Un compito impegnativo -parte2-

La prima volta che ho visto Sonia fu quando andai a casa di Maurizio, poche settimane dopo che si era trasferito da Vicenza, per frequentare il secondo superiore.
Sonia, la mamma di Maurizio, mi apparve fin da subito una donna gentile e allegra; cercò fin da subito di creare con me un buon rapporto di amicizia, aiutando indirettamente anche il figlio ad ambientarsi in una nuova realtà.
Il padre di Maurizio invece era un tipo di poche parole ed era per la maggior parte delle volte fuori regione a causa del suo lavoro di rappresentante.

In quella casa ci sono andato tante volte per invitare ad uscire Maurizio con gli amici o rimanere a giocare con i videogames sul suo divano di pelle; proprio quel divano su cui avevo buttato Sonia dopo che aveva concluso il suo lavoretto di bocca.
L’aria nella stanza era molto calda,le finestre erano chiuse (Sonia forse si stava preparando per uscire) e quando lei si trovò sopra il cuscino di pelle, inarcò la schiena e si portò le ginocchia all’altezza della faccia, spalancando le cosce e mostrandomi la sua fica aperta e madida di umori vaginali.

“Cosa vuoi farmi, porcellone – mi sussurrò lei con tono languido – adesso che mi trovo con la figa bagnata?”.
Allora mi inginocchiai davanti a lei e, senza dire una parola, iniziai a passarle la punta della lingua sul solco vaginale umido avanti e indietro fino a farla trasalire.
Incominciai a usare tutta la lingua per cercare di asciugarle la passera ormai grondante di un mix di umori e di sudore; arrivai con la lingua al clitoride bello turgido ed incominciai a succhiarglielo, passandolo in mezzo ai denti.

“Oooohh siii, dai continua così, mi fai impazzire ..” – incominciò ad ansimare con respiri sempre più corti e ad inarcare la schiena all’indietro, sprofondando sempre di più nel divano.
Cercavo di strapazzare quel bottone rosso perché sapevo che alle donne piaceva da morire, sulla base di filmini hard e riviste porno che passavano tra noi ragazzi; bisognava pur farsi una cultura sull’argomento visto che era piuttosto difficile applicare i concetti nella pratica.

Continuai a passarle la lingua sull’apertura e a mordicchiarle le labbra vaginali tirandole su e giù e pensai bene di utilizzare il dito medio nella fica ormai dilatata.
Passai velocemente da uno a tre dita aumentando il ritmo di spinta e ben presto mi ritrovai la mano ricoperta di uno strato biancastro che le lubrificò la spacca.
Se ne era venuta tra gridolini e mugugni incomprensibili, avevo realizzato che le avevo procurato un orgasmo – “Wow! Che roba, un orgasmo femminile come nei film e per giunta con un posto in prima fila”.

Sonia ormai sudata ed esausta si stacco dalla pelle del divano, alzandosi e toccandosi la testa con la faccia stravolta, andò in bagno per fare la pipì, senza proferir parola, mentre io rimasi fermo in mezzo alla stanza.
Sonia prese il telefono portatile di casa, compose un numerò ed andò nella cucina a parlare con qualcuno.
Gettai un orecchio per capire qualcosa di ciò che stava succedendo ed ascoltai la conversazione; “.. e quindi oggi non posso venire de te, dai non insistere.

No! Non ti devo spiegare nulla, oggi no e basta!”.
Chiuse il telefono, lo appoggiò sul tavolo, e venne in sala verso di me.
“Con chi parlavi al telefono?” – provai a chiedere per curiosità.
“Non ti preoccupare, non era nessuno di importante; credo che il nostro lavoro scolastico non sia ancora finito, vero?” – ridendo allegramente.
In realtà non era neanche iniziato, ma c’erano cose ben più importanti da fare …
Mentre si raccolse i capelli bagnati di sudore con un elastico, la afferrai per un braccio e la tirai su per le gambe, la distasi sul divano e mi misi a cavalcioni sopra di lei poco più in basso del suo seno.

Avevo in mente di farmi fare una bella “spagnola” in mezzo a quelle due bocce che si ritrovava; lei capì al volo, fece scivolare la densa saliva in mezzo alle tette con una mano, mentre con l’altra mi afferrò l’arnese ancora bello diritto.
Incominciai ad andare avanti e indietro facendo scivolare la cappella bella rubizza in mezzo ai suoi seni, mentre lei se li schiacciava ai lati per rendere più intensa la strusciata; appoggiai le mani sul bracciolo del divano e continuai a pompare con ritmo regolare.

Sonia riuscì a far arrivare la punta del mio pene fin dentro la sua bocca inclinando la testa in avanti, perciò ad ogni spinta riusciva ad insalivarmelo ben bene.
L’orologio alla parete segnava le 15:15, erano già passati tre quarti d’ora dal mio arrivo in casa; avrei voluto fermare il tempo e rimanere in quella posizione per sempre, sapevo che non sarebbe stato possibile.
Cercavo anche di resistere più a lungo possibile, ma in quella configurazione era praticamente impossibile; ero quasi arrivato al punto di scoppiare e inondarle la faccia di sborra, quando lei mi prese l’uccello alla radice e strinse alla base in modo da evitare l’eiaculazione, con un tempismo perfetto.

“Ehi, ti ho salvato all’ultimo momento – mi sorrise lei con aria soddisfatta – non vuoi provare anche la mia passera?”.
Proprio non me lo feci ripetere un'altra volta, mi alzai da sopra la sua pancia e mi inginocchiai sopra il divano di fronte alle sue gambe spalancate.
Lo puntai nella direzione esatta e con un piccolo accompagnamento da parte sua, affondai lentamente dentro di lei fino a farlo quasi scomparire del tutto.

Sonia trattenne il respiro fino a che non arrivai a fondo, quindi mi appoggiai sopra il suo ventre tirato per l’eccitazione.
Il caldo era diventato insopportabile, stavamo letteralmente facendo la sauna e, nell’aggrapparci l’uno sull’altra, scivolavamo sui nostri corpi sudati; incominciai a chiavarla nella posizione del missionario, con lei sotto che cercava di attutire i miei colpi decisi.
Cercai all’inizio di utilizzare tutta la lunghezza del mio uccello per farle raggiungere prima l’orgasmo; lei invece mi disse di dare dei colpi meno profondi e di mantenere un ritmo sostenuto.

La sua vagina aderì perfettamente all’asta del cazzo, quasi come per assecondarne i movimenti e sentii immediatamente la cappella andare a sbattere contro la sua parete uterina; avevo raggiunto la profondità massima ma mancava ancora un po’ per inserirglielo tutto dentro.
Lei mi cinse le braccia attorno al collo e incominciò a baciarmi sulle guancie e sul mio mento, mordicchiandolo; la mia eccitazione aumentò all’inverosimile quando mi passò la lingua sul lobo dell’orecchio, ansimando e alitandomi dentro il padiglione auricolare.

Aumentai la potenza degli affondi, andando sempre a cozzare con la sua parete uterina in fondo alla vagina; questo le provocò delle fitte di dolore che la fecero irrigidire.
Sentivo che il suo corpo fremeva sotto i miei colpi decisi e i gridolini ansimanti si erano trasformati in urla di piacere.
Ogni mio colpo era accompagnato dal rumore della sua pelle che le si appiccicava ai cuscini del divano e che si staccava all’improvviso in un ciclo interminabile.

“Mi fai morire così, non provare a fermarti adessoohhhmmmhhh ” – mi disse con tono quasi minaccioso.
Avevo il cuore che mi scoppiava in petto, potevo sentire le vene del collo e delle tempie martellarmi la testa e la vista incominciava ad appannarsi; non riuscivo a pensare a nient’altro che a sfondarle la fica aumentando sempre più la velocità.
Il mio pisello adesso entrava più velocemente e facilmente dentro la sua passera aperta e completamente lubrificata dai nostri umori sessuali; si aggiunse il rumore di scivolamento del mio cazzo nella sua vagina che assomigliava al rumore di scarpe che calpestano velocemente un sottile strato d’acqua.

Sicuramente se fosse passato qualcuno e fosse entrato nel vialetto, avrebbe sentito questo concerto di suoni provenire dai vetri della finestra.
Cambiai a quel punto la sua posizione afferrandole le gambe e appoggiandole i polpacci sul mio petto, Sonia, con una mossa automatica, strinse le cosce e bloccò la mia testa tra le sue gambe; a quel punto mi abbassai su di lei e le infilai la lingua dentro la bocca.
Vedendo la scena lateralmente al divano, si poteva osservare lei piegata a “U” ed io che le spingevo la cappella con forza più dentro possibile; volevo cercare di inserire anche quella parte di cazzo che giocoforza rimaneva fuori, era ormai una sfida per me e volevo vincerla!
Completamente schiavi di noi stessi, non avevamo sentito squillare il telefono di casa.

Dopo aver realizzato, Sonia si alzò dal divano e rispose distrutta alla cornetta: “Si … pronto? Ah, ciao caro, dimmi” – facendomi segno di non fare rumore – “ … ok, va bene, allora quando … direttamente la prossima settimana, va bene! Si, Maurizio è partito per il campo scuola stamattina, l’ho accompagnato alla fermata del pullman … invece Sara è alla casa di campagna dei miei con alcune amiche … mmmmhh, si … e tu stai bene, ti sento stanco ….

d’accordo, caro, telefonami mezz’ora prima di arrivare così ti vengo a prendere in stazione” – e riagganciò la cornetta.
Si girò verso di me, tutta sorridente, dicendomi: “Bene bene, abbiamo l’intero week-end per noi, non ci sarà nessuno qui fino lunedì … a parte io e te”.
Pensai che avevo bisogno di telefonare a casa per avvertire che sarei rimasto a casa di Maurizio per terminare la bozza ….. pensa come sarebbero stati contenti i miei nel sapere che avrei studiato anche di domenica.

Mi aspettava un lungo fine settimana, per il bene della scienza questo ed altro ….

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