Naty3

Natasha si risvegliò intontita. Era stato un sogno o realtà? Le torture di Michelle, l'insopportabile
dolore della cera, della frusta, della smania di godere con la grezza corda tra le cosce… le mani
forti che aprono le caviglie e spengono la speranza che bruciava come i capezzoli immersi nella cera.
La ragazza si alzò seduta sul letto e si guardò: aveva ancora bracciali, cavigliere e collare d'acciaio,
le calze erano ridotte a brandelli dalle frustate, nessuna traccia degli slip, del reggiseno, della
collana di perle che l'aveva esplorata in profondità, niente tacchi, manette, mascherina, né la pallina
che aveva morso nei momenti più duri.

Era stato tutto reale. Aveva dormito solo qualche ora, tutti
i dolori sulla pelle erano lì per ricordarle chi era e che cosa era. Una tristezza la colse
in profondità. Il padrone non l'aveva voluta possedere. Aveva lasciato fare alla mogliettina.
Natasha la invidiò ancora una volta. Cominciò a fantasticare su di loro. In quel momento erano
a letto. Michelle chiedeva al marito se aveva fatto un bel lavoro con la troietta russa.

Se si era masturbato guardandole negli schermi. Lui rispondeva di sì, ma che voleva sentire della
pelle calda e scivolosa intorno al suo uccello duro. Michelle gli rispondeva che anche lei voleva
sentirlo dentro di sé. Michelle era in ginocchio a gambe aperte, il busto eretto e le grosse tette
sporgenti. Fece uscire un filo di saliva dalle labbra carnose, lo lasciò cadere tra i seni e continuò
a produrne fino a bagnarsi la passera.

Con due dita raccolse la saliva e iniziò a masturbarsi davanti
e dietro. Si dilatò il buchetto posteriore guardando negli occhi il marito. Poi si girò e si sedette
sopra di lui. Si infilò il grosso pene lentamente, gemendo per il dolore. Tenendo allargate le natiche
con le mani, iniziò a muoversi in alto e in basso. Ogni movimento era più ampio del precedente.
Il respiro seguiva il movimento del bacino, Michelle inspirava mentre saliva ed espirava l'aria mista
ad un gemito mentre scendeva.

Il marito stava sdraiato con le mani sotto la testa.
Ammirava il culetto aperto dalle mani che inghiottiva il suo uccello di marmo, i fianchi molto sottili
e l'esile schiena che lasciava intravedere l'ombra delle costole ed alcuni muscoletti tesi.
La testa era rivolta all'indietro ed i lunghi capelli neri cadevano sospesi sopra di lui.
Questi pensieri devastavano la mente di Natasha. Per distrarsi andò in bagno per ripulirsi.
Si tolse tutto tranne gli arnesi d'acciaio che le aveva messo il padrone.

Non potevano essere tolti
per via dei lucchetti, ma lei non lo avrebbe fatto comunque. Si fece una doccia fredda per lenire
i bruciori sulla pelle, si asciugò con cura e si mise un olio profumato su tutto il corpo.
Il pensiero di Michelle impalata sul suo padrone non la mollava un attimo, l'ansimare della francesina
le rimbombava nel cervello. D'un tratto corse verso la porta, era aperta!
Uscì nel corridoio e corse verso le stanze del padrone, spalancò la porta ed entrò.

Si trovò in mezzo alla stanza nuda, ricoperta di uno strato abbondante di olio, impietrita da quello
che vide. La scena era esattamente quella che le torturava il cervello: Michelle stava montando
il padrone con il suo culetto rotondo che si muoveva lentamente. Senza la sua interruzione avrebbe
continuato fino a riempirsi il ventre di sperma caldo. L'avrebbe poi fatto colare sopra al marito per
leccarlo e ingoiarlo. Un marito non resiste ad una moglie che ingoia…
Natasha si riprese prima che i due riuscissero a dire una parola, si gettò a terra implorando:
“Ti prego padrone! Non posso pensarvi uniti carnalmente a godere l'uno dell'altra mentre sono sola nella
mia stanza.

Non godo da settimane, non riesco a masturbarmi da sola, ho bisogno di te.
Fammi torturare ancora da Michelle, oppure dominami tu. Voglio godere per mano vostra!”.
I due si fermarono e guardarono increduli la schiava. Michelle si alzò e si mise di fianco alla schiava.
“Cosa ne facciamo di questa sfrontatella?” Il padrone avrebbe volentieri terminato l'amplesso nel culo
di Natasha, ma doveva punirla per l'irruzione nella sua camera. “Mettiti nella posizione della punizione!”.

Natasha si mosse come una gatta verso la parete, si mise in ginocchio a gambe larghe, inarcò la schiena,
unì i polsi ed i gomiti e gettò indietro la testa. Perfetta. Era semplicemente perfetta.
Il corpo lucido di olio sprizzava sesso da tutti i pori. Il padrone si tratteneva a fatica dal penetrarla.
La posizione della punizione era la più invitante che ci potesse essere, il padrone l'aveva studiata
tra tante altre e sperimentata con molte schiave.

“Bene Natasha, questa l'hai imparata bene, ora devi imparare a mantenerla senza essere legata.
Michelle, ti sei dimenticata di frustare qui in mezzo…?”
“No maritino caro, ho lasciato questo triangolino come dono per te…” disse Michelle sfiorando con
le dita le grandi labbra di Natasha. Natasha chiuse gli occhi pronta al dolore lancinante in mezzo
alle cosce, finchè la punizione iniziò. Le frustate del padrone erano leggere, ma provocavano un dolore
acuto e localizzato in un punto.

Natasha chiuse gli occhi per impedire alle lacrime di uscire ma non fu
sufficiente. Michelle le si avvicinò e iniziò a leccarle le lacrime che scendevano.
Natasha si sentiva dominata da entrambi, ormai aveva due padroni e non sapeva quale amava di più.
Desiderava solo che la possedessero in tutti i modi e non sopportava l'idea che potessero fare sesso
senza di lei. Avrebbe voluto essere presente a tutti i loro incontri, anche solo per leccarli mentre si
scopavano e per pulirli mentre giacevano esausti alla fine.

Il padrone non smetteva di frustarla e Michelle continuava a leccarle le lacrime sussurrandole
all'orecchio: “Allora troietta, hai capito chi comanda qui? Queste lacrime hanno il sapore dolce della
vittoria, ti abbiamo svuotata di ogni dignità, sei la nostra schiava, possiamo ridurti uno straccio
e lasciarti marcire in cella per settimane, lo sai?”
“Vi prego fatemi quello che volete ma non lasciatemi sola, vi imploro di farmi dormire ai piedi del
vostro letto, desidero donarvi il mio corpo per il piacere di ogni vostro incontro”.

Il padrone le infilò il dito medio nel culo e disse: “Bene Natasha, questo è lo spirito giusto, ora ti
insegno la posizione della gatta in calore, vedrai che ti piacerà…” Smise di frustarla e con il dito
la fece spostare verso il letto, la fece alzare e adagiare sul letto. Il dito le faceva tenere il culetto
bene in alto, con l'altra mano le divaricò le gambe e le ordinò: “appoggia le spalle e la faccia sul letto
ed incrocia le braccia dietro la schiena.

” Natasha eseguì gli ordini, era sul letto del padrone,
era sicura che l'avrebbe penetrata. Michelle iniziò a legarle le braccia, prima un polso con il gomito
del braccio opposto, poi l'altro. Il padrone nel frattempo prese ancora la frusta e colpì la fessura del
culetto. Ogni colpo la faceva irrigidire, ma Natasha cercava di resistere e farsi legare docilmente.
Michelle legò le ginocchia aperte alla spalliera del letto, poi strinse al massimo una cintura di cuoio
nero ai fianchi della ragazza.

Legò poi una corda alla cintura. Il padrone smise di frustarla sul buchetto
e passò al clitoride. Michelle fece colare la saliva sul buchetto della russa immobilizzata e la spalmò
tutto attorno e dentro. Quando ebbe finito consegnò la corda fissata alla cintura al padrone:
“Ecco la tua cavalla, ora puoi montarla a sangue”. Natasha aspettava di essere penetrata, il sangue
pulsava in mezzo alle gambe. Finalmente sarebbe stata posseduta dal padrone, sapeva che sarebbe stata
sfondata a sangue ma non le importava.

Il padrone accostò l'uccello al buchetto chiuso e iniziò a
spingere piano. Natasha cercò di rilassare i muscoli anche se qualche spasmo involontario le faceva
contrarre i muscoli per chiudere l'ano ed impedire. Il padrone entrò fino in fondo e iniziò a muoversi
ritmicamente. Lei si sentiva piena, era come se il padrone e Michelle la stessero circondando in un
caldo abbraccio. La sensazione della carne che scorreva nel buchetto bagnato di saliva la riempiva
di piacere.

Aveva la fichetta dilatata ed il clitoride gonfio. Natasha era schiacciata sul letto,
la testa girata di lato. Vide Michelle avvicinarsi e sentì ancora una volta il suo respiro nell'orecchio:
“Sembra che ti sia meritata qualcosa di più schiavetta…”. Natasha era completamente abbandonata,
legata com'era non poteva fare niente, si era rilassata per concentrarsi sulla penetrazione anale che le
stavano praticando, anche il piacere del clitoride era quasi al massimo, ma senza uno stimolo esterno
non sarebbe riuscita a godere.

Il padrone la stantuffava profondamente tirandola a se con la corda
legata alla cintura, il ritmo aumentava fino a quando le venne dentro urlando il suo piacere.
Durante l'orgasmo non smise di affondare l'uccello in profondità, per iniettarle tutto lo sperma che
aveva in corpo. Quando ebbe finito prese un fallo di gomma flessibile e continuò a lavorarle il buco
con lo stesso ritmo e la profondità di prima. Natasha sapeva di aver fatto il suo dovere, aveva sopportato
le torture e fatto godere Michelle, aveva donato ore di sofferenza anche al padrone che l'aveva guardata
dal suo ufficio e l'aveva fatto venire con un rapporto anale: la maniera più sottomessa possibile.

Il padrone continuava a muovere il fallo di gomma dentro di lei e prese a masturbarle la fichetta
infilando tre dita da dietro. Michelle continuava a parlarle nell'orecchio: “Adesso ti teniamo così per
un'oretta e poi quando sarai esausta ti diamo quello che ti ho promesso”.
Natasha ansimava rumorosamente, il padrone la stava stantuffando già da un po', le sembrava di non poter
resistere oltre. “Vi prego fatemi godere…”. La coppia la tenne veramente in quello stato per più
di un'ora.

Michelle le girava intorno, ora le sussurrava all'orecchio delle frasi porche, ora le
strizzava i capezzoli, ora le masturbava anche il clitoride. Quando però Natasha stava per godere,
la lasciava appesa al desiderio. Dopo un'ora di quel trattamento Natasha non aveva più voce, le palpebre
erano semichiuse e gli occhi girati all'indietro. Era in uno stato confusionale totale. Non sapeva più
cosa dire, cosa fare per terminare quello stato di altissima eccitazione e insoddisfazione.

Finalmente il padrone fece un cenno a Michelle che con una mano strinse un capezzolo di Natasha tra
le dita e con l'altra le masturbò il clitoride. Questa volta non si fermò. Natasha poco dopo esplose
in un orgasmo interminabile. Le urla di piacere furono più alte di tutte le urla dei dolori subiti.
Il padrone estrasse il fallo ma continuò a muovere dentro Natasha le tre dita che la esploravano
da più di un'ora.

Anche Michelle non si fermò. L'orgasmo continuava, Natasha urlava e tremava di piacere.
Dopo un po' l'orgasmo lasciò il posto all'irritazione, non sopportava più i massaggi di Michelle.
“Vi prego smettetela!”. Il padrone e Michelle si guardavano e risero: “Ma come? Poco fa ci supplicavi
di farti godere!”. “Basta, vi prego, lasciatemi stare, basta, vi scongiuro, vi posso leccare tutta
la notte, ma smettetela!”. I due continuarono ancora un po' per divertimento, la ragazza si dimenava
come un'ossessa nel tentativo di liberarsi, poi si fermarono e iniziarono a slegarla e si sdraiarono
a letto abbracciati.

Natasha era esausta, voleva sdraiarsi tra di loro e dormire una settimana.
Capì che per poter avere questo privilegio doveva dare ancora qualcosa. Si mise in ginocchio in fondo
al letto e fece cadere lo sperma dal buchetto nella mano. Poi leccò la mano guardando con gli occhioni
azzurri da gatta ed i capelli biondi arruffati la coppia abbracciata nel letto.
Poi si rannicchiò tra le gambe dei due, prese l'uccello moscio del padrone in bocca ed infilò due dita
nella fichetta di Michelle e si addormentò in un attimo.

“Penso che l'abbiamo trovata” disse Michelle al marito infilandogli la lingua in bocca per il bacio
della buonanotte.

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