Mattino inoltrato

Premessa: le mie storie non sono hard, ma sono soft, autobiografiche e vere.

——————————————————————————————————————————-

Sotto la finestra, nel chiarore diffuso, le lunghe tende ingiallite e impure mi parevano fatte dello stesso floscio tessuto di molti panni intimi sparsi per la stanza. Ero appena entrato nella sua stanza.

Il pavimento era sparso di scarpe e di calze; presso l'uscio del bagno in un angolo quasi buio, si intravvedeva una vestaglia nera rimasta su una seggiola, come era stata gettata la sera avanti, mezza in terra e con una manica penzolante.

Dalla camera, il mio occhio freddo e pieno di ripugnanza passò al letto sul quale giaceva mia zia.

Al solito, lei non aveva pensato a ricoprirsi al mio ingresso ed era seminuda.
Distesa, le braccia alzate e le mani riunite dietro la testa, contro la spalliera materassata di seta azzurra lisa e annerita; mi guardava fissamente, in silenzio.

Sotto la massa di capelli sparsi in due gonfie ali brune, il viso appariva gonfio e colorito, divorato dagli occhi che l'ombra ingrandiva e incupiva in maniera mortuaria.

Indossava una trasparente sottoveste rosa che le giungeva appena al sommo delle cosce; e, una volta di più, mi fece pensare piuttosto che rispetto ad una donna adulta che era, ad una bambina stagionata e irrispettosa. Il petto appesantito nascondeva lo sterno, il seno sporgente si rivelavano nelle ombre con due macchie scure e tonde, con un rilievo prominente. Ma soprattutto le cosce destavano insieme gradimento e lode: appariscenti e curvilinee erano proprio quelle di una donna che aveva ormai assorbito la carnosità dell’età.

L'età di mia zia si vedeva difatti in alcune smagliature della pelle e nel colore: una bianchezza gelida, nervosa, maculata di misteriose chiazze quali bluastre e quali livide. “Spigoli,” pensai, “morsi di Alberi. ” Ma sotto il ginocchio, le gambe apparivano perfette, con un piccolissimo piede dalle dita raccolte.

Avrei preferito non mostrarle il mio malumore; ma anche questa volta non seppi trattenermi: “Ti ho pur detto tante volte di non ricevermi così, mezza nuda,” dissi con un leggero dispetto, senza guardarla.

Lei mi rispose, insofferente ma senza rancore: “Uh, che nipote austero mi ritrovo,” E invece di tirarsi sul corpo un lembo della coperta, scalcio l’ultimo bordo ai suoi piedi con ripicca e istigazione.

“Allora, oggi andiamo al cimitero?”
“Andiamoci pure,” disse tirandosi su e cercando qualche cosa dietro la spalliera del letto, “sebbene io mi senta tanto male e a loro, poveretti, la nostra visita non faccia assolutamente né caldo né freddo.


“E' pur sempre tuo marito e tua sorella, ed pur sempre mia madre e mio zio”
“Sì, certamente lo erano” sottolineò quell’ ‘erano’ con un tono di voce più forte.

Adesso aveva trovato la peretta della luce e la premette. “La disgrazia doveva portarseli via entrambi… se non fossero almeno stati assieme quando è accaduto…”

Sul comodino si illuminò fiocamente una lampada che, mi parve, era involtata in una camicia femminile.

“Sebbene,” continuò levandosi dal letto e mettendo i piedi in terra, “ti dico la verità, qualche volta sono contenta di essere vedova… tanto lui non si accorgeva neppure di me… ho deciso anche di far dismettere la sua automobile…”
“ma che necessità c’è, non puoi tenerla tu? “
“Suvvia, così con il pretesto della macchina posso tenere Ernesto come autista oltre che giardiniere, altrimenti questo ripiego non l'avrò più. “
“Zia, non parlarmi dei tuoi amanti,” le replicati nervoso, ficcando le unghie di una mano nelle palme dell'altra.

“I miei amanti… è il solo che abbia… se tu mi parli di quella gallina della tua fidanzata, ho ben io il diritto di parlare di lui, povero caro, che è tanto più simpatico e più intelligente di lei. “
Stranamente, questi insulti alla mia fidanzata da parte della zia, non mi offendevano. “Sì, è vero,” pensai, “può anche darsi che sembri una gallina… ma mi piace che sia così. ”

Poi dissi in tono raddolcito: “Allora, vuoi vestirti? Se vogliamo andare alla cimitero, è tempo di muoversi.


“Ma sì, subito. ”

Leggera, quasi un'ombra, istintiva, si alzò lasciando alzare la sottoverste che svelò per un attimo l’intimità scura e gonfia dell’inguine; attraversò in punta di piedi la camera, raccolse al passaggio, dalla seggiola, la vestaglia nera, pur gettandosela sulle spalle, aprì l'uscio del bagno e scomparve.

Subito, appena uscita, andai alla finestra e la spalancai. L'aria di fuori, era calda e immobile, pur tuttavia mi sembrò di provare un sollievo acuto, come se invece che sul giardino afoso si fosse affacciato su un ghiacciaio.

Rimasi un lungo momento, gli occhi rivolti in basso, al fitto fogliame del glicine che circondava con i suoi rami la finestra, poi mi voltai verso la stanza. Di nuovo il disordine e la trasandatezza mi colpirono.
Poco dopo l'uscio del bagno si aprì, in vestaglia, apparve sulla soglia.
Subito si parò gli occhi con un braccio esclamando: “Chiudi… chiudi quella finestra… come puoi sopportare questa luce. “

Andai con sollecitamente ad abbassare l'imposta; poi mi avvicinai a mia zia e prendendola per un braccio, la feci sedere accanto a me, sul bordo del letto e le domandai dolcemente: “E tu zia come fai a sopportare questo disordine?”

Mi guardò, incerta, imbarazzata: “Non so come avviene… dovrei, ogni volta che mi servo di un oggetto, rimetterlo al suo posto… ma, in qualche modo, non riesco mai a ricordarmene.


“Zia,” dissi, “ogni età ha la sua maniera di essere decorosa… perché sei diventata così?”
Le stringevo una mano; con l'altra mano lei reggeva in aria una stampella dalla quale pendeva un vestito. Per un momento, mi parve di scorgere in quegli occhi enormi e puerilmente afflitti quasi un sentimento di consapevole dolore: le labbra, infatti, ebbero un leggero tremito. Poi, improvvisa, un'espressione indispettita scacciò ogni commozione. Ella esclamò: “Tutto quello che sono e che faccio non ti piace lo so… non puoi soffrire i miei modi, i miei vestiti, le mie vizi… ma io sono ancora giovane e sensuale, caro mio, e voglio godermi la vita a modo mio… e ora lasciami,” concluse ritirando bruscamente la mano, “se no non mi vestirò mai.

Non dissi nulla.

Lei andò davanti alle imposte dell’armadio, si liberò della vestaglia che lasciò cadere in terra, scoprendo di spalle tutto il suo corpo nudo, aprì l'armadio prese un vestito a fiori che porto al corpo nudo guardandosi davanti allo specchio dello sportello “ti piace?”. Si voltò verso me il vestito ora le copriva il corpo, ma una gamba allacciava la parte inferiore mostrandosi ancora scoperta e procace.

Io non dicevo nulla e la fissavo serioso; “Sempre indifferente tu…. “. Seccata
si chinò verso il cassetto per afferrare delle calze e la biancheria.

Si vestì di corsa lasciando tempo solo per indossare le calze e abbottonarvi la guepiere; non era la prima volta che vantava i suoi indumenti e la dedizione attenta che aveva nell’indossarli, come se ogni movimento fosse artisticamente studiato. Era difatti per lei abitudine d’esprimere la sua interiorità di donna attraverso le forme fisiche e visive, con eleganza ed estrema seduzione.

In quel momento mi rendevo conto che lei stava in qualche modo spezzando la parentela che ci legava per compiacersi degli occhi di un uomo, di un ragazzo, che le correvano lungo tutto il corpo.

Saltellando, si infilò due tra le tante scarpe decolté nere sparse sul pavimento.
“Ora andiamo,” disse prendendo una borsa dal cassettone e avviandosi verso la porta.
“Non ti metti il cappello?”
“Perché? Non ce n'è bisogno.

Prendemmo a scendere la scala; mi prese sottobraccio con entrambe le braccia e poggiò il capo sulla mia spalla soddisfatta.

Keine Kommentare vorhanden


Deine E-Mail-Adresse wird nicht veröffentlicht. Erforderliche Felder sind markiert *

*
*

(c) 2023 sexracconto.com