LA METAMORFOSI DI SELENE

Un drastico ritorno al passato per riattraversare momenti fatidici e ritrovare la propria sensualità totale.

I

Maggio 2011

– … e quindi?-
Nella penombra dello studiolo lo schermo del portatile di Selene all’improvviso si illuminò, attirando, ovviamente, l’ attenzione di Carlo.
Voleva dire che il PC non era spento ma si era solo posizionato sulla funzione: risparmio energetico … però, non era spento.
Chi diavolo poteva essere?
Erano passate le due della notte!
Benché assonnato, Carlo realizzò con rapidità la situazione.

Era solo, nel letto, a dormire: quando il telefono aveva squillato, infatti, Selene non era con lui.
Al momento aveva pensato, ancora intontito tra veglia e sonno, che la sua giovane moglie, fosse nel bagno o in cucina. Adesso intuì che forse era al PC.
“Strano” pensò tra sé e sé.
Ovviamente Selene non poteva immaginare che alle due l’ avrebbe chiamata sua madre chiedendole di raggiungerla quanto prima: il papà stava male!

Carlo le aveva passato il telefono nel corridoio e, subito, indossato un giaccone, Selene si precipitava verso casa dei genitori: pochi passi dal loro isolato.

Quindi adesso cosa avrebbe dovuto pensare?
Probabilmente Selene era in chat davanti al computer.
Carlo avrebbe voluto ignorare lo schermo acceso, ma la curiosità ebbe la meglio su tutti i lunghi discorsi sulla stima e sulla fiducia reciproche.
Sullo schermo troneggiava da due minuti quella sola, insignificante, ma pericolosa scritta: – … e quindi? –
Rapido rispose con il solito, banale: – Asp. … telefono ! –
Attese, restando sulle spine.

Dopo alcuni interminabili momenti, qualcuno dall’ altro lato, scrisse: – OK –
Rapidamente Carlo cercò la conversazione precedente per capire, per sapere.
Il probabile “lui” dall’ altra parte dello schermo si firmava: Franco.
Con crescente raccapriccio si rese conto che le parole scritte finora andavano ben oltre una semplice amicizia.
“Cazzo!” Pensò tra sé e sé. Che idiota era stato a credere che Selene sarebbe stata diversa dalle altre donne! Una vera doccia fredda per lui.

Avrebbe voluto e potuto agire diversamente, ma per la rabbia e la sorpresa agì d’ impulso: si sedette e digitò sulla tastiera:
– Ascolta – scrisse lentamente – la tua amica Troia è uscita, ed io sono suo marito. Non so se lei ti ha detto che è sposata! –
Pochi attimi dopo, lenta e strana, sullo schermo si formò la scritta:
– E quindi? –
– Ascolta, coglione, adesso vedi di sparire … – scrisse Carlo, incazzato nero.

Ma sul PC apparvero una dopo l’ altra queste parole:
– Aspetti,
non sia precipitoso
mi lasci parlare
ho una proposta veramente interessante …
per lei.
Le offro un’ occasione unica, mi stia a sentire
per solo cinque minuti. –

Carlo era allibito.
Pensò “Ma questo e’ davvero stronzo!”
Poi scrisse sui tasti con sarcasmo: – E quindi? Fammi vedere dove cazzo vuoi arrivare! –

II

Settembre 2011

– Che idiota! –
Era talmente arrabbiata con se stessa, si sentiva talmente impotente in quel momento, che gli occhi le si riempirono di lacrime.

Non poteva crederci di essere finita in quella trappola.
Con quanta ingenuità c’ era cashita. Furba, sempre sulla difensiva, malfidata nei confronti degli uomini …
Ed ora, eccola lì, legata ai piedi di quel cavalletto, dove volontariamente (incredibile a dirsi), si era poggiata, supina.
La sua mini di cotone era rattrappita sui suoi fianchi, la maglietta tirata su per scoprire i seni. Accartocciato sotto la pancia, come uno straccio, il suo reggipetto.

Lei pesava ora sui suoi grandi seni, sudati.
Il suo tanga color rosa, indossato con un pizzico di femminilità per far risaltare i glutei nudi sotto la minigonna bianca, era stato abbassato a meta altezza, tra il sedere e le ginocchia.
Legata mani e piedi al cavalletto col sedile di cuoio, era costretta a tenere in bella vista il suo culetto prorompente e sodo e, pensò con amarezza, la vulva aperta, a causa della divaricazione imposta alle cosce da quella posizione.

Come aveva fatto a finire lì?
Come si era lasciata ingannare, per poi ritrovarsi ridotta in quello stato servile e sottomesso?
Non poteva nemmeno gridare, né ribellarsi. Le era stato detto chiaramente, anche se con voce dolcemente ironica:
– Non pensarci nemmeno! Altrimenti tuo marito se la vede brutta. Capito? – l’ uomo le aveva carezzato la schiena – Non c’ è che dire, sei una bella donna. Proprio come pensavo. –
Poi riprese, minaccioso:
– Tu limitati ad obbedire! Accontentami per oggi e ti prometto che domani tutto questo non ti sembrerà che un sogno.


Lei lo mandò affanculo, ribellandosi per quanto poteva, bloccata al cavalletto.
Lui rise e le impose di star buona, se voleva rivedere il suo uomo con tutte le ossa a posto.
Fu allora che, facendo attenzione a non toccarla, l’ aveva spogliata alla meglio e le aveva abbassato le mutandine, solo di quel tanto che bastava per liberarle la figa e (pensò con sgomento) anche il sedere.
Poi Franco la lasciò, completamente sola, in quella stanza calda e strana.

Non era del tutto scomoda.
Il cavalletto era rivestito, ma l’ imbottitura era morbidissima, come quella di un divano.
Dalla sua posizione poteva vedere quasi tutta la stanza.
Il pavimento era di maioliche a tozzetti bianche come quelle dei depositi alimentari, lavabile e sanificabile.
La cosa più strana era che quel pavimento non era dritto, ma aveva una lieve pendenza dai lati verso il centro della camera: pendeva verso uno scarico quadrato coperto da una grata di acciaio, come fosse un tombino.

Oltre al cavalletto, vide su un lato, una specie di altalena.
Funi bianche scendevano dal soffitto attaccate a grossi anelli e finivano negli occhielli di una specie di fascia, forse un sedile, fatto di pelle.
Di fronte a lei un tavolo con sopra alla rinfusa un PC portatile e varie attrezzature, probabilmente cinematografiche, vicino al tavolo due trespoli con lampade professionali, come quelle che si usano negli studi fotografici.
Con un certo sgomento, vide alle spalle della scrivania, proprio a fianco a uno schermo gigante fissato al muro, una rastrelliera in legno che tratteneva, ordinati e in fila, una serie di attrezzi poco rassicuranti: frustini, un asse piatta e una striscia di pelle entrambe con il manico di legno.

Varie corde, molti bastoni, alcuni con il manico a forma di enorme fallo.
In un angolo un grosso lavabo in acciaio e accessori non meglio identificati, che lei preferì ignorare.
Passarono alcuni minuti che le sembrarono ore.
Fu presa da un senso di abbandono e di disinteresse, come se fosse stata dimenticata … completamente, ignorata. Senza valore.
La sensazione più orribile che avesse mai provato, e che più detestava nella vita, era tornata ad impadronirsi di Selene, trasformandola da colonna portante a ultima ruota del carro.

La minaccia di fare del male a Carlo aveva avuto un effetto sconvolgente sulla sua psiche. Lei ora si sentiva responsabile, in pericolo e vulnerabile.
Suo marito era completamente vittima in quella situazione, del tutto innocente e inconsapevole.
Lei lo aveva trascinato fino ad Atrani, quel paesino a picco sul mare, dall’ aspetto innocente e sonnacchioso.
Lei si era voluta togliere la curiosità e lo aveva invischiato in quella sordida avventura, mentre lui, più debole e tranquillo, si era più volte ribellato a quella sua idea di passare un week end nel sud Italia, ospite di uno che, alla fine, non era che uno sconosciuto.

Purtroppo … non aveva fatto abbastanza per dissuaderla veramente.
Al contrario, aveva fatto sì che tutti problemi logistici venissero facilmente superati. Certamente, per amore, aveva capito e sostenuto i suoi desideri. Poverino.
E adesso la situazione si presentava ancora più cupa e tragica: da una settimana, infatti, aveva saputo di essere incinta di lui.
Proprio come, mesi prima, quel maiale di Franco aveva previsto.
Ricominciò a piangere silenziosamente.

III

Come in un flashback gli avvenimenti di quegli ultimi mesi le passarono davanti agli occhi della mente.

Tutto era cominciato nel più canonico dei modi: su internet.
Niente tresche su Facebook o avventure al buio su Badoo, intendiamoci.
Lei, per hobby, amava scrivere qualche novella erotica ed aveva trovato il sito adatto per pubblicarle … un ambientino “signorile”, per così dire.
Perché lo faceva?
Beh, perché lei era una “brava signora” da circa sei anni, ormai. Ma non poteva del tutto dimenticare di essere stata una ragazza, spesso molto disponibile, con una carica erotica simile ad un vulcano: sopito, ma mai spento.

Dai diciotto ai venticinque anni aveva fatto, appena si presentava l’ occasione, collezione di uomini.
Appagava così due suoi enormi bisogni: prendere cazzi di ogni tipo, in ogni instante e “maltrattare” gli uomini che la possedevano.
Niente di violento naturalmente, lei amava solo … deluderli.
Scopava con uno per far sapere all’ altro, che non era stato un granché a letto.
Alcuni ragazzi, più coinvolti sentimentalmente, ci rimanevano male a scoprire che lei non li considerava il centro del suo universo e che, alla prima occasione, si lasciava fottere dal loro migliore amico, con la stessa disinvoltura con cui si era fatta scopare all’ improvviso da loro.

Insomma: ognuno si sentiva il fortunato di turno per un attimo e, dopo poco: una nullità dal punto di vista sessuale, uno da buttar via dopo l’ uso.

Con Carlo era stato tutto diverso, però.
Non era bello, ma nemmeno brutto.
Era un uomo dolcissimo e lei lo aveva conosciuto in una singolare circostanza.
Appena laureata, fu fortunata a trovare lavoro.
Decise subito di andare a vivere da sola e sancire così la sua definitiva indipendenza.

Proprio il giorno in cui entrava in modo ufficiale nella nuova casa, una dependance ricavata dal piano terra di una villa del novecento, veramente bella, si trovò di fronte ad uno spettacolo piuttosto singolare: un’ esequie.
La vecchia signora che viveva sola, la proprietaria della casa, era morta.
Alcuni amici e parenti si salutarono davanti ai suoi occhi perplessi. Tra loro, per la maggior parte persone anziane, spiccava la figura di un giovane sulla trentina, alto, silenzioso.

Aveva spalle larghe e fisico asciutto, il taglio rasato dei capelli gli dava l’ aspetto di un militare.
Il suo sguardo era smarrito, perduto nel vuoto.
Un vecchio signore gli parlava sommessamente, con aria di circostanza e da come lo salutarono amici e parenti, Selene si convinse di trovarsi di fronte al figlio della donna scomparsa.
Restò in macchina perplessa sul da farsi. Dopotutto i contratto era fatto, e con l’ agenzia, tra l’ altro.

Lei aveva versato un congruo anticipo!
Quindi da donna pratica decise di aspettare che tutti fossero andati via, poi cominciò a portare dentro gli ultimi shitoloni, con le sue cose.
Era sola nel grande cortile, dotato di un elegante e curato giardino; stava cercando di decidere se provare a entrare con la macchina dal cancello per metà spalancato.
Non era segnata questa opportunità, sul contratto.
Decise per il no, meglio evitare discussioni … anche se: non c’ era nessuno.

Ma appena si avviò verso la casa, si trovò di nuovo davanti il giovane vestito di scuro.
Aveva gli occhi arrossati e una espressione stanca.
– Buongiorno – le disse – lei deve essere la signorina Selene, se non sbaglio!
Io sono Carlo, sono … ero il figlio … – fece un cenno con la testa verso la casa.
Lei gli tese la mano e lui riprese subito:
– Lei sarà da sola qui per un certo periodo, e io vorrei chiederle qualche favore; naturalmente pagando il disturbo.

Mi permetto di chiedere perché mi trovo in una situazione molto imbarazzante. –
Selene non capiva e preferì ascoltare, per rendersi conto di cosa le stava per proporre, pronta a contattare l’ agenzia e, se necessario, un avvocato.
Laconicamente si lasciò sfuggire un: – Veramente … io …
comunque, condoglianze per sua mamma ! –
– Oh, grazie, davvero – disse lui, poi aggiunse – le spiace se ci accomodiamo un attimo in casa sua? –
Le piacque quel “casa sua”, la fece sentire “grande”.

– Ma certo, venga. – gli disse con un sorriso, lasciandosi seguire all’ interno.
Il giovane le spiegò di essere un militare, un ufficiale, tecnico di marina, impegnato nel golfo Persico. Era alla sua ultima missione, tra pochi giorni sarebbe diventato ufficialmente “borghese” e iniziato una carriera come ingegnere, presso un cantiere di edilizia marittima, a La Spezia.
In pieno spostamento burocratico, incasinato fino al collo, doveva ripartire immediatamente per il Golfo.

La informò che l’ uomo anziano con cui discuteva era il padre, divorziato dalla mamma da tanti anni. Viveva in Inghilterra e probabilmente era già ripartito.
Insomma il giovane era solo e non sapeva a chi rivolgersi per le piccole incombenze della casa.
Lei avrebbe dovuto tenere le chiavi e in emergenza aprire a qualche operaio, pagare qualche bolletta, controllare anche la posta.
Le promise che sarebbe stato solo per poche settimane, poi lui, una volta in Italia, si sarebbe occupato a tempo pieno di quella casa, e tolto lei dalle spine.

Selene non ebbe il coraggio di rifiutare.
Si scambiarono i numeri di telefono e la casella e-mail per la comunicazione di documenti.
– Non so come ringraziarla, davvero. Non avrei potuto essere più fortunato a risolvere in
poche ore tutto questo. Lei, Selene, è apparsa come un angelo, in un giorno, come dire, un po’ pesante! –
Voleva lasciarle del danaro, ma Selene lo rifiutò.
Sulla porta la salutò molto gentilmente, poi fece una cosa che la lasciò senza parole e lievemente commossa: la abbracciò e la baciò in modo formale sulle guance, stringendola al petto, ma con vigore inaspettato.

Lei capì da quel gesto quanta solitudine aveva nel cuore quell’ uomo.
Vide passare un ombra nei suoi bellissimi occhi chiari.
Nel prendere un Taxi, le disse: – Metta pure dentro la sua auto, c’è tanto spazio … faccia come se fosse a casa sua. Addio! –

Passarono quasi due mesi.
Il senso di responsabilità di una ragazza giudiziosa, l’ investitura a “padrona” della situazione, la fiducia riposta in lei e nelle sue capacità, fecero piacere a Selene e lei attribuì questa nuova vita alla sua maturità, ormai acquisita, alla “veneranda” età di ventisei anni.

Ormai si sentiva con Carlo quasi tutti i giorni. Aveva seguito la casa come fosse la sua. Anche i suoi genitori la vennero a trovare e furono contenti della sua sistemazione.
Poi lui tornò.
Lei si era molto affezionata a quell’ uomo e, non avendo impegni sentimentali particolari, si era fatta intorno un certo “spazio vuoto”. Anche se con se stessa trovava mille scuse, mai si sarebbe sognata di sussurrare la parola: amore!

Lui tornava a Piacenza tutti i venerdì, a volte anche il giovedì sera.

Tutte le scuse erano buone per stare insieme.
Una sera lui ebbe un piccolo incidente facendo un aggiusto in casa e lei accorse per aiutarlo. Gli medicò un taglio al braccio che si era procurato.
Era tardissimo.
Lui le volle offrire un bicchiere di vino frizzante, come ricompensa; poi soli, seduti sul divano si guardarono senza sapere bene cosa fare. Fino a che lei prese l’ iniziativa …
Si tolse i jeans, gli slip e si mise a quattro zampe affianco all’ uomo, che la osservava sconvolto.

Con gesto rapido, gli tirò fuori dal pantaloncino il pene moscio e impreparato. Lo prese in bocca e cominciò a succhiare delicatamente ma incessantemente.
Carlo si eccitò rapidamente e capì finalmente cosa fare con le mani a quelle natiche e a quella fighetta, tanto vicine al suo viso.
Comincio a carezzare, ad esplorare, scivolando sul culetto, che aveva tante volte sognato, seguiva le gambe perfette e depilate, lisce come seta.
Un calore profondo alla pancia lo fece sussultare e senza aspettarselo venne copiosamente e in modo liberatorio nella bocca di Selene.

Lei, senza mollare, succhiò lo sperma fino all’ ultima goccia.
Fiottava a sorsi, senza fermarsi, come l’ acqua scorre da una cannula, attraversava il canale del cazzo e lei sentiva l’ ondata lieve, che arrivava e poi sgorgava sulla sua lingua, per poi essere aspirato in gola.
Non si tirò indietro, nonostante per un attimo si fosse sentita soffocare, ma era decisa a
berla tutta. E così fece.
Dopo alcuni minuti, lasciò che il cazzo scivolasse dalla bocca, perfettamente pulito.

Ne era certa: con quell’ uomo la sua vita sarebbe cambiata.

Da quel momento cominciarono a stare sempre più insieme e poi dopo una convivenza effettiva, si sposarono, con la benedizione dei parenti e con l’ approvazione dei pochi, sinceri, amici.
Dopo quasi 4 anni di matrimonio il menage si fece, naturalmente un po’ monotono. Non avevano bambini, non avevano preoccupazioni economiche, tutte caratteristiche adatte per sentirsi annoiati.
Selene ogni tanto ripensava a qualcuna delle scopate più memorabili del suo passato.

Carlo, meno avvezzo di lei alle avventure erotiche, sentiva comunque un certo friccicore nel pensare, nel desiderare qualcosa di nuovo, ma soprattutto sentiva che lei avrebbe avuto, ogni tanto, bisogno di altro.
Non avevano segreti e lei gli aveva fatto capire il suo modo di vivere il sesso da ragazza, come mortificazione e punizione dell’ orgoglio del maschio di turno.
Se dal punto di vista psicologico poteva anche farne a meno, “guarita” da quella esigenza di vendetta, che si perdeva nel suo passato rimosso, quelle avventura all’ epoca monotone, diventavano, nei suoi ricordi, piacevoli spunti per le sue masturbazioni.

IV

Passava tanto tempo al PC per motivi di lavoro e spesso gironzolava tra i siti, anche porno, alla ricerca di distrazione.
Un giorno scoprì uno spazio dedicato a racconti erotici e confessioni sexy di utenti dilettanti. Per ammazzare la noia si divertì a scrivere, romanzandola, qualche sua esperienza.
Non aveva detto a Carlo di questo “gioco”, ma solo perché ancora non era capitata l’ occasione.
La divertiva scrivere, e descrivere, quelle storie, cercando di renderle intense ed eccitanti.

Cominciò anche a ricevere delle e-mail, alcune corrette, altre volgari, ma quello che le procurava piacere era immaginare che un altro, del tutto sconosciuto, si masturbasse e venisse leggendo le sue pagine.
Quel pensiero la faceva sentire “profanata” da sconosciuti.
Una libidine del tutto nuova.
Fino a che, un giorno maledetto, le scrisse Franco, un altro “scrittore” comparso dal nulla.
Aveva un modo diverso di contattarla rispetto agli altri.

Sembrava veramente interessato a lei, aveva un modo di chiedere e di proporsi
particolarmente intrigante.
Dolcemente e con maestria penetrò nella sua blindatura mentale e digitale … diede e prese fiducia, le presentò di se l’ aspetto paterno e familiare, ma anche la capacità di provare eccitazione e di procurane.
Franco la capiva profondamente, capiva soprattutto quel lato sopito della sua sensualità, che non poteva essere completamente cancellato dalla sola forza di volontà.

Le fece rendere conto che lei non era giusta nei confronti di Carlo, perché amare non poteva diventare una crociata che limita i nostri desideri e le nostre aspirazioni.
Se l’ amore ci comprime e ci limita, pian piano cominceremo ad odiare, invece di amare e a sopportare, senza saper più godere.
Avrebbe spesso voluto parlare con Carlo di questa sua amicizia, ma non si presentava l’ occasione.
Una sera, anzi una notte, mentre Carlo dormiva, lei si era trovata trascinata in una chat oltremodo “hard” con Franco, dove gli descriveva del tipo di piacere che provava da ragazza a cambiare continuamente partner.

Di quelle volte in cui cercava di combinare gli appuntamenti con più di un ragazzo, per riuscire a farsi venire dentro dal secondo con cui stava, mentre ancora all’ interno della vulva, teneva la sborra del primo.
Una volta che da ragazza, era stata sola un casa, aveva fatto in modo di ricevere tre “visite”.
Con scuse varie si fece chiavare dai suoi amanti senza quasi lasciare il suo letto, e dopo il terzo che mandò rapidamente via con una scusa, ebbe la faccia tosta di telefonare ad un vicino, medico, che aveva sessantacinque anni: un amico di famiglia.

Gli disse di avere un forte mal di stomaco e gli fece trovare la porta socchiusa.
L’ uomo rimase stupito davvero dalle sue avances molto spinte, aveva fatto di tutto per riuscire a ribellarsi, ma la vista e il contatto del corpo giovane e sinuoso di Selene fece si che l’ eccitazione superasse il senso di professionalità.
Così lei si mise a gambe aperte sul bordo del letto e lui esausto le spruzzò in figa una notevole quantità di sperma.

Quando anche lui se ne fu andato, Selene ripensò a ciò che aveva fatto. Si spostò, lasciva e depravata, nella doccia, dove in solitudine, cominciò a masturbarsi, accovacciata per terra.
Intanto lenti e tepidi le scorrevano da dentro fiotti di sborra ormai liquidi e saponosi, le fuoriuscivano dalla vagina e scendevano lungo le cosce.
Qualcosa di appiccicoso, che aveva l’ odore delle varie sborre mescolate nella sua “coppa”, la sporcava e le attaccava l’ olfatto.

Man mano che veniva violentemente, raccoglieva con le dita l’ acquiccia che le imbrattava le carni, se la spalmava sui seni, sul viso, sulla lingua e poi la succhiava, leccandosi le dita.
Mentre raccontava queste sue esperienze estreme a Franco, improvvisamente, fu interrotta dal telefono che squillava solitario. Erano le due di notte.
Carlo assonnato, con voce impastata, le porse il telefono: era sua mamma. Il padre si era sentito male e doveva essere ricoverato al più presto.

Il malore per fortuna si risolse per il meglio, ma lei era rimasta col dubbio atroce di non avere spento il Computer, nella fretta.

Era sulle spine, ma quando finalmente poté tornare a casa il PC era spento.
Non fu tranquilla finché non sentì la voce al telefono di Carlo.
Tutto bene.
Non aveva letto niente. Per lei sarebbe stato imbarazzante spiegare al marito quella strana relazione.
Decise che nel week end successivo avrebbe parlato con Carlo: di lei, di Franco e dei racconti erotici.

“ E questo era stato il mio grande sbaglio!” pensò con tristezza e impotenza, in quella stanza strana che sembrava un covo di torture.
Alle spalle del ”burattino” non puoi assolutamente sapere chi è il Burattinaio.

V

Ogni istante che passava l’ angoscia si faceva strada nel suo animo.
Il senso di impotente responsabilità, anche per aver trascinato Carlo in quella storia, la attanagliava: “E adesso?”
Chissà il povero Carlo in quale scabrosa situazione si trovava a causa sua.

Subito dopo aver raccontato al marito di questa sua amicizia, vide che lui l’ aveva presa bene. Nei mesi successivi non aveva mai recriminato per le sue chat e per il tempo che dedicava al PC.
Al contrario spesso anche lui partecipava “trasversalmente” al gioco; a volte avevano chiacchierato, molto apertamente e ai limiti dell’ hard, tutti e quattro, cioè anche con la moglie di Franco, sempre che veramente quella donna fosse la moglie.

L’ uomo era abile nel parlare e sapeva far salire la pressione nell’ interlocutore. Le paroline giuste al momento giusto le provocavano spesso un piacevole pizzicore.
Una volta le chiese in “regalo”, poiché li aveva eccitati particolarmente, di dedicargli quella stessa notte una scopata.
Quando Carlo sarebbe venuto dentro di lei, ognuno di loro due avrebbe pensato intensamente di fottere con uno di loro: Carlo con la moglie di Franco e lei con Franco stesso.

Mentre proponeva tutto questo, erano su Skipe, si vedeva chiaramente la moglie di Franco che abbassava e alzava la testa, dai lunghi capelli, sulle sue gambe: insomma gli faceva, in diretta, un languido bocchino.

A colpire Selene era la grande capacità di lui di leggerle nella mente.
Sapeva talmente tante cose di lei che a volte la stupiva.
Anzi, si chiedeva spesso se avesse delle doti paranormali, visto che si dilettava di Geomanzia e di Astrologia.

Le aveva regalato anche un “responso” che l’ aveva lasciata sbalordita.
Penetrava in molti aspetti della sua vita, che non avrebbe assolutamente potuto conoscere.
E infine riuscì a scavare nel suo subconscio, descrivendo per grandi linee l’ episodio della sua giovinezza che l’aveva resa poi una cacciatrice di uomini “usa e getta”.
Perché a lei era successo proprio così.

Negli anni del liceo un’ amicizia sbagliata l’ aveva portata in un giro pericoloso, dove un suo ragazzo, un mezzo delinquente, l’ aveva costretta a fare sesso con chi voleva lui, spesso vendendola, come fosse una prostituta.

In quei pochi mesi, lei che proveniva da una famiglia per bene e di gente corretta, si ritrovò con la feccia delle discoteche peggiori.
Il giovane la ricattava e la terrorizzava, minacciando che avrebbe detto tutto ai suoi, con tanto di foto che la ritraevano mentre aveva rapporti con più uomini e in pose estremamente esplicite.
Per fortuna suo padre aveva un amico che era un pezzo grosso della Polizia, che le era affezionato.

Questi, del tutto all’ insaputa dei suoi, si era inserito nella storia.
Aveva recuperato le sue foto e convinto il giovane a sparire completamente dalla vita di lei e … dalla città.
Le foto vennero bruciate.
Ma “l’ amico” pretese di scoparsela varie volte, per sdebitarsi.
Questi episodi l’ avevano resa diffidente e vendicativa verso gli uomini.
Amava dimostrare che non valevano niente e desiderava bastare totalmente a se stessa.

Con Carlo erano sposati ormai da tempo, ma in realtà era lei, col suo carattere forte ad averlo diciamo così, adottato.
Gli voleva bene davvero, ma il suo era più un atteggiamento materno, che quello dell’ amante focosa.
Purtroppo negli ultimi anni, i rapporti sessuali erano scemati parecchio, lei più che fare sesso con lui, accudiva amorevolmente alle sue esigenze, facendolo sborrare ogni tanto, quasi fosse un’ incombenza da espletare.
Ma nei loro rapporti non c’ era più quel mordente, quella tensione erotica che ci sarebbe voluta per lei … e inoltre, non avrebbe mai avuto il coraggio di confessare al marito, i desideri reconditi che si agitavano nel suo pancino.

VI

Intanto … adesso era lì …
Come un trofeo di caccia, legata al cavalletto: le cosce aperte, le chiappe completamente esposte e le grandi labbra divaricate. Per la posizione che doveva tenere, la figa era secca e provava fastidio.
I polsi e le caviglie iniziavano a dolerele. Era passata quasi mezz’ ora.
E pensare che si era lasciata legare proprio lei.
Arrivati ospiti in quella grande casa sperduta tra le colline della Costiera Amalfitana, si erano trovati in un ambiente accogliente e cordiale.

Erano arrivati in mattinata, dopo aver pernottato a Roma.
C’ era Franco, giovanile nonostante i cinquanta, molto ospitale.
Li aveva messi immediatamente a proprio agio, come amici di vecchia data.
Poi incontrarono anche la moglie, una vera sorpresa, vista dal vivo: alta, statuaria, dalle forme giunoniche, estremamente riservata, ma non distaccata.
Era più giovane di lui, praticamente una ragazza.
Selene aveva dovuto ammirare la bellezza speciale di quella donna, che non era passata inosservata nemmeno al marito, Carlo.

L’ aveva portata in giro per casa ad apprezzare il paesaggio e i panorami mozzafiato, la frescura delle logge, le camere bianche e altissime, dalle volte a botte.
Poi giù, nelle cantine e, infine, nella stanza che lui aveva chiamato: “palestra”.
Con la scusa di voler shittare una foto e fare uno scherzo al marito, le aveva chiesto di adagiarsi sul “cavallo” … e da quel momento tutto era cambiato. Le certezze di Selene erano precipitate in un baratro e lei si era ritrovata proiettata in un incubo che la stava annientando.

Da lontano senti, improvviso, una musica: forse da uno stereo.
Si udivano anche delle voci, qualche risata.
Selene non riuscì a trattenersi e senza pensare alle conseguenze, con una voce fioca e rotta, cercò di gridare:
– Aiuto … per favore, aiuto ! –
Me niente cambiò per alcuni minuti, forse non potevano sentirla.
Poi entrò lei, la moglie di Franco, vestita come una cameriera, con un camice azzurro di cotone, estremamente semplice.

Sotto portava calze chiare color carne. Il camice era esageratamente sbottonato sul davanti. Non le prestò particolare attenzione.
Selene cominciò a pensare di essere in un sogno, anzi in un incubo.
La donna spostava oggetti nella penombra; poi si avvicinò al lavello e cominciò a sciacquare qualcosa che Selene non vedeva.
La ragazza si trovava in un situazione assurda, si rivolse alla donna:
– Per favore. Per favore mi aiuti.

Non è possibile, mi aiuti, sto impazzendo –
Le sembrava un’ allucinazione, non riusciva a credere di essere proprio lei, in quel posto, in quella posizione: prona e sottomessa, a implorare un poco d’ attenzione.
Normalmente avrebbe già fatto intervenire il genio civile, la guardia costiera, i carabinieri e persino la guardia svizzera, in una situazione tanto assurda.
La donna non rispose, ma accennò un lieve sorriso.
Si portò verso la porta, con fare circospetto, come per controllare che nessuno la sentisse.

Poi tornò a sfaccendare per la stanza e le disse sottovoce: – Non ti preoccupare, aspetta, non durerà a lungo. Non ti preoccupare. –

A quel punto entrò Franco, con un sorriso spavaldo:
– Oh, ho! – disse con ironia – la bella signora è ancora qui, bene! –
Selene era arrabbiata, livida e con disprezzo disse di rimando:
– Insomma, la smetti con questa farsa, idiota? – poi aggiunse con rabbia – Pagherai caro questo scherzetto, vedrai! –
L’ uomo rispose, con un gesto teatrale, come rivolgendosi a una invisibile platea:
– Oh, oh! Vedete? La vittima minaccia.

Sbraita. Ma vedi, cara signora, non mi pare proprio che tu sia in grado di dettare ordini, o mi sbaglio? –
Si avvicinò e le diede una palpata significativa a una delle chiappe, come se rimproverasse un ragazzino con un pizzicotto sulla gota.
Si toccò la cinta dei Jeans, come per minacciarla, poi aggiunse tagliente:
– Niente punizioni corporali, non ti diverti tu e di conseguenza non mi diverto nemmeno io. –
Poi aggiunse: – Facciamo così: se osi ancora alzare la voce o minacciare … Ok! Vado via e ci rivediamo domani a questa stessa ora … va bene? – la guardò canzonatorio dritto negli occhi – Che dici, vuoi così? –
– No, aspetta … – disse Selene – io … io mi sento male ! –
– Ti farà stare ancora peggio, ricordarti che Carlo è in mano mia …
Vedi lui, per i miei gusti, è molto meno interessante di una bella figa come te … Quindi, che decidi? Sei pronta a servire … ? –
– Ma cosa vuoi da me, posso saperlo? Che cazzo ti ho fatto per meritare tanto odio? –
Franco rise di cuore, una risata sincera, quasi cordiale, che risuonò in modo ambiguo in quella sala di torture.

– Ma cosa ti salta in mente, mia giovane pupilla? Quale odio?
Tu sei qui per amore, solo in nome dell’ amore … tutti, qui, ti vogliamo bene e ti vogliamo … “amare” … naturalmente. – Rise.
Le accarezzò il culo, sempre con forza e le carezzò, con la mano chiusa,
la vagina spalancata e asciutta all’ inverosimile.
Selene era inebetita, non capiva più che razza di gioco fosse quello.
Ma era sicura di trovarsi in grave pericolo: era altrettanto sicura che la vita di suo marito era pericolosamente in gioco, per la sua stupida leggerezza.

– Se prometti di obbedire in tutto e per tutto e di subire con pazienza le mie … attenzioni, ti garantisco che a “nessuno” – e fece capire bene a chi alludeva – … a “nessuno” verrà torto neppure un capello. –
Poi aggiunse: – Anzi, ti liberò subito, ma resta dove sei. Sono certo che non sei donna da chiassate. –

VII

– Finalmente – disse più a sé che a lui.

Si stiracchiò e si massaggiò polsi e caviglie, ormai era nuda, praticamente. Si guardò meglio intorno nella stanza che diventava sempre più lugubre nella sua immaginazione.
Franco le fece cenno di sedere su una panca rivestita di morbida pelle. Lei lo fece e, pensosa, si coprì con un braccio il seno.
Franco si avvicinò alla porta aperta e chiamò. Arrivarono due uomini di fatica, uno era nero. Da una parte della stanza recuperarono un grosso paravento pieghevole che aprirono completamente.

Vicino alla porta sistemarono un paio di panchette, simili a quella su cui era seduta Selene, poi davanti alle panche posero il paravento.
Era di legno intarsiato fitto, con una feritoia da dove, di sicuro, era possibile vedere senza
essere visti.
– Ora non muoverti assolutamente, mi raccomando! – intimò Franco, mentre la sua signora in camice lo raggiungeva. Confabularono tra loro, senza darle importanza.
Intanto un vocio di alcune persone che entravano, senza poter essere viste riempì la stanza … dietro al paravento aveva preso posto una piccola platea.

Nella stanza venne accesa l’ aria condizionata in maniera leggerissima.
La donna si dedicò a lei, le porse delle calze parigine spesse, appena sopra il ginocchio, di colore nero – Queste ti staranno benissimo cara, indossale. – poi aggiunse – tieni, metti anche questo – e le porse un reggipetto chiaro, con un taglio particolare, adatto a tenerle in alto i seni con tutto il capezzolo esposto di fuori.
Ai piedi la donna le infilò un paio di scarpe nere, lucidissime, con un tacco vertiginoso e un laccetto con fibbia, molto sexy, alla caviglia.

Selene, di malavoglia, indossò i capi quasi con rabbia.
Una musica soffusa si spargeva per la stanza, il ragazzo nero, con indosso jeans e canottiera, venne fuori dal paravento e le portò della frutta tagliata in una coppetta trasparente.
Lei la mangiò avidamente. Si sentì in parte ritemprata.
– Adagiati adesso, Selene – disse seria la donna: premendole lievemente sulla spalla la fece poggiare su un fianco.
La panca era abbastanza piccola, fece in modo che raccogliesse le gambe verso il petto; Selene si rese conto che in quella posizione tutta la sua area genitale e il culo erano rivolti alla platea, in bella mostra.

Protestò mugugnando.
Franco intervenne, aveva in mano un piatto di frutta e piluccava i pezzetti con calma.
– Ecco, adesso siamo pronti. – disse, come se dovesse tenere una conferenza – La nostra amica Selene, qui, è una bellissima signora, che ci ha onorato di una sua visita … e questo ci fa veramente piacere. – si abbassò e le baciò una natica con uno schiocco sonoro.
– Sappiamo che la nostra amica ha un marito … un gran bravo ragazzo … lo conoscete? – continuò con voce da guitto –
Un vocio dal paravento rispose scherzosamente – No, no !!! –
– Allora ve lo presento – e con gesto teatrale fece con la mano un semicerchio nell’ aria.

Allora i due ragazzi di prima trasportarono dentro alla camera una sedia, sopra col viso provato, un occhio nero e segni di lividi sulle spalle, c’ era Carlo, quasi tramortito.
Aveva le mani dietro la schiena.
Selene sussultò e fece per alzarsi per raggiungerlo, ma Franco la bloccò con una mano, poi le sussurrò all’ orecchio: – Vuoi che gli facciamo male davvero? – Selene imprecò impotente.
– Brava. Stai buona e tutto si svolgerà per il meglio.

– Le carezzò la guancia, ma lei si ritrasse, fulminandolo con uno sguardo pieno di odio.

– Sapete, cari amici, che la nostra ospite ha più volte rifiutato il rapporto anale con il suo marito ufficiale, il nostro amico qui presente? – disse Franco alla platea nascosta – ora per prima cosa noi cercheremo di scoprire il perché di questo strano comportamento … eppure, la nostra amica ha un sedere stupendo! –
Guardandole il culetto aggiunse: – Forse magari, in passato, ha anche ricevuto qualche grosso pene nel sedere … chissà?
Ed ora? Ora si trattiene! –
Continuò : – La nostra amica si è rivelata brava nel fottere all’ impazzata senza amore e poi … ora che l’ amore c’è, nega il culo a suo marito, si mostra una donna fredda, si disinteressa al sesso … e magari, in cuor suo desidera chissà quali profanazioni e amplessi.


Selene era piena di vergogna per quelle rivelazioni fatte ad un pubblico invisibile. Era sconcertata.
Quell’ uomo la stava mettendo a nudo, anima e corpo, davanti a tutti.
Dall’ altro lato del paravento poteva esserci chiunque … il suo peggior nemico, la sua migliore amica, per assurdo anche un suo parente …
Pianse per la vergogna e per il povero Carlo, maltrattato da quegli aguzzini senza cuore.

La moglie di Franco si aprì il corto camice sbottonandolo sul davanti.

Si inginocchiò al suo fianco e cominciò delicatamente a massaggiarle le natiche, ogni tanto le carezze si protraevano fino alla vulva dischiusa.
Selene si preparò ad essere profanata, ne era ormai sicura: di lì a poco sarebbe stata inculata davanti a Carlo.
Un brivido freddo le corse per la schiena.
La donna intanto arrivò a massaggiarle il piccolo orifizio dell’ ano.
Quanto tempo era passato? Forse l’ ultima volta che lo aveva preso dietro era stato sette anni prima.

Adesso, all’ improvviso, ricordò la sensazione che si provava.
Alla prima botta quel senso intenso, a volte doloroso di irreversibile lacerazione. Era lo sfintere, un muscolo involontario, che si era dovuto dilatare. Sollecitato con la forza aveva deciso, infine, di lasciarsi penetrare.
Dopo, pian piano, diventava tutto sempre più piacevole e facile.
In pochi minuti non esisteva cazzo, per quanto grosso e spesso che non potesse
viaggiare nel suo buchetto a qualsiasi velocità e profondità.

Intanto si preparò al dolore, pur di farla finita.
La donna le stava passando della crema intorno all’ ano.
Franco si era posizionato dietro alla sedia su cui era adagiato il malridotto Carlo. Nella stanza le luci erano soffuse, ma un faretto illuminava bene la zona in cui Selene, prona, era costretta a dare spettacolo di sé.
Sua moglie, invece, armeggiava con uno strano arnese pieno di punte, ma per Selene fu ancora più sorprendente scoprire cosa fosse.

Si trattava di una cinquantina di bastoncini di legno lunghi circa quaranta centimetri, spessi poco più di uno spiedino.
La donna ne raccolse un gruppetto, circa dieci, e stranamente li infilò in un profilattico
particolarmente grossolano.
“ Questi sono matti” pensò, quando la donna, sempre carezzandola con delicatezza, come dovesse darle una supposta, introdusse, senza sforzo, il preservativo nel suo culetto, provocandole solo un attimo di disagio.
Un – Ohoooo ! – esagerato e stupido, venne dalle spalle del paravento, mentre i bastoncini venivano infissi per oltre venti centimetri dietro di lei.

Immediatamente dopo, la donna di Franco, si mise comoda e sempre carezzando e baciando le sue chiappe chiare e morbide, iniziò lentamente e inesorabilmente, con attenzione e maestria a infilare, proprio al centro degli altri, un altro bastoncino.

VIII

Selene capì, ed ebbe un brivido.
Non era un gioco innocente quello a cui la sottoponevano, ma probabilmente una sottile e crudele tortura.
Questo accadeva sotto gli occhi increduli del povero Carlo: semplicemente terrorizzato.

Anche Selene aveva paura, non riusciva assolutamente a capire dove si potesse mai arrivare in quel contesto.
Aveva sensazioni contrapposte, come pensasse di trovarsi al centro di uno scherzo e di una tragedia, contemporaneamente.
Quelle persone non sembravano cattive, ma si comportavano da aguzzini.
“ Ah !” pensò con raccapriccio Selene “ Se non ci fosse stato Carlo!”
Intanto i bastoncini dietro il sedere aumentavano e mentre tutto era cominciato in modo indolore, adesso la presenza di un oggetto che diventava sempre più largo cominciava a farsi sentire.

Ad ogni piccolissima penetrazione, l’ ano si allargava contemporaneamente spinto dall’ interno e le sue pareti cedevano inesorabilmente.
Quando l’ ultimo bastoncino fu penetrato, Selene si sentiva completamente aperta e indifesa. Controllò con la mano il suo buco spalancato, tastandone le pareti e si rese conto che quella sensazione di apertura che le toglieva il respiro era fondata. Infatti aveva l’ ano spalancato per una larghezza della dimensione di una palla di biliardo, più o meno, il tutto per una notevole profondità, dietro di lei.

Allora Franco si avvicinò eccitatissimo, si vedeva sotto il leggero pantalone nero, la spinta del cazzo, che cercava di uscire dalla patta.
Selene pensò tra se che quel porco di certo non indossava le mutande.
– Bene, cara – disse l’ uomo – così cominci a ricordare quanto ti piaceva farti inculare. Dai, alzati adesso, e mettiti in ginocchio. –
Aggiunse con libidine:
– Tieni le natiche ben strette: i bastoncini non devono uscire dal tuo sedere.


Mentre parlava continuava a carezzare il suo corpo, soprattutto dove le calze frangiate, che arrivavano poco sopra il ginocchio, lasciavano il posto alla sua carne nuda. Non voleva, ma quelle carezze le davano la pelle d’ oca e Franco registrava tutti i suoi brividi, involontari.
Selene, lentamente e con difficoltà, scese dalla panca su cui era stata riversa.
Faceva ben attenzione, a tenere l’ ano serrato, nonostante questo sforzo, soprattutto fatto sui tacchi delle scarpine, che sembravano trampoli, le desse un disagio e un fastidio indicibili.

Si piegò in avanti, poggiando i gomiti sulla panca: il timore che tutto il “pacco” contenuto nel preservativo scivolasse fuori, le faceva tenere le gambe strette come quella di una “pin-up”, l’ effetto visivo era spettacolare, infatti, dal paravento si sentivano mugolii di piacere …
Sott’ occhi vide che anche Carlo, guardava stupefatto: per fortuna sembrava molto meno provato, quasi tranquillo.
Selene ne fu felice: probabilmente quelle immagini eccitanti che lei era costretta a eseguire, avevano un effetto anche sul suo povero marito, alleviando le sue sofferenze.

Ma, intanto, le sue pene non erano finite.
Franco le girava intorno, gustandosela in tutta la perfezione delle sue forme. Era bellissima, nel fiore dell’ età di una donna.
Ogni tanto sia lui che sua moglie le strizzavano delicatamente i capezzoli, che restavano così duri e appuntiti, in maniera veramente arrapante.
L’ uomo aveva in mano un bastone, grande come un matterello; Selene con raccapriccio constatò che si trattava di un fallo liscio e rudimentale.

Il sangue le si gelò nelle vene, quando capì che l’ uomo era fermamente deciso a usarlo su di lei.
Infatti Franco, davanti ai suoi occhi infilò un profilattico sulla testa tonda del bastone, per poi spostarsi alle sue spalle.
Intanto la sua donna le si mise di fronte a lei. Le prese la testa tra i seni, mentre con le mani le teneva i capezzoli; si rese conto che la posizione era solo una morsa per tenerla bloccata, in modo da resistere alle spinte di suo marito.

Quel cane, infatti, si era messo dietro di lei, e cercava con sapienza il punto più comodo per infilarle in figa la lunga mazza.
Selene gridò, quando venne penetrata in un sol colpo.
Era piena in entrambi i buchi, solo poche volte da ragazza era stata costretta a prendere due cazzi in contemporanea. Non che le fosse dispiaciuto, ma ora qui era tutto più crudo, più tecnico e più offensivo …
Specialmente perché quel trattamento cruento avveniva sotto gli occhi di sconosciuti e del marito, costretto a subire le offese che venivano ora inflitte al corpo di Selene.

Intanto franco la lavorava con due mani, facendole anche roteare nel sedere sfiancato, il gruppo di astine che sprofondavano in lei.
Una lacrima di dolore e di vergogna, solcò il volto della ragazza, profanata in quella stanza, come una schiava d’ altri tempi.
Lei, una laureata, impegnata e professionale, ridotta a fare da vittima. Svergognata davanti a degli sconosciuti, nelle posizioni più oscene e debilitanti.
Naturalmente la sua vergogna era solo all’ inizio.

La moglie di Franco si pose alle sue spalle, solerte collaboratrice dell’ uomo: sapeva perfettamente fare la cosa giusto al momento giusto.
Cominciò a stappare il culetto malridotto della ragazza, liberandola dall’ enorme ingombro.
Le tirò fuori lentamente il profilattico pieno di bastoncini.
Selene divenne viola dalla vergogna quando sentì scorrere i suoi “umori” dal culetto, davanti a tutti i misteriosi spettatori.
L’ odore, inconfondibile, le fece capire che si era sporcata.

Con disinvoltura la donna che si prendeva cura di lei, si avvicinò alle sue terga con una bacile pieno d’ acqua fredda, e la pulì accuratamente.
Poi le sussurrò: – Sei stata bravissima, tesoro. Nemmeno una goccia di sangue. –
Passando una pomata le alleviò il bruciore dell’ ano.
Le carezze di quella donna erano un toccasana ed aveva un modo di fare complice ed eccitante.
Le mise una mano sulla spalla e la fece sedere sulla panca, lei si pose in ginocchio, e mentre le baciava le gambe lisce come la seta, le disse – Rilassati ora, tesoro.

Si fecero avanti, intanto, i due giovani operai che aveva visto prima,
avevano addosso solo la canottiera, entrambi avevano il membro in bella vista, non completamente duro, ma nemmeno moscio.
Specialmente il pene del nero, come da copione, era veramente notevole. Insomma si capiva di essere davanti a un cazzo da superdotato.
La donna si alzò e con fare autoritario, portò Selene verso il centro della stanza, in prossimità della grata metallica.

Franco aprì intanto un rubinetto e un rivolo d’ acqua iniziò lento a scorrere nel tombino. Mise per terra un asciugamano piegato e le disse di porsi in ginocchio.

IX

La ragazza era ormai in balia di quella coppia satanica.
Vedeva il marito che, nella penombra, faceva del suo meglio per non incontrarne lo sguardo.
Selene ne fu felice, anche perché, il dolore al sedere era passato. Le era rimasto in mente solo il pensiero, eccitantissimo, di essere stata letteralmente sfondata davanti a tutti.

A portarla su di giri, suo malgrado, era stata anche la vista di quei due maschi, con i grossi peni in bella mostra, mentre la donna impartiva delle precise indicazioni.
Lei in ginocchio si trovava col viso all’ altezza di quei cazzi sconosciuti e questo le rimescolava la pancia, facendola arrossire.

Ma Franco e la moglie non sembrava volessero demordere dall’ intento di mortificarla.
La donna fece accostare il primo dei suoi scagnozzi e gli prese con decisione il cazzo in mano.

Lo palpeggiò con esperienza e senza apparente piacere.
Inflisse al cazzo alcune carezze profonde verso il basso, tanto da farne esplodere il grosso glande all’ esterno: quindi, tenendolo tra le dita, indirizzò quel tubo di carne verso Selene, continuando a sollecitarlo, fino a quando un filo di orina cominciò a fuoriuscire, sottilissimo.
Trovava difficile passare attraverso il canaletto schiacciato nel cazzo gonfio.
Comunque la pipì uscì e ne uscì tanta, e per tanto tempo.

Era talmente compressa che il fiotto sembrava tagliente, mentre investiva Selene avvilendola: schizzava sulla faccia, sugli occhi e sulla bocca.
Nonostante tenesse le labbra sigillate, la ragazza non riusciva a resistere abbastanza da evitare che il fiotto violento di liquido caldo e salato le invadesse parzialmente la bocca.
Il tutto poi, dalla bocca e dal viso, scendeva in rivoli attraversando il suo corpo, impregnando di piscio le calze e il reggiseno.

Quando ebbe finito, il giovane venne fatto spostare di lato.
La moglie di Franco si dedicò allora al cazzo del nero, spesso maneggiandolo con due mani come fosse alle prese con un serpente.
Anche questi le pisciò addosso e in bocca, senza ritegno.

L’ odore era intenso ma stimolante intorno a Selene, mortificata e trattata come un orinatoio, per la prima volta, la ragazza iniziò a sentirsi la figa bagnata.

L’ eccitazione aumentò quando una servetta completamente nuda, dal corpo sottile, con uno straccio umido deterse Selene accuratamente.
La signora disse ad alta voce: – Preparati, tesoro, io intanto te li pulisco. –
Infatti, si abbassò e uno alla volta, leccò accuratamente i due cazzi,
dalla testa alle palle, ripulendoli di ogni residuo.
Era molto bella, giunonica, anche lei indossava solo calze e regipetto, con delle scarpe color crema a mezzo tacco.

Avanzò portando con se i due ragazzi, stando tra loro, trionfante, tenendo con le mani i due membri eccitatissimi.
– Dai – le disse – adesso lasciati andare: … e goditela un pochino. –
La donna si allontanò, lasciando Selene inginocchiata tra i due maschi, con i cazzi eretti.
Non poté fare a meno di iniziare un doppio pompino (dedicandosi con la bocca ora all’ uno, ora all’ altro) dei due membri enormi.

I colpi profondi che riceveva (e che desiderava ormai ricevere), le arrivavano in gola, facendola salivare in maniera abnorme.
Goccioloni di saliva cadevano dai cazzi appena li mollava.
Con le mani tirava gli uomini a se, trattenendoli spesso per le palle; non era raro che li tenesse entrambi, nella bocca dilatata in modo osceno.
Non seppe cosa pensare quando vide che la moglie di Franco, aveva tirato fuori dalla patta il cazzo di Carlo, suo marito, duro all’ inverosimile e tenendogli il culo all’ altezza del viso, lo masturbava alacremente, curva verso il davanti.

Non seppe reagire, nè si sforzò di capire quando vide che il marito, incapace di contenersi dal desiderio, cacciò via le mani dalla schiena
e allargando le natiche chiare, cominciò a riempire di baci e leccate il culo e la figa.
Franco guardava la scena eccitato e divertito, intanto la servetta diafana gli massaggiava il pene con la mano infilata nei pantaloni.

X

Da dietro il paravento si sentiva ansimare, qualcuno di certo non se ne stava con le mani in mano.

Mentre Selene cercava di raccapezzarsi in quella scena incredibile, ricevette il primo spruzzo di sborra direttamente in gola, proveniva dal cazzone nero.
Era tanta che, nonostante l’ uomo la tenesse per la nuca, per non permetterle di sganciarsi dal suo glande, lo sperma spruzzava dai lati della bocca, ormai stracolma.
L’ altro arrivò immediatamente dopo, a schizzi violenti. Una parte della sborra le venne fiondata sui seni e sui capezzoli tesi e rosei, il resto, ancora in bocca mischiandosi allo sperma precedente, aggiungendovi un nuovo aroma.

Selene scelse allora di berne una notevole quantità, deglutendo rumorosamente, mentre l’ il liquido lattiginoso le scorreva lento nella gola.

– Meravigliosa creatura – esclamò Franco – eccoti!
Adesso puoi essere te stessa. – aveva lo sguardo esaltato ed eccitato.
Le si avvicinò, liberandosi della serva che gli teneva il cazzo in tiro.
Le prese la mano. Selene non capiva più niente.
Vide la moglie di Franco che si era abbassata ulteriormente, mentre faceva il pompino a suo marito.

Carlo guardava con fermezza verso di lei, adesso.
Selene pensò che, di certo, da quella posizione aveva visto che si era data tanto da fare, con i pali dei due ragazzi, poco prima.
Ma cosa poteva fare? Ormai non era più padrona di se stessa.
Dopo tutto anche lui, maltrattato o no, si stava godendo un bocchino tra i più consapevoli e raffinati che avesse mai ricevuto in vita sua.

Franco, allora, le prese la mano.
La servetta nuda, si avvicinò con un tovagliolino profumato, per detergerle il viso e farla riprendere.
Poi la ragazza si allontanò, andando da suo marito Carlo.
La signora si spostò e la ragazza, con gesto rapido e indifferente, si sedette sul cazzo duro del marito.
Il bacino stretto e le grandi labbra fascianti, fecero sembrare il pene di Carlo più grosso di quanto fosse mai stato.

Anche quella scena piacque indecentemente a Selene.

Da troppo tempo si era vietata il piacere. Quello sano senza compromessi e senza preoccupazioni.
Stava facendo sesso, sesso vero e, finalmente, solo per lei!
Non per vendetta, non per punizione, non per accontentare il suo uomo.
Finalmente si poteva permettere di lasciarsi andare e farsi fare solo per il suo più intimo piacere.
Franco fece cenno ad uno dei ragazzi che si stava riprendendo di accostarsi.

Portarono Selene per mano, verso l’ attrezzo che sembrava una specie di altalena.
La aiutarono a mettersi sospesa sulla striscia di pelle morbidissima.
L’ attrezzo era sì oscillante, ma la teneva in una posizione particolarissima.
Assicurata per le spalle, i gomiti e le ginocchia, Selene venne a trovarsi sospesa, con le cosce spalancate e i seni all’ aria.
A questa vista la donna di Franco si avvicinò alla sua vagina e iniziò una leccata memorabile e sonora, mentre con le mani le lisciava le gambe tornite fino alle caviglie sottili.

Intanto il marito, trovandosi la bocca di Selene all’ altezza giusta, tirò fuori il cazzo e glielo imboccò con gesto disinvolto.
Scivolava tra le labbra, veloce, mentre le stringeva le tette e la faceva oscillare tenendola per i capezzoli.
Selene aveva la lingua di lei dentro la figa, robusta e veloce come un piccolo pene, non riuscì a trattenersi e singhiozzando, con un pianto liberatorio, cominciò a venire nel più lungo orgasmo della sua vita.

La donna non si fermava, mentre era all’ acme del suo piacere, il seme di Franco cominciò a scivolarle delicatamente in gola.
Senza scosse apparenti e senza sforzo, l’ uomo sborrava in bocca a Selene con la stessa semplicità con cui si recava a fare pipì.
Il ruscelletto di sperma veniva succhiato con gusto dalla giovane, come se stesse bevendo a un grosso capezzolo di mucca.

XI

L’ estasi di Selene che beveva ancora sperma in quel pomeriggio estivo, fece esplodere anche Carlo nella vagina della giovane serva.

La ragazza senza segni di particolare piacere, continuò a strusciarsi sul pube di Carlo ritmicamente, anche lei non volle essere da meno nel “mungere” la sborra dell’ uomo fino all’ ultima gocciolina.

Dal paravento allora venirono fuori, due donne di una certa età, con le sottane alzate e senza mutandine e un uomo grasso sulla sessantina.
Anche l’ uomo aveva il pene barzotto fuori dalla patta.
Il grassone si spogliò e chiese a Selene se poteva chiavarla, lei disse di si con un sorriso, allora l’ uomo si masturbò, carezzandole il corpo e la vulva.

Dopo qualche minuto, il suo vecchio cazzo, cominciò a raggiungere una rigidezza idonea a penetrarla.
Allora il cazzetto del vecchio si gonfiò ancora un pochino. Lui smise di farselo in mano e fece del suo meglio per metterlo in figa a Selene.
Appena infilato il glande dentro, cominciò a eruttare sborra liquidissima. Tremava con tutti il corpo … mentre estasiato veniva e guardava il soffitto.
Poco dopo Franco e i due giovani dal cazzo grosso si misero intorno a Selene, appesa e divaricata.

Le signore denudate ed eccitate come streghe, trascinavano la ragazza davanti ai tre cazzi sodi e rigidi, e la impalavano, sull’ uno o sull’ altro a turno.
Lasciavano che venisse fottuta in maniera alterna, più e più volte, rigirandola davanti a quegli uomini.
Spesso la prendevano dai lati, una per gamba, e una volta che un cazzo era dentro, la facevano oscillare, avanti e indietro, accertandosi che la penetrazione fosse lunga e profonda.

Approfittando del movimento oscillatorio un altro degli uomini correva a porsi, col cazzo eretto in favore della bocca di lei, che ormai rassegnata, lo accoglieva fino ai coglioni.

A Selene girava la testa ed era ormai in un’ estasi di orgasmi multipli che, come ondate, l’ assalivano uno dopo l’ altro.
Intanto gli schizzi di sperma misti degli uomini che venivano per l’ ennesima volta la irroravano come una doccia lattiginosa.

Infine venne liberata e distesa su un letto, supina.
Con sbigottimento vide la moglie di Franco che, con il latte detergente, cancellava accuratamente l’ occhio nero e … incredibile ! i finti lividi dal volto di Carlo. Ogni tanto lo baciava, affondandogli la lingua in bocca con voluttà.
Più Selene sgranava gli occhi e più la donna slinguava sorridente Carlo, che gradiva, mostrandosi sempre di più in perfetta forma.

Allora la ragazza capì …
Era stato tutto organizzato.

Tutti coalizzati contro (?) di lei o forse, pensandoci bene, a suo vantaggio.
Chissà da quanto si conoscevano Franco e Carlo …
e così Franco l’ aveva pian piano “svelata” a Carlo, mentre Carlo gli raccontava tutte quelle cose che, misteriosamente, l’ uomo fingeva di indovinare.
E con astuzia aveva fatto in modo che anche Selene, trovasse un nuovo equilibrio con se stessa.
Non sapeva che fare, non sapeva se piangere o ridere, attaccare o subire …
allora si lasciò andare completamente.

Lo spettacolo non era finito … ora Franco voleva essere ripagato!
La ragazza lo capì. “Che carogna!” pensò Selene, sorridendo tra se.

XII

Fecero in modo che Carlo si avvicinasse alla moglie, prona, abbandonata e disponibile come mai era stata.
La donna di Franco spogliò del tutto suo marito, gli carezzo più volte in pene, fino a farlo diventare completamente rigido.
Misteriosamente sul cazzo turgido, sapientemente, lei installò un preservativo.

Carlo si avvicinò alla moglie, guardando con voluttà il corpo di lei supino, rilassato … eppure stupendamente sexy.
Lo sguardo passò lentamente in rassegna i capelli corti, il lungo collo, la schiena sinuosa dove il reggiseno era ormai slacciato in maniera discinta.
Poi giù, sempre più giù, lo sguardo dell’ uomo trovò voluttuosa l’ immagine delle natiche strette, serrate; le calze sulle sue cosce erano ormai slabbrate e presentavano delle volgari smagliature.

Cosa che non faceva che rendere ancora più arrapante la visione di Selene, che adesso, doma … aspettava il suo maschio.

Chiazze attaccaticce di sperma estraneo davano un odore da prostituta alla sua donna, che lo rese furioso e vendicativo e così … quasi per punirla di essergli piaciuta troppo, Carlo le fu sopra.
Il suo pene si fece strada tra le natiche senza che lei manifestasse alcuna ribellione … in poche mosse trovò il buco con lo sfintere ancora languido, e infilò tutto il cazzo nel culo della moglie.

Scendeva in lei come un treno in una galleria.
Incredibilmente sembrava che non finisse mai di scendere, sembrava che la punta del cazzo riuscisse a scavare sempre qualche millimetro in più, nel culo dilatato della donna.
Cominciò l’ inculata in maniera ritmica e cadenzata.
Si stese completamente su di lei, sentendo la carne sudata della moglie, attaccarsi sotto la sua: come una ventosa: si attaccava, lo seguiva languida verso l’ alto, poi si staccava dal suo corpo.

Tutti i partecipanti si posizionarono intorno a loro due, un po’ discosti, nella penombra.
Non partecipavano fisicamente, ma erano completamente presi, affascinati da quella scena altamente erotica.
Franco e la moglie se ne stavano abbracciati e lui ogni tanto la baciava in bocca.
Aspettavano e godevano.

La cadenza di Carlo dietro Selene la rendeva pazza di goduria.
Col bacino e con le gambe, faceva di tutto per migliorare la profondità della penetrazione di lui nel suo culo.

Sollevò le gambe, intrecciando i piedini, con semplice lascivia. Come fosse una bagnante, che indifferente se ne stava al sole, mentre quasi “distratta”, prendeva il cazzo dietro.
L’ inculata tanto desiderata da Carlo durò a lungo.
Intanto che chiavava, gli passavano davanti agli occhi tutte le scene incredibili a cui aveva assistito.
Aveva scoperto la sensualità nascosta della sua donna e questo lo eccitava, invece che ferirlo.
Le immagini di lei che godeva con altri peni … grossi, piccoli, grassi,
la sborra liquida e lasciva del vecchio, la moglie che leccava due cazzi contemporaneamente …
Tutte immagini fisse nella sua mente che lo eccitavano … crollò su di lei, sussurrando: – Tesoro, oh tesoro, ora ti … io, ora … ti vengo! –
E sentì lei, più gatta che mai, accoglierlo dietro con mille piccoli brividi e tremori che miglioravano all’ infinito il suo godimento.

Allora Franco si sedette e la aspettò.
Selene capì e, appena suo marito le tolse quel paletto dal culo, corse a sedersi sul cazzo rigidissimo di Franco.
La moglie, intanto, raccolse il profilattico dal pene di Carlo, ormai floscio.
Quando Selene cominciò a venire per l’ ennesima volta tuffandosi ripetutamente
sul pene di Franco, la donna, direttamente dal profilattico, le versò in bocca lo sperma ancora caldo del marito …
appena la bocca di Selene fu piena, la donna la baciò in profondità, cercandole la lingua sporca di sborra.

Anche Franco, finalmente, si alzò in piedi e venne addosso alle due donne ripetutamente,
schizzando sui loro corpi riarsi e vogliosi.
Proprio come in un antico rito propiziatorio.
La metamorfosi era compiuta.

FINE

Un racconto scritto con Duplex.

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