Sindacalista

La situazione non è delle migliori, mi chiamo Marica e mi trovo a dover rappresentare come sindacato i lavoratori, compreso mio marito, di una piccola azienda locale sull’orlo del baratro. La vecchia proprietà padronale, ben voluta dai propri dipendenti, non è riuscita a far fronte ai debiti accumulati ed è stata costretta a svendere tutto ad una multinazionale del settore, che, come è prassi, ha subito fatto sapere della necessità di riorganizzare la produzione con tagli al personale.

Vi sono sessanta operai con famiglie da salvaguardare.
La nuova responsabile delle risorse umane e relazioni sindacali, tal Ludovica F. , mi dicono essere una perfetta testa di cazzo, a quanto pare zitella, nonché arrogante e presuntuosa. Avrà circa quarant’anni. Si veste sempre con rigore impeccabile, mai un qualcosa di fuori posto. Anelli e gioielli la ricoprono ovunque.
Ha già fatto intendere alle prime scaramucce con i miei colleghi che non vi sono spiragli di dialogo.

Ma si sa che è tutto un gioco a cui sottostare, uno scambio di cortesie al veleno improntato all’obbiettivo di trovare una soluzione congiunta.  
Per me è una questione personale ed una sfida. Devo solo individuare il modo per scardinare quella corazza, ma l’occasione sembra non tardare.  
Ed infatti, un sabato sera, mentre vago in città con degli amici, vedo casualmente in lontananza Ludovica tutta agghindata dirigersi a spasso svelto all’interno di un vicoletto.

Non l’avrei riconosciuta se non fossi stata attratta dalla fila di braccialetti sul polso, che alcuni operai mi hanno descritto più volte per il noioso tintinnio che produce.
Mi stacco dagli altri con una scusa e mi lancio all’inseguimento. Sbircio dall’angolo e noto che suona ad una campanello.  
all’interno dell’edificio. Mi avvicino pian piano e scorgo sulla parete una targa con scritto “Club pour madamoiselle”.
Una volta a casa faccio una breve ricerca su internet e scopro trattasi alla fin fine di un ritrovo lesbo.

Formalmente si presenta come un club privato di incontri per eventi, rappresentazioni o presentazioni legate al mondo saffico, ma secondo me, è in realtà un club privè per leccapassere.
E quindi, hai capito la nostra troia del personale? Le piace la fica, altro che zitella.
“Spero che l’ingresso sia stato per te piacevole”…” La situazione non è delle migliori, mi chiamo Marica e mi trovo a dover rappresentare come sindacato i lavoratori, compreso mio marito, di una piccola azienda locale sull’orlo del baratro.

La vecchia proprietà padronale, ben voluta dai propri dipendenti, non è riuscita a far fronte ai debiti accumulati ed è stata costretta a svendere tutto ad una multinazionale del settore, che, come è prassi, ha subito fatto sapere della necessità di riorganizzare la produzione con tagli al personale. Vi sono sessanta operai con famiglie da salvaguardare.
La nuova responsabile delle risorse umane e relazioni sindacali, tal Ludovica F. , mi dicono essere una perfetta testa di cazzo, a quanto pare zitella, nonché arrogante e presuntuosa.

Avrà circa quarant’anni. Si veste sempre con rigore impeccabile, mai un qualcosa di fuori posto. Anelli e gioielli la ricoprono ovunque.
Ha già fatto intendere alle prime scaramucce con i miei colleghi che non vi sono spiragli di dialogo. Ma si sa che è tutto un gioco a cui sottostare, uno scambio di cortesie al veleno improntato all’obbiettivo di trovare una soluzione congiunta.  
Per me è una questione personale ed una sfida.

Devo solo individuare il modo per scardinare quella corazza, ma l’occasione sembra non tardare.  
Ed infatti, un sabato sera, mentre vago in città con degli amici, vedo casualmente in lontananza Ludovica tutta agghindata dirigersi a spasso svelto all’interno di un vicoletto. Non l’avrei riconosciuta se non fossi stata attratta dalla fila di braccialetti sul polso, che alcuni operai mi hanno descritto più volte per il noioso tintinnio che produce.
Mi stacco dagli altri con una scusa e mi lancio all’inseguimento.

Sbircio dall’angolo e noto che suona ad una campanello.  

Dice qualcosa al citofono ed entra all’interno dell’edificio. Mi avvicino pian piano e scorgo sulla parete una targa con scritto “Club pour madamoiselle”.
Una volta a casa faccio una breve ricerca su internet e scopro trattasi alla fin fine di un ritrovo lesbo. Formalmente si presenta come un club privato di incontri per eventi, rappresentazioni o presentazioni legate al mondo saffico, ma secondo me, è in realtà un club privè per leccapassere.

E quindi, hai capito la nostra troia del personale? Le piace la fica, altro che zitella.
In quattro e quattro otto architetto un piano che, se dovesse funzionare, salverebbe quei poveri lavoratori e la mia famiglia.
Mi considero etero, anche se, a onor del vero, da ragazza qualche porcata l’ho fatta pure io. Ricordo che all’università ho avuto, in un paio di ammucchiate di gruppo (mi piaceva il multicazzo lo ammetto), l’occasione per farmi una mia pari corso e assaggiarle il monte di venere.

Non mi è dispiaciuto, anzi, però ora sarei un po’ fuori forma ed, insomma, non so se avrei il coraggio di farmi una donna ancora.
Ad ogni modo, mai come in questo caso il fine giustifica i mezzi, per cui, presa una dose di coraggio ed all’insaputa di mio marito, mi iscrivo al club.
La sera stessa vengo accolta tra le socie, tutte donne, molte over anta, ma anche qualche giovincella. Il posto è intimo con luci soffuse e musica delicata di sottofondo.

L’abito elegante è d’obbligo per regolamento, non vi sono donne maschiaccio, ma tutte signore e signorine vestite con classe, che parlano a modo ed a bassa voce.
Mi sembra di non sfigurare. La mia età, trentatré anni, è ampiamente nella media ed il mio abito nero da sera con vistoso décolleté sulla terza di seno attira sguardi più o meno discreti. Il mio fisico non è certamente da pin up, spicca qualche chiletto di troppo e le mie chiappe sono un po’ rotondeggianti, pare però non essere così negativo tutto ciò, anche perché vi è di peggio che gira nella sala.

Due signore di mezza età mi fanno accomodare in mezzo a loro e cominciano a parlarmi coinvolgendomi nei loro discorsi. Mi raccontano di come si annoiano con i propri consorti e di come preferiscano la compagnia femminile a quella futile maschile, anche a letto.
Una delle due si presenta come Adele. Mi prende la mano e se la poggia sul seno facendomi capire che lei ai quasi cinquanta arrivati è ancora una bella donna.

La compagna, Marisa, poco più giovane, si avvicina e tenta di baciarmi sul collo. Non solo, furtivamente infila un mano sotto il mio vestito andando a sfiorarmi il perizoma. Sono un po’ confusa, è una situazione morbosa, ma lì attorno sembra non farvi caso nessuno.
Hanno un profumo inebriante, allargo un po’ le gambe e lascio che quella mano frughi nel mio sesso. Marisa mi sta baciando il collo, provo dei brividi, le sue dita hanno spostato gli slip e mi stanno accarezzando il pelo corto della passera.

Mi sto eccitando.
Adele mi infila la lingua in bocca avvolgendo la mia. Comincio a gemere per il ditalino che Marisa mi sta facendo sempre più veloce. I miei occhi vagano attorno in cerca di Ludovica finché la intravedo. E’ appena entrata. Ella subito mi nota, avrà capito che sono una nuova, devo pertanto attirare la sua attenzione.
Apro la camicetta ad Adele ed inizio a succhiarle i cocomeri ancora belli sodi.

Non avrei mai detto che avrei ciucciato due tette così, ma soprattutto che mi piace farlo. Le bacio i capezzoloni stimolandoli con la lingua per indurirli, quindi torno ad infilare il viso nel mezzo succhiando ogni centimetro di carne.  
Marisa ormai si è appropriata della mia fica e mi sta infilando nella fessura due dita. Mi ha abbassato il vestito dalle spalle e slacciato il reggiseno. Si sta slinguazzando la mia tetta sinistra senza ritegno, penso di venire a breve.

Adele si sdraia sul divano e calandosi pantalone e mutandine mi offe il suo fiore contornato di morbido pelo biondo.
Nel frattempo si è formato un circolo di viziose guardone attorno a noi, cariche di voglie peccaminose.
Mi denudo del tutto facendo scomparire eventuali residui di vergogna e mi fiondo a leccarle la bernarda umida. Ha il sapore della donna matura, la mia lingua la dilata con estrema facilità perdendosi nell’antro. Il clitoride è gonfio e ben in evidenza, lo mordicchio ingrossandolo ancora di più.

Adele mugugna e si tocca. Marisa intanto si è chinata per leccarmi, a sua volta, la fregna. Non resisto più e mi lascio possedere dall’orgasmo, urlo e mi dimeno, poi mi abbandono sul sesso di Adele proseguendo a leccarglielo.
Ad interrompere la scopata arriva, presumo, colei che gestisce il club. Mi aiuta a rialzarmi dicendomi che le signore termineranno da sole il divertimento, quindi le congeda con uno sguardo eloquente.
Si rivolge a me in tono cordiale “Benvenuta tra noi Marica, io sono Luisa e dirigo il club.

Spero che l’ingresso sia stato per te piacevole”. Le sorrido senza dire nulla. Ella prosegue “Qui ti devi sentire a casa tua, senza pudori né remore, siamo tutte socievoli, loquaci e… ehmmm… viziosette”.
Si diffonde una risatina tenue tra le presenti. Luisa alza il tono della voce “Per cui bando alle ciance e cin cin. Benvenuta!”. Si alzano i calici per il brindisi.
Dopo aver sorseggiato lo spumante torno a chiacchierare allegramente con le altre socie rivestendomi disordinatamente.

Nel mentre che mi sto infilando i sandali arriva Ludovica. Bene ho fatto colpo.
Mi saluta raccogliendo le mutandine che devo ancora infilarmi. Le fa roteare tra le dita, quindi le annusa e se le infila in mezzo alle poppe. La sua voce è molto calma e suadente “Ciao, mi chiamo Ludovica, ti va di venire di là nel salottino con me? Sei carina, mi piacerebbe conoscerti meglio. Ah il tuo grazioso tanga lo tengo come ricordo in ogni caso se non ti spiace”.

Faccio un cenno di assenso e mi lascio condurre per mano.  
Si parlotta del più e del meno per una decina di minuti. Devo ammettere che mi sta anche simpatica, non ostenta spocchia, anzi, parla di argomenti piacevoli intervallati da molte battute.
Ma i suoi occhi languono di piacere, mi vuole. Lentamente mi accarezza i capelli avvicinando le sue labbra alle mie. Il bacio è leggero, il tocco è morbido, le lingue in una danza conturbante si intrecciano.

Vengo di nuovo rapita dal profumo afrodisiaco che emana, mi scioglie la tensione. Le cingo pure io il collo per farmela meglio, premo le labbra alle sue. Eccola infilare la mano tra le mie nude cosce e palparmi la prugnetta ancora umida da poco fa. Le apro per agevolarla nel movimento. Mi ha appena infilato un dito all’interno, gemo. Lo gira facendomi salire il piacere. Mi rispoglio e mi distendo sulla poltroncina a gambe spalancate.

Mi tocco l’interno coscia andandomi a sfiorare la peluria. Lei si posiziona a gattoni ed inizia a leccarmela. Mi tiene aperte le grandi labbra e si lavora tutto il perimetro della pesca. Mi stacca il clitoride con delle boccate gonfiandomelo a dismisura. Mugugno premendole la testa sopra.
Dal mio fianco giungono altri gridolini e frase sconce. Penso vi sia un’orgia collettiva di troie assatanate di passera. Il problema è che sto godendo pure io come una troia assatanata di passera e mi piace un casino.

La denudo pure io. Che belle tette, una quarantenne con due bocce così tonde, così sode. Le premo i capezzoli con i pollici e li roteo. Si inturgidiscono, scendo a leccarli. Ha ancora i miei slip, se li prende strusciandoli sul naso, mi passa i suoi ed imito il gesto. Si alza in piedi e mi sbatte la patonza davanti agli occhi, appoggia un tacco sul bracciolo della poltrona e mi spinge il volto dritto nel suo pelo moro.

Ha una fica molto pelosa ma ben curata. Quella tappezzeria solletica i miei istinti. È talmente bagnata da sembrare un rubinetto che perde. Ho la bocca talmente inondata del suo nettare che fatico a leccare.
Si gira posizionandosi a 90° e mettendomi in mostra il culo e il pacco fradicio “Leccami il culo, dai”. È la prima volta che mi capita, ma non mi scompongo. Insinuo la lingua anche in quel foro, inumidisco bene le dita, le unghie affusolate si fanno strada nello sfintere violandolo con forza.

Le apro le culatte e lecco avidamente i due buchi, Ludovica si aiuta strusciandosi sulla mia faccia.
Ho una mano le cui dita sono totalmente impegnate a forare le due cavità, i gemiti suoi aumentano di volume, sento che sta per venire.  
“Mmm. si… vengooo… vengoo… mmm…ancora”, prorompe Ludovica prima di esternare il massimo piacere raggiunto col proprio corpo. Finito di godere, mi guarda con aria rilassata ma provata. Si abbandona una seconda volta tra le mie cosce.

Le sue potenti leccate mi eccitano fino al secondo orgasmo.
Torno a casa alle tre del mattino, mio marito è molto preoccupato e mi chiede spiegazioni. Racconto una balla, che mi sono sentita male e che sono rimasta a riposare a casa di un’amica. Lui si calma e si premura delle mie condizioni. Effettivamente sono spossata, ho la patata in fiamme, ma una piccola voglia mi è ancora rimasta, non di cazzo però…

Una settimana dopo vi è la riunione clou, tocca a me scendere in pista, ora vedremo se il piano funzionerà.

 
Noi del sindacato siamo presenti da un bel po’ al tavolo, i vertici aziendali se la tirano ed arrivano in notevole ritardo. Ludovica si siede senza neppure degnare di uno sguardo i presenti, legge attentamente dei documenti all’interno di una cartelletta.  
Finalmente, quando siamo tutti seduti, alza la testa e nel dire “Buongiorno…”. Mi nota e diventa bianca come la neve. Le rivolgo un ampio sorriso e posiziono le labbra a mò di bacio accompagnando il gesto con il palmo della mano.

Si alza frettolosamente, scusandosi ed andandosene. Tutti sono stupiti, tranne me che ridacchio disinvolta.

Tutti quelli dell’azienda escono dopo aver letto i cellulari e si riuniscono nel suo ufficio per oltre un’ora, noi restiamo in attesa. Alla fine esce il galoppino di Ludovica che, con fare molto titubante, ci comunica la volontà dell’azienda di rivedere il piano organizzativo sulla produzione. Tra una decina di giorno ci illustreranno il nuovo progetto. Nessuno dei sessanta dipendenti verrà licenziato.

Quindi si dilegua a testa bassa.

L’esultanza è fuor di misura. Più tardi presso la sede del sindacato sento la porta aprirsi senza bussare. È Ludovica in lacrime, mi dice solo “Resterai zitta?”. Le rispondo “Resterò zitta”.

Mi avvicino a lei, le asciugo le lacrime con un dito, poi la bacio intensamente, sussurandole all’orecchio “Ti voglio ancora…”
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