La signora Tarallo

La signora Tarallo
Alessio Tarallo era un mio compaesano e collega universitario. Un personaggio noioso che alternava momenti di simpatico cameratismo a tratti di stronzaggine imperdonabile. Il nome è inventato, ma la storia è vera: mi sono fatto sua madre.
Conoscevo la signora Teresa Tarallo da tempo, abitava vicino casa mia. Le nostre famiglie si frequentavano. Era una donna di circa 50 anni, il marito era un ingegnere, ma lei era una persona semplice.

Aveva due figli, Alessio appunto e Serena di poco più grande e che era veramente una gran bella ragazza e mi piaceva molto. Eppure intorno ai 18 anni avevo dedicato più seghe ai culoni di mia zia e della signora Teresa che al dolce mandolino di Serena. Questione di gusti.
Quando Alessio sostituì nell'appartamento di Catania uno dei colleghi anziani che si erano laureati, anche sua madre cominciò a frequentarci. Veniva spesso per fare acquisti e in quelle occasioni portava succulenti pranzetti e, poveretta, dava una sostanziosa mano alle pulizie di casa.

Qualche volta si portava pure Serena e io e i miei colleghi facevamo tutti i cascamorti con quel tocco di figa. In quel periodo avevo già avuto una fidanzata ma almeno una volta al mese mi sbattevo Amina, la vecchia puttana tunisina che avevo conosciuto al primo anno di università. Ero molto circospetto, la vacca però non era scema e faceva finta di non conoscermi se la incontravo per strada. In realtà ero alla ricerca d’altro: la vecchia fumava troppo e mi mancava la possibilità di appagare certi desideri: baciare una fica, leccare un culo, infilarci la lingua, fare sesso anale.

Anche per questo mi ero fidanzato con una brava ragazza, purtroppo magretta e con seni minuti. Il desiderio di fottere mia zia non mi abbandonava.
Una sera di un freddo gennaio, la signora Tarallo e sua figlia vennero in città per i saldi. Alessio, che era il coglionaccio della compagnia, aveva una stanza tutta per sé e poteva quindi ospitare madre e sorella. Io, mio cugino e il terzo collega, Leandro, dormivamo insieme in un’altra stanza.

Durante la notte i miei due coinquillini commentavano le cosce di Serena e si autoeccitavano parlando del suo rotondo culetto. Io invece immaginavo l’afrore delle natiche della signora, sognando mi vedevo a spingere il glande in un ano grinzoso e avviluppante. L’indomani ebbi lezione tutto il giorno, e quando tornai la sera mi sentivo stanco. Con sorpresa trovai solo la signora: i ragazzi erano appena usciti per una pizza e mi avevano anche lasciato detto dove avrei potuto raggiungerli.

Un po’perché ero affaticato un po’ per la presenza della signora, decisi di restare a casa. Lei non sembrava dispiaciuta. Non ricordo perfettamente la sequenza degli avvenimenti, ma pressappoco andò così. Mentre cenavamo mi chiese cosa pensassi di suo figlio. Risposi che era un amico. Poi piano piano si aprì e mi disse che era preoccupata, che aveva trovato dei giornali hard…Alessio, come tutti noi, era un consumatore di porno, ma per non tradirmi feci la faccia stupita.

Lei continuò, dicendo che era molto sconcertata e a questo punto sbottai e le dissi che era normale, che li leggevamo tutti i pornazzi. Lei scosse la testa e due minuti dopo mi mostrava i giornali nascosti del figlio. La maggioranza delle riviste contenevano immagini di trans e travestiti che succhiavano cazzi e la prendevano in culo. In particolare buona parte dei servizi era rivolta a un trans brasiliano con grandi seni, labbra rifatte e un culo modello aspirapolvere.

“Gli piacciono queste cose a mio figlio?”. Non so che mi prese, ma le dissi la verità. Probabilmente lo eccitavano i corpi un poco bizzarri o esagerati ma ognuno aveva i suoi desideri nascosti. La invitai a venire nella stanza mia, aprì l’armadio di Leandro e tirai fuori la goffa bambola gonfiabile che l’amico usava spesso. La signora era a metà tra l’inorridito e l’ipnotizzato. Comprese immediatamente a cosa servisse. Sembrava una adolescente alle prime armi.

Nervoso, ridacchiai. Inventai che Leandro non era geloso e Alessio si era sfogato più volte nei fori di plastica. Lei guardava e ascoltava. Le feci vedere tutte le dotazioni, la bocca, il sesso, l’ano. Le presi la mano e la invitai a infilare un dito nella fessura. La signora non reagì e mentre saggiava le dimensioni del pertugio, mi chiese “Anche tu l’hai fatto?”. La guardai nella penombra e le dissi. “Sì anche io ci ho infilato il cazzo…” Lei ritirò indietro il dito, forse colpita dalla parolaccia.

“il pene…” mi corressi. Era rimasta ferma, assorta e io mi sentivo strano, eccitato dalla sua presenza. Inghiotii della saliva e poi aggiunsi: “Lo vuole vedere?”. I suoi occhi brillavano nel buio, non si mosse. Mi slacciai i jeans e tirai fuori la minchia bella dura. Lei guardò come se guardasse un documentario alla tv. Appoggiai la figa della bambola sul glande e insaccai. “E’ quasi come una femmina”, dissi. Poi, senza preavviso, le poggiai le mani sui seni.

Lei abbassò lo sgardo perplessa. “Le femmine sono meglio, però”. L'immagine successiva che ricordo è sul lettino con me sopra di lei, la baciavo, la impastrucciavo, le alzavo la gonna, le odoravo le ascelle e le cosce. Le calai le mutande e mi trovai davanti la fica, il pube peloso. le diedi un bacio lungo eccitato. Sentii la fregna che le inumidiva la vagina. Si schiuse come un fiore La signora aveva veramente belle gambe, un bianco culo pieno e sodo, seni grossi, anche se non eccessivi come quelli di mia zia o di Amina.

Con mio stupore si lasciò leccare e infilare un dito in culo e quando gliene piazzai due non si lamentò. Facemmo sesso per quasi una oretta, baciandoci teneramente. Dopo essere venuto, provai a sodomizzarla ma senza la necessaria tensione non mi riuscì. Amorevolmente me lo prese in bocca e ciucciò, fino a farmi imbizzarrire. Le leccai l’ano con brama e intanto le spalmavo sul meato il sughetto che la figa aveva prodotto; a questo punto, quando ritentai, la penetrazione riuscì.

Ero in estasi e lei stessa assecondava le mie spinte spingendo il culo indietro ritmicamente. Dopo averla debitamente fiondata in culo, sborrai ancora dentro lei. Ero soddisfatto. Lei mi diede un ultimo bacio e poi si ritirò in camera. Dopo un poco i ragazzi tornarono. Ridevano. Mio cugino mi chiese perché non li avessi raggiunti. Gli dissi la verità: “Mi sono fatto la signora”. Dovetti raccontare due volte tutto. Mio cugino mi ascoltava, ridendo eccitato e perplesso.

Feci promettere a lui e Leandro di non tradirmi. “Non la porto qui mia mamma con un porco come te…” disse Leandro. Ridemmo “E mia madre?” chiese mio cugino. Provai a scherzare. “la zia? fammici pensare”. Leandro scosse la testa
“Lascia stare. Se la fotterebbe, se la fotterebbe…, per fortuna che non sono tutte troie c*** la signora Tarallo”. Mio cugino andò a coricarsi e credo che quella volte mi avesse letto nei pensieri.

Ho fatto sesso con Teresa Tarallo altre volte (non molte per la verità), il suo culo caldo e disponibile mi ha insegnato come muovermi quando sono nel retto di una donna, il resto l'ho imparato qualche anno dopo impalando il sederone di mia zia.

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