La cuginetta Carlotta

Questo è quello che è successo ad una mia cuginetta di madre tedesca…qualche tempo fa. Amava molto gli a****li e conduceva una vita degna di una principessina, essendo molto ricca e conoscendo alla perfezione quattro lingue che le hanno permesso di insegnare all’ Università di Bologna. Ma, quando era giovanetta, ha avuto alcuni incontri con a****li. Nonostante i miei zii tenessero nascosta la sua passione, a me ha inviato delle lettere in cui raccontava tutto in dettaglio.

Lei racconta la sua dis-avventuraMi chiamo Carlotta, oggi ho 38 anni e non rivelerò la mia città natale, mi vergogno troppo. Mi vergogno molto anche solo a raccontare quello che mi è successo la scorsa settimana, ma almeno sono dietro un pc quindi questo mi da abbastanza coraggio. Da tre anni vado ad un maneggio ad appena tre km dalla mia città. Alla mia famiglia non mancano certo i soldi, quindi ho sempre avuto un cavallo di mia proprietà.

Per i primi due anni ho cavalcato con Sweet , una giovane giumenta a cui mi ero molto affezionata. Quando ho compiuto 18 anni mio padre mi ha regalato un nuovo cavallo, con mio enorme dispiacere. Ero molto affezionata alla mia Sweet e non volevo che andasse chissà dove , venduta a chissà chi. Un paio di volte piansi, a casa, da sola. Mio padre non poteva capirmi, era troppo impegnato con il suo lavoro per rendersi conto che con i soli regali non avrebbe fatto la mia felicità.

Il nuovo cavallo si chiamava King, ma io già lo odiavo perché per colpa sua io mi ero separata dalla mia Sweet. Ma da lì a poco sarebbe successo qualcosa che avrebbe cambiato per sempre la mia vita…Non sono una ragazza bellissima, mi sono sempre reputata carina, ho sempre voluto avere un seno più grande, come mamma. Invece non ne ho proprio, sono piatta, magra. L'unica cosa che si salva del mio fisico sono le gambe, lunghe e belle, e un po' il sedere.

Non ho un fidanzato, mi frequento con un ragazzo che non vuole saperne di impegnarsi. Un giorno vado al maneggio per rilassarmi, è un posto tranquillo con pochissime persone. Spesso non c'è addirittura nessuno. Saluto il proprietario e incontro un mio amico che stava per entrare nei box per strigliare il suo cavallo. Parlottiamo un po' e poi vado da King. Come al solito gli do da mangiare e poi prendo la spazzola per spazzolarlo, ma quando sto tornando da lui succede una cosa che mi fa restare scioccata……King ha tirato fuori il suo pene, che gli penzola…non mi era mai capitato prima, dato che avevo una femmina, e la cosa mi lascia a bocca aperta! Il suo pene è lungo, lunghissimo…faccio un paio di passi indietro un po' spaventata e mi rendo conto che ho portato la mano sinistra alla bocca e che mi è caduta la spazzola a terra, due passi più avanti, sicuramente appena mi sono accorta del suo membro.

Sono stupita come non mai, e molto confusa. Poi però mi viene in mente che il mio amico potrebbe venire da un momento all'altro e in tal caso l'imbarazzo mi farebbe morire… quindi faccio due passi in avanti e mi chino per prendere la spazzola, ma mentre sono accovacciata alzo lo sguardo e vedo di nuovo…sono a mezzo metro da lui e dal suo pisello. Resto a guardare, a bocca aperta. E' grosso quanto il mio braccio, fa paura.

Mi alzo e vado via, neanche saluto il mio amico, sono imbarazzata e sconvolta. Chiamo mia madre che viene a prendermi, mi chiede come mai sono tornata prima e io le dico che ho mal di testa. Nella mia mente immagino di dire “Mamma King ha il pisello enorme e mi ha spaventata, e ho deciso di andare via”. Sorrido , ma continuo a pensarci. Tornata a casa vado in camera mia, mi stendo.

Prendo il metro da sarta di mia mamma per vedere più o meno quanto era lungo il suo pene…forse 35-40 cm…assurdo…. Rivedo King che tira fuori il suo pisello, allora mi alzo e cerco di fare altro, chiamo una mia amica per uscire. Esco e la incontro , ma non le racconto nulla. lei invece mi racconta che nel pomeriggio ha fatto la sua prima sega al suo ragazzo. Mi racconta tutti i dettagli , mi dice anche che il suo ragazzo ce l'ha di 26 cm.

Io ovviamente non le credo, perchè mio fratello maggiore spesso parla di piselli quando è con gli amici, e dicono sempre che le ragazze esagerano parlando del membro dei propri fidanzati, che la media in Italia è intorno ai 14 e che se uno ce l'ha di 24 -25 cm dovrebbe andare direttamente da rocco Siffredi a togliergli il posto dato che dicono che lui lo abbia di 23. Comunque, mi fa tornare in mente le seghe fatte al mio pseudo-fidanzato l'estate passata.

Poi mangiamo qualcosa, incontriamo altre amiche e poi torno a casa. Una volta nel letto, ripenso alle parole della mia amica e al suo racconto della sega. Mi ritorna in mente la prima sega fatta al mio “fidanzato” e senza accorgermene mi ritrovo a chiedermi come sarebbe farne una al mio King…cerco di cacciare questo pensiero dalla testa, mi faccio schifo da sola a pensare una cosa del genere. Però a pensarci meglio, sarebbe bello avere in mano un pisello più grande e più grosso di quello del mio “fidanzato”, ma poi un pensiero mi assale facendomi avere un sobbalzo : quando segavo il mio “fidanzato” mi piaceva vedere quanto spruzzava, a volte spruzzava di più e lo preferivo! E mi chiedo : se il mio ragazzo spruzzava così abbondantemente, quanto avrebbe spruzzato il mio King ?Il pensiero mi tormenta ,inizio a immaginare il mio King…Immagino che durante una passeggiata solitaria mi fermo a fare il bagno nuda in un ruscello.

Quando esco dall'acqua lui mi vede nuda e si innervosisce. Io cerco di calmarlo, ma noto che ha il cazzo duro. Gli dico “Calmo king non……” ma lui si impenna, puntando l'asta verso di me e butta 3 spruzzi forti e copiosi a un metro di distanza, quasi colpendomi !!! Oppure immaginavo di essere caduta a terra vicino King, e mentre mi rialzo mi aggrappo forte al suo pene per errore. Lui nitrisce forte, eccitato, e io ” calmo King !” ma non la smette, il cazzo resta duro e per paura che spruzzi e sporchi la stalla, gli afferro a due mani il pene e stringo forte cercando di non fare uscire nulla, ma lui sburra lo stesso , butta tre schizzi forti e imbratta per terra… Oppure immagino che dopo una cavalcata mi accorgo che si è sporcato il pisellone di fango…allora prendo un secchio d'acqua la spugna e inizio a lavarglielo, ma lui inizia a nitrire a muoversi e il pisellone va di qua e di là , io glielo afferro forte e lui butta un paio di spruzzi…Per dormire ci impiego un sacco, sono agitata e il giorno dopo a scuola sto con la testa tra le nuvole.

Il pomeriggio non voglio andare al maneggio perché ho paura di fare qualche sciocchezza , ma dopo pranzo penso solo a una cosa : King e il suo pisello gigante. Era entrato nella mia mente e fantasticavo…sognavo che cosa avrei potuto fare con quella bestia così docile e quali piaceri avrebbe potuto offrirmi. Mi stavo innamorando di King…e poi i ragazzi dicono che noi donne siamo strane…..Altro che stranezze, in questo caso una aspirante ricercatrice universitaria avrebbe offerto la sua deliziosa e croccante micina ad uno stallo.

A volte mi veniva da pensare anche a delle lacerazioni che King avrebbe potuto provocarmi ma ormai ero in fregola, ero come quando decisi di perdere la verginità. Non ricordo bene con chi accadde ,era un ragazzo della comitiva che frequentavo e questo tizio, di cui ho dimenticato anche il nome, non si rese neanche conto che ero vergine…ma seppe annusare il profumo dei miei piccoli seni delle spalle, del mio prezioso sederino per poi penetrarmi leggermente.

Questo mi bastò con le amiche per poter dire di non essere più vergine. Così iniziai a scoparmi tutte loro con un dildo comprato in un sexy shop. Iniziai a toccarle, a baciarle, a frugare nella loro micia…avevo la fortuna che erano quattro ragazza molto belle ed il linea, quattro divinità ai miei occhi che si offrivano, a volte, anche alle mie vessazioni. Infatti capitava la giornata in cui volevo fottermi brutalmente Cristina, dopo aver ottenuto il suo consenso per la scopata e per l'eventuale sottomissione diventava , tra le mie mani, la più lurida delle cagne.

Non sapevo di avere questo aspetto dominante. Comunque torniamo al mio adorato King, avevo deciso, mi sarei offerta come una vergine sacrificale. Così vado al maneggio, sperando di essere sufficientemente. Invece nel pomeriggio c'è abbastanza confusione, con mio grande rammarico. Chiamo mia mamma e le dico che mi trattengo oltre le diciotto, sperando che ci sia meno gente. Lo lavo tutto per bene, e ora è profumato e lindo ! Per fortuna vanno via quasi tutti, alle sei il padrone fa un giro con alcuni altri che come me hanno il cavallo quindi resto da sola con il custode che restava sempre all'ingresso a vedere la Tv.

Vado nella stalla, e mi avvicino al box di King con il cuore in gola. Vorrei che mi aspettasse con il pene già duro, scalpitante , ma so che è impossibile. Lo vedo, entro nel box , chiudo la porta e lascio la finestra aperta in modo da vedere se arriva qualcuno. Resto immobile qualche minuto, non so che fare, sono imbarazzata e spaventata. Finalmente prendo coraggio, lo accarezzo sul muso e sulla schiena, ma del pene nessuna traccia.

Mi decido, metto la mano giù, senza guardare. Tasto un po' , poi ritiro la mano : sento due sfere molto grandi. “Mamma mia che palle che ha…” penso. Rimetto la mano e gliele tocco , sono grandi , una mi riempie la mano ! Gliele tocco, gliele massaggio un po', e penso “chissà quanto sperma contengono…” Poi sento che c'è qualcosa di strano :sta tirando fuori il pisellone…!!! Sono emozionata…resto a guardarlo, poi finalmente mi faccio coraggio.

Allungo una mano e lo afferro, non è durissimo. Lo prendo dalla base e lo agito a destra e sinistra, non so neanche io perché. Sorrido. Lo stringo di più, faccio su e giù piano un paio di volte, poi una volta forte. Ho una sensazione bellissima ad avere in mano una cosa tanto grande! Rimango ferma a guardarlo, poi su e giù ancora piano e ancora, ma mi rendo conto che lo sto puntando verso di me e subito lo punto per terra perché se iniziasse a spruzzare sarei inondata…Mi fermo per accarezzarlo sul muso, sembra tranquillo, poi torno a massaggiare il suo membro.

Prendo uno sgabello e mi siedo per stare più comoda. Lo afferro in mano e faccio su e giù, piano ,poi cambio mano e ancora continuo a segarlo. Ad un certo punto…Mio Dio ! Gli si allunga ancora….. diventa durissimo, dritto ,lungo, grosso…fantastico, incredibile !! Strabuzzo gli occhi per lo stupore, sarà quasi 70 cm, non ci credo!!! Metto una mano quasi alla punta e cerco di abbassarlo…..devo fare un po' di forza perché sta su da solo! Appena lo lascio torna su a molla e sbatte sulla pancia…mi alzo tenendolo in mano con la destra e con la sinistra gli massaggio la fronte e dico ” King! Che cazzone che hai…..!” Mi rendo conto di essere stata volgare, ma chi se ne frega, ormai penso che King meriti una ricompensa per avermelo mostrato così duro.

Mi siedo e ci do dentro, su giù su giù e stringo anche con maggiore forza. Voglio farlo spruzzare il più possibile ,se lo merita. lo prendo anche con la seconda mano e glielo meno forte ansiosa di vedere quanto ne sarebbe uscito. Prendo il secchio e lo metto a terra vicino al suo pisellone con l'intento di indirizzare gli spruzzi all'interno. Le mani sono un po' stanche ma non rallento,King nitrisce e sento che il cazzo tira verso l'alto…sento passare sotto le mie mani un flusso , vedo verso la punta e quasi mi viene un infarto.

King butta uno spruzzo violento,lungo e abbondantissimo…il secchio cade per terra per la forza, e il cazzo quasi mi sfugge di mano per la contrazione. Mi alzo in piedi, lo prendo più saldamente e continuo nella sega e lui butta un'altro schizzo forte e copioso. Io sono a bocca aperta e punto il cazzo leggermente verso l'alto…voglio vedere dove cavolo arriva…il terzo spruzzo è spaventoso, quasi dieci secondi di sborrata che arriva fino al muro del box!!! Io dico “King…!” non so se gridai o meno…e poi sburrò altre due volte, mentre gli tenevo saldamente il cazzone in mano, anche se mi ero fermata per lo stupore……Sono felicissima, lo abbraccio e lo accarezzo sul muso e sulla schiena.

Poi vedo il box, c'è sborra per terra e sul muro, a mezzo metro di altezza, il muro era a quasi un metro dal suo pisellone…mamma mia che potenza! Pulisco tutto in fretta e furia, poi torno a casa. Così ho scoperto di essere lesbicaSono una ragazza di 19 anni, e secondo le mie amiche molto carina. Sono alta 1. 75 mora capelli alle spalle, occhi scuri, nasino a punta il resto del mio corpo è dotato di un seno abbondate, una quarta, e un fondo schiena che è la parte migliore, piccolo e sodo.

Voglio raccontarvi la mia prima esperienza con una ragazza, Sonia. Era l'estate scorsa a FDM, sono andata a fare la stagione estiva all'H. R.. Quasi ogni sera, dopo mezza notte finito di lavorare, andavo a divertirmi con Lucia, una collega. Andavamo in disco, pub e feste in spiaggia fino alle 4 del mattino. Tanti i tipi che ci provavano, ma a me a differenza di Lucia non interessavano e le volte che lei se ne andava con qualcuno a me non rimaneva che alzare i tacchi e tornare in hotel.

Una sera eravamo in discoteca e all'improvviso Lucia sparisce, la vedo seduta ad un tavolino con un tipo e mi fa un cenno che conoscevo e che significava che lei quella sera nn tornava con me. Io rietro da sola in hotel, facendo piano per nn svegliare ma coi tacchi sono inciampata sul tappeto e nel tentativo di non cadere ho teso la mano verso la parete, ma cera la porta aperta di una stanza e sono caduta dentro alla stanza.

Ho sbattuto la testa per terra e non sono riuscita ad alzarmi subito ed è accorsa una ragazza che un po' spaventata è accorsa alla sua porta. Io ero frastornata e barcollante mi sono alzata chiedendo scusa e cercando di spiegare, ma la ragazza dopo la paura iniziale capì cosa era successo e mi aiutò visto che perdevo del sangue dal mento, che peraltro mi faceva molto male. Lei era una mia collega che lavorava in cucina, e che avevo già visto di sfuggita, mi chiese di sedermi intanto che guardava per un cerotto io ero rimasta incantata dalla sua bellezza, alta quanto me era bionda con un seno piccolo ma a punta e due gambe da paura, spendeva nella sua vestaglia corta dalla quale si notavano anche gli slip rosa.

La aspettai dove mi aveva fatto accomodare, quando tornò mi mise un cerotto e mi chiese dove stessi andando e le spiegai che ero caduta e con un po'di irriverenza le chiesi come mai avesse avuto la porta socchiusa. Sonia, questo è il suo nome, con un po' di titubanza e un velo di rossore sul viso mi disse che era appena andata doveva arrivare una sua amica e che per non far rumore le aveva lasciata la porta aperta.

Io a questo punto volevo andarmene per non esserle di peso e quando stavo per alzarmi mi disse che non dovevo preoccuparmi e che la sua amica non sarebbe arrivata…Mi chiese di restare almeno un altro po' finchè mi fossi rimessa a posto con la botta e, anche se stessi bene e fossi in grado di tornare nella mia stanza, rimasi con lei a parlare di cose generali come il lavoro il tempo libero; di cui mi disse frequentare i miei stessi posti.

Infine osai un po' di + nel chiederle come mai la sua amica fosse arrivata così tardi, erano ormai le 2. 00 di notte! Lei senza alcuna esitazione, e senza mostrare alcun che di turbamento, mi disse ” fino a qualche giorno fa era la mia fidanzata”. Io divenni rossa e impacciata non trovavo il modo di parlare la gola si fece secca e tutto quello che mi veniva da dirle mi sembrava invadente e offensivo.

Lei capì il mio stato di disagio e con un timido sorriso di soddisfazione, quasi nel godere del mio impaccio come un aspetto nuovo che non aveva mai provato mi disse “scusami, se sono stata così poco riservata della mia sfera sessuale, ma dato che ogni volta devo cercare di nasconderlo per una volta volevo farne tanti giri di parole, per sentirmi libera”Io ero quasi paralizzata e queste parole mi avevano quasi bloccato su divano, nn mi passava per la testa di uscire come se fosse già scartata come possibilità.

Ero quasi obbligata a restare per non sembrarle sgarbata, e per dimostrarmi che non avevo pregudizi sugli omosessuali, di cui ero fortemente convinta ma che in quella situazione mi sembrava vacillare; come se mi desse fastidio a trovarmi con difronte una lesbica. E sebbene lei capisse benissimo il mio stato, quasi come chi scopre un nuovo gioco, prosegui col provocarmi, mi fece i complimenti per la mia bellezza e passando in rassegna tutte le parti del corpo mi lodava con voce tenera e lenta condita di sospiri di piacere, come una gatta in calore.

Io la stavo odiando, quando mi saltò per la testa di giocare come stava facendo lei con me, infondo anche lei sapeva che fra pochi giorni non ci sarebbe stato più modo di vedersi, nessuna di noi sapeva niente dell'altra. Così dal rossore che inizialmente mi scaldava le guance e mi teneva il cuore in palpitazione passai a un respiro più rilassato con fare vendicativo di chi messo alle strette ora vuole vendicarsi. “Sai, le bionde non sono il mio tipo” così cercai di divincolarmi da quella sua morsa di bei complimenti.

“Così sei lesbica anche tu!” sorrise lei avendo mangiato la foglia, “No sono etero, ma col mio ex abbiamo fatto delle cosette con una nostra amica”, mi stavo inventanto tutto senza sapere dove sarei arrivata infondo stavo giocando. “E così non ti piaccio neanche un po', magari la tua amica importava più il tuo ragazzo che te” Sonia disse con dispetto e ancora disse “vuoi mettermi alla prova?”A questa domanda provocatoria rimasi pietrificata quasi che il giocattolo con cui stato cincischiando si fosse rotto, era ancora lei ad avermi in pugno e come una stupida non volevo perdere, come se quella fosse una sfida, e nn una provacazione che lei mi tendeva.

“Si vediamo che sai fare” le dissi, come se potessi ancora sfuggire alla sua trappola come se alla fine fosse solo un sogno da cui potevo risvegliarmi. Lei si illuminò, aveva smarrito quella sicurezza con cui mi dominava le certezze che aveva su di me non le aveva più. Io godevo di questo. “Allora guarda troietta”. Sonia si alzò dal divano, andò alla porta la incatenò, abbassò le luci poi sculettando si avvicinò allo stero prese il primo cd e attaccò, era You can urhat on.

Doveva farlo spesso lo strip pensai. Prese una sedia e comincio a fare uno strip tease che la invidiavo era brava, e al contrario di quello che le avevo detto era bella. le sue forme apparivano e scomparivano sulla vestaglia, le gambe si legavano alla sedia in un istante per poi alzarsi in piedi e scivolare in una spaccata. Si avvicinò a me che la fisso dal divano, e piegandosi a 90 gradi in avanti tendendo le gambe un po' divaricate e nude mi mostrò i suoi capezzoli nudi e turgidi dalla scollatura.

Dopo di che passò a togliersi gli slip, prima giocandoci abbassandoli lievemente e infine con un gesto lento ma continuo se li sfilò e li gettò sul divano accanto a me, io li presi e per dimostrarmi eccitata li annusai mostrando soddisfazione lei continò passando alle spalline che faceva cadere e rialzare scoprendo qulle piccole tettine, si sedeva mostrando il pube ben curato su cui era rasata la scritta LOVE mentre il suo sesso era liscio, come il suo culetto che senza slip mostrava piegandosi e toccandosi.

Conosceva la canzone molto bene tanto che un attimo prima che finisse la canzone rimase nuda facendo cadere ai suoi piedi la vestaglia, e come una vera spogliarellista mi fissave compiaciuta della sua esibizione. “Bene, che ne dici ci sò fare?! Ora vediamo cosa sai fare tu!” Completamente nuda Sonia si sedette su di me che non avevo realizzato quello che stesse facendo mi prese la testa dolcemente e si apprestò a baciarmi. Avevo scherzato col fuoco ora dovevo pagare.

Cercai di dire qualcosa, tipo che non volevo, che era uno scherzo, ma lei fu + rapida e appoggiò le sue labbra sulle mie. Le mie mani erano piantate sul divano quasi a attutire il colpo, come se anzichè un bacio mi stesse dando un pugno. Sonia sentì che ero rigida e staccandosi lievemente dalle labbra mi disse “cos'è puttanella non sai neanche baciare?!”Quasi come una sfiga a chi bacia meglio la presi per i fianchi e comincia a baciarla con la lingua, con forza.

Lei si eccitò e strinse la mia testa che era nelle sue mani. Poi con una mano mi passò i capelli per finire sulla mia spalla, accarezzandomi il collo e la infilò dentro la generosa scollatura del mio vestitino da sera verde. Io allo stesso modo senza staccarmi con le labbra passai dalla bocca al suo collo e infine sul tette che comincia a succhiare avidamente. Non lo facevo per piacere, era una sfida in cui io mi ero messa a gareggiare e a qualsiasi costo volevo vincere.

Così continuai a baciarle il seno, mi attaccai ad un suo capezzo e succhiai forte che lei piegò la testa dal piacere ed emise un grido a questo punto la spinsi distesa sul divano lei era soddisfatta di questa iniziativa nn lasciò la presa che una mano aveva sulle mie tette e con l'altra mi prese la testa e la spinse tra le sue gambe dove scoprii un lago, nn feci fatica ad infilare prima uno poi due e tre dita mentre mi davo di gran voglia a succhiarle la clito, non le lasciavo tregua alternavo movimenti rapidi ad altri lenti, in modo da non farla venire, quando inarcava la schiena rallentavo e quando si rilassava acceleravo, sentivo che voleva venire ed ero io a decidere mentre era abbandonata alla mia dolce lingua.

Ero convinta che l'avrei pagata cara se l'avessi fatta venire allora per precauzione mi girai le misi il mio sesso sopra la sua faccia per Sonia fu facile spostarmi gli slip e cominciare ad esporare la mia fica, che cominciava a colare di umori caldi sul suo bel viso. Mi ero completamente lasciata andare ero su un altro pianeta e più Sonia leccava + non capivo niente e aumentavo il ritmo di penetrazione delle mie dita sulla sua vagina.

Il mio ventre si muoveva da solo contro la sua lingua non riuscivo a controllarmi sentii lei gridare e i muscoli del fica contrarsi io non mi fermai e lei gridò più forte come per farmi smettere questo suono mi eccitò a dismisura e venni sopra di lei mentre succhiava la mia clito. Mi arrestai ero esausta, non realizzavo ancora di aver fatto del sesso con un'altra donna e mi accoccolai accanto a lei baciandola e accarezzandole il seno.

E' stato bello e lo stesso leggevo negli occhi di suoi. Restammo un po' sedute vicine a baciarci come due innamorate……Maria Cristina e l’ Officina delle BamboleSi era vestita con cura: tacchi alti, calze velate color visone, setificate, scarpe con tacco alto e minigonna. Maria Cristina era appena uscita da un negozio dove aveva completato il suo shopping di quella mattina e per le strade del centro di Roma camminava, ancheggiando leggermente. Era una bellissima quarantenne, con capelli con taglio stile anni ’50 ed un concorso come magistrato appena vinto.

Si apprestava ad essere una donna bella, potente e desiderata con i suoi 53 chili ed i suo 170 centimetri di altezza. Le sue gambe, deliziose e modellate da anni di ginnastica artistica, la rendevano un oggetto del desiderio, voleva che tutti la guardassero e si ricordassero di lei. Sposata con un medico e madre di tre figlie, manteneva ancora il fascino e l’allure di una diciottenne. Molte sue colleghe di lavoro le invidiavano esattamente questa sua capacità.

Aver realizzato completamente la sua vita di moglie e madre ed essere sempre pronta per qualche flirt. Sedette accavallando le gambe, in attesa, al tavolino del bar dove ci davano sempre appuntamento. Erano passati dieci anni, tanti, troppi, ma nel mio cuore non era cambiato nulla: la volevo con la stessa intensità di allora, volevo rivivere con lei il sogno d'amore della mia giovinezza. Era diventata una compagnia di un fascino eccezionale. La sua innata sensualità le aveva suggerito il look più adatto ad evidenziare le sue doti: i suoi capelli neri erano raccolti a scoprire la nuca, giacca avvitata e chiusa ad arte sul macramè del reggiseno, gonna corta cucita addosso con spacco.

Gli uomini rimanevano incantati quando nelle cene private conquistavano un posto tra le sue gambe e scoprivano che non portava le mutandine. Indossava sempre reggicalze o autoreggenti perché sosteneva che la sua albicocca dovesse respirare; avevo sempre apprezzato sempre la sua gnoccolina, rotonda e succosa come una fragola. Marycri aveva fatto del suo corpo un oggetto di piacere raffinato, per pochi eletti. Erano passati molti anni ma, nonostante quel tempo, ingiusto per un amante disperato, come me, e affamato del suo corpo, riuscivo e vederla ed amarla.

Ai nostri incontri, clandestini e silenziosi, si accompagnava una sorta di mestizia per il tempo trascorso ad amare persone sbagliate. Figure di donne improbabili, per me, uomini molto ricchi e narcisi, per lei. Non avrebbe dovuto concedersi a tutti in maniera sciagurata. Il suo corpo era, per me, una pietra preziosa da intagliare e far brillare. La sua anima era popolata di figure misteriose che le strappavano i capelli in unioni deliranti fatte di odore di sesso ed idiozie, raccontate per conquistare la mia Afrodite.

Era sempre gentile, calda, sensuale, affabulatoria e “fabulosa” mentre si donava a me in modo totale e completo. Quella mattina di aprile le avrei raccontato tutto del mio passato. Era vezzosamente gelosa di tutte le altre donne possedute da me. Non avrebbe mai rincorso l’idea che il suo corpo era diventato per me come un’ostia fine, minuscola e lieve. La Natura le aveva donato la Grazia, e la Grazia le donava la Vita e le Strade per incontrare la Felicità.

Ormai avevo commesso l’errore di considerarla una dea, di allontanarla, forse, dopo aver sofferto tanto nel desiderio del suo corpo, ma dopo aver passato pochi minuti in quell’incontro al caffè mi resi conto della mia anima che gridava e desiderava la sua carnagione color latte. Avrei voluto sciogliere ed accarezzare i suoi capelli neri per poter stringere i polpacci e le sue lunghe gambe. Erano ritornate le mie mani, avide di corpi di donne, e la mia sete di amore e di sesso.

Il mio sguardo andò sulle sue gambe e poi più in su, sui fianchi,sul seno, e le guardai i suoi occhi neri, come la pece. Decidemmo di spostarci tra la confusione dei turisti del centro a casa mia. Così furono esaurite tutte le nostre domande perché, dopo pochi istanti già morivano sulle lingue avide che si intrecciavano, si riconoscevano, si impadronivano delle parole e del discorso lasciato in sospeso tutti gli interrogativi e le ansie.

Nell’intimità dell'appartamentino, inciampando tra i vestiti mentre ci spogliavamo, i nostri corpi si cercarono per unirsi: due mezze mele che ricomponevano il frutto bello e rosso, di azzurro e di mare, della giovinezza. Ci siamo amati, quella mattina del nostro primo incontro, dopo anni in cui ho elemosinato, gridato, pianto e desiderato il suo corpo in modo struggente, con quel male al cuore che appaga e sfinisce, e dà senso alla vita. Si alzò dal letto col reggicalze ancora addosso, letto in cui per tutta la notte eravamo stati dei frammenti di luce spezzata, dei battiti di ali riflessi in uno specchio, come naufraghi in una tempesta.

Da quel giorno Maria Cristina divenne mia, la mia amica, la mia amante, la mia divinità da profanare. Era ormai diventata sempre più agile e leggera,ad ogni nostro incontro. Mentre i mie baci percorrevano ogni centimetro del suo corpo e le mie angosce pendevano dalle sue labbra, si faceva sempre più strada, nella sua testolina, un desiderio perverso che avrebbe voluto realizzare con la mia collaborazione. Era una vecchia idea del liceo, prima che si fidanzasse con quello che poi è diventato il suo attuale marito.

Fu molto chiara:”Vedi Antonio, quello che desideravamo entrambi è successo; io sarò magistrato e tu lavori per una importante casa editrice. Il nostro amore è sfociato nella passione che covava come fuoco sotto la cenere. Desidero di più. Non mi basta più mio marito e rischi di non bastarmi più tu. Ti pongo una condizione, se la accetti potremo continuare a vederci, altrimenti diciamoci addio ed il mio corpicino non lo sfiorerai più neanche con uno sguardo.

”“Va bene…” faccio io, costretto ad accettare ogni condizione per non perdere la sua anima che convogliava le ferite della sua adolescenza in quella proposta. Avrebbe desiderato di essere sottomessa ed avrebbe affidato a me la conduzione del gioco. Eravamo d’accordo, in un certo senso avrei “venduto” il suo corpo, lei sarebbe diventata il mio giocattolino prezioso. Un giorno mi aveva fissato un incontro a casa sua, a Milano. L'arredamento del suo studio era di quanto più erotico ci possa essere, le poltroncine in legno massiccio con ampi braccioli davanti ad un ampio tavolo e, dietro a questo, una sorta di trono con lo schienale molto alto.

Al muro c’era un arazzo con scene di caccia, sotto le sedie ed il tavolo un antico tappeto, poi ancora un mobile basso, uno specchio. Dalla finestra, racchiusa in spessi tendaggi rossi, t****lava pochissima luce e l'illuminazione nella stanza era circoscritta ad una lampada a stelo che poggiava sulla scrivania. La principessa Krissy sapeva di cosa avremmo parlato. Mi avvicinai da dietro e ripetei, dopo averle spiegato esattamente cosa avrebbe dovuto fare, la domanda: “accetti ?”, un flebile sì, mi fece sussultare e cambiare il tono di voce, adesso ero il suo padrone.

Era una condizione indispensabile per poterla portare in quel luogo e, in qualche modo, proteggerla. “Prendi un foglio di carta – le dissi – inizieremo a scrivere insieme le mie regole che solo ora potrai discutere con me. ” Sentendo già un tono diverso della voce, ebbe paura che volessi usarla subito e si affrettò a dire che dopo avrebbe avuto da fare. La rassicurai, ma ripetei l'ordine e lo eseguì. “Scrivi” le dissi con tono imperativo, e dettai: da questo momento accetto di essere di sua proprietà, la chiamerò padrone e mai mi dovrò rivolgere a lei con tono impertinente o aggressivo o dandole del tu; lei potrà insultarmi, offendermi, umiliarmi, punirmi, espormi, nelle modalità che ritiene necessarie, ma mi promette che non proverò dolore, che non avrò mai segni persistenti sul corpo, che non ci saranno mai terze persone e che comunque, in ogni momento potrò sottrarmi dicendo la parola concordata…STOP.

” Aveva qualcosa da aggiungere: “Ti prego, Antonio, non farmi mai imbavagliare o legare completamente, accetto anche lo shit ed il pissing. ” Acconsentii ma le spiegai che in alcuni posti non siamo noi ad avere il controllo di ogni cosa, si creano situazioni per cui è difficile controllarsi. Si valicano dei confini fissati dal nostro Super-Io e si finisce in una dimensione surreale dove il corpo diviene oggetto delle fantasie più oscene. La scrittura nervosa evidenziava l'eccitazione, firmammo e le accarezzai dolcemente il collo per poi tastare il seno, le sussurrai: “Ora il primo ordine: voglio controllare la tua eccitazione, le dissi, togliti le mutandine e consegnamele!” Sembrò smarrita, balbettò che attendeva un'altra persona, che doveva andare in palestra, che avrebbe fatto tutto, ma il giorno dopo; bastò una mia occhiata a lei e al foglio che aveva appena firmato per farle dire il suo primo “Sì, padrone.

“Era troppo ligia al dovere per dire di no. Davanti a me si alzò la gonna quel tanto che bastava per poter raggiungere le mutandine, con un gesto rapido, e senza guardarmi, me le porse. Come pensavo, erano bagnate, la baciai sulla guancia e le dissi che sarei venuto il giorno dopo alle ventuno. Alle nove di sera mi ripresentai presso il suo vecchio studio di avvocato. Nuovamente la segretaria mi accolse, le chiesi se gentilmente potesse farmi una fotocopia di un documento che mi sarebbe servito successivamente.

Un pretesto per far passare come appuntamento di lavoro questo nuovo incontro con Krissy. Mi disse che l'avrebbe fatta immediatamente e così fu, subito dopo avvisò la dottoressa che sarebbe andata a casa e che io ero arrivato; sentii un “va bene, ci vediamo domani, digli che attenda un attimo”. La ragazza andò via salutandomi. Passò un attimo ed il meccanico rumore di chiavistelli che chiudevano da dentro la porta d'ingresso dette il via al gioco.

Uscii nell'atrio, la vidi e non mi trattenni dal bloccarla, farle appoggiare le braccia al muro e palparle pesantemente la figa ed il seno, poi ripresi il controllo e le ordinai di spogliarsi completamente, inginocchiarsi e attendere. Fu così che, dopo un paio di sessioni di bondage con me, la mia amica mi chiese di conoscere alcuni miei amici che amavano il sesso estremo. Come mai la moglie benestante di un medico, madre di tre splendide ragazze desiderasse, quasi all’età di cinquanta anni una cosa del genere, non volevo saperlo.

Dopo le mie riluttanze nel farle capire che non conoscevo bene quell’ambiente, che tutti usavano nomi finti e nessuno voleva farsi conoscere, lei continuava ad insistere. Era diventato imbarazzante, per me, incontrarla il fine settimana e ascoltare le sue richieste. E dire che tra noi c’erano stati incontri favolosi, eravamo vecchi compagni di liceo che si erano avventurati in un gioco perverso; adesso come faceva ad essere così sfrontata? Comunque riuscii a rintracciare Mangiafuoco, un amico realmente molto pericoloso, arrestato più volte perché affiliato ad un clan mafioso e con qualche precedente per violenza privata.

Gli accennai al fatto, non senza qualche timore. Non esitò a chiedermi soldi, cinquemila euro, era la cifra per partecipare a quegli “incontri”, non un centesimo di meno e la mia “donna” (mai detta una bugia più grossa) avrebbe avuto un trattamento di riguardo ed il godimento garantito. “Vuole anche la gabbia ? – mi domandò Mangiafuoco. ”Non lo so – risposi – ma questo farà alzare il prezzo?” “Sì, passiamo dai 5. 000 ai 7.

000 e le garantiamo anche una nerchia nera, quella di Billy. ” “Non credo voglia la Gabbia, per il momento facciamola entrare, poi sarà lei a decidere i trattamenti che vorrà, per i soldi a chi deve darli?”“Tu lo conosci, parla con Black Jack, è lui il cassiere… e fammi avere una foto della troia. ” La gabbia era una vera gabbia di ferro di circa dieci metri quadrati, agganciata al soffitto di queste vecchie catacombe.

Per le persone chiuse, quasi sempre ignude, nella gabbia c’erano due componenti eccitanti: l’altezza da terra che faceva dondolare la gabbia ed il freddo delle catacombe, ormai adibite a cantine,che, insieme alla benda nera che copriva il volto, garantivano incredibili erezioni agli uomini ed una sacro terrore per le donne che, in genere, dopo una trentina di minuti, spruzzavano eccitate sotto le mani esperti dei ragazzi super-palestrati che le liberavano da quella prigione. Così ci siamo dati appuntamento una sera per le foto in un caffè fuori città.

Avrebbe dovuto consegnarmi, oltre a qualche foto per farne una sorta di lasciapassare per farla entrare, anche i settemila euro per il suo “divertimento”. Cercai nuovamente di parlarle e di farle comprendere che sarebbe stata un’esperienza di confine, non si sarebbe trattato della solita chiavatina familiare: fece finta di non ascoltarmi. Continuavo a domandarmi come avesse potuto sapere, in una città grande come Milano, di cosa mi occupassi, cosa scrivessi e come facevo a conoscere la peggiore feccia di quella metropoli.

I racconti dovevano pur nascere da qualche altro fatto che avevo sentito raccontare, no? Avrei voluto portarmela a letto tante volte ma ci eravamo persi di vista, lei nel fare la sua vita da donna dell’high society ed io nei bassifondi a raccattare le vite degli altri per cercare di farne narrazione. §§§§§§§§§§Avemmo un paio di incontri per preparare questo nuovo “inizio” ma dopo due chiacchiere veloci o un caffè, ognuno riprendeva la sua strada.

In questi incontri notai con un certo disagio che una suo modo di fare, da sempre esistente, quello di strusciarsi addosso al suo interlocutore, era decisamente aumentato e immancabilmente il suo seno si strofinava sul mio braccio. Ogni volta si stringeva sempre di più, sorrideva e continuava a parlare con noncuranza. Quel giorno cercai di allontanarmi con un pretesto ma Krissy mi seguì domandandomi se potevo raggiungerla a casa per sistemarle il portatile che non funzionava a dovere.

Arrivato a casa sua trovai il computer acceso sul tavolino accanto al divano e, mentre Rosita, la segretaria, si assentava per mettersi comoda, cominciai ad armeggiare sul portatile. Aprii un paio di cartelle dove si intravedevano delle icone di alcune foto e ci cliccai sopra … ebbi un sobbalzo … ne aprii un'altra e un'altra ancora, le cartelle erano piene di foto di Krissy, nuda ed in posizioni decisamente hard, non mi accorsi che era tornata ed era dietro di me, sentii la sua voce sussurrare: “…sono bella vero?…” ma non ebbi il tempo di rispondere perché la sua mano era già scivolata sulla patta dei miei pantaloni e si era stretta sul mio uccello.

Krissy mi slacciò i pantaloni, tirò fuori il mio uccello e, dopo aver fatto scivolare la mano su e giù per un paio di volte, avvicinò la sua bocca al glande e comincio e leccare, prima delicatamente, quasi solleticandolo, poi sempre più voracemente fino a far sparire Willy nella sua bocca. Ero senza parole, affascinato dal suo modo di fare e sorpreso dalla sua maestria. L'eccitazione prese il sopravvento, la sistemai sulla poltrona, il suo culetto rivolto verso di me, il suo sorriso sembrava un invito ad osare, mentre si teneva la figa aperta con le dita e mi diceva di scoparla.

Il mio uccello le fu subito dentro, fui molto deciso, tanto che il suo corpo formoso sembrava smontarsi ad ogni colpo. Ebbi l’impressione di avere una bambolina tra le mani che le stringevano il culetto. Vi infilai le dita, lei sobbalzò con un grido, mentre baciavo la rosellina dell’ano e la riempivo di saliva. §§§§§§§§§§La Signora delle feste milanesi ansimava e gridava mentre le appoggiavo il cazzo sul suo culetto voglioso. Pensavo di doverlo forzare, di doverlo rompere.

Invece scivolò giù facilmente. Il lavoro era già stato fatto e questo mi fece arrabbiare molto. Cominciai a stantuffarla con sempre maggiore violenza, era uscita anche qualche goccia di sangue, non mi interessava, donna Cristina gridava in modo osceno come se la stessero strangolando. Mi diede fastidio e le tappai la bocca con la mano senza smettere di sbatterla con forza, lei mi morse ed io aumentai il ritmo e la forza dei miei colpi fino a sentirla urlare di piacere.

Con un ultimo colpo le riempii riempiendole il culo con il mio seme. Ancora stravolto sentii Krissy dirmi “domani non perdiamo tempo con il caffè, ok ?”, risi di gusto mentre pensavo che l'indomani avrei risparmiato venti euro di aperitivo e avrei avuto un'oretta in più per sfondarle il culo. Però la timorata di Dio, la donna pia e caritatevole dell’alta società era in fregola, e di parere diverso. Così, senza pensare al domani, ricominciò a leccarmi l’uccello … quel giorno, dopo oltre due decenni, ebbi modo di conoscere davvero la mia insospettabile amica.

Mangiafuoco era stato molto preciso nell’indicazione del luogo e mi aveva accennato a quello che le sarebbe successo. §§§§§§§§§§Venne la sera del gioco. Andai a casa sua per accompagnarla. Dovevamo raggiungere l’Officina delle Bambole. Un nome da negozio di rigattiere per un aristocratico e squallido commercio di corpi. Lei andò a prendere i soldi che mi consegnò in una busta. Scendemmo e la accompagnai. Mangiafuoco riconobbe la mia macchina, chiese i soldi e poco dopo, passando da un ristorante scendemmo, in un cunicolo con delle sale ampie ed illuminate scarsamente dove si intravedevano molte donne vestite da suora e molti uomini vestiti con fruste e flagelli che esibivano, per il resto i loro enormi cazzi.

C’erano anche uomini di colore muscolosi, sembravano pronti ad intervenire, ma in realtà si aspettava ancora un po’ di gente. Black Jack, dopo aver contato i soldi, concesse a me di essere il primo con Krissy…”poi sarà nostra…potrai soltanto guardarla soffrire. ” §§§§§§§§§§Non mi rimaneva che annuire ed iniziare quella che sembrava la triste danza di una giostra. Tirai fuori dalla borsa di donna Cristina un piccolo frustino con in punta una manina di cuoio, mi tolsi la camicia e le chiesi se si era correttamente ricordata di procurare tutto ciò che le avevo ordinato.

Disse di sì. “Bene, le dissi, allora va’ a prendere gli oggetti camminando carponi, disponili davanti a me in modo che possa controllare. Sbrigati troia !” Detto questo, le assestai una leggera frustatina sulle natiche, poi le consegnai in bocca anche il frustino. Come pensavo, forse apposta, forse per vera dimenticanza, mancavano le pinze. “Pensavi di risparmiarti le torture alle tette? povera illusa, ora inginocchiati e porta le mani sulla testa, partiamo subito da lì.

” Si portò in posizione, mi avvicinai e guardandola negli occhi per capire il confine tra il piacere ed il dolore, le strinsi i capezzoli tra le dita ora alzandoli ora abbassandoli. Le dissi di ripetere con me: “un ordine del mio padrone non si scorda mai…” per svariate volte, poi mollai la presa e la istruii sulle posizioni che intendevo farle assumere e che volevo fossero assunte immediatamente a seguito di un semplice comando.

Alla parola ” esposta” avrebbe dovuto chinarsi accovacciata con le gambe più aperte possibile, le mani sulla testa; alla parola ” punizione” doveva inginocchiarsi con le mani dietro la schiena; alla parola ” disponibile” la volevo carponi, le gambe leggermente divaricate, la testa bassa in modo da esporre bene le natiche. “Esposta… ” le ordinai per prova, e ella si posizionò, la corressi con il frustino, divaricandole di più le gambe ed insultandola per la sua presunta inadeguatezza.

“Attendimi così che ti preparo”, le dissi, e così facendo la bendai, mi soffermai a guardarla per alcuni attimi per godermi quella visione in solitudine, poi portai al centro della stanza una delle sedie che erano lì e l'accompagnai fino a farla sedere sopra, le sollevai entrambe le gambe e le legai ai braccioli. Il suo vestito Versace, le sue autoreggenti e la sua biancheria costosa erano sparite, era nuda come un uccellino su quella sedia in pelle di cuoio.

Le scarpe le rubò una delle Bambole che erano lì…. era diventata all’improvviso povera, sola e nuda. Dopo un primo rapporto avuto con uno dei boys che erano lì, armeggiai con la sua nocciolina e raccolsi con le dita i succhi del suo clitoride. Glieli feci assaggiare, la sbendai e, mentre la slegavo, le sussurrai che era solo l'inizio e che era ora che anch'io prendessi le mie soddisfazioni. Le ordinai di portarsi in posizione di disponibilità e lei, ormai travolta dalla frenesia lo fece così bene che avrei voluto immediatamente farla mia, ma le mie intenzioni erano altre, volevo prima la sua bocca e desideravo farlo umiliandola ulteriormente.

La feci inginocchiare, le mani dietro la schiena, la lingua fuori, con le dita le presi entrambi i capezzoli e le appoggiai il glande sulla lingua. “Ora, le dissi, non dovrai lasciarne cadere nemmeno una goccia” e così facendo iniziai ad indietreggiare lentamente. Lei con fatica si trascinò dietro, cercando di allentare la tensione sui capezzoli ed evitando di perdere il contatto con il mio membro. Pochi attimi dopo sfogai tutta la mia libidine in un copioso flotto che le entrò in bocca, cadde per terra, le riempì la lingua.

Le lasciai i capezzoli e severamente le intimai di leccare ogni goccia di sperma caduta sul pavimento. Rilassato, seduto sulla poltrona mi gustai la schiava, che nuda e sottomessa, carponi stava umilmente leccando sul pavimento il mio seme. Appena finì, pretesi che continuasse a leccarmi per farmi un completo servizio di pulizia. Dovevo riprendermi, pertanto optai per usarla come burattino esibizionista. A seguito di ordini perentori e decisi dovette posizionarsi in tutte le pose più oscene ed umilianti.

Una sua innocua richiesta, quella di andare in bagno mi fece venire l'idea di umiliarla costringendola ad urinare davanti a me, dopo una lunga attesa e le sue suppliche di rinunciare alla cosa, la derisi e la accompagnai in bagno per lavarsi. In seguito, iniziai un piccolo interrogatorio, le chiesi se si masturbasse sovente e in che modo lo facesse e poi volli che lo facesse davanti a me. Sfruttando le gambe di un tavolaccio da osteria che si trovava in quel cunicolo con lei a quattro zampe, le aprii le cosce da dietro e con il frustino picchiettai più volte sulla parte interna delle cosce e più delicatamente sulle labbra della figa.

Passai delicatamente un dito nell'orifizio dell'ano e, lasciando lì il dito pollice di una mano, con l'altra, armato di un grosso dildo la penetrai dolcemente ma inesorabilmente. “Puttanella, le sussurrai, ora ti faccio piangere dal piacere. ” Manovrai a lungo con una mano e con l'altra finché, spossata, mi implorò di fermarmi. Ora era veramente alla frutta come energia fisica e nervosa; era giunto il momento di fermarsi. Andare oltre avrebbe significato bruciare una storia che poteva ancora continuare con soddisfazione per entrambi.

La sollevai in posizione eretta e, a ben pensarci non era più stata così da quasi un'ora e mezza, la accarezzai dolcemente sul viso e le chiesi se le fosse piaciuto. La sua reazione fu inaspettata, mi baciò avidamente e il trasporto ci portò ad avere un rapporto dolce e normale. Prima di lasciarla le chiesi di rimanere nuda finché non fossi uscito e di ricordarsi che era sempre la mia schiava.

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