Tutto il male che ti voglio

E’ una cosa anomala. Sentivo Simona gemere sempre piu’ rumorosamente alle mie spalle. Il fottitore era in gran forma, prototipo sudaticcio da opuscolo body building, così tanti deltoidi, lampada, bilanciere. Mens sana in corpore sano, lo diceva sempre mio nonno. Il fottitore la stava trascinando di forza verso l'orgasmo e brutalmente, a colpi di reni, cazzo e schiaffi sul culo. E’ sicuramente una sensazione anomala quando si scopano la tua donna e tu sei lì, nella stessa stanza.

No, se non ci siete passati dal vivo non ci provate. Non pensateci, non parlatene. Soprattutto non scrivetene. E' troppo difficile da immaginare. Quando le vostre mogli o fidanzate si fanno sbattere da qualcun altro – e vi assicuro che lo fanno – avete il buon gusto di essere altrove.
Voi. Questo lo so bene. Siete gente normale.
Cos'e’ che volevi fare?

E la devianza se ne sta lì, appollaiata sulla tua spalla sinistra come un piccolo vampiro.

Si fa invisibile ai mortali ma guardando controluce ne avverti quotidiana la presenza, mentre ti succhia via linfa vitale e dignita’ con essa. E’ una creatura sudicia, lenta, chirurgica, un serial killer diluito nell'arco di molte vite.
Ascoltate.

Un giorno prima o un giorno di merda.

– Cos'e’ che volevi fare? Sensibilizzare le coscienze? Ma sei cretino o che?
Che finale di giornata, una lavata di testa.

Questo ci mancava. A Sonia il mio pezzo non era proprio piaciuto. Per niente. E ora lo esternava, questo suo “dispiacere”, lo batteva con la voce e con unghie smaltate, nel suo modo tipico, tanto avaro di perifrasi o mezzi toni. Me ne restavo in piedi, di fronte alla scrivania, a disagio ma pronto a controbattere, intimorito ma argomentante. Argomentante.
Si.
L’importante e’ crederci.
Magari sperarci. Non e’ facilissimo, la conosco da molti anni, quando s’incazza cosi’ va avanti in linea retta senza cedere un millimetro.

Come un carro armato. C'e’ poco da argomentare di fronte ai carri armati.

– Sensibilizzare le coscienze… E chi sei, Martin Luther King? Cristo, Sergio, ma guardati un po’ intorno, questa e’ la redazione di un giornale, cosa credi… No, ti prego, ora non venirmi a spiegare che cosa significa fare giornalismo, ricordati che questo mestiere lo devi a me… Cosa? Ma a te cosa te ne frega, dico io, cosa te ne frega se una puttana rumena si fa tagliare la faccia da uno stronzo psicopatico? Si Sergio, ma la notizia non e’ quella, la notizia e’ lo stato di degrado in cui versano tanti quartieri della nostra citta’, l'immigrazione incontrollata e… insomma ste menate qua.

Cristo, e’ per questo che ci pagano… no… no Sergio, assolutamente… ecco, soprattutto non pensare. No, guarda, m’hai gia’ fatto perdere troppo tempo, quindi ora mi fai il piacere di rimetterti al tuo computer e riscrivi tutto. Da zero. E lo fai come ho detto io. In tempi rapidi anche, siamo gia’ in ritardo… Si.

– E la forma poi… Anche la forma non va bene, vedi di curarla diversamente, semplifica, snellisci, esplicita.

Tieni sempre a mente che il messaggio deve essere veicolato al lettore in maniera chiara e fruibile… Perche’ vuoi complicargli la vita? Cazzo, non siamo mica artisti.
– Ah, Sergio. Aspetta… e parte il lavoro… te lo ricordi che domani sera siete a cena da me? – Di nuovo gentile ora, sorride piano. – Cosi’ finalmente ci farai conoscere questa tua fidanzata.

Vai ora.

E la devianza se ne sta appollaiata sulla tua spalla sinistra come un piccolo vampiro, invisibile ai mortali ti fa vergognare d’essere nato, per anni, per tutta una vita ti scarnifica, beve, ti fa strisciare con occhi segnati e supplicare.

Lento. Sudicio. Metodico. Che lo faccia ancora. Una volta ancora. E ogni volta e’ sempre l'ultima.
Ascoltate.

L'orgasmo di Simona colo’ via teatrale tra gemiti non trattenuti. In quel momento Sonia aumento’ la pressione del piede sulla mia nuca come a stroncare sul nascere un'eventuale reazione. Lo stivaletto mi costringeva con la guancia contro il pavimento guadagnando un'immobilita’ senza riserve o pudori. Non un piccolo movimento, non un muscolo, non una fibra, soltanto il cuore che respira affannato e il cazzo che va crescendo anche lui schiacciato.

– La tua fidanzata e’ proprio un amore, lo sai? Hai fatto bene a portarla – disse sollevando il piede dalla mia testa – Quando hai detto che vi sposate? Maggio? E’ un ottimo mese.

Sonia non ha occhi che per l’oltraggio, mani forti d'unghia curate, taglienti all’occorrenza e gambe agili e scarpe e lacci. Pensalo sulle ginocchia, pensalo come troia muta che annaspa e sbava, lungo strisce di cuoio ancora caldo.

– Va bene cosi’, tirati su adesso, sulle ginocchia. Il mio giovane amico qui e’ stato tanto gentile con la tua fidanzata, dovresti sdebitarti, non credi?

Il fottitore si era portato al mio fianco. Vicino potevo vedere i piedi nudi e le gambe forti, non andavo oltre. Simona se ne stava sul divano alle mie spalle, buona, nuda, silenziosa. Non la vedevo, la pensavo raggomitolata con il volto nascosto tra le braccia e i lunghi capelli in disordine.

– Fallo. E in fretta. Prima che inizi ad asciugare.

In certe occasioni ci basta una parola o uno sguardo veloce, lo facciamo bene, con bocca attenta e lingua meticolosa. Ripulire con precisione il cazzo ancora caldo prima che lo sperma essicchi.

Finito il servizio me ne restai in ginocchio, occhi abbassati e quell'odore di sperma sulla lingua. – Direi che per oggi la tua Simona si e’ divertita anche troppo, non credi Sergio? – Naturalmente non c’erano risposte, non ne attese e si rivolse subito al fottitore che intanto aveva iniziato a rivestirsi.

Gli disse di far vestire anche Simona e di riaccompagnarla, che la puttanella ormai le era venuta a noia e se voleva farsela ancora aveva tutto il tempo lungo la strada. O in macchina. O a casa.

Il tempo di servire tra le gambe arriva per tutti. Qui non parlo semplicemente di leccare una fica, quello e’ il minimo. Intendo proprio “servire”. Non voglio perdermi in spiegazioni, sono stanco ora, sono lussi di casta.

Sonia tiro’ su la gonna lungo le cosce, sollevo’ il bacino quanto bastava per sfilarsi le mutandine e si lascio’ andare, rilassata, sulla poltrona. Sono rare le donne che sanno allargare le gambe con tanta naturalezza ed eleganza, senza degradare in macelleria. Si protese verso il mio corpo inginocchiato e lo afferro’ per i capelli, con forza.

– Avvicinati adesso – gli disse – ho qui una benda nera e un paio di manette.

Smettila di pensare e annusa, smettila di pensare e adora, smettila di pensare e lecca. Questo male che ti voglio mi fa bagnare senza ritegno, e’ una cosa grande e preziosa. Non capirai mai quanto.

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