Preparazione alla sessione

La preparazione cominciò molte ore prima. Lei mise la sveglia alle sei. Lo aspettava per le nove. Si alzò ancora indolenzita. Il giorno prima era stato molto pesante. Si mise sotto la doccia ancora mezza addormentata. L’acqua tiepida le scorreva sul corpo nudo, tonificandolo. Non usava mai acqua calda perché le avrebbe risvegliato le ferite sopite. Si passò il sapone su tutto il corpo, indugiando sui seni pieni, ricoperti di piccole punture. Passò sul ventre, la schiena e le gambe.

Era tutta ricoperta di piccole ferite, escoriazioni più o meno recenti. Infine, come da abitudine, si deterse dolcemente le natiche ed il sesso. Le natiche si fecero sentire, nonostante la delicatezza, ma il sesso fu molto peggio. Se lo deterse con una spugna morbida, delicata, e, ciononostante, le vennero le lacrime agli occhi. Si piegò leggermente sulle ginocchia, mentre le lacrime si mescolavano all’acqua che scendeva. Un rivoletto rosso le colò sulle gambe, facendola piangere ancora di più.

Si fece forza e si rialzò. Riuscì a stare eretta solo con la forza di volontà. Spense l’acqua e si guardò tra le gambe. Il sangue scendeva lento, quasi come fosse stata una mestruazione. Non lo era. Sospirò, ricacciando indietro altre lacrime, e si allungò fuori dal box doccia per prendere un asciugamano, stando bene attenda a tenere le gambe larghe, per non strusciare l’una contro l’altra. Si asciugò il corpo, lentamente, poi si guardò allo specchio.

A trentasette anni aveva ancora un corpo rispettabile. Il viso era sgombro da antiestetiche rughe, la pelle era ancora morbida e senza inestetismi. Si teneva in forma frequentando una palestra e per l’aspetto estetico si rivolgeva ad alcune professioniste. Il seno era abbondante, ma ormai cadente. Da giovane aveva avuto una quarta, soda e marmorea. Dopo due figli, era passata ad una quinta. Quello che aveva guadagnato in misura aveva perduto in elesticità. Il seno, ricoperto di antiestetiche smagliature, cadeva irrimediabilmente.

Sotto c’era un ventre che una volta era stato piatto. Ora non più, ovvio, ma non aveva nemmeno un volume eccessivo. Diciamo maniglie dell’amore molto abbondanti. Non la si sarebbe mai definita grassa. Solo rotonda. C’era qualche smagliatura anche sul ventre, ma, d’altronde, dopo aver sfornato due pargoli, era più che naturale. Scese a guardare il sesso, ma vi rimase per pochi decimi di secondo. Era completamente depilata, quando, poco meno di un anno fa, aveva una foresta tra le gambe.

Le labbra erano forate da due piercing e anche sulla sommità, appena sotto il clitoride, ce n’era uno. Erano quelli a causare la perdita di sangue ed il dolore atroce. Erano stati messi il giorno prima. Si girò, per non vedere. Così facendo mise la schiena a favore di specchio. Era percorsa di striature violacee, rosse e gialle. Alcune fresche, altre più datate. Guardò l’orologio. Erano le sei e trentadue. Era in orario. Si sedette sul water e sbrigò i suoi bisogni.

Dopo essersi pulita e lavata, facendo bene attenzione a non sfiorare la vagina, si alzò e si mise al lavandino. Controllò il viso, le ascelle e le gambe. Se avesse visto anche un solo pelo, avrebbe dovuto toglierlo. Altrimenti, sarebbe stato peggio per lei. Sotto le ascelle ne trovò alcuni, e se li tolse con una pinzetta. Si fece manicure e pedicure, tagliando tutte le unghie più corte possibile. Erano le sette e venticinque quando finì di fare tutto.

Allora si mise una vestaglia e si diresse in cucina. Fece una colazione leggera, succo di frutta, yogurt e una barretta di cereali. Si saziò con calma, poi tornò in camera a rifare il letto. Fatto questo, chiuse la porta della camera da letto, ed entrò nell’altra stanza. Accese la luce e ricacciò in gola un sospiro. Tutto era come l’aveva lasciato la sera prima. Andò al ripostiglio a prendere le cose per pulire.

Ripulì dove era stata sdraiata per ricevere i piercing, cercando di rivolgere lo sguardo il più lontano possibile. Una volta pulito, accese le candele, mise in ordine tutti gli strumenti, pulendo quelli più sporchi, cambiò le lenzuola del lettino da ginecologo e spruzzò del disinfettante misto a profumo in dosi massiccie. Mancavano cinque minuti, ed era pronta. Le mancavano solo due particolari. Andò in camera sua, e dal comodino prese la maschera. Se la calò sul viso, poi strinse i lacci posti dietro, e la zip davanti.

Si tolse la vestaglia e la appese al suo posto. Restò a piedi nudi. Ora era pronta. Si posizionò davanti alla porta. Mancava un solo minuto. Era sempre puntuale, non aveva mai fatto ritardo. Quando la sua pendola battè il primo rintocco, il campanellò suonò. Lei aprì una frazione di secondo dopo, senza chiedere. Non poteva essere nessun altro. Mentre apriva si inginocchiò.
“Benvenuto, o mio padrone. ”
L’uomo la guardò compiaciuto, dall’alto in basso, ed entrò.

Lei si rialzò dopo che fu passato, e chiuse la porta, a chiave. Si mise a carponi, con la testa china in avanti. Lui prese il guinzaglio che a-veva in mano e lo attaccò ad un anello che era compreso nella masche-ra. La trascinò, e lei lo seguì, docile.

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