Ti amerò per sempre

PROLOGO

In un giorno qualunque di un anno apparentemente qualunque, Roberta, la mia segretaria, mi passò una chiamata per niente qualunque: all' altro capo, una voce che conoscevo bene disse solamente:
– Ti piacciono le ostriche?-
– Certo – risposi
– Allora all' una. – E la telefonata si interruppe.
Sapevo bene chi mi aveva chiamato, dove ci dovevamo incontrare e, soprattutto, conoscevo il significato di quella telefonata: PERICOLO!
Era l'anno di Tangentopoli.

Salii in macchina e dopo mezz'ora ero a Mentone. Quando arrivai al ristorante luogo dell' incontro, G. , il funzionario che mi aveva telefonato per convocarmi lì, era già arrivato. Mi sedetti al tavolo.
– Che succede?- chiesi
– Calma, gustiamoci le nostre ostriche, mentre ne parliamo. –
Arrivò il cameriere a prendere le ordinazioni. Io scelsi due dozzine di ostriche, di diversa qualità a sei a sei. Il mio ospite, invece, prese un panache con ogni ben di dio.

Durante il pasto conversammo del più e del meno finchè, accendendosi un sigaro in attesa del dessert, disse:
– In due parole, per un pò non ci possiamo più vedere nè sentire. Tutto questo casino di mani pulite può crearti dei problemi, e io non posso più aiutarti. Rischierei troppo, lo capisci vero? Tu hai clienti importanti, e qualcuno potrebbe essere coinvolto in qualche inchiesta. Quel che posso consigliarti è di trovare un luogo dove trasferire tutta la documentazione…ballerina.

Naturalmente da questo posto deve essere impossibile risalire a te. Stai tranquillo per un pò, vedrai che prima o poi passa. –
Ci salutammo con una stretta di mano e ci dirigemmo ognuno alla propria auto.
Guidando, pensavo al problema e, prima di essere arrivato allo studio, avevo trovato la soluzione. Certo, costava caro, ma ero sicuro che i miei assistiti, vista la contingenza, non avrebbero avuto problemi a riconoscere, anche con un ritocco dell' onorario, l' importanza del servizio che potevo continuare ad offrire.

Pochi mesi prima un mio vecchio cliente, un noto farmacista, aveva passato la mano a motivo dell' età e si era trasferito a Roma, dove abitava ospite di un figlio.
Possedeva, appena in collina, una villa lussuosa, con un ampio parco.
Nè lui nè il figlio intendevano venderla, preferendo affittarla.
Aveva dato un incarico informale anche a me, in caso conoscessi qualcuno interessato. Dovevo contattarlo.
Alle tre e mezza ero in studio e, dopo aver firmato alcune carte importanti ed urgenti, dissi a Roberta che sarei tornato in capo a due giorni.

Feci un salto a casa, preparai la valigia e partii alla volta di Roma.
Riuscii ad affittare la villa.
Questo episodio ha dato inizio alla fase della mia vita che costituisce l' oggetto di questa, e forse di una successiva, narrazione.
Ho scelto di usare uno stile narrativo il più possibile scarno, asciutto, essenziale, evitando di ammantare gli episodi narrati di una componente poetica, aulica che sarebbe del tutto incongrua, se applicata all' argomento trattato.

Ho scelto di narrare la nuda e cruda verità del comportamento umano, sempre celato e negato a favore di un rassicurante senso del pudore che dirige il quotidiano e le relazioni fra le persone.
Gli avvenimenti si sono svolti così come li racconto, semplicemente e realmente.
Il comune lavoro in villa mi ha fatto scoprire in Roberta una donna, una bellissima donna, molto più giovane di me. All' epoca, lei aveva 18 anni e io 38.

Un mattino mi svegliai e mi scoprii innamorato di lei, innamorato e…geloso. Le chiesi di sposarmi, e lei accettò con entusiasmo.
Il nostro matrimonio non avrebbe potuto essere più felice. La situazione economica agiata ci permetteva di toglierci parecchi “capricci”. Viaggi, crociere, abiti griffati, gioielli, auto importanti, una bella prima casa, più una in montagna. Insomma, non potevamo lamentarci. La nostra vita sessuale era ancora attiva, anche se, da parte mia, la passione era meno esplosiva rispetto ai primi anni.

Certo, la differenza di età cominciava a farsi sentire. Quando io festeggiai il mezzo secolo, lei aveva appena compiuto 30 anni. Io avevo iniziato la parabola discendente, mentre lei era nella sua piena maturità di femmina, con tutto ciò che ne consegue. Ci amavamo, su questo non avevo il minimo dubbio. Ero ragionevolmente certo che lei non mi avesse mai “tradito”, e neppure io l' avevo fatto, a meno che non si voglia considerare “tradimento” qualche fugace avventuretta con estemporanee segretarie.

Insomma, la nostra unione era improntata al bello stabile. Ogni tanto, all' orizzonte si affacciava una nube, sempre la stessa, ma presto il cielo tornava azzurro. Tutto bene, quindi, finchè…

CAPITOLO PRIMO

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In un caldo pomeriggio d' estate di qualche anno fa, mia moglie entra trafelata in ufficio. Ci baciamo e lei mi prende la mano, portandola verso il suo pube.
– Amore…baciami…-
Dire che sono stupito dal suo comportamento significa usare un eufemismo, ma, vedendola in quello stato di sovraeccitazione, mi affretto a chiudere la porta a chiave.

Lei si è seduta sulla poltrona, ha sollevato la corta e leggera gonna chiara e si sta sfilando il minuscolo perizoma. Liberatasi dall' impiccio posa i piedi sui braccioli, per aprire al meglio le gambe.
Mi inginocchio sul tappeto e bacio la sua vulva, assaporandone gli umori dal gusto asprigno.
Pochi secondi, forse un minuto, e lei gode, inarcando la schiena più e più volte.
Sto per alzarmi, ma lei mi blocca la testa contro il pube dicendo:
– Ancora, ancora, non ti fermare.


Stavolta le mie manovre durano qualche minuto prima che abbia un nuovo orgasmo. Io mi trattengo fra le sue cosce, finchè lei mi dice:
– Adesso basta, amore… wow, ci voleva proprio. –
Apre la porta del bagno privato ed entra. Io mi siedo sul divano e, quando esce, le afferro una mano e la faccio sedere accanto a me.
E' calma, rilassata; si appoggia contro lo schienale e mi sorride:
– Beh, cosa c'è? –
– Come, cosa c'è…lo chiedo a te “cosa c'è”.

Non mi dici niente? Come mai questa improvvisata?-
– Mah…così, niente di importante. –
– Non sarà importante ma…sì, sono curioso, e mi piacerebbe che me lo dicessi, qualunque cosa sia. –
– Ok. Oggi ero alla spiaggia. Mentre rientravo, mi sono ricordata che a casa manca il caffè, e sono andata al minimarket. Sai com'è, entri per comprare una cosa e finisci per fare il giro degli scaffali. A quell' ora, il market è praticamente deserto.

C' è solo un uomo, anziano, con i capelli bianchi, che sta facendo il mio stesso percorso, fermandosi quando mi fermo io a curiosare e muovendosi quando mi muovo io. Non mi sta proprio addosso, ma è sempre a non più di due metri di distanza. Ad un certo punto, un pò infastidita, mi volto a guardarlo e lui mi sorride. “Che sfacciato…alla sua età, poi. ” Penso.
Sono arrivata allo scaffale del caffè, sempre seguita dal vecchietto.

Ora basta, mi volto bruscamente, decisa a dirgli di smetterla di importunarmi. Lo guardo fisso, e sto per mandarlo a quel paese, quando lui, dopo aver ripetuto il sorriso, si passa ripetutamente la punta della lingua fra le labbra.
Mi blocco: il suo comportamento è talmente assurdo che non so più cosa fare, cosa dire. Continuo a fissarlo, indecisa. Lui, equivocando il mio atteggiamento, abbassa velocemente la lampo dei pantaloni, rivelando uno slip bianco, che a malapena copre un notevole gonfiore.

Lui continua a muovere la lingua come se stesse…e intanto si accarezza il…pacco. A quel punto mi scuoto, afferro la lattina del caffè e mi dirigo velocemente alla cassa. Lui non mi segue, io lo guardo un' ultima volta e lui mi rivolge un tenero sorriso, facendo spallucce come a voler dire “peccato”. Automaticamente, senza realmente volerlo gli sorrido anch' io. Depongo l' acquisto sul tappetino della cassa. La cassiera mi guarda, stupita, e mi dice sottovoce:
– Scusi, signora, ma forse ha un piccolo problema.


– Io? No, non mi sembra. –
– Signora, guardi la gonna…-
Io controllo: davanti è tutto a posto, mi volto per sbirciare dietro e…ho il sedere praticamente scoperto. Scendendo dall' auto, l’ orlo della gonna si è sollevato ed è rimasto così, mezzo infilato nell' elastico che ha in vita. Mi affretto a ricompormi, prendo la lattina e salgo in macchina. Ora capisco il comportamento di quell' uomo: apprezzava lo spettacolo che inconsapevolmente gli stavo offrendo.

– Beh – dico – tutto qui? Hai solo mostrato il tuo splendido…culo, e beato chi si è goduto lo spettacolo: ma che c' entra con…con la tua voglia improvvisa?-
– C' entra – sospira lei – c' entra. Vedi, quel vecchietto si è eccitato a vedere il mio…sedere, e io, mentre guido, continuo a pensare a lui, a lui che muove oscenamente la lingua guardandomi, e fissandomi negli occhi si accarezza quel grosso…affare che ha negli slip.

Ecco, mi sono eccitata, all' improvviso. Continuo a vedere la sua mano che si accarezza e immagino come doveva essere, quel…cazzo. Penso che, per tutto il tempo in cui mi sono aggirata fra gli scaffali ho avuto il sedere esposto al suo sguardo, e questo pensiero aumenta l' eccitazione. Per fortuna ero qui vicino, e ho pensato di ricorrere a te, per placare l’ eccitazione. –
Resto in silenzio: per darmi un tono accendo una sigaretta, ma veramente non so cosa dire.

– Dì – mi chiede prendendomi la mano – sei offeso? Ti dispiace che mi sia eccitata pensando ad un altro? Non è stato lui in particolare, ma è stata la situazione…-
– Ma no, figurati – manifesto una sicurezza che non provo – figurati se sono geloso di un vecchio che ti ha guardato il sedere. E…com' era il vecchietto?-
– Beh, avrà avuto 60 anni o poco più, alto più o meno come me, corporatura media, capelli bianchi.

Niente di particolare. –
– Niente – replico con un sorriso – a parte un cazzo che si è gonfiato in tuo onore. –
– Già…a parte quello… – risponde con un sorriso alzandosi dal divano – E ora lasciami andare, che devo correre a casa a preparare la cena. Stasera…vedrai che sorpresa. –

Quella piccola vicenda apparentemente insignificante ha segnato il punto di svolta della nostra vita coniugale.

Di quell' episodio non parliamo più; perlomeno, non ne parliamo più “seriamente”.

Ogni tanto, se si presenta l' occasione, butto lì un…
“Certo che, se una va al market col culetto al vento…”, ma sempre come scherzosa e benevola battuta.
Questo non significa che io non avessi più pensato a quel pomeriggio, e a quello che mi aveva detto.
Non credevo che si trattasse di qualcosa da archiviare con superficialità. Ero anzi, a torto o a ragione, convinto che, inconsciamente o meno, Roberta mi avesse voluto trasmettere un messaggio.

E questo messaggio non era, purtroppo per me, positivo. Quell' estate, io avevo compiuto 50 anni da qualche mese, mentre mia moglie aveva da poco festeggiato i 31. Trentun' anni; trentuno, splendidi, anni. Cercavo di ricordare come fossi io alla sua età. Sicuramente, a parte il lavoro, il mio principale interesse era il sesso, che praticavo in spensieratezza ovunque e con chiunque mi si presentasse l' occasione. Al di là dell' amarezza che poteva provocarmi il farlo, era giunto il momento, qualche volta temuto, ed altrettante volte rimosso, di affrontare la realtà.

Potevo ragionevolmente pensare che una giovane donna, nel pieno della sua maturità sessuale, non provasse…desideri, pulsioni, comuni ad ogni essere umano? Certo, la sessualità femminile è diversa da quella maschile e…certo, a me Roberta non era indifferente, e continuavo a prodigarle tutte le mie attenzioni per soddisfare le sue…esigenze di donna.
Ma potevo, altrettanto ragionevolmente, ritenere che questo le fosse sufficiente? Lo speravo, certo, ma non dovevo e non volevo illudermi.

Dodici anni con lo stesso uomo non potevano rappresentare tutto l' universo maschile, per una donna con sane e non represse pulsioni erotiche.
Era questo, secondo me, il messaggio che mia moglie mi aveva trasmesso. Avrebbe potuto dirmi che era eccitata senza spiegarmene il motivo. Invece, l' aveva fatto, e insistendo sui particolari. Per quanto avesse detto che era stata “la situazione” in generale a provocare la sua eccitazione, in realtà, inconsciamente forse, aveva insistito sul fatto che il vecchietto (che poi tanto vecchio non era) aveva un “pacco” notevole e che muoveva la lingua come se stesse leccando una fica (magari la…SUA fica?).

La conclusione a cui ero giunto era l' unica possibile, e non aveva senso cercare di negarla: a mia moglie sarebbe piaciuto vivere situazioni che comportavano coinvolgimento sessuale, al di fuori del nostro rapporto. Stabilito questo, la domanda che mi si presentava in tutta la sua urgenza era: che fare?
Nei quasi due mesi trascorsi da quel pomeriggio mi ero ripetuto spesso questa domanda, senza però giungere a nessuna conclusione. Vigliaccheria? Voglia di rimozione? Forse l' una, forse l' altra, forse un insieme delle due.

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