Sesso a Capodanno

La provincia è un posto meraviglioso. Mi sono accorto di questo solo andandomene, un afoso pomeriggio di settembre, in macchina con i miei. Mi stavano dando una mano con il trasloco e qualche mobiletto Ikea. Quei primi mesi ero tutto incentrato a decifrare l'ignota lingua delle periferie, delle borgate, degli inurbati, dei palazzoni con scale numerate e interni. Poi il tempo mi lanciò addosso il Natale, e con lui la fretta, l'affanno del ritorno, e il riposo.

La catabasi che feci lungo lo Stige dello Stivale mi riportò alla vista luoghi prima usuali, ornamentali, inutili, che ora iniziavano ad ammantarsi di quella coltre bianca che è la nostalgia. La provincia si manifestò così ai miei occhi per la prima volta: un impasto di luce e memorie. Restai per lo più a casa in quei giorni, come a volermi scusare della mia assenza, a tentare di ricomporre con l'Attak i pezzi rotti di un souvenir di porcellana.

Fu per questo che decisi di passare il capodanno lì, con qualche amico di sempre, una festa a casa, una taverna, alcol, erba, lenticchie e giochi di società. Era tutto quello che desideravo in quel momento, alla mia nuova vita c'avrei pensato qualche giorno dopo. La compagnia poi era un po' più allargata del solito, mi attendevano vecchie e nuove conoscenze. Alda, una mia carissima amica, il pomeriggio del 30 mi disse che sarebbe venuta anche Debora, la sua amica emiliana che dovevo anche aver conosciuto di sfuggita l'anno precedente, ma che in quel momento non mi riusciva proprio di ricordare il viso.

Evidentemente non mi aveva colpito un granchè, pensai tra me e me. Mi chiese se potessi eventualemtente ospitarla, poichè lei sperava di raggiungere clandestinamente in tarda serata l'uomo che frequentava da un po'. Le rispondo che non ci sarebbe stato alcun problema, che l'avrei comunicato subito a mia madre così avrebbe tirato giù il divano letto nella stanza degli ospiti. L'indomani andammo a prendere alla stazione la ragazza: si presentò una ventenne non alta, di corporatura snella, certamente non appariscente ma per niente anonima.

Mi chiedevo come avevo fatto a non ricordarmi di lei. Portava un paio di occhiali da vista neri, capelli biondi lisci, una fronte ariosa, occhi nocciola e piuttosto misteriosi. Fu quello che mi colpì di lei a prima vista. Raggiungemmo gli altri e iniziammo ad apparecchiare, a mettere un po' di musica, a bere e fumare. Debora appariva piuttosto silenziosa, provai ad offrirle non mi ricordo cosa, ma mi disse che beveva solo limoncello.

Grazie a dio c'era, così rapii la bottiglia e la misi tra noi due. Iniziammo una fitta conversazione distaccandoci un po' dal resto della comitiva, che non sembrava affatto interessata alla perdita. In realtà il nostro parlare era una specie di mio monologo inframezzato da sue domande. Mi piacciono le persone curiose, interessate, e autoincensarmi non mi dispiace affatto. In poche parole, mi aveva conquistato. Più bevevo e più capivo che la mia attrazione verso di lei saliva vertiginosamente, ma non osavo alzare il tiro; in fin dei conti la conoscevo da appena un paio d'ore.

Cercavo di capire se anche lei fosse dello stesso mio avviso, e probabilmente I segnali che mi lanciava erano molteplici, ma sono troppo timido per certe finezze femminili. La mezzanotte shittò, brindammo con spumante e canne. Le teste fluttuavano, quasi non si respirava più dentro la piccola taverna. Le proposi di uscire a prendere una boccata d'aria, e a comprare le sigarette per un amico. Acconsentì. Fuori faceva un freddo micidiale. Pensai di uscire e baciarla subito, ma niente, non mi decidevo proprio.

Rientrammo in fretta, trovammo le nostre sedie occupare per un torneo di un gioco da tavolo, perciò ci sedemmo sul divano dietro i giocatori. Il divano era vecchio e morbido, e sedendoci vicino cademmo dentro la stessa buca. Proseguii l'assurdo e inutile colloquio non si sa intorno a quale argomento, finchè credo lei si stufò della mia indecisione e fece la sua mossa. Ci mettemmo a carezzare i riccissimi capelli di una mia amica che si beava delle nostre attenzioni.

Le dissi che passare la mano tra i capelli di Cli era come massaggiare una fica. Se cercavamo bene potevamo anche trovare il clitoride. Le chiesi se l'avesse trovato, lei ci pensò un attimo, prese la mia mano e la appoggiò sul suo monte di venere.
“Credo di sì” rispose.
Fu una vampata, un lampo. Marmo manna e distruzione. Iniziai a massaggiarle la fica sopra i jeans, ma entrambi ci rendemmo conto che eravamo nel bel mezzo di una festa di capodanno, così riflettei un momento e presi la decisione di lasciare la festa.

Le feci la profferta, lei mi rispose con uno sguardo ormai sciolto da ogni censura. Chiamai Alda, le dissi che potevamo anche andare, così lei pure avrebbe potuto iniziare il suo vero Capodanno. Non se lo fece ripetere. Salimmo in macchina, Alda dietro, Debora davanti. Al primo semaforo senza più alcun pudore mi mise le mani sul pacco, duro e costretto. Mi lanciava degli sguardi pazzeschi, che mi aizzavano come una frusta. L'inerzia della serata era decisamente cambiata.

Il tragitto fu breve, come Alda chiuse lo sportello le saltai addosso, avvolgendola con tutte le parti che avevo a dispozione. Il lampo passò, tornai a guidare verso casa, parcheggiammo, la buttai sul letto che mia madre aveva amorevolmente rifatto.
“La luce è troppo forte”
“Ma io voglio vederti”
“Va bene”
Iniziai a spogliarla, e solo durante quelle manovre ebbi il sentore di quello che un attimo dopo fu una conferma: aveva un fondoschiena dei più regali.

Perfetto, musicale, geometrico. Iniziai a baciarlo come spuntò fuori dai jeans, mentre la mano indagava altri pertugi. I suoi primi gemiti non si fecero attendere. Mi alzai un attimo e vederla così, immobile e a novanta sul divano letto, ancora vestita con quel culo di fuori mi incendiò definitivamente. Disintegrammo I vestiti e ci buttammo sotto le coperte, baciandoci come due cani invasati. Tornai al suo culo magnetico, tolsi le coperte per vederlo meglio, non potevo perdermi quel momento.

Abbassai le sue mutandine rosa e finalmente lo vidi per intero. Il buchetto era un fiorellino del male, sbocciato in mezzo a due natiche bianche e perfette. Questo me lo devo fare, pensai; speriamo acconsenta. Baciai il più possibile di tutto, poi scesi ancora per leccargliela, facendola esplodere. Leccai come un pazzo, mi inondavo la barba del suo profumato umore. Sentivo che mugolava e si trattenava, poi improvvisamente mi tirò su la faccia.
“Non si può”
“Perchè?”
“Perchè faccio un lago nel letto”
“Cioè?”
“Squirto tantissimo”
“Oh, che peccato, come facciamo allora?”
Mentre le dicevo questo, già avevo infilato due dita dentro la sua fica.

Ero deciso a farla venire, volevo vedere una ragazza squirtare. Lei forse mi lesse nel pensiero, perchè mi chiese di spegnere la luce. A malincuore ubbidii. Ripresi a masturbarla, sempre più forte, lei rispondeva con dei gemiti e con dei piccoli e dolci “no”, ma non mi fermai e lei non oppose resistenza. Sentii i suoi muscoli contrarsi, il suo respiro si fece più affannoso, mi strinse il braccio e venne. Le prime goccioline mi bagnarono la mano, poi il braccio, poi partirono degli schizzi che mi innaffiarono letterelamente le gambe e il cazzo.

Wow, pensai al buio, mentre lei crollava sui cuscini.
Lei fu sazia e per qualche secondo si spense, io ero lì, ad accarezzarle l'esile polpaccio, felice ed eccitato, mi masturbavo dolcemente, approfittando anche dell'inaspettato lubrificante, aspettando qualche istante prima di affondare il colpo. Mi feci spazio dietro di lei, sondai la situazione puntellandola da dietro, volevo scoparmela, ma lei mi stupì per la seconda volta di quella serata:
“Davanti bisogna aspettare un po'.

Però se ti va puoi mettermelo dietro”
“Davvero posso?”
“Certo. Però ti chiedo un'unica cosa. Se ti dico che mi fai male, per favore, tu non smettere”
Cazzo, l'aveva detto davvero. Repentinamente accesi la luce, lei si girò e prese a spompinarmi, con particolare attenzione a lubrificarlo per bene con la saliva. Poi si posizionò col culo all'insù, mi chiese di sputare sul buco. Quindi con una spinta non troppo potente il mio cazzo entrò.

La penetrai delicatamente, vedevo che godeva, allora aumentai il ritmo, la schiaffeggiai. Le chiesi se le piaceva, “il tuo uccello è fatto per inculare”. Mi disse che voleva essere trattata da troia, che in quel modo riusciva a venire anche col culo, così la sbattei forte, le diedi della cagna, le tirai i capelli, e lei ansimava forte. Mi riconcentrai sull'atto, e la sola visione del mio cazzo in un culo del genere mi fece godere quasi all'istante: le venni dentro senza pietà.

Tolsi il cazzo e vidi per un istante il suo fiore enormemente all'argato, vidi l'interno e il fiotto bianco che scendeva.
Crollai accanto a lei, ma non ci furono carezze. Ritornammo nell'idea che in fondo eravamo due estranei, e che dal giorno dopo molto probabilmente saremmo spariti nel nulla. Stavo quasi per addormentarmi, ancora in trance per la scopata, quando la sentii sommessamente singhiozzare.
FINE.

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