Non riesco a resistere al tuo odore

Non riesco a resistere al tuo odoreQuando lesse il messaggio sul cellulare, Andrea provò una sensazione che non riusciva a definire molto bene. Era una sorta di disagio, quella sensazione che si prova quando capita qualcosa che dovrebbe essere piacevole, ma che le circostanze, o qualche elemento del contesto, rendono di difficile interpretazione e tale da non poterla apprezzare a pieno. “Quell'uomo, la compagnia occasionale che cerco, potresti essere tu… ma forse chiedo troppo…”Rilesse diverse volte, senza sapere cosa rispondere, e senza che quel particolare tipo di disagio si attenuasse.

Possibile che Cristina pensasse a lui in quei termini? La cosa lo spiazzava completamente, mai una simile idea lo aveva anche solo sfiorato e ora, invece, scopriva che era lei a pensare a lui in quei termini, era lei che pensava a lui come ad un occasionale amante. Passato un quarto d'ora, iniziava a sentirsi come il giocatore di scacchi che temporeggia troppo prima di fare la proprio mossa, quando in realtà, le alternative sono poche e di facile calcolo.

Per quanti ragionamenti potesse fare, c'era solo due alternative: far capire a Cristina di lasciar perdere, oppure, farle capire che aveva trovato l'amante occasionale di cui sentiva il bisogno. Aveva conosciuto Cristina ad un corso di inglese, in una delle tante scuole private della città. La classe non era numerosa, quattro cinque persone. Di queste, eccetto lui e Cristina, tutti si assentavano molto spesso, infatti, diverse volte si erano ritrovati a far lezione da soli.

Ciò aveva fatto sì che nascesse una bella amicizia. Lei era una donna tranquilla, quaranta anni di età, seria, per niente appariscente sia nei modi che nell'abbigliamento. Ed era proprio per questo che Andrea, nel leggere il messaggio, aveva provato quella sensazione di disagio. Avesse avuto la sua stessa età, quindi venti anni di meno, sarebbe stato tutto molto diverso, non avrebbe esitato, si sarebbe buttato senza pensarci. Invece, c'erano quei venti anni di differenza.

Andrea la trovava niente male, a suo modo era carina. Fisico snello, forse un pelo troppo magra, i capelli neri lisci che scendevano poco sotto le spalle. Il viso non troppo allungato, ben proporzionato e simmetrico, con solo pochissime rughe appena accennate, gli occhi regolari e neri, le labbra sottili ed il naso piccolo e dritto. Il fisico non era di quelli che ti fanno girare per strada, ma tutto sommato non era niente male, anche se qualche chilo in più gli avrebbe donato.

Una volta si era presentata a lezione con una gonna fino al ginocchio, con un lungo spacco su un lato. In quell'occasione Andrea, aveva potuto osservare che aveva delle belle gambe, anche se magre sembravano ben sode e dalla muscolatura rifinita. In cima alle gambe il sedere, sembrava essere anche esso sodo, per quanto non certo abbondante. Il seno era proporzionato alla corporatura, una seconda scarsa, in genere sempre celato sotto abiti accollati. Andrea la giudicava carina, ma se ne era reso conto solo ora.

Prima di ricevere quel messaggio, a causa di quei venti anni di differenza, non si era mai soffermato a pensarci. Il pomeriggio precedente la sera in cui aveva ricevuto il messaggio, Andrea e Cristina si era incontrati alla settimanale lezione di inglese. Non era stati da soli come altre volte. Quando la lezione era terminata, alle otto di sera, Cristina nel salutarlo gli aveva chiesto se gli andava di prendere un caffè insieme prima di andarsene.

Andrea aveva accettato, in fondo era primavera, e stare un po' fuori la sera era piacevole. Mentre erano seduti al bar a parlare del più e del meno, era stata Cristina a cambiare tono alla chiacchierata. – È un periodo che mi sento molto sola sai?- E come mai? Successo qualcosa?- Niente in particolare. Io sono single per scelta, e non rinnego la mia decisione. Mi sta bene. Però… ci sono periodi in cui uno, un po' di compagnia la vorrebbe.

– Ti capisco, anche io, a compagnia, sono sempre stato un po' tanto scarso. – A si? Non hai un nugolo di ragazze che ti ronza intorno? Andrea si era messo a ridere. – Se magari. Non sono mai stato un latin lover. La maggior parte delle ragazza neanche si accorge della mia presenza, se non gli pesto un piede. – Ma avresti voglia di un rapporto impegnativo? Stabile?- Non lo so. In genere sto bene da solo, ma, come hai detto tu, ogni tanto un po' di compagnia ci vuole e non sempre è facile trovarla.

Difficilmente una ragazza si inte- ressa a me, anche se per una sera sola. – Ti capisco. Per quanto mi riguarda, non voglio un rapporto stabile, di quelli impegnativi, non riuscirei a rinunciare alla mia libertà. Preferirei un compagno occa- sionale, con cui passare qualche bella sera insieme. Penso che capisci cosa intendo no?- Certo – rispose Andrea, cercando di nascondere un filo di imbarazzo. – Mi ci vorrebbe un amante occasionale. Con cui andare a letto, senza impegni, solo con la voglia di passare insieme qualche momento.

Andrea tacque, a quell'affermazione. Non sapendo cosa rispondere a quella confidenza. – Ehi che c'è? Ti ho scandalizzato?- No ma che. Figurati, non sapevo cosa dire. – Ti sembra strano che una donna voglia un amante con cui andare solo a letto. Per sentirsi meno sola qualche sera?- No. Per niente. In fondo, anche a me non dispiacerebbe affatto una situazione del genere. Nell'affermazione di Andrea non voleva esserci ciò che poteva sembrare. Non aveva, in quel momento, alcuna intenzione di proporsi quale amante della donna.

Ma Cristina, senza che Andrea lo immaginasse minimamente, interpretò in quel senso tali parole. La chiacchierata aveva portato via un bel po' di tempo. E quando Andrea arrivò a casa, pensò di inviare un messaggio a Cristina per sapere se fosse già arrivata a casa, dal momento che avrebbe dovuto aspettare un autobus. Cosi fece, la donna rispose dicendo che non aveva aspettato molto, solo pochi minuti e che gli faceva piacere che lui si fosse preoccupato.

Poco dopo Cristina inviò un altro messaggio. “Le ragazze non le capisco proprio, come fanno a non interessarsi a te. ”Andrea era rimasto sorpreso. Ma poi la buttò sullo scherzo, pensando che Cristina volesse tirarlo su di morale, dopo che lui aveva confessato i suoi insuccessi con l'altro sesso. “E che ci vuoi fare, cercano altro… ma ancora non ho capito cosa… per caso sai dirmelo tu?”“Cosa cercano non lo so, ma so cosa si perdono ad ignorarti e so cosa cerco io.

” “E cosa cerchi?”“Mi sembra di avertelo già detto. ”Andrea non rispose a questo ultimo messaggio. Dopo una ventina di minuti fu di nuovo Cristina ad inviarne un altro. “Quell'uomo, la compagnia occasionale che cerco, potresti essere tu… ma forse chiedo troppo…”Andrea non rispose, e questa volta neanche Cristina. L'indomani mattina, Andrea non riusciva a smettere di pensare a quel ultimo messaggio della sera prima. Non riusciva a convincersi che Cristina pensasse a lui come ad un possibile amante.

Eppure le poche parole del messaggio, non potevano essere equivocate, ed anche i segnali lanciati quel pomeriggio, alla luce di queste, risultavano chiari. Il pensiero di fare sesso, non gli dispiaceva affatto, come era naturale che fosse. Non aveva avuto molte esperienze, era stato solo con due ragazze, in totale aveva avuto rapporti sessuali completi solo cinque volte, aggiungendo del sesso orale, si otteneva tutta la sua esperienza in campo sessuale. E ora? Una di quaranta anni lo voleva come amante? Ebbene si.

Era cosi, per quanto gli suonasse strano anche il solo pensarci. Ma come doveva comportarsi? Come aveva capito la sera prima, subito dopo aver letto il messaggio, le alternative erano due: farle capire di lasciar perdere, il che implicava per lui, di continuare con quel deserto che era la sua vita sessuale conti- nuando a sbattersi dietro ragazze che non lo consideravano neanche di striscio; oppure cogliere l'occasione, il che significava, fare sesso, il discorso era semplicissimo e anche ipocrita doveva ammetterlo, ma in fondo, era stata lei a specificare che voleva solo un compagno occasionale per fare sesso senza coinvolgimenti sentimentali.

Neanche da parte sua riteneva ce ne sarebbero potuti essere, non avrebbe potuto provare sentimenti per una persona che aveva venti anni più di lui. Cosa aveva da perdere? Non gli veniva in mente niente. Sarebbe passato dal masturbarsi guardando siti porno, o pagine di ragazze che si mettevano in bella mostra su Facebook, al fare sesso con una donna esperta, che aveva avuto sicuramente molte esperienze. Prima di allora non aveva mai pensato una cosa del genere riguardo.

Cristina, ma adesso, invece, era convinto che fosse cosi, nonostante l'aria tranquilla e riservata della donna. Andrea aveva preso una decisione senza neanche rendersene conto. La decisione era venuta fuori con naturalezza. Prese il cellulare e inviò un messaggio a Cristina. “Dove sei? Se sei a casa posso raggiungerti? Voglio vederti. ” Attese una decina di minuti prima che Cristina rispondesse. “Si sono a casa. Lavoro di pomeriggio oggi. Sai dove abito, ti aspetto.

Anche io ho voglia di vederti. ”“Io sono all'università, mezz'ora quaranta minuti, e sono da te. ”Andrea digitò il messaggio e lo inviò mentre stava già uscendo dall'università. Provava un misto di timore ed ansia. Aveva paura che arrivato a casa di Cristina capisse che le cose non stavano come pensava, che si era fatto troppe fantasie. Ma era anche in ansia, sarebbe voluto essere già a casa della donna, perché sapeva, o sperava di sapere, che quella mattina, dopo circa due anni, avrebbe fatto di nuovo sesso, sperando di non deludere la sua partner.

Mentalmente aggiunse la parola sessuale cercando di tenere a freno l'entusiasmo. Arrivato a casa di Cristina, si sentiva ancora agitato, proprio come le altre volte che aveva fatto sesso. Cristina aprì la porta e dal viso, Andrea capì che anche lei provava almeno in parte la sua stessa ansia, anche se la controllava molto meglio. Varcando la soglia della porta, il ragazzo non poté fare a meno di squadrare la donna dalla testa ai piedi.

Mentre lo faceva, per quanto potesse cercare di non lasciarsi andare troppo a quel pensiero per paura di una delusione, non riusciva a non pensare che di li a poco avrebbe fatto sesso con Cristina, che di li a poco avrebbe scoperto nella sua intimità più profonda quel corpo. Cristina era vestita in maniera semplice, come suo solito, indossava un jeans scuro, ed una camicia chiara, abbonata sino al penultimo bottone, in modo da non consentire assolutamente sbirciare il décolleté della donna.

Il pantalone, un tantino più stretto del solito, lasciava intuire la forma del sedere. – Prego siediti. Cosa volevi dirmi? – Cristina fece accomodare Andrea sul divano del salotto, dinanzi ad un basso tavolinetto. – Non so da dove incominciare…- Dimmi tutto senza preoccupazione, qualsiasi cosa. – Riguardo il messaggio di ieri sera. Cristina attese qualche istante, pensando che il ragazzo volesse proseguire, ma questi non lo fece. – Immaginavo fosse per quello. Se vuoi dire che ti ha dato fastidio fallo pure, non c'è problema.

Mi dispiace non volevo. Spero di non averti messo troppo in imbarazzo. Nella mente di Andrea vorticavano tante cose da poter dire. Gli sorse il dubbio che Cristina ci avesse ripensato e stesse mettendo le mani avanti. Capì che si stava lasciando scivolare tra le mani la possibilità che gli si era offerta. Il suo atteggiamento, cosi nervoso e intimorito, doveva aver fatto in modo che la donna fraintendesse la sua presenza. Prima che l'ansia aumentasse doveva andare al sodo.

Alle conseguenze, se proprio non fosse andata come sperava, avrebbe pensato dopo. – Hai capito male Cristina. Io sono qui, perché voglio essere io quell'amante occa- sionale. La donna tirò un bel sospiro di sollievo, facendo aumentare la sicurezza di Andrea, che aveva buttato fuori la frase tutta di un fiato. – Visto che tu sei stata chiara con me, voglio esserlo anche io. Sono venuto qui con un solo pensiero in testa. – Quale? – chiese Cristina per incoraggiare Andrea a proseguire, voleva sentirgli dire quello che sperava il ragazzo stesse per dire.

– Lo hai capito. – Ma vorrei sentirtelo dire. In modo da eliminare ogni possibile fraintendimento. – Non credo proprio ce ne siano. – Se proprio non vuoi dirlo lo dirò io. Io spero che tu sia venuto, per fare sesso con me. Ormai l'ho detto, non posso tirarmi indietro. Ormai l'ha detto, non ho capito male allora, è come pensavo. – Anche io – disse Andrea dopo un attimo di pausa – sono venuto con l'inten- zione di fare sesso con te.

Era contento che anche lei avesse usato il termine sesso, invece di amore. Rendeva il tutto più semplice. – Però prima vorrei chiarire alcune cose. – Andrea proseguì sperando di non doversi pentire di ciò che stava per dire – Io temo di poterti deludere in qualche modo. – In cosa credi di potermi deludere?- Non so cosa pensi di me, ma io non ho molta esperienza sessuale. – Non è un problema. Sarà un piacere farti fare esperienza.

Anche tanta se vorrai- Rispose con un sorriso la donna. • Anche in qualcosa altro potrei deluderti. Forse. Non so come sono stati i tuoi partner precedenti…• Andrea. Se è per le dimensioni che ti preoccupi – il ragazzo fece un sorriso imbarazzato – stai tranquillo. Siete voi uomini ad essere fissati su certe cose. Per noi donne, ti assicuro, le dimensioni non contano. E non è solo un modo di dire. • Mi fa piacere sentirtelo dire – rispose Andrea sollevato.

– Però, nonostante le tue rassicurazioni, ti assicuro che mi fa strano pensare a noi due in intimità. • Ti ripeto, stai tranquillo. È normale. Ma l'intimità si costruisce con il tempo. Anche se, ti devo confessare anche io una cosa, spero di non perdere troppo tempo prima di andare al sodo. Hai altro da dire?• No. Credo di no. • Se ti verrà in mente qualcosa, dillo senza problemi. Qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Non farti alcun problema.

Cristina si alzò dal divano e prese Andrea per una mano invitandolo ad alzarsi a sua volta. • Se non abbiamo altro da dire, possiamo andare di la. Saremo più comodi e potremmo iniziare a costruire la nostra intimità. Arrivati nella stanza da letto, Cristina fece sedere Andrea sul letto e iniziò ad accarezzargli la nuca. • Ti va di spogliarmi?Andrea cercava di sembrare calmo e rilassato, ma non lo era affatto. Stava per fare sesso, continuava a pensarci in quei termini, con una donna di quaranta anni, che adesso gli chiedeva di spogliarla.

Gli sembrava tutto assurdo, come se non potesse essere vero stesse capitando proprio a lui. Lui, che veniva sempre respinto dalle ragazze della sua età, lui che veniva considerato un “tipo” se, chi parlava, era abba- stanza gentile da non usare altri termini più offensivi. Invece, c'era proprio lui in quella camera da letto, e stava per avere un rapporto sessuale con Cristina. Stava per dire che avrebbe preferito che si spogliasse da sola, aveva paura di apparirle impacciato, ma temeva anche dopo le insicurezze espresse prima, che Cristina ad un certo punto potesse scocciarsi di tutte le sue incertezze.

Prima che potesse aprire bocca, come se la donna avesse letto nella sua testa, in realtà bastava soffermarsi un attimo sul suo viso, che lasciava trasparire con grande chiarezza tutti quelli che erano i suoi pensieri in quel momento, fu Cristina a parlare. • Stai tranquillo. Hai voglia di scoprire il mio corpo?• Certo. • Allora fallo, senza pensare a niente altro. Andrea si sforzò di mettere i dubbi e le insicurezze da parte. Si alzò e strinse Cristina a se, accarezzandole la schiena.

Poi iniziò a sbottonare lentamente i bottoni della camicetta. Un reggiseno bianco si intravide dopo aver sbottonato i primi bottoni. Quando arrivò all'ultimo aprì la camicia e gliela sfilò. Rimase fermo a guardarla. Aveva un seno piccolo, ma sodo. Il classico seno che si dice possa stare in una coppa da champagne. • Ti piace? O speravi fosse più abbondante?• Va benissimo. Cristina prese le mani di Andrea e se le portò sui piccoli seni ancora avvolti nelle coppe del reggiseno.

Poi fu il ragazzo a portare le mani dietro la schiena della donna per slacciargli il reggiseno. Glielo tolse con delicatezza. I seni di Cristina rimasero immobili, piccoli e sodi come erano, sembravano non sentire la forza di gravità. Andrea riprese ad accarezzarli, sentendo nel palmo delle sue mani i capezzoli piccoli ma turgidi. La pelle della donna era liscia e morbida, quando accompagnò il viso del ragazzo sul suo seno, questi avvertì un piacevole profumo di bagnoschiuma.

Il profumo era delicato, ed anche il sapore era tale. Andrea baciò entrambi i capezzoli, stringendoli con delicatezza tra le labbra, baciò l'incavo tra i due seni ed appoggiò la guancia su questi. Iniziò a scendere, baciando il ventre piatto e liscio di Cristina sino ad arrivare all'altezza dei jeans. Si sedette sul bordo del letto. Mentre baciava il corpo della donna, Andrea aveva l'impressione di tremare, ma si sforzava di apparire calmo e padrone della situazione.

Dentro se però, sapeva che Cristina sentiva le sua mani incerte, il suo cuore battere un po' troppo forte, però non sembrava che ciò gli desse fastidio. Anzi quando le aveva baciato i capezzoli la donna aveva chiuso gli occhi e stretto le labbra, con il viso che esprimeva piacere. Con la faccia a pochi centimetri dal pube della donna, Andrea afferrò con le mani entrambe le natiche, trovando il sedere di lei piccolo ma molto sodo.

Strinse di più, spingendo il ventre della donna verso la sua faccia, appoggiò la guancia all'altezza dell'inguine come aveva fatto poco prima con i seni. Iniziò a sbottonare i bottoni metallici dei jeans. Quando sbottonò il primo, iniziò ad intravedere il tessuto bianco degli slip. Arrivato all'ultimo bottone, vide che Cristina indossava degli slip a vita bassa, bianchi senza disegni o altro, ed ebbe subito la curiosità di scoprire se fosse un perizoma o meno.

Abbassò i jeans e strinse di nuovo le natiche della donna, stavolta toccando il tessuto sottile delle mutandine. Non era un perizoma, ma il triangolo posteriore lasciava comunque scoperto una parte dei glutei. – Un attimo. Fermati. Il cuore di Andrea sobbalzò. Pensava di essere stato troppo irruento, o forse troppo poco. Si calmò solo quando vide che Cristina si sfilava le scarpe ed il jeans. Adesso era davanti a lui, con solo sottili calze autoreggenti e mutandine bianche.

Andrea iniziò ad accarezzare il pube della donna attraverso il tessuto e sentì che questo era bagnato. La cosa lo fece calmare un po', significava che a Cristina piaceva ciò che stava facendo. La sicurezza lo portò ad osare, e baciò con delicatezza il pube attraverso il tessuto. – Fallo senza mutandine. Andrea, molto più calmo e sicuro di se, fece stendere la donna sul letto e gli sfilò dolcemente gli slip. Vide che Cristina si depilava, ma non del tutto, manteneva un triangolo non troppo folto di peli.

Il ragazzo baciò i peli e poi scese più sotto, verso le grandi labbra della donna, che aprì le gambe per facilitarlo. Le grandi labbra di Cristina erano bagnate, Andrea nel baciarle poté sentire il sapore della sua eccitazione, un sapore piacevole, umido, salato. La donna emise un gemito di piacere ed Andrea iniziò a passare la sua lingua sulle labbra della vagina di lei, andando a stuzzicarle anche il clitoride. La donna continuava a gemere sommes- samente, fino a quando con le mani non sollevò il viso del ragazzo.

– Ora però tocca a me. Il pensiero che Cristina, lo avrebbe spogliato, fece tornare un po' del nervosismo che si era sopito. La donna sfilò la polo a manica lunga di Andrea e lo spinse sul letto facendolo distendere. Gli accarezzò il torace peloso, e iniziò a baciargli i capezzoli. Giocava con la lingua intorno ad essi. Poi salì verso il collo e iniziò a baciare anche questo, con delica- tezza. Andrea sentiva le labbra morbide della donna sulla sua pelle.

Poi la donna si fermò per un attimo, lo guardò in viso e si avvicinò per baciarlo sulle labbra. Andrea ebbe uno shitto improvviso. Girò il viso e non si fece baciare. Fu un gesto istintivo e, per un attimo, Andrea temette che Cristina lo prendesse come un rifiuto. Temeva di aver infranto l'intimità appena nata tra loro. Quando si girò a guardare Cristina, incrociò lo sguardo interrogativo di lei. – Scusa, ma per ora, preferirei, evitare.

Cristina non si mosse, ma prese un attimo per riflettere. Andrea guardava il viso della donna, e sentiva la sua erezione venire meno. Il dubbio di aver rotto quel giocat- tolo che gli era praticamente piovuto dal cielo, era più di un dubbio. Ma quando Cristina parlò, capì che niente era perso. – Va bene. – Sussurrò con calma la donna – Non c'è problema. Spero solo tu non voglia evitare anche altro. – No. Solo questo.

Se per te va bene. – Per me va bene. Dall'espressione di Cristina, Andrea non riuscì a capire se il suo gesto non le avesse dato fastidio o stesse solo cercando di non darlo a vedere. In entrambi i casi, a lui andava bene, in quel momento aveva solo voglia di continuare a fare ciò che stavano facendo, e quando Cristina gli sfilò scarpe e pantalone, capì che anche lei, voleva solo la stessa cosa.

Adesso era disteso, con solo gli slip scuri indosso. Cristina si piego sul suo basso ventre e iniziò a baciare la protuberanza formata dal suo membro, che ad ogni contatto diventava sempre più duro. – Hai ancora paura di deludermi?- Un po'…- Allora togliamoci il dubbio. Subito. Detto questo, Cristina, gli tolse con un gesto deciso gli slip soffermandosi con lo sguardo sul membri eretto. Lo prese in un mano e cominciò a baciarlo. Il ragazzo, in effetti, non era un super dotato, ma era assolutamente nella norma.

– E tu ti vergognavi di questo?- Non credo di essere molto dotato…- Ma sta zitto. – lo apostrofò la donna sorridendo e riprese a baciarlo e accarez-zarlo. Andrea alzò la testa per osservare come Cristina baciava il suo membro, turgidoe gonfio di piacere, e lo vide sparire del tutto nella bocca della donna. La sensazione della morbide labbra della donna sulla pelle del suo pene, la lingua che giocava con il suo glande, erano una sensazione celestiale.

Si sentiva talmente eccitato da aver paura di non riuscire a trattenersi. Ma ancora una volta Cristina sembrò capire i suoi pensieri. Lo guardò in viso un attimo e gli disse – Stai rilassato e non ti preoccupare, anche se arrivi adesso, non è un problema. Non attese risposta e accolse di nuovo tra le sue labbra il pene di Andrea. Dopo un po' si interruppe e si avvicinò al comodino, estraendo un preservativo dal cassetto.

– Non ce la faccio a proseguire, devo prenderti dentro. Subito. – Anche io non resistevo più. La donna aprì il profilattico e lo infilò sul pene eretto e gonfio del ragazzo. Si mise a gambe aperte sul suo bacino. Afferrò il pene e fece in modo che il glande, avvolto nel lattice lubrificato, strusciasse sulle grandi labbra e poi anche sulle piccole. Poi con un movimento dolce ma deciso, abbassò i fianchi accogliendo Andrea dentro di se.

Andrea, quando Cristina strofinò il suo glande fra le sue gambe, si sentì eccitato come mai prima, quando poi sentì che questa l'accoglieva nella sua intimità più profonda, sentì una scossa percorrergli il corpo. La donna iniziò prima piano, poi via via più veloce. I fianchi salivano e scende- vano facendo bruciare di eccitazione Andrea. Quando l'eccitazione iniziò ad invadere anche il suo di corpo, iniziò a gemere, buttava la testa all'indietro e si passava le mani nei capelli.

Andrea portò le mani sui seni, dai capezzoli turgidi e la pelle tirata. Strinse le piccole mammelle nelle mani, iniziando a gemere di piacere a sua volta. Poi abbassò le mani carezzando i suoi fianchi e strinse le natiche di Cristina. Per poi portare le mani sui fianchi ed accompagnare la danza di questa sul suo corpo. Cristina iniziava a sentire che l'eccitazione stava per giungere al culmine. – Prima sembrava che stessi per esplodere e ora…- Quando metto il preservativo… mi succede…Entrambi parlavano tra i gemiti.

Cristina stava per aggiungere qualcosa, ma poi l'orgasmo arrivò prepotente e i gemiti si trasformarono in urla di piacere. I movimenti divennero più meccanici, ma profondi. Voleva godersi il culmine della propria eccita- zione sino in fondo, e per fare ciò premeva il suo inguine in modo da accogliere Andrea fino in fondo. Dopo qualche colpo però si fermo facendo scivolare Andrea fuori di se. Respirava come chi riprende fiato dopo una corsa. – Sarei dovuto arrivare anche io, vero? Scusami ma te l'ho detto, ogni volta che metto il profilattico ci metto un sacco di tempo in più.

Anche le altre volte…- Ma perché parli tanto. Mica abbiamo finito, è solo che preferisco cambiare posizione. Ti va?Cristina non attese la risposta del ragazzo e si sdraiò al suo fianco, sollevando le ginocchia e allargando le gambe. Andrea si alzò e si mise al di sopra della donna pronto ad entrare di nuovo dentro di lei. Si avvicinò e affondò nella sua intimità, ma una smorfia di fastidio si disegnò sul volto della donna, facendolo ritrarre.

– Aspetta un attimo. Ti aiuto io. Prese con una mano il membro turgido del ragazzo e lo aiutò ad entrare, stavolta senza fastidio. Il ragazzo iniziò con lentezza a muoversi all'interno del corpo della donna. Notò che distesa sulla schiena, il seno di questa sembrava ancora più piccolo, ma nono- stante ciò guardare i capezzoli cosi sporgenti, lo eccitò ulteriormente. Iniziò a baciare i capezzoli mentre accelerava il suo movimento. Cristina iniziò ad accarezzargli la schiena con le unghie.

Quando sentì che la donna riprendeva a gemere, non intensificò la velocità, ma cerco di entrare ancora più in profondità in quel meraviglioso abbraccio di sensuale intimità. Andrea sentiva che stava per giungere al suo limite, ma venne anticipato dalla donna, che riprese ad urlare come prima mentre era lei sopra. Andrea rallentò, nono- stante il suo corpo gli chiedesse di continuare. Oltre al suo corpo anche Cristina gli chiese di continuare. – Non ti fermare, continua.

– Iniziò a dire tra i gemiti – Dopo il primo orgasmo arrivò più rapidamente. Ma tu continua ti prego. A questa richiesta Andrea non poté fare altro che lasciarsi andare e seguire l'onda di eccitazione che sentiva. Bastò poco perché quest'onda straripasse nell'abbraccio dell'intimità di Cristina. 6 Andrea si era rivestito del tutto, mentre Cristina indossava solo la camicetta che poco prima il ragazzo gli aveva sbottonato, le calze che non aveva tolto e le mutan- dine.

Attraverso la camicetta, visto che ora non indossava il reggiseno, era visibile la forma dei capezzoli. Questa era una cosa che ad Andrea piaceva in particolar modo, e non riusciva a smettere di guardare quelle due punte attraverso il cotone della cami- cetta della donna, mentre questa gli porgeva una tazzina di caffè. – Ma vuoi smetterla di fissarmi il seno. – No scusa è che…- Cosa? Me lo stai consumando… – a questo punto Cristina non resistette e iniziò a ridere.

– È che mi hanno sempre fatto impazzire le donne cui si vedono le punte dei capezzoli attraverso i vestiti. – Andrea pronunciò la frase tutta di un fiato. – Questa mi piace come risposta. – Allora ti senti più rilassato. – Certo. – Devo dire che me ne sono accorta. Per fortuna. Te lo dicevo io che non dovevi preoccuparti delle misure. In fondo anche io dovrei preoccuparmi delle misure di qualcosa se ci pensi bene. Cristina si toccò i seni avvicinandoli tra loro.

– Non ti devi preoccupare di niente. – Una cosa posso chiedertela però?- Dimmi. – Perché non mi hai voluta baciare?Andrea aveva temuto questa domanda. Ora gli toccava rispondere, non c'era modo di sottrarsi. – Spero non ti offenderai, ma abbiamo detto che è solo sesso giusto? E baciarci mi darebbe l'impressione che non sia solo quello. Preferisco cosi, per il momento. Cristina sembrò riflettere sulle parole del ragazzo, mentre beveva il suo caffè. – Per me va bene, diciamo che finché fai tutto il resto come hai fatto oggi, posso farne a meno.

Andrea sorrise imbarazzato. – Guarda che sei andato proprio bene. Sei durato parecchio. Credimi in molti hanno problemi da quel punto di vista. Pure io, se sorvoliamo sul primo orgasmo, dopo vengono a raffica. Sentendo quelle parole Andrea non poté non pensare che la donna avesse avuto dei partner in passato capaci di dargli piacere “a raffica”, eppure gli aveva appena detto che era stato all'altezza. Si sentì lusingato. 7Erano passati un paio di giorni da quando Andrea era stato a casa di Cristina.

Non si erano più sentiti da allora, si erano salutati dicendo che quando uno dei due avrebbe avuto voglia, si sarebbe fatto sentire. Lui in realtà avrebbe avuto voglia anche da subito, ma preferiva non farsi sentire troppo, per non dare l'impressione di essere costantemente eccitato. In quei due giorni aveva pensato tanto a ciò che gli stava accadendo, o meglio, si era sforzato di non pensarci troppo. Ogni volta che iniziava a pensare aveva l'impres- sione di complicare le cose.

Si poneva domande su quanto fosse giusta quella situa- zione, su che sviluppi avrebbe potuto avere, ma poi finiva con non volere risposte a queste domande. Andrea era solito, e ne era consapevole, complicare le cose, pensava in continuazione, troppo, ma quella volta, faceva ogni sforzo possibile per non farlo. Si sforzava di semplificare il più possibile la situazione: una donna assolutamente piace – vole era attratta sessualmente da lui. Il resto non contava.

In fondo, il resto cosa era? Tutte le ragazze che non se lo filavano di striscio?Tutte quelle che si sarebbe voluto fare, e invece al massimo poteva solo guardarle?Meglio pensare che, ora, c'era una donna che aspettava solo una sua chiamata per fare sesso. Fu tentato di prendere il cellulare in mano ed inviare un messaggio a Cristina. Poi ci ripensò lasciando perdere. Quella mattina non aveva corsi all'università, aveva pensato di fare una passeggiata per la città, ma si era svegliato troppo presto.

Per ammazzare il tempo, accese il computer e si collegò a Facebook. Come al solito non c'erano messaggi per lui, solo una notifica. Chiara Borselli aveva modificato la sua foto del profilo. Tale fanciulla, era una delle tante che non si accorgevano di lui. Gli aveva inviato diversi messaggi, aveva commentato le sue foto, ma lei era rimasta assolutamente indifferente, a stento gli concedeva un “ciao” se lo incrociava per strada. Cliccò per vedere quale era la nuova foto del profilo di Chiara e ciò che vide gli fece subito avvertire un movimento fra le gambe.

Chiara, dotata di un fisico formoso, quarta abbondante di seno, fianchi contur- banti, sedere da ballerina di samba brasiliana, aveva messo, come foto del profilo, una foto in cui la si vedeva di schiena, inginocchiata in riva al mare, con indosso un costume verde che nella parte inferiore e posteriore, era formato solo da un ridottis- simo triangolino di stoffa. Andrea spense subito il computer. Se avesse continuato a guardare, gli sarebbe venuta voglia di masturbarsi, ed il pensiero di masturbarsi, sapendo che Cristina non aspettava altro che un suo messaggio per fare sesso con lui, gli sembrava ridicolo.

Anche se era ancora abbastanza presto, decise di andare a fare la passeggiata che aveva programmato. Un'oretta dopo aver ammirato le grazie di tale Chiara Borselli sullo schermo del computer, Andrea la vide di schiena, mentre guardava una vetrina. Guardandola di schiena non poté fare a meno di ripensare alla foto ed anche se sapeva che Chiara non lo considerava per niente, decise di avvicinarsi e chiederle se gli andava di prendere un caffè.

Quando fece per avvicinarsi questa si girò, e lo vide avvicinarsi, mentre Andrea alzava una mano per salutarla, Chiara afferrò il braccio dell'amica che era con lei, gli disse qualcosa e senza rispondere al saluto si girò e a passo svelto si allontanò. Andrea rimase imbambolato, con il braccio sollevato in mezzo alla gente. Abbas- sato il braccio, piombò in un turbinare di pensieri, iniziando a pensare a cosa avesse che non andava. Senza trovare ovviamente risposta.

Rimase impalato per quasi dieci minuti li dove si trovava, con i passanti che erano costretti ad evitarlo come un birillo, prima di decidersi a prendere in mano il cellulare ed inviare un messaggio a Cristina. Voleva un modo per sfogare rabbia e delusione, e quello era l'unico che gli veniva in mente. 8Quando Cristina ricevette il messaggio di Andrea, era appena uscita dalla doccia, e mentre si trovava sotto il getto caldo dell'acqua pensava proprio a lui.

Pensava che era la prima volta che faceva sesso con una persona cosi più giovane, e pensava che era stato piacevole, molto. Sul momento, quando lui non aveva voluto baciarla, si era risentita, ma poi quando lui gli aveva spiegato le ragioni, il risen- timento era passato del tutto. In fondo, Andrea aveva ragione, il loro rapporto era solo di sesso, e se il non baciarsi era un modo per il ragazzo, di considerare quel rapporto limitato al solo sesso, a lei andava bene.

La cosa aveva una sua logica. E poi, Andrea gli aveva dimostrato di apprezzarla, senza alcun dubbio. Quando gli aveva confidato le sue ansie e le sue insicurezze, doveva ammetterlo, si era preoccupata. Sapeva che il ragazzo era giovane, ma aveva comunque venti anni e lei sperava che sapesse come fare certe cose, e per fortuna le faceva meglio di quanto lui stesso credesse. Non riusciva proprio a capire perché non avesse più successo con le donne della sua età.

Bah! Meglio per me!Indossò l'accappatoio, si asciugò le mani e prese il cellulare. “Ci possiamo vedere? Ho voglia del tuo corpo. ” Era questo il testo del messaggio. “Sono a casa. Vieni pure, speravo ti facessi sentire. ”“Fra mezz'ora sono da te. ”Cristina andò a vestirsi, scegliendo i vestiti pensando a cosa gli sarebbe piaciuto farsi togliere da Andrea. Alla fine indossò una gonna di jeans al ginocchio, con uno spacco di lato, calze nere autoreggenti ed una magliettina di cotone leggera, senza reggiseno, in modo da mettere in mostra i capezzoli.

Ai piedi indossò un paio di stivali e attese l'arrivo di Andrea. 9Cristina, quando aveva letto il messaggio di Andrea, aveva avuto l'impressione che qualcosa non andasse. Gli era sembrato troppo diretto. Quando aprendo la porta vide il volto del ragazzo, ne ebbe conferma. Doveva essere arrabbiato per qualcosa. Il ragazzo però non gli diede tempo di chiedergli niente. Appena entrato disse solo che non vedeva l'ora di arrivare da lei e la prese subito per i fianchi sollevandola.

La fece sedere sul tavolo della cucina, e le sfilò con fretta la maglietta scopren- dole il seno. Andrea vide i capezzoli già sporgenti per il contatto con il cotone, e iniziò a baciarli e mordicchiarli con foga. – Andrea ma che hai?- Niente. – Rispose continuando a mordere i capezzoli della donna. Mentre sfiorava con la sua faccia, il seno di Cristina, continuava a pensare al seno abbondante di Chiara, a quel seno che mai avrebbe potuto baciare.

Non avrebbe mai scoperto come era la sua pelle, se avesse o meno capezzoli sporgenti. Questi pensieri non facevano altro che far aumentare la sua rabbia. Cristina si rendeva conto di tutto, anche se ne ignorava le ragioni, ma capiva benissimo che la foga del suo amante non era solo desiderio, passione: era rabbia. Andrea sfilò gli stivali a Cristina e con fretta le sbottonò la cerniera della gonna, gliela sfilò e la lanciò alle sue spalle.

Questa volta la donna indossava mutandine nere, ma il ragazzo sembrava non accorgersi di niente, infatti gliele sfilò senza pensarci e abbassò con veemenza la sua testa fra le gambe della donna. Sarebbe bastato un briciolo di calma, ad Andrea, per accorgersi che la donna non era bagnata come la prima volta. Se avesse notato questo particolare, tanto piccolo quanto determinante, forse avrebbe capito che ciò che stava facendo questa volta con Cristina non era sesso, al massimo, stavolta, si sarebbe potuto masturbare con rabbia fra le sue gambe, ammesso che lei gli concedesse di farlo.

– Andrea ma che hai? Si può sapere? – Cristina alzò un filo la voce sperando di riuscire a scuotere il ragazzo, che aveva iniziato a baciarle il pube, ma senza la delica- tezza e il desiderio della volta precedente. Stavolta ogni gesto era furioso, disinteres- sato, meccanico. – Niente. Ho solo voglia. – Disse Andrea, mentre si sbottonava i pantaloni tirando fuori il proprio membro. Oltre al corpo di Cristina, anche il suo gli stava inviando un segnale che ciò che stava facendo non andava bene per niente.

Infatti il suo membro non era ancora eretto, e Andrea iniziò a toccarsi per giungere ad una erezione soddisfacente. Cristina lo guardava sconcertata, non era arrabbiata con lui, capiva che qualcosa aveva ferito il ragazzo e che questi non ce l'aveva con lei, ma non sapeva cosa fare per aiutarlo. Pensò che forse, se l'avesse lasciato fare, si sarebbe sfogato e dopo sarebbe stato più facile aiutarlo. Dopo un po', Andrea la afferrò per le gambe, la spinse in avanti e senza preser- vativo, entrò fra le gambe di Cristina.

Questa volta non si sentì avvolto dal morbido abbraccio di lei, ma ebbe l'impressione di entrare a forza dove non era stato invitato. Non ascoltò questa sensazione. Continuava a vedere il fisico abbondante e formoso di Chiara, invece di quello filiforme della donna. Quando Cristina, sentì che Andrea entrava dentro di lei, avvertì una fitta fasti- diosa. Il suo corpo rifiutava quel trattamento, non vi era la giusta partecipazione che rendeva i due corpi uno.

Sentiva il membro entrare a forza tra le sue gambe e spin- gere, senza essere accolto. Ricevette un'altra fitta, stavolta dolorosa, e decise che era troppo. Si spinse indietro sul tavolo, facendo uscire Andrea dal suo corpo, gli piantò un piede in mezzo al petto e lo allontanò. – Ma per chi diavolo mi hai preso? – Questa volta il tono di voce non ammetteva di essere ignorata. Andrea rimase immobile a fissare la donna, che nuda scendeva dal tavolo.

– Qualsiasi cosa tu abbia, niente ti autorizza a venire qui a masturbarti come un a****le fra le mie cosce. Sono stata chiara?Cristina non attese una risposta e andò verso la propria stanza, lasciando Andrea immobile, con lo sguardo perso e il pene floscio fuori dai pantaloni. Tornò dopo un paio di minuti con indosso una vestaglia rosa e trovò il ragazzo, seduto con i pantaloni abbottonati che fissava il pavimento. Si avvicinò e gli passò una mano tra i capelli.

– Ti sei calmato?- Perdonami Cristina. Mi dispiace davvero. Non so che mi è preso. La donna si sedette sulle gambe del ragazzo e lo abbracciò con tenerezza. Lui rispose dopo un attimo all'abbraccio, appoggiando la testa sul petto di lei. Restarono cosi per qualche minuto. – Stavolta niente caffè. Mi sembri già abbastanza nervoso. – Si. Direi che è meglio evitare. – Entrambi si fecero una risata. Lei fece per alzarsi, ma lui la trattenne. – Possiamo restare ancora un po' cosi?- Ok.

Ti preferisco in versione tenera. Piuttosto che in versione maniaco. – Adesso mi vuoi raccontare che ti è preso? Guarda che prima mi ha fatto male. – Ti prego non dirmelo. Già mi dispiace troppo. Cristina vide gli occhi lucidi del ragazzo e lo abbracciò più forte. – Tranquillo è passato tutto. Non ti preoccupare. Mi sembra che tu non abbia voglia di spiegarmi che ti è preso, giusto?- Esatto. Non mi va. E poi non è importante.

La solita stronza che non mi caga. Ma lasciamo perdere. – Non voglio forzarti. – Ci ho già pensato troppo e avrei fatto meglio a non farlo. Meglio lasciar perdere. Restarono cosi, lei seduta sulle gambe di lui, abbracciati, ancora a lungo. Alter- nando parole a lunghi silenzi. Si staccarono solo quando lei disse che era tardi e doveva prepararsi per andare a lavoro. – Allora io vado. Ci vediamo in questi giorni?- Come minimo, e dovrai farti perdonare.

Sai già come?- Credo proprio di si. Cristina si avvicinò al viso di Andrea, questi pensò che volesse baciarlo sulle labbra e che non avrebbe avuto il coraggio di respingerla, dopo quello che era acca- duto, con lui che si comportava come un a****le e lei che lo consolava e lo capiva. Ma la donna indirizzo le proprie labbra sulla guancia di Andrea. – Questo non è baciarsi giusto?- No, no. Per niente. Andrea ricambiò il gesto baciando la guancia della donna.

Si abbracciarono ancora e solo dopo Andrea andò via. 10Andrea era deciso a lasciar passare qualche giorno prima di ricontattare Cristina. Voleva mettere più giorni possibili tra ciò che era accaduto quella mattina e il loro prossimo incontro. Durante questi giorni, continuò a pensare a Chiara, ma la rabbia e la delusione provata quel giorno, lasciarono il posto, poco alla volta, all'indifferenza. Era inutile, aveva concluso il ragazzo, continuare a pensarci, si sarebbe solo fatto male da solo.

Nel tentativo di non pensare a certe cose, si era ributtato nello studio con buona lena, come non faceva da un po' di tempo. Quando non aveva corsi, riprese a frequen- tare la biblioteca con regolarità, a volte trattenendosi anche fino all'orario di chiusura. Fu proprio durante una delle mattine passate in biblioteca, mentre era alle prese con lo studio della finanzia aziendale che, alzando gli occhi dal libro se la ritrovò di fronte.

Non venne fulminato da ciò che vide, anzi si rese conto di chi aveva seduta di fronte, solo dopo una decina di secondi, iniziando solo allora a notarla. La ragazza aveva i capelli corti ribelli, che non sembravano voler seguire la riga di lato con cui, forse, li aveva pettinati quella mattina. Il viso era regolare, molto simmetrico, gli occhi di un castano profondo, il naso era piccolo e sulla punta aveva una piccola cicatrice, le labbra non troppo gonfie, con il labbro superiore che dise- gnava una piccola v al suo centro.

Aveva impiegato un po' per notarla, ma quando finalmente l'aveva vista, rimase a fissarla fino a quando la ragazza non alzò lo sguardo dai fogli su cui stava scrivendo. Quando la ragazza alzò gli occhi, si ritrovò gli occhi di Andrea che la fissavano con intensità. Ricambiò lo sguardo per un po' prima di sorridere e abbassare lo sguardo. Imitata, nel sorridere e nell'abbassare lo sguardo, da Andrea che solo allora si era reso conto di stare fissandola con un po' troppa insistenza.

I due continuarono a studiare, durante la mattinata, più volte si ritrovarono ad incrociare gli sguardi. In questi casi a volte abbassavano lo sguardo, a volte sorride- vano. Verso le tredici, Andrea raccolse i propri libri per andare via, ma non prima di aver lanciato l'ennesimo sguardo con sorriso alla ragazza, che ricambiò con un sorriso luminoso. Mentre prendeva il proprio zaino dall'armadietto e vi riponeva i libri. Ricevette un messaggio di Cristina, quando lesse il nome di questa, fu sorpreso nello scoprirsi a sperare non gli chiedesse di vedersi.

Dopo l'ultimo incontro, non se la sarebbe sentita di rifiutare, ma quel giorno non aveva voglia di vedere la sua amante segreta, e quarantenne, aggiunse nella sua mente a puntualizzare il dettaglio. “Ehi che fine hai fatto? Tutto bene” Per il momento era salvo. “Scusa se non mi sono fatto sentire, ma ho preferito stare un po' per conto mio in questi giorni. Comunque tutto bene, tu che mi dici?”“Tutto bene. Non startene per conto tuo troppo a lungo però.

” “No no, tranquilla. A presto. ”“A presto. ”Era salvo, non era stato costretto a dover rifiutare di vederla. Quando rialzò la testa dal cellulare, vide la ragazza che era stata seduta di fronte a lui intenta a riporre le sue cose in uno zaino. I loro sguardi si incrociarono e si sorri- sero. – Per stamattina abbiamo dato abbastanza, no? – Fu la ragazza a rivolgergli la parola. – Si infatti. Anche troppo per come ero abituato in questo periodo.

– Purtroppo si deve. – Già!- Io comunque sono Paola. – Andrea. Piacere. I due si strinsero la mano, per un attimo più del dovuto. Prima di ritirare i propri documenti all'entrata e andar via. Percorsero un tratto di strada insieme prima di darsi appuntamento per l'indomani di nuovo in biblioteca. L'indomani, si rividero, sempre in biblioteca, di nuovo seduti l'uno di fronte all'altro. Questa volta non si limitarono a sguardi sfuggenti e sorrisi timidi. Passarono più tempo a parlare che a studiare.

Quando verso le tredici andarono via, entrambi si lamentarono scherzando della cattiva influenza dell'altro. Rifecero di nuovo lo stesso tratto di strada insieme prima di salutarsi. Questa volta Andrea non la lasciò andar via cosi, gli chiese il numero di telefono che la ragazza non esitò a dargli. – Allora ci vediamo domani in biblioteca. – A domani. Una volta arrivato a casa Andrea ricevette un messaggio. Prendendo il cellulare dalla tasca, sperava fosse Paola e il suo desiderio venne esaudito.

“Perché domani non ci vediamo dove ci siamo salutati?” “Va bene. A che ora?”“8:30 per te va bene?”“Certo. A domani allora, e cerca di lasciarmi studiare però!”“Questo dovrei dirlo io a te, per la verità, ma stavolta sorvolo! A domani”Un paio di minuti dopo l'ultimo messaggio di Paola il cellulare suonò di nuovo, Andrea era convinto fosse di nuovo la ragazza, invece, con un pizzico di delusione vide che era Cristina. “Alle sei puoi venire da me? O vuoi startene ancora per conto tuo?”Andrea fece passare dieci minuti abbondanti prima di rispondere.

Avrebbe voluto trovare qualcosa da dire per rifiutare l'incontro, ma non sapeva proprio cosa. Gli sarebbe dispiaciuto troppo dare un rifiuto a Cristina, in fondo si sentiva in debito con la donna. “Va bene. Alla sei sono da te. ”11Con un quarto d'ora di ritardo Andrea si presentò alla porta di Cristina. Senza la rabbia della volta precedente, ma anche senza l'ansia e la voglia di sesso della prima volta. – Da quanto tempo. – Lo accolse Cristina, sottolineando che era passato, a suo dire, troppo tempo dall'ultimo incontro.

– Si. Infatti. – Si può recuperare. Basta che non sei incazzato. – No. Tranquilla tutto a posto. – Lo so. Te lo si legge in faccia. Cristina, che indossava pantaloni di cotone neri e una camicetta rosa appena trasparente, prese per mano il ragazzo e lo condusse in camera da letto. Non lo fece accomodare sul letto, ma lo portò dinanzi ad uno specchio formato persona che si trovava vicino all'armadio. – Ti piacciono gli specchi?Non attese risposta e iniziò a sbottonare la camicia di Andrea.

Baciandogli i capezzoli, scendendo lungo la linea degli addominali per poi fermarsi all'altezza del membro di questi, baciandolo attraverso i jeans. Andrea si tolse le scarpe, mentre Cristina gli sbottonò i jeans e glieli sfilò. Baciò il pene del ragazzo attraverso gli slip, prima di abbassare anche questi. Andrea si guardò nello specchio, era del tutto nudo, con il pene floscio tra le gambe. – Spero che abbia sentito la mia mancanza. – Dicendo questo Cristina si inginoc- chiò dinanzi ad Andrea e prese il pene di questo completamente in bocca.

Quando iniziò a sentire che l'erezione del ragazzo iniziava, continuo a massag- giare con le mani, mentre con la bocca baciava e succhiava i testicoli. Si alzò, si mise alle spalle di Andrea, allungò una mano afferrando il pene di questo, non ancora del tutto eretto e iniziò a masturbarlo. Fu Andrea ad interromperla, girandosi e iniziando a spogliarla. Le tolse con deli- catezza la camicetta rosa, scoprendo il piccolo seno avvolto in un reggiseno del mede- simo colore.

Glielo tolse e le mordicchiò i capezzoli. Cristina si sbottonò i pantaloni togliendoseli. – Scusa ma non resistevo proprio. Anche le mutandine, che Andrea le abbassò erano rosa, trasparenti quel tanto che bastava per lasciar intravedere il triangolo di peli della donna. Questa volta fu Andrea ad inginocchiarsi, baciando prima l'interno coscia della donna e poi il pube, già umido di voglia. La donna porse un preservativo ad Andrea, che lo indossò, mentre lei si piegava e appoggiava le mani allo specchio, offrendosi ad Andrea che si trovava alle sue spalle.

Il ragazzo esitò un attimo e poi avvicinò il glande alla vagina della dona, spinse con delicatezza, lentamente e poi più veloce. La donna iniziò a gemere sommessamente, mentre Andrea iniziò a provare la medesima sensazione che aveva provato quando, diversi giorni prima, aveva letto il messaggio che aveva dato inizio a quella situazione. Aveva l'impressione che qualcosa, un dettaglio che non riusciva a cogliere, rendeva quella situazione, in teoria piacevole, imperfetta. Si sforzò di non pensarci, prese Cristina per i fianchi e continuò a spingersi dentro questa, dove veniva accolto dalla voglia umida della donna, mentre la sua voglia, sembrava scemare.

– Fermati Andrea. Andrea non esitò, tirò subito fuori il proprio membro non del tutto eretto da Cristina, guardandola con dispiacere. – Ma che hai? Non sei troppo giovane per certe defaillance?Il ragazzo non sapeva cosa rispondere. Fu Cristina a rompere l'imbarazzo spin- gendolo sul letto. – Vedrai che è solo un momento. Ci penso io. – Disse sfilandogli il preservativo e iniziando a leccare e succhiare con foga. Ma dopo dieci minuti, l'erezione di Andrea sembrava non voler resistere più di tanto, non appena la donna si interrompeva il membro di Andrea ritornava floscio.

Lo sguardo della donna si riempì di delusione. – Il problema non è l'età. Il problema è che non mi vuoi. – No Cristina, ti giuro, ho anche io voglia – iniziò a dire il ragazzo. – Non lo so che mi succede. Dai continuiamo. – Andrea. È inutile. Non mi vuoi, non mi desideri. Il tuo corpo lo capisce, lo sa, e si comporta di conseguenza, anche se tu non vuoi ammetterlo, o forse non te ne rendi conto.

– No Cristina, davvero, non è cosi…- Lascia stare Andrea. – disse la donna infilandosi le mutandine e prendendo una leggera vestaglia dall'armadio – Fidati di chi ha più anni di te. È come dico io. Questa volta il ragazzo non rispose. La donna uscì dalla camera. Dopo qualche minuto, il ragazzo rivestito la raggiunse in cucina. – Cristina non so che dire, davvero. Mi dispiace tanto. – Tranquillo Andrea è tutto a posto. – La donna mentre parlava guardava Andrea solo per un attimo prima di portare il proprio sguardo altrove.

– Poteva capitare, l'ho sempre saputo. La differenza di età non è uno scherzo. Ma spero che per te sia stato piacevole quanto lo è stato per me. – Certo che lo è stato. Davvero tanto credimi, se puoi. – Ti credo. Andrea non ebbe il coraggio di guardare Cristina negli occhi. 12Quando Andrea uscì dal portone del condominio dove abitava Cristina, tirò un sospiro di sollievo. Non riusciva ancora a capire perché, ma non si sentiva dispiaciuto per la fine di quella… non sapeva neanche come chiamarla.

Storia? No, assolutamente no. Situazione? Poteva andare. Decise di fare una bella passeggiata prima di tornare a casa, per schiarirsi le idee. Non era riuscito a fare sesso, lui che poteva contare sulle dita delle mani le sue espe- rienze, non ne aveva avuto voglia. Non riusciva proprio a spiegarsi cosa fosse successo. Entrò in una libreria e mentre guardava i titoli sugli scaffali del settore fanta- scienza. Sentì pronunciare il suo nome, ed in quell'istante, capì ciò che il suo corpoaveva capito ancor prima della sua mente.

– Andrea. Anche tu qui? – Era Paola ad averlo chiamato. Quando Andrea si girò, la vide sorridere e sorriso a sua volta. Wild sexAvevamo bevuto due bottiglie di vino rosso e dato che io sono quasi astemia e normalmente non bevo se non per fare compagnia a lui, ero deliziosamente brilla. Lui ha iniziato a baciarmi piano, poi mi ha accarezzata dolcemente, ordinandomi di togliere la camicia. Mi ha spinta lontano, mi ha detto di mettermi al centro della stanza, e di farlo lentamente.

Ha preso la mia sciarpa di seta e mi ha bendata. Intanto lo sentivo aprire la sacca della palestra… prendeva qualcosa, sicuramente…So come vuole che mi spogli. Io sono sua, e puo' decidere ogni cosa. Cosi' mi ordina di fare scivolare a terra la camicia, poi la gonna…E rimango davanti a lui con le calze velate, il perizoma che so che vuole io abbia sempre nel solco della figa…I reggicalze e un reggiseno di pizzo leggero e trasparente che come tutti quelli che vuole che indossi mi lasciano scoperti i capezzoli, in modo tale che si possano vedere sempre, qualsiasi cosa indossi sopra.

Ero gia' bagnata…Si e' avvicinato e mi ha passato una mano sui seni…Mi stuzzicava i capezzoli con le dita…Ma soprattutto con i denti…E con l’altra mano scendeva sul culo…Scostando i perizoma e accarezzandomi il buchino…Ma senza entrare…Dolcemente…. Poi arrivo' alla figa e ci infilo' due dita cosi' violentemente che rimasi senza respiro e per non cadere dovetti cercare le sue spalle con le mani…Mi ha rimesso il perizoma…Tutto nel solco e mi ha spinta addosso al muro…Chiamandomi troia mi sollevo' tenendomi per i capelli e per il perizoma fino a fare arrivare i miei polsi alla sbarra che usa per allenarsi e mi ci lego'…Ma appena ebbe finito di legarmi alla sbarra torno' a tirare il pizzo nella fica…Mi sentivo tagliare in due…Il dolore era tremendo ma non ebbi il tempo di riprendermi che me li stava sfilando mentre mi mordeva cosi' forte i capezzoli che credevo sarei svenuta.

Mi tappo' la bocca con il perizoma che mi aveva appena tolto di dosso assicurandomelo quasi in gola con una calza di nylon che mi lego' dietro la nuca…Proprio come un bavaglio…Mi diceva che ero una puttana, che mi avevano visto con un altro…Ma non era vero…Adesso mi avrebbe punito, lo sapevo…Non avevo mai sentito quel tono nella sua voce ed ebbi paura, cercai di gridare, ma nonostante tutti i miei sforzi non si sentiva quasi nulla…E se anche non fossi stata imbavagliata non mi avrebbe sentito nessuno…Mi prese a schiaffi , poi mi strappo' via quel poco che avevo addosso e compresi che quello che aveva preso dalla borsa era lo scudiscio che usa per frustare la sua cavalla…Sapevo che prima o poi lo avrebbe usato anche su di me…Lo sapevo per come mi guardava mentre nelle corse frustava la sua cavalla…”Hai fatto la troia” mi colpi' sul viso, sui seni, assestando colpi sempre più forti…Sui capezzoli…E sentivo le lacrime che scendevano…Ma ero ancora bendata e lui non poteva vederle…Sussultai di piacere quando mi accarezzo' con la mano…Continuò con lo scudiscio…Sentivo la punta scorrere tra i seni e tra le natiche…Poi ricomincio' a frustarmi il culo e mi ordino' di aprire le gambe…Davvero non avrei resistito ad una scudisciata su quelle carni cosi' tenere…Sentii che usciva dalla stanza, per ritornare poco dopo…Con una bottiglia che mi passo' sui seni, insistendo sui capezzoli…Che a contatto con quel freddo diventarono ancora piu' sensibili e mi bagnai ancora…Scese con la bocca e mi lecco'…Gemetti di piacere e sentii il rumore della bottiglia che veniva aperta…Inondo' le mie ferite con l’aceto…Il contenuto di quella bottiglia…Gridai urla mute e mi ripete' di aprire le gambe…Lo feci , e non ebbe pieta'.

Mi scudiscio' un numero infinito di volte e io impazzivo…Sulle labbra e sul clito…Sul solco del culo…Impazzivo di dolore e di piacere…. Mi tolse dalla sbarra e mi butto' sul tavolo. “Hai fatto la troia?”Mugolai un no…Mi mise un dito nel culo…Poi un altro…Poi un altro…E li allontano' l’uno dall’altro…Mentre erano dentro…Li uni' di nuovo e li spinse ancora piu' a fondo…Li ruotava e li spingeva dentro…Venni. Mi slego' le braccia e le lego' alle gambe del tavolo…La schiena, le natiche e i due buchi completamente esposti…Mi frusto' senza pieta', piansi di vero dolore…Quando ripresi conoscenza sentivo le sue mani che mi stavano ungendo i buchi con un olio…Me lo butto' in figa con colpi profondi e decisi, violenti e dolorosi…Il buco stretto era gia' unto, il suo uccello lo era dei miei umori…Mi spacco' il culo come aveva promesso.

Entro' con una forza spaventosa…Stette un po’ per farmi provare piacere…Poi lo tiro' fuori…Completamente…E lo rimise dentro con violenza…Per tre volte…Mi sentivo aprire sempre di piu'…Pompo' forte e tanto come mai aveva fatto…Sentii il dolore arrivare fino allo stomaco e a stento soffocai dei conati…Mi sborro' in culo un immenso fiume bollente. Ero esausta, ma lui no. Mi tolse dal tavolo, mi tolse le bende ed il bavaglio…Come era prevedibile. Mi lego' le mani dietro la schiena e mi fece inginocchiare davanti a lui…”Guardami il cazzo”…Lo guardai…Era enorme e livido…Mi mise le mollette in ogni punto…Sui capezzoli, sulla labbra della fica…Sul clito…Sull’ano…”Adesso lecca”.

Iniziai a spompinarlo, ormai non capivo piu' niente e non lavoravo bene…Mi prese a schiaffi, mi fece volare sul pavimento…Con lo zippo scaldo' le mollette metalliche che avevo sulla pelle…Urlai e a lui piaceva…Adesso voleva sentirmi urlare e sapeva come fare…Mi passo' una mano sul viso e la fece scivolare sui seni…Strattonando le mollette strappo' via quelle dal clito e dalle labbra…E strinse ancora di piu' quelle sui capezzoli…”Te la sei cercata”. E mi ficco' in fica tutta la mano…”No.. no… no… non ho fatto niente” gridai mentre mi metteva due dita nell’utero…Spinse forte…”Sto per spaccarti”…Tolse le dita dall’utero, molto poco gentilmente…E chiuse mano a pugno…La ruoto' dentro..La mosse avanti ed indietro…Lo fece per non so quante volte…Adorava sentirmi urlare e per questo mi spacco' e continuo' a spaccarmi a lungo…Dandomi delle pause per vedere il mio dolore accresciuto dalla ripresa…”Perdonami, perdonami, non e' come credi”..”No? Me lo spiegherai un’altra volta… adesso succhiamelo e fallo bene”Mi misi in ginocchio davanti a lui…Che intanto si era seduto sulla poltrona…Socchiusi le labbra guardandolo negli occhi…”Non ti ho detto che mi puoi guardare in faccia puttana”Abbassai lo sguardo, aprii la bocca e iniziai a leccare la cappella…Intanto lavoravo l’asta con le mani…Gli presi in bocca le palle, prima la destra…La succhiai…Poi leccai tutta la base…E presi in bocca l’altra…Ricominciai a leccare l’asta e la leccai fino alla punta…Giocavo con la lingua sulla sua cappella…Poi lo presi in bocca…Fino in gola…Lo succhiavo come un frutto…E me lo facevo scivolare in gola quanto più potevo…Ancora…ancora…ancora….

Mi prese la testa con le mani e la spinse ancora più in fondo…mi venne in gola…Cosi' abbondantemente che rischiai di soffocare……. Ingoiai tutto…Ma un po’ di sperma mi colo' ai lati della bocca…Sapevo che si sarebbe arrabbiato……..Cercai di recuperarlo subito con la lingua…Ma lui se ne accorse…per fortuna………..Faccio prostituire mia moglieA volte delle serate nate storte si trasformano in delle serate indimenticabili. La scorsa estate, inventata una visita ad un’inesistente parente, riuscimmo a liberarci degli amici del gruppo ed uscimmo alla ricerca di qualche bel cazzo per farmi fottere Gioia.

Poi mi ricordai di un amico negro che avevamo già incontrato più volte e proposi alla mia cara mogliettina di andare a trovarlo casa. Come sapevo, la troia accettò di buon grado memore delle lunghe scopate e delle inculate in cui era maestro il nostro caro amico. Arrivati al suo indirizzo, una casa a due piani tutta abitata da negri e ci accingemmo a salire al secondo piano, dove lui abitava. Faceva molto caldo ed una porta la primo piano era aperta, quando passammo un negro ci vide salire, arrivati al secondo piano Gioia rimase sulle scale a qualche gradino di distanza.

Bussai, nessuno rispose, ribussai e mentre aspettavo che aprisse vidi che il negro del primo piano, incuriosito, sbirciava sotto la gonna della mia adorabile mogliettina toccandosi il grosso rigonfio. Finalmente Dac aprì, era nudo, solo un’asciugamani gli cingeva i fianchi, ci disse dopo che stava dormendo, fu felicissimo di vederci ma ci gelò dicendoci che in casa c’era la moglie, quindi non potevamo entrare in casa. “Perché non andiamo, almeno, un poco sul terrazzo, Gioia ha molta voglia”.

“Aspetta vedo se mia moglie dorme” e socchiuse la porta. Dopo qualche secondo tornò, “tutto a posto, dorme, è stanca del viaggio, è arrivata stamattina dalla Nigeria, è un viaggio lunghissimo con due soste in due aeroporti, penso che non si svegli”. L’inquilino del piano di sotto era sparito ma ero sicuro che avesse sentito tutto. Appena sul terrazzo Dac strinse a se Gioia cominciandola a baciare sul collo, la troia, invece, non perse tempo ed infilò la mano sotto l’asciugamani impugnando il cazzo già duro dell’amico.

“Troia hai voglia vero? Ti manca il mio cazzo?”. “Si, è troppo bello, grosso duro e lo usi da dio”. “Te ne darò quanto ne vuoi, ma stasera la prima cosa che voglio farti è incularti, mi piace da morire e tu impazzisci quando te lo sfondo, non è vero?”. “E’ verissimo, ma impazzisco perché mi inculi per un’ora senza mai godere facendomi venire almeno tre volte”. Che puttana di donna avevo sposata, ma vederla così sfacciata e desiderosa di una mazza nel culo mi eccitava da morire.

Dac la portò verso il muretto del terrazzo, la piegò in avanti, le sollevò la gonna, si lasciò scivolare a terra l’asciugamani e glielo schiantò nel culo. Gioia emise un urlo strozzato. “Non gridare sotto c’è un ristorante pieno di gente se qualcuno alza la testa ti vede e vede anche il mandingo che ti sta ingroppando”, le dissi a bassa voce. “Non credo che la tua signora pensi a quelli che la possono vedere, lei si sta solo gustando a fondo la mia mazza nel culo, è vero, puttana?”.

“Si non me ne frega un cazzo, dai continua a sfondarmelo, è meraviglioso, io già godo per la prima volta”. Ormai era partita niente l’avrebbe fermata. Dac spingeva sempre di più e, come aveva detto Gioia, non godeva, prolungando la goduria della mia zoccolona che venne ancora una volta. Dopo oltre venti minuti di pompaggio, glielo sfilò dal culo, “adesso dobbiamo pensare anche alla fica dandole la giusta razione di supercazzo, che ne dici troia?”.

“Hai ragione, adesso voglio sentirmi la fica piena del tuo pescione”. Dac stese l’asciugamani a terra ed invitò mia moglie a stenderci sopra. “Lo sai che quando me lo metti nella fica all’inizio voglio essere io a cavalcarti poi quando stai per godere mi piace essere messa sotto e sfondata, dai stenditi tu”, disse la mia baldracca. L’amico eseguì e Gioia impugnò la svettante mazza infilandosela nella fica. Che spettacolo, la troia cavalcava come una indemoniata la dura varra del mandingo.

“Ti piace tesoro?”, le chiesi. “Certo che mi piace, è bellissimo, lo ha duro e grosso come piace a me, mi arriva allo stomaco, lo voglio tenere nella fessa per ore tanto lui è bravissimo, resiste”. Io invece pensai che non avrei resistito a lungo alla vista della mia adorabile moglie, la madre di mio figlio, che stava comportandosi come una puttana da marciapiede, mi abbassai i pantaloni e le mutande alle caviglie, avevo il cazzo durissimo e glielo schiaffai in bocca, “spompinami….

puttana, e poi devi bere tutta la sborra che ti scaricherò in gola, come fanno le zoccole come te, ammettilo che sei una ninfomane, che appena vedi un cazzo non capisci più nulla, tu mi farai morire d’infarto”. Si sfilò la mia mazza dalla bocca e disse “ed io morirò di goduria, Dac nella fica ed il tuo cazzone in bocca, mi sembra di impazzire” e ringoiò il mio arnese. Le bloccai la testa e cominciai a chiavarla letteralmente in bocca.

Ad un certo punto percepii la presenza di qualcuno, mi guardai in giro e vidi il negro del primo piano sull’uscio della porta del terrazzo con il cazzo fuori dalle mutande che si masturbava. “Tesoro c’è un negro che ci sta guardando e si sta masturbando, anche lui ha una grossa mazza, penso che preferisca mettertelo in culo anziché spararsi una sega, gli dico di venire?”. La troiona con un semplice movimento degli occhi mi fece capire di essere d’accordo.

Feci un cenno all’amico di avvicinarsi e con un movimento eloquente della mano gli feci capire di incularsi mia moglie, ma prima lo invitai a farsi vedere dalla troia. Strabuzzò gli occhi a vedere la grossa mazza che l’amico si accarezzava, si tolse di bocca il mio cazzo e mi disse “fammelo leccare un po’, voglio farlo durissimo”. Lo sbocchinò a lungo facendogli drizzare una mazza di dimensioni esagerate, quando lo ritenne indurito abbastanza per sfondarle il culo, “tesoro, adesso rimettimi in bocca il tuo, pensa quando questo mi incula sarò piena in tutti i buchi, sarà la fine del mondo, grazie amore mio, lo so, mi sto comportando come una puttana ma credo che a te piaccia così, io sto godendo come una maiala” e ricominciò a succhiarmi.

L’amico si denudò completamente, divaricò le gambe di Dac si avvicinò al corpo di Gioia e le poggiò la cappella sul buco nero e con un colpo deciso le infilò in culo la sua durissima varra. Continuando ad incularla aderì perfettamente al corpo di Gioia, sembrava la monta di una cagna in calore, e la cagna in calore era mia moglie. Vederla mugolare riempita di cazzi mi arrapava da morire, la vedevo riempita in ogni buco, completamente in balia di tre maschie mi rendevo conto di quanto fosse troia, ma era quello che avevo sempre desiderato, ma capivo anche che la cosa le piaceva a quel punto mi domandai se fossi stato io a trasformarla in una puttana come piace a me oppure se quella fosse la sua indole.

Non ebbi dubbi era la sua natura, il suo istinto, era sempre pronta a farsi sfondare da ogni cazzo che incontrava, ma che bello, era proprio quello che desideravo, una moglie impeccabile nella vita di tutti i giorni ma che si trasformava in una vera zoccolona al cospetto del cazzo, e ancora meglio, di più cazzi. Ero sul punto di sborrare, per trattenermi estrassi il cazzo dalla bocca di mia moglie, e rimasi ad osservare lo spettacolo che era eccitantissimo, volevo protrarre la mia libidine più a lungo possibile.

E lo spettacolo si protraeva, i due mandingo sfondavano mia moglie con colpi sempre più violenti ma erano bravissimi a non godere, mentre la troia pur avendo già goduto due volte, non smetteva di incitarli. “Forza sfondatemi tutta, che meravigliosi cazzi che avete, grossi, duri e li usate divinamente”. Queste parole sextenarono ancor di più i negroni, “che zoccola che sei, a te tre cazzi non bastano ce ne vorrebbero altri ancora, dillo che ne vorresti altri” le disse Dac.

“No per adesso mi bastate voi, siete bravissimi”. Notai che aveva detto: PER ADESSO, quindi non escludeva che una prossima volta avrebbe gradito un maggior numero di cazzi, che stronza……..!!. Mi ripromisi di procurargliene quanti ne voleva, ho sempre sognato di vederla al centro di una gang-band in particolare con uomini di colore, grossi cazzi, allupatissimi ben sapendo che per una sorta di rivalsa verso i bianchi desiderano sempre sfondare il culo alle donne bianche, che poi era la cosa che più piaceva a mia moglie.

Erano oltre venti minuti che mi stavano fottendo Gioia, non resistetti più, glielo rimisi in bocca ed invitai gli amici a godere. Al un mio via ci scaricammo i coglioni nel corpo della mia vogliosa zoccola che venne ancora. Stremati ci sdraiammo sul pavimento del terrazzo dove restammo muti per diversi minuti. Dac ruppe il silenzio “io debbo andare, se mia moglie si sveglia e mi trova qua, mi ammazza”. “E non avrebbe tutti i torti” commentò Gioia.

“Comunque sappi che lei rimane qui per un mese, ma non preoccuparti ho visto che ti è piaciuto anche la mazza del mio amico, quando, in questo frattempo, avrai voglia di cazzo puoi andare da lui ma sia chiaro, quando mia moglie andrà via dovrai venire da me, ma siccome sono buono inviterò anche lui, che ne dici, troia?”“Per me va benissimo”. Cosa poteva rispondere la mia adorabile mogliettina, troia puttana nell’animo. L'idraulico rumeno”Stavo per andarmene in cucina per preparare il pranzo quando vedo un’ altro operaio avvicinarsi all’albero, questo è molto diverso dagli altri, oltre ad…” Avevo comprato un appartamento fuori dal paese proprio per evitare il rumore e il traffico delle città, ma ingrandendosi il paese sempre più, un giorno le ruspe hanno cominciato a lavorare anche nel terreno adiacente la costruzione in cui abito.

A causa di una forma influenzale avevo preso dei giorni di malattia e in ufficio non sarei andato, rimanendo così a casa. Non potendo uscire fuori, passavo il tempo girando stanza per stanza o guardando dalla finestra il lavoro degli operai nel cantiere che avevano aperto. Su quel terreno dove avevano fatto lo sbancamento per la nuova costruzione era rimasto un solo albero tra quelli che c’erano prima e a quell’albero andavano gli operai per scaricare la loro vescica, forse perché ancora non era stato messo un bagno chimico dentro al cantiere.

L’albero consentiva di non essere visti dalla strada ma io che abitavo al secondo piano potevo vedere benissimo gli operai fare i propri bisogni. Così mentre guardo fuori vedo un’operaio avvicinarsi all’albero calarsi la zip dei pantaloni uscire l’uccello e cominciare ad orinare, da dietro le tende vedendo questo sto per allentarmi, ma in quel momento mi intrigava molto vedere l’uccello dell’operaio per farne un confronto con il mio, perciò rimasi a guardare. Il suo uccello era più piccolo del mio pensai divertito, continuai a restare nella stanza dando ogni tanto una sbirciata fuori per vedere se altri operai si avvicinavamo all’albero.

Penso di aver visto cinque o sei operai andare ad orinare e di aver visto anche i loro uccelli e soltanto due erano più grandi del mio. Stavo per andarmene in cucina per preparare il pranzo quando vedoun’ altro operaio avvicinarsi all’albero, questo è molto diverso dagli altri, oltre ad essere più giovane ha anche un bel fisico, anche lui cala la zip e tira fuori il suo uccello a vederlo spalanco di più gli occhi dicendo fra me e me “ accipicchia che cazzo “ e resto a guardarlo fino a quando non finisce.

Tornando in cucina per prepararmi il pranzo, mi accorgo che il pavimento è pieno d’acqua, sicuramente si era rotto un tubo del lavandino, allora cerco di tamponare la perdita con degli stracci e telefono ad un idraulico, ma quel giorno era sabato e come capita sempre quando hai di bisogno non risponde nessuno. Non sapendo cosa fare e come riparare il guasto mi viene in mente che nel cantiere forse ci sarebbe stato qualcuno che magari sapeva almeno come fermare l’acqua.

Quindi mi vesto e scendo in strada per chiedere aiuto a qualcuno del cantiere, mi rivolgo a quello che presumo fosse il capocantiere e gli spiego l’accaduto. Lui mi rassicura che tra i suoi operai c’è ne uno che sa fare l’idraulico e che magari con qualche attrezzo avrebbe tamponato la situazione. Così chiama quest’operaio, e con mia grande sorpresa è lo stesso operaio a cui io avevo visto uccello che mi aveva fatto dire “ accidenti che cazzo”.

Io torno a spiegargli la situazione e preso i necessari attrezzi mi avvio insieme a lui al mio appartamento. Dal suo accento capisco che non è italiano, e mentre saliamo mi dice di chiamarsi Miki, di essere di Bucarest e di essere venuto in Italia perché nel suo paese non c’era lavoro. Quando entriamo in cucina, capisce subito quale è il guasto e riesce a fermare la perdita dell’acqua. Poi in un italiano stentato mi dice che si era rotto il tubo che portava l’acqua al rubinetto che doveva essere sostituito.

Non potendo uscire per andare a comprarlo chiesi se poteva farlo lui per me. Mi rispose che lo avrebbe fatto volentieri e che sarebbe venuto nel primo pomeriggio visto che non doveva lavorare al cantiere, io lo ringraziai e lo accompagnai al portone. Alle tre sento suonare al citofono e capisco dalla voce che era Miki, aveva con sé una cassetta con gli attrezzi e il tubo che doveva sostituire. Andiamo in cucina e si mette subito al lavoro, dopo circa una mezz’oretta che lavorava sotto il lavello mi dice che ha finito e sistemato tutto, apre il rubinetto facendomi vedere che non c’era più nessuna perdita.

Io comincio a ringraziarlo per il suo lavoro e chiedo quanti soldi gli devodare per poterlo pagare. Ma invece di sentirmi chiedere dei soldi mi guarda fisso in faccia e nel solito italiano stentato mi dice :“ Non voglio tuoi soldi, voglio il tuo culo”Io rimango sorpreso da questa richiesta e sto per buttarlo fuori, ma lui aveva già allungato una mano e stretto con forza la mia natica, non so a questo punto se è stata la paura o perché avevo ancora il mente le dimensioni del suo pene, risposi :“ Va bene farò come vuoi tu “Lui lascio le mie natiche e cominciò a slacciarsi i pantaloni, abbassando gli slip vidi il suo uccello pendolargli fra le gambe, adesso lo potevo vedere da molto vicino e sembrava ancora più grande.

Poi mi fa mettere in ginocchio e comincia a strofinarmelo in faccia“ Mettilo in tua bocca voglio vedere come sei bravo “Lo prendo fra le mani e lo porto in bocca lui mi tiene la testa e lo spinge fino in gola facendomi quasi soffocare, gli piace fare così e il suo cazzo diventa sempre più grosso e duro “ Bravo tu avere bocca molto buona”Dopo un po’ di questo lavoro mi toglie il cazzo dalla bocca e mi dice:“Adesso ti metto mio cazzo in tuo culo alzati “Mi fa alzare e appoggiare al mobile del lavandino facendomi mettere a novanta gradi, con le sue ruvide mani mi allarga le natiche e senza che io me ne renda conto, in un solo colpo mi ficca il suo cazzo nel culo, il dolore mi fa abbandonare la posizione a novanta gradi e mi fa mettere dritto.

Ma le sue braccia mi fanno tornare nella posizione iniziale“ Fermo così ora a te piacerà “Il dolore era stato tremendo nel mio culo non erano mai entrati cose di quelle dimensioni, soltanto durante il liceo con un mio compagno di classe dopo aver visto una cassetta porno abbiamo voluto provare anche noi quello che avevamo visto, ma era stata una cosa molto leggera data la nostra inesperienza e le dimensioni dei nostri uccelli.

Ma adesso nel mio culo sembrava che fosse entrata una mazza da baseball e il dolore mi faceva quasi piangere. Miki imperterrito continuava a dare colpi col suo cazzo dentro il mio culo straziato da quella violenta penetrazione che a poco a poco si era adattato al suo cazzo e il dolore aveva dato il posto al piacere. Adesso sentire il suo cazzo entrare e uscire nel mio culo, e i suoi coglioni sbattermi contro mi faceva andare in estasi.

“Il tuo culo è molto bello e se tuo buco stretto io lo allargo per bene “Diceva dando colpi sempre più forti, ed io sentivo veramente il mio buco allargarsi sempre di più. Poi lo sento fermarsi ed uscire il suo cazzo dal culo e mi ordina di sdraiarmi sul tavolo perché vuole vedermi in faccia quando mi fotte. Mi fa sdraiare sul tavolo allargandomi le gambe e mettendosele sulle spalle e avvicina il mio culo al bordo del tavolo anche stavolta con un colpo violento mi penetra.

Continua a pompare come un forsennato, affondando il suo cazzo fino ai coglioni nel mio buco che ormai si era allargato quanto il suo cazzo guardandomi in faccia mi dice:“ Vedi come ti faccio godere … ti piace mio cazzo nel tuo culo… “Io ero sempre più eccitato ma adesso potevo muovere le braccia perciò allungo una mano per menarmi l’uccello che voleva scaricarsi e che spruzza sul mio petto e nella mia mano una massiccia quantità di sperma che io spalmo sul petto e in parte porto alla mia bocca.

“ Adesso godi non è vero ? .. ti piace lo spruzzo dell’uccello… adesso farò assaggiare anche mio “Sentivo il suo cazzo dentro il mio culo dare colpi sempre più forti e capivo che stava per sborrarmi, ma lui invece di farlo mi fa scendere velocemente dal tavolo e aprire la bocca giusto in tempo per schizzarmi in faccia e in gola la sua crema bianca e densa che ingoio avidamente. Fatto questo soddisfatto per quello che mi aveva fatto e per come l’ho fatto godere mi fa leccare l’uccello per lasciarglielo bello pulito.

Fatto questo si alza i pantaloni prende la cassetta di lavoro dicendo“ Signore il lavoro io fatto grazie per avermi pagato, io sapere fare anche falegname, elettricista, muratore se avere ancora bisogno di me questonumero mio cellulare”Mi da un piccolo pezzo di carta con su scritto un numero e si avvia verso ilportone, io non riuscivo a dire una parola quello che mi era successo era stato allo stesso tempo doloroso e piacevole perciò l’accompagno al portone gli stringo la mano e lo saluto.

Ma quando chiudo il portone sono tentato di chiamarlo nuovamente perché mi ero ricordato che la porta che dava sul balcone non apriva bene, ma pensai che l’avrei chiamato domani e visto che lui preferiva il mio culo come forma di pagamento oltre alla porta ci sarebbero stati un sacco di lavoretti da fare in casa mia e che, anche se mi avessero sfondato, il culo avrei risparmiato un sacco di soldi.

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