. Ora però aveva un incredibile desiderio in corpo e una mezza erezione tra le gambe che andavano placate. Era deciso: “la prima che passa me la porto a letto”. Girò la testa. Alle sue spalle c'era una vecchia minuta coi capelli bianchi che doveva già aver passato l'ottantina e accompagnava il suo incedere lento con un bastone nero.

Forse doveva anche averlo sentito perchè lo guardava con una strana espressione mista fra curiosità-divertimento e stupore”Facciamo la seconda che passa và” si corresse in fretta. La vecchietta non fece commenti e continuò per la sua strada. La seconda a passargli davanti era una signora bassetta con lunghi capelli marrone chiaro, spesse lenti rotonde sul viso rubicondo che avrebbe in teoria a vuto il classico stile da massaia. Solo gli stivali di pelle neri fino a sotto il ginocchio e uno strambo collant verde acqua stonavano un pò con l'idea da donna per bene che aveva sul volto.

Di solito, regola acquistita dal ragazzo in anni di chiavate, le donne mature che mettevano in mostra e sottolineavano le tette con scollature vertiginose o le gambe con gonne troppo corte lo facevano per un unico motivo…Già fantasticava su quanto sarebbe stato eccitante toglierle la gonna, strapparle un varco bnei collant e fottersela così senza farle togliere neanche gli stivali. Per di più, guardandola meglio, come spesso accadeva alle donne piccole e tozze aveva le tette molto grosse nascoste sotto alla giacca.

C'era un unico problema. Non era sola. Sottobraccio aveva una ragazza, certamente maggiorenne, alta e tonda come lei, rubiconda in viso come lei e con occhiali molto simili ai suoi. Certamente la figlia. Indossava jeans e camicetta che non mostravano alcunchè di sessualmente interessante ma aveva ai piedi stivaletti col tacco identici a quelli della vecchia. Decise di seguirle. Dieci minuti più tardi entrarono uno dietro l'altro in un centro commerciale. La ragazzina, che apprese dalle loro parole si chiamava Nunzia doveva comprarsi un giubbotto di pelle nuovo.

La madre, di cui non sapeva il nome l'aveva accompagnata perchè scegliesse con calma. Decise di giocare d'attacco. Mentre la donna fissava la figliola che sfilava e infilava una lunga sequenza di giacche le poggiò la mano sulla coscia, appena sotto a dove terminava la gonna. La poggiò e la lasciò li. Lei lo sentiva certamente, anche se non poteva vederlo alle sue spalle, lo sentiva benissimo… e non disse nulla. Lui iniziò ad accarezzarla.

Lei non disse ancora niente. Lui salì e arrivò finò a sotto alla gonna. Lei continuava a guardare la figlia. Lui òle palpò il culo con decisioone. Lei fece un sorriso e sospirò. Le tolse le mani dal culo solo quando sentì la figlia che tornava con la giacca che aveva scelto. Così ne apprifittò, si voltò e lo guardò. Non fece commenti negativi, anzi…. Le piaceva. Lui le strizzò l'occhio. Lei sorrise. La figlia era ormai in mezzo ai coglioni.

“Andiamo a pagare?”. “No?”. “Perchè no?” chiese la ragazza delusa temendo che la madre avesse cambiato idea. “Ho visto dei tailleur al piano di sotto e voglio provare se ne trovo uno che mi va…”. La cosa non pareva entusiasmare la ragazza. “Non sei obbligata a venire. Anzi fai così vai su al terzo piano e noleggia un film alla videoteca così poi andiamo a casa a vederlo ok”. “Ok” annuì la ragazza e partì in quarta.

“Ci metterà una vita” commentò guardando George. “Benissimo annuì lui” e avvicinatosi le fece una carezza sul volto “Io sono George”. “Marilena” disse lei e porse la mano. Lui se la portò alla bocca e le succhiò il mignolo. Si infilarono in un camerino. Marilena si mise con le mani poggiate al muro cercando di arcuare il più possibile il sedere mentre la gonna le calava fino a terra. Lui con un gesto deciso trovata la cucitura aprì un lungo strappo nel collant….

Sorpresa sorpresa la “signora” non aveva gli slip. Brava la signora pensò e vistosi la carne pronta all'uso, senza altre indecisioni si sfilò il cazzo e glielo infilò nella vulva già bagnatissima per l'eccitazione. “Ommadonna ma cos'hai li sotto” sbottò lei col fiato mozzo mentre lui la impalava con vigore. Sforzadosi di non urlare di gioia si lasciò fottere per bene sentendo le palle gonfie di George che le sbattevano sulle coscie… sentendolo dentro completamente come un serpente rabbioso che la sfondava colpo su colpo.

Era una sveltina in un luogo pubblico non si poteva esagerare. Dieci minuti, dodici, quindici e poi basta. Bisognava chiudere. Marilena si era fatta due orgasmi ravvicinati ed era soddisfatta… Lui aveva tanta sborra da scaricare. Bisognava chiudere se non volevano trovarsi la ragazzina tra i coglioni. “Dai vieni, vieni deciso che è tardi”. “Ok… ok vado?”. “Vai senza problemi che tanto prendo la pillola”. E brava la mammina. Prendeva la pillola… E una massaia che prende la pillola significa una cosa sola….

che prende anche parecchio cazzo…. Come un fuoco le inondò la vagina e gli ci vollero quattro pompate decise per scaricare di dosso tutto lo sperma che aveva accumulato. Era soddisfatto. Si rivestirono in fretta. Marilena si pulì la fica appiccicosa meglio che poteva quindi si reinfilò la gonna…. tutto pareva a posto anche se sotto aveva uno squarcio nel collant che andava dalla vulva al buco del culo. Si scambiarono i numeri di telefono, perchè era certo che Marilena meritava un controllo più accurato…”Non passare su pavimenti lucidi” le disse “altrimenti ti vedono il gatto”.

Lei ridacchiò divertita e se ne andò. La figlia era già in fondo alle scale. La giacca di pelle sul braccio e due dvd a noleggio in mano. “Andiamo?”. “Andiamo” annui la mamma sperando che la figlia non notasse quanto era sudaticcia e puzzolente. Tornando verso casa ripassò dal bar a regolare la consumazione del pomeriggio. “E' passata una signora appena sei uscito e ti ha lasciato questo” disse il barista mentre metteva via i soldi.

Era un bigliettino… Lo aprì…. C'era un numero di telefono. Di colpo gli ridivenne duro. Forse dare indicazioni alle stupide passanti aveva avuto un effetto ritardato…. Ripensando al bel culetto della biondina fece il numero e la chiamò. Poche parole decise e si accordarono per vedersi quella stessa sera a casa di lei. Aperta la porta dell'appartamento si presentò con un body nero, reggicalze e calze nere. Truccata occhi e bocca con un pesante dose di rossetti e affini che la facevano sembrare una vera puttana.

Gli aveva già afferrato il cazzo tra i pantaloni ancor prima di dirgli ciao. Raggiunsero la camera da letto, lui si spogliò in fretta, lei aveva già la fica in bella mostra…Non era la fica bionda della ragazzina… ma poco importava… quel vecchio ciornione ingrigito di un ottantenne porca e ancora vogliosa era comunque li per esser sfondato. La vecchia col bastone aveva davvero sentito la sua esclamazione in strada. La vecchia col bastone, che si chiamava Lina, ci aveva davvero creduto….

La vecchia col bastone era una vera troia a secco da troppo tempo…. Al diavolo la troietta bionda pensò George e non appena la vecchia Lina si fu tolta la dentiera si godette un pompino con ingoio favoloso preludio delle tre ore di sesso che ne seguirono dove la vecchia puttana settantenne non gli negò ne fica ne culo fino a che lui ebbe la forza di farselo tornar duro. Alla faccia della biondina idiota che snobbandolo non sapeva ne avrebbe mai saputo che cosa si era persa.

George era sempre stato diverso dagli altri. Orfano di madre che lo aveva lasciato solo dandolo alla luce e di padre che non aveva mai conosciuto. Così adottato amorevolmente dalla nonna materna e da sua sorella George era cresciuto tra le braccia di queste 2 donne mature che parevano fare a turno per coccolarsi il piccolo e bellissimo George. Certo era davvero un bel ragazzo con quegli occhioni azzurri e i capelli neri e soffici ma questa era solo una delle sue particolarità.

L'altra più nascosta ma anche più intrigante stava nelle proporzioni del suo pene. Un tronco di carne decisamente fuori dal comune. E poi c'erano gli istinti. Di giorno in giorno ossevava sua zia e sua nonna sempre con maggior attenzione. Zia Vera con le tette così enormi che spesso vedeva i suoi capezzoloni pulsare da sotto come se volessero esplodere. Nonna Irene che ogni volta che si sedeva in poltrona divaricava così tanto le gambe da far sollevare la gonna quanto bastava per vedere gli elastici del reggicalze provocandogli delle immediate erezioni.

Insomma il modo di fare delle 2 tardone era quantomeno sopra le righe. Basti pensare che la sera avevano l'abitudine di spogliarsi quasi completamente l'una dopo l'altra in salotto e solo quando restavano praticamente nude andavano poi in bagno a lavarsi e a infilarsi pigiami o camicie da notte. Lo spettacolo di zia Vera che lentamente si calava le calze nere davanti a lui o di nonna in reggiseno e mutandine con quelle boccione dondolanti.

O peggio quando Vera il reggiseno se lo toglieva proprio restando con le sole mutandine di pizzo e solo un braccio a coprirgli i seni non potevano lasciarlo indifferente. Così, cresciuto abbastanza da esser uomo attento a questi spettacoli e con un cazzo cresciuto altrettanto in fretta tanto che ormai da duro superava di molto i trenta centimentri e pareva più quello di un toro che di un ragazzo George eccitato si addormentava segandosi allegramente fantasticando sulla zia e sulla nonna.

Dopo la sborrata se ne vergognava un poco ma l'impulso era troppo forte, troppo impellente per potervi resistere. Un giorno poi che lui e nonna erano soli in casa accadde un fatto strano. Nonna Irene si era assopita in poltrona di fronte alla tv e lui seduto sul divano aveva iniziato a sentirla russare, così si era voltato a fissare quel rumore fastidioso e l'aveva vista…La nonna si era sdraiata così malamente che la gonna le si era quasi del tutto sollevata sui fianchi e le gambe erano così spalancate che poteva vedere tutto.

Certo dal divano ne notava appena l'ombra ma se solo si fosse avvicinato qualche metro. Lo fece, cercando di essere il più silenzioso possibile e piano piano la sua curiosità ebbe soddisfazione. Per dio! Sbottò stupito rendendosi conto di cosa aveva di fronte. Non riusciva a crederci. Nonna Irene non aveva le mutande. Sotto la gonna c'era solo una bella ficona pelosa. Era la prima volta che ne vedeva una tanto da vicino e iniziò ad eccitarsi come un matto.

Quel pelo nero rado con alcuni ciuffetti bianchicci era quanto di più bello avesse mai potuto vedere. Aveva un irresistibile voglia di toccagliergliela e se non fosse stato per la paura lo avrebbe anche fatto. Si contentò di toccare se stesso. Delicatamente si tirò fuori il cazzo super indurito per l'eccitazione e con colpi sempre più veloci prese a segarsi come un pazzo senza perdere un dettaglio della fica della vecchia. Oltre ad avere una fica tanto vicino agli occhi era l'idea stessa che sua nonna non portasse biancheria intima a farlo eccitare quasi che quella mancanze ne sottolineasse in parte la sessualità o perchè no anche una certa disponibilità…Era quasi al culmine e sentiva lo sperma salirgli dai coglioni per esplodere.

Ben conscio che, proporzionalmente alla grandezza del cazzo, le sue sborrate erano sempre piuttosto fluenti si mise una mano a coppa davanti alla cappella continuando a segarsi con l'altra. Doveva stare attento se non voleva che gli schizzi piovessero addosso alla vecchia. Per quanto l'idea lo eccitasse non era propio il caso. Sentì che stava venendo. Un orgasmo fantastico, inarcò le gambe per il piacere pronto a metter via il suo grosso attrezzo appena compiuta l'opera.

Propio in quell'istante Irene aprì gli occhi. Lui se ne accorse e provò velocemente a nascondere il cazzo. Ma era tardi, troppo tardi. Sotto gli occhi inespressivi di sua nonna George sborrò come un cavallo da riproduzione senza poter più fare nulla. “George ma che cazzo fai?” sbottò la nonna mentre la sborra le schizzava addosso. Lui pietrificato dalla vergogna sperò solo che fosse un sogno. Fissava la nonna e lei fissava il ragazzo.

Aveva ancora il cazzo in mano umido e pulsante. Vedeva chiaramente lo sperma in terra senza sapere cosa aspettarsi o augurarsi. E non si era ancora reso conto della cosa peggiore. La notò solo quando vide nonna Irene passarsi un dito sulla guancia umida. “Ma ti piace propiosborrarrmi in faccia?”. “Nonna io…”. “Certo dall'ultima volta che l'ho visto è cresciuto parecchio”. “Si nonna è grosso vero?”. “Il più grosso che io abbia mai visto” sgranò gli occhi la vecchia e quasi d'impulso aprì anche le gambe.

Ora non era un caso poterle vedere la vulva. “E vorresti toccarlo?” ammiccò lui. “Farei di peggio te lo prenderei anche in bocca per sentire che gusto ha”. “Si chiama pompino nonna”. “Si lo so benissimo. “”Sapessi le seghe che mi tiro immaginandoti…. “”Lo so bello di nonna guarda che le tue lenzuola le lavo io”. “Scusa”. “Ma figurati. E' normale che con quell'uccellone da cavallo ne sborri secchiate”. “E comunque ci sarebbe un bel modo per smettere di segarsi” ammiccò lui mentre ormai aveva raggiunto la massima erezione.

Fece un passo avanti. “Nonna io non so come dirtelo”. “Non dire nulla” lo tranquillizzò lei mentre con la mano iniziò a massaggiarlo delicatamente. “Oddio nonna”. “Ti piace?”. “E' una sega bellissima” mugugnò lui mentre le sue mani scivolavano pian piano sul corpo della vecchia. Timidamente ma poi sempre con maggior decisione George le infilò la mano sotto alla maglia e le afferrò un seno. “Posso?” domandò dolcemente strizzandole un seno. “No. Aspetta” disse Irene e sfilatasi in un lampo la maglia e il reggiseno bianco gli mostrò le grosse bocce in tutto il loro splendore.

“O nonna” sospirò lui afferrandole i seni mentre lei aveva ripreso a segargli il cazzo. “Ti piacciono?”. “Si nonna sono belle, belle come la tua fica”. “Perchè tu è quella che vuoi vero?”. “Si nonna la voglio si” ululò mentre lei si portava il suo uccello alla bocca e lo lappava delicatamente sulla cappella. “Nonna succhi da vera maestra”. “Vuoi venire in bocca?” chiese lei tra una leccata e l'altra. “Noo. Ti voglio tutta.

Tutta!!”. “Allora datti da fare no” lo invitò lei. Preso coraggio non ci mise due volte. Si chinò carponi sulla poltrona e poggiò la testa fra le gambe della vecchia. Esitò a fissarla un istante. “Che hai?” chiese lei impaziente che già bruciava di desiderio. “Non l'ho mai fatto nonna non vorrei fare errori”. “Ma figurati. Devi solo leccare. Dai tira fuori la lingua vedrai che sarai bravissimo”. Ma George era ancora in grandissimo imbarazzo.

Neanche in sogno aveva mai leccato la fica alla nonna. “Aspetta facciamo una cosa. Sdraiati a terra sul tappeto”. Lui obbedì. Appena fu a terra la vecchia toltasi anche la gonna e rimasta con le sole calze autoreggenti chiare gli si accucciò sopra. “Vedi questo è un 69. Tu fai quel che senti che ti faccio io e vedrai che non sbagli”. “Nonna?” si bloccò lui rosso di vergogna ma appena sentì le labbra calde della vecchia sulla cappella fu pronto ad obbedire a qualsiasi ordine.

Andarono avanti a sbocchinarsi per un tempo che parve infinito e sentì chiaramente che la nonna veniva un orgasmo dietro l'altro ad ogni suo colpo di lingua. Man mano che la sentiva gemere capiva dove la vecchia godeva di più e affinava la sua tecnica di leccata di fica rendendola sempre più perfetta finchè non potendone più esclamò “SBORRO!” e le venne dentro la gola con un unico fiotto rovente. Stupendolo ancora una volta la nonna non accennò a staccare la bocca dal suo tubo di carne e anzi succhiò con ancor maggior convinzione.

“Che buona la tua sborra”. “Nonna ma che dici?”. “C'è qualcosa di male se mi piace la sborra?”. “No nonna”. “E se mi piace il cazzo?”. “No anzi anche a me la tua fica piace tanto”. “E se ora ti dicessi che il tuo cazzo lo vorrei provare in fica?”. “Che se allarghi le gambe ti servo subito nonna” sosprirò lui e senza tergiversare ancora la fece mettere sotto di se e guidandoselo con la mano glielo infilò dentro un centimentro alla volta.

Da quel pomeriggio George non smise più di fottere. Gli piaceva. Era la cosa più bella del mondo specie con una vecchia porca assatanata come sua nonna. Così da quel momento non faceva altro che cercare un occasione propizia per restar soli e tirasi fuori il suo enorme cazzo duro tanto più che avendo saputo che quella vecchia bagascia era sempre senza mutande gli pareva ancor più facile prenderla come e quando meglio voleva.

L'unico intrallazzo erano zia Vera che praticamente non usciva quasi mai di casa e quindi era sempre in mezzo ai coglioni nel momento meno opportuno. Eppure voleva fottere Quindi doveva trovare un posto tranquillo per farlo. Il cesso gli parve ideale. Difficile credere che la zia entrasse a guardare la sorella che pisciava quindi erano soli. Appena la nonna si avviava verso uno dei cessi della casa (per fortuna ce n'erano quattro) lui sgusciava subito dietro di lei chiudendosi la porta a chiave alle spalle.

La prima volta lo fece con una certa paura temendo che la nonna si arrabbiasse ma appena entrato quando la vide seduta con la tazza, senza gonna a gambe larghe con quelle eccitantissime calze a rete autoreggenti capì che lei lo aspettava. “Pisci sempre mezza nuda”. “Solo quando mi guardano” disse lei e senza giraci tanto attorno gli si avventò fra le gambe iniziando a spompinarlo. Soddisfatto la vecchia si girò di schiena con le mani poggiate sulla porcellana della tazza e si lasciò prendere all'impiedi mentre le strizzava i tettoni grossi e mollicci sotto alla camicetta.

La porca soffocava a stento il suo orgasmo lui pompava e sborrava a raffica… Sapeva che fuori c'era la zia Vera che girava ma in quel momento non gliene fregava niente. Aveva solo voglia di farsi la nonna e non avrebbe smesso fino a quando non avesse raggiunto la sborrata. Quando usciva dal bagno pareva soddisfatto ma dopo pochi minuti la guardava di nuovo. Guardava le sue calze a rete, guardava la gonna sapendo che non c'erano mutande, guardava le grosse tettone mal celate dalla camicetta e gli tornava duro.

Peccato che li sul divano accanto a lei ci fosse Vera. Guardandola con ancora il cazzo soddisfatto dalla fica di nonna Irene non potè fare a meno di chiedersi se anche lei fosse altrettanto brava. Le tette grosse parevano una caratteristica di famiglia, Nonna Mary aveva un bel balcone, con due ottime mele dai grossi capezzoloni ma era zia Vera il fenomeno della natura. Se quelle di Irene erano mele lei aveva almeno due angurie.

Le aveva così grosse che doveva farsi fare i reggiseni su misura e spesso neanche li metteva lasciando quel ben di dio spenzolare felicemente in giro. Guardandole, guardando le tettone e la gonna molto corta che svelava ampie porzioni di coscie eccitanti non potè far a meno di desiderare di saltare nudo in mezzo a quel divano e chiavarsela senza pietà. L'altro momento intimamente tranquillo era la notte, quando tutti dormivano. Nonna Irene lo sapeva e non si faceva sfuggire l'occasione.

Ogni sera passata la mezzanotte andava in bagno e sulla via del ritorno gli entrava in camera, scivolava sotto alle lenzuola e trovatolo già nudo ed eccitato gli si sdraiava sopra cavalcando il suo cazzo fino a farlo venire. Era una posizione fantastica dove lui poteva vedere e sentire in pieno le tettone della nonna sbattergli sul petto mentre la sua fica calda lo avvolgeva in un orgasmo bestiale. D'altro canto era anche una posizione che faceva stancare in fretta la vecchia e quindi si passava velocemente ad una comoda pecorina dove lui poteva pompare senza sosta spaccandole la vulva ad ogni colpo.

Fu propio mentre era in quella posizione, quando era già più di un mese che scopavano insieme che la vecchia senza peli sulla lingua gli chiese “Vuoi infilarlo nel culo?”. Era la sua prima volta. Fino a quel momento era talmente preso dallo scopare in fica che neanche ci aveva ancora pensato. Lei invece lo desiderava tantissimo. Avrebbe dovuto farlo lentamente e con delicatezza dopo averla fatta bagnare un pochino ma non lo fece.

Preso coraggio poggiò la cappella tra le chiappe della vecchia ed entrò fino ai coglioni con due colpi secchi. Meno male che la vecchia era una parecchio aperta dai vibratori che usava abitualmente. Non si lamentò per niente. Anzi. Più lui le spaccava l'anello del buco del culo più lei veniva sgrillettandosi come una pazza. Certo il suo uccello era più grosso del solito e la vecchia si aprì come una cozza ma la cosa pareva solo darle piacere.

Da quella sera il giochino notturno iniziò a prevedere una prima fase con lei in braccio a lui a leccarle le tette e una seconda a pecorina prima in fica e poi in culo dove si concludeva con la sborrata finale. Il brutto era solo che quella chiavata notturna non durava mai più di un oretta scarsa e dopo un po che la nonna era andata via a lui tornava duro. Una sera, propio mentre la stava inculando la nonna gli chiese “Ti piace zia Vera?”.

Lui non capì la domanda. “Si insomma ho visto come le fissi i tettoni. Vorresti fartela vero?”. George avrebbe voluto far finta di niente. Normalmente sarebbe stato molto più pudico e riservato, specialmente con sua nonna ma in fondo sua nonna era lì col suo cazzo nel culo. Perchè quindi non confessare…E lo ammise. Ammise quanto gli piacevano i tettoni grossi e di quanto lo fossero oscenamente quelli di Vera. Anzi, raccontare la cosa lo fece arrapare e finì per riempire di sborra la nonna mentre le parlava della cara zia.

Alla fine se ne scusò “Ti da fastidio se parlo eccitato di tua sorella”. “Ma no perchè. E' normale che ti ecciti con quelle angurie che ha. Solo che mi sei venuto troppo in fretta e io ne volevo ancora un po”. “Ma questo non è un problema nonnina” sorrise lui e presale una mano se la mise sul cazzo che era si umido di sborra ma era anche duro e sodo e pronto a fottere ancora.

Così col pensiero di zia Vera in testa e la mano calda della nonna sul cazzo in pochi istanti si sentì di nuovo operativo e finì per montare a ripetizione la nonnina per una buona oretta. Alla fine esausti e sudaticci si sdraiarono nudi l'uno accanto all'altro e la nonna tornò ai suoi discorsi. “Sai anche a me piacciono le tette grosse”. “Nonna ma che dici? Tu sei una donna”. “Bhe è con questo?”.

“Se ti piacciono le donne sei lesbica”. “La parola giusta è bisex” sorrise lei. “E tu lo sei?” chiese lui iniziando ad eccitarsi. “Diciamo che una bella fichetta la lecco volentieri” ammiccò maliziosa mentre le sue dita le scivolavano nella vulva. “Cristo nonna me lo fai tornare duro”. “Bhe che c'è di male” strizzò l'occhio la vecchia e scoparono ancora con ancor più foga alternando culo, bocca e fica della vecchia che si godeva un orgasmo dietro l'altro.

Sua nonna adorava le tettone. Anche se dell'argomento non parlarono per parecchi giorni George aveva chiaro ed evidente questo fatto e così fra una scopata e l'altra iniziò a mandare sul videoregistratore alcuni dei suoi porno preferiti dove le donne avevano davvero dei seni enormi. La vecchia Irene non si fece problemi anzi pareva che guardare i porno mentre il nipote la montava come una vacca gli desse ancor maggior stimolo spingendola a bagnarsi tutta di piacere.

Non parlavano mai apertamente di una persona precisa anche se Vera era stata nominata da Irene per sottolineare a George quanto una sorella fosse attratta dall'altra ma non c'era bisogno di essere dei detective per accorgersi di quanto durante il giorno Irene fissasse con attenzione le enormi bocce della sorella. Così una sera lui glielo chiese. “Hai mai visto le tettene di Vera al naturale?”. “Ovvio siamo sorelle, capita spesso di vestirci assieme”. “Già” annuì lui senza smettere di pompare.

“Vestirvi o svestirvi nonna?”. “Certo che sei maliziosso bello della nonna”. Lui non commentò continuando a pompare come un mulo. Dopo un pò lei confessò “Tua zia Vera ha i capezzoli così grossi che sembrano dei cazzetti in miniatura”. “Ma dai” annuì lui sentendo subito dopo la mano della nonna che gli si poggiava sul cazzo. Lo fece mettere comodo per riprender fiato dopo la chiavata e massaggiandogli l'uccello iniziò a raccontare che le lesbiche con le tette grosse si ficcavano i capezzoli nella fica l'una con l'altra usandoli come sostituti per la masturbazione e che zia Vera era abilissima nel fare quel bel giochino.

“E tu come fai a saperlo?”. “Perchè me lo sono fatto fare”. “Ti sei fatta mettere i capezzoli della zia nella fica? Ma sei lesbica davvero allora”. “Anche… Prendo tutto. Cazzi nel culo e fiche in bocca…anche quella di mia sorella. Ti da fastidio?”. “Lui le rispose sborrandole in mano…”. “E bravo il mio nipote porcellone”. Passarono altri giorni e tutto tornò alla normalità quando un pomeriggio che erano tutti e tre in salotto a guardare la tv nonna Irene disse “Fa così caldo oggi”.

“Davvero caldo” disse Vera e ancor prima che lui potesse rendersene conto si sfilò la maglia. Non aveva reggiseno e le sue tettone gigantesche erano li a ballonzolare in tutto il loro splendore. Il cazzo gli era venuto duro. Fissava quei meloni con sguardo eccitato anche se tremava per l'emozione. Irene intanto aveva iniziato a spogliarsi. Senza dire una parola sfilò tutto ed in un attimo fu con addosso le sole calze autoreggenti nere.

La sua ficona pelosa era li splendida e pronta e fu il segnale che invitò George a calarsi le braghe. “Che cazzone!” sbottò Vera togliendosi a sua volta la gonna. Anche lei (porca) non aveva mutande ma solo una bella fichetta dal pelo nero e rado…Si accucciò bene sul divano come una cagnolina e porgendogli la fica disse sbrigativa “Dai che aspetti non c'è mica solo tua nonna sai”. Non se lo fece ripetere due volte.

La penetrò in un sol colpo “Zia ma sei strettina sai”. In quel mentre nonna Reanata posò la vulva in bocca alla sorella. Eccitato da quel mare di tette, da quelle due porcone arrapate, dalle loro fiche calde, dai reggicalze sensualissimi scoparono per quasi tre ore senza smettere. George era un fiume in piena. Sborrava in culo a Irene, sulle tette a Vera, in fica alla nonna, in bocca alla zia. Perse il conto dei suoi orgasmi come le due vecchie persero il conto dei propii.

Smisero che era ora di cena. Quella notte, anzichè nonna Irene, nel suo letto si presentò zia Vera col le sue enormi tettone. “Facciamo una sera per una ti va?” disse la zia. Lui le stava già succhiando le tette e rispose annuendo. “Al pomeriggio un bel giochino in famiglia e la sera una bella chiavata normale. Oggi io domani Irene. Se ce la fai”. “E me lo chiedi” sbottò lui mentre con uno spintone la faceva chinare a pecora e glielo infilava dritto nel culo.

Durò dieci anni fino a quando George non si sposò con una ragazza altrettanto porca e ben tettuta che non gli fece mai mancare i buoni vizi a cui l'avevano abituato la nonna e la zietta… ma questa è un altra storia. Frank aveva ereditato da una vecchia zia defunta un bell'appartamento in centro. Non avendone necessità immediata pensò fosse un ottima soluzione affittarlo in nero ad una giovane coppia di sposi. Lui si chiamava Simone e faceva l'operaio, lei Chiara ed era casalinga.

Bella ragazza, bionda occhi azzurri bel visino angelico ogni fien del mese accoglieva Frank con i soldi dell'affitto sempre sorridente e con delle minigonne paurose che volta dopo volta suscitavano in Frank fantasie sempre più morbose. Una volta addirittura Chiara gli aprì la porta con la camicetta mezza sbottonata e siccome sotto non aveva reggiseno le sue tette belle piene fecero una fugace apparizione sgusciando fuori coi capezzoli dritti e duri mentre gli passava i soldi.

Frank strabuzzò gli occhi e pensò fosse un pallido invito a provarci così col cazzo già duro nei pantaloni fece un accenno a strusciarsi alla donna. Lei però appena sentì il bozzo strofinarle la coscia si tirò indietro. “Ma che le succede signor Frank guardi che io sono felicemente sposata”. Lui non fece commenti, prese i soldi e uscì in fretta coll'uccello durissimo. Appena salito in macchina non resistette alla tentazione, con ancora ben chiara in testa l'immagine di Chiara con le tette mezze fuori si sparò una sega fantastica.

Il mese successivo ci andò più cauto. Anche se Chiara gli aprì la porta con una mini rosso acceso, calze a rete da gran vacca e tacchi a spillo da 12 centimetri lui fece finta di nulla. Lei capì che lui non ci provava e così, guarda caso trovò il modo di chinarsi più volte fingendo di cercare i soldi nei cassetti. Ogni volta si chinava e le sue chiappe ben tornite sgusciavano fuori da sotto la minigonna mostrando un perizomino rosso così striminzito che sarebbe bastato un solo dito per scansarlo e farsi spazio per montarla per benino alla pecora.

Ma ormai Frank aveva capito il giochetto. La troietta ci provava gusto a far rizzare il cazzo agli uomini per poi scansarsi all'ultimo momento e lasciarli li col cazzo duro a farsi le seghe. Così finse indifferenza anche se appena uscito dalla casa entrò nel primo bar che trovò sulla strada e occupato il bagno si sparò una sega galattica pensando a quel culetto d'oro. Frank, pur di non dare soddisfazione alla donna pensò persino di mandare un emissario ad incassare i soldi al posto suo.

Non era giusto che quella porca ogni volta gli solleticasse il cazzo lasciandolo poi a segarsi miseramente. Ma il destino a volte è beffardo. Così qualche mese dopo accadde che Simone, il marito di Chiara, perse di colpo il posto di lavoro sicuro trovandosi a dover ripiegare su piccoli lavori saltuari e un reddito decisamente inferiore. Questo fece si che da quel momento per poter sopravvivere i due coniugi faticassero non poco a pagare l'affitto.

Così un giorno quando Frank si presentò puntuale all'incasso fu il marito ad aprirgli e a consegnargli però solo la metà dei soldi pattuiti. “Mancano 200 euro” fece notare lui. “Si lo so, spero in un futuro migliore ma per ora ho solo questi”. “Io però voglio i miei soldi”. In quel momento si intromise Chiara. Camicetta nera di seta, minigonna, calze a rete e tacchi a spillo. Pareva una puttana. “Noi avremmo una proposta” ammiccò lei.

“Che proposta?” chiese Frank“Questa!” ammiccò la ragazza slacciando di botto la camicetta per farne uscire due belle mele mature. A Frank venne subito duro. “Se ci vieni incontro te le faccio toccare mentre te o seghi”. Frank senza pensarci due volte aveva già afferrato le tette della bionda palpandole ben bene. “Segamelo tu” le ordinò. Lei fissò Simone, lui annuì. Con calma gli sbottonò la patta e tirò fuori il cazzo afferrandolo saldamente. A Frank venne duro come non mai eccitato da quel tocco caldo.

Non c'erano dubbi Chiara sapeva bene come si maneggiava il manico di un uomo. “Lurida troietta stavolta non puoi fare la santarellina vero” sghignazzò lui mentre le strizzava i seni. Sentì che stava per venire. “Forza ora chinati mettilo fra le tette e succhialo”. Simone impassibile annuì. “Ce li togli duecento euro se ti fa venire in bocca?” chiese. “Ma scherzi -shittò Frank- per una spagnola una puttana non ne prende neanche 50”. “Ma mia moglie è più brava di una puttana” gli fece notare Simone”.

“Vorresti dire che la tua troietta fa delle marchette da 200 euro a botta?” ridacchiò Frank. “Secondo mè si. Tu quanto offriresti. Per un rapporto completo intendo?”. “Cioè fottermi la tua Chiara per mezz'oretta?”. “Si… Ci togli i duecento euro e andate mezz'ora di la da soli”. “No -disse Frank- ho un idea migliore. Restiamo qui in salotto e io mi sbatto tua moglie sul divano mentre tu comodo in poltrona ti godi la scenetta”.

“Perchè?” chiese Simone. “Perchè voglio sia evidente che è una troia”. Chiara provò ad obiettare ma Frank le mise una mano in testa tenendola chinata sul suo uccello. “Qualcuno ti ha detto di smettere! Succhia vacca, succhia”. Chiara obbedì. SI accordarono. Chiara si spogliò lentamente e sdraitasi sul divano con le sole calze a rete e i tacchi a spillo si preparò ad essere profanata. Frank coll'uccello duro le scivolò sopra e le entrò nella vulva con un unico colpo.

“Che bella calda” annuì Frank soddisfatto e iniziò a pompare a tutta forza. Se la chiavò per un po' tenedosi sui fianchi di lei quindi la fece girare come una cagnolina e tronfio di voglia la profanò montandola come un cane in calore. Chiara gemeva a tutto spiano. Scopare le piaceva era evidente. Ma ciò che più stupì Frank era Simone se all'inizio era stato solo un osservatore passivo con Frank che lo faceva cornuto e contento ora pareva persino eccitato dalla cosa.

Come se nulla fosse anche lui si era tirato fuori il cazzo e se lo menava a tutto spiano. “Simone ma che fai?” sbottò Chiara. “Sborro tesoro non lo vedi” disse lui come se nulla fosse mentre l'uccello zampillava sperma su tutto il pavimento. Anche Frank ormai appagato aprì i tubi. “Vengo anche io” annunciò“Non in fica ti prego. Non voglio restare incinta” implorò Chiara. In effetti con la situazione economica che avevano non era il caso di metter su famiglia.

“Ok allora te lo faccio dove non resti gravida” ringhiò Frank e con un sol colpo glielo sfilò dalle grandi labbra vaginali e puntò secco fra le strette chiappette. “Apri bene troietta che sennò ti faccio male” la avvisò e con un unico colpo secco le fece scivolare il cazzo nel culo per una buona metà. Chiara cacciò un urlo pauroso che in un solo istante ripagò Frank di tutte le umiliazioni subite in passato dalla donna.

“Ora non mi manderai più a casa a farmi le seghe” sorrise e tutto soddisfatto le venne in culo con mezzo litro di buona sborra calda. Concluso il pagamento dell'affitto i tre si salutarono e Frank tornò a casa ma da quel giorno alla fine di ogni mese era puntualissimo ad andare ad incassare l'affitto ridotto più la differenza in natura. Ogni volta con Simone che assisteva e si segava e Chiara che si faceva sbattere fica bocca e culo senza lesinare.

In tempo di crisi economica era tutto sommato un sistema piacevole e appagante per far quadrare i conti. Ero in vacanza da mia nonna che abita in una località montana dove il clima è davvero salubre e i panorami di prati e monti sono una meraviglia per gli occhi. Anche se ormai avevo vent'anni non smettevo mai di andare in vacanza in quella ridente località memore di quanto l'avevo amata da ragazzino. In pratica da sempre ero cresciuto lì, ogni estate, tre mesi l'anno accanto alla mia amata nonna Leonida.

Questa strani vicenda accadde quando ero arrivato da pochi giorni e confessò che mi turbò parecchio. In pratica, senza alcuna prova e senza uno straccio di verità la vicina di casa di mia nonna mi accusò di essere un guardone e un esibizionista. Nulla di più falso. Certo ho una bella mazza di quasi venticinque centimetri che da duro pare il tronco di un albero e non ho nessun problema a sfoderarla bella tosta al momento opportuno ma sono abbastanza carino da potermi permettere di usarla con un ragguardevole numero di fichette in calore.

Quindi che di botto mi si accusasse di spiare di nascosto una vecchia tardona di sessantanni non poteva che offendermi. Le cose andarono più o meno così;Nonostante fossimo in alta montagna quell'anno faceva davvero un caldo insopportabile e quindi di notte trovavo più comodo dormire completamente nudo cosa direi abbastanza normale. Non per vantarmi ma ho un bel corpo: settanta chili abbondanti su un metro e novanta di altezza, pancia piatta quasi scolpita visto che faccio parecchio sport, muscoli dei bicipiti sodi ma non invadenti.

Non faccio il body-builder ma la mia bella figura ce l'ho ugualmente. Comunque era il terzo giorno che stavo da nonna e mi svegliai abbastanza presto intorno alle sei circa. E' una cosa strana che succede quando si va in montagna ma di colpo ci si ritrova a dormire davvero poco, almeno così succede a me, forse sarà la differenza di pressione. In ogni caso ero sveglio e come accade ogni mattina avevo un erezione da far invidia ad un toro.

Fui tentato di tirarmi una sega ma sapevo quanto la nonna odiasse la sborra sulle lenzuola quindi mi trattenni. Ormai non ero più un ragazzetto che sparava schizzi otto volte al giorno, ero un uomo fatto e potevo anche trattenermi. Quindi decisi di fumarmi una buona sigaretta. La prima del mattino è sempre la migliore. Mi infilai un kimono nero che avevo comprato in Cina qualche anno prima e che mi piaceva moltissimo con quel bel drago rosso e verde cucito sulla schiena che faceva tanto Bruce-Lee.

Lo usavo tipo fosse una vestaglia quando nudo dovevo uscire dalla camera da letto per andare in bagno o appunto quando mi affacciavo al balcone per fumare visto che la nonna Leonida odiava con tutte le forze la puzza di fumo in casa. Col mio accappatoio legato in vita mi accesi la sigaretta e la fumai tranquillo. Sotto sentivo ancora l'uccello indurito ma come avevo previsto l'arietta fresca del mattino aveva avuto l'effetto di un mezzo anestetico e pian piano l'erezione stava sparendo.

Fu a quel punto che la vidi. Era a circa centocinquanta metri da me esattamente sul terrazzo della casa di fronte alla nostra. La riconobbi subito era Teresa, una signora vedova di sessanta e qualcosa anni quasi coscritta di mia nonna e di lei anche molto amica. La conoscevo da sempre ma non l'avevo mai vista così. Non così. La vecchia, una mora sui novanta chili col ventre grosso e flaccido se ne stava sul suo terrazzo con indosso solo la pelle.

Già, la tardona era tutta nuda!Sapevo per conoscenza diretta che la porta accanto al suo terrazzo era quella della sua camera da letto, non comunicante col resto della casa ed era quindi ovvio che la vecchia al risveglio dovesse per forza di cose attraversare il terrazzo per andare in casa o in bagno ma non avevo immaginato che lo facesse senza i vestiti addosso. Certo potevo capire e dare per scontato che la tardona dormisse nuda come facevo anche io ma immaginavo che prima di uscire dalla camera da letto ed attraversare il terrazzo si infilasse addosso qualcosa… come me appunto.

Invece nulla la tardona era lì con le sue tette non grosse ma comunque invitanti e la sua peluria bella nera e molto florida. Bastò questa immagine per avere sotto alle gambe un alza bandiera non indifferente. Ora avevo tutto il cazzo ritto fuori dal kimono e sentivo la cappella pulsare eccitata. Continuando a fumare mi godetti quello spettacolino porno finchè la vecchia non sparì. Cosa stesse armeggiando sul balcone non l'avevo capito ma mi ero ben goduto quei cinque minuti di tettone e culoni dondolanti, di fregne pelose e di ciccia flaccida.

Tornai in casa… andai in bagno e mi sparai una bella sega!Non potevo farne a meno. La mattina dopo lo spettacolo si ripetette quasi uguale solo che stavolta ero già in attesa quando la signora Teresa sbucò sul balcone. Già la stavo aspettando. Ero diventato un guardone? No, direi di no. In fondo non mi acquattavo in posti strani per spiarla o chissà che. Me ne stavo tranquillo sul mio balcone a guardare il panorama.

Dal mio punto di vista se la vecchia usciva sul balcone nuda dove tutti potevano vederla era un peccato non guardare. Comunque finalmente uscì. Stavolta non era nuda. Già. Notai subito che indossava una maglietta tipo canotta di colore rosso che le copriva la pancia e il seno. Era un peccato non poter rivedere le tettone ma subito notai che sotto dalla vita in giù c'era comunque una bella gattona da osservare. Guardai concentrato per osservarle bene la patatona quando di colpo la vecchia si chinò accucciandosi sul balcone.

Ma che cazzo stava facendo chinata a fica al vento alle sei del mattino?Naturalmente la cosa più semplice del mondo. Pisciava. Già. La vecchia appena alzata, come tutti, aveva una gran voglia di pisciare e molto probabilmente non avendo voglia di scendere le scale aveva preparato sul terrazzo un bel catino pronto per l'uso. Mi godetti la pisciata osservando meglio che potevo le grosse labbra della sua ficona che si aprivano sparando fuori il liquido giallo.

La cosa aveva un che di eccitante e per forza di cose il mio bel travone di carne si alzò sull'attenti. Provai l'impulso di toccarmi ma resistetti ben deciso a rimandare a dopo una buona e soddisfacente sega. Invece non fu così. Già perchè finito di farsi la sua bella pisciata la vecchia cicciona non si limitò ad alzarsi ma iniziò ad esplorarsi la ficona come se vi avesse perso dentro qualcosa. All'inizio pensai che se la stesse solo asciugando ma poi fu chiaro anche dalla sua faccia che stava facendo altro.

Già. La tardona si tirava un ditale. Questo ovviamente cambiava tutto. Se fino a quel momento mi ero sentito un po' in colpa ad osservare una povera vecchia che facendo dio necessità virtù espletava i suoi bisogni corporali nel modo più facile e comdo mentre io ne approfittavo per guardarla ora era di botto diventata una vecchia maialona che se la godeva. Questo mi arrapava terribilmente. Meccanicamente iniziai a menarlo. Prima piano e poi sempre più velocemente e posso quasi dire che sborrammo insieme.

La cosa durò anche le due mattine successive e ci avevo quasi preso gusto a sborrare sul balcone quando di colpo mi resi conto che avevo tralasciato la cosa più ovvia ossia che se io vedevo la sua passerona anche lei vedeva bene me e il mio cazzone…Fino a che l'avevo osservata e basta tutto poteva risolversi in un nulla ma lì ero stato chiaramente a tirarmi il cazzo fino a fartelo esplodere e non potevo più dire che era tutto un equivoco no?Così quel pomeriggio quando sentii la signora Teresa che discuteva con mia nonna mi sentii un verme totale.

La signora Teresa e in questo era stata un gran po' stronza era andata a parlare con la nonna proprio di questo problema e le stava appunto raccontando che la mattina la spiavo dal balcone per cercare dio vederla nuda e che per di più quando lei si accorgeva che la stavo guardando mi tiravo fuori il cazzo e mi toccavo. Insomma ero un esibizionista che si tirava segoni sul balcone davanti a tutti.

Era proprio così? A sentire Teresa si visto che aveva tralasciato di dire alla nonna che lei era tutta nuda intenta a sgrillettarsi come una pazza. Già cara la mia tardona perchè se fossi stata vestita io non ci avrei mica fatto caso no? Mi dicevo e mi incazzavo mentre lei mi descriveva alla nonna come il classico spione che violava l'intimità di una povera vedova. Non potendone più entrai nella stanza fissando la donna con tutta la mia rabbia ma lei non ci fece nemmeno caso.

Anzi fissandomi me lo disse in faccia “Bisogna proprio che la smetti di spiare sai”. “Io non spio…”. “Ma si dai che ti ho visto tutto nudo che mi spiavi dal balcone”. “Anche tu eri nuda però” shittaiperchè volevo a tutti i costi che nonna sapesse quanto era vacca la donna. “Io a casa mia giro come mi pare sei tu che non devi guardare ti pare”. “Io non l'ho mica fatto apposta. Ero lì a fumare e poi ti ho vista uscire nuda”.

“E poi te lo sei tirato fuori” aggiunse lei con una mezza risata. Guardavo mia nonna carico di vergogna “E' stato un riflesso”. “No bello mio è stato un segone coi fiocchi” ridacchiò ancora più forte dandomi implicitamente del segaiolo. Non sapevo che altro dire. Per fortuna intervenne la nonna. “Sentite certe cose capitano. Coi balconi di fronte è normale. Bisogna che facciamo in modo di non guardarci più vi pare? La cosa migliore credo sarebbe coprire tutto il terrazzo di Teresa con qualcosa.

Non so magari delle lenzuola colorate o qualcosa del genere”. Io e Teresa ci guardammo non mi andava di smettere di vederla nuda e lessi nei suoi occhi che anche a lei fissare il mio cazzo non dispiaceva poi quanto voleva farci credere. Comunque la nonna era stata decisiva così quello stesso giorno saltò fuori dalla cantina un vecchio taglio di stoffa lunghissimo color blu petrolio. Con quello avremmo oscurato per bene il terrazzo di Teresa e ilo problema si sarebbe risolto da solo.

Visto che ormai avevano deciso che ero io il colpevole, il guardone, il segaiolo la nonna decise anche che sarebbe toccato a me tendere la bacchetta lungo tutto il terrazzo su cui attaccare la coperta. Così tentando di rimanere impassibile per non buttare altra benzina sul fuoco andai a casa della signora Teresa con la bacchetta e la stoffa pronto a fare il mio lavoro. Sul mio sguardo si leggeva tutta la rabbia soprattutto per quanto quella vecchia stronza si era mostrata fasulla ed ipocrita ma finsi indifferenza.

Teresa mi fece entrare ed andammo subito sul terrazzo. Mentre salivamo le scale notai che indossava una gonnellina a fiori molto leggera e una maglietta bianca. Sotto alla maglietta si vedeva tutto il reggiseno che per fortuna quel giorno aveva avuto la saggia idea di mettersi. Lo stesso non si poteva dire per il sotto. Bastò infatti essere distaccato da lei di qualche gradino per osservare la gonna svolazzante e notare che nove su dieci non indossava mutandine..Notai la cosa, la immagazzinai in un angolo della memoria ripromettendomi in seguito di sparami una soddisfacente sega immaginando di sborrare nella boccaccia di questa vecchia vaccona fasulla che mi aveva fatto fare una così brutta figura con mia nonna e mi misi al lavoro.

Tersa mi lasciò ad armeggiare col martello e i chiodi e in meno di mezz'ora ebbi finito. Ora il terrazzo era perfettamente schermato. Mai più spettacoli porno gratuiti da vecchie tardone sgrillettomani. Chiamai la signora Teresa. Avevo finito. Lei tornò ma vidi subito che era senza maglietta. Sopra aveva solo un reggiseno di colore rosso molto più adatto ad una ragazzina che ad una vecchia e che pareva far risaltare i suoi tettoni anziché nasconderli.

“Che caldo che fa” disse forse per giustificarsi ai miei occhi. “Già dissi. Ma non ti preoccupare adesso vado via e puoi anche metterti tutta nuda. Io non ti guardo”. “Adesso però guardi altrochè” ridacchiò lei e per sottolineare il tutto si toccò ben bene una tetta sotto al reggiseno. Le piaceva farmi passare per uno sfigatello che non aveva nulla di meglio che filarsi un vecchio cesso come lei. Mi dava così fastidio che non mi trattenni più “Guarda che ho visto cosa facevi sai”.

“Cosa facevo cosa?”. “Ti tiravi un grilletto ti ho vista”. “Ma che porco che sei. Ma lo sa la nonna che dici stè parolacce”. “Parolacce un cazzo. Tu sei una vacca e ti masturbi sul balcone. Se ti guardo è solo perchè ti fai guardare”. “Vacca ci sarà tua nonna io sono una signora per bene sai”. “Ma vaffanculo” chiusi il discordo io e me ne andai. Lei mi seguì velocemente giù pe rle scale e prima che uscissi di casa mi sbarrò il passo.

“Senti mi dispiace” disse. “Cosa ti spiace? Di avermi sputtana con mia nonna o di essere una troia”. Lei mi si avvicinò e con un colpo secco fece sgusciare fuori una tetta dal reggiseno. “Ecco guarda… Guarda che bella…. ”. “Non mi interessa più”. “Ma si che ti interessa dai” e così facendo tolse del tutto il reggiseno. “Perchè poi tu vada a dire a mia nonna che ti ho strappato il reggiseno io”.

“Ma non lo farei mai. Quella che cercavo era solo una scusa per farti venire a casa mia. Io ci provavo ma tu non ti decidevi. Sapevo di avetelo fatto venir duro pisciando, poi me la sono anche spupazzata per farti guardare meglio ma tu niente… Solo seghe e basta. Se non ti facevo venire io eri ancora li a guardarmi dal balcone”. “Quindi era tutto un trucco per…”. “Si, bravo l'hai capito” sussurrò lei che già aveva una mano sul cavallo dei miei pantaloni e mi tastava il cazzo.

Poi mi prese la testa e se la tirò al seno. “Ciuccia dai. Ciuccia stè belle tettazze”. Obbedii. Era stupendo. Mentre succhiavo i suoi grossi capezzoli il cazzo sgusciò fuori dritto fra le sue mani e cominciai a sentire che me lo accarezzava sempre più velocemente. “Che trave che hai qua sotto ma tua nonna lo sa?”. “Lo sa, lo sa” confermai godendomi il segone mentre con le mani le stavo già abbassando la gonna svelando la ficona pelosa e pronta per me.

Nudo dalla vita in giù, arrabbiato ed arrapato non ci misi molto a farla girare mettendola a pecorina sul pavimento. Lei non desiderava altro ed io non chiavavo da cinque giorni quindi fu abbastanza normale che il mio cazzo scivolasse in un sol colpo dentro a quella vulva marcia di umori. La vecchia aveva una gran voglia e mi incitava a pompare sempre più veloce mentre mi incitava a sfondarla a colpi di cazzo.

Andai avanti a montarla per una buona mezz'ora e mi tolsi la soddisfazione di tirarglielo fuori dalla fica appena in tempo per poggiarglielo sulle labbra e sborrare tutto nella sua maledetta boccaccia che aveva parlato troppo. Teresa non si lamentò affatto anzì dopo aver deglutito la mia sborra serenamente continuò a succhiarlo ottenendo di farmelo praticamente restare duro e pronto. Ci facemmo subito una seconda chiavata. Stavolta nel suo letto, lei sotto, io sopra in un mare di sudore a pompare come ricci.

La signora raggiunse parecchi orgasmi eccitandomi ed invogliandomi a continuare a fotterla a tutto spiano. A me non importava che fosse brutta o che fosse vecchia. In quel momento volevo solo fotterla a 360 gradi. Ero lì a scoparmela da quasi un ora. Le ero già venuto in bocca ed ora le avevo allagato la fregna ma quando si alzò in piedi andando dal suo letto al terrazzo non potei fare a meno di notare con quanta studiata troiaggine si sedeva delicatamente sul catino.

La guardai pisciare sul terrazzo. Stavolta da pochi metri e al riparo grazie alla tenda che avevo appena montato. Lei pisciò tranquilla e non si stupì troppo quando le porsi il cazzo duro per un tris dovuto. “Aspetta che la asciugò che sono piena di piscia”. “Non è necessario… Tanto non è lì che vado” ridacchiai io. La inculai. Senza vaselina, senza protezioni ma solo con l'insana voglia di spaccarle completamente il culo. Per fortuna la vecchia non era del tutto vergine nemmeno lì e lo si capì bene quando le infilai il cazzo dentro fino a far sbattere i coglioni sulle sue chiappe.

In perfetta pecorina la montai deciso ad inamidarle il culo. Era stupendo ed in più avevo quasi la certezza che quell'estate avrei potuto approfittare di quella vecchia puttana quando e come meglio credevo. Dovevo solo stare attento a non far sospettare nulla alla nonna. Già la mia cara nonna. Ma dov'era in quel momento la cara nonna?Ovviamente a controllare che quel pelandrone di suo nipote avesse fatto per bene il lavoro che aveva promesso.

Esattamente davanti a me ritta sull'ultimo gradino della scala a fissarmi mentre inculavo a tutto spiano la vicina di casa. “Ciao nonna” dissi io con un verso soffocato proprio mentre sentivo il terzo schizzo inondare il culo a Teresa. “Ciao un bel cazzo” sbuffò la donna e girato sui piedi ridiscese lentamente la scala. Teresa ed io ci staccammo in fretta e col mio cazzo ciondoloni e la sua fica ed il suo culo che ancora colavano lo sperma con cui l'avevo riempita raggiungemmo nonna Leonida prima che uscisse di casa.

“Leonida aspetta” la bloccò Teresa. “Aspetta cosa… Ormai avete fatto no. Allora finite e poi rimandalo a casa”. “Leonida… mi spiace”. “Ma vaffanculo troiaccia. Lo sapevo io che mi scopavi il nipote. Lo sapevo che eri una vaccaccia”. “Nonna mi spiace”. “Tu zitto porco che facciamo i conti a casa”. Interrotta la chiavata obbedii alla nonna. Poco dopo eravamo in cucina. Io seduto su una sedia con lei a fianco semplicemente inviperita “Io lo sapevo.

Lo sapevo che era una vecchia porcona. Tutta le storia del guardone. Lo sapevo che voleva fottermi il nipote -brontolava – e tu brutto maiale proprio non resistevi vero. Già quella ha tirato fuori la fica e tu giù. Ma lo sai che quella si fa i ditalini con le carote e le zucchine. Ma tu lo sai sulla verdura quanti microbi ci sono sopra? No dico almeno le lavasse prima…Pensa ai microbi che aveva nella fica e che adesso hai tu sul pisello”.

Prese da uno scaffale una specie di tubetto molliccio e lo mise sul tavolo. “Questa è crema disinfettante per la vagina. Non è il massimo ma la facciamo andar bene. Forza spalmiamola subito prima che ti venga blu”. Obbedii denudandomi dalla vita in giù. La nonna poggiò il tubetto sul mio cazzo e premette forte. Con un getto gelido quella specie di gel trasparente mi si posò sul cazzo. Stavo per spalmarlo io stesso quando la nonna con una salviettina mi si mise accanto iniziando a spolverarmi come fossi un mobile.

Fregava forte, molto forte, una cosa sempre più simile ad una sega che non mancò di sortire un certo effetto di indurimento. “E poi dico io nel culo. Ma lo sai i germi che avrà quella nel culo. Ma davvero vuoi prenderti la gonorrea o chissà cosa. Ma tu sei malato sai”. “Scusa nonna” sussurrai io ma ero così preso a godermi quella che ormai era una sega in piena regola che avevo poco forza di sembrarle pentito.

La cappella era gonfia, l'uccello d'acciaio e stavo godendo a mille. “E adesso cosa fai? Mica mi vorrai sborrare in mezzo alla cucina”. “Vado in bagno subito”. “Si vaivai. Tanto a tua nonna mica ci pensi più. Già ormai siamo grandi e la nonna non serve vero”. “Nonna ma che dici?”. “Dico che sei un ingrato. Che se ti ricordassi le cose magari una avrebbe piacere no. Già ma il signorino ormai ficca in giro e la nonna non se la ricorda più.

Mica si ricorda di chi lo ha fatto uomo”. La fissai. Col cazzo duro. Durissimo. Le sue grosse tette traboccavano sotto al vestito. Le sue cosce sode facevano capolino sotto alla gonna. “Nonna. Io non lo potrò mai scordare. Mai. Certo non l'ho mai detto a nessuno ma se sono come sono lò so di doverti molto. Non sai nemmeno quanto ti sia grato di avermi fatto uomo. E' stato il più bel regalo di compleanno che una nonna potesse fare al nipote”.

“Parole, parole” mugugnò lei. “No. Fatti -sussurrai io mentre delicatamente le accarezzavo il petto- Nonna non sai quante volte ho ripensato a quella scopata che ci siamo fatti quel giorno e alle altre cento nei anni successivi. Non sai quante volte ancora ti penso e mi arrapo”. “E allora perchè non lo dimostri mai. Sono quasi tre anni che vieni qui e non fai nulla”. “Nonna ma hai passato la settantina… Io non credevo che…”.

“Che cosa? Che questa non tirasse più” disse lei sfilandosi la gonna con un sol colpo e restando nuda dalla vita in giù. Erano tre anni che non vedevo la sua passerona ma a parte il pelo un po' grigio era ancora la bella miciona con cui avevo perso la verginità quasi sei anni prima. “Allora cosa dici?”. “Dico che è bellissima e vorrei leccarla come facevo una volta”. “Potevi anche svegliarti prima no? Sono tre anni che non fai niente.

Tre anni che vado in giro per casa senza mutande sotto, che metto le auto reggenti anche d'estate, che faccio la doccia con la porta aperta e tu… un cavolo. E poi mi chiavi la vicina”. “Nonna tu mi dicevi sempre dei malori che avevi, di come ti sentivi stanca io non credevo che volessi farlo ancora. Io ti rispettavo e mi facevo le seghe piuttosto che importunarti”. “Ma bello della nonna non lo sai che la mtua mazza i malori li cura”.

“Davvero?”. “Ma certo cura e tiene giovani”. “O nonnina cara ma che errore che ho fatto. Che grande errore. Allora vieni, vieni che ti do la medicina. Tre anni di medicina arretrata” e senza perdere altro tempo me la feci sedere in grembo impalandola in un colo solo. Nonna Leonida era così marcia di voglia che l'uccello le scivolò dentro in un istante la sua fica di settantanni era ancora così calda che pareva una ragazzina.

Approfittai per sbottonarle la camicetta e liberare le sue tettone sesta misura. Ero semplicemente in estasi. “O nonna che bello”. “O nipotino mio che cazzone duro”. “Sei tu che lo fai gonfiare nonna”. “Si bravo nipotino, bravo scopa la nonna falla felice”. “Sempre nonna… Lo sai che ti voglio bene”Due parole su mia nonna. Di quanto tenessimo segreto fra le mura di casa. Mia nonna Leonida è una gran troia diciamolo pure. Ed è una cosa stupenda.

All'inizio tutto si riduceva a qualche fuggevole occhiata infatti la nonna era solita cambiarsi d'abito in cucina di fronte a me prima di andare a letto. Ora la cosa di per sé non era maliziosa ma faceva parte della routine quotidiana ma mano a mano che crescevo quel momento serale in cui la nonna toglieva maglie e gonne restando in bustino e reggicalze diventava sempre più stimolante. Il cazzo mi veniva duro. Lei era lì col suo bustino nero tutto pieno di pezzi e le calze spesso nere e io fissavo il reggicalze e fissavo le mutandine anch'esse nere.

Avevo una voglia di toccarle che me ne vergognavo da solo. Poi la nonna toglieva anche il bustino ma mentre lo faceva mi voltava la schiena cosicchè potevo avere solo una vaga idea delle sue grosse tettone. Nonostante ciò bastava il riflesso di esse sui vetri per capire che ben di dio avevo di fronte. Sfilato il bustino e tolte piano piano le calze, una cosa già di per sé molto arrapante la nonna metteva una mano sotto alle tette coprendo i capezzoli e tenendo in mano quelle due angurie scodinzolava in bagno con le sole mutande addosso.

A quel punto sapevo che andava a lavarsi e a mettersi il pigiama. Io, che non ne potevo più afferravo le sue calze e me le portavo al viso odorandole per bene. Arrapato lo tiravo fuori e sborravo in fretta e furia prima che lei tornasse. All'inizio me ne vergognavo. Si insomma era poi sempre mia nonna ma mano a mano che i giorni passavano pensavo solo a quanto fosse fica e bella in carne.

Di solito ero bravo a sborrare in fretta perchè lei stava in bagno meno di dieci minuti ed io dovevo smenarlo velocissimo se non volevo che mi trovasse lì col picio duro fra le mani e, allo stesso modo ero anche bravo a mirare bene nella mano che chiudevo a coppa sulla cappella per non spruzzare in giro sperma. Nonostante ciò il mio cazzo lasciava nell'aria una puzza di sesso che certamente la nonna non poteva far a meno di sentire.

Ma non disse mai nulla. Una volta che la nonna aveva le calze a rete mi arrapai più del dovuto e mi uscì così tanta sborra che non riuscìì a farmela nella mano ma, come un proiettile schizzò in aria andando ad attaccarsi sul muro alle mie spalle. Ero dannatamente imbarazzato. C'era questa medusa molliccia accanto alla mia spalla e non avevo nulla per pulirla. Se anche ci avessi provato che avrei potuto fare? La macchia sul muro sarebbe rimasta comunque.

Alla fine, mentre ancora pensavo a cosa avrei potuto fare arrivò lei. Aveva già finito. Finsi indifferenza sperando che non notasse la macchia e magari dopo, mentre dormiva avrei potuto pulirla ma, forse per l'odore la nonna la vide subito. Pensavo mi ammazzasse di botte o peggio non mi volesse più con lei invece fu molto dolce… Prese una spugna bagnata dal lavandino e me la diede. “Pulisci bene, togli tutto prima che resti la macchia” non disse altro.

Io obbedii rosso di vergogna perchè era evidente che la nonna sapeva che mi sparavo le seghe. Che ingenuo che ero. A quei tempi me ne tiravo cinque o sei al giorno e in casa di nonna c'era una puzza di sperma che non ti dico. Solo io non la notavo ma lei si, lei l'aveva già notata da molto tempo. La sera dopo come se nulla fosse si cambiò e a me venne ancora duro ma stavolta prima di andare in bagno mi diede un piccolo asciugamani.

“mettiglielo intorno così non sbagli il colpo” commentò con un sorriso. “Nonna ma…. cioè io…”. “Dai dai meglio nell'asciugamani che sul muro o sul divano” tagliò corto lei. Era una nonna fantastica. Non solo non aveva disapprovato la mia masturbazione ma mi aiutava persino a sborrare meglio. Dalla vergogna passai all'eccitazione. L'idea stessa che la nonna approvasse le mia cannonate di sperma mi faceva godere e anche quella sera sborrai alla grande nell'asciugamano. Quando la nonna tornò dal bagno pronta per andare a letto l'asciugamani era tutto lurido.

Lei lo prese da un lembo e lo mise nella roba da lavare. Anche stavolta nessun commento. Ogni sera lasciava che la guardassi mentre si spogliava e poi mi dava il tempo di tirarmene una dandomi tanto di asciugamani. Iniziò anche a lasciarmi un altro asciugamani sul comodino accanto al letto. Evidentemente si era già accorta che me lo segavo ogni sera prima di dormire o ogni mattina appena sveglio. Una volta non fui abbastanza lesto e quando la nonna uscì dal bagno ero ancora lì a sparare sborra nell'asciugamano.

Lei fece come nulla fosse e mi si sedette accanto mentre la mia mano menava a tutta forza. Proprio mentre sparavo fuori tutto mi chiese “Domani ti va se faccio il risotto?”. “Siiiiiiiii” le risposi. Un si davvero convinto. A volte la nonna mi chiedeva di lavarle la schiena mentre faceva il bagno. Per me era un gran momento visto che potevo toccarla come meglio credevo e alzando abbastanza la testa potevo guardarle il petto e vedere le sue grosse tette.

Si davvero grosse. Una bella sesta a pera coi capezzoloni lunghi e rosa. Una favola. Ormai però quando le lavavo la schiena era inevitabile che mi venisse duro come una pietra. Certo non potevo dirglielo ma il bozzo era molto chiaro e sono certo che la nonna lo vedesse gonfio sotto ai pantaloni. Della cosa non parlammo mai anche se appena finito il bagno la nonna si metteva l'accappatoio e poi mi porgeva un asciugamano.

“Questo è per te” diceva sapendo benissimo che appena possibile me ne sarei sparata una. Poi una volta mentre le passavo la spugna sulla schiena mi disse “Perchè non vieni dentro?”. “Come?”. “Ma si dai togli tutto e datti una rinfreshita no”. Potevo rifiutare questa occasione. Mi denudai sapendo che mi stava guardando e con un certo orgoglio lascia che il mio uccello dritto e duro dondolasse un po' accanto a lei quindi entrai in vasca.

La nonna stava seduta sulle ginocchia e io mi misi alle sue spalle ma inevitabilmente ad ogni spinta della spugna il mio corpo si avvicinava sempre più al suo. Alla fine ero così vicino che la punta del mio cazzo puntava sulla sua schiena appena pochi centimetri sopra al suo gran culone. La nonna dovette sentirlo perchè si mise un po' più avanti lasciando che il cazzo le si poggiasse giusto sotto alle chiappe in quel piccolo lembo di pelle tra fica e culo.

Io con lunghe spinte in avanti che sembravano tante pompate continuavo a lavarle la schiena mentre lei d'improvviso strinse bene le chiappe catturando il mio cazzo. Non glielo avevo davvero infilato ero solo prigioniero dei suoi glutei ma in quel momento fu meglio che una chiavata. Lei stringeva le chiappe, io pompavo e alla fine le venni sul culo come se davvero avessimo scopato. A quel punto fece un commento sul fatto che ora l'acque era piena di sborra e bisognava uscire subito.

Uscimmo. Insieme uno di fronte all'altro e vidi tutto il tettame e per la prima volta i riccioli neri della sua fica. Una gran fica. La nonna mi fece mettere un accappatoio e mi asciugò per bene, mi asciugò davvero tutto e quando asciugò lì sotto fu meglio di una sega. Sborrai e lo schizzo le arrivò in parte sulla gamba. Mi guardò un po' perplessa “Ma santo cielo quanta ne spari al giorno?”.

“Scusa nonna…”. “Fa niente, fa niente tanto poi la laviamo via e con una mano si tolse lo sperma dalla gamba. Ora lo aveva sulla mano e ancora mi fissava. Io la fissavo perplesso, lei, come nulla fosse si leccò il dito. Aveva inghiottito la mia sborra. Poco tempo dopo facemmo ancora il bagno insieme e stavolta oltre che strusciarle il cazzo fra le chiappe mi venne il coraggio per far scorrere le mani e afferrarle le tette.

Lei non si fece indietro anzi mi sussurrò “Ti piacciono le tette grosse?”. “Si nonna”. “Io le ho tanto grosse sai”. “Si nonna. Lo sento nonna”. “Vorresti guardarle mentre ti tocchi vero?”. “Sarebbe bellissimo nonna…. ”. Per la prima volta si spogliò voltata verso di me. Come nulla fosse lasciò che io guardassi bene le sue tettone mentre la mano ci dava a tutta forza. “Tutti malati di tette voi ragazzini” ridacchiò mentre sborravo nell'asciugamano.

Trovai il coraggio per chiedergli ancora di farmele vedere e ben presto divenne nostra consuetudine che io mi sparassi una sega mentre la guardavo denudarsi… una sera si tyolse persino le mutande. “E questa ti piace…”. “Nonna è bellissima”. “Si. E devi prenderla piano piano sai altrinmentio alle ragazze gli fai male. Bisogna che impari ad usare la lingua più che la trave che hai li sotto”. “La lingua nonna?”. “Ma si. La lingua sulla patata.

Bisogna che la lecchi così piano piano su e giù per farla bagnare tutta e favorise la penetrazione” mimava la lingua con un dito facendosi praticamente un grilletto mentre io segavo a più non posso. Sborrai…“Naturalmente è sempre meglio venire dopo averlo infilato bnon prima sai”. “Scusa nonna”. “Ma figurati è normale”. Ci misi una settimana atrovare il coraggio poi una sera glielo dissi “Nonna mi insegni a leccarla?”. “Come scusa?”. “Leccare la patata.

Hai detto che è importante farlo bene. Insegnami”. “Ma certo che ne hai di ‘pretese tu. Già sono qui nuda a favoristi la mastiurbazione adesso dovrei anche fartela leccare”. “Solo una volta nonna. Per imparare”. Rise “ Masi, ma si non farla lunga dai. ‘però non qui, fammi lavare e poi andiamo a provare nel mio letto”. “Nel tuo letto? Insieme?”. “Se te la senti”. Da quella sera, ogni sera andavamo a letto insieme.

Nudi. Mi mettevo tra le sue cosce e leccavo, leccavo, leccavo… e godevo con la mano. “La nonna è proprio contenta sai. Me l'anno leccata tanti ma sei quasi il migliore devo dirtelo”. “Te la sei fatta leccare da tanti nonnina?”. “Quando ero giovane? Almeno una cinquantina forse di più. Sai la nonna era parecchio… vacca capisci?”. “E adesso nonna? Non sei più vacca adesso?”. “Tu mi vedi vacca tesoro mio?”. “Non so. Però mi fai sentire parecchio toro questo si”.

Rise “Sarebbe a dire?”. “Che leccarla non basta più”. “Ma sentilo il signorino. Tra tre giorni fai quattordici anni, hai ancora la bocca sporca di latte e vorresti chiavare, anzi non chiavare e basta, chiavarti tua nonna addirittura…. Ma certo che sei porco forte sai?”. Lo so nonna è solo che,,, cioè con la mano capisci…. non basta più non mi svuota capisci”. Rise. Mi venne in bocca ancora una volta e spense la luce.

“Resta qui a dormire se vuoi”. Restai. Qualche minutop dopo sentivo una specie di idrovora sul cazzo. Un qualcosa mai provato prima. Era un pompino. Il mio primo pompino. E me lo faceva mia nonna. “Nonna ma?”. “Che c'è non ti piace? No. E' stupendo ma…. ”. “Ma?” chiese lei fermandosi per un attimo. “No è solo che stòper…. ”. “E allora che aspetti vioeni no. E' mica la prima che bevo sai”. Venni in bocca a mia nonna ululando e la sentii continuare a succhiare fino all'ultima goccia certa di svuotarmi i coglioni per qualche giorno.

Ogni tanto, ma solo quando era buio sentivo la bocca calda della nonna succhiarmi il cazzo e mi godevo il lavoretto in timoroso silenzio… Ogni volta, a fine lavoro la ringraziavo e le dicevo quanto le volevo bene. Poi arrivò il mio compleanno e glielo chiesi. “Nonna non voglio regali, non voglio giochi o soldi o vestiti voglio solo una cosa, una piccola cosa”. “???”. “Mezz'ora a letto con te. Solo mezzora”. “Ma tesoro della nonna andiamo già a letto insieme tutte le sere.

Invece del bacino della buona notte ti faccio un lavoretto e invece della camomilla ti lascio bere il mio succo di patata ma che vuoi ancora..”. “Entrarti dentro nonna. Non sai quanto lo desidero. Non puoi immaginarlo”. “Ma guardalo il signorino. E così vuoi farti la tua prima con la nonna”. “Si nonna si ti voglio, ti desidero, voglio sentire il cazzo nella tua fica. Voglio succhiarti le tette mentre ti fotto a tutta forza, voglio sentire il cazzo che mi si bagna del tuo seme mentre vieni invocando il mio nome.

Nonna voglio fotterti. Lo so che è brutto da dire ma voglio fotterti”. “Ma tu lo sai che quello si chiama i****to? Che nonna e nipote non possono ficcarselo dentro. Se qualcuno viene mai a saperlo…”. “Ma io non lo dirò a nessuno te lo giuro”. “Davvero lo giuri?”. “Lo giuro. Mi cadesse il cazzo”. Così iniziammo a scopare. Dapprima lo facevamo ogni sera al buio della sua camera. Una, a volte due di seguito finchè stremati non ci addormentavamo nudi l'uno accanto all'altro ma ben presto venne naturale che, svegliandosi accanto a quei bei tettoni mi si rizzasse già appena aperti gli occhi e così finiva sempre che, ancor prima di colazione ci facevamo una ripassata veloce di solito a pecorina.

Poi iniziai a fotterla anche dopo pranzo, quando si sedeva sulla poltrona in salotto per fare il pisolino e allargate le gambe metteva tutto in mostro comunicandomi nuove perverse idee. Lei non si tirava indietro, anzi le piaceva che mi chinassi davanti a lei e la fottessi prima di prendere sonno. Diceva che la rilassava. Lo facevamo quando era ora di farci la doccia che ormai potevamo solo farci l'uno accanto all'altro pompando a pecorina mentre l'acqua ci bagnava tutti.

Lo facevamo in cucina mentre preparava il pranzo perchè appena si chinava sui fornelli a me veniva una gran voglia di sollevarle la gonna e lei me lo lasciava fare senza problemi. Insomma eravamo due autentici maiali da monta e in quell'estate arrivammo a farci una media di sei chiavate al giorno tanto che spesso lei aveva le labbra della patata rosse vive e io l'uccello che doleva per l'uso troppo intenso. Eppure non ci bastava mai.

Messo a mollo il cazzo nel bidet per un po' ero pronto a pompare più di prima e lei lo stesso. Poi al mio compleanno la nonna mi regalò il suo culo. L'unico buco che ancora non le avevo tappato. Fu bellissimo. Fu il mio primo rapporto anale. Godevo come un pazzo tanto da farmi sgorgare lacrime di gioia. Lei tesa a pecorina se lo lasciava entrare fino ai coglioni lasciando che le sfondassi lo sfintere con tutta la mia forza fino a che non arrivò la sborrata finale.

“Nonna che bello. Nonna quanto sei brava. Io sono certo che sei la miglior nonna del mondo”. Ora, dieci anni dopo, grazie alla troiaggine di una vicina di casa dalla lingua troppo lunga e la fica troppo in tiro i bei tempi erano tornati. Erano dieci anni che non andavo più a letto con Leonida e fu come la prima volta. Restai ancora da lei due settimane per le vacanze. Praticamente non ci alzammo mai dal letto.

Michael Era sceso a fare la spesa al supermercato e mai avrebbe immaginato che l'impellente bisogno di pane gli avrebbe procurato un bel po di fica fresca…In effetti mentre vagava tra i reparti mai avrebbe creduto di trovarsi davanti Lella, una biondona ventenne alta e longilinea ma con due belle tettone dure e sode. Ciò che lo colpì fu la minigonna della ragazza così corta che quando si chinò per prendere una shitola di pomodori non potè fare a meno di notare le sue mutandine bianche.

Aveva dei lungjhi stivali fino al ginocchio e niente calze. Le sue gambe erano perfette e non aveva alcun bisogno di nasconderle. Benji, col cazzo già gonfio nei pantaloni, le si accodò per un po rifacendosi gli occhi ogni volta che Lella si chinava o si sporgeva facendo la spesa. Avrebbe potuto avvicinarsi e attaccar bottone ma c'era un impedimento. Una vecchia ciabatta di cento chili vestita in nero, brutta e rugosa. La nonna di Lella.

Straccia cazzi come non mai la vecchia si faceva servire di tutto punto dalla nipotina che sorridendo ancheggiava la mercanzia a destra e a manca. Due volte lo sguardo di Benji si incrociò con lei. Dietro a quegli occhiali tondi i suoi begli occhioni azzurri dicevano fottimi fottimi, fottimi a tutto spiano. Lui abbozzò un sorriso, lei annuì. Era chiaro che senza nonna tra i coglioni avrebbe già mollato li il carrello per andare a farsi dare una ripassata.

Benji aveva già scritto il suo numero di telefono su un pezzo di carta pronto a passarlo alla ragazza alla prima occasione… In giornata o in settimana al massimo contava di farsi una bella trombata. Ma non fu così. Quando si avvicinò per infilare il biglietto nella borsetta aperta di Lella ecco che da dietro una mano lo afferrò. Era quella rugosa della nonna. Sicuramente doveva aver equivocato scambiandolo per un ladruncolo. Benji aprì la mano, il biglietto scivolò nella borsa.

La nonna lo lasciò andare e prese il biglietto. “Ti aspetto quando vuoi…” e seguiva il numero di telefono. Pensò che la vecchia si sarebbe incazzata come una iena e aspettava già di ricevere un ceffone ma non fu così. Anzi. “Quando voglio…? Anche subito?” sorrise la vecchiaccia sotto al suo chilo di rughe. Aveva settantatre anni compiuti. “Ma veramente io… lei” borbottò indicando la biondina. “Capisco capisco volevi silurare la Lella capisco”. “Signora nonna io…”.

“Chiamami Adele” disse lei e con un gesto secco gli ficcò la mano sul pacco. “Lella senti che pacco” esclamò subito dopo senza ritegno e la nipotina, senza problemi, obbedendo alla nonna tastò a sua volta eccitando Benji ancor di più. In pochi minuti le due interruppero di far la spesa e pagato velocemente quanto avevano nel carrello seguirono Benji due isolati più lontano dove aveva l'appartamentino. Appena saliti la signora Adele si sbottonò velocemente il lungo vestito a fiori.

Sotto era praticamente nuda ad eccezione di un bustino nero tutto lavorato che lasciava intravvedere le sue tettone ancora belle grosse e la fica pelosa e ingrigita. “E le mutande?”. “O io non le metto mai. Sai alla mia età è meglio fare in fretta… Ogni minuto è perso”. “Capisco” annuì Benji e senza pensarci ancora si calò i pantaloni e fatta sdraiare la vecchia sul divano le entrò dentro iniziando a fotterla a tutto spiano.

Lei gradì molto. Era ancora calda e sbrodolava umori a tutto spiano. Benji afferrate le tettazzemolliccie iniziò a strizzarle godendo mentre il cazzo perforava la vecchia fino ai coglioni. Eccitato soprattutto sapendo che la ragazzina lo stava guardando. “Lella ora viene la nonna e poi te lo passi anche tu” disse la vecchia. “E cerca di non sfondarla che hai un cazzo da cavallo”. “Starò attento signora” annuì Benji senza smettere di scoparla. “Nel culo no però che li è ancora vergine capito”.

“E nel suo signora?”. “O nel mio vai tranquillo” e così dicendo la vecchia si arcuò in avanti, gli afferrò il cazzo con una mano sfilandoselo dalla sorcona e se lo guidò fin nel culone lardoso invitandolo a sfondarlo. Benji obbedì. Sodomizzò la vecchia e ne approfittò per sborrarle dentro. Il culo della vecchia troia era davvero sfondatissimo. “Ma cosa ci ha messo qui dentro?”. “Zucchine… Banane… Bottiglie”. “Ma brava la nonnina sei un bel troione sai…”.

“Grazie, grazie tante. Ma ormai se non uso la Lella di cazzi mica ne trovo tanti”. “La usi? Usi la nipotina intendi”. “Ma si dai che hai capito. Io porto in giro quella gnocca di nipote con quelle minigonne corte e quelle belle tettone e voi basta fottere lei date una botta anche a me no?”. “Signora lei mi offende. Io sono uno che chiava tutto. Se me lo avesse detto l'avrei inculata anche senza la Lella”.

“Galante che sei ma io i cazzi mica li faccio rizzare più”. “Ma no signora che ha ancora un bel culone anzi sa cosa le dico si metta a pecora che le faccio il bis di sborra nella fica”. Entusiasta la vecchia non se lo fece dire due volte. Messasi a pecora lasciò che lui le infilasse tutto dentro e iniziò a farsi montare come una vacca selvaggia. “O ma come sei bravo. Si vede che trombi tanto… Ma ti piace la gnocca grigia a te?”.

“A me piace tutto signora. Si figuri che mi facevo mia nonna..”. “Ma che bravo… Anche io mi faccio la nipotina comunque”. “Non ne avevo dubbi”. “Si la fichetta della mia Lella è deliziosa…. Fatevi un 69, ve lo consiglio… Anzi, meglio ancora: Lellaaaa… Lelllaaa vieni subito dai”. La ragazza entrò, aveva ncora la gonnellina ma si era sfilata le mutande. “Nipotina cara fagli leccare la patata a questo ragazzo così gentile che mi fa fare anche la seconda”.

E così la biondona statuaria appena ventenne fece felice la nonna vecchia e brutta lasciandosi slappare a raffica dalla lingua vogliosa di Benji mentre il suo cazzo trapanava la vecchia nonna senza pietà. Alla fine Benji si fece anche la ragazza. La sua fichetta biondiccia era calda e soffice. Nulla che la nonna potesse neanche vagamente emulare ma era stato bello inculare e fottere quel vecchio cesso che lo implorava di avere più cazzo possibile.

Siccome la nonna si era tanto raccomandata di non ingravidarle la nipote lui ci fece la giusta attenzione e lo tirò fuori per tempo… Nulla di meglio quindi che ficcarlo duro e gonfio in bocca alla vecchia e sborrarle giù per la gola in allegria. Alla fine nudi sul letto con la nonna a un fianco e la nipotina all'altro Benji non potè far a meno di eccitarsi ancora quando le due gli presero il cazzo contemporaneamente iniziando a masturbarlo con forza.

A turno si sdraiarono su di lui cavalcandolo per alcuni minuti… Un rapido orgasmo di congedo prima di andar via. Lui le saziò ancora. Ma era ormai tempo di saluti. Presosi il cazzo in mano si sparò una sborrata che schizzò fino al soffitto inondando entrambe le donne da testa a piedi. Si lavarono. Si salutarono. “Ma la vostra troiaggine ha saltato una generazione?” chiese Benji. “No no mia figlia è anche più troia di mia nipote” ridacchiò la vecchia puttana.

“Non basta dirlo, bisogna dimostralo” ridacchiò lui. “Bhetienti libero domani pomeriggio e te lo dimostriamo” disse secca la Lella. “Ma dai. Mi viene già duro adesso. Va a finire che mi tocca farmi una sega…”. “Non fartene troppe -rise la biondina- domani io ti dimostro che ho la madre troia ma tu ci devi dimostrare che hai cazzo per tre donne tutte insieme”. “Venite tutte e tre?”. “Se ce la fai. O ti scoccia la nonna?”.

“Ma che dite. Anzi signora venga pure anche da sola che la monto molto volentieri”. “Sei davvero galante” annuì la nonna. “Spero che un domani la Lella si sposi un uomo proprio come te”. “Già signora la capisco. Lei è proprio una gran troia e scusi se glielo dico”. “Ma figurati, anzi, lo considero un complimento” e così dicendo si sollevò il vestito per rimarcargli che se ne stava andando in giro con la fica al vento…La troia!Per un periodo fui mandato in vacanza da mia zia Tina, la sorella più grande di mia madre.

Ufficialmente era solo una vacanza ma in realtà era stata propio la zia a volere che andassi da lei per aiutarla con sua figlia, mia cugina, Rosa. La ragazza, 25 anni, studiava storia all'università ed era prossima alla laurea ma, ultimamente aveva avuto gravi e grossi problemi e i voti d'esame erano assai peggiorati. Tanto più che anche la sua tesi era ancora in alto mare e la laurea sembrava rinviata a data da destinarsi.

“Tu -mi disse zia Tina- sei laureato propio in storia e in più fai lo scrittore- nessuno è più adatto di te per aiutarla ti pare”. Io avrei voluto obiettare che si facevo lo scrittore, ma lo scrittore di romanzi porno. Non propiamente la qualifica adatta al ruolo comunque si, ero davvero laureato in storia e qualcosa potevo fare. In più una vacanza dalla zia era un modo per cambiare aria e trovare nuove fonti di ispirazione per le mie storie.

Così accettai. Unica cosa che chiesi alla zia, e questo ero davvero curioso di saperlo “Ma tu leggi quello che scrivo zia?”. “Ovvio. Ho un nipote scrittore ti pare che non lo apprezzi”. “Cioè hai letto anche -feci un titolo a caso- “Culi maturi?””. “Si bello mi è piaciuto molto” annuì lei. Interessante. Molto interessante pensai visto che Culi Maturi narrava la storia di un ragazzo che si scopa dieci tardone cinquantenni una dopo l'altra.

Così insistetti “E il tuo preferito qual'è stato zia? Sai mi interessa molto il parere di una donna”. Lei ci pensò un attimo poi disse “Credo che Banane a colazione sia quello che preferisco. L'ho letto più di una volta”. “Bene bene” dissi senza fare altri commenti. Banane a colazione parlava di un ragazzo che si scopa la madre, la zia la sorella e la nonna prima separatamente poi in gruppo. Fu forse a quel punto che cominciai a guardare zia Tina in modo diverso ad apprezzare i suoi grossi meloni mal contenuti sotto alla camicetta o le sue gambone cicciotte ma sempre così splendidamente evidenziate da calze di nylon finissimo.

Il suo grosso culone che stava a stento dentro alla minigonna ed ogni volta che si voltava segnava le sue giunoniche forme. Poi c'era quel visino rotondetto coi grossi occhi chiari la boccuccia a cuoricino e quei capelli biondi a caschetto che, dallo sguardo, non parevano aspettare altro che un bel pò di cazzo duro e sodo. Così la mattina in cui arrivai a casa della zia non avevo escluso che forse fra noi avrebbe potuto succedere qualcosa.

Appena giunto seppi subito che mia cugina era in vacanza studio e sarebbe tornata solo al lunedì seguente quindi dissi “Allora per due giorni saremo soli soletti zia…” naturalmente lasciando a lei l'onore di cogliere il doppio senso della frase. “Solo io tu e Kisha” disse lei. “Kisha?” dissi e quasi mi avesse sentito dalla cucina sbucò una signora sulla quarantina abbondante molto tondetta e dalla pelle scuretta. Seppi così che era la badande della zia.

Mezza nigeriana-mezza italiana, viveva a tempo pieno a casa della zia cucinava, puliva e faceva compagnia. Interessanti erano anche le sue due grosse tettone che pulsavano sotto ad un vestitino da lavoro nero esageratamente corto e scollato. Tra il lungo viaggio e i preparativi erano 24 ore che non chiavavo. Per me abituato a bollare la cartolina ogni giorno era un bel problema, tanto più che il mio anguillone iniziava a pulsare. Tra la voglia insita in me, tra le coscie calde di zia Tina che ogni volta che si sedeva era tutto un bel vedere avevo un eruzione di sperma incontentinebile nei coglioni.

Ora, in più c'era la servetta con quelle tettone…. Insomma dopo cena quella sera ci provai. Lascia la zia da sola a godersi la Tv in salotto e raggiunsi Kisha in cucina che stava lavando i piatti. Chinata sul lavello, il vestito sollevato era tutto uno spettacolo. Si vedevano le attaccatture della calze autoreggenti, si vedevano spuntare le chiappone grasse sotto al minuscolo perizoma… Sarebbe bastato un passo, scostarlo appena come un dito per fottermela…Ma non sono un violento.

Così andai cauto. La salutai e lei mi salutò. Iniziammo a parlare del più e del meno, la feci parlare del suo lavoro, seppi che non era sposata e viveva ancora con sua madre e al momento giusto le dissi secco “E scopare scopi?”. Lei si bloccò era evidentemente imbarazzata. Così presi la ramazza lì accanto “Scopi?” dissi ridendo. Anche lei rise, rise persino troppo. Finì di lavare i piatti e ci sedemmo a chiacchierare.

Stavolta, forse im maggior confidenza fu lei a dirottare il discorso sul sesso. Iniziò dicendomi che aveva letto i miei libri. “Non tutti…” precisò. “E ti sono piaciuti?”. “Si divertenti” sorrise. “Posso sapere una cosa però” chiese. “Chiedi pure. Tutti i miei fans fanno domande”. “Quella cosa che hai scritto in fondo alla pagina è vera?”. Non era la prima a chiederlo. Quella porca della mia editrice, una che di solito correggeva i miei libri facendosi un grilletto aveva avuto l'idea di precisare nelle note biografiche che avevo davvero un cazzo di trenta centimetri come quasi tutti i protagonisti maschili delle mie storie.

La cosa diceva era importante per meglio caratterizzarmi come autore. Certo incuriosiva molti e non era raro che mi chiedessero di poterlo vedere. Così colsi la palla al balzo “Ma no esagera saranno al massimo 28, 29 se proprio sono in tiro. Ecco vedi” le dissi e con un rapido colpo calai i pantaloni e il mio cazzo espolose fuori. La bestia. “Ecco vedi, le dissi, non è ancora durissimo, per quello ci vuole un lavoro di bocca ma…”.

“E' molto grosso” disse lei. “Vuoi misurarlo?” risi io. “Si, facciamolo bello duro e poi lo misuriamo” rise lei. Era nella posizione giusta davanti a me. Dovette solo allungare appena appena la bocca e la mia cappella le sfiorò le grosse labbra carnose. Ci sapeva fare. Mi passò bene bene la lingua sulla cappella e poi lo ingoiò in bocca piano piano bagnandomelo tutto di saliva. Si dava da fare con una certa esperienza segno che di pompe ne aveva tirate di certo parecchie.

Ma non sarebbe certo bastato un pompino a placarmicosìiniziaia a spogliarla lasciandola con un body trasparentissimo quasi da porno star e calze nere autoreggenti da vera vaccona. Due bei tettoni gonfi coi capezzoloni scuri, coscie grosse, culone a bagagliaio e maniglioni dell'amore. Un vero BBW party per il mio uccellone. Si accucciò a pancia sotto porgendomi il culo e la fica e dovetti solo scostare un pò il perizoma per entrarle dentro fino ai coglioni.

Era vogliosa cada e bagnatissima. Una vera goduria. Presi a pompare e lei prese a gemere come una vacca. Ma era solo l'inizio, ciò che più volevo era inumirìdire un pò il cazzo col la sua sbroda e quindi provvedere ad esplorarle il culo. Così non mi feci attendere. Mi detti da fare nella sua fica per farla godere e quindi lo sfilai e glielo porsi “Inumidisci bene adesso che così scivola meglio”. Non fece obiezioni.

Quella grossa bocca pareva fatta apposta per succhiare banane di carne. Così le diedi un ultimo bacino di incoraggiamento, la feci sdraiare sul tavolo e lei, con baldanza, sollevò le gambe fin sopra la testa porgendomi l'enorme culo in tutto il suo splendore. Vi scivolai dentro senza grande fatica. La badante doveva già esserselo fatto aprire da tempo ma questo, per un cazzo del mio diametro non fu assolutamente un problema. Presi a pompare con forza deciso a svuotare tutta la sborra arretrata che avevo in corpo.

La troia cadeva a fagiolo, in attesa che mia zia mi facesse intendere quali erano le sue vere intenzioni. Strano ripensare alla zia pensai mentre inculavo la badante eppure qualcosa di strano c'era. Me ne accorsi quando con la coda dell'occhio vidi l'ombra di zia Tina in corridoio. Mi stava spiando. Anzi di più. Mi spiava e si faceva i grilletti guardandomelo fare. Quello mi stimolò l'eiaculazione più di tutto. Così tirai fuori l'uccello da quel culone e le crogiolai addosso tutto il mio sperma certo che zia Tina avrebbe goduto quello spettacolo ammirando il mio uccello in tutto il suo splendore.

Naturalemnte mi accordai con Kisha in modo che ogni sera venisse a trovarmi nella mia cameretta per una sana chiavata prima di dormire e la porcella non fece alcuna obiezione…. anzi!Eppure, ormai era quasi certezza la fica al cioccolato della badante non sarebbe stata l'unica che avrei assaggiato in quella mia breve vacanza dalla zia Tina. Mi ammazzavo di seghe!Diciamola tutta non è facile vivere in una grande casa con 6 donne. La nonna, la mamma, le mie due sorelle e le due sorelle della nonna ossia le mie prozie facevano un bel mucchio.

E ognuna a modo suo me lo faceva diventare duro. Ogni tanto capitava di vedere mia sorella più grande Vanessa togliersi i vestiti e notare quelle grandi poppe mature e sode nascoste da reggiseni troppo corti. Oppure capitava di fare ancora la doccia insieme a Tanya la mia sorella gemella, abitudine che avevamo da sempre ma che adesso con quel fisico minuto e formoso che aveva messo su diventava sempre più problematica visto che il cazzo mi si alzava come un'asta e la sfiorava immancabilmente sui fianchi.

Anche Tanya doveva avere qualche problema perchè mi fissava il cazzo ogni volta con trasparente imbarazzo. Inevitabilmente dopo la doccia aspettavo che lei se ne andasse e prima di uscire me lo menavo come un pazzo per non impazzire. Poi c'era mia mamma Chantal con le sue gambe perfette, i capelli rosso fuoco, il viso bellissimo, i seducenti occhi azzurri, la pelle bianchissima. Bellissima e desiderabile con quelle minigonne corte da poter sbirciare fino all'inguine senza problemi ogni volta che si chinava.

Impossibile non toccarsi ogni tanto pensando a mammina in calze a rete e così giù altra sborra. C'era zia Luana, o meglio prozia visto che era sorella minore di nonna, una brunetta formosa con il seno gigante che dondolava ogni volta che muoveva un passo. Odorava sempre di buono ogni volta che le andavo accanto e nonostante i suoi sessanta e passa. Anche lei con gonne così corte da mostrare il reggicalze ogni volta che si sedeva.

In più aveva un vizio strano. Ogni tanto, da soli, si metteva chinata in avanti sul tavolo col grosso culo teso in aria e si spogliava dalla vita in su. Certo aveva una mano sul petto e stava chinata a coprire il tettame ma sapere che era a poppe al vento mi metteva inevitabilmente una gran voglia dentro. In più la zia mi chiedeva di passarle sulla schiena una crema apposta perchè mi diceva che le piaceva essere pulita ovunque.

E così ero l' dietro di lei a due millimetri dal suo culo con lei chinata in avanti in perfetta posa da pecorina. Impossibile vista la posa e i movimenti non desiderare di darle un po' della mia crema… E così appena finita la spalmata eccomi di nuovo a segare come un pazzo immaginando cosa sarebbe successo se quella gonna si fosse sollevata. Sua sorella minore Mary aveva i capelli molto più chiari, era di dieci centimetri più alta e non somigliava affatto a Luana.

A parte una cosa: le tettone. Forse erano di famiglia perchè anche Mary aveva due perone immense che con quel fisico asciutto parevano davvero due palloni gonfi in cielo. In più, forse proprio per l'altezza, non c'era mai una gonna che le coprisse davvero le gambe ed erano davvero delle belle gambe. E così altre seghe tanto più immaginando cosa avrebbe fatto zia Mary essendo a detta di tutta la famiglia ancora vergine e casta.

Solo l'idea che ci saremmo potuti sverginare a vicenda mi faceva schizzare come un cavallo da riproduzione. E infine c'era la nonna. In viaggio per i 70 ma ancora bellissima: bionda, formosa col suo bel seno gonfio ed immenso, gambe carnose e quella ciccia sul ventre che mi pareva meravigliosa. Quando gli ormoni iniziarono a pulsare insistentemente fu proprio lei la prima a mostrarmi che cosa desideravo…. Seduta sulla sua poltrona preferita a guardare la tv forse aveva allargato le gambe più del dovuto, forse si era solo dimenticata di mettere le mutande fatto stà che me la mise praticamente in faccia.

Bella, pelosa invitante… La prima fica che vidi dal vivo. Ora quando mi smulinavo il cazzo avevo davvero qualcosa a cui dedicare i miei fluenti schizzi. E non c'era solo la gnocca. C'erano anche le calze. Chissà perchè ma quando le vedevo i gancetti da sotto la gonna che sorreggevano le sue calze di nylon trasparenti con quella giarrettiera decorata mi arrapavo da matti. Una volta che ne trovai un paio sopra la lavatrice in bagno mi venne da prenderli in mano e odorarli mentre schizzavo a tutta forza ancora e ancora.

Ma di chi erano? Delle mie sorelle?No per loro erano troppo strette. Di zia Luana?No lei le aveva sempre nere fumè. Di zia Mary?No visto che una volta avevo scoperto che portava il collant. Di certo non di mamma che di solito aveva calze sgargianti in rosso, azzurro o verde. Non c'era dubbio erano di nonna e avevano tutto il suo odore. Un odore strano… odore di piedi? Odore di fica? Non saprei ma mi esaltava come un dannato.

E così sborrai. Con la calza di nonna in faccia odorando ciò che potevo di lei. Ero proprio un porco e stavo peggiorando. Ormai ero arrivato anche a dieci seghe al giorno…. me lo stavo consumando con la mano. Ma se avessi immaginato cosa stava per accadere non me ne sarei preoccupatao così tanto. Il vero problema infatti mi arrivò addosso come una doccia gelata pochi minuti dopo. I fatti o meglio gli errori erano tre.

Il primo di certo che mi facevo seghe a tutto spiano sulla tazza del cesso. Il secondo che mi ero messo sul naso una calza da donna. Il terzo che da un po' di tempo la maniglia della porta del bagno piccolo non si chiudeva bene. Infatti le seghe me le facevo sempre di sopra nel bagno della camera da letto ma quel giorno non avevo salito la scala. Per pigrizia o forse solo leggerezza avevo segnati il destino e ormai era tardi per porvi rimedio.

Troppo tardi. La porta era mezza spalancata. La nonna era lì con gli occhi sbarrati. Io con la calza sul naso e l'uccello tutto duro. Lei (che evidentemente non sapeva ci fossi io in bagno) con la gonna calata alle caviglie. Io con la mano sul cazzo a menarlo a gran forza. Lei con la fica in vista bella, bellissima. Quell'istante parve durare un secolo. Da sprofondare sotto al pavimento per la vergogna. Ma di nuovo stavo sbagliando.

Non era un problema era la cura alla mania delle seghe. Da allora me ne feci davvero molte molte di meno. “Nonna!”. “Come mai con la mia calza?”Il scuoto la testa e la lascio cadere sul pavimento “No scusa nonna è solo che…”. “Si fa niente. Hai finito che mi scappa!”. Dimenticavo di dire che nonna Gilberta non ha peli sulla lingua. Carattere forte di una donna rimasta vedova troppo presto e che ha cresciuto i figli quasi da sola.

Mi scosto “Si io… esco è meglio”. Ma lei mi sbarra il pazzo e ora che mi sono un po' voltato verso di lei me lo fissa bene bene “Accidenti che stanga che ti è cresciuta”. Io arrossisco “Dai nonna scusa ma non sfottere”. “E chi sfotte. Guarda George è una delle mitraglie più grosse che ho visto”. Il complimento è gradito perchè il mio “amico” si alza ancor di più e la cappella è tutta fuori a pulsare pronta ad esplodere.

Di shitto la nonna allunga una mano, me lo prende giusto sulla metà e lo stringe. La sensazione di avere una mano non mia sul cazzo è così nuova e diversa che non posso trattenermi. “Urgh!” gemo digrignando i denti e un fiotto di sborra parte a mille all'ora fuori dalla cappella. Ne sparo così tanta che potrei riempire una bottiglia e prima che la nonna possa dire o fare qualcosa ho già diciamo così….

fatto centro. La maggior parte è fintia sulla sua pancia. Con la gonna abbassata alle caviglie e la patata all'aria un po' gli è arrivata direttamente sulla peluria. Altra sborra sulla camicetta dall'ombelico su fino al seno e altra ancora sugli occhiali. Cazzo ma come ha fatto a volare fino agli occhiali penso. Ma smetto di preoccuparmi quando mi accorgo che un altro po' è accanto alle labbra…. Ci fissiamo. Ora che farà la nonna?Uno schiaffo sarebbe il minimo credo.

Forse dovrei gettarmi ai suoi piedi e implorarla di non dire nulla a nessuno di questa “spruzzata!”. Temo proprio che la punizione sarà grande e continuo a pensarlo finchè la nonna con la punta della lingua si pulisce il labbro. Come se fosse maionese si porta lo sperma dal labbro alla gola e ingoia “Sai di dolce” dice. Perchè ci sono anche i sapori dello sperma?E se si lei come fa a saperlo?Che dire? Non mi esce nulla dalla bocca…“Dai ora scansati che me la stò davvero facendo sotto.

Come un automa le obbedisco e resto lì a fissare mia nonna, praticamente nuda dalla vita in giù che si siede sulla tazza, allarga bene le gambe e inizia a sparare lenti fiotti di urina che sgorgano dalla sua fica sempre più ammaliatrice per i miei occhi. L'automatica conseguenza di ciò che vedo è una erezione da paura. Forse anche più di prima…Nonna ancora seduta sulla tazza si sfila la camicetta sporca di sperma e la usa per pulirsi gli occhiali.

Il risultato però è che ora addosso ha solo un minuscolo lembo di stoffa che le cinge la vita e che funge da reggicalze. Per il resto non c'è più nulla. Tette al vento, fica al vento, ciccia dei fianchi e della pancia in bella vista. Non ce la faccio…Meccanicamente, inconsapevolmente inizio a segarmi incurante che mia nonna mi stia guardando. Per un attimo di lucidità mi rendo conto che sono nudo davanti a mia nonna nuda anche lei e me lo sto menando come un pazzo ma che debbo fare?Ma soprattutto che può fare lei?Sgridarmi? E per cosa? Perchè mi segavo con le sue calze? Perchè le ho sborrato in faccia? Perchè le ho guardato la patatona pisciare? Ha solo l'imbarazzo della scelta direi…Allora tanto vale chiudere in bellezza e sborrare ancora una volta.

Il danno ormai è fatto. Ma nonna, come temevo, non ha intenzione di farmi fare un altra segami e alla fine reagisce. Di certo non come immaginavo…Tutto accade in perfetto silenzio. La sua mano si allunga, si posa sulla mia e mi ferma la masturbazione. Con delicatezza ma decisione mi scosta le dita dalla trave e me la afferra lei. Chiude la mano a pugno e la sento stringere il mio attrezzo con l'esperienza di chi non lo fa per la prima volta.

Io resto immobile. Lei inizia a muovere la mano piano ma con molta decisione. Il piacere di farsi fare una sega è dieci volte meglio di farsela da soli ammettiamolo. Incredulo ma felice allungo piano le mani. Non posso resistere a quelle tettone. Prima le sfioro appena ma poi sempre con più insistenza la mungo come una mucca. Dio che bello, che tettone…. Ora che sono più vicino accade. Il mio viso chinato accanto a lei è un invito troppo esplicito.

La nonna con la mano libera mi prende dietro la nuca, mi avvicina a lei…mi bacia…Le nostre lingue si toccano e ho sempre una mano su una sua tetta. L'altra ora è scivolata giù fino al pancione e ancora più giù. Si, le sto toccando la fica. Bagnata di urina e non solo mi pare la cosa più bella del mondo. Timido, impacciato ma arrapatissimo gliela accarezzo. A quel punto la nonna si alza in piedi e interrompe il gioco.

No,no,no Non adesso per favore. Cazzo stavo venendo ma perchè proprio adesso… Perchè dirmi basta quando stavo per venire. Perchè tormentarmi così…. La odio!Nonna cattiva. Prima mi attizzi e poi mi molli a metà!Poi la vedo mettersi bene bene con la pancia appoggiata sulla lavatrice che sta nell'angolo. Ci vuole un secondo per connettere ma con la nonna inequivocabilmente a pecorina che mi porge le sue chiappone in bella vista e che, se non bastasse, allarga bene le gambe tanto da far trasparire i peli della fica che altro c'è da capire.

Mi avvicino da dietro come quando faccio i massaggi a zia Luana, mi struscio a lei chinandomi un po' in basso e poi in avanti e il gioco è fatto. La nonna è così bagnata e dilatata che accade quasi automaticamente con un semplicissimo “Splosh”. Si, non è un sogno. Ho la cappella dentro alla sua fica!Mi viene istintivo spingere in avanti per l'incredibile piacere che shiturisce dal penetrarla ed è alla seconda spinta ch le strappo un “OUCH! Piano, piano tesoro sennò mi rompi tutta”.

“Scusa nonna faccio piano” sussurro col fiato corto. “Ecco bravo fallo entrare piano piano fino in fondo”. Obbedisco e facendo il più delicatamente possibile lascio che la mia lunga asta entri tutta dentro a nonna che intanto nsospira sempre più forte e pare sempre più calda. “Ecco bravo adesso si che devi fare forte”. Inizio a ondeggiare avanti e indietro. Mi viene da prenderla con una mano sotto alla pancia strizzandole un seno e la cosa deve andar bene perchè lei mi lascia fare.

“Dai con forza…” insiste nonna che a sua volta stà ondeggiando avanti e indietro aumentando la potenza dei miei movimenti. “Dai più forte…. Siiii….. Siiii…. Più forte…. Siiiii” ulula la nonna. E meno male che a casa siamo soli soletti. Stavolta non voglio che il divertimento duri due secondi e faccio di tutto per rallentare la sborrata anche se in questa vagina incandescente pare molto difficile. La nonna pare gradire e dopo un po' inizia a urlare “O si vengooooooo, vengoooo”.

Io non le do tregua e pompo ancora più forte. Il mio cazzo è un martello pneumatico, le mie mani le tastano ogni centimetro del corpo. Le palpo le tettone, le pizzico il culone, le accarezzo la ciccia dei fianchi. Palparla mi da altrettanto piacere che infilarlo a tutta forza. “Siiii. O si un'altra volta! O siii che bravo George siiii”. “O nonna io…. anche io” imploro. “Si sborra George, sborra tranquillo si… riempimi tutta”.

“Obbedisco…. ”. Con l'appagamento più assoluto riempio la fica di mia nonna di sborra e mi svuoto le palle alla grande prima di crollare esausto appoggiato al muro. La nonna mi fissa strano. Che vuol fare adesso? Sgridarmi per averla chiavata. “Ti è piaciuto?” domanda seria mentre con la carta igienica si pulisce la patata che cola piscio e sborra a secchiate. “Nonna è stato bellissimo”. “Lo credo con quella trave che hai. Pari nato per chiavare”.

Il complimento fa il suo effetto perchè mi si rizza di nuovo come se volesse salutare. “Ora però -riprende la nonna- bisognerà che ti trovi una ragazza della tua età a cui dare quell'anguilla”. “Io credo di essere timido nonna” provo a giustificarmi. “Non mi parevi timido un momento fa mentre me lo facevi uscire dalla bocca”. Scuoto la testa “Nonna con te è stato diverso… Ma una donna estranea. Non so… Ci vorrà un po' credo”.

“Allora aspetteremo” sorride la nonna e tutta nuda se ne va “Vado a mettermi qualcosa di pulito”. Io resto solo in bagno con i vestiti di nonna pieni della mia sborra. Li raccolgo e li metto nel cesto. Che bello, che bello. Non sono più vergine e mi sono fatto una scopata da paura. Salgo anche io di sopra ancora nudo perchè ho di certo bisogno di fare una doccia. Allungo la testa in camera di nonna “Nonnina vado a farmi una bella doccia” dico quando mi accorgo che lei è ancora nuda, sdraiata sul letto e mi fissa.

Ha ancora le calze che la rendono più sexy e dalle gambe accavallate vedo la sua gnocca pelosa e invitante. “Ricordati George che finchè vorrai aspettare la tua nonnina ci sarà sempre”. Le sorrido. “Si nonna, grazie nonna, sei fantastica nonna”. Entro in camera. Scivolo sul letto e mi struscio accanto a lei. La nonna è sotto di me, il cazzo è di nuovo durissimo. Con un unico colpo le scivolo dentro. Stavolta non mi dice neanche di fare piano.

“Tutte le volte che vorrai ricordati che la nonna è qui” sospira lei mentre la mia asta le entra dentro fin nelle viscere. “Si nonna… Grazie nonna” sospiro felice e la scopo come un matto senza freni ancora una volta…. In una tranquilla domenica di primavera Benji passeggiava per il parco solo. Non erano molte ore che stava a secco ma per lui erano già troppe. Sarebbe stato fantastico trovare una bella ficona che gli succhiasse qualche litro di sborra pensava dubitando molto della cosa.

E invece ne trovò addirittura tre. Ma non erano molto fighe, anzi tutt'altro, erano parecchio bruttarelle nonché mature. Erano badanti rumene. Una era bruna, magra e aveva almeno cinquantanni, la seconda era bionda rotondetta e ne aveva almeno quaranta, la terza però era la migliore, doveva pesare almeno 150 chili di cui almeno venti sulle tette. Un vero cesso di faccia ma con quei due siluri sul davanti ci fece poco caso. Le tre se ne stavano su una panchina a confabulare tra loro.

Da subito non lo notarono ma lui invece notò loro. La bruna cinquantenne, che in seguito avrebbe scoperto chiamarsi Olga aveva una gonna decisamente corta e le sue cosce erano uno spettacolo fasciate in un collant nero velatissimo. Fissò le cosce, Olga studiò lui, lui sorrise, lei anche. Poteva avvicinarsi e strapparla alle amiche. Da come la rumena fu lesta ad attaccar bottone non pareva un problema. Doveva aver capito subito a cosa mirava e non pareva dispiacergli affatto.

Ma più parlava con Olga e più fissava i tettoni della cicciona che seppe poi chiamarsi Lena. Così mentre già Olga si stava facendo il suo programmino lui, stupendola, le invitò tutte e tre a casa sua. Anche la bionda che si chiamava Olinka e che sotto ai pantacollant neri molto aderenti svelò avere un bel culetto a mandolino. Arrivarono a casa sua. Le tre rumene non avevano troppo tempo, entro mezzogiorno dovevano rientrare al lavoro.

Visto che erano già le dieci meglio sbrigarsi. Arrapato mise una mano per tetta a Lena. Era un tettame immenso e lui amante delle zinne non poteva farselo sfuggire. Sbottonata la camicetta e tolto il reggiseno che le conteneva a stento si buttò a ciucciarle con tutta la foga che aveva in corpo. Intanto Olga, che di certo non voleva farsi trascurare, si chinò e lo aiutò a togliersi i pantaloni constatando che non aveva le mutande e che, per di più, aveva il cazzo di un cavallo già bello duro e pronto.

Olga iniziò a spompinarlo a tutto spiano. Si capiva subito che la troia ci sapeva fare. Chissà quanti cazzi aveva preso al suo paese. Olinka intanto trascurata si sedette sul divano buona buona a fissare il terzetto che faceva sesso in mezzo alla stanza. Fatto togliere tutto a Lena che svelò i suoi giganteschi gamboni, il pancione grasso a tre borse e un ficone grosso come una vacca lui la spinse a terra e le montò letteralmente sopra.

I centocinquanta chili di troiona non aspettavano altro. Con un sol colpo penetrò quella ciorniona enorme. Pareva più adatta a farsi chiavare da un cavallo che da un uomo quindi lui avendo un cazzo equino, era adattissimo allo scopo. Olga intanto si tolse la gonna. Anche lei non aveva mutande. La troietta era proprio in cerca di uccelli. Il pelo della sua fichetta velato sotto ai collant era eccitantissimo e George non si fece sfuggire l'occasione di infilarci la testa in mezzo strappando il nilon con la bocca per poi leccare di gusto la passerona di Olga.

Matura ma ancora in buono stato l'avrebbe penetrata poco dopo. Lena intanto che continuava a farsi penetrare ululava emettendo strani versi di soddisfazione. Cento cinquanta chili di puttana che ansimavano e sudavano sotto alla forza del suo cazzo. Sentendo che era prossimo alla prima sborrata lo tirò fuori e accovacciatosi sul petto della cicciona glielo infilò tra gli immensi tettoni. Capito cosa voleva Lena si afferrò il tettame con le mani e gli sparò una spagnola divina lasciando che lui sborrasse copiosamente in quel mare di tette.

Il capezzolone di Lena era così grosso che pareva un dito, la fica marcia di Olga gli riempiva la bocca di sbroda dolce e calda. Il suo cazzo non aveva il tempo di ammosciarsi. Olga assunta posizione a pecora lo invitò ad approfittarne. George lo fece, due volte, fica e culo. Spalancandole l'ano a colpi di cappella finchè non fu dentro fino a coglioni fino a sfondare il culo alla vecchia rumena. Inondatole il culo lasciò che Olga si accasciasse a terra distrutta ma soddisfatta.

Era il turno di Lena. Il suo culone era così immenso che faticò a capire dove fosse il buco ma alla fine lo trovò. Accomodatosi sulla schiena della cicciona si fece strada piano piano e le scivolò dentro. Un troione di questo calibro lo meritava nel culo fino in fondo. Intanto mentre era intento a pompare nel culone di Lena notò Olinka che tutta sola sul divano si era piano piano sfilata il pantacollant e le mutande ed ora, nuda dalla vita in giù si stava masturbando vigorosamente con due dita.

Eccitato dal grilletto sparò la terza bordata di sborra in mezz'ora inondando il culo della cicciona. Senza darsi sosta si alzò in piedi. Il cazzo colava sborra e umori anali della troiona. Niente di meglio che avvicinarsi al divano e farselo ciucciare da Olinka. La bionda non fece obiezioni, lo succhiò per bene e si preparò a farsi chiavare. Cosa che avvenne poco dopo sdraiata sul divano con lui sopra che dimenava il bacino dandole lunghi colpi orgasmici che la trapassavano tutta.

Sborrò in fica senza farsi grossi problemi. Era una vulva bella calda e meritava…. “Girati che ti faccio il culo” le disse, convinto di voler completare l'opera. Gli mancava solo quel buco e li avrebbe tappati tutti e tre. Un occasione da non perdere. Ma Lena non pareva d'accordo. La cicciona, più vigorosa di quanto credeva si alzò in piedi ballonzolando la ciccia. Si avvicinò e gli prese saldamente il cazzo in mano “Fica, ancora, dai infila” parlava male l'Italiano ma si faceva capire benissimo.

Così l'accontentò. Fattala sdraiare le montò sopra e iniziò a scoparsela mentre con la mano masturbava Olinka che ancora attendeva di farsi inculare. Dall'altra parte Olga la bruna si era ripresa e pareva intenta a partecipare al giochino. “Leccami il buco del culo” le disse e lei obbedì. Così mentre ne trapanava una, sgrillettava l'altra e si faceva leccare il culo dalla terza venne nell'enorme ficone gemendo per quanto erano troie le tre. Il cazzo si stava ammosciando dopo la quarta sborrata ma il culo di Olinka era un richiamo troppo forte.

Alzatosi in piedi la fece chinare in avanti poggiata sul tavolo e lo infilò con un colpo secco. Olinka aveva il culo ampiamente sfondato. La troia doveva già esserselo fatto infilare da mezza Europa. Tanto meglio. Coperte di sborra lasciò che le tre troie andassero a lavarsi. Alla fine le riaccompagnò alla panchina appena in tempo raccomandando a tutte e tre che quando ne avessero sentito il bisogno la sua trivella era sempre pronta.

“E passate pure la voce alle vostre amiche badanti e troie… Se vogliono una ripassata basta dirlo”. Tutte contente, col culo infuocato le tre annuirono. Difficile credere cosa avrebbero potuto combinare quel pomeriggio visto che si reggevano a malapena in piedi. Lui invece stava benissimo. Chiavare non lo stancava, anzi gli dava forza e vigore. Andò a pranzo in una pizzeria lì vicino e si rilassò un po certo di essersi sfogato abbastanza. Invece, appena preso il caffè, si ritrovò col cazzo nuovamente duro a fissare due tardone che mangiavano in un tavolo lì accanto…..Il vizio della fica matura non lo abbandonava mai.

Anni fa arrapato e curioso ho convinto un amico ancora vergine a farci le seghe assieme mentre guardavamo i giornali porno. Io non ero più vergine già da un po' visto che mi ero già trombato mia nonna più di un anno prima ma avevo una gran curiosità e soprattutto la segreta voglia di succhiare un cazzo. Così in poco tempo siamo passati prima dal segarci uno con la mano dell'altro fino a succhiarcelo a turno.

Per non farlo sentire a disagio dicevamo che si fingeva di farlo con una femmina ma io avevo una gran voglia di metterglielo in culo e di farmelo mettere da lui. Una volta, in effetti, ci ho provato ma appena ho spinto con la cappella si è messo a piangere e ho smesso. Di solito per fare le nostre porcate ci chiudevamo nel suo solaio dove c'era una vecchia rete di un letto e un materasso ammuffito e credevamo di essere tranquilli.

Invece un giorno ci ha beccati sua nonna!Così eccomi lì col cazzo in tiro e lui che nudo lo suca a tutto spiano circondati da dozzine di giornali porno e stà vecchia che ci guarda male. Una robetta piccolina, capelli bianchi, tette zero e rughe ovunque di nome Adelma. Insomma non una di quelle tardone che chiaveresti alla grande a pecora ma una di quelle che proprio non dicono nulla. Inizia ad urlare come una pazza in dialetto e il mio amico scappa così in fretta che ha ancora i pantaloni sotto al braccio.

“Cupio, cupiosporcaccione…. ” e bla bla bla urla. Io in effetti un po' avevo vergogna ma dentro quel giorno mi è shittato qualcosa, forse anche perchè era arrivata proprio mentre già contraevo i muscoli sentendo che stava per sborrare. Così colto da un guizzo d'orgoglio invece di coprirmi mi sono toccato il cazzo e le ho detto “Ti piace stà minchia vero!”. Lei ancora a borbottare e insultarmi ma ora lo faceva sottovoce. Morale mi avvicino e siccome ero al limite con due segate mi è partito lo schizzo dritto sul suo vestito a fiori.

L'ho lasciata di merda con tutta la sborra addosso!E il bello è stato che quando mi ha guardato si è accorta che lo avevo ancora tutto duro. Non so se capita a tutti ma a me dopo la prima sborrate resta duro e ne devo fare un altra nell'arco di qualche minuto per svuotarmi davvero. Morale mi guarda e fa “Ma cosa fai vuoi ciularmi?”. Era ovvio che non era proprio una domanda e pareva di più un affermazione.

Si toglie il vestito tipo grembiule lordo di sborra e sotto ha quei bustini neri casti, le mutande (mutandoni a fiori nulla di sexy) e le calze trasparenti. Piattissima non mi irretiva molto i sensi ma la voglia di dominarla c'era davvero. Così le piazzo una mano sui mutandoni e le palpo la patatona molto forte e senza tanta finezza. “Ma sei impazzito?” dice. “Stai zitta porca… Dai che ti piace”. In breve le calo le mutandone fino alle ginocchia e scopro questa fessura secca e quasi pelata.

Basta una mezza spinta sul materasso e già è al punto giusto. Me la sono fatta per bene e le ho sborrato dentro facendomi una sveltina, che a lei piacesse o no mi fregava ben poco. Dopo quando abbiamo finito mi ha confessato che era venuta e le era piaciuto un casino. Ce ne siamo poi fatte altre di chiavate ma come ho detto non era proprio bellissimo perchè era davvero una cessa atroce.

L'unica cosa che mi eccitava davvero era che il mio amico che sapeva tutto era lì a guardarmi scopare sua nonna e a segarsi il cazzo in mio onore. Lei ogni tanto glielo succhiava anche ben che il ragazzo si sia sempre rifiutato di metterlo dentro. Credo lo eccitasse l'idea che sua nonna era una vacca ma non abbastanza da fottersela da solo. Ognuno ha i suoi gusti. E siccome io, come ho detto, ho i miei, qualche mese dopo con l'uccello ancora bello unto dalla fregna di sua nonna glielo piazzai finalmente in culo sborrandole nell'intestino come un cavallo da monta!Gli amori di RossellaLa nostra vacanza è finita ormai da quasi un mese ma gli strascichi negativi continuano.

Rossella è tornata devastata dal viaggio e comincio a pentirmi di non essere intervenuto a fermare tutto quello che è successo al mare. Mia moglie è odiosa ed irritabile, gira per casa nervosa come una gatta, trascura i lavori domestici ed anche se stessa, rifiuta i miei approcci sessuali e parla con me giusto lo stretto necessario. Spesso è apatica ed assente, se ne sta lì seduta a fissare il muro persa nei suoi pensieri.

Non ha neppure disfatto la sua valigia, lei che è sempre stata così precisa. Questa situazione mi sta stressando, ho cercato più volte di parlarne ma lei taglia sempre corto. Fino a stasera…. Siamo a letto, io sto leggendo. Lei come al solito si rigira insonne. All’ improvviso si mette a sedere sul letto, senza guardarmi mi sibila:“Come avete potuto farmi questo?”“In che senso?”“Lo so che tu e Joli avete scopato? Come avete potuto?”La sua voce è stridula, mai vista così incavolata.

“Scusa, Rossella, ma mi pare che anche tu non sia stata casta e pura! Te la sei portata a letto per una settimana e io non ho detto nulla perché mi stava bene così, ti ho detto che non consideravo come tradimento che tu facessi sesso con una donna…. ma insomma, il pompino a Luca l’ hai fatto tu, mica io!”“Se è solo per questo non ci siamo limitati al pompino…”“Ah, benissimo, te lo sei pure scopato!”“Non so cosa mi ha preso, l’ ho seguito solo perché volevo si calmasse, poi all’ improvviso ho avuto la curiosità di vedere come lui fosse, di sapere cosa provasse Joli a fare l’ amore con lui…Jolimi mancava al punto di volere essere lei… e così…”“…e così glielo hai preso in bocca!”Rivedo la scena, Rossella in ginocchio tra le gambe di Luca.

Ci risiamo, ancora una volta la gelosia lascia il posto all’ eccitazione. “Com’è stato scopare con lui?”“Beh, lui è giovane e sportivo, ma se vuoi la verità non e la sono goduta poi molto, continuavo a pensare a Joli, alle sue carezze, ai suoi baci…”Adesso davanti agli occhi ho Joli, sulla spiaggia, il ricordo del suo splendido corpo, la sua tenerezza…mi viene duro e lo faccio notare a Rossella. “Come puoi pensare di scoparmi? Maiale! Ti dico io cosa fare…”Si alza rabbiosa, apre la valigia buttandone a terra tutto il contenuto.

Rovista un po’ e poi mi lancia un paio di slip. “Tieni, usa questi per farti una sega, me li ha dati quella troietta della tua amica, li indossava la sera del nostro primo bacio ed hanno ancora l’ odore della sua patatina… la zoccola me li aveva dati come pegno d’amore…la stronza!”Si rifugia in bagno ed io porto i minuscoli slip sul viso, sanno ancora di Joli. Me ne guardo bene dall’ usarli come ha suggerito Rossella, li ripongo ben piegati nel mio comodino.

Rossella non torna a letto, dorme sul divano, e io me ne sto a guardare il soffitto senza riuscire a dormire. Devo fare assolutamente qualcosa. Il giorno dopo aspetto l’ora di pranzo e chiamo Joli sul cellulare:“Ciao, passami Luca”“Ehi, sei tu, come…”“Passami subito Luca!” Le urlo interrompendola. “Luca, dobbiamo parlare, così non ce la faccio più”“Ehm, – è decisamente imbarazzato -dammi un minuto che vado nell’ altra stanza…eccomi, dimmi!”Gli racconto di Rossella e del suo comportamento da quando siamo rientrati.

Lui ascolta senza interrompermi. “Rossella mi ha anche detto di quello che è capitato tra voi, ma stai tranquillo che quella è l’ ultima cosa che mi turba”“Beh, anche Joli mi ha raccontato tutto, all’ inizio non ero molto felice, ma poi, visto quel che ho fatto con Rossella…. In ogni caso anche Joli è intrattabile, nervosa e mi evita. Sono d’ accordo, dobbiamo fare qualcosa. Devo scappare, adesso, ci sentiamo nei prossimi giorni”Il giorno dopo mi chiama“Sono Luca, ci ho pensato molto.

Non sono certo felice che la mia ragazza abbia perso la testa per un’ altra, ma la amo troppo per perderla, tu che dici?”“La penso come te, sicuramente potrebbe non essere un capriccio ma se le teniamo lontane è peggio. Rossella si lamenta che non si sono neppure salutate e che Joli non le ha dato il numero di telefono, senza contare che considera ciò che abbiamo fatto io e Joli un grave tradimento da parte di entrambi”“Hai ragione, dobbiamo fare qualcosa, ragioniamoci sopra”Lo risento pochi giorni dopo.

“Forse ho la soluzione, dimmi cosa ne pensi. Che ne dici se mi faccio prestare da amici una casetta sul lago per il prossimo weekend? Saremo noi quattro soli, avremo tutto il tempo di parlare e chiarirci tra noi. Non siete vicinissimi ma si può fare,no?”“Sarebbe fantastico, non so però come convincere la iena, ci provo!”A cena affronto Rossella:“Lunedì prossimo devo andare a Lecco per lavoro, se vuoi possiamo partire sabato e farci un weekend sul lago, ci sono un sacco di bei posticini da visitare, tipo Varenna o Bellagio.

Lecco è molto carina e ci sono un sacco di bei negozi, potremmo anche…”Mi gela: “Vacci da solo”La sera però a letto mi chiede qualche dettaglio in più. Le spiego che ho un appuntamento per una consulenza, che vista la distanza non me la sento di fare il viaggio da solo in giornata e che volendo il mio cliente potrebbe ospitarci nella sua seconda casa sul lago. “Ci penso e ti dico”“Veramente vorrei saperlo entro domani, se ci deve ospitare non posso fargli organizzare tutto all’ ultimo momento”“Ok, se la cosa è importante vengo anche se non ne ho voglia”Appena fuori casa chiamo subito Luca e gli confermo il tutto, lui mi dà tutte le indicazioni necessarie a raggiungerli.

Ci vedremo il prossimo sabato direttamente sul lago. Le indicazioni di Luca sono state molto precise, trovo subito la loro casetta, una piccola costruzione nel centro del paesino di Vassena, con una bellissima terrazza esterna coperta da rampicanti e vista sul lago, distante meno di un centinaio di metri, sotto la terrazza un box trasformato in rimessa per il gommone che Luca e Joli hanno in società con altri amici. C’è anche un piccolo porticciolo riparato, da dove d’estate partono per le loro gite sul lago.

A Rossella il posto piace molto, nota subito la trattoria lì vicino. Lei adora il genere. Finalmente abbozza un sorriso, per tutto il viaggio non ha detto una parola e ha guardato fissa fuori dal finestrino assorta in chissà quali pensieri. Esito a bussare alla porta, sono combattuto tra il desiderio di rivedere Joli e il timore della reazione di Rossella. “Che aspetti?”Busso e mi apre Luca con un gran sorriso. Rossella è pietrificata, mi guarda incavolata nera.

“Che cazzo è sta storia?”Si volta per andarsene quando dall’ interno arriva la voce di Joli. “Chi è, caro?”Mia moglie esita solo un secondo, poi spostando malamente Luca si precipita all’ interno. Joli è al centro della piccola sala e guarda Rossella con occhi sgranati“Ma…. ”In due passi Rossella la raggiunge e senza dire una parola le pianta due schiaffi. Sono preoccupato, non mi aspettavo una reazione del genere e guardo Luca, anch’ egli basito.

Rossella grida isterica “Non farlo mai più!”Scoppia in lacrime, abbraccia Joli e ripete come una litania “Mai più, mai più, mai più…. ”Finalmente Joli si riprende dalla sorpresa dalle sberle alza le braccia a circondare la sussultante Rossella con le braccia. “Mi sei mancata da morire, Rossella. Ho cercato di dimenticare ciò che è successo tra noi ma mi è impossibile”Joli continua ad accarezzarla come una farebbe una mamma, poi le solleva il mento e fissandola negli occhi la bacia.

Il solo contatto delle labbra sextena una tempesta di sensazioni ed emozioni, le loro lingue si intrecciano con bramosa violenza, le mani scorrono sui loro corpi senza fermarsi. Sfogano davanti a me e Luca tutta la loro rabbia, il loro senso di vuoto, mentre noi restiamo muti a guardarle. Finalmente si staccano, hanno entrambe gli occhi lucidi di lacrime, si tengono le mani e si guardano sorridendo senza parole. Ciascuna sembra bearsi della visione dell’altra.

E’ Joli a prendere l’iniziativa: “Vieni, andiamo di là”Spariscono nella camera da letto e chiudono la porta a chiave. Luca mi guarda con aria interrogativa e stranita “Che facciamo?”“Che vuoi fare, ce ne andiamo a fare un giro, tanto siamo di troppo, le nostre signore non usciranno dal letto tanto volentieri. ”Torniamo dopo un’ oretta, ma le nostre signore, come previsto, sono ancora rintanate in camera da letto. Io e Luca ci rassegniamo a mangiare un boccone da soli, nella graziosa sala da pranzo con splendida vista sul lago di Lecco.

Dopo il pranzo decidiamo di farci un altro giro. “Ti porto a Lecco, ci sei mai stato?”“Un paio di volte, ma solo di passaggio per la Valtellina”Gironzoliamo un po’ per la bella cittadina, grazie alla bella giornata il lungolago è pieno di gente che passeggia nonostante la temperatura non sia delle più miti. Luca mi descrive i posti, parliamo un po’ di tutto ma mai di Joli e Rosella. “Ci facciamo una birretta? Andiamo in piazza XX Settembre, tutta la cosiddetta vita di Lecco è lì, bar Commercio o Bar Frigerio.

”Solo dopo la seconda birra seppur esitando Luca solleva l’argomento. Mi racconta che Joli è tornata dalla vacanza totalmente trasformata, che è nervosa, che non vuole più fare l’ amore con lui. Io sorrido amaramente e gli confermo che Rossella si comporta allo stesso modo. Gira intorno al discorso ma poi non resiste più e mi fa la domanda che aspetto da ore:“Dimmi la verità, ti sei scopato Joli?”“Lei non ti ha detto niente?”“Non l’ha voluto ammettere, ma non l’ ha neppure negato”Alzando un po’ la voce mi chiede seccato:“Devo assolutamente saperlo, non ci dormo la notte”Non mi piace il suo tono aggressivo, così decido di comportarmi da stronzo:“Quando non dormi pensi anche al pompino che ti ha fatto Rossella?”Diventa viola e comincia a balbettare imbarazzato:“Scusa, non volevo, ma lei era così bella e sexy, io ero fuori di me, non so come sia capitato, scusa”Essendo un bastardo non posso che infierire:“So esattamente ciò che avete fatto, quello che non ho visto con i miei occhi me l’ha raccontato mia moglie”Si strozza con la birra.

“Guarda che in ogni caso non c’è alcun problema, io e Rossella abbiamo superato queste cose, odio il termine ma siamo quella che si suol definire una coppia aperta…e poi…. sì io e Joli abbiamo scopato, quindi siamo pari!”“Cazzo, lo sapevo! Guarda un po’ che casino ho combinato…e sai perché? Perché quando ho visto Joli diventare sempre più amica di Rossella ho sperato di poterle coinvolgerle in un numero a tre…”“Qua sì che ti do del bastardo! Almeno potevi organizzare un numero in quattro, egoista!”“Già, non ci avevo pensato, sai mi avevi dato l’ impressione di essere uno che certe cose non le fa””Stai pure tranquillo che se si presentasse l’ occasione non sarei certo io a tirarmi indietro!”“Dimmi….

Come è stato scopare con Joli?”“Una meraviglia, è una ragazza dolcissima e sexy da morire, e tu con Rossella?”“Bellissimo, Rossella è molto sensuale ed appassionata, non l’ avevo mai fatto con una donna così…. ” Si interrompe imbarazzato“Finisci pure la frase! Stavi per dire una donna così vecchia, vero?”“Sì, scusa”“Il termine corretto è matura, ma la puoi chiamare anche vecchia babbiona, a me non importa, basta che non ti faccia sentire da lei!!”Sbottiamo entrambi in una risata liberatrice che ci fa capire di avere lasciato tutto alle spalle e di essere pronti per iniziare una bella e sincera amicizia.

“Stefano, pensi che magari stasera le due ragazze dopo che si sono sfogate per bene accettino un numero in quattro?”“Ho i miei dubbi, ma mai dire mai!”Torniamo alla casetta rinfrancati e di buon umore. Le due donne sono ancora rintanate in camera. Busso alla porta:“Ragazze, usciamo a cena? Fatevi belle che vi portiamo in vita a Bellagio”Dopo un consulto bisbigliato è Rossella a rispondere:“No, grazie, non ci va di uscire. Piuttosto Joli dice che qua vicino c’è una pizzeria, potreste andare a prenderci un paio di pizze ed una paio di birre”“Noi non mangiamo certo una pizza da soli, ve le portiamo e poi porto Stefano alla Trattoria Al Batel, voglio fargli assaggiare il pesce di lago”Quando torniamo con le pizze mi tocca bussare alla porta della camera da letto ancora chiusa a chiave.

E’ Joli ad aprire, socchiude la porta quanto basta perché le passi i cartoni con le pizze e le due birre. Indossa un’ampia T-shirt ed ha le magnifiche gambe nude. “Volete dei piatti?””No, grazie, va bene così”Prima che chiuda la porta riesco a vedere l’ interno della camera, anch’essa piccola come la sala da pranzo: un grande letto matrimoniale la riempie quasi tutta, intravedo delle finiture in legno e la finestra con le tendine bianche e le persiane chiuse.

Il letto è sfatto, sembra un campo di battaglia, le lenzuola sono stropicciate e in più punti macchiate, i vestiti delle due ragazze sono sparsi ovunque in terra, solo una piccola lampada da luce alla stanza. Sparsi sul letto noto anche alcuni giocattolini interessanti: un dildo di discrete dimensioni spunta da sotto il cuscino, accanto delle palline legate con un cordino, mi chiedo di chi siano, Rossella non ha mai gradito i sex toys.

Rossella, appoggiata alla spalliera del letto, è nuda con un lenzuolo che la copre parzialmente: è di una struggente sensualità che mi stringe il cuore. Vorrei dare una spallata alla porta, correre da lei, stringerla tra le braccia e dirle quanto è bella e quanto la amo, ma Joli mi sbatte la porta in faccia e la chiude a chiave. Io e Luca ce ne andiamo mesti in trattoria. L’ambiente familiare, la vista del lago, il lavarello in salsa verde, ma soprattutto le due bottiglie di vino bianco ci tirano su il morale.

Come sospettato al nostro ritorno non ci sono novità, ma almeno siamo sereni e abbiamo passato una bella serata come due vecchi amici, parlando del più e del meno. Rassegnati approntiamo il divano letto e ci mettiamo a nanna. Nonostante la cena abbondante non riesco a dormire, mi giro e mi rigiro finché non getto la spugna e mi metto sulla poltrona davanti al camino con addosso una coperta di pile. Penso a Rossella, al nostro rapporto, a quello che è capitato in vacanza ed a quello che sta capitando qui.

Non voglio perderla ma non ho neppure voglia di vederla in queste condizioni. In fondo Luca ha ragione: quello che è nato come un eccitante gioco erotico dalle prospettive interessanti si è trasformato in un incubo. Mi sono appisolato da poco quando sento alzarsi la coperta: è Rossella, con addosso la stessa t-shirt che indossava prima Joli. Sorridendo mi si mette in braccio e mi abbraccia forte. Sto per dirle qualcosa ma mi zittisce con un dito sulla bocca “Ssssst, non dire nulla, tienimi stretta”Appoggia la mia testa sul mio petto, sento l’odore di Joli sui suoi capelli.

Alla luce tenue del camino, riflessa nel grande specchio antico guardo Rossella e vedo i segni della intensa giornata passata a letto, ha le labbra gonfie e tumefatte, segni rossi sul collo, il mento arrossato. Ad un certo punto alza la testa e mi guarda negli occhi. “Grazie”“Grazie di cosa?”“Per avermi assecondata in questa pazza avventura, per avermi portato qui, per avermi lasciato vivere questa esperienza meravigliosa…grazie per avermi sopportato, grazie per essere così come sei…lo sai che ti amo, vero?”Il cuore mi batte forte e le do un lieve bacio sulle labbra.

Lei mi trattiene e risponde al bacio teneramente, restiamo lì a limonare come due adolescenti. Luca si è svegliato ma fa finta di niente, seguo il suo sguardo allo specchio e vedo il motivo di tanto interesse: il culo di Rossella è solo parzialmente nascosto dalla coperta, la t-shirt le è risalita sulle cosce mostrando una piccola parte delle sue chiappe. Rossella si è assopita tra le mie braccia, faccio un cenno a Luca e gli sorrido.

Vedo che la sua mano si muove piano sotto le lenzuola e gli strizzo l’occhio. Sollevo del tutto la maglietta di Rossella, mostrandogliela interamente, lui nota sicuramente i profondi graffi che le solcano il culo, da dove sono non lo posso giurare, ma scommetto che vede anche parte dei peli della sua patatina. Gli faccio un gesto con la mano stretta a pugno, un chiaro invito ed un incoraggiamento che lui raccoglie immediatamente. Inizia a masturbarsi piano con gli occhi fissi sul culo di mia moglie.

Con un gesto gli indico di spostare le lenzuola. Ora lo vedo bene, le gambe larghe il cazzo duro come un bastone. La luce del fuoco fa sembrare il suo glande color porpora, l’ombra sul muro lo fa sembrare enorme, lo fisso affascinato, è la prima volta che un uomo si masturba sotto i miei occhi a meno di due metri di distanza. Il fatto che si stia masturbando su mia moglie non mi da certo fastidio, anzi mi riempie d’ orgoglio sapere che Rossella può eccitare un ragazzo dell’ età di Luca.

Non c’è alcuna traccia di gelosia in me, anzi, sono molto eccitato e il mio cazzo è duro come una roccia. Viene con un gemito soffocato e i lunghi fiotti che gli ricadono sulla pancia sembrano non finire mai. Continua a toccarsi lentamente, con le mani impiastricciate del suo sperma. Gli sorrido, complice e grato. Ci svegliamo quando il sole è già alto, dalla finestra il lago è meraviglioso. Mentre preparo il caffè Rossella si siede sul letto al fianco di Luca, gli dà un leggero bacio sulla fronte e, indicando le inequivocabili macchie di sperma sulle lenzuola, gli chiede maliziosamente: “Cosa hai combinato, monello?”Lui è visibilmente imbarazzato e non risponde.

“Non osa raccontarti che si è fatto una sega guardandoti il culo nudo!”“E tu che ne sai?”Le racconto la scena, senza nasconderle che le ho alzato la maglietta per esporla allo sguardo di Luca in tutta la sue bellezza. Il suo imbarazzo, manifestato da un lieve rossore dura solo un secondo. “E ti sei eccitato anche tu, scommetto!”“Mi ha eccitato da morire sapere che un uomo si stava masturbando a meno di due metri da me e soprattutto mi ha arrapato da matti il sapere che eri tu l’oggetto del suo desiderio.

Se non avessi avuto paura di svegliarti me lo sarei toccato anche io!”“Ma siete proprio due bei maialini!”“Senti chi parla! Noi non siamo stati a letto tutto il giorno a fare gli sporcaccioni come tu e Joli!”Luca finalmente si rilassa e ci godiamo insieme questo momento di serena complicità. L’aroma del caffè sveglia Joli che appare sulla porta mentre si stiracchia come una gattina. Indossa solo la giacca del pigiama ed è sensuale da morire, le gambe nude, il seno che si intravede appena.

E’ assonnata ed anche lei porta i segni della giornata di sesso passato con Rossella, gli occhi gonfi, il mento arrossato, sulle cosce dei segni rossi ed un paio che diventeranno presto dei lividi. E’ magnifica, l’immagine vivente della lussuria. Si butta sulla poltrona, raccoglie le gambe sotto di se e mentre lo fa riesco a scorgere un lampo della sua patatina. Prende la tazza con due mani e la porta alla bocca soffiando sul caffè bollente: pazzesco come adesso sembra giovane ed innocente e solo un attimo fa sembrava così dissoluta.

Si accorge finalmente che Rossella è sul letto accanto a Luca e la guarda con fare interrogativo e perplesso. Rossella le fa un sorriso smagliante, apre le braccia e la invita. Lei si alza pigramente e si accomoda accanto ai due. Si coccolano come tre cuccioli nella cuccia, sono tenerissimi. Metto su un altro caffè e mi metto anche io tra loro. Stiamo distesi per un po’, senza dire né fare nulla. Luca propone gita e pranzo a Bellagio, stranamente le due accettano volentieri e vanno in camera a prepararsi dopo una lunga doccia, che naturalmente fanno insieme.

“Non avevo previsto un’ uscita e non ho nulla da mettere” dice Rossella. “Guarda tra le mie cose, qualcosa trovi di sicuro, comincia a mettere questo” E le lancia un minuscolo tanga color violetto. “Ho due taglie più di te, come posso mettere qualcosa di tuo?”“Prova questa gonna elasticizzata”“Ma su di me sarebbe indecente!”“Meglio,no?”Si preparano lasciando la porta aperta, sono ancora mezze addormentate e così gironzolano per la stanza in intimo. La scena è arrapantissima, nonostante la semplicità dei loro gesti.

Io e Luca le guardiamo ammirati. “Che fate, spiate?”“Beh, lo spettacolo è di quelli da non perdere!”Rossella strizza l’occhio maliziosa:“Non vi metterete a masturbarvi, spero!”E racconta a Joli l’avventura della notte. Joli ride come una pazza:“Mi piacerebbe proprio vedervi, ma non adesso, ho una fame da lupi!”Passeggiamo per Bellagio, è bello lasciare andare avanti le due donne per ammirare i loro culetti fasciati da gonne aderenti, più di tutti Rossella che ha la gonna talmente piccola che le scopre quasi tutte le cosce e fa risaltare il tanga di Joli ma soprattutto è divertente vedere gli uomini che si girano al loro passaggio, quelli sposati che fingono di nulla e le spiano di nascosto dalle mogli ed i singles che le ammirano spudoratamente.

Due bei ragazzi sulla trentina tentano un approccio che le due, da brave zoccolette, sembrano incoraggiare. Ridono, flirtano e i due sembrano galletti nel pollaio. Le seguono fino ai portici, dove Rossella con fare malizioso dice loro: “Credo non abbiate niente che ci possa interessare, vero Joli?”“Non saprei, bisognerebbe approfondire meglio”Uno dei due si porta la mano sui calzoni, facendo risaltare la sagoma dura che contengono. Le due ridacchiano, ma Rossella li gela baciando Joli sulla bocca.

I due restano basiti e se ne vanno smoccolando ed insultandole. Luca li vorrebbe inseguire per far loro rimangiare gli insulti, ma lo trattengo. “Stai calmo, non vorrai rovinare l’atmosfera!”“Ma hanno dato delle troie alle nostre donne!”“…perché, non lo sono?”E giù a ridere come pazzi. Passiamo davvero una bella giornata e sulla strada del ritorno ci fermiamo in una trattoria. E’ un ambiente molto familiare, semplice e rustico, con pochi tavoli illuminati da basse lampade soffuse.

Joli e Rossella si siedono fianco a fianco di fronte a noi. E’ bellissimo guardarle insieme, così diverse eppure così affiatate. Si guardano, si sorridono e spesso la mano di una finisce sotto il tavolo, sextenando ulteriori risolini. Non abbiamo ancora finito gli antipasti ed abbiamo già scolato una bottiglia di prosecco gelato. Le due si bisbigliano qualcosa nell’ orecchio e ridono di nuovo, all’ improvviso sento un piede accarezzarmi la gamba e risalire.

Mi porto un po’ avanti sulla sedia controllando che la tovaglia copra quello che sta accadendo sotto il tavolo. Non può che essere il piede di Joli che arriva fino ai miei pantaloni, sfregando su e giù. Sono comodo e beato, mi godo il massaggio mentre mangio uno squisito risotto al pesce persico con gli occhi fissi in quelli di Joli, che mi strizza l’occhiolino e ammicca. Con indifferenza slaccio i pantaloni e libero il mio uccello duro come un sasso.

Lei porta entrambi i piedi su di esso e comincia una sega libidinosa. Sentire i suoi piedini caldi fasciati dalle calze sfregarmi l’ uccello mi manda in estasi, soprattutto quando lei continua imperterrita parlando con la proprietaria, una bella donna, simpatica, robusta e sui sessanta, arrivata per i secondi. Luca sembra strozzarsi con il vino, dalla posizione di Rossella capisco che sta ricevendo lo stesso servizio da parte di mia moglie. Sto per esplodere e fermo Joli: “Fai la brava! Mi stai facendo morire!”“E’ quello che vogliamo, farvi diventare matti!”“Guarda che lo state facendo da due giorni, puttanelle che non siete altro!”Luca è tutto sudato ed a un certo punto strabuzza gli occhi e porta il tovagliolo sotto il tavolo.

Rossella ridacchia: “Joli, spero tu abbia un paio di calze di ricambio da prestarmi!”Ci alziamo dal tavolo un paio d’ore e tre bottiglie di vino dopo, la signora ammiccante Ci dice “Ragazzi se non state nella pelle abbiamo un paio di camere libere al piano di sopra!”Rossella la spiazza: “A dir la verità ce ne basterebbe una sola!”La signora arrossisce e con un gran sorriso replica “Beati voi, non sapete cosa darei per essere dei vostri”La guardo bene, ha un bel sorriso, due occhietti vispi e due tettone enormi: “Ora abbiamo una cosa in sospeso, ma chissà che non ci rivediamo!” “Ci conto!”In macchina Luca guida prudente, la strada stretta con consente distrazioni, Joli e Rossella sul sedile dietro ridacchiano e si palpeggiano, dopo neanche duecento metri le loro mani sono già in azione sotto le gonne.

“Ma siete proprie delle maialine, non potete aspettare di arrivare a casa?”“No, quando siamo vicine non possiamo resistere!”Arriviamo finalmente alla nostra casetta dove stappiamo un’altra bottiglia che Luca aveva messo in frigo per festeggiare il nostro incontro. L’atmosfera è carica di elettricità, siamo tutti piuttosto alticci, propongo un brindisi allanostra amicizia. Luca solleva il suo bicchiere “Alla serenità ritrovata”Rossella rilancia: “Alla nostra nuova vita!”Joli: “Al nostro amore!”La nuova razione di vino sextena l’ euforia in Joli, che abbraccia Rossella sbaciucchiandola.

Mia moglie non si tira indietro e ricomincia un bello spettacolino. Vedere così da vicino le due donne che si baciano e si toccano ovunque ci lascia senza fiato. Quando Joli infila la mano sotto la gonna di Rossella e comincia a toccarla io e Luca cominciamo a sudare. “Andiamo di là”Ci alziamo tutti e quattro ma Joli maliziosa dice: “Ci avete spiato mente ci vestivamo, ora vi facciamo vedere come ci spogliamo, state qua buoni e bravi”Piazziamo le sedie e attraverso la porta aperta le ragazze si esibiscono in tutto il loro splendore.

Sono in piedi in mezzo alla stanza accennando un ballo lento, mentre le lingue si intrecciano e le mani scorrono lungo i loro corpi. “Ferme! Ho un’idea”Mi faccio aiutare da Luca a spostare tavolo e sedie, creando uno spazio al centro della sala e poi spengo tutte le luci, lasciando solo il fuoco del camino a rischiarare la stanza. Noi maschietti ci mettiamo belli comodi sul divano e le due ricominciano da dove le avevo interrotte.

Senza smettere di ballare al ritmo di una musica che è solo nella loro testa si spogliano lentamente. I loro vestiti cadono a terra, presto seguiti dai reggiseno. Rossella si inginocchia davanti a Joli, le abbassa i collant lasciandola con le sole minuscole mutandine e comincia ad accarezzarle le gambe sempre più su. Infila due dita sotto l’elastico degli slip e li abbassa con una lentezza esasperante. Appoggia il viso tra le cosce di Joli che ci volta la schiena.

Le sue gambe sembrano cedere sotto i colpi della lingua di Rossella, Joli vacilla, poi inarca la schiena “Vengo, oh mio Dio, mi stai facendo venire” Grida schiacciando la testa di mia moglie ancora di più contro di sé. Rossella si alza ed in solo colpo si toglie calze e mutandine. Ricomincia a baciare Joli sulla bocca, sul collo e sulle tettine sode e perfette. Le ombre vacillanti del fuoco rendono lo spettacolo dei loro corpi sudati una visione celestiale.

Guardo Luca: ha lo sguardo fisso sulle due e si sfrega il cavallo dei pantaloni. Anche io sono davvero eccitato e prendo l’iniziativa: apro i calzoni, me lo prendo in mano e comincio a masturbarmi con lunghi e lenti movimenti di su e giù. Lui si fa coraggio e fa lo stesso. Rossella se ne accorge e gira Joli verso di noi appoggiandosi alla sua schiena e sfregando la sua patata contro le chiappe della ragazza.

Le porta una mano tra le gambe e la accarezza, entrambe hanno gli occhi fissi sui nostri cazzi in movimento. Si sdraiano poi sul tappeto proprio ai nostri piedi e Joli scende lungo il corpo di Rossella baciando ogni centimetro del suo corpo fino ad arrivare in mezzo alle sue gambe. Basta poco perché Rossella cominci a mugolare sempre più forte fino a raggiungere un orgasmo travolgente. Joli alza la testa , vedo chiaramente la sua bocca umida di saliva e dei succhi di mia moglie che la prende per la testa e la porta a sé leccandole le labbra.

Si fanno passare due grandi cuscini del divano e si sdraiano di fronte a noi a gambe aperte e sollevate, le due patatine ben curate piazzate proprio sotto i nostri nasi, ciascuna davanti all’uomo dell’altra. Le loro mani scendono tra le gambe e si toccano mentre noi facciamo lo stesso. E’ così bello vedere come le loro dita giocano sui loro clitoridi, su e giù lungo le loro patatine umide. Ora siamo in quattro a masturbarci guardandoci negli occhi.

Sto per venire, Joli se ne accorge e mi fa inginocchiare davanti a lei. “Aspettami, sto per venire anch’io”Queste parole, dette con la voce arrocchita dal piacere mi fanno impazzire, non posso resistere e vengo subito, inondandole il pancino piatto. Luca viene un attimo dopo sopra Rossella, spruzzandole le tette e il mento. Ho avuto un orgasmo così intenso da non riuscire a muovermi. mi adagio contro Joli, sento l’umido tra noi mentre la bacio.

Ci vuole un po’ prima che ci si ripigli e si decida di andare a letto. Ci buttiamo tutti e quattro sul lettone, accarezzandoci pigramente e scambiandoci coccole. Presto non si capisce più chi stia carezzando chi e la temperatura sale di nuovo, io e Luca siamo di nuovo pronti. A sorpresa Joli si alza e dice a Luca, tendendogli la mano:“Vieni, ho voglia di fare l’amore con te, solo con te. Scusate ragazzi, ma ho bisogno di stare da sola con il mio uomo”Poco dopo dalla sala giunge il cigolio delle molle del divano letto: Luca ci sta dando dentro mica male!Ansiti e mugolii raggiungono un volume piuttosto alto, cosa che eccita me e Rossella tanto da iniziare una bella scopata.

Sono di nuovo sul punto di venire quando mia moglie si ferma: “Aspetta, vieni senza fare rumore”Ci avviciniamo alla porta socchiusa e spiamo Joli e Luca mentre scopano. La mano di Rossella è già sul mio affare, mi prende una mano e se la porta tra le gambe: è fradicia. Joli prende il cazzo di Luca in bocca e se lo fa venire dentro. Mia moglie si inginocchia e mi chiede di fare altrettanto.

La accontento ben volentieri!I due tornano a letto pochi minuti dopo: “Scusatemi ancora, ma avevo davvero la necessità di stare da sola con Luca, ne sentivo proprio il bisogno fisico, dovevo riappropriarmi di lui e del suo corpo”La perdoniamo, ovviamente!Siamo stremati ma appagati e felici ci lasciamo scivolare nel sonno. E’ notte e sento qualcosa di strano dietro di me, mi accorgo che tra un bacio e una palpatina Luca è finito alle mie spalle, il suo cazzo duro appoggiato tra le mie chiappe.

Lo guardo storto a lui sembra dormire beatamente, mi sposto in avanti ma poco dopo è di nuovo appoggiato. Ancora un poco più in là ed ecco che arriva. Sono sul bordo del letto e rischio di cadere se vado oltre anche solo di un centimetro. Non some ha fatto, ma mi ha appoggiato il suo uccello nel solco tra le chiappe, lo sento caldo e duro, è impressionante quanto sia liscio e morbido.

Sono pietrificato dall’imbarazzo, sto per alzarmi dal letto quando Luca comincia pian piano a sfregarlo su di me. “Quasi quasi gli do un cazzotto” penso. Ma evidentemente il mio uccello non è d’ accordo perché si rizza come un palo. Il mio corpo si sta ribellando al cervello e me lo prendo in mano muovendolo poco per non svegliare nessuno. Prima di accorgermi porto il culo indietro e mi metto più comodo. Ora scorre meglio e più veloce, la sensazione per me è nuova ma decisamente piacevole.

Ad un tratto si sposta per tornare subito in posizione, lo sento umido e bollente che punta deciso verso il mio buchetto. Vuoi vedere che il furbetto mica dorme e se l’ è lubrificato con la saliva?Sì, sta deliberatamente cercando di incularmi!Per un attimo sono tentato di assecondarlo, ma poi ci ripenso, mi sposto ancora per tornare a farmelo strusciare sul solco. Rivedo davanti agli occhi il cazzo di Luca, la sua cappella gonfia e lucida entrare ed uscire dalla bocca di Rossella, lo rivedo tra le sue mani mentre si masturba guardando il culo di mia moglie, vedo i suoi fiotti cadere su Rossella.

Luca tenta di nuovo di infilarmelo, allora allungo una mano dietro la mia schiena e glielo prendo in mano, per fermarlo, ma lui lo spinge attraverso la mia mano e allora la mia mossa difensiva si trasforma in una sega. Realizzo che ho in mano per la prima volta l’uccello di un altro uomo, che lo sto masturbando e con sgomento scopro che non mi dispiace, anzi!. Ma non faccio in tempo a pentirmi, presto sento i getti caldi sul mio culo, li sento scorrere tra le chiappe giù fino al buchetto.

Luca mi spalma la sua crema usando il suo uccello ancora duro, me lo passa ancora nel solco indugiando sul buco. E’ davvero una bella sensazione e vengo spruzzando il pavimento. Sono felice di non aver ceduto alla tentazione, non sono ancora pronto per questa nuova esperienza, ma un domani…. chissà!Per tutta la giornata precedente la partenza Rossella è stata assente, nervosa ed irritabile, l’ ho sentita piangere nascosta in bagno. Stufo, decido di affrontare l’ argomento.

“Non mi importa se ci vai a letto o se ti fai prendere un po’ la mano dai sentimenti, ma così non puoi andare avanti”“Hai ragione, forse sono un po’ troppo coinvolta…non so cosa mi ha preso, mi sembra di essere una ragazzina alla prima cotta, ma non posso farci nulla. La mia testa mi dice che sono cretina, ma il cuore e la passerina mi spingono verso Joli…. spero solo che tornando a casa mi passi tutto in fretta, soprattutto perché quello che amo sei tu e non mi va di buttare al vento il nostro rapporto”Proprio in quel momento bussano alla porta: è Joli in lacrime, che mi scansa come se non esistessi e si butta tra le braccia di Rossella.

Tra i singhiozzi racconta di avere litigato con Luca, lui voleva fare sesso, lei ha rifiutato e ne è nato un casino. Joli gli ha raccontato della sua storia con Rossella e di non volerne più sapere nulla di lui. Lui l’ha insultata e presa a sberle, così è scappata da noi. Passati poco minuti è Luca a bussare violentemente alla porta. Gli apro impedendogli di entrare, non mi va che faccia scenate o peggio con Joli.

Si incazza parecchio e Rossella, che ben mi conosce, si intromette prima che la situazione degeneri. Luca la insulta, accusandola di essere una depravata e di aver traviato la sua ragazza. Rossella resta calma e pian piano riesce a tranquillizzarlo e a portarlo via. Con un gesto mi fa capire di prendermi cura di Joli. Mi avvicino a lei e le pongo un braccio sulle spalle. Si calma un pochino. “Dai raccontami un po’”“Voleva fare l’ amore e mi sono rifiutata, non ne avevo voglia, sono troppo triste perché domani si parte e non potrò più rivedere Rossella…”“Beh, non abitiamo dall’ altra parte del mondo….

”“Sono sempre 250 chilometri…. ”“Dimmi di te e Rossella”“Che vuoi che ti dica, non ci capisco più niente neppure io. Non mi era mai capitato di essere attratta da una donna, forse ci siamo conosciute in un momento particolare della mia vita. Amo Luca, ma è un rapporto difficile, lui non c’è mai, o lavora o fa sport. Quando torna la sera è sempre troppo stanco per fare l’ amore. Da quando ha aperto il negozio non è più lui, si porta a casa tutti i problemi.

Le ho provate tutte, ma per lui sono trasparente, come se non facessi più parte della sua vita. Una sera a letto mi sono avvicinata a lui, mi sono strusciata sul suo corpo, l’ ho accarezzato e baciato ovunque, gli ho preso in mano il pisello…niente, si è addormentato. Dopo mesi di astinenza non ce la facevo più e mi sono ritrovata con la mano tra le gambe e…basta, mi vergogno troppo”“Hai vergogna di me? E’ una settimana che vai a letto con mia moglie, ormai siamo quasi parenti! Hai messo la mano là e poi?”“Dai, smettila, lo sai bene cosa ho fatto, Rossella mi ha detto che lo fa spesso davanti a te”“Ho imparato che ogni donna ha la sua tecnica, tu cosa preferisci?”“Lascia perdere, ti dico solo che dopo quella sera non ho più smesso, non mi va di parlarne, mi imbarazza troppo.

…. piuttosto, vado a cercare Rossella e Luca, chissà che fine hanno fatto”“Meglio perché mi sto arrapando, metti che ti salto addosso…poi chi lo dice a Rossella? Sei preoccupata per lei o per lui?”“Tutti e due, in fondo voglio molto bene a Luca, nonostante tutto!”“Ti accompagno, metti che non si è calmato e ti prende a sberle”Il bungalow di Luca è illuminato, la tenda socchiusa. “Meno male, sono qua”“Aspetta, Joli, forse è meglio se non entriamo!”Luca è seduto sul letto, appoggiato all’ indietro sulle braccia, gli occhi chiusi e la testa verso il soffitto mentre Rossella è in ginocchio davanti a lui con la testa che va su e giù.

Il vestito di Rossella le è risalito sulle gambe e vedo il suo bel culo abbronzato coperto a malapena dalle mutandine bianche. Nella penombra vedo il cazzo di Luca luccicante di saliva sparire nella bocca di Rossella, lei scende fino alla radice per poi risalire, se lo toglie di bocca e lecca la sua punta congestionata, sarebbe una scena davvero eccitante, se non fosse che sto guardando mia moglie che succhia un altro ….

e non è la prima volta, cazzo!”Non so se ho più voglia di entrare a prendere entrambi a calci o starmene qui con il pisello in fiamme…se non ci fosse Joli al mio fianco forse me lo prenderei in mano. Cavolo, mi sono scordato Joli! Mi volto e la vedo con la bocca spalancata e gli occhi pieni di lacrime, è impietrita. Si volta e comincia a correre verso la spiaggia, dove la raggiungo poco dopo.

Sta singhiozzando. “Bastardi sono due maledetti bastardi”“Calmati e rilassati, c’è poco da fare. Meno male che lui era incazzato nero e che il sesso non gli interessa!”“Mi aveva detto che Rossella gli stava molto simpatica e che era molto sexy per la sua età, ma da lì a farselo succhiare…e poi quella brutta troia di tua moglie, tante moine e poi mi porta via l’uomo”“Scusa, ma la brutta troia come la chiami tu te la sei scopata prima tu! Sarai mica gelosa?”“Certo che sono gelosa, sono gelosa di tutti e due…mica come te che stai a guardare col cazzo duro mentre tua moglie lo succhia ad un altro”“Beh, devi annettere che la scena non era male, anzi!”Guarda in basso, nei miei calzoncini ho ancora un’ erezione pazzesca.

“Sai che facciamo? Gli rendiamo pan per focaccia a quei due maiali!”Infila la sua mano e mi afferra il pisello. E’ una settimana che sogno questo momento, sento le sue dita stringermi l’ uccello alla base per poi risalire piano. Sembra quasi che stia prendendo le misure:dal gemito che esce dalle sue labbra pare la soddisfino. Ho voglia di baciarla, si sentire il sapore delle sue labbra. Le prendo il mento tra le mani e le sollevo il viso verso di me, ma quel che vedo nei suoi occhi non mi piace affatto: vedo rancore e capisco che non vuole me ma cerca solo vendetta.

La fermo: “No, così non mi và, se lo fai per piacere ok, ma così è solo per ripicca nei confronti di Luca e Rossella, potrebbe esserci chiunque al mio posto, per te ora sarebbe lo stesso”“Se non mi vuoi scopare cerco il primo che passa”Odio farlo, ma non mi viene in mente nient’ altro di meglio e le pianto una sberla. Mi guarda come se non mi avesse mai visto prima, si mette a piangere e mi abbraccia forte.

Restiamo così per un po’, le passo la mano sulla schiena per confortarla, l’ ampia scollatura posteriore mi consente di apprezzare la sua pelle liscia e vellutata. “Perché stai in questa posizione strana?”“Perché non vorrei farti sentire quanto sono contento di stare così vicino a te!”“Non lo avrai ancora duro? Ti faccio davvero questo effetto?”“Ragazza mia, forse non hai idea di quale magnifica donna sei! Questa settimana l ‘ hai fatto venir duro a tutti gli uomini e a metà delle donne,pure!”Mi guarda con un sorriso e nei suoi occhi ora sorridenti rivedo la luce della Joli che conosco.

“Finalmente, ben tornata sulla terra! Ti è passata un pochino?”“Molto meglio, vieni pure più vicino, non mi da’ fastidio, anzi”Restiamo abbracciati e lei comincia a ruotare il bacino, le sue labbra sono sul mio collo e posso sentire il suo alito caldo. “Guarda che stavolta io non ti fermo, meglio se ti fermi tu…. ”“Forse non ho così voglia di fermarmi…”Le sue labbra così vicine, così calde, così dolci…. ‘fanculo al mondo, stavolta la bacio sul serio.

La sua lingua è piccola e morbida, si ritrae un po’ appena sente la mia, poi comincia a roteare, mi lecca i denti, mi morde le labbra. Le mie mani scendono sempre più in basso fino a fermarsi sul suo culetto sodo che finora ho solo ammirato da lontano. Ad occhi chiusi immagino ogni centimetro che sto accarezzando, sento il bordo dei minuscoli slip. Il vestito è così leggero che basta poco per sollevarlo e sentire il raso delle mutandine.

Stacco una mano e le faccio cadere le spalline, così da mettere a nudo il suo piccolo seno con i capezzoli scuri pieni di tensione. Mentre le bacio le meravigliose tettine la mia mano supera il bordo delle mutandine e un dito scorre nel solco tra le sue natiche e poi più giù, fino a sentire la sua passerina già umida. Joli ansima nella mia bocca “Scopami, ti prego, voglio averti dentro, voglio sentirti mio”La sdraio sulla sabbia umida, mi inginocchio tra le sue gambe flessuose.

La luce della luna esalta il suo corpo perfetto da ventenne. “Scopami”“Aspetta”“No, subito”“Prima voglio sentire il tuo sapore”Mi chino alla sua passerina, la rimiro per bene prima di avvicinarmi ancora di più e aspirare il suo profumo. Deliziosa…. La sfioro con baci leggeri, partendo dal triangolino di peli ben curato, per poi scendere lungo la fessura e poi risalire e poi ancora giù, aumentando la pressione ad ogni passaggio. Le sue labbra completamente rasate si dischiudono sotto il tocco delicato delle mie labbra, lasciando uscire gli abbondanti succhi che raccolgo con la punta della lingua e assaporo con gusto.

Non posso fare a meno di paragonarli a quelli di Rossella, Joli si bagna altrettanto, ma il sapore della sua passerina è più dolce e sfumato ed il liquido meno denso, sarà l’età. Affondo la lingua in mezzo alle sue labbra dischiudendole del tutto e continuo un estenuante su è giù, godendomi la sua pelle intima così liscia e scivolosa. Poi la infilo il più profondamente possibile e la faccio roteare, poi la tolgo e la reinfilo più e più volte, trovandola ogni volta più ampia ed accogliente.

Joli ansima e rotea i fianchi, mostrando di apprezzare il mio lavoro appassionato. Mi prende la testa con le mani portandosela contro di sé. Porto la punta della lingua sul suo clitoride ancora un po’ coperto, la prendo larga e mi avvicino sempre di più con lenti cerchi concentrici, lo sfioro solo. So di farla morire e che non aspetta altro che la lecchi proprio lì. “Leccami, leccami subito, mi sta facendo morire!”Appoggio le mie labbra sul clitoride e spingo piano fino a scoprirlo del tutto.

Sento con la mia lingua come si erge duro e liscio. Succhio piano come fosse un capezzolo e contemporaneamente lo sfioro con la punta della lingua, sempre più velocemente. Joli sta godendo come una pazza, per tirarmi ancora più contro mi prende per le orecchie facendomi un male del diavolo, ma non mi importa, mi sto impegnando al massimo per farla godere il più possibile. Sotto sotto so di essere in competizione con Rossella!Joli butta fuori tutta l’ aria dai polmoni, si inarca e chiude le gambe attorno alla mia testa.

I suoi mugolii si fanno sempre più intensi e sonori fino a che si abbandona sulla schiena come svenuta. La lascio tranquilla a decantare l’ orgasmo, sfioro solo la sua patatina con le labbra. Quando si è ripigliata risalgo il suo corpo con le labbra fino a guardarla in viso. Ha gli occhi ancora appannati, umidi di lacrime, deglutisce un paio di volte e poi mi spara un sorriso che mi arriva al cuore.

Mi bacia teneramente, sento il sapore della sua passerina mischiarsi alla saliva. “Wow, che goduria, sei bravo anche tu con la lingua”Tronfio e soddisfatto non voglio sapere a chi si riferisca quell’ “anche tu”“Cavoli, mi sento svuotata, non sento più le ossa, mi sembra di averle di gomma!”“Sono contento che ti sia piaciuto, amo far godere una donna, mi ha dato un piacere fisico enormesentire il tuo orgasmo”“Orgasmo?? Orgasmi direi! Sono venuta tre volte di fila ed ogni volta è stato sempre più intenso!”Restiamo abbracciati, scambiandoci qualche tenero bacio.

Joli cambia posizione e urta con un fianco il mio pisello. Allunga una mano per accarezzarlo piano“Che stronza sono, me la sono goduta un mondo e tu sei ancora insoddisfatto”Si abbassa a prendermelo in bocca, lo lecca, lo inghiotte, lingua, labbra e denti all’ opera mentre le sue mani mi sfiorano le palle. Non posso fare a meno di rivedere Rossella che fa lo stesso servizio a Luca…sarà che Joli è davvero brava, sarà che gli sto ricambiando il favore scopando la sua donna, ma in questo momento l’ eccitazione prende il posto della gelosia.

“Vuoi fare l’ amore con me? Vuoi la mia passerina?”La risposta è troppo scontata!La faccio stendere e mi sdraio sopra di lei. “Prendilo in mano ed infilalo da te”E’ ancora bagnata, ma l’ orgasmo intenso l’ ha fatta richiudere un pochino, così devo entrare piano ma con una spinta decisa. Sapendo di non poter competere con Luca sul piano fisico, in fondo lui ha la metà dei miei anni, metto tutta la mia esperienza in questa scopata.

Infilo tutto il mio pisello in Joli, fino in fondo, fino a toccare il suo utero e lo lascio lì fermo, aspettando che la sua farfallina si adatti a lui come un guanto. “Mamma mia, lo sento fino in fondo, mi sento riempita…”So di essere un maschietto sciovinista, ma questo commento solletica il mio ego!La scopo piano, me la godo senza fretta, sono talmente eccitato che rischierei di venire in due minuti facendo la figura dell’ imbranato.

“dai, dai, così, vai più veloce, mi stai facendo venire”Cerco di resistere, penso a tutt’ altro, ma non riesco più a trattenermi. “Devo venire!”“Non dentro, non prendo più la pillola!”Esco appena appena in tempo e scarico su Joli tutto il mio carico. Lascio lunghe chiazze sulla sua pancia, tra le tette, uno schizzo le arriva sul mento. Mi lascio cadere su di lei e sento sulla mia pelle il caldo del mio seme. Ho goduto come un pazzo e mi stendo al suo fianco, spossato.

La guardo e lei mi rivolge un sorriso languido. Comprendo come Rossella abbia potuto perdere la testa per lei: è un perverso mix di innocenza e lussuria, di dolcezza e sensualità. E’ lei la prima a rompere il silenzio:“Sai tu e Rossella siete due persone stupende, mi piacete un sacco entrambi. Sto bene con voi, midate un senso di pace e tranquillità, mi fate sentire amata e desiderata e anche protetta”“Anche tu sei una persona speciale, mi preoccupa quel ‘protetta’… sarà che siamo due vecchietti!”“Sarete anche vecchietti ma non ho mai goduto tanto nella vita”“Wow, addirittura! Mi stai adulando!”“Macchè, a letto siete tutti e due delle bombe!”“ Pensa allora di averci entrambi contemporaneamente, io ti scopo mentre Rossella ti lecca la patatina!”“Smettila, maiale!” e giù a ridere.

“Io ci ho provato, se cambi idea…. ”“Guarda che per me tutto questo è una novità inaspettata, mai e poi mai avrei pensato fino alla scorsa settimana di poter fare l’ amore con un uomo diverso da Luca…. con una donna poi!Ci conosciamo da sempre, è stato il mio primo ed unico uomo non avrei immaginato di fare certe cose..”“Beh, nella vita non si può mai dire…guarda me, sono sempre stato cinico e tutt’ altro che romantico, eppure queste cose banali come la luna piena, la spiaggia mi sembrano perfette al tuo fianco”“E’ vero, però io sono sempre stata una brava ragazza!”“E continui ad esserlo! Il sesso, se consenziente e soddisfacente fa parte delle vere gioie della vita.

E poi, scusa, quello che hai detto di fare da sola non è sesso?”Mi sdraio sul fianco, la testa appoggiata alla mano, faccio scorrere pigramente il mio dito indice sul suo petto, attorno alle tettine sode, e poi giù sulla pancia piatta. Gioco un po’ per il suo ombelico e vi scopro un po’ del mio seme non ancora indurito, lo raccolgo con il dito che poi passo sulle sue labbra. “Mmmmmm, buono, vieni e assaggia”La bacio ed è molto eccitante sentire il mio sapore su di lei.

Ricomincio ad accarezzarla, scendo sempre più fino a sfiorare il bordo della sua peluria ben curata. “Dai continua il racconto del tuoi ditalini, mi hanno eccitato troppo!”“ Te l’ ho detto, Luca non mi considerava neppure, mi son fatta un sacco di menate, ho persino messo in dubbio la mia femminilità. Ho cominciato per necessità, per sfogare i miei naturali bisogni di ventenne…Una volta iniziato non sono più riuscita a smettere: lo facevo tutti i giorni più volte al giorno, in ogni momento, a casa e al lavoro, è diventata quasi un’ ossessione.

Ho cominciato a navigare su vari siti porno, mi sono persino iscritta ad un paio: scambiare messaggi porno è diventato quasi un vizio, trascuravo il lavoro e sono arrivata a masturbarmi alla scrivania con i miei colleghi a poca distanza. Ho provato in ogni modo, un giorno in ufficio ho guardato con occhi diversi un pennarello… mi sono fiondata in bagno e me lo sono messo dentro: mi è piaciuto e da lì ho infilato di tutto nella mia passerina.

Un giorno al mercato ho fatto una figuraccia: stavo comprando delle patate novelle quando mi è venuto in mente che la loro forma tonda ma affusolata poteva essere perfetta per la mia di patatina, a fianco c’ erano delle zucchine e ho cominciato a scegliere le forme più interessanti, una lunga e stretta, una con un’ estremità più grossa, un’ altra particolarmente curva…devo aver fatto una strana faccia perché una signora anziana mi ha sibilato ‘si vergogni!’”“Mamma mia, cosa non darei per assistere ad una scena del genere!”“Vorresti vedere una vecchia che mi insulta?”“Macché, vederti soppesare le zucchine!”Intanto il mio dito è arrivato tra le sue gambe e passa lentamente sulla sua patatina.

“E poi…?”“E poi Luca un giorno è tornato a casa e mi ha beccato davanti al computer mentre chattavo con un tizio, avevo un cetriolo piantato dentro, sulla scrivania avevo allineato un assortimento di oggetti affusolati da fare invidia ad un sexy-shop…Prima si è incazzato molto, più che altro era geloso del fatto che scambiassi messaggi con altri uomini. Gli ho raccontato tutto in lacrime, gli ho detto quanto lo amassi e quanto mi mancavano le sue attenzioni e soprattutto il suo pisello.

Mi ha guardata in silenzio per un po’, poi mi ha alzato dalla poltroncina, mi ha rovesciato sulla scrivania, ha aperto la cerniera e senza neppure calarsi i pantaloni mi ha scopata come un forsennato…sembrava mi violentasse, non era il solito dolce Luca. Mi scopava con forza e mi dava della troia succhiacazzi arrapata e altre cose così. All’ inizio mi sono spaventata, ma più andava avanti più mi eccitava. Ho goduto più volte come una pazza”A sentire queste cose il mio pisello è in fiamme, mi immagino la scena…lei mugola, evidentemente il ricordo di quella scopata violenta la eccita ancora.

“Non smettere di toccarmi, vai solo un po’ più veloce e premi di più, mi stai facendo venire di nuovo!”Sarei pronto per scoparla di nuovo ma mi cade l’occhio sull’orologio: le quattro del mattino!”Cazzo, sono le quattro, dobbiamo andare, Luca e Rossella ci ammazzano!”“Dopo quello che hanno fatto dovrebbero stare zitti, no?”“Già, ma ho anche da finire di preparare le valigie, il nostro volo è alle 9. 00”Accompagno Joli al suo bungalow, sulla porta ci salutiamo con un bacio dolce e appassionato.

Siamo entrambi tristi perché domani si torna a casa, io e Rossella abbiamo l’ aereo domattina presto, loro nel pomeriggio. Chissà quando ci rivedremo, se mai capiterà. Torna in camera mia, Rossella dorme, o almeno finge di farlo. Non ho voglia di discussioni e cerco di essere il più possibile silenzioso mente vado in bagno. Lavo a malincuore il mio pisello, ancora coperto dagli umori di Joli, ma non voglio rischiare: l’ olfatto di Rossella è peggio di quello di un cane da tartufo e mi beccherebbe al volo.

Mentre lavo i denti vedo riflesso nello specchio le mutandine di Rossella appese al rubinetto della vasca da bagno. Sono quelle che indossava stasera, mi torna alla mente Rossella chinata tra le gambe di Luca con il suo cazzo in bocca, il vestito sollevato a mostrarmi il suo bel culone racchiuso in questo pugno di cotone bianco. Mi avvicino e le tocco: sono umide, evidentemente le ha lavate a mano… per quale motivo? Erano solo impregnate dei succhi della sua passera o si è fatta scopare da Luca?Al pensiero il mio coso, ancora mezzo duro a causa di Joli fa un balzo verso l’ alto.

Lo prendo in mano ed in pochi colpi vengo nel lavandino, dedicando mentalmente la sega a Joli e Rossella…e perché no, anche a Luca!La mattina seguente ci alziamo presto, Rossella è taciturna, facciamo le valigie in silenzio, nessuno dei due ha voglia di parlare della notte appena trascorsa. Siamo alla reception in attesa della navetta che ci porterà all’ aeroporto, Rossella continua ad andare avanti e indietro guardandosi attorno nervosamente, ma non parla. Sull’ aereo, dopo un’ oretta di volo vedo grosse lacrime solcare il suo viso.

”Che c’è?”“Joli non è venuta a salutarmi, non ci siamo neppure date il bacio d’addio…e mi sono scordata di farmi dare il suo numero, non la vedrò mai più”Le accarezzo una mano…. ”Vedrai, ti passerà”Non dico nulla, ma dentro di me sorrido: il numero di Joli è salvato sul mio cellulare.

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