Legare Eva

La prima volta vidi Eva sulla metro. Mi colpì il contrasto dei suoi occhi blu ed il candore della pelle d’avorio. Sembrava eterea. Al tempo stesso però il suo sguardo lasciava trasparire una timida sfrontatezza da puttanella vissuta che mi stava facendo crescere il pacco. Pensai “quanto mi piacerebbe legarla ed usarla per godere…”

Mi tornò in mente Akemi, una donna molto più grande di me che avevo conosciuto anni prima a Tokio.

Eravamo a casa di amici e avevamo imbastito una fitta conversazione sulla filosofia del piacere. Lei argomentava contro la cultura occidentale della “prestazione da medaglia” ed in favore “dell’egoismo dell’orgasmo”. Asseriva che durante una seduta di sesso ognuno debba preoccuparsi del proprio godimento e non di quello del partner. In questo modo si gode di più e ci si stressa meno, diceva. Le chiesi come avesse sviluppato il suo interesse per la filosofia del piacere e rispose “Con una corda, se vuoi ti faccio vedere.

” Andammo a casa sua dove mi mostrò delle illustrazioni di un uomo che aveva legato una donna in una posizione che gli consentiva di usarla come oggetto sessuale. Dopo qualche immagine mi mostrò una foto dell’uomo che sborra sulla donna già coperta di altra sua sborra sul viso, tra i capelli, sul seno e la pancia. “Vedi” mi disse “questo è shibari e questa è la raffigurazione dell’egoismo dell’orgasmo. Lei gode della sottomissione e umiliazione che lui le infligge per il suo piacere.

Nessuno si preoccupa dell’altro e tutti godono”. Quelle corde mi incuriosivano. Lei lo capì e ci furono altri incontri. Non parlavamo molto. Lei mi insegnò a legarla e ad usarla per il mio godimento. Ed io sborravo. Anche cinque volte in un pomeriggio.

Una brusca frenata mi fa riemergere dai miei pensieri mentre Eva perde l’equilibrio e mi cade tra le braccia. La stringo forte per non farla cadere e sento le sue tettine spingere contro il mio petto.

“Ahi!” disse con un filo di voce. “Ti sei fatta male?” le chiesi “Ho preso una storta e non riesco a poggiare il piede a terra”. Le dissi di non preoccuparsi, io l’avrei aiutata. La troietta era eccitante e non volevo perdere l’occasione. Scesi dalla metro lei si poggiò al mio braccio e per un po’ camminammo così. Poi disse che non ce la faceva proprio a camminare. Allora le dissi di lasciarmi fare, misi un braccio intorno alle spalle, uno sotto le gambe e la sollevai.

Era leggera e profumava di primavera. Arrivati da lei si tolse le scarpe, i pantaloni e le calze per occuparsi della caviglia. Era un poco gonfia, ma non sembrava preoccupante. Ci mettemmo del ghiaccio. Lei nel frattempo si era accorta che portarla in braccio mi aveva fatto sudare. Allora prese un asciugamano, mi tolse la camicia e inizio ad asciugarmi delicatamente il petto. Mi alza un braccio per asciugare l’ascella, poi si avvicina con la bocca bacia tra i peli e inizia a leccare con gusto.

Ho di nuovo il cazzo duro. Le ordino di togliermi le scarpe. Lei non se lo fa ripetere. Toglie i calzini e inizia a succhiarmi un alluce. La lascio fare un po’ poi mi alzo per togliere i pantaloni e in quel momento mi accorgo di un dettaglio che fino ad allora non avevo notato: Eva ha il pistolino. È un maschietto. Come ho fatto a non accorgermene. “Io sono etero” penso “e non me la faccio coi ragazzi”.

Certo, coi ragazzi no, ma Eva? Eva non è un ragazzo. Eva è la creatura più femminile che abbia mai incontrato e la voglio.

Lei arrossisce e si scusa per non avermelo detto. Le dico che è stata cattiva e merita di essere punita. Lei annuisce e si mette a pecorina, come per farsi sculacciare. Le do uno schiaffo sul culo e le dico “No cara, la tua punizione non sarà una semplice sculacciata.

Adesso ti lego in modo che non potrai più muoverti e poi ti uso come oggetto del godimento. Sarai la mia puttana, il mio giocattolo sessuale, lo sborratoio dei miei coglioni”. Lei accenna un sorrisetto mentre estraggo crema lubrificante e una lunga corda dallo zaino.

“Sei pulita?” le chiedo. Risponde “In che senso?” “Nel senso se hai svuotato il culo della tua merda. Sto per scoparti. Non vorrei ritrovarmi in un letto pieno della tua cacca puzzolente” le dico.

Eva arrossisce imbarazzata e non risponde. “Ho capito. Togli le mutandine, mettiti in ginocchio e aspettami” vado in bagno e riempio il clistere d’acqua. Mentre le accarezzo il buco del culo con il becco della peretta le spiego cosa farò: “Adesso ti infilo il clistere nel culo e lo stringo. Ti sentirai inondare da un piacevole getto di acqua calda”. Le piace. La puttanella spinge il culetto incontro al clistere. “Quando tolgo il clistere” le dico “corri in bagno, scaricati, lavati per bene e torna da me”.

Esegue tutto alla lettera. Le faccio un secondo clistere e poi un terzo. Le metto un piccolo dildo nel culetto, le lego una ball gag intorno alla bocca, e inizio lo shibari….

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