Le tentazioni oscene di una signora per bene

Un sabato sera di dicembre Katia e Marco si recarono a vedere un film di fantascienza. Narrava di un’immaginaria catastrofe che aveva portato l’umanità sull’orlo dell’estinzione. Si accomodarono nella penultima fila perché a Marco bruciavano gli occhi se non si metteva piuttosto distante dallo schermo. Era appena iniziato il secondo tempo quando un uomo sui trent’anni si sedette sulla poltroncina alla sinistra di Katia mettendosi il giaccone a vento sulle ginocchia. Marco, preso dagli strabilianti effetti speciali delle scene, sembrava non avesse fatto caso al tipo.

Katia, invece, gli rivolse uno sguardo incuriosito e le venne spontaneo domandarsi il motivo per cui quel tipo si fosse accomodato proprio accanto a lei sebbene tutt’attorno ci fossero molti posti liberi. Cercò di prestare attenzione alla proiezione ma non riusciva a concentrarsi sugli avvenimenti, tanto le era parso strano il comportamento di quell’uomo. Sebbene gli avesse dato una rapida occhiata nella semioscurità della sala, notò che aveva un bel volto. Le giungeva un buon di colonia.

Qualche minuto dopo avvertì un tocco sulla parte esterna del gomito sinistro, poggiato sul bracciolo comune del sedile. Prudenza avrebbe voluto che si scostasse ma non lo fece, incuriosita di capire se il contatto fosse stato casuale o volontario. Il tocco si ripeté, stavolta più deciso. Capì che quei due tocchi erano una sorta di segnale. Il contatto si ripeté poco dopo ma non al braccio, bensì a una scarpa. Resistette all’istinto di ritrarre il piede.

Pochi secondi dopo le giunse la conferma che l’uomo la avvisava che dovesse farsi palpare perché il tocco divenne più deciso. Mai si era trovata in una situazione simile. Ebbe un brivido. La ragione gli suggeriva di chiedere a Marco il cambio di posto ma non lo fece, un po’ per l’imbarazzo di rivelargli che il tipo, sedutole accanto, la voleva toccare, ma un po’ per l’emozionante curiosità di sapere quanto avrebbe osato. Pensò ai rischi che correva se avesse accettato le sue attenzioni.

Quel timore le fece ritrarre la scarpa ma lo solo il necessario per non avvertire più il contatto. Un attimo e sentì la scarpa dello sconosciuto accostarsi di nuovo alla sua. S’immaginò che l’uomo avesse capito la sua indecisione e la sollecitasse a osare. Ebbe la tentazione di starci. Nella sala semibuia, resa più oscura dalle frequenti scene notturne del film, le immagini passavano davanti ai suoi occhi senza alcun significato talmente era l’ansia che le procurava quella situazione.

Con la coda dell’occhio si guardò attorno per accertarsi che non ci fossero persone troppo vicine. Dietro di lei c’erano soltanto posti vuoti. Nella loro stessa fila quattro poltroncine più in là, una coppietta pensava di più a sbaciucchiarsi che a seguire il film. Nascosto dal suo piumino, che pure lei aveva posato sulle gambe, sentì il ginocchio dell’uomo appoggiarsi al suo poi strusciarglielo leggermente. Trasse un profondo sospiro per attenuare l’ansia, spostò la gamba verso di lui aumentando il contatto.

Con sorpresa sentì il ginocchio dell’uomo ritrarsi, ma subito dopo tornare ad appoggiarsi al suo e darle altri leggeri tocchi. Stava mandandole segnali per farle intendere che dovesse mettersi in una particolare posizione? Sì doveva essere così. Il viso se lo sentiva in fiamme e la bocca arida per l’emozione. Un altro tocco sul ginocchio, poi qualcosa che le tastava la gonna, quindi una breve tirata al tessuto. Capì ciò che lo sconosciuto voleva facesse: che accostasse di più le gambe alle sue.

Considerò che se lo avesse fatto solo di un po’, difficilmente Marco si sarebbe accorto della manovra perché i soprabiti glielo avrebbero impedito, ma che imbarazzo se l’avesse scoperta! Poteva addirittura mettere a rischio la loro unione. Un conto erano le fantasie erotiche che si confidavano e le frasi che si scambiavano nei momenti intimi, durante le quali lui le sussurrava spesso che gli sarebbe piaciuto vederla scopare con un altro, diversa era la realtà.

Tuttavia si sentiva preda da un’agitazione interione intensa. Sentì l’uomo insistere a darle un altro colpetto al ginocchio per sollecitarla a starci. Decise di accettare il “gioco” ma si propose che gli avrebbe permesso ti palparle soltanto le ginocchia, poi si sarebbe ritratta. Ruotando il bacino, si mosse sulla poltroncina come per aggiustarsi la gonna. Quel movimento le permise di accostare di più le gambe allo sconosciuto. Attese gli eventi col cuore che le batteva a mille.

Sentì la mano dell’uomo posarsi sul suo ginocchio, soffermarsi qualche istante poi incominciare a risalirle la coscia con lenta accortezza. Marco, preso dal ritmo serrato del film, guardava la scena di un’onda gigantesca che aggrediva una grande città sommergendo persone e cose. Pure lei avvertiva un’onda ma era un cavallone di eccitazione che le levava ogni volontà di togliersi da quella situazione rischiosa. Avvicinò di più le gambe a quelle dello sconosciuto, con l’unico movimento possibile del corpo: quello di accostarsi maggiormente a Marco col fianco destro.

L’uomo si ritrasse e spostò il giaccone in modo che coprisse il bracciolo comune per celare la sua mano mentre si calava oltre. Adesso si trovava in una posizione migliore. Tornò ad appoggiare la mano sulle ginocchia della donna, poi, con cautela tornò a farla risalire. Presa da quel gioco erotico rischioso ma coinvolgente, lei divaricò un poco le gambe per facilitargli l’atto. Sentì la mano dello sconosciuto risalirle le cosce. La sua fica si stava bagnando.

L’uomo, ormai certo della disponibilità che dimostrava la signora, seguitò a guadagnare centimetri. Fece scivolare la mano all’interno delle cosce, dove la pelle era più calda e tenera. Le calze che le fasciavano impedivano di poco le percezioni. Raramente gli erano capitate donne tanto accondiscendenti. Molte si ritraevano appena capivano le sue intenzioni, altre, invece, stuzzicate dall’idea di provare a essere palpate, ma temendo che i loro accompagnatori si accorgessero di qualcosa, si sottraevano alle carezze quando la mano giungeva una decina di centimetri sopra il ginocchio.

Si sentiva il cazzo duro come marmo. Seguitò a fare risalire la mano fino a giungere all’altezza di un bordo più spesso delle calze. Capì che la signora non indossava collant ma autoreggenti. Quale fortuna! Superò il bordo e la sua mano si posò lassù, dove la pelle era più tenera e tiepida. Si accorse che non poteva avanzare più di così senza scomporsi troppo. Katia era eccitatissima. Quell’uomo aveva dita dal tocco sapiente e delicato.

Sentì la sua mano fermarsi oltre il bordo dell’autoreggente. Capì che non poteva scomporsi oltre. D’improvviso sentì la voce di Marco. Il cuore le saltò un battito. – Ti piace Barbara? — Che cosa? – domandò lei sforzandosi di rispondere con un tono di voce normale. – L’effetto speciale di questa scena. — Sì, molto. — Lo credo bene! – bisbigliò lui. – Marco, non ho capito l’ultima frase che hai detto. — Ti ho chiesto se stessi comoda in quella posizione.

— Certo – rispose lei. Lo udì fare un sommesso risolino, quindi metterle un braccio sulle spalle e trarla verso di se poggiando il viso al suo. La più decisa rotazione del bacino le consentì di avvicinare ancor più le gambe allo sconosciuto. Quale paradosso stava vivendo! Marco la teneva stretta e lei aveva l’arditezza di farsi accarezzare le cosce da uno sconosciuto nella semioscurità di una sala cinematografica. Sentì la mano dell’uomo guadagnare qualche centimetro ancora.

Era talmente eccitata di essere certa che sarebbe bastato fosse giunto a toccarle le mutandine e muovere un po’ le dita su esse per provocarle un orgasmo parossistico. Sarebbe riuscita a reprimere i gemiti se fosse accaduto? Doveva ritrarsi. Stava per farlo quando udì Marco borbottare. Fu colta da un brivido di apprensione al pensiero che avesse scoperto tutto. -Accidenti, Katia, credo di avere lasciato l’auto aperta. –Ne sei sicuro, Marco? – domandò lei traendo un sospiro liberatorio.

– No ma nel cruscotto ci sono i documenti. Non posso stare con questo dubbio fino alla fine del film. — Dovrai uscire dal cinema. — Avvertirò la cassiera, mi farà rientrare. — Perderai le scene più interessanti. L’auto è un po’ distante. — Patente e libretto di circolazione sono più importanti del film. È meglio che vada non posso rimanere con questo dubbio. -Lei lo seguì mentre, con modi affrettati ma cortesi, Marco chiedeva alla coppietta di farlo passare.

– E adesso? – pensò. Sentì la mano dello sconosciuto risalire fino a toccarle le mutandine. Avvertì lo stimolo dell’orgasmo avvicinarsi. Tremò al pensiero che non sarebbe riuscita a contenere i gemiti. Lei era una di quelle donne dotate di un clitoride sensibilissimo che le consentiva di raggiungere l’orgasmo prima di suo marito sebbene non fosse un campione di resistenza. Pensò di occupare il posto lasciato libero lui. Fece la mossa di spostarsi ma la mano dello sconosciuto premette sulla pelle delle cosce come per farle capire che se aveva osato tanto, col suo uomo accanto, con maggiore ragione doveva starci adesso.

Si voltò verso di lui guardandolo in faccia più a lungo. Aveva un pinzo curatissimo. Lo vide rivolgergli uno sguardo supplicante poi chiederle sottovoce:- Signora, non si sposti, per favore. -Quelle parole la inchiodarono sulla poltroncina. Il viso le scottava. Sentì la mano dell’uomo cercare di trarle la gonna verso l’alto. Impulsivamente si sollevò un po’ per alleggerire la pressione inferiore delle cosce sul sedile e permettere alla stoffa di scorrere più facilmente. Sotto i giacconi adesso aveva le cosce abbondantemente scoperte e divaricate.

La mano dell’uomo insisteva ad accarezzarla con un tocco delicatissimo. Adesso le dita dello sconosciuto erano giunte a tastarle con più decisione le mutandine. Lo osservò ancora. Notò che i suoi occhi avevano acquistato lo sguardo del sorriso. Sicuramente si era accorto quanto si fosse eccitata perché era certa che i suoi umori avessero trapassato il sottile indumento. Sentì le dita dello sconosciuto infilarsi sotto, accarezzarle la peluria, esplorarle la parte esterna della vulva come volesse accertarsi quanto fosse esteso il suo vello, quindi aprirsi una breccia tra la peluria.

Sentì un dito posarsi sul clitoride e quando lo sconosciuto iniziò a titillarglielo, si sentì struggere dal languore. Chiuse gli occhi, strinse i denti per non gemere alla sferzata di piacere che stava per avvolgerla, poi la petit mort le conquistò la fica, tutta la fica, dal clitoride all’utero. Un orgasmo, come mai aveva provato prima, le mozzò il respiro e tutto in lei si trasformò nel fantomatico punto G. L’orgasmo seguitava, come non avesse voluto darle tregua, si attenuò, poi riesplose, quindi avvertì un altro orgasmo, questa volta più somigliate a una scarica elettrica che a un piacere armonioso.

Fu costretta a fermare la mano dello sconosciuto per concedere tregua a una mente che non poteva più sopportare quella sorta di elettroshock vaginale, ma era riuscita a trattenere quei gemiti che avrebbero sicuramente attratto l’attenzione degli spettatori. Sentì l’uomo ritrarre il braccio e ricomporsi. Trasse la gonna verso ginocchia, poi rimase in uno stato di rapimento per qualche minuto. Nemmeno le sembrava vero ciò che aveva vissuto ma lo sconosciuto la riportò alla realtà.

La mano dell’uomo cercò la sua e cominciò a trarla verso di lui. Katia capì che voleva essere ricambiato. Lo sconosciuto non la stava forzando, si limitava a condurla con leggerezza. Si lasciò trasportare. Sentì che le toccava l’anulare sinistro, poi tastarle l’anello come volesse capire se portasse una fedina o la vera matrimoniale. Subito dopo sentì che le mormorava:- Signora, lei è sposata. — Sì – rispose Katia con un tono di voce tremolante per il turbamento.

Ma era proprio il rimescolamento di sensazioni provocatele da quella domanda, che le rammentava quanto fosse puttana una donna sposata che si comportava tanto oscenamente con uno sconosciuto, che la portava a un eccitamento parossistico. – Mio marito è uscito per verificare se avesse chiuso la macchina. – Subito dopo si domandò perché gli avesse risposto con quella frase. Forse perché inconsciamente la faceva sentire ancora più troia? Sì, forse era così. Forse voleva sentirsi una maiala.

— Ho sentito che glielo diceva, signora – le rispose lo sconosciuto e ho sentito pure che diceva di avere posteggiato piuttosto distante da qui. — Sì….. — Quindi avremo un po’ di tempo da dedicare a noi? Almeno un quarto d’ora? — Forse di più – rispose lei. Allora, mia bellissima signora, me lo prenda in mano. I nostri soprabiti sono un buon riparo e il fatto che lei sia sposata mi rende ancora più conturbante ciò che facciamo.

-Katia aveva una gran voglia di cedere. La mano dell’uomo aumentava la trazione mentre la sua resistenza diminuiva. Infine gli disse:- Signore, mi promette che subito dopo se ne andrà? — Parola d’onore, Signora. -Katia, docilmente, lasciò che lo sconosciuto terminasse di accompagnarle la mano sotto il giaccone all’altezza del pube. Tastò il rigonfiamento che premeva contro un morbido tessuto a coste che giudicò velluto. Sotto premeva un gran bozzo. Armeggiò sulla cerniera, trasse in basso lo zip e si rese conto che l’uomo non indossava intimo perché si ritrovò il suo cazzo in mano senza la necessità di scostare nulla.

Respirò profondamente e strinse l’asta. Era un cazzo di dimensioni maggiori rispetto a quello di Marco, tanto da non riuscire a cingerlo del tutto, e assai più lungo ma aveva una forma singolare: era arcuato verso l’alto come per una sorta di deformazione anatomica che la fece pensare alla curvatura delle banane e aveva il glande più grosso dell’asta. Lo scappellò completamente e fece scorrere la mano verso il basso. Si accorse che l’uomo si radeva perché non sentì peluria, né sul pube né sullo scroto.

Scoprì pure che i suoi testicoli più grossi rispetto a quelli di Marco. Incominciò a masturbarlo senza pensare che se lo avesse fatto eiaculare si sarebbe sporcata la fodera del giaccone. Adeguò il movimento della mano alla curvatura del grosso pene. L’eccitazione che provava era tale da superare il timore di masturbare uno sconosciuto all’interno di una sala cinematografica. Quant’era caldo e duro e morbido, quel grosso bastone di carne pulsante! Seguitò a masturbare l’uomo con la sensazione che lo stomaco le fosse divenuto liquido, talmente se lo sentiva pervaso dal languore.

Vide lo sconosciuto serrare le mascelle e socchiudere gli occhi. Il grosso cazzo le pulsava tra le dita. Capì l’uomo era prossimo all’eiaculazione e sicuramente i momenti che stava vivendo erano talmente unici che preferiva sporcarsi la fodera del giaccone che interromperla nel momento che precedeva l’orizzonte degli eventi. Di lì a qualche istante avrebbe avvertito lo sperma caldo e vischioso colarle sul dorso della mano. Le giunse un mugolio malamente represso. Aumentò il movimento della mano strofinandogli il pollice sul frenulo, ma se la sent’ bloccare.

Udì l’uomo mormorarle:- Signora, si chini a baciarmelo. -A Katia un brivido corse lungo la schiena. Adesso le stava chiedendo troppo. – Signora, la prego, si chini a darle almeno un piccolo bacio. Si tratta di un attimo. Sono pulito! Desidero soltanto che le sue belle labbra si posino sul mio glande. Dietro non abbiamo nessuno che potrebbe scorgerla chinarsi tra le poltroncine. – Vedendola voltarsi per accertarsi che veramente non ci fossero spettatori alle loro spalle, si accese in lui la speranza che si chinasse.

Molte volte, Katia, aveva fantasticato di fare un pompino a un uomo che non fosse suo marito. S’immaginò quel grosso e strano cazzo tra le labbra. Pensieri che le diedero la certezza della sua vera natura: carnale, lussuriosa e lasciva. Quell’evento inatteso stava mutando in realtà le sue immaginazioni erotiche e in un luogo in cui mai avrebbe immaginato accadesse, ma esitava ad abbassarsi. L’uomo intuendo quanto lei desiderasse farlo ma vedendola esitante, scostò il giaccone per farle intravedere il cazzo.

Così sperava di vincere gli ultimi barlumi d’indecisione che la frenavano. La vide chinarsi un po’ verso di lui ma rimanere ancora indecisa. Pensò che metterle la mano sulla nuca e spingerla in avanti potesse incoraggiarla ma anche generare l’effetto inverso. Azzardò la mossa. Le pose la mano destra dietro la nuca e impresse una pressione su essa. Avvertì la muscolatura del collo della signora irrigidirsi. Allentò la pressione. – Solo un bacio sulla cappella la prego.

– le ripeté. – Lo so che ha voglia di farlo. Vinca il timore. Non abbiamo molto tempo. – Vedendo che lei non si decideva le tolse la mano dalla nuca, sperando che la signora ricominciasse almeno a masturbarlo. Si era appena ritratto quando la vide abbassarsi. Katia si chinò sul cazzo dello sconosciuto. Adesso lo aveva a pochi centimetri dalla bocca. Le giunse l’odore inebriante dei feromoni maschili. Poggiò le labbra sulla maestosa cappella.

Avvertì la mano dell’uomo posarsi sul suo capo, ma senza premere per spingerla a prenderglielo in bocca, come se con quel gesto volesse far decidere a lei se eseguirlo. L’odore che avvertiva provenire dal quel cazzo era irresistibile. Dischiuse le labbra. Il grosso glande le riempì la bocca. Afferrò la base del cazzo con una mano e cominciò a succhiare, leccare e poi tornare a ciucciare. Dimentica di dove fosse, la sua lingua giunse a leccargli i testicoli glabri.

Ne prese in bocca uno, poi l’altro, quindi fece scorrere la lingua su tutta la lunghezza dell’asta e tornò a succhiare glande e frenulo. Gli giunse la voce mormorata dell’uomo: la avvisava che stava per eiaculare ma lei seguitò a succhiargli il cazzo, affondandoselo in bocca fino a fargli oltrepassare l’ugola, e adeguando essa alla sua curvatura. Si sentiva vacca fin dentro l’animo e questa sensazione era motivo di goduria mentale. Capì quanto fosse la mente a dominare il sesso.

I genitali erano soltanto dei terminali. – Signora, lei è brava, bravissima! Sto per venire, si rialzi e continui con la mano – la avvisò, ma lei seguitava a succhiarglielo. Mai si sarebbe immaginato che dopo le esitazioni, lei non solo glielo avesse preso in bocca ma gli facesse intendere che voleva farsi eiaculare in bocca addirittura. Oltre la stellare goduria, avrebbe persino evitato di sporcarsi gli abiti. Si diede un pizzicotto per accertarsi che non stesse sognando.

Poi, come un treno in corsa, sentì l’impulso dell’orgasmo montargli dentro come l’onda di uno tsunami. Cercò di ritardare l’eiaculazione stringendo la muscolatura sfinterica, poi un istante prima di zampillare, coprì la signora con il giaccone e si fece inghiottire dal buco nero dell’estasi orgasmica. Katia avvertì il cazzo dell’uomo irrigidirsi nella durezza che precedeva l’eiaculazione, poi il primo fiotto, seguito da un secondo, quindi da un terzo seguito da un quarto e un quinto e altri più deboli spruzzi.

Adesso si sentiva la bocca piena di sperma. Si sfilò il cazzo di bocca, poi lo inghiottì in una sola sorsata. Gli spremette l’uretra per raccogliere le ultime gocce come faceva con suo marito. Quando lo sconosciuto le tolse di dosso il giaccone che la copriva, si accorse di essere sudata e di respirare con affanno, ma si sentiva appagata, completata, come se al mosaico erotico di quell’indimenticabile serata, avesse messo l’ultimo tassello, facendosi sborrare in bocca da un uomo che sarebbe rimasto sconosciuto.

Si sentì felicemente oscena. Vide l’uomo rimettersi il cazzo semieretto nei pantaloni, poi poggiare la schiena sulla spalliera della poltroncina, gli occhi socchiusi, il volto finalmente rilassato, rivolto verso il soffitto, incredulo per quel che era accaduto. Poi, come aveva promesso, si alzò e se ne andò ripetendogli il suo indirizzo mail. Katia attese che tornasse Marco. Si erano da poco spente le luci per l’inizio di dell’ultimo spettacolo serale, quando lo vide giungere.

Sperò che il suo volto avesse perduto almeno il rossore quando sarebbero usciti. Si sforzò di farle un sorriso spontaneo. – Amore, l’ultimo spettacolo è iniziato da cinque minuti. Era chiusa l’auto? — No ma ho controllato: i documenti ci sono tutti. -Rientrati in casa, Katia si sentì afferrare da Marco e baciare con focoso trasporto. Fu costretta a staccarsi da lui per dirgli:- Marco, che cosa ti prende, calmati! – Sentì di nuovo la sua bocca appiccicata al collo, le mani che trafficavano sulla gonna per sollevargliela, poi le dita che le percorrevano le cosce verso l’alto, che s’insinuavano tra esse perché capisse che le dovesse allargare.

Sentì le dita scostarle l’intimo e raggiungerle la fica. – Marco, andiamo in camera – gli suggerì. – No, rimaniamo qui. – Marco introdusse le dita tra la folta peluria fino a scoprire il clitoride. Iniziò a strofinarlo con troppa foga. – Marco, non così! Sii più delicato. — Come quel tizio al cinema? – ribatté lui con la voce arrochita dall’eccitazione. Katia avvertì il sangue scorrerle via dal viso. Marco si era accorto di tutto.

Che vergogna! Ma perché era tanto eccitato? Lo guardò in faccia. Le sorrideva. Si sentì rispondere:- Mi sono allontanato per assecondarvi. Mi era parso strano che quel tizio avesse scelto di sederti accanto con i tanti posti liberi su cui poteva accomodarsi, poi avesse messo il suo giaccone in modo che si accostasse al tuo piumino. Ho capito che ti voleva palpare e quando ho notato che muovevi le ginocchia verso di lui, ho inteso che lo avresti incoraggiato.

A quel punto mi sono eccitato. — Che cosa? – domandò lei sgranando gli occhi. – Sì, Katia e ho avuto un’erezione. Non avrei mai immaginato che mi sarei eccitato tanto nel sapere che eri realmente oggetto delle attenzioni sessuali di un altro e, tu, assecondandolo, tramutavi in realtà le nostre fantasie. Immaginavo la sua difficoltà di fare scorre la mano sulle tue cosce e che in quel modo non sarebbe mai riuscito a toccarti la fica senza che non mi accorgessi delle sue manovre.

Volevo invece che ci riuscisse perché ciò che tentava di fare diveniva il mio piacere mentale. – Marco fissò sua moglie con un’espressione adorante. – Così ho trovato la scusa che potessi avere dimenticato di chiudere a chiave l’auto. Sono andato nel bagno del cinema e mi sono masturbato. Poi ho passeggiato nei dintorni sentendomelo ancora duro. — Marco, sei un porco bastardo – reagì lei aggrottando lo sguardo. Mi hai lasciato volutamente sola alle attenzioni di uno sconosciuto.

-Marco ridacchiò, poi la prese in braccio, raggiunse la camera e la scaricò sul letto. Un minuto dopo erano entrambi nudi e abbracciati. – Potremmo mutare le nostre fantasie in realtà, Katia – le propose Marco. Poi aggiunse:- Non c’è nulla come la complicità per il godere dei nostri sensi. Eviteremo di cadere nelle abitudini che finirebbero per rendere i nostri rapporti monotoni e ripetitivi. — Sei sicuro di volerlo Marco? – – Sì! Adesso dimmi Katia: il pene dello sconosciuto era più grosso del mio? — Marco, ti prego, questo non voglio rivelartelo.

— Temi ne rimanga umiliato? –Tutti gli uomini temono il confronto con gli altri maschi. — Voglio saperlo Katia! – insisté lui. – Ebbene sì, aveva il cazzo più grosso e più lungo del tuo, di un bel po’ e aveva pure una forma strana. — Che intendi dire? — Era ricurvo. Hai presente la forma di una banana? — Ti è piaciuto, anche malformato? — Forse è stata proprio quell’imperfezione a farmelo apprezzare.

Due cose ho ancora da dirti, Marco: non ho sentito peli. Quell’uomo si rade. — Evidentemente è un cultore del pompino e non vuole che qualche signora sia disturbata da peli in gola come accade ogni tanto noi. – E l’altra cosa? — Mi ha dato il suo indirizzo di posta elettronica. — Addirittura!? -Katia annuì. – Non potevo non dirtelo – Marco non poteva non approfittare di quell’episodio per iniziare il gioco delle confidenze fatte di espressioni intriganti.

Le chiese: In una scala da uno a dieci, che voto daresti al godimento che hai provato quando il tuo occasionale partner, dal cazzo storto, ti ha portato all’orgasmo? — Marco – reagì lei – non si può giudicare un piacere fisico attraverso una scala di valori come quella dei terremoti. — Katia, hai fatto l’esempio calzante – rispose lui – Avanti, dimmi: quanto valore daresti all’intensità del piacere che hai provato se dovessi giudicarlo con la scala Richter? — E va bene l’hai voluto tu: nove! — Hai paragonato il tuo orgasmo all’intensità di un terremoto che avrebbe spianato le montagne.

— Forse è stato per la situazione particolare – gli mormorò lei fissandolo con malizia. Preso dall’eccitazione, Marco le domandò ancora:- Lo hai ricambiato? — Sì – rispose Katia. – Non hai temuto che qualcuno vi vedesse? — Dietro di noi non c’era nessuno da accorgersi che mi abbassavo, per di più lui mi ha coperto col suo giaccone. Ha fatto in fretta a venire. Forse un minuto. Lo avevo già portato al culmine masturbandolo.

— Suppongo che si sia impiastricciato pantaloni e giaccone quando ha eiaculato – domandò Marco. – No! – esclamò lei. – Katia – la incalzò lui – mi stai dicendo che non ha eiaculato? — Sì – rispose lei – ha eiaculato moltissimo. Forse quasi il doppio di quanto riesca a fare tu. -Improvvisamente lui capì. – Gli hai fatto un pompino consentendogli di sborrarti in bocca? — Sì… — Milena, sei una gran troia! — E tu un gran porco Marco.

-Quella conversazione che non si era basata sui soliti dialoghi shituriti da fantasie erotiche, ma da un fatto realmente accaduto, aveva trasformato i quattordici centimetri di cazzo di Marco, in un pezzo di legno. Milena fissava il marito con uno sguardo lascivo, quello che le rivolgeva ogni qualvolta desiderava prenderglielo in bocca. Attendeva soltanto che Marco la invogliasse con la solita frase che le faceva imbizzarrire la libido. “Adesso, Milena, prendimelo in bocca, succhiamelo e inghiotti la mia sborra!” E la frase venne:“Adesso, Milena, prendimelo in bocca, succhiamelo e inghiotti la mia sborra.

Anzi stavolta te lo toglierò di bocca un istante prima di eiaculare perché voglio vedere, quanto diverrà osceno il tuo volto ricoperto di sperma. Milena, rossa in viso per l’eccitazione, gli prese in bocca il cazzo e ce la mise tutta per fargli un rilassato pompino, tanto lento da fare rimanere sulla cresta dei flutti orgasmici il suo porco maritino, per almeno un quarto d’ora. Gli scappellò il cazzo e leccò il glande stuzzicando il frenulo, lo inghiottiva fino a sentire la pelle dello scroto sulle sue labbra.

Gli succhiò entrambi i testicoli, ora uno,ora l’altro, tenendosi scostate con una mano le ciocche dei capelli perché lui potesse ammirare la scena. Mentre lo faceva, pensava però allo strano cazzo dello sconosciuto. Che bel viso aveva l’uomo senza nome. Aumentò il ritmo del risucchio fantasticando di essere china davanti allo sconosciuto e di succhiargli quel maestoso, bizzarro uccello, attendendo che dall’uretra fuoriuscissero gli zampilli inesauribili dello sperma. Premette un dito su una precisa parte del corpo di Massimo: quella tra l’ano e lo scroto, considerata da molti il corrispettivo maschile del punto G femminile.

Marco andava in orbita quando Milena glielo succhiava e gli strofinava contemporaneamente quel punto: una goduria moltiplicata per quattro. Sentì lo stimolo dell’orgasmo farsi sempre più impellente, ma non voleva eiaculare in quella posizione ma sperimentarne una nuova per sborrare in faccia a quella vacca della sua mogliettina. Poco dopo Milena si trovava seduta sul tappetino scendiletto con la schiena poggiata al materasso. Marco tolse dal suo comodino, una piccola camera digitale, prese un cuscino, lo mise tra le cosce divaricate di lei e ci s’inginocchiò sopra per essere più comodo.

Afferrò il suo cazzo turgido e glielo avvicinò alla bocca. Volle che Katia la tenesse chiusa per strofinargli la cappella sulle labbra e fargliele brillare di liquido prespermatico. Le disse poi di arricciarle per poterle strofinare la cappella pure sui denti a mo di spazzolino. Milena gli chiese di metterglielo in bocca ma lui glielo negò e incominciò a masturbarsi tenendo il cazzo distante una trentina di centimetri dal suo viso. Con la mano sinistra prese a strofinarsi il punto G.

Sentì che l’orgasmo gli stava per avvolgere il glande, aumentò il ritmo della masturbazione e dello strofinamento. Vide la moglie che aveva preso pure lei a masturbarsi. Strinse i denti per ritardare l’eiaculazione. In quel modo lo sperma sarebbe schizzato con maggiore vigoria dall’uretra. Milena chiuse gli occhi solo un istante prima che lo zampillo più copioso la colpisse su quello sinistro. Giunse all’orgasmo mentre un secondo schizzo la centrava in mezzo alla fronte.

Seguitò a godere intanto che un terzo fiotto la colpiva sul naso e un quarto sul mento. L’orgasmo si attenuava quando un quinto, più debole fiotto, la centrò sull’occhio destro. Avvertì Marco che le sgocciolava il cazzo sulle labbra. Gi disse di tenere ancora gli occhi chiusi perché lo sperma le aveva riempito e cavità oculari e che voleva filmarla mentre il bianco liquido le colava dappertutto. Adesso Milena sentiva i rivoletti di sperma colarle sul collo: tanto sperma.

Si domandò come avessero potuto i genitali del suo amato maritino produrre in così poco tempo tanto seme se aveva già eiaculato nel bagno del cinema. Forse le aveva riferito una piccola bugia, essere in forma perfetta per quando sarebbero rincasati? Forse ma che fosse andata così o no aveva poca importanza. Il fatto era che se ne sentiva colare molto sul collo e di ciò se ne compiaceva. Dieci minuti dopo sentì che suo marito le ripuliva la faccia dallo sperma.

Riapri gli occhi. Lo vide sorridere soddisfatto. Rimasero sul letto a riposare per un’oretta, poi lui la chiavò nella posizione del missionario, la più comune ma che consentiva a entrambi di guardarsi negli occhi. Il giorno dopo, lui la sodomizzò mentre lei si eccitava guardando il filmato che Marco aveva scaricato sul PC da dieci pollici. Katia vide lo sperma colarle dal volto e quello che le rimaneva ancora sulle orbite degli occhi. Pensò alla quantità di seme che le avrebbero riversato in faccia Marco e lo sconosciuto se avessero eiaculato insieme.

Quei pensieri le ronzarono in testa per tutta la durata dell’inculata. Avere ormai la certezza di essere una troia le cagionò un tumulto emozionale mentale tanto intenso che mentre suo marito le pompava il cazzo negli intestini ebbe un orgasmo multiplo, come cavalloni del mare che s’infrangevano uno dopo l’altro sull’arenile. Qualche giorno dopo, mentre Marco la chiavava nella solita posizione del missionario, riuscì a confidarle quel desiderio sussurrandoglielo in un orecchio e la risposta di suo marito fu:- Si lo faccio per te amore.

-Il giorno successivo aprirono la posta elettronica del PC e scrissero allo sconosciuto per chiedergli un appuntamento. Cortese sconosciuto, chi le scrive è il marito della signora che lei ha avuto l’opportunità di “conoscere” qualche sera fa al cinema As..r. Non si preoccupi, non le scrivo per redarguirla ma per chiederle, per sabato prossimo, un altro appuntamento, sempre all’ultimo spettacolo, sulla galleria del cinema S…. o. Stavolta sarò presente anch’io. Siederemo entrambi ai fianchi di mia moglie, che rimarrà al centro delle nostre attenzioni per tutta la durata del film.

Andarono a letto che mancava un quarto alle tre. Massimo, sebbene avesse eiaculato nei gabinetti del cinema, volle che lei gli facesse un pompino zampillandole in bocca tanto di quello sperma, da farla rimanere stupita. Si destarono che mancava un quarto a mezzogiorno. Decisero di andare a mangiare qualcosa in una tavola calda. Poi si recarono fare una lunga passeggiata in auto e quando tornarono a casa, accesero il PC. Sulla posta elettronica trovarono la risposta dello sconosciuto.

“Gentile signore accetto il suo invito. Suggerisca alla sua signora di non mettere collant e mutandine perché creano molte difficoltà in certe situazioni. Arrivederci. ”Per ben due ore Katia rimase al centro delle attenzioni di suo marito e dello sconosciuto. Erano entrati nel cinema all’inizio dell’ultimo spettacolo serale perché ci fosse poca gente e si erano messi nell’ultima fila di poltroncine. Oltre c’era il muro che divideva la sala di proiezione dalla galleria. Non immaginerete mai le sensazioni emozionali che provò Katia sapendo che suo marito era complice.

L’emozione di voluttà, tutta cerebrale, la lanciò al settimo cielo della voluttà nell’avvertire sul clitoride due tocchi diversi di dita che si alternavano, ma entrambi piacevolissimi. Non solo non aveva messo mutandine e collant ma, su suggerimento di suo marito, avevo indossato una gonna svasata che facilitò non poco le gestualità di entrambi i sui partner. Katia rimase per tutta la durata del film a cosce scoperte. Le autoreggenti a rete, che i suoi partner potevano osservare nella semioscurità, moltiplicarono la loro eccitazione.

Raggiunse l’acme cinque volte: i primi tre orgasmi furono intensissimi. Che serata! Inghiottì lo sperma di entrambi: dello sconosciuto due volte. Sulle gallerie, purtroppo, c’è più caldo che nelle platee e quando uscirono dal cinema, lei era sudata fradicia. Lo sbalzo di temperatura, sebbene avesse messo il piumino, fu fatale perché si buscò un’influenza con i fiocchi che la obbligò ad assentarsi dal lavoro per una settimana, ma ne era valsa la pena. Vi chiedete se incontrarono ancora il trio ormai affiatato? Certo e ancora lo incontrano ma non più al cinema.

Io e MartinaIl cuore batteva forte, troppo forte. La mia percezione dei rumori e deisuoni si era particolarmente accentuata. Volevo capire cosa stesse facendoin quel momento Martina chiusa nel piccolo bagno. Solo l'ascolto dei rumoriche lei in qualche modo mi faceva arrivare alle orecchie, attraverso laporta semichiusa, mi dava la possibilità di immaginarla e soprattuttovederla. Per prima cosa si è abbassata i pantaloni e poi, dopo un breve ripensamentoche non mi aspettavo, si è tolta del tutto i pantaloni dopo essersi sfilatale scarpe aiutandosi solo con i piedi.

Ha alzato il coperchio della tazza,si è abbassata le mutandine, si è seduta. Il classico rumore che fa unliquido quando precipita dall'alto su un altro liquido mi ha fatto capireche stava facendo pipì. Ho capito che aveva la vescica completamente piena equesto spiegava anche il suo improvviso abbandono del divano. L'ascolto dei rumori a volte ti rende le cose talmente chiare e reali chenon riusciresti a vederle così bene nemmeno ad occhi spalancati. Ha poiaperto il rubinetto dell'acqua del bidet, ho capito che si era seduta con lafaccia rivolta ai rubinetti dall'intensità del getto d'acqua in uscita e dalrumore quasi impercettibile che faceva la sua mano ogni volta che affondavanell'acqua.

In quei momenti mi sentivo come un cieco che aveva rafforzato ilsenso dell'udito per sopperire al senso della vista. Mi piaceva immaginare tutta questa sua gestualità del lavarsi e avreidesiderato che in quel momento si fosse resa conto che un piccolissimoocchio, attraverso un altro piccolissimo invisibile foro nella parete, lastava angelicamente osservando. Ha chiuso poi l'acqua, si è alzata in piedidopo avere preso un piccolo asciugamano ed ha incominciato ad asciugare laparte bagnata con molta cura.

L'operazione, secondo me, è durata più deldovuto. Ha tirato su le mutandine, ha armeggiato intorno al piccolo mobile ed haaperto ancora l'acqua, questa volta quella del lavandino. E' arrivato allemie orecchie il classico rumore dello spazzolino che sfrega contro i denti,una lunga ed accurata pulizia con abbondanti risciacqui. Un breve risciaquodel viso mi hanno fatto capire che stava per finire la sosta nel bagno. Ilcuore allora ha ripreso a martellare il mio petto con ancora più impetoperché da un momento all'altro mi aspettavo di vederla nuovamente davanti ame senza pantaloni, solo camicetta e mutandine che nemmeno immaginavo comefossero.

Forse un perizoma, forse una mutandina sgambata di cotonina, forse di pizzotrasparente o forse una culotte di seta impalpabile. La fantasia galoppava apiù non posso per indovinare quale fosse l'indumento intimo dei mieidesideri. L'unica certezza era il colore, immaginavo che fosse bianco perchébianco era il reggiseno che lei indossava. Il rumore dello sciacquone mi hadistolta dai pensieri, la porta scorrevole ha avuto uno scarto repentinolungo la parete e Martina è uscita dal bagno, a piedi nudi, con i pantaloniin mano e un grande sorriso stampato sul viso.

E' rimasta un attimo davanti a me, ha poi fatto una piroetta su se stessaper farsi ammirare, ha posato i pantaloni su una sedia del tavolo e sempresorridendo mi ha detto: “Alza il culo dal divano e vai in bagno”. Aveva unperizoma bianco, con piccoli bordini di pizzo dello stesso colore sui bordie due piccoli lacci, molto carini, sui fianchi. Vista da dietro era unospettacolo che non mi aspettavo, aveva un fondo schiena rotondo e sodo condue fette di pelle completamente chiara che dividevano i due glutei quasi ametà.

L'abbronzatura estiva aveva lasciato il segno, l'effetto che ne derivavaera veramente piacevole per i miei occhi. Rinnovando nuovamente l'invito adalzarmi si è diretta verso la scala a pioli che porta al letto ed haincominciato a salire verso il soppalco. Saliva lentamente ma non perchévoleva farsi contemplare da me ma perché, l'ho sperimentato anch'io dopo, ipioli di legno della scala procuravano un certo dolorino alla pianta nudadei piedi. “Mi sdraio un poco nel letto per riposarmi e rilassarmi i nervi.

Dopo mangiato, quando posso, gradisco sempre un piccolo riposo, un riposo amente libera senza pensieri e senza preoccupazioni. “Mentre diceva queste parole entravo nel bagno senza preoccuparmi affatto dichiudere la porta scorrevole alle mie spalle. Volevo che sentisse bene tuttii miei rumori e, come avevo fatto io, che provasse ad immaginare le cose chestavo facendo e come le stavo facendo. Volevo che mi “vedesse” magari mentrefacevo pipì e poi mentre mi lavavo fra le grandi labbra stando seduta sulbidet con la schiena rivolta ai rubinetti.

In questo caso il rumore che fa l'acquaaiutata dalla mano a scorrere fra le labbra è molto forte e ripetitivo. Un rumore lento e cadenzato che da pure un piccolo piacere ogni volta che l'acqua,un poco fredda, impatta contro le labbra e contro il clitoride. Se lei fosseriuscita ad immaginare e “vedere” queste cose mi avrebbe desiderata ancoradi più di quello che sicuramente mi stava desiderando da quando eravamoentrate in casa. Entrata in bagno mi sono subito tolta le scarpe, ipantaloni e le mutandine.

Ho fatto anch'io la pipì avendo cura di farladurare il più a lungo possibile, di fare arrivare il suo rumore standoattenta a centrare in ogni momento l'acqua dentro la tazza. Pensavo che questo tipo di rumore fosse molto eccitante per chi stava adascoltarlo e sapeva che era la persona dei suoi sogni a crearlo. Mi sonoseduta poi sul bidet, mi sono lavata accuratamente la parte bagnata come giàspiegato in precedenza fino al momento che mi sono alzata.

Per asciugarmi amia volta ho raccolto l'asciugamanino lasciato da Martina. Ho annusato laspugna sperando di cogliere il suo odore intimo lasciato in precedenza. L'odore non era scomparso, persisteva ancora al punto che ho sfregato l'asciugamanosul volto. Questo mi ha dato una carica sessuale ancora più forte se mai cene fosse stato bisogno. Era quasi come annusare la sua parte intima esentirla direttamente salire lungo le narici fino ad arrivare alla parte delcervello dove risiede la nostra zona erogena.

Lavatura velocissima dei dentie del viso, tiro dello sciacquone e fuori dal bagno quasi di corsa avendocura di spegnere la luce. Nella stanza persisteva sempre quel piccolo e, nello stesso tempo, granderaggio di sole che debolmente illuminava di luce riflessa quasi tutto illocale, soppalco compreso. Ero praticamente nuda, avevo addosso solo lacamicetta, il reggiseno e un “peluche” di peli sottilissimi, morbidi e neriche ricoprivano il pube formando un triangolo con la base rovesciata verso l'alto.

Le mie grandi labbra erano praticamente glabre, le avevo ripulite dei peliche le ricoprivano per renderle più sensibili sia al mio tatto che,eventualmente, a quello di Martina. Martina era sdraiata sul letto a pancia in giù, gambe larghe e testarovesciata sul cuscino con appoggio sulla guancia sinistra. Le manistringevano con forza il cuscino, sembrava che lo premessero sul viso. Nudacome descritto in precedenza, ho incominciato a salire i sei pioli che miseparavano dal letto imprecando in silenzio per il dolore che mi prendevasotto la pianta nuda dei piedi ogni volta che incontravo un nuovo piolodella scala.

Arrivata con la testa ai piedi del letto, mi sono trovatadavanti agli occhi il “fondoschiena” di Martina. Il perizoma bianco racchiudeva e nascondeva un piccolissimo pacco regalo,una delizia che desideravo assaporare ormai da parecchie settimane. Ho avutoun attimo di esitazione, uno sbandamento repentino perché non sapevo piùcosa fare e, soprattutto, come comportarmi. Avevo desiderato da semprequesto momento e adesso che era arrivato, che potevo finalmente coglierequel frutto succoso ed assaporarlo nella sua pienezza, non avevo più ilcoraggio di fare la prima mossa.

Cosa mi stava succedendo? Ce l'avrei fatta a continuare fino in fondo? Sareiriuscita a proseguire quello che avevamo iniziato quindici minuti prima giùda basso sul divano?Come acqua sulla pelleLa ragazza gemette languidamente e si spinse contro di lui, premette il sedere contro il sesso turgido del ragazzo e lo stuzzicò muovendolo provocante. Senza rendersene conto si ritrovò dentro di leiNon era tipo dal rimpianto facile, ma in quel frangente si malediceva per non aver mai acquistato un navigatore satellitare portatile.

– Eppure… non posso già essere qui! – mormorò mentre fissava un punto sulla carta IGMEstrasse la vecchia bussola in ottone per orientare la carta mentre analizzava la vegetazione per valutare la quota in cui si trovava, in modo da stimare la propria posizione. Studiò per qualche istante la carta quindi si convinse. – Se non mi si è fermato l’orologio ho percorso tre ore di sentiero in meno di due… qualcosa non quadra.

Dinanzi a lui il sentiero nel bosco si divideva in tre rami, due ben battuti ed il rimanente chiaramente abbandonato da tempo. In questo la vegetazione ne aveva, quasi completamente, cancellato il tracciato. Si sedette per risposare qualche istante mentre ripensava alle parole del vecchio, giù al paese, ed alle indicazioni sulla strada da seguire; giunto in quel punto doveva continuare a salire lungo la costa della montagna costeggiando il torrente che scendeva verso valle.

In cima al sentiero, dopo altre due ore di marcia, avrebbe trovato la cashita che alimentava il lago di Aela. Si era incamminato nel primo pomeriggio per giungere al lago al tramonto in modo da poterlo fotografare in quell’ora particolare. Secondo il vecchio solo al calar del sole il lago si tingeva di un blu profondo nonostante riflettesse il rosso del cielo mentre la cashita si colorava di giallo oro. Uno spettacolo unico in quella zona che meritava la fatica per raggiungerlo ed il pericolo del ritorno a valle nella notte.

Proprio per evitare di dover ripercorrere il sentiero al buio si era attrezzato con sacco a pelo e numerose provviste, avrebbe dormito sulle sponde del lago, magari su di un materasso di morbida erba in compagnia della borraccia di grappa ed un buon sigaro per poi ridiscendere al mattino. Qualcosa, però, non coincideva con le istruzioni ricevute, aveva raggiunto il bivio troppo presto, quindi o non era il sentiero giusto oppure le indicazioni non erano poi così precise.

Inutile dire che il lago sulla carta non era segnalato, solo uno scarabocchio del vecchio ne indicava la posizione. – E se fosse il tipico scherzo dei vecchi del luogo?Ricordava la notte trascorsa, tempo prima in valle d’Aosta, alla ricerca dei “Dahù”: i tipici erbivori valligiani con le zampe anteriori più corte a furia di brucare l’erba in salita. Oppure dei fantomatici volatili che atterrando sui ghiacciai scivolavano sui genitali emettendo il loro richiamo “hoy-hoy” e da qui il loro nome volgare.

Almeno quegli scherzi non li aveva subiti da solo, chi lo aveva macchinato si era passato la notte con lui su per i monti. (nda: questa non me la sono inventata!)Forse qui, all’imbocco della valle di Susa, erano peggio degli altri montanari quando si trattava di prendere in giro il nuovo arrivato o, forse, aveva solamente camminato più veloce del previsto. Riprese il cammino lungo il sentiero in stato d’apparente abbandono. Si rese conto di sentire solamente il rumore dei propri passi nonostante prestasse attenzione a non calpestare rami secchi o foglie, non un refolo di vento tra le foglie e nessun segno di vita a****le se non qualche traccia.

Era circondato dal silenzio assoluto. Per questo riuscì a cogliere in anticipo l’avvicinarsi alla cashita, il fragore dell’acqua gli giungeva all’orecchio attraverso i faggi rifratto dai tronchi a tal punto che era impossibile stabilirne l’origine. Non era salito molto di quota, il sentiero dopo una ripida impennata si era stabilizzato quasi in piano e correva lungo tutto il fianco della montagna. La meta era un piccolo altipiano posto a metà tra il fondo valle e la vetta, qui si trovava il lago e da una parete verticale di almeno cinquanta metri cadeva l’acqua proveniente dai ghiacciai.

Accelerò il passo spronato dal suono che annunciava l’approssimarsi della meta senza rendersi conto che il sentiero andava nettamente migliorando. I faggi lottavano per contendere lo spazio alle prime betulle e alle conifere, segno che il clima di quella zona era generalmente più fresco, ma così non pareva quel pomeriggio tanto che l’acqua sicuramente fresca del lago iniziava ad apparire come un miraggio. E come tale apparve all’improvviso dietro una curva del sentiero. Dapprima vide la cashita.

Non appariva maestosa come s’era immaginato, la minima portata dovuta alla stagione avanzata e la relativamente scarsa altezza non giocavano a suo favore, ma le rocce rosse ed il verde della rigogliosa vegetazione la rendevano bellissima. La lunga marcia stava dando i suoi frutti. Il lago apparve poco dopo, appena guadagnati i pochi metri che lo separavano dal pianoro. Era un piccolo specchio d’acqua circondato per almeno tre quarti del perimetro da altissime conifere.

Da un lato, però, confinava con i limiti del pianoro e nessun albero nascondeva il paesaggio sottostante. Il gioco ottico dei piani e la superficie riflettente dell’acqua lo facevano apparire inclinato verso valle, come se fosse un fiume che si precipitava giù. Era davvero un luogo di rara bellezza e vivo. Pareva che gli a****li della montagna si fossero radunati tutti lì, se prima tutto appariva silenzioso e privo di vita ora era un concerto di richiami.

Riconobbe varie specie di volatili ed in lontananza vide alcuni caprioli pasteggiare tranquillamente. Non si era ancora fermato, i muscoli reclamavano una sosta ma intendeva raggiungere la riva prima di riposarsi, e fu qui che scoprì qualcosa di inaspettato. Sul momento pensò ad una visione mistica generata dalla stanchezza e dal caldo, poi si rese conto di non sognare. Seduta su di un sasso affiorante a pochi metri dalla cashita, levigato dai secoli, stava una figura femminile, splendidamente nuda, dai lunghissimi capelli corvini.

Lei era voltata verso la parete di roccia e non poteva né vederlo, né sentirlo a causa del fragore. S’avvicinò con il timore di rompere un incantesimo e vederla sparire all’improvviso, quindi s’accomodò sulla riva e sganciò finalmente lo zaino. La ragazza era intenta in quello che pareva un solitario bagno ristoratore, raccoglieva l’acqua con le mani e se la versava lentamente sulla pelle chiara, quasi albina. Era bellissima vista di spalle, la schiena ed i fianchi emanavano una sensualità incredibile grazie ai lenti e sinuosi movimenti.

Non poteva scorgere il resto ma riusciva ad indovinarlo. Era tentato di denunciare la sua presenza ma quella figura nell’acqua riempiva la totalità dei suoi pensieri. Lentamente lei si alzò e, barcollando elegantemente sui sassi del fondo, s’avvicinò alla cashita. Ora si mostrava in tutta la sua armonia, i glutei e le lunghe gambe erano il degno complemento di quella schiena e dei magnifici capelli. In quel momento, il ragazzo, si ricordò della macchina fotografica.

Mentre apriva la custodia con mani tremanti pensava d’avere pochissimo tempo prima che lei s’accorgesse della sua presenza ed immaginava il suo risentimento nel scoprirlo con una fotocamera in mano. Scacciò quei pensieri per concentrarsi sulle regolazioni della temperatura colore, sensibilità del sensore e diaframma; preferiva shittare sempre in priorità di diaframmi, in modo d’avere il controllo sulla profondità di campo. Quando la inquadrò era pienamente cosciente e non più vittima del suo fascino, mise a fuoco e si preparò a shittare.

La ragazza aveva il busto inclinato da un lato ed il braccio opposto sollevato per cercare un equilibrio sulle rocce del fondo; le gambe unite e tese nello sforzo tendevano i glutei. Era perfetta!Il dito del ragazzo sfiorò il pulsante di shitto, la macchina regolò ancora una volta la messa a fuoco e calcolò l’esposizione. Era pronta a shittare ma lui indugiò, aveva l’impressione di “rubare” l’intimità di quella ragazza, di violare il suo segreto piacere, d’irrompere nei suoi sogni.

Poi il dito scese da solo per shittare la prima immagine. Il delicato suono dell’otturatore lo riportò alla realtà, allora iniziò a shittare in sequenza, variando solamente la focale dell’obbiettivo. La vide entrare sotto il getto della cashita e sollevare le mani verso l’alto mentre inarcava la schiena, era un immagine carica d’erotismo, pareva che la ragazza si offrisse ad un immaginario amante, che esponesse il suo corpo al gelido abbraccio dell’acqua. Dolcemente lei portò le mani sotto i capelli e li aprì a ventaglio, li fece inzuppare poi se li buttò dietro la schiena.

Il tempo non aveva più senso in quel luogo, il ragazzo era attratto a tal punto da quello spettacolo da non accorgersi che il sole stava calando. Improvvisamente la cashita assunse i colori dell’oro, il corpo della ragazza pareva un gioiello, un diamante bianco e lucente, incastonato in un meraviglioso fascione di quel metallo prezioso. Il giovane non si chiedeva come lei potesse resistere tanto a lungo sotto quel getto di acqua gelida dei ghiacciai, shitto ancora delle foto dopo aver aumentato la sensibilità equivalente del sensore.

Sperava solamente di non saturare la scheda di memoria per non rischiare di perdere nemmeno un fotogramma durante la sostituzione. Quando lei uscì da sotto la cashita riprese la via verso il masso affiorante, sempre con molta cautela camminava nel centro di uno specchio blu profondo increspandone appena la superficie. Il contrasto del suo corpo bianco con l’acqua ed il cielo rosso era un altro spettacolo inaspettato, ma il ragazzo preferì non portare la macchina al viso per shittare altre immagini ora che lei poteva vederlo.

Ripose la fotocamera nella sua sacca e si sollevò in piedi in modo da farsi notare. Si aspettava tutta una serie di reazioni da lei, tranne un sorriso. Una ragazza intenta a bagnarsi nuda nelle solitarie acque di un lago montano che si scopriva spiata da uno sconosciuto, normalmente, avrebbe urlato il suo sdegno inveendo contro il guardone; invece lei sorrise. Oltrepassò il masso dove l’aveva vista accomodata la prima volta e si diresse verso lui seguendo un percorso serpeggiante sopra le pietre affioranti.

Era davvero bella, ora che i dettagli del viso e del corpo si facevano sempre più chiari appariva incredibilmente attraente. Giunta dinanzi al ragazzo tese una mano verso di lui e disse:- Mi aiuti?Lui, stordito da quanto vedeva, non comprese subito e tentenno, quindi finalmente afferrò la sua mano e l’aiutò a salire sulla riva. – Grazie! – disse leiLa ragazza superò il giovane per dirigersi verso un faggio, lì vicino, dove stava appeso ad un basso ramo un vestito bianco.

Lui rimase con gli occhi fissi sui glutei sin che la ragazza non si voltò offrendogli una vista ancora più piacevole del suo corpo, quindi stese sull’erba il vestito e vi si accomodò sopra. Per nulla imbarazzata dalla propria nudità si presentò:- Ange! – disse fissandolo negli occhi – È un diminutivo, ma tutti mi chiamano così. – Luca. – rispose lui impacciato. – Non viene molta gente quassù, cosa ti ha portato sin qua? – domandò lei mentre raccoglieva i lunghi capelli per strizzarli esponendo in modo spettacolare il seno.

– Emm… mi hanno tanto parlato di questo lago e della sua bellezza al tramonto che non ho potuto fare a meno di salire. – Già, questo lago è davvero unico… come quella cashita!- ammise lei voltandosi verso lo specchio d’acqua. – Vuoi… vuoi qualcosa per asciugarti? – domandò lui che non riusciva a staccare gli occhi da alcune gocce d’acqua che scivolando sul seno cadevano dai capezzoli sulle gambe della giovane. – No, ti ringrazio, ma tra pochi minuti il vento mi avrà asciugata del tutto.

– rispose lei, poi continuò – Parlami di te… da dove vieni?Il ragazzo si sforzò di non fissarla nelle parti intime e di non puntare spudoratamente gli occhi nei punti erogeni, quindi iniziò a raccontarle la sua storia. Scoprì che era davvero facile parlare con lei, liberarsi d’ogni cosa, aprirsi completamente rivelandole anche i più intimi segreti. Non provava alcun dolore nel ricordare eventi, più o meno recenti, che ancora lo facevano soffrire, come la recente conclusione della sua storia d’amore che lo aveva spinto ad accettare quel lavoro in valle, lontano dalla città e dai ricordi.

Parlare con quella splendida ragazza completamente nuda gli faceva bene, sentiva di potersi fidare di lei anche se ancora non sapeva chi era in realtà. Aveva intervallato le sue rivelazioni con alcune domande mirate, ma lei le aveva sempre abilmente eluse; oltre al suo nome non aveva scoperto altro. La pelle della ragazza si stava asciugando ed i capelli avevano riacquistato il loro volume quando lei esordì domandando:- Non hai fame?- Sì, in effetti, inizio a sentire un feroce buco allo stomaco.

– ammise lui mentre afferrava lo zaino. – Se vuoi qui ho un po’ di provviste. – Vediamo! – rispose lei allungandosi verso la sacca. Il ragazzo svuotò lo zaino sull’erba per iniziare l’inventario ma lei lo precedette:- Carne in shitola, insaccati, formaggio… due uova ed un po’ di pane… hai solo questo?- Sì… è roba nutriente e golosa… poi ho anche da bere. – Non ti offendi vero se offro io? – domandò leiSenza attendere risposta si alzò in piedi e lo invitò con un gesto a seguirla.

– Qui! – indicò poco dopo – Raccogli le more… solo quelle più mature, io vado a cercare dei lamponi!Il ragazzo fissò il cespuglio spinoso e ripensò al salame che aveva nello zaino, quindi gli ormoni vinsero la battaglia con lo stomaco ed iniziò la sua raccolta mentre seguiva con lo sguardo la ragazza. Notò come si muoveva agilmente, nonostante non indossasse alcuna calzatura, sulle rocce e tra i cespugli, la sicurezza che dimostrava lo convinse che doveva essere nata in quei luoghi.

Non sapeva attribuirgli con sicurezza un’età, appariva molto giovane ma dimostrava una sicurezza ed una proprietà di linguaggio inusuale. Quando lei tornò aveva raccolto in una larga foglia una gran quantità di lamponi ed alcuni frutti più grandi. – Pesche? – domandò lui- Sì, c’è un albero poco più in là… tempo fa qualcuno aveva impiantato un piccolo frutteto quassù, c’era anche un ciliegio ma poi un fulmine lo ha abbattuto. Il clima di questo piccolo anfratto è davvero unico.

– Incredibile! – riuscì solo a commentare luiTornarono al loro posto, lui si accomodò su di una roccia e lei tornò a stendersi sul vestito. Il giovane apprezzò questa scelta, temeva che si sarebbe rivestita. Si era in qualche modo abituato alla sua nudità, ed ora non era più in difficoltà dinanzi alle sue grazie, ma era sempre fortemente attratto da lei. Mangiarono lentamente mentre lei lo incitava a parlare, ben presto s’accorse di non aver più nulla da dire, aveva raccontato tutto di sé e continuava a non sapere nulla di lei.

Allora decise di forzarla a parlare con domande pressanti. – Assaggia questo! – disse lei, eludendo una delle tante domande. La ragazza si sporse per infilargli tra le labbra un lampone enorme e profumatissimo. Fu in quel momento che vide per la prima volta i suoi occhi da vicino. Grigi, profondi, sinceri, grandi ed illuminati dalla luna erano magnifici. Rimase immobile senza riuscire ad ingoiare il lampone. – Cosa c’è? – domandò lei sottovoceNon ottenendo risposta avvicinò il viso tanto da recuperare con le proprie labbra il lampone da quelle del ragazzo.

Avvenne tutto in un modo così naturale che lui si stupì di non averlo fatto prima, le loro labbra s’incollarono poi le lingue si cercarono. Fu un bacio per certi aspetti casto, sicuramente dolce, ma carico di passione. Venne invaso dal naturale profumo della ragazza, la sua pelle ed i capelli sapevano di femmina. Non quell’odore di sesso tanto eccitante per l’a****le che si nasconde nell’uomo, ma un aroma naturale, primordiale, che risvegliava lo spontaneo istinto riproduttivo.

Iniziò a sognare un lungo amplesso con quella ragazza, doveva accoppiarsi con lei non tanto per soddisfare la ricerca del piacere ma per qualcosa di più profondo. Spesso identifichiamo la ricerca del piacere sessuale con l’istinto a****le, ma gli a****li si accoppiano per riprodursi, il piacere che ne ricavano è solamente un sottoprodotto estremamente appagante. Siamo noi uomini ad aver elevato il sesso oltre alla pura procreazione, ad averne fatto una delle principali fonti di piacere.

In quel momento il ragazzo stava regredendo allo stato a****le: doveva inseminare quella femmina che profumava di fertilità. Timidamente il ragazzo avvicinò le mani al corpo della ragazza e le posò sulla pelle ricavandone una sensazione di soda morbidezza un contrasto che nasceva dai muscoli tesi nella tensione erotica e dalla pelle liscia, morbida, ma tesa. Era calda, straordinariamente calda, emanava un’energia che si riversava, attraversando le mani, direttamente nella zona genitale del giovane.

Ora la desiderava più d’ogni altra cosa. Si ritrovò a giocare con i suoi capezzoli, a raccogliere nei palmi il seno per poi disegnare strani ghirigori sfiorando la pelle con le dita. Lei osservò le mani sorridente sin che non sollevò lo sguardo per fissarlo sugli occhi del ragazzo, dalle labbra socchiuse pareva in procinto d’uscire una frase, qualche parola, forse un offerta o una richiesta. Il giovane si fermò nell’attesa ma meglio d’ogni parola quella luce negli occhi, le labbra umide e la lingua stretta tra i denti indicavano chiaramente il desiderio della ragazza.

Lui la baciò ancora cercando di credere a quanto gli stava accadendo, pareva impossibile salire su di un monte e trovare una splendida ragazza nuda e pronta a donarsi completamente a lui. Se ci pensava stentava a credere che fosse la realtà, forse aveva già scolato la riserva di grappa e stava sognando nel suo sacco a pelo steso sotto le stelle. Poi lei fece la mossa decisiva: con estrema disinvoltura appoggiò la mano sui calzoni del giovane all’altezza dei genitali, lo accarezzo apprezzando l’erezione che percepiva attraverso il tessuto, quindi li slacciò liberando il membro.

Il giovane abbassò lo sguardo e vide quella mano stringersi intorno al pene, allora prese coraggio e spinse la sua mano verso la vulva della ragazza. Lei non oppose alcuna resistenza, anzi aprì leggermente le gambe per facilitarlo. La scoprì ancora più calda in mezzo alle gambe, era umida ed invitante, chiaramente disponibile. Voleva dire qualcosa, una frase qualsiasi, un complimento forse o una domanda diretta del tipo: “lo vuoi?”. Non ebbe il tempo di formulare alcunché, lei lasciò la presa sul membro e si voltò per mettersi carponi con il sedere rivolto verso di lui.

Ancheggiò invitante mentre sistemava le ginocchia sul fondo irregolare del prato, quindi voltò il viso verso di lui e sorrise ancora una volta, sempre più invitante. Il messaggio del corpo era chiaro, desiderava essere presa in quella posizione e a lui non dispiaceva affatto l’idea. Ammirò il sedere perfetto, esaltato dalla posizione che aveva assunto, e mentre si levava i calzoni per essere più libero si domandava per quale motivo parlasse così poco. Non le sarebbe dispiaciuto sentire la sua voce in quel momento, il suono delle parole poteva essere eccitante quando il quel corpo esposto ed offerto in quel modo, ma l’istinto prese il controllo.

Si pose dietro di lei e guidò il membro verso la vulva, lo punto tra le labbra strofinandolo per aprirsi la strada e si preparò a spingere quando la sentì aprirsi. Lei fu più veloce, spinse in alto ed indietro il sedere risucchiando completamente il membro. Finalmente sentì il suono della sua voce anche se limitato ad un lungo gemito. Era scivolato in lei con una facilità estrema, indice di quanto fosse eccitata e questa considerazione lo indusse a spingere con forza per entrarle ancora più dentro.

La cinse per i fianchi e la trattenne mentre si muoveva sempre più veloce, lei pareva gradire molto il ritmo, si contorceva e gemeva, cercava di muoversi a tempo con lui ma spesso perdeva il controllo. I suoi capelli disegnavano ampi archi ogni volta che reclinava indietro la testa per poi tornare a posarla a terra. Era fantastica! Non era solo bella da guardare con quella magnifica schiena che terminava in uno splendido sedere, ma si muoveva in un modo tale da amplificare le sensazioni.

Il ragazzo temeva di non reggerla a lungo, benché fosse completamente dilatata e bagnata al punto da lubrificare alla perfezione l’asta del pene, il suo ventre si stringeva ogni volta che era tutto dentro di lei. Non potendo osservarne il viso non capiva quanto stesse godendo, non riusciva a capire quanto dovesse forzare il suo controllo per non venire immediatamente. Voleva, doveva, chiederle a che punto era, ma non osava rompere quell’incanto. Deciso a farla urlare di piacere al più presto fece scivolare una mano sotto il ventre e quindi la spinse sino al pube, cercò tra le labbra il clitoride ma trovò subito il proprio pene che entrava in lei, poi a tentoni trovo il punto giusto.

N’ebbe conferma da un suo improvviso rantolo e da un lungo fremito che scosse tutto il corpo. La ragazza appoggiò il viso in terra e sollevò ancora di più il sedere, rimase immobile a godersi la penetrazione e lo stimolo esterno sin che, finalmente, un lunghissimo sospiro precedette un urlo di piacere. Lui continuò a stimolarla e a muoversi dentro di lei, vederla godere gli donava un ulteriore aiuto nella gestione del proprio piacere.

Voleva con tutte le sue forze farla godere sino allo sfinimento, sognava di vederla crollare distesa e di portarsi sopra di lei per farle bere tutto il suo seme, attendeva solo il momento giusto ma lei piegò la testa in modo da guardarlo negli occhi e lui comprese. Rallentò il ritmo della penetrazione ma allungò al massimo la corsa. Usciva completamente da lei per poi rientrare penetrandola a fondo. Lei rimaneva immobile, con lo sguardo sognante e languido, accettava tutto, era totalmente disponibile e la sentiva sua come mai nessuna aveva sentito prima di lei.

Sapeva che stava per iniettarle dentro tutto il seme che aveva ma voleva godersela ancora un po’, desiderava che quel momento non avesse mai fine ma lei mosse il bacino, spostò il pube verso il basso stringendosi intorno al membro del ragazzo che non riuscì più a trattenere l’orgasmo. Quando stava per venire guardò in direzione del viso della ragazza, in cerca di una conferma che ottenne quindi riversò in lei il proprio succo vitale.

Si separarono a malincuore per crollare stesi a terra. Lei gli si fece contro dandogli le spalle per farsi abbracciare, non disse nulla solo il suo respiro rompeva il silenzio della notte. L’intenso calore del corpo della giovane spinse nel torpore il ragazzo. In qualche sprazzo di lucidità pensò di tirare fuori il sacco a pelo dallo zaino per coprire i loro corpi appagati, ma la ragazza era così calda e morbida tra le sue mani che si addormentò.

Fu un sonno agitato dal timore di risvegliarsi solo, stringeva la ragazza per convincersi che era reale, che aveva davvero fatto l’amore con lei quella sera. Lei mugolava soddisfatta nel sonno e si spingeva istintivamente contro di lui alla ricerca di calore e, forse, protezione. Tanti sogni interrotti e continui risvegli non avevano giovato al suo riposo, per questo alle prime luci dell’alba fu tentato di alzarsi. Osservo i lungi capelli della ragazza mentre avvicinava il viso inspirando a fondo con il naso, fu invaso dal loro profumo e si ritrovò nuovamente schiavo dei suoi istinti.

Spinse lo sguardo lungo la schiena ed i fianchi accompagnando la mano che scivolava su quella pelle morbida, raggiunse i glutei ed indugiò su di essi prima di spingersi verso il bacino ed il pube. La ragazza gemette languidamente e si spinse contro di lui, premette il sedere contro il sesso turgido del ragazzo e lo stuzzicò muovendolo provocante. Senza rendersene conto si ritrovò dentro di lei, il torpore della notte andava lentamente dissolvendosi rendendo sempre più chiare e forti le piacevoli sensazioni dell’amplesso.

Lei si muoveva in modo da far scorrere completamente il membro, una danza erotica resa ancora più efficace dalle contorsioni che imprimeva al pube. Lui fece scivolare una mano sotto il busto all’altezza del seno e l’altra sopra, afferrò quindi con forza le mammelle e la strinse a sé. Erano strettamente vincolati e si muovevano all’unisono, pareva che il bosco si fosse fermato per assistere al loro amplesso, persino il fragore della cashita era ridimensionato dai lunghi gemiti.

Lei iniziò a fremere, una vibrazione che si estese in tutto il corpo unendosi alle contorsioni erotiche, sembrò che le si bloccasse il respiro ma inarcò la schiena e spinse la testa contro il petto del ragazzo prima di immobilizzarsi per godere del suo orgasmo. Le convulsioni interne della ragazza spinsero anche lui verso il piacere e, per la seconda volta, le riversò dentro tutto il suo seme. La tenne stretta a sé mentre il respiro si regolarizzava, lei era avida di coccole e lo comunicava gemendo sommessamente ad ogni carezza.

Sarebbe rimasto così tutto il giorno se lei, improvvisamente, non avesse proposto un bagno nel lago. Il ragazzo era indeciso, la guardò mentre si avvicinava alla sponda per poi entrare in acqua. Nonostante i suoi richiami lui tentennava, era sicuro che l’acqua fosse gelata e non se la sentiva di congelarsi di primo mattino. Tuttavia, osservandola giocare con l’acqua, si sentì fortemente attratto da lei al punto di sfidare il freddo. Si avvicinò alla sponda e mise un timidamente un piede a mollo, scopri con suo stupore che l’acqua non era fredda, anzi pareva tiepida, invitante quanto la ragazza.

Entrò deciso e la raggiunse. Giocarono per un tempo indefinibile sin che il sole non si trovò quasi sulla loro verticale, a quel punto la ragazza disse che doveva andare e, senza badare alle sue proteste, si diresse verso la riva. Quando la raggiunse lei si era già infilata il vestito, era la prima volta che non se la trovava dinanzi nuda e scoprì che era bellissima anche così. – Dove vai? – domandò lui- Devo tornare a… casa.

– E dove?- Di la… – rispose lei enigmatica. – Non sapevo ci fosse un sentiero in quella direzione. – Oh! Sono tante le strade che conducono a questo lago, solo che pochi le conoscono… per fortuna!- Senti, Ange… vorrei rivederti! – ammise lui- Anche io!- Ma come…- Ogni volta che lo vorrai… tranquillo!Senza aggiungere altro lei si diresse lungo la sponda del lago nella direzione opposta al sentiero tramite il quale era giunto lui, s’infilò nel bosco e poco prima di scomparire dietro ad un cespuglio di rovi lo salutò.

Lui rimase attonito dalla veloce fuga della ragazza, perché proprio di una fuga si trattava, inutile definirla in altro modo. Il maggior stupore era dovuto al fatto che lui non avesse fatto nulla per trattenerla o per strapparle almeno un indirizzo dove ritrovarla. Non sapeva neppure da quale paese o frazione venisse. Non riusciva a spiegarsi la sua stessa arrendevolezza, non era nel suo carattere accettare gli eventi senza almeno un tentativo. Dentro di sé sentiva che l’avrebbe rivista, credeva alla promessa della ragazza.

Senz’altro indugio si mise a recuperare le sue cose per conficcarle con forza nello zaino, giunto alla macchina fotografica fu tentato di controllare nel piccolo monitor le riprese della sera prima, ma si stava facendo tardi e la strada era lunga. S’incamminò stupendosi di non sentire la fatica nelle gambe e si complimentò con se stesso meditando su frasi del genere: “complimenti, due scopate e non ne risenti affatto… che fisico!”. Amenità del genere che lo misero di buon umore.

Giunto in prossimità del paese a valle decise di far sosta dal vecchio che gli aveva indicato la via, per ringraziarlo e, forse, raccontargli la sua avventura. Abitava fuori del paese, ma era di strada. Avvicinandosi alla sua casa notò che le finestre erano sbarrate e una piccola selva d’erbacce cresceva intorno alle mura in pietra. Si fermò dinanzi al vialetto domandandosi che fine avesse fatto il vecchio quando una voce lo richiamò:- Cerca qualcuno?- Sì… qui non abitava un uomo… anziano…- E lei chi sarebbe? – domandò la voce sospettosa di un’energica vecchietta.

– Ah. sì, sono il nuovo guardaparco e stavo scendendo al paese da quel sentiero…La vecchietta si avvicinò quasi a sfiorarlo fissandolo con due occhi miopi ma vivaci. – Il vecchio Giuspin è morto due anni fa. – No… non è possibile… – stava per raccontarle di averci parlato solo il giorno prima ma l’anziana donna lo precedette. – Se va al cimitero lo trova la! – disse lei seccata e se ne andò.

Sconcertato dalla notizia si recò di buon passo verso il camposanto, era convinto di scoprire che l’uomo cui si riferiva l’anziana non era il vecchio che conosceva lui. Aveva stampata in mente l’immagine di un anziano montanaro seduto sulla soglia di casa intento a decantare le meraviglie di quel lago poco conosciuto. Erano fatti accaduti solo pochi giorni prima, quindi non poteva essere morto da due anni!Quando trovò la lapide il mondo prese a girare intorno a lui, all’improvviso nulla aveva più senso.

La fotografia incollata sulla pietra ritraeva il viso del vecchio, non c’erano dubbi. S’inginocchiò per studiare meglio i dettagli, sfiorò con le mani l’immagine e le parole incise nella pietra per convincersi di non sognare. – Lo avevo detto che era qui… ma lei non mi voleva credere! – disse la voce della vecchietta dietro di lui. – Ma… ma, non è possibile! Io ho parlato con quest’uomo solo due giorni fa! – ammise lui senza voltarsi ma domandandosi come poteva già essere lì con il suo passo malfermo.

– Ci ha parlato! – non era una domanda. – Sì. Sono sicuro che era lui… due giorni fa sulla soglia di quella casa che ora pare abbandonata. – Si liberò lui. – Succede! – ammise candidamente lei“Succede?” si domandò mentalmente lui prima di voltarsi e trovare solo l’aria dietro di lui. – Cosa vuol dire che “succede”? – domandò ad alta voce in mezzo al cimitero deserto. Diede ancora uno sguardo alla lapide poi riprese il cammino verso casa.

Lungo la strada si rifiutò di pensare, di ricordare o analizzare tutti i dati che premevano nel suo cervello. Gli ultimi eventi avevano quasi cancellato la stupenda notte con la ragazza dai suoi pensieri, solo quando collegò la fotocamera al pc tutte quelle magnifiche sensazioni lo invasero nuovamente. Era talmente sicuro del risultato degli shitti che scaricò tutta la memoria prima di visualizzarli sul monitor. Aprì la prima immagine della serie e stentò a credere a ciò che vedeva.

Il lago appariva in tutta la sua bellezza, ma oltre all’acqua e al bosco intorno non c’era altro. Passò in rapida sequenza tutte le foto ma in nessuna di esse appariva la ragazza. Pensò d’impazzire, prima il vecchio che non esisteva più poi la ragazza che non appariva in alcun’immagine. Eppure le inquadrature testimoniavano la volontà di riprendere un soggetto preciso, non un panorama; aveva shittato a qualcosa che ora non veniva visualizzato. “Impossibile!” pensò.

Ingrandì qualche immagine nella zona centrale, la dove avrebbe dovuto trovarsi il soggetto, ma non scoprì nulla. Quasi sull’orlo della disperazione iniziò ad ingrandire una delle immagini della cashita e qui notò, finalmente, qualcosa di innaturale: l’acqua che scendeva s’infrangeva contro un ostacolo invisibile. La forma non era chiara ma qualcosa fermava le gocce d’acqua prima che giungessero a terra. Ridusse ed ingrandì più volte il dettaglio nel tentativo di scoprire una forma umana in quello strano disturbo, quindi iniziò ad applicare dei filtri in successione senza una regola precisa non ottenendo nulla di chiaro sin che non attivò il filtro basso rilievo e qui, finalmente, riuscì ad intravedere qualcosa.

Pareva che a deviare le gocce d’acqua fosse un quadrupede dal collo massiccio e molto lungo. Fissò a lungo l’immagine nel tentativo d’identificare quell’a****le ma non riuscì a capire a quale specie appartenesse. Richiamò alla mente i suoi studi, la sua esperienza di lavoro nei vari parchi naturali, ma la linea di quell’a****le gli era sconosciuta, e poi era sicuro d’aver fotografato una splendida ragazza!Stanco e con gli occhi che bruciavano spense il computer e si buttò sul letto senza spogliarsi, crollò immediatamente rapito da un sonno profondo che lo trattenne sino al mattino quando si svegliò con un pensiero preciso in mente: “centauro”.

Questo era l’essere ritratto nella foto. Stentava a crederci ma si sforzò di non lasciar campo alla parte razionale del suo cervello, non richiamò neppure la foto che aveva elaborato la notte precedente. Si preparò una veloce ma abbondante colazione mentre verificava il contenuto dello zaino che non aveva ancora svuotato, quindi s’infilò gli scarponi e uscì incamminandosi verso il sentiero del lago. Ora che conosceva la via camminava spedito e raggiunse la meta stabilendo un record personale.

Il lago era deserto, si era immaginato di trovare la ragazza ad attenderlo ma comprese che era solo un’illusione. Deluso si sedette su di un masso e fissò la cashita come se intendesse contare le gocce d’acqua. Rimase immobile con lo sguardo fisso per un tempo indeterminato e sarebbe rimasto lì sino alla fine del tempo se:- Ciao! Mi aspettavo di trovarti qui. – disse la voce della ragazza alle sue spalle. Lui si voltò lentamente, quasi timoroso di trovare conferma alla teoria che aveva sviluppato nelle ultime ore, ma trovò semplicemente la ragazza con il suo vestito bianco.

– Ciao! – rispose lui- Cosa ti ha portato qui? – domandò lei- Fai sempre le stesse domande?- Mi piace sentire come cambiano le risposte. Allora, cosa ti ha portato qui questa volta?- Tu! – ammise luiLa ragazza sorrise e fece un passo verso di lui. – Voglio sapere chi sei. – la bloccò lui- Non mi vedi?- No, devo sapere chi sei realmente. La ragazza fece ancora un passo sino a giungere a pochi centimetri da lui quindi disse:- Sono quella che tu vuoi vedere.

– Intendo dire che voglio conoscere il tuo vero aspetto. – Quello che vedi ora. – No, non è questo. Ti ho shittato delle foto e…. – Non stai sognando e tutto questo è reale… qui, e solo qui, intorno a questo lago. Lui la fissò negli occhi e seppe che non mentiva. Lei sollevò il viso offrendogli le labbra che lui accettò. Il mattino seguente scese a valle per procurarsi l’occorrente per costruire un rifugio, una casa, dove vivere sulle sponde di quel lago.

Lontano da tutti, dal mondo intero e dalle sue assurde regole, insieme a quella incredibile stupenda ragazza. Gli operaiDa qualche tempo stanno lavorando nella mia zona per questo tipo di impianti. Subito ho pensato a lui e alla sua storia: ho controllato anche se il tipo morfologico degli operai fosse lo stesso. Manco per niente: da lui erano tutti vecchiotti e panzuti ad eccezione di uno, il prescelto. Diciotto anni, fisico da sballo, occhi blu, biondo.

Qui, invece, ci sono una decina di bergamaschi, ben piazzati anche se rivestiti da orribili tute color arancio con strisce orizzontali fosforescenti. Li comanda un giovane alto, biondo con pizzo e con uno sguardo profondo. Mi sono soffermato spesso, in questi giorni, a rimirarmelo: difficilmente si vede un ragazzo bello come questo!Benché ingoffito dalla tuta orribile, ne sortisce splendente per le spalle muscolose e ampie che potrebbero fare invidia a qualsiasi culturista; muovendo le braccia nel lavoro fa guizzare muscoli che riempiono, tendendolo, il tessuto delle ampie maniche o, se si china per sollevare con facilità un peso, i pantaloni si tendono facendo rilevare il bordo degli slip che avvolgono un sedere tondo, forte, muscoloso.

Ripeto, una meraviglia. Ostenta anche una vera lucida, lucida: probabilmente è sposato da poco e questa brilla ancora, nuova e gialla. Anche gli altri sono veramente dei gran bei figlioli: ci sono due fratelli, molto simili. Lavorano sempre in coppia, aiutandosi l’un l’altro, al punto che se non si somigliassero tanto si potrebbe pensare ad una coppia d’amanti. Un altro è castano, alto quasi come il capo, mani grandi, braccia forti, gambe muscolose: guardandolo, il pensiero corre ad Ercole.

Poi ce n’è uno che sembra basso rispetto agli altri, ma è sul metro e settanta, capelli rasati, baffi lunghi alla “Gengis Khan”, è molto ben fatto e caloroso: anche se piove ha sempre la maglietta a maniche corte che scoprono braccia abituate al lavoro che spereresti possano cingerti, accarezzarti. Un altro, anche lui col pizzo, biondo, i lunghi capelli trattenuti a coda, il petto ricoperto da un pelo corto e fitto; ha occhi profondi e curiosi: quando ti guarda, sembra che ti spoglino.

Un altro è moro, baffi e barbetta disegnata: è quello che mi piace meno, ha profonde occhiaie e gli occhi cerchiati di blu. O non sta troppo bene o si fa troppe seghe! Con lui, in coppia, c’è un moro, forte come un torello: è sempre allegro e lo prende in giro, gli dà spintoni, cerca di farlo sorridere. L’altro si schermisce e finge di colpirlo, ma in fondo si vede che son proprio amici!C’è anche un ragazzino, o, meglio, tutti lo trattano come se lo fosse, anche se avrà un trent’anni, solo che ha un faccino angelico, quasi senza barba, due occhioni azzurri sempre meravigliati… è un po’ la mascotte e ci giocano un po’ tutti.

C’è un altro biondo che, sebbene sia meridionale, è ben inserito nel gruppo. Si capisce che viene dal sud perché spesso si fa ripetere le frasi in dialetto che gli altri si scambiano. Infine, l’ultimo: è addetto alla scavatrice, è un marocchino sui quarant’anni, sempre serio, forse perché per lui gli ordini che il capo impartisce sono proprio in una lingua sconosciuta: se già è difficile l’italiano, ora deve capire il bergamasco, quindi, con la scusa di non sentire a causa del rumore che lui stesso produce, si fa ripetere ogni cosa.

Oggi, finalmente, hanno cominciato a lavorare sul marciapiede sotto casa mia, così passo un sacco di tempo alla finestra, fingendo d’interessarmi ai lavori, ma guardando un po’ tutti gli operai e, in particolare, sbavando per il capo. Ruspe, scavatrici, martelli pneumatici, frese, picconi e mazze sono entrate in azione: fanno solchi, asportano asfalto e pavimentazione stradale, scavano facendo trincee e posano enormi e lunghissimi tubi di color verde-erba. Nel veder spostare e maneggiare con tanta destrezza e maestria questi lunghi serpenti ti vien di pensare che quelle mani sapienti saprebbero (e potrebbero!) maneggiare ben altri serpenti!Anche se il frastuono è incessante e insopportabile, per me è diventato quasi una musica di cui gli orchestrali sono loro e il maestro è Rinaldo, il caposquadra.

Ogni tanto esco e mi fermo a scambiare qualche parola, m’interesso del loro lavoro e mi meraviglio come riescano a fare sforzi così grandi, come siano esperti nello scavare, come muovano con tanta leggerezza frese e scavatrici. Rinaldo, poi, è veramente un mago: usa le attrezzature con una tal bravura che sembra muova forchetta e cucchiaio, piuttosto che benne e scavatori. E’ uno spettacolo: si vede che ama questo lavoro come poche volte ho visto fare.

Salta, piroetta, si muove con leggerezza spostando il suo gran corpo come un balerino della Scala. Infondendomi coraggio, l’ho invitato al bar: è cordiale, aperto, gentile. Il gigante delle favole!Consumato l’aperitivo bisogna tornare al lavoro, ma insiste perché vuole ricambiare … è una piccola vittoria, che mi fa felice! Quando?, non lo sa… ma sì, va bene stasera! Ma finiscono presto, alle cinque …“Sai cosa facciamo, vieni a prenderlo da me e, domani, ricambierai al bar!” tento, sperando in un sì che, dopo una piccola pausa, mi arriva.

“Devo avvertire mia moglie, ma non ci sono problemi: oggi sono venuto giù in moto perché devo fare delle compere, così gli altri possono tornare da soli. ” L’impresa appaltatrice è di un paesino vicino a Bergamo e vengono tutti insieme con il pulmino della ditta. Le ore passano lentamente, il frastuono impera e mi tiene attento ai lavori. Ad un certo punto mentre spio il guizzare leggiadro dei suoi muscoli, Rinaldo alza gli occhi, mi vede e si scioglie in un sorriso bellissimo.

Seppure mi senta come scoperto a spiarlo, quel sorriso mi fa un gran piacere. Ho preparato tutto per l’incontro: la musica di sottofondo, diverse bottiglie di alcolici, il secchiello col ghiaccio, le tartine preparate con le mie mani … e le cinque, che non arrivano mai!Finalmente, squilla il campanello: quando apro la porta, lui sta togliendosi la tuta sul pianerottolo “per non sporcare!”Lo faccio entrare, finisce di uscire dall’involucro arancione, è in jeans e maglietta: i due capi seguono, gonfiandosi, le linee splendide del suo corpo.

Si è tolto anche gli scarponi: gli offro le pantofole. Mi guarda, grato. E’ un po’ imbarazzato, intimidito… non sa come muoversi in mezzo a mobili antichi, quadri e statue… cerco di metterlo a suo agio, bevo lo stesso aperitivo da lui scelto e assaggio una tartina come la sua, m’interesso del suo paese, poi di sua moglie. Deve comprarle un borsa, perché domani è il suo compleanno, ma non sa dove andare, cosa scegliere… “Se vuoi, t’accompagno io!” “Ma no! Non vorrai andare in giro con uno tutto sporco come me!”Io con uno come te andrei in capo al mondo, penso rispondendo: “A me, non me ne frega… ma, se vuoi, puoi farti una doccia e, poi, andiamo.

” Sta per acconsentire, ma si tocca la maglia in un punto in cui c’è una grande macchia di grasso “No, no! son sporco!”Mi alzo e gli porto una camicia, tra le più grandi che ho. Accarezza lievemente con le dita il tessuto, se l’appoggia davanti per vedere se gli sta. La camicia di lino è color blu intenso e fa risaltare l’abbronzatura della pelle e il color del grano dei capelli. “Me la presti?” “Se ti piace, te la regalo!”“No, no! Se vuoi prestarmela… poi te la faccio lavare e te la…” Ma lo sospingo con dolcezza verso il bagno: ubbidisce.

Mentre comincia a spogliarsi, apro l’acqua della vasca e le lente volute di vapore cominciano ad avvolgerlo. Gli porto gli asciugamani: lui è lì, con solo gli slip, in piedi che guarda la vasca riempirsi. Così ho la possibilità di guardarmelo tutto: la pelle color della luna diventa improvvisamente ambrata sugli avambracci e sul collo per il suo lungo sostare all’aria aperta. I muscoli di braccia, gambe e petto sono adornati da una peluria giallo-oro.

Il tutto è una meraviglia!Vado di là per riprendermi e per non saltargli addosso. Poi torno con un vaso di sali odorosi di fiori: non lo guardo per non dover ricorrere io ai sali, ma a quelli per rianimarsi!Mentre esco di nuovo, con la coda dell’occhio, vedo che si sta immergendo nella vasca. Son fuori e tutto il mio cervello va alla ricerca di un’altra scusa per rientrare. Niente… non so più a che santo votarmi… Deve esistere, invece, un santo protettore dei gay arrapati: driiin, suona il suo telefonino, glielo porto e mentre risponde alla moglie, mi siedo sul bordo della vasca e me lo guardo.

Risponde a monosillabi, le assicura che è in un negozio e che è per questo che lei non sente rumori… (quando un uomo mente per me, mi fa sempre piacere!)E’ imbarazzato dalla mia presenza, gli faccio cenno se vuole che me ne vada. Fa cenno di no e velocemente finisce, con un “bacetto-bacetto”, la telefonata. Gli tolgo il cellulare, ma non mi muovo. Lo faccio parlare, mentre continua a insaponarsi. Cercando di ripescare tutta la mia naturalezza, poso il telefono e gli insapono con la spugna la schiena: ci so fare, lo so!Lui socchiude gli occhi come un gatto, io passo sotto le ascelle, sui pettorali, sul collo … gli passo una mano dietro come per farlo alzare.

E si alza! Mano e spugna cominciano a danzare sul suo corpo. Arrivo ai glutei, alle cosce, provo a farlo girare e si volta in tutta la sua perfetta nudità: gli occhi sono rigorosamente chiusi, come se, non vedendo, non ci fosse neppure lui, qui, sotto le mie esperte carezze. Risalgo le cosce, vado al ventre senza sfiorare il gran membro, floscio e appoggiato su una morbida sacca rivestita di peli biondi. Dopo il ventre l’addome, i pettorali e, lì, insisto sui capezzoli che, presto, si ergono rosei.

Dò un’occhiata giù: mi pare che anche da “quelle” parti ci siano movimenti. Allora scendo: di nuovo l’addome, il ventre e, finalmente, il sesso. Appena glielo tocco, si ritrae un po’, ma rimane nella stessa posizione, lascia fare. E, io, faccio!Ben presto, come succede quando s’immette l’elio in una mongolfiera, tra le mani mi si gonfia un meraviglioso e gigantesco uccello che mi fa sognare di volare nei paradisi del sesso!Insisto. E lui, fermo, gli occhi rigorosamente chiusi, sospira.

Gli tolgo il sapone e me lo guardo… una dimensione notevole e una forma perfetta! Il prepuzio è scivolato intorno al glande teso, color della prugna: mi eccita… non resisto e comincio a umettarlo con la lingua, a baciarlo, a leccarlo…Lui sospira rumorosamente, con gli occhi sempre chiusi e le braccia, inerti, lungo il corpo. Risalgo, saettandolo con la lingua, all’ombelico, poi seguo il sentierino biondo dei peli e arrivo ai pettorali, ai capezzoli.

Si contorce, ma non si ritrae. Glieli mordicchio, grugnisce rimanendo in offerta alla mia bocca e ai miei denti. Inserisco la punta della lingua nell’ascella: subito alza il braccio e io affondo naso e bocca tra i peli: ha un buon odore di maschio e di sudore. Lo mordo, sempre un po’ più forte, mentre lui cerca di divincolarsi, mi prende la testa e la avvicina al suo viso. Un piccolo bacio a fior di labbra è preludio ad un altro ben più sensuale e profondo.

Le lingue impazziscono in una danza di fuoco. Ci stringiamo fin quasi a farsi male. Le mani accarezzano i nostri corpi, le gambe si strusciano, il mio sesso, seppure ancora imprigionato dai pantaloni, urta contro il suo. E, lui, ha gli occhi ancora chiusi. Torno al suo pene: gocce di liquido gli decorano la punta. Le succhio, prima di ricominciare a percorrere tutta l’asta con labbra di fuoco. Questa volta sento che mi guarda, mentre mi accarezza i capelli, mentre mi palpa i muscoli, mentre mi fa cadere i calzoni e inizia a masturbarmi.

I suoi rantoli sono una piacevolissima musica! A volte s’attenuano, a volte s’intensificano. Quando, improvviso come il colpo della grancassa, nel silenzio esplode: urla ed emette lunghi getti di caldissimo nettare. Poi mi stringe, mi stringe… e “Cosa mi hai fatto fare!” mi rimprovera. Prende l’asciugamano, ma vede la mia eccitazione, allora si siede sul bordo della vasca, mi fa sedere sulla sua coscia e, con dolcezza, come se io fossi un bambino, inizia lentamente a masturbarmi.

Cerco la sua bocca e, mentre di nuovo le lingue impazziscono, gli vengo in mano. La guarda, curioso, poi la sciacqua nell’acqua, si asciuga, si veste. E’ come se non fosse successo nulla, parla di dove dobbiamo andare, del regalo da prendere… io son lì, come uno pirla, che lo seguo cogli occhi, seduto e nudo. La camicia gli sta veramente bene: son molti gli occhi che si girano a guardarlo! Son molti e alcuni sguardi sono di uomini! Mi fa piacere camminare con lui e sentire l’invidia degli altri!Stamane mi sono alzato presto, per vederlo arrivare: è lui che guida.

Appena parcheggiato, scende e comincia subito a dar ordini. Ma sente che lo spio, si gira, mi elargisce il suo più bel sorriso e mi grida “Le è piaciuta!” E’ contento, in fondo la scelta della borsa l’ho fatta io!Ricomincia il frastuono, forse anche più forte. Dopo un paio d’ore, proprio quando mi sembra di cominciare ad abituarmi, si fa silenzio: una pioggia fitta, costante, a tratti torrenziale li ha costretti a ripararsi alla meno peggio sotto cornicioni e balconi.

Sono tutti bagnati, intirizziti… mi fanno pena. Chiamo forte Rinaldo e gli dico di venire tutti su. Non vorrebbe, ma gli altri lo costringono ad accettare… Dieci meravigliosi stalloni tutti in casa mia! Che meraviglia …A mano a mano che entrano si presentano, lasciano nell’ingresso le grosse scarpe sporche e cercano di non sporcare. Dico a tutti di togliersi le tute, mentre accendo il camino. Poi, distribuisco asciugamani e preparo caffè e the che tutti beviamo insieme.

Senza le tute, posso ammirarli bene: anche il marocchino, che mi sembrava il meno bello, ha degli occhi splendidi, neri e profondi, un sorriso malandrino e un pacco così!Ma il pacco più grande, veramente proprio fuori norma, ce l’ha Mario, quello alto, con le occhiaie. E, fortunatamente, proprio lui si versa addosso il caffè!Non demordo dal fatto che se li deve togliere, in modo che glieli lavi io, i pantaloni. Anche i compagni insistono: forse son tutti un po’ curiosi di vederglielo e, quando finalmente rimane in slip, mostruosamente deformati, tutti rimangono in silenzio.

Solo Gianni, il torello che fa sempre coppia con lui, comincia a stuzzicarlo, a fare allusioni, a scherzare… io sono ammutolito, non so cosa sperare e, quando Gianni per fargli uno scherzo, gli abbassa le mutande, tutti gli occhi sono puntati lì, a invidiare quella lunga proboscide rosea. Mentre, incavolato si riveste, Mario gli lancia parolacce, poi mi chiede se può andare in bagno: glielo mostro mentre metto i pantaloni in lavatrice. Sono curioso, e anche un po’ troia, così attraverso il buco della serratura lo spio e vedo che si sta masturbando: entro e glielo prendo in bocca subito, o meglio faccio quel che posso, viste le dimensioni!Lui spinge in avanti il pube, accettandomi.

Non è un gran pompino, ma gode e io m’affretto ad andar di là, dagli ospiti. Stanno parlando del tempo schifoso e di come faranno a continuare, poi, con il terreno che sembra una palude. Lancio l’idea che, finché piove, possono rimanere qui: faccio una spaghettata e stiamo tutti insieme. Sebbene Rinaldo non voglia perché non mi devo disturbare, comincio a preparare, mentre loro spaparanzati un po’ ovunque accendono il tv. Angelo, il ragazzino, si offre d’aiutarmi in cucina… quando “incidentalmente” lo tocco sulla patta, lui diventa rosso e mi pare abbia un inizio d’eccitazione.

Glielo tocco: è quasi duro. Chiusa la porta, gli abbasso i pantaloni e inizio a portarlo all’ultimo cielo, come mi sussurra lui: quando sta per venire, insiste nel versare tutto il suo nettare nel sugo di pomodorini freschi che sto preparando. Forse è la sua vendetta per tutte le angherie che gli han sempre fatto tutti!Vado in soggiorno per offrire un buon vinello nell’attesa del pasto: Mario tiene attorno ai fianchi un asciugamano, nessuno lo prende più in giro, tutti seguono ridacchiando il programma televisivo.

Ma non c’è due senza tre! continuo a pensare, mentre me li passo in rassegna per vedere a chi potrei fare il servizietto… Non so proprio chi scegliere, né cosa inventare! Ma volere è potere!“Devo scendere in cantina a prendere dell’altro vino: c’è qualcuno che vuole aiutarmi?” Rinaldo fa per alzarsi, ma Giorgio, il mio Ercole, è già in piedi accanto a me… sento lo sguardo di Rinaldo seguirci… che volesse ancora?L’ascensore è piccolo e sento il suo odore… gli sorrido, cercando un possibile approccio… “Rinaldo m’ha detto che l’hai fatto godere …“ mi dice prendendomi la mano e appoggiandola sulla sua eccitazione.

Gli scendo la zip e libero la sua virilità: non è molto grosso, ma è pulito, roseo, voglioso. Mentre m’abbasso per accoglierlo in bocca, Giorgio preme il bottone dell’ultimo piano e mentre inizio il mio “sali e scendi”, lui continua a fare andare l’ascensore dal settimo al piano terra e viceversa. Esplode, rantolando, in un getto buono, dolce e amaro allo stesso tempo. Entrando con la cassetta di vino, Rinaldo mi aiuta, ma mi guarda in fondo agli occhi: sa che cosa ho fatto.

Si vede che è pentito della confidenza all’amico… forse è geloso…In cucina, allontana Angelo, mi sbatte contro la parete e mi bacia. “Domani sera, mi fermo da te!” E’ un ordine, quasi una promessa di punizione. M’illumino del mio più bel sorriso e “A tavola!” grido per raccoglierli tutti intorno agli spaghetti fumanti. Mi schermisco per i complimenti generali, aggiungendo che se è così buona lo si deve all’aggiunta segreta che ha fatto Angelo: è un vero maestro in cucina.

Tutti vogliono sapere, ma lui si rinserra nelle spalle, con le gote rosse. E’ stato un vero piacere averli qui: ora che tra le nuvole sparuti raggi di sole occhieggiano, sono tutti giù in strada, impantanati nel fango a smoccolare. Ogni tanto qualcuno alza lo sguardo, mi invia un sorriso, mi strizza l’occhio, mi fa un cenno di saluto. Che squadra meravigliosa e che splendido capo!Selam, il marocchino, mi urla “Mio maglione in casa tua!” Lo cerco e faccio per gettarglielo dalla finestra, ma non c’è più: dev’essere venuto su a prenderlo.

O a darmelo? Che Rinaldo l’abbia detto a tutti?Entra sicuro in casa, fa qualche passo massaggiandosi il basso ventre mentre mi perfora con il suo sguardo di carbone. Al mio sorriso, si abbassa i pantaloni, scoprendo uno strano uccello, violaceo, lungo, nerboruto, coperto di grosse vene e tutto piegato a destra. Mentre dò inizio al lavoro di bocca, lui mi arpiona il sedere, mi palpa tra le natiche, m’inserisce un dito… ma non voglio, se devo farlo sarà con Rinaldo.

Tiro fuori tutta la mia arte e lo faccio velocemente venire. Se ne va senza una parola, non molto contento. E, quattro! Me ne mancano solo cinque e poi ho fatto l’en plein!Ma non succede più niente … sono proprio sfortunato! Domani sera, però, c’è Rinaldo e con lui mi rifarò. Stamattina è ancora coperto, fa quasi freddo: in strada i lavori continuano, anche se ne manca uno: uno dei fratelli non è presente, l’altro mi dice che ha dovuto andare per delle faccende burocratiche.

“Ma sta bene! Certo! Sì, grazie! Un caffè lo prendo volentieri …” Finge d’andare al bar, non si fa vedere dagli altri e vien su. Gli son grato perché non voglio che Rinaldo si faccia una cattiva idea di me: in fondo, quello che ho fatto è stato per accontentarli: io sono tutto e solo per lui, per il mio gigante biondo!Quando se ne va, Alberto mi ringrazia: è l’unico che l’ha fatto, per gli altri tutto era dovuto.

Mi lascio andare e gli chiedo se Rinaldo aveva detto qualcosa e, lui, con un po’ di reticenza, racconta che qualcuno l’aveva preso in giro perché era salito da me e lui aveva sbottato che, però, s’era divertito tanto!Per questo, un po’ tutti avevano detto di voler provare… anche se, e lui lo sapeva bene!, alcuni non erano nuovi, l’avevano già fatto!“Chi?” m’affretto a chiedere. “A volte, tornando, ci fermiamo ad una certa piazzola dell’autostrada e qualcuno sta un po’ troppo nei bagni.

Allora abbiamo capito che lì c’è movimento e, a turno, qualcuno si va a far fare. ”“Anche tu?”“Una volta sola: io e mio fratello insieme!”“E chi, degli altri?”“Rinaldo, mai! Per questo s’è vantato di te! Invece Mario ci va spesso e anche Uberto e Ado. ”Uberto è quello colla coda di cavallo e Ado è il suo amico moro. “Me li mandi su, con una scusa?Quando suonano, hanno già la faccia maliziosa, sanno bene cosa sono venuti a fare …Il lettone ci accoglie, nudi, tutti e tre e diamo inizio a una veloce, ma succulenta, schermaglia.

Si vede che a loro la cosa piace, si toccano anche fra di loro … Sono abituati a giocar con i loro uccelli!Quando vengono, quasi contemporaneamente, mi spalmano addosso, con le forti dita, il loro seme! Se ne vanno allegri … ma, chi mi manca, ora?Penso sotto lo scroscio della doccia. Il fratello che non c’è e me lo farò domani … ora tocca a Salvatore, il napoletano, e a Giacomo, quello coi capelli rasati.

Sto pensando a chi chiamar su, quando suona il campanello: è Alberto con il fratello: “Ha già finito l’impegno e ho pensato di venire a trovarti …”Entrano e mentre Alberto si accomoda in poltrona proprio davanti a noi, cominciamo a far l’amore. E’ come se l’eccitazione aumentasse sotto lo sguardo eccitato del fratello: è un tornado, è anche più caldo dell’altro … quando me lo prende in bocca, vedo Alberto che si masturba con foga.

Alla fine, veniamo insieme tutti e tre!Avvertito da Alberto, Giacomo, dai capelli rasati, suona alla porta. Ormai non c’è bisogno di doppisensi, sappiamo sia io sia lui che cosa dobbiamo fare. Se lo tira fuori, è grosso ma con il prepuzio che non scende. Per lui è un po’ doloroso, ma ha voglia e ben presto si soddisfa. Andando, soggiunge “Che, ti devo mandare anche Paolo?” Non rispondo, ma sa che è un sì.

Mi faccio un’altra doccia, quest’ultimo incontro è stato arido, vuoto… Infilandomi l’accappatoio, mi accorgo che Paolo è già entrato: ha suonato e, non avendo risposta, è venuto a cercarmi. Si spoglia anche lui, mi fa scivolare l’accappatoio ai piedi, si avventa su un capezzolo, mentre contro il ventre preme, voglioso, il suo sesso. Si china a prendermelo tra le labbra. Lo spingo sul letto e anch’io l’imbocco… Quando mi guarda, la malizia e il piacere si miscelano in dolcissimi e voluttuosi sguardi.

Baci, carezze, coccole si susseguono. Come mi piacerebbe che Rinaldo fosse bravo come lui …Con Paolo le cose si protraggono. E’ bravo e gli piace molto far l’amore. Ma, improvvisamente, si sente un fischio lungo, prolungato … Paolo guarda l’ora: deve scappare, è tardi … impugna l’uccello, lo agita velocemente e mi spruzza in viso tutta la sua voglia. Sotto la doccia, per la terza volta, faccio il bilancio di queste due giornate … non male, non male! Una squadra di dieci, col capo!Ma, al capo, devo fargliela pagare e, fra poco, quando sarà qui, voglio insegnargli che non si deve sputtanar la gente, anche se è stato così bello esser sputtanato!Fra poco fingerò d’essere arrabbiato; fingerò di non voler fare l’amore con lui … e, poi … poi, mi donerò tutto a lui, al mio gigante biondo e bello e caldo e … Il debito di mamma La mia vita trascorreva abbastanza lenta e monotona, niente emozioni, niente trasgressioni, anche con mamma andava tutto bene, ogni tanto usava il mio appartamentino in Via Pavia con il “suo” ginecologo, in università avevo addirittura dato i primi tre esami, nulla di che, appena sufficiente, tanto papà diceva che i voti del biennio non facevano media, comunque tant’è, poi un giorno la mamma mi chiama e mi dice che mi viene a trovare, e cosa sarà mai successo?Mamma è nervosa, tesa, le faccio un the, le sue mani sembrano in moto perpetuo, cerco di calmarla ma non è facile, poi scoppia a piangere e si sfoga :La mamma gioca, sì è una giocatrice incallita, io pensavo solo a bridge, con le sue amiche una o due volte la settimana ma non è così, mi spiega che una delle sue tante amiche “per bene” l’ha accompagnata in un posto, qualche mese prima e, lei ha continuato ad andarci anche da sola, a volte vince a volte perde, ma questa volta ha perso molto, molto più di quanto possa recuperare da papà senza insospettirlo, lei gioca a chemin, non chiedetemi com’è che si gioca perché non lo so, so solo che ha fatto un “buco” di dieci milioni e che il giorno dopo scade il termine per pagarli, chiaramente non li ha, le chiedo se non c’è qualcuno che possa prestarglieli, ma risponde che sono tutti amici suoi e di papà e questi lo verrebbe a sapere subito, le chiedo dei suoi gioielli, ma qui la confessione, li ha già usati facendosene fare di falsi per non insospettire papà, uffah che storia, cerco di tranquillizzarla ma non c’è verso, allora le prometto di accompagnarla il giorno dopo e vedremo cosa si può fare, visto poi che papà è, come al solito, in giro per l?Italia le propongo di fermarsi a dormire e così fece.

Il giorno dopo, a colazione, mi raccontò che si trattava di un locale, chiaramente clandestino, dove si giocava d’azzardo, era di proprietà di due fratelli, probabilmente, anzi sicuramente, legati alla malavita, ma pensa in cosa doveva andare a cacciarsi la mia mammina? Il suo timore, comunque, non era che potessero farle del male, del resto aveva sempre pagato, bensì che facessero in modo che papà lo venisse a sapere e, questo sarebbe stato “assolutamente improponibile”, mia madre ha sempre usato questi termini, se non si fosse trattato di una situazione così drammatica, sarebbe stato da ridere.

Il pomeriggio ci truccammo, ci vestimmo con attenzione, mamma diceva che si trattava di un locale elegante, e poi, con il mio maggiolino ci dirigemmo verso Piazza Napoli, da lì verso il Lorenteggio e, dietro Piazza Frattini trovammo un parcheggio, la palazzina era abbastanza anonima, praticamente una villetta, le finestre erano chiuse da persiane, dall’esterno non sembrava che lì si svolgesse una qualsiasi attività, ma mamma suonò al citofono e subito il cancelletto si aprì, attraversammo il giardino e poi salimmo alcuni gradini per arrivare all’ingresso, lì mamma suonò ancora un campanello posto di fianco al portoncino e, subito ci venne aperto, un uomo, in giacca e cravatta ci accolse, chiudendo la porta alle nostre spalle, ci diede il suo benvenuto e si appropriò dei nostri soprabiti.

La mamma mi guidò attraverso un corridoio e poi oltre una porta dove entrammo in una sala abbastanza ampia dove una decina di persone stavano giocando alla roulette, mamma si diresse in fretta verso una specie di ufficio che scoprii essere la cassa e chiese del proprietario, il sig. Cavalcanti (nome inventato, chiaramente) ci venne detto di attendere e, dopo pochi minuti venimmo invitate verso un corridoio al cui inizio c’era una tenda color rosso, mamma doveva conoscere bene la strada perché vi si diresse a passo svelto fino ad arrivare, all’incirca a metà corridoio davanti ad una porta, ai lati della quale c’erano due uomini seduti su delle sedie, non dissero una parola, ci fecero solo cenno di entrare; entrammo in un bell’ufficio, abbastanza ampio, una scrivania, un divano con una pio di poltrone, tappeti ed un mobile bar in un angolo, con mamma ci sedemmo su due poltroncine poste di fronte alla scrivania, una porta, sul lato sinistro della stanza si aprì ed un uomo molto elegante entrò, aveva i capelli un po’ lunghi, ma indossava un completo grigio sicuramente di qualche stilista, azzardai un ‘Armani, subito si rivolse alla mamma :” Cara Signora, l’aspettavo con ansia, ma ero certo non sarebbe mancata al nostro appuntamento” poi si sedette nella poltrona dietro la scrivania, “ E questa bella signorina chi è?” aggiunse appena seduto, mamma gli spiegò che ero sua figlia, la sua unica figlia e che facevo l’università e lui ancora :” così giovane e con una figlia già così grande”, mamma, comunque, era sulle spine, aprì la borsa e ne trasse una busta, l’appoggiò sulla scrivania e poi la spinse verso l’uomo spiegandogli che era tutto quello che aveva potuto racimolare e che se avesse avuto ancora un po’ di tempo avrebbe saldato il debito al più presto.

L’uomo non disse niente, contò i soldi nella busta e poi li gettò con uno shitto contro mia madre, il suo tono cambiò, si alzò in piedi e quasi urlando disse”due milioni, due milioni, cosa pensava di fare con due milioni? Me ne deve dare DIECI” urlò più forte, mamma non sapeva cosa rispondere, allora intervenni io raccogliendo i soldi che per fortuna erano ancora quasi tutti nella busta “ Se mamma le dice che pagherà, lo farà senz’altro, ha solo bisogno di un po’ più di tempo, non c’è bisogno di reagire così” rimisi i soldi sulla scrivania e li spinsi di nuovo verso di lui , si sedette, si appoggiò all’indietro sulla poltrona e disse , con un tono molto diverso :” E quanto tempo vi occorrerebbe?” mamma rispose che si trattava solo di qualche giorno, lui, intrecciando le mani sul piano della scrivania, in modo però che la busta con i soldi rimanesse tra le sue mani ed il suo corpo, disse :” vi concedo fino a domani alle 4 del pomeriggio, però… “ rivolgendosi a me questa volta, “ dovrà darmi qualcosa in cambio di questa proroga, vero signora?” girandosi verso mia madre, lei abbassò lo sguardo e compresi che ci era già passata, l’uomo si alzò e, girando intorno alla scrivania si mise proprio di fronte a me, si appoggiò al piano del tavolo e si tirò giù la lampo dei pantaloni estraendone il pene e disse” bene, signore, chi delle due…… “ compresi subito cosa voleva, era chiarissimo, allungai una mano, gli impugnai il membro con la mano destra e cominciai a leccarlo, lo inumidii per bene e poi lo presi in bocca, volevo fare in fretta, con la coda dell’occhio avevo visto la mamma girarsi dall’altra parte, lavorai di lingua e bocca senza fermarmi, ci misi almeno un quarto d’ora prima di venir colpita proprio sul naso dal suo primo schizzo di sborra; presi un cleenex da una shitola sulla scrivania, mi ripulii il viso e rivolgendomi all’uomo :” ci vediamo domani” presi la mamma per mano ed uscimmo dalla stanza e, dopo poco da quel posto “elegante”.

Durante il tragitto in macchina la mamma piagnucolò un po’, le dissi che l’indomani sarei andata io a saldare il debito e la riaccompagnai a casa. Il mattino dopo, mi alzai all’alba, erano praticamente le 8, come si fa ad alzarsi a quell’ora? Comunque visto che durante la notte avevo preso una decisione, presi una piccola borsa che avevo preparato ed uscii, ho un amico barista pratico di “queste cose”, mi aspettava all’angolo di corso San Gottardo, andammo in un posto in centro noto a molti milanesi, “il monte di pietà”, unico modo per recuperare del denaro in fretta senza vendere nulla, tutti i miei gioielli erano in quella borsetta , mi servivano 8 milioni, ne ricavai 6, non erano sufficienti ma avrei fatto in modo che bastassero.

Il pomeriggio, dopo aver fatto un bel bagno caldo, mi truccai e vestii per l’appuntamento delle 16,00, un tailleur che mi invecchiava un po’ ma mi stava benissimo, con la gonna che aveva uno spacchetto posteriore che lo rendeva sexy,sotto la giacca un top di seta praticamente “inesistente”, calze di seta nere velate e scarpe di coccodrillo tacco 10, i miei lunghi capelli biondi raccolti in una trecciona che mi ricadeva sulla spalla destra occhiali dal sole, pochette anch’essa di coccodrillo con dentro i 6 milioni recuperati; arrivata davanti alla stessa palazzina del giorno prima ripetei l’iter già collaudato con la mamma e venni introdotta nello stesso ufficio, stavolta il sig.

“Cavalcanti” era già seduto alla sua scrivania, non si degnò neppure di alzarsi, con un cenno mi indicò una delle poltroncine di fronte a lui, mi sedetti accavallando le gambe ed appoggiando la pochette sulla scrivania, lui intervenne subito :” Ha portato i soldi?”,Risposi che li avevo portati ma che ne avevo recuperati solo una parte ; 6 milioni, ne mancavano “solo” 2, ma se avesse aspettato, al massimo una decina di giorni avrei provveduto senz’altro, stavolta no disse nulla, contò i soldi che avevo tolto dalla borsetta e gli avevo allungato oltre il tavolo, poi aprì un cassetto e li ripose, appoggiò i gomiti alla scrivania e mi disse :” Signorina, le ho già concesso una proroga, per la quale, devo dire sono stato pagato in maniera soddisfacente, almeno per me, però per una decina di giorni………… ho paura che il prezzo sia molto più alto, inoltre devo, per forza chiedere un parere al mio socio che, oltretutto è anche mio fratello”, risposi chiedendo di darmi un’idea di questo prezzo così alto, allora si alzò ed invitandomi a fare altrettanto si diresse verso la porta dalla quale il giorno prima era uscito, mi invitò ad entrare e mi ritrovai in una specie di soggiorno, con due divani, ad uno dei quali era seduto un uomo, con un giornale in mano,che aveva in effetti una qualche somiglianza con il sig.

Cavalcanti, questo, a differenza del fratello, si alzò per stringermi la mano che, tenne tra le sue per qualche istante squadrandomi con attenzione, il fratello gli spiegò il problema e la mia richiesta di proroga, poi, lasciandomi in piedi, davanti ai divani si sedettero vicini, poi il “nuovo” fratello mi disse, indicandomi un’altra porta alla sua sinistra :” vai in quella stanza, c’è un letto, spogliati ed aspetta”, quasi come un automa, con le gambe rigide, obbedii, entrando in quell’altra stanza, mi richiusi la porta dietro le spalle e mi ci appoggiai respirando forte, poi mi guardai intorno, a parte alcuni mobili antichi lungo le pareti, il centro della camera era dominato da un grande letto a baldacchino, con drappeggi rossi e un copriletto dello stesso colore, tolsi la giacca del tailleur e la appoggiai su una poltroncina, poi “scesi” dalle mie scarpe, feci scorrere la cerniera della gonna e un po’ sculettando la feci scivolare per terra, poi la raccolsi e le feci raggiungere la giacca, mi feci passare il top sopra la testa, poi slacciai gli automatici del reggicalze e sganciai le calze appoggiando i piedi al sedile della poltroncina, staccai il reggicalze ed infine, chinandomi in avanti mi tolsi le mutandine di pizzo, poi rimasi in piedi, di fianco al letto ad aspettare.

I due fratelli entrarono insieme, mi guardarono girandomi intorno, poi sorrisero, quasi contemporaneamente,il sig. Cavalcanti si tolse la giacca e in poco tempo si spogliò completamente, mi venne vicino, mi fece girare verso il letto, poi mi spinse facendomi piegare in avanti, sentii le sue mani allargarmi le natiche e la sua lingua lambirmi le grandi labbra ed il buchino posteriore, io,ero praticamente distesa in avanti sul materasso, però con i piedi per terra ed il viso appoggiato al copriletto, cominciavo a sentire l’effetto di quella lingua, le mie labbra si gonfiavano, ero già bagnata abbondantemente, oltre la lingua sentivo anche le sue dita intrufolarsi nei miei orefizi, ora volevo mi penetrasse, volevo un cazzo dentro di me, e glielo dissi, quasi urlando, non si fece pregare e sentii la sua cappella farsi strada nella mia fica fradicia di umori, aprii gli occhi mentre lui mi penetrava e, davanti al mio viso, vidi il fratello, completamente nudo, seduto davanti al mio viso, la cosa incredibile era il suo pene, non ne avevo mai visti così, sembrava il ramo di un albero, tutto storto e nodoso, non lungo ma…..grosso del tutto diverso da quello dell’altro fratello che, intanto, mi stava “sbattendo” al punto che sentivo le sue palle sbattere contro le mie natiche ad ogni colpo, presa da ingordigia allungai una mano e , successivamente la lingua, cominciai dal suo scroto, lentamente, molto lentamente, ne assaporai ogni centimetro prima di imboccarlo e farlo scorrere nella mia bocca, lo sentivo pulsare contro il mio palato, averlo nella mia bocca mi dava piacere quasi quanto l’altro pene che avevo nel mio corpo e che, imperterrito, continuava il suo andirivieni nella mia vagina, finalmente, con un grido roco, il sig.

Cavalcanti venne dentro di me, sentii il suo primo schizzo caldo infrangersi contro il mio utero e, successivamente, sentii il suo pene ritirarsi da me; intanto ero presa da quello che, penso , sia stato il mio miglior pompino ……. fino a quel momento, rifiutavo l’idea di lasciarlo andare, ma mi sentii sollevare e mettere sul letto e, dovetti per forza abbandonarlo, il fratello che mi aveva appena omaggiato del suo sperma presentò il suo membro alla mia bocca perché ne “risollevassi” le sorti, ed ecco sentii strusciare tra le mie cosce quel ramo d’albero, strisciò la cappella sulle mie grandi labbra che si dischiusero naturalmente ma, passò oltre, e puntò al mio buchino posteriore, quel mostro voleva infilarsi nel mio corpo dalla porta posteriore, dalla parte più “stretta” e difficile, appoggiò la punta al mio buchino e …… spinse, lentamente, un centimetro per volta, dandomi il tempo di abituarmi a quell’ospite tanto scomodo quanto……..piacevole, certo che stavo guadagnandomi la mia proroga ma non stavo “soffrendo” troppo, a parte quella cosa dentro di me, uhm ancora un centimetro, poi ancora, stringevo il copriletto nelle mani mentre, comunque, l’altro fratello, ballonzolava la sua cosa moscia tra le mie labbra.

Ecco, era arrivato in fondo, non penso riuscisse ad andare più avanti di così, si fermò, rimasi in attesa, penso passarono quasi due minuti prima che iniziasse a muoversi arretrando leggermente e poi tornando nella posizione precedente, poi arretrando ancora un poco di più e tornando avanti, poi ancora e ancora e………..ancora. Uhmmmm il piacere che mi stava dando, tanto gliene ero grata che cominciai a succhiare con entusiasmo il cazzo del fratello che sembrò dare segni di rinvenimento, i colpi che stavo ricevendo adesso erano lunghi e profondi, la strada si era aperta, ora per lui era più agevole, tanto che, ogni tanto, usciva da me per poi rientrare quasi subito, ad un certo punto mi prese per i fianchi, si sedette contro la spalliera del letto e mi tirò sopra di se, praticamente impalandomi e facendomi saltellare su quel cazzo nodoso, il fratello si mise, invece, davanti a me e mi penetrò con un colpo secco di reni, ma l’altro fratello non veniva mai? Avevo il sederino in fiamme e quello continuava a stantuffarmi come niente fosse, il primo, il sig.

Cavalcanti, durò solo una decina di minuti e mi scaricò sul pube il suo seme denso e biancastro, e si sdraiò sul letto al nostro fianco, il proprietario del “mostro” invece uscì da me, e prese, per qualche istante il posto del fratello, provocandomi l’ennesimo orgasmo, poi mi fece scendere dal letto, appoggiare un piede a terra ed uno sul materasso, tenendomi ad una colonnina e, mettendosi dietro di me continuò ad incularmi, questa volta con molta forza, ad ogni colpo quasi mi sollevava da terra, poi, ad un certo punto, uscì di colpo da me, mi spinse per terra e, tenendosi il cazzo in mano lo puntò alla mia faccia e con un urlo gutturale si scaricò su di me, venni praticamente …..inondata, sperma bollente, denso, copioso, con la lingua cercavo di catturarne il più possibile ma ce l’avevo dappertutto , mi aggrappai alle sue gambe e leccai le sue cosce e di nuovo quel mostro non ancora in posizione di riposo, mi sentivo svuotata ma …..sazia, mi prese tra le braccia, mi baciò e mi distese sul letto di fianco al fratello, poi si stese dall’altra parte e mi abbracciò, mi addormentai così, tra le sue braccia.

Guardando il mio orologio mi accorsi che avevo dormito almeno 3 ore, ero sola sul letto, silenzio intorno, c’era una porta che vidi portava in un grande bagno, c’era la doccia ma venni attirata da una grande vasca incassata a pavimento, la riempii d’acqua e mi ci immersi, avevo trovato del bagno schiuma, penso che ci rimasi per una buona mezz’ora, poi mi asciugai strofinandomi energicamente, il mio corpo era leggermente dolorante ma ancora assaporavo il piacere che mi avevano dato i due fratelli, mi rivestii ed uscii dalla stanza, sicura di aver ottenuto la mia proroga, ripresi la mia borsa dalla scrivania e guadagnai l’uscita, arrivata alla macchina aprii la borsa per prenderne le chiavi e vi trovai un biglietto, c’era una data ed un’ora, da lì ad una decina di giorni e subito sotto c’era scritto : Saldo ed interessi.

Sorrisi e risalii in macchina. Nefalia, la città del sesso violentoMi chiamo Chiara, sono alta un metro e 70, terza di reggiseno, culetto tondo e formoso e una passione sfrenata per gli africani, tutti, dal Maghreb all'africa più nera. Lavoro come impiegata, ma durante il fine settimana faccio la promoter per le discoteche di Bologna, ed è grazie a questo lavoretto che ho avuto il mio primo contatto con un ragazzo di colore che mi ha cambiato la vita.

Sono sempre stata libertina e ho sempre adorato essere presa con forza, sottomessa e scopata dal mio partner e grazie al mio lavoro di promoter riuscivo sempre ad avere ragazzi per provare esperienze nuove, in periodo di Erasmus poi era festa grande. Francesi, tedeschi, spagnoli (niente male quelli), romeni e altri…All'appello mi mancava però di provare un uomo di colore, o un magrebino, benché alcune mie amiche mi sconsigliassero questa mia fissa, perché secondo loro “sono pericolosi”.

Una sera a Bologna, vicino al Parco nord, stavo distribuendo volantini per una serata, mi guardavo in giro e appena vedevo un ragazzo che mi sembrava africano lo fissavo, alcuni mi scopavano con gli occhi, ed ero già eccitata per questo, ma poi si avvicina un ragazzo in compagnia di alcuni amici, era un bellissimo ragazzo alto quasi due metri, possente e bellissimo, nero come la notte! Dissi: Ciao! ti va una serata in una discoteca non tanto lontana da qui? lui rispose: non sono di qua, non la conosco, ci accompagni? io risposi “si, certo!” Nel tragitto mi raccontò che era un ragazzo senegalese e che si chiama Cheick, io dissi che mi chiamavo Chiara.

Arrivati alla discoteca mi chiese se potevo restare per una bevuta, per ringraziarmi di averli consigliato la discoteca, i suoi amici erano tutti sparpagliati ed io e Cheick ci mettemmo a bere un drink insieme. Era bellissimo, uno sguardo magnetico che mi faceva sesso, ma non riuscivo a guardarlo negli occhi, lui si accorse del mio disagio e mi chiese se c'era qualcosa che non andasse, non so cosa mi prese ma gli dissi:”Se ti dicessi che ho sperato davvero che tu mi invitassi ad accompagnarti qui perché mi piaci tu cosa diresti?””Che io ho sperato che venissi con me, perché sei molto carina e mi dai l'idea di essere un fuoco!”Scoppiamo a ridere, poi, si fece più audace, mi mise una mano sulla coscia, si avvicinò, sentivo il suo maschio odore e mi stavo bagnando, iniziai a gemere come una bambina, lui si accorse che ero pronta per essere scopata e mi portò in un parcheggio non lontano dalla discoteca, dove aveva la macchina, ci mettemmo in auto, ci baciammo, fu piuttosto violento, mi toccava, aveva mani in ogni parte del mio corpo, mi desiderava, voleva nutrirsi del mio corpo.

Gli sbottonai i pantaloni ed usci qualcosa di meraviglioso: un cazzo grosso, infinito, la sua cappella circoncisa era una meraviglia. Mi gettai a succhiarli il cazzo, con la mano mi spingeva fino in gola il suo palo, dissi: Piano, non sono abituata!”Devi abituarti troia!”. sentii un brivido che mi attraversava, finalmente qualcuno che se ne fregava di me, che mi usava, mi sottometteva e mi scopava come volevo. Si mise sopra di me, mi impuntò il suo missile e lo fece entrare con violenza: “ahh, oh mio dio, ma è enorme! oh si, ahhh piano tesoro, la mia ficaaa” ma lui se ne fregava, trattava la mia piccola figa bianca con rabbia e depravazione, ad ogni colpo aumentava la velocità ed io ero sempre più alla sua mercé.

“Troia adesso usciamo, voglio prenderti da dietro”, uno schiaffo ed io obbedì, uscimmo dalla macchina, mi misi sul cofano e si prese il mio culetto che fino a poco prima gli sculettava in modo provocatorio davanti, voleva essere provocante, volevo farlo scoppiare di desiderio e volevo che mi scopasse fino a farmi male e così fece. “Mi avevano detto di quanto troie sapete essere voi italiane, ma adesso ho prove!””MMM siiii sfonda il mio culo ahh si, Cheick, sfonda la tua puttana italiana!”Mi scopò con violenza, mi sottomise in tutto e per tutto, mi riempì il culo di schiaffi fino a farlo diventare rosso, fino a quando emise un urlo… stava venendo, sentivo un lago che mi riempiva il culo, uscì dal mio culo e mi ritrovai allagata di sborra, mi usciva da tutte le parti, le mie cosce erano dei torrenti in piena, provai di asciugarmi alla bene e meglio e tornammo in discoteca, salutai Cheick dicendoli che era stato qualcosa di sublime e sperando di rincontralo, appena i suoi amici mi videro stordita e con i capelli in disordine vidi Cheick sorridere e i suoi amici sghignazzare, ma non me ne fregava niente, perché da quella sera ho capito di amare i cazzi neri e africani.

Così è cominciata la mia vita da libertinaQuesta è la storia, vera, di una casalinga benestante, sposata con un professionista, che, dopo 9 anni di matrimonio felice, ha ritrovato, grazie alla lettura di un ebook, nuovi stimoli erotici, scoprendo un lato della propria personalità che non aveva neppure sospettato di possedere. Mi chiamo…ecco, mi chiamo Vanessa…diciamo. Una domenica di maggio, eccezionalmente calda, vado al mare con mio marito per il primo assaggio di abbronzatura.

Mentre sono lì, ricevo un sms: è una mia amica che, un paio di anni prima, mi aveva consigliato di leggere ൺ sfumature…” ; a suo dire, è un capolavoro della letteratura erotica. Io, dopo circa 40 pagine, l' avevo definitivamente abbandonato. Non riuscivo proprio ad andare avanti, lo trovavo noioso, ripetitivo e prevedibile. Lei si era molto meravigliata, specialmente conoscendo come la pensavo riguardo al sesso. Nel messaggino mi invia il link di un ebook, “sfidandomi” a trovare noioso anche quello.

Alla sera, dopo cena, mio marito guarda una partita alla tele. A me non interessa, allora prendo il PC e scarico l' ebook. Anche quello, all' inizio, mi sembra abbastanza noioso, ma decido di andare avanti. Finita la partita, mio marito mi chiede che cosa sto leggendo. Io glielo dico e lui si siede accanto a me sul divano. Leggiamo qualche pagina insieme. L' azione che si sta sviluppando si fa interessante. Mio marito si alza per andare a letto e io, un pò a malincuore, lo seguo.

Prima di addormentarmi, forse stimolata da quanto letto, la memoria va indietro, al mio primo giorno di lavoro nello studio di mio marito. Io avevo 21 anni, e, a parte qualche innocente filarino adolescenziale, non avevo avuto nessuna relazione. Lui ne aveva 30 e…mi piacque subito, appena lo vidi dietro la scrivania. Seppi in seguito che anche per lui era stato lo stesso. Insomma, fra noi fu un vero e propio colpo di fulmine.

Cominciammo a frequentarci al difuori del lavoro. Io ero (o credevo di essere) digiuna di sesso e lui, piano piano, mi dette…qualche lezione. Ero vergine e, d' accordo con lui, lo rimasi fino al matrimonio, che avvenne dopo poco più di un anno di fidanzamento. I primi anni erano stati, ovviamente, un fuoco artificiale. Non perdevamo occasione per fare sesso. Ora siamo sposati da nove anni, e la nostra vita sessuale, anche se non si è del tutto esaurita, ha perso molto dello slancio iniziale.

La sera del giorno dopo siamo andati a letto presto, per leggere insieme a mio marito il romanzo che ha risvegliato in noi la passione. Spesso, mentre facevamo sesso dopo aver letto qualche pagina, lui mi chiedeva come mi sarei comportata al posto della protagonista e io, rispondevo che avrei fatto la porca, la troia. Ben presto, mi sono accorta che anche io mi eccitavo. Fino ad allora, le nostre erano solo fantasie erotiche.

Poi, una sera, mentre stavamo scopando ed io ero quasi al culmine del piacere, lui mi ha chiesto se l' avrei fatto davvero. Non mi aspettavo la domanda, quindi buttai lì una risposta interlocutoria tipo: “vedremo…, magari se si presentasse l' occasione…la persona giusta…chissà…”L' occasione si è presentata presto. Una sera, eravamo seduti su un lungo divano in una saletta interna di un locale. La sala era deserta; tutti i clienti erano seduti al fresco del giardino.

Stavamo bevendo e chiacchierando, quando sul divano si è seduto un uomo. Posando il bicchiere sul tavolino mi sono soffermata a guardarlo di sottecchi. Nè bello nè giovane, aveva però qualcosa nello sguardo col quale mi fissava che mi dava i brividi, mi intrigava. Ho abbracciato mio marito e gli ho sussurrato: “Non chiedermi niente, ma se vuoi…proviamo. “Lui ha capito, mi ha stretto, baciato e, carezzandomi, ha slacciato i bottoni della camicetta e ha alzato la minigonna, per mostrargli il ridottissimo intimo che indossavo.

Lui non ha perso tempo, si è avvicinato e ha preso ad accarezzami i seni. Mai avrei pensato che avrebbe potuto succedere una cosa del genere. Ero come sdoppiata, inerte, passiva nelle sue mani. Però mi piaceva, mi stavo eccitando…Lì nel locale non si poteva andare oltre. Mio marito ha chiesto al tipo se conosceva un posto tranquillo dove avremmo potuto…approfondire la conoscenza. Lui ha pensato pochi secondi, poi ha risposta che sì, lo conosceva.. Allora l' abbiamo fatto salire in macchina e, seguendo le sue indicazioni, siamo arrivati al termine di una strada sterrata, sotto un cavalcavia dell' autostrada.

Durante il percorso in macchina pensavo a cosa sarebbe successo, una volta arrivati. Cosa avrebbe fatto, il tipo? E io, come avrei dovuto comportarmi? Avrei voluto chiedere a mio marito, ma con il tipo seduto dietro era impossibile. Arrivati, scendemmo dalla macchina: il posto era deserto. La strada finiva lì, e se fosse arrivato qualcuno l' avremmo visto arrivare in tempo. Nessun pericolo, quindi. Ero un pò tesa. Mio marito era al mio fianco.

Gli strinsi forte la mano e mi avviai verso il tipo che, con tutta tranquillità, si stava spogliando. Io mi tolsi la camicetta e lui, tutto nudo, si avvicinò e, senza una parola, cominciò a carezzarmi la fica. Poi passò a leccarmi i seni, a stuzicarmi i capezzoli. Io, quasi meccanicamente, gli afferrai il coso. Non era come quello di mio marito, era più piccolo, morbido e…completamente depilato. Sotto le mie carezze ben presto diventò duro.

Mentre continuava a succhiarmi i capezzoli armeggiava con il perizoma, cercando di sfilarlo. Gli sussurrai di lasciare fare a me. Non ci misi molto. Subito lui si abbasso all' atezza del pube, mentre io mi alzavo la gonna per farmela leccare meglio. Mi piaceva ma non riuscivo ancora a rilassarmi, attenta a cogliere le reazioni di mio marito, se ce ne fossero state. Lui però stava in silenzio, limitandosi a riprendere lo spettacolo. Io mi stavo eccitando e volevo, volevo proprio, succhiargli il coso, sentirlo in bocca.

Dopo mio marito, pensavo, era il primo uomo a cui lo avrei fatto. Mi sono accovacciata sui talloni e ho cominciato con baci leggeri, timidi colpi di lingua. Prima, però, ho guardato ancora mio marito. Lui continuava a tenere in mano la piccola macchina fotografica. Da come la muoveva, ho capito che stava girando un video. Il tipo era eccitatissimo: sentivo che stava per godere. Mi chiedevo se si sarebbe tolto, al culmine del piacere.

Se invece avesse schizzato in bocca, cosa avrei dovuto fare? Non ebbi più tempo per pensare: lui mi tenne ferma la testa e mi riempì la bocca di sperma bollente, schizzo dopo schizzo. Sputai tutto in terra e mi sciacquai accuratamente la bocca con acqua che abbiamo in macchina. Mio marito mi accarezzò a lungo, in silenzio, mentre il tipo si rivestiva. Lo accompagnammo alla sua macchina. Al momento di salutarci, ci chiese se ci poteva rivedere, se volevamo il suo telefono.

Mio marito gli disse che non era il caso, che magari ci saremmo rivisti al bar. Ciao ciao. Appena soli, mio marito mi chiese come era andata, cosa ne pensavo di quello che era successo, ma io gli risposi che ne avremmo parlato a casa. Arrivati, mentre mio marito preparava un caffè, mi feci la doccia, poi mi sdraiai a letto a gustare il caffè mentre lui era in bagno. Ne uscì nudo completamente, con il cosone eretto.

Si stese sul letto posò la bocca sulla mia patatina, baciandola, leccandola sapientemente. Se non lo avesse fatto glielo avrei chiesto. Ero tesa come una corda di violino per l' eccitazione e ben presto ebbi un intensissimo orgasmo. Lui mi venne sopra, baciandomi, carezzandomi. Sentii il suo cosone che si faceva strada nella patatina inzuppata. Era durissimo. Mia marito si fermava spesso. Voleva farmi godere ancora. E intanto parlavamo della serata, mi chiedeva cosa avevo provato, se mi era piaciuto prenderglielo in bocca, se volevo rivederlo.

Gli dicevo di sì, ed ero sincera, Anche la mia eccitazione era dovuta in gran parte all' incontro col tipo. Lui mi chiedeva come si era comportato, gli sembrava che fosse stato un pò…rude, poco delicato e se volevo che intervenisse per farlo smettere. E io no… insomma, mi strizzava i capezzoli e mi teneva stretta per i capelli mentre glielo facevo, ma non mi dispiaceva del tutto. “E quando è venuto in bocca cosa hai provato?” E io “ci stavo pensando quando ha schizzato, e a quel punto cosa dovevo fare? ho aspettato che finisse e l' ho sputato.

E lui “com'era, come il mio? era buono o ti ha fatto schifo?”…”no, schifo no, era un pò più denso del tuo e…più dolciastro, ma non sgradevole”. Ho un altro orgasmo mentre gliene parlo, e lui accelera il ritmo per venire…”e, lo ingoieresti?” Io “tu vuoi che lo ingoi?”…”siiiii – mentre sta schizzando liquido bollente nel mio ventre – sììììì, vorrei vedere la bocca piena del suo nettare, e poi vorrei che lo ingoiassi tutto…” Io “sì, amore, lo farò…lo voglio anche io.

“Il mattino Paolo va, come al solito, a lavorare. Io me ne sto a letto a dormicchiare e a ripensare alla serata. Mi masturbo e godo due volte, prima di cedere al sonno. Al risveglio, il pensiero torna lì, a quella vicenda così nuova, inaspettata, inimmaginata. Dal groviglio di pensieri che si intrecciano, si accavallano, emerge quel che mi ha detto Paolo, mentre facevamo l' amore. Pensava veramente a quel che mi ha detto…che voleva che il tipo godesse nella mia bocca e che io ingoiassi il – come l' aveva chiamato? – il suo “nettare”?Immagino che quelle parole le abbia pronunciate al culmine dell' eccitazione, senza pensarlo veramente, ma è comunque un particolare da chiarire.

Alla sera, arriva con un gran mazzo di rose rosse. A tavola, mi chiede se non ho cambiato idea, riguardo al rivedere il tipo. No, assolutamente, ma come si fa a incontrarlo? “Torniamo là domani sera, se c'è bene, altrimenti, magari troviamo qualcun' altro. E se lui è rude, violento? se ti fa male? vuoi che intervenga a farlo smettere?””No, non fare niente se non te lo dico io. Lasciamolo fare e vediamo. Lui è così diverso da te, dai tuoi modi gentili, fammi provare.

“Poi…dopo un breve silenzio…”Però, però cè una cosa da chiarire, prima di incontrarlo di nuovo. “”Dimmi, cara…””Quando mi hai detto che vuoi che io…beva il suo nettare…era solo perchè eri eccitatissimo o…lo vuoi veramente?””Bella domanda: diciamo che l' eccitazione, il fatto che stessi per godere mi hanno, come dire…tolto qualche freno e sono riuscito a dirtelo. Ora però, ti dico che non voglio che tu faccia niente che non voglia anche tu, ma..se lo fai…a me non dispiace.

Diciamo che fai come ti senti in quel momento, sapendo che da parte mia non ci sono obiezioni. ” L' indomani, sabato, il locale è più pieno della volta precedente, e c'è gente anche nella saletta interna. Ci sediamo e ordiniamo da bere. Abbiamo quasi finito, quando arriva. Si siede sul divano e ordina un caffè. Noi finiamo di bere ed usciamo. Lui, come pensavamo, ci segue. Arrivati alla macchina, lo facciamo, come l' altra volta, sedere dietro.

Lui si presenta e ci dice quanto gli faccia piacere rivederci. Durante il breve tragitto allunga una mano, mi slaccia la camicia e afferra un seno, carezzandolo, massaggiandolo e…strizzando il capezzolo. Un pò fa male ma lo lascio fare. Guardo mio marito che guida ma mi osserva appena può e vedo che non dice niente. Rispetta la mia decisione di non intervenire se non sono io a chiederglielo. Arrivati sul posto, usciamo dalla macchina.

La volta prima la serata era calda come deve esserlo una serata di metà luglio. Questa sera, invece, un vento non forte ma fastidioso e più che fresco spira nel sottopasso. Piero toglie pantaloni e slip e tiene la polo: io lo imito, tolgo la gonna ma lascio il camicione che un pò mi ripara dal vento freddo. Questa sera Piero decide che non è il caso di essere…timido. Mi fa subito capire quello che vuole: mi dice di succhiargli il cazzo e di prenderlo tutto in bocca.

Insiste molto su questo. Non è molto difficile, viste le dimensioni, ma quando arriva in gola mi sembra di soffocare. Lui mi incita continuamente, e per farmi capire chi comanda mi dà qualche sculacciata, leggera ma più che simbolica. A questo punto sono tentata di fare intervenire mio marito. Non per le sculacciate, ma perchè non so dove voglia arrivare. Mi volto a guardarlo. Lui è intento e riprendere e mi sorride, un sorriso di approvazione e di incoraggiamento.

Ad un certo punto il tipo mi fa alzare, mi bacia e mi abbraccia e, continuando a toccarmi il culo mi sussurra:”Ti voglio scopare”. Ecco a quello non avevamo pensato: non voglio farlo prima di averne potuto parlare con mio marito. “Ce l' hai il preservativo?” “No, e voi?” “Nemmeno, quindi non si può fare. ” Credo di aver esaurito il discorso, ma lui: “Senti, lo prendi nel culo?” mi chiede con tranquilla sfacciataggine, come se mi chiedesse se voglio un caffè.

“Ehhhh, no, non l' ho mai fatto. ” “Ti fai scopare nel culo da me?” Ci risiamo, penso. Non so cosa dirgli. Vorrei rispondergli con un “NO!” secco e definitivo, ma la sua richiesta mi ha turbata. Sarà che, nel romanzo che ho letto la protagonista sembra trarre molto piacere da quella pratica, ma mi sono immaginata riversa sul cofano della macchina, penetrata in quel modo, e la cosa mi ha eccitato. Scelgo una risposta più…gentile.

“No, dai, stasera no. Continuiamo così, ci divertiamo e poi ti faccio un bel…servizio e…ti faccio godere e poi…poi bevo tutto…” “Ok, se ti bevi tutta la mia sborra…per stasera mi accontento. però la prossima volta lo facciamo, d' accordo?”Non so cosa gli dia tanta sicurezza che ci sarà una prossima volta, ma gli dico di sì, che l' avremmo fatto la prossima volta. Lui ricomincia a farselo succhiare, insistendo che lo devo prendere tutto…tutto.

Per meglio farmelo capire mi afferra per i capelliDopo un pò che sono accosciata mi sento stanca e infreddolita. Mi siedo sul sedile della macchina e da lì proseguo a spompinarlo. Lui continua a farmelo arrivare in gola e, ora, mi dà anche qualche leggero schiaffo. Vuole godere, me ne accorgo dal cazzo che si fa sempre più duro. Lo succhio con maggior impegno e, aiutandomi con qualche movimento della mano lo faccio godere.

Viene, riempiendomi la bocca di sperma. Ricordo quello che avevo promesso a mio marito e apro la bocca perchè possa vedere il bianco liquido, e poi la chiudo e ingoio tutto. Lui mi dice di pulirlo bene con la lingua, poi si veste. Come l' altra volta, lo accompagnamo. Al momento di lasciarci, lui dà a mio marito un biglietto da visita dove c'è scritto: Dott………………….. e il numero di telefono. Gli dice di chiamarlo a qualsiasi ora e lui risponde che lo farà senz' altro.

Arrivati a casa ci abbracciamo, ci strappiamo quasi i vestiti da dosso e, nudi, ci rotoliamo nel letto. Scopiamo felici ed eccitati e intanto gli racconto che Piero mi voleva scopare. Senza una ragione apparente, non gli dico che lo voleva fare anche dietro. Magari non lo vediamo più e allora sarebbe inutile porsi quel problema. La mattina ci alziamo tardi, ci svegliamo con calma. Dopo pranzo ci sediamo sul divano. Mio marito mi passa un braccio attorno alle spalle e parliamo.

Parliamo della serata. Paolo vuol sapere cosa penso, soprattutto riguardo al comportamento di Piero così ruvido, al limite del violento. ” Sinceramente, quando mi ha sculacciata stavo per dirti di intervenire, ma ora sono contenta di non averlo fatto. Mentre mi teneva per i capelli e mi obbligava a…prenderlo tutto in bocca ho goduto due volte. Ero li, accosciata, scomoda, infreddolita ma mi bastava carezzarmi un pò per avere un orgasmo. All' inizio mi dava un pò fastidio che fosse sempre lì a strizzarmi i capezzoli, ma poi anche quel dolore contribuiva al piacere.

E tu, cosa hai pensato quando mi vedevi così…così “usata”? ” Lui è imbarazzato, non sa come dirmelo, ma alla fine si decide e confessa che alle prime sculacciate…gli è venuto duro, e gli è rimasto duro per tutto il tempo. Poi mi chiede se voglio continuare a vederlo o no. “Mah…se tu sei d' accordo, finchè la cosa ci piace direi di andare avanti…e tu come la pensi?” Paolo dice che anche a lui va bene, ma chissà cosa ha in mente ancora di fare con me.

“Senti, vediamo, siamo sempre in tempo a fermarci, giusto? Io direi di provare…ora però, dai…leccamela, fammi godere. “Lui si inginocchia sul tappeto e lo fa, bene come al solito e io godo due volte. Poi ci prepariamo alla cena a cui siamo invitati. Serata disko..musica a palla..e la TROIA di mia moglie con me… Buio e penombra, corpi che si muovono frenetici a ritmi indiavolati, suoni che picchiano, effetti stroboscopici che proiettano strane ombre, laser che tagliano l’aria, abiti succinti, brillanti, odore di corpi, aria colma di voglie libidinose e peccaminose.

Tanti giovani..molto giovani..bellissime fighette e stupendi fighetti attorno a me.. Sono appoggiato ad una colonna con un bicchiere di vodkaRedBull in mano, lo scuoto in continuazione, mi piace sentire il rumore dei cubetti di ghiaccio che cozzano tra loro. Vicino a me ci sono due ragazzetti. Ci danno dentro con la lingua, le mani del tizio sono all’opera sotto la superminigonna della biondina, la quale si muove evidentemente scossa dai continui stimoli che riceve al suo dolce grillettino.

Ma avrà poi le mutandine? Mah? Mi piacerebbe essere al posto del suo lui, le infilerei senza pensarci almeno due dita nella fessurina per farla strillare. Che età avranno? 18/20? Forse un po' troppo giovani per il sottoscritto, anche se la fica MOLTO giovane alla fine è l’unica che ancora mi attira..Sento un’alitata nel mio orecchio ed una vocina che sussurra “Vorresti scopartela, vero? Porco…”. Subito dopo una mano mi tocca la patta leggermente gonfia strizzando un po' l’arnese.

Ho un lieve sussulto, sorrido e mi giro. É mia moglie che mi sta guardando con occhi da felino. È sera di caccia, sta cercando prede. Le rispondo “Come fai a saperlo?” e lei “ Hai il CAZZO già duro, maiale”. Ridiamo, poi ci fermiamo disturbati, per così dire, dal gemito della nostra vicina, deve essere venuta. Ci osserva ancora provata per l’orgasmo, arrossisce un po' per l’imbarazzo, sposta la mano del suo ragazzo e si tira giù la mini, quindi se ne va verso i bagni.

Lui ne approfitta per dirigersi al bancone, vedo che si annusa le dita, sapranno dei suoi umori, sembra le voglia ostentare come un trofeo. Devo pisciare, indico a mia moglie che vado al cesso, lei si prende il mio bicchiere finendosi con un sorso la mia vodkaRedBull. Si siede su un divanetto, lascia di proposito scoperte gambe e parte dell’interno coscia. Sto scaricando l’uccello su un orinatoio attaccato al muro, quando si posiziona un signore su quello accanto al mio.

Tira fuori il pisello e mentre si svuota mi sorride abbassando poi lo sguardo sul mio di pisello. Ricambio il sorriso, mentre lo scuoto per far uscire le ultime gocce e prima che riesca a riposizionarlo nelle mutande, la mano del tipo si impossessa della mia cappella lisciandola con le dita. “Vuoi che te lo succhi?” mormora, cominciando a menarmelo con foga. “Ehi ehi” ribatto “frena bello…” lo blocco immediatamente staccando la sua mano.

“Vabbè che sei un bel ragazzo..ma diciamo che stasera non è la serata giusta perché sono assieme alla gelosona di mia moglie, ok?”. “Come vuoi…ma non sai cosa ti perdi, ti farei venire in un minuto da quanto bene lo aspiro il CAZZO” ribatte con un sorrisetto famelico. Esco di corsa dal bagno pensando “Peccato..aveva davvero una gran voglia di sukkiarmelo e potevamo spassarcela un pochino!”. Però mi ha fatto venire decisamente voglia di godere, di spruzzare in qualche modo stasera..È cominciata una musica tipo martello che sfonda i timpani, le luci sono psichedeliche, il bianco degli abiti lampeggia come fari nella notte, mani e teste si liberano in movimenti incontrollati.

Non vedo più Valeria, la cerco invano. Mi fermo al bancone a prendermi un altro VodkaRedBull, sono colto da un po' d’ansia. Sento vibrare il cellulare in tasca, leggo il messaggio, mi aspetta alla macchina. Mi precipito al parcheggio pensando chissà cosa e la trovo accucciata dietro la nostra auto a spompinare un paio di ragazzi della stessa età di quelli visti all’interno poco fa. La sua bocca famelica si avventa su quelle nerchie gonfie insalivandole per bene, i filamenti che lasciano le sue labbra ad ogni risucchio mi provocano sconquassi interiori.

Le cappelle sono enormi e sembrano voler prendere il volo come una mongolfiera dal resto del bastone. La troia di Valeria manco mi degna di uno sguardo, continua a succhiare avidamente, colpi precisi dentro e fuori, prima uno poi l’altro. Mentre ingoia quello del ricciolino sega con maestria quello più piccolo ma grosso del biondo. I due stronzetti penseranno di aver fatto bingo stanotte, andranno tutti super eccitati come dopo una sniffata di coca a raccontare le lodi della loro conquista “Oh raga ma sapete che ieri ci siamo scopati una milf.

Si un puttanone di quarantanni, le abbiamo sborrato in bocca alla troia…mmm..” Ho il CAZZO che mi esplode se ci penso. Sono seminascosto da un suv nero per gustarmi la scena, loro non mi vedono. Il ricciolino ha un fisico atletico ed una mazza niente male, dritta e fiera con un glande a punta, quasi un missile, da un pugno al suo compare ridendo, poi prende la testa di Valeria bloccandogliela. Ora gli scopa con forza la bocca, lei lo guarda con gli occhi spalancati subendo quell’atto senza nulla proferire, lasciandosi gonfiare le guance ad ogni colpo.

Intanto il biondo più fighetto e gracile si è abbassato e sta infilando una mano esplorativa tra le cosce della moglie pure lei accucciata a gambe divaricate. La vedo gemere, vuol dire che la sta sditalinando. Valeria ora si alza e si appoggia alla portiera alzando le natiche ed offrendo il culo ai due tizi “Scopatemi porci…dai… voglio sentirlo fino in fondo…!!!” Il biondo le alza la gonna, le tira giù il tanga e senza indugiare le lecca da dietro la fregna pelosa e colma di umori.

Ne vedo il luccichio mentre la sua lingua entra in contatto con le labbra gonfie. Si muove da basso verso l’alto andando a violare anche lo sfintere strettino. Il suo amico si masturba tenendosi il CAZZO bello in tiro. Il belloccio si prepara a fotterla a pecorina, mi sego più velocemente, mmm… eccolo che entra, come coltello nel burro. La cappella si perde nel suo ventre ed inizia un movimento a stantuffo che fa sussultare e gridare Valeria.

I due si invertono, mia moglie fa una smorfia di dolore nel momento in cui viene sventrata dal ricciolo (lo dicevo che il suo pisello era impegnativo), il piacere aumenta. Infatti le sue dita scivolano sempre più velocemente sul clitoride fino a provocarle l’orgasmo. I decibel della sua voce si alzano, è incontrollata come il lago che le esce dalla passera. Il ragazzo non smette di spingere, nel mentre l’amico si sta facendo menare l’uccello dalle mani sapienti di lei.

Non resisto e sborro sulla carrozzeria del macchinone, lasciando sul nero lucido delle belle macchie bianche gocciolanti, giusto nel momento in cui il ricciolo estrae la mazza e la lascia scaricarsi sulle chiappe di mia moglie. Il biondo contorcendo il volto in smorfie evidenti viene pure lui sulle sue tette, è talmente potente il getto che alcune gocce le raggiungono il viso ed i capelli. Appena il duo dei giovani BULL si allontana, mi avvicino a Valeria.

Lei mi guarda e sorride “Hai goduto guardone?”. “Certo amore, sei troppo fica quando scopi con gli altri, poi se giovani e carini ancor di più”. Ride, poi si accuccia e fa uscire una pioggia dorata deliziosa dalla sua fessurina aperta. Il mio CAZZO torna in tiro, lo posiziono a contatto sulle sue labbra e lascio che la cappella vi si strofini sopra. Le apre dolcemente baciandomela e poi inghiottendola con molta delicatezza. Il rumore del piscio mi istiga pensieri turpi, ho voglia di leccarle la fica.

Mi lascio spompinare un po', quindi apro la portiera dell’auto e la sbatto sul sedile, mi piego ed inizio a baciarla e leccarla ovunque attorno alla patonza. L’odore acre mi investe le narici, i peletti mi solleticano, mi trasformo in un toro, la mia lingua è una girandola mossa dal vento, veloce entra ed esce da quel pertugio, arriva sino alla mini protuberanza, la mordicchia e poi torna giù. Gli umori la invadono nuovamente, come i gemiti di piacere.

Sto per impalarla quando una voce alle mie spalle mi disturba “Signori per favore, questo è un luogo pubblico”. Mi giro e vedo solo una maglietta attillata che ricopre una montagna di carne con un mega pacco in evidenza tra le gambe. Balbetto qualcosa imbarazzato, ma la moglie interviene “Voglio scoparmelo, lasciamelo”. Hulk fa un ghigno malefico e si slaccia la cinta dei pantaloni, le mutande fanno fatica a contenere il cannone. Mi prende una mano all’improvviso e me la sbatte sulla sua nerchia facendomela palpare per bene.

“Fatti dire dal tuo maritino qua, che cosa ti trapana a breve”. Il suo palo esce ancora un po' molliccio, vorrei spostare la mano ma l’energumeno non mi lascia, la stringe e mi fa male. Mi fa impugnare il coso e accompagna il movimento su e giù. Non riesco a proferir parola, Valeria si sta masturbando come una pazza, l’altra mano di Neanderthal le sta stringendo la tetta, facendole esplodere il capezzolo. Sento il suo arnese gonfiarsi mentre lo sto segando, che bello, mi eccita, ora è duro come roccia.

Me lo fa accompagnare all’imbocco della fregna. Mi da uno spintone e comincia a fottersi quella troia di mia moglie che lo accoglie e gambe oscenamente divaricate. È talmente grosso che Valeria urla dal dolore all’impatto del missile nel bunker, poi si rilassa e lo lascia entrare, sprofonda sotto i colpi poderosi del gigante, si agita, gode. “Dai CORNUTO mettiti in ginocchi dietro di me e guarda come ti scopo la vacca della tua consorte… sta puttana mangiacazzi…”.

Obbedisco e mi gusto sta scena da dietro queste due palle d’artiglieria che penzolano, sbattono sulle chiappe di Valeria, la figa tirata al massimo e sconquassata dall’urto del tornado che la sta invadendo. “Toccami le palle e strizzamele che sto per venire CORNUTO”. Obbedisco di nuovo, nuovi spasmi di piacere dentro di me, sto perdendo gocce dall’uccello quasi senza accorgermene, mentre Hulk ha lasciato partire una fontana sul monte di venere di Valeria. Finisco di scoparmi la mogliettina che vuole venire pure lei, urla al secondo orgasmo ed io sborro nel suo ventre.

Il buttafuori mi prende la testa di forza e mi fa leccare tutto lo sperma dal suo pube e parte del mio che fuoriesce dalla pesca. Sono sazio e carico come non mai, Valeria è sudata. Ci ricomponiamo pronti a tornare a casa, quando passano davanti a noi i due ragazzini visti dentro la disco a fare i porcellini. Salgono sulla macchina a fianco la nostra, io metto la retro, ma con la coda dell’occhio noto che lei si toglie la maglietta restando con le tettine al vento, i capezzolini sono dritti come chiodi.

Si stanno baciando focosamente. Lui è in ginocchio pronto per la monta ed ha già fuori dai jeans un CAZZO eretto e duro come mai il mio lo sia mai stato..Mi fermo di colpo, mi giro verso Valeria, sguardo d’intesa immediato..io la conosco, lei mi conosce.. Scendiamo dall’auto contemporaneamente. Busso al loro finestrino. Si girano spaventati, mi riconoscono, lo abbassano. Dico “Buonasera…. che ne dite se giochiamo insieme…” Sorridono…e ci chiedono 200euro..Bhè alla fine per farsi due diciottenni non credo si tratti di una grossa cifra..accetto e sgancio due pezzi da cento ed invito a seguirli a casa nostra.. Valeria per tranquilizzarli ulteriormente sale i auto con loro..Passeremo ancora un’ora di sesso perverso e le mie CORNA avranno modo di crescere ancora..il ragazzetto si farà Valeria e la sua fidanzatina si lascerà solo sfiorare dalle mia mano.. Praticamente alla fine dei giochi mi ritroverò (come al solito) la moglie scopata da sconosciuti con la consapevolezza di aver anche speso 200euro per farmela scopare ulteriormente..Adoro essere CORNUTO..Valeria adora godere e fare la TROIA..Una punizione umiliante – Il gusto di torturare EmilianaL’anno scorso ero a Como, in collegio.

Ho avuto un’esperienza di sottomissione che difficilmente riuscirò a dimenticare. Era pomeriggio, ero distesa sul letto e mi stavo masturbando. Tornando in camera avevo trovato un cd sulla mia scrivania. Non sapevo di chi fosse, lo inserii nel pc e vidi che vi erano diversi file video, storia 1 storia 2 storia 3 etc. Nella prima storia si vedeva una ragazza bionda, molto giovane e carina che stava a gambe larghe davanti a due uomini, piuttosto grassi e anziani.

Il primo di questi iniziava a toccarle la fichetta e si vedeva che a lei piaceva. Allora le carezze iniziarono a diventare delle pacche, prima leggere, poi più forti, ma sempre molto lente, perché lei avesse modo di sentirle per bene. La ragazza godeva visibilmente sotto i colpi del vecchio, si contorceva e mugolava. Questi era molto perverso, la derideva mentre le colpiva la fica, dicendole che le stava prendendo eppure la suo fichetta era sempre più bagnata.

Ogni tanto le massaggiava adagio il clitoride e poi ricominciava a impartirle degli schiaffi, lenti e dolorosi. L’altro signore stava in piedi e si menava lentamente il cazzo, dicendole che era veramente una troietta a bagnarsi in quel modo e che la sua punizione la meritava tutta e fino in fondo. La fichetta si era molto arrossata. Continuava a grondare. Il signore che la stava punendo ogni tanto le massaggiava gli angoli della fica chiedendole se le frizzava.

No, rispose la ragazza. Bene, vuol dire che dobbiamo trattarla ancora a lungo, sei una troia e stai godendo molto quindi la tua fica deve essere punita, devi soffrire puttanella. Prese altri schiaffi, forti, molto forti, ma mai veloci, tra l’uno e l’altro passava sempre un po’ di tempo, così lei sentiva bene l’effetto, la sua fica pulsava e si bagnava e i due porci la insultavano e la deridevano. Il torturatore si alzò lasciandola con la fica spalancata davanti al vecchio che si masturbava.

La guardava, rideva e si menava il cazzo. il vecchio che la torturava tornò con una spugnetta abrasiva, di quelle per i piatti. Si rimise in posizione ed iniziò a massaggiarle la fica con la parte ruvida, lentamente ma con forza e ogni tanto le masturbava un po’ il clitoride o le dava altri schiaffi ben assestati. Dopo qualche minuto di quel trattamento, la passerina di Emiliana era tutta rossa e gonfia, ma sempre tutta bagnata.

“Ti piace adesso puttanella? Le chiesero. ” “Ti pizzica ora eh? Hai ancora voglia d masturbarti? Dai masturbati come ieri pomeriggio. Te la stiamo punendo perché te la sei masturbata questa fichetta, hai goduto e ora noi te la facciamo frizzare forte, così impari cosa vuol dire essere una porcellina viziosa. Avanti, toccatela, tanto lo sappiamo che ne hai voglia. ”La fichetta stava pulsando forte, Emiliano era in un’eccitazione febbrile cui si univa il dolore delle parti intime.

La mia ex fidanzata era lì, aperta e punita davanti a quei vecchi porci. Emiliana non poteva fare a meno di toccarsela, mugolava e ansimava. “Ehi, puttanella, ma che fai? Ti masturbi davvero? Allora sei peggio di quel che credevamo, vediamo se ti masturbi adesso. ” Il torturatore estrasse il suo cazzo, era quasi completamente moscio. Si mise davanti alla ragazza e iniziò a sbavarle sulla faccia. “Sai troietta che adesso ti piscio sulla fica? Ti ci piscio proprio e te la faccio frizzare tanto tanto, avanti, chiedimi di pisciarti sulla fica, apritela e offrimela, ecco brava, tirala, slargala, che così ti fa più male e il piscio ti frizza di più.

”Il piscio iniziò a scorrere sulla gnoccolina arrossata mentre la troietta si agitava e mugolava come una cagna. La ragazza che, durante i due anni di fidanzamento con me, aveva saputo dimostrare le sue qualità di sadica, adesso non era altro che un pezzo di carne, non conosceva il suo destino né avrebbe potuto immaginarlo. Per il momento sapeva soltanto che era stata rapita mentre usciva dall’università e portato in un vecchio magazzino abbandonato alla periferia di Napoli.

Era stata bendata ed aveva un la bocca chiusa da una pallina. Quando arrivò in quella zona industriale le tolsi la benda degli occhi. Avevo voglia di vedere la paura nei suoi occhi, il terrore di una ragazza ventenne, viziata e coccolata dai suoi fidanzati e dai suoi genitori. Adesso non era più la dolce brunetta che aveva affascinato tutti al liceo e che stava facendo strage di cuori alla facoltà universitaria che frequentava.

Ero riuscito a mutare il panorama di Emiliana……tutto era ambiato nella trentina di minuti dal momento del rapimento alle torture che stava subendo da una banda di negri e sconosciuti in un posto sperduto della periferia di Napoli. Non era più la smorfiosetta vip e civettuola che mi aveva fatto soffrire ma, forse, una qualunque che avrebbe offerto il suo corpo in sacrificio per il mio piacere perverso e quello di altri sconosciuti per finire drogata e addormentata, abbandonata chissà dove.

“Ti piace ora? Su, masturbati adesso. ” Dicendo questo le mise il cazzo moscio in bocca ed io la obbligo a succhiarlo tutto, fino in fondo. Poi, altri miei amici e conoscenti, la obbligarono a masturbarsi il clitoride con la spugnetta e per tenere vivo il dolore. Anche un vecchio che si masturbava le pisciò sopra. I due vecchi che erano presenti a quell’incontro, la costrinsero a mettersi a quattro zampe e a leccare lentamente da terra il piscio, mentre doveva tenere il culo puzzolente di piscio ben alto per far vedere come si massaggiava la fica con la spugnetta.

Il primo vecchio le mise il cazzo nel culo e pisciò anche lì. “Avanti, masturbati mentre ti piscio nel culo e lecchi il piscio da terra, ti piace eh? Avanti puttana godi, godi mentre vieni punita, voglio vedere se ti ripeschiamo a masturbarti…”Già dopo la prima scena ero molto eccitato, avevo voglia di masturbarmi e non esitai a farlo, le immagini scorrevano e il mio dito accarezzava il suo clitoride, la passera era, come sempre depilata ma, date le condizioni non l’avrei baciata e non le avrei neanche dato un bacio sulla bocca.

L’unico desiderio che mi animava era di far soffrire quella stronzetta, non di darle piacere né accarezzarla e neanche coccolarla. Era finito il tempo di essere romantici, Emy avrebbe regalato le sue illusione ad una donna che gestiva una casa di prostitute in un’altra città italiana, lì sarebbe stata fottuta cento volte ogni giorno da cento uomini diversi. Avevo chiesto che pagassero per lei non più di venti euro. Prezzi bassi per il corpo di una donna in svendita.

Il quel momento si aprì di colpo di quel capannone abbandonato ed entrò Mario, il custode. “Lo sapevo – disse Mario – siete tutte uguali, porche e viziose, ma per fortuna c’è qui qualcuno pronto a raddrizzarvi. ”Mario aveva ripreso tutto con la sua telecamera e mi fece vedere tutti i mugolii della troietta. Ormai Emiliana apparteneva a quel branco di porci, non potevo più salvarla e non lo volevo era tardi. Non ebbi la forza di oppormi, ero conquistato dalla visione di quel filmato e Mario lo sapeva bene.

Iniziò a partecipare anche lui a quella sorta di orgia. “Su, adesso masturbati un altro po’, ma prima mettiti questo nella fichetta, su da brava. ”Mi porse una grossa pallina di carta stagnola, arrotolata male, piena di bozzi. Indugiai un po’. Mario allora, senza dire nulla si chinò Emiliana, le aprì le gambe e le sputò prima in volto, poi sulla fica, iniziando a lavorarla lentamente. Emy, come la peggiore delle sgualdrine iniziò a godere.

Mario se ne accorse subito. “Su troietta, sei tutta bagnata, devo inserirtela io? Da brava, fai da sola, è importante che impari anche a punirti da sola, non potrò esserci sempre io tutte le volte che ti gronda la fica, avanti mettitela dentro, stringi bene, siediti e muovi il culo, vedrai che ti piacerà. ” Mugolando, Emy iniziò a muovere lentamente il culo sulla sedia, per sentirla bene. “Brava troia, ecco adesso ti masturbo io un po’, dolcemente.

”Mario le muoveva i fianchi lentamente ma con fermezza. Poi la fece alzare e la fece mettere a terra, a quattro zampe. Emy non era più seduta su una sedia. Quella pallina le bucava tutta la fica da dentro. Mario le assestò diverse cinghiate sul culo. Anche lui molto lentamente, perché le sentissi bene, una alla volta. Emy aveva perso i freni inibitori, ormai godeva anche se, quando poteva muovere la testolina da bambolina, mi guardava in modo interrogativa.

Quelli che erano stati i nostri racconti in macchina, prima di fare l’amore, sulle nostre fantasie, si stavano realizzando. Mario fece attenzione anche a darle qualche cinghiata proprio sul buchetto del culetto di una ventenne con la carnagione bianchissima che si trovava in mezzo ad un branco di lupi cattivi e bavosi. Emy protendeva il culo all’indietro per offrirgli il buchetto da picchiare. Poi Mario, diventato protagonista assoluto di quel teatrino di sesso e violenza, fece alzare la ragazza snob dei quartieri alti di Napoli.

“Vorresti che pisciassi anche io sulla passerina? Dai fai un cenno col capo. ” Mario vide Emiliana pronta e più troia di tutte. Iniziò a parlarle mentre lei manteneva il bavaglio sulla bocca: “Vedrò di esaudire ogni tuo desiderio… apri bene le gambe… brava bambina, spingi avanti la fica e fattici pisciare sopra per bene, così, muovi il culo, fammi vedere che ti piace. ”Dopo averci pisciato le buttò su una manciata di sale.

Le mise il cazzo in bocca e la fece venire così. Lo squirting di Emy fu abbondante mentre leccava le palle di Mario che la prendeva a cinghiate.

Keine Kommentare vorhanden


Deine E-Mail-Adresse wird nicht veröffentlicht. Erforderliche Felder sind markiert *

*
*

(c) 2023 sexracconto.com