.Orchidea elvetica – seconda parte.

…che non arrivò. Lei aprì le portiere dell’auto spalancandone una che dava sui sedili posteriori e mi disse “Ti va di stare più comodi?”.
Il parcheggio era piuttosto isolato, ma abituato alla strana fauna delle adiacenze di casa mia, dove tribù autoctone in cocaina cercano battaglie taglienti o gestiscono strani commerci, non ero minimamente teso. L’unica vera preoccupazione al contrario andava alla polizia, perché purtroppo gli “atti osceni” sono socialmente meno accettabili della violenza.

Ricominciammo a baciarci, ma avevo voglia di posare la bocca da un’altra parte. Le strinsi il seno tra le mani e le baciai quel poco di pelle che restava scoperto per la camicetta. Volevo succhiarle i capezzoli, per cui sbottonai lentamente fino a scoprirle il petto che era rinchiuso tirannicamente in un reggipetto nero.
Le scostai la coppa di sinistra, dove una deliziosa e rosea areola sporgente calamitò la mia bocca che ci si posò sopra, lasciando che la mia lingua irrequieta mandasse in tilt i suoi centri neuronali del piacere.

Lei gemeva respirando affannosamente e stringendo con forza la mia testa contro di sé.
Passai dall’altra parte facendo la stessa cosa e la lasciai a seno scoperto per poi tornare a baciarla nuovamente, sfregando nel frattempo una mano tra le sue cosce.
Lei inarcava la schiena, strinse un po’ le cosce sulla mia mano e iniziò a serrare le dita dei piedi contro le suole dei sandali. Quel che stavo per fare era puro arrischio, ma giunti a quel punto dubitavo che mi bloccasse: le sbrogliai il cordino che le allacciava i pantaloni e iniziai ad calaglieli.

Lei non fece opposizione, ma mi chiese “…cosa vuoi fare?” e io le risposi: “ Voglio assaggiare e sentire il profumo della tua orchidea. ”
Lei replicò: “Nella mia vita l’ho sentita chiamare in tanti modi, ma mai in modo così botanico!”
Scoppiammo a ridere e ci baciammo;successivamente ella si mise scalza e divaricò le gambe. Io portai la testa tra le sue cosce e lambii vorace il suo clitoride: la sua “orchidea” traboccava di rugiada e il suo odore intenso, ma gradevole, accresceva in maniera esponenziale la mia eccitazione.

I suoi piedi poggiavano sulle mie scapole e le sue mani spingevano sulla mia nuca verso il suo corpo. Con l’aumentare del godimento, lei spostò i palmi dalla mia testa e dopodiché, afferrò la tappezzeria del sedile affondandoci le dita con forza.
Quando l’orgasmo si fece strada dentro di lei, si contrasse e spalancò la bocca ansimando come una persona appena riemersa dall’acqua.
A quel punto si rilassò e con un filo di voce esclamò: “Ok, basta…sei stato bravissimo.

Aspetta un attimo…”
Lei sistemò rapidamente i suoi abiti e mi sbottonò la camicia, baciandomi energicamente. Passò le sue mani sul mio torace, soffermandole sui pettorali e stringendoli con forza. Successivamente mi strinse entrambi i capezzoli tra pollici e lato degli indici, per poi leccarne uno e terminando con un morso attorno ad esso. Mi sfilò interamente la camicia lasciandomi a dorso nudo, mi abbassò completamente i pantaloni e i boxer neri sino alle caviglie.

Prese in mano il pene la rigidità di esso era quasi irreale. Lei restò a contemplarlo e avvertivo che il mio scroto inturgidito stava sopra il palmo di una delle sue mani calde. Dal meato sgorgava liquido di Cowper e lei scoprì il glande: mi stuzzicava essere nelle sue mani e restai inerte attendendo smanioso che facesse qualcosa. A quel punto poggiò un polpastrello sul meato inumidendolo di secrezione e se lo mise in bocca, come a degustare qualcosa di saporito.

Ricoprì il fallo e tenendolo alla base, lo mise in bocca e iniziò a succhiarlo golosamente. Vedere la sua testa alzarsi ed abbassarsi e sentire i suoi capelli di seta sulle mie cosce, era benzina sulla mia libido ardente. Con quel pompino sembrava ingordamente intenzionata a farmi avere un orgasmo. Le dissi recuperando il fiato di tanto in tanto: “…se vai avanti così, credo durerò poco!” e lei staccandosi e continuando a muovere la mano su e giù, ribatté: “Non aspetto altro!”.

Ero arrivato al limite e il mio cazzo era una sensibilissima antenna sessuale che captava tutto il piacere che lei mi trasmetteva. Sentii la prostata contrarsi e in seguito percepii che il liquido pre-cum veniva spruzzato freneticamente all’interno della sua bocca. Quando giunsi all’eiaculazione, ebbi un orgasmo inaudito, che si protrasse oltre una decina di secondi e la quantità di sperma che produssi speravo non la facesse star male. Un torrente orgasmico in piena mi aveva investito togliendomi il respiro; reclinai il capo all’indietro e i glutei si contrassero con forza.

L’encefalo era, seppur per pochi secondi, oltrepassato da una tale sensazione di piacere da farmi approssimare ad un Nirvana carnale. Solo il sesso riusciva a farmi raggiungere tale estasi, annullando in un breve istante qualsivoglia pensiero, angoscia e sentimento negativo. (continua).

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