Il potere del Cuck…I

Quella sera, io e mia moglie Beatrice (Bea per gli amici) eravamo andati a un ricevimento organizzato a favore del sindaco uscente che aveva deciso di ricandidarsi.
Il protocollo aveva stabilito che allo stesso tavolo sedessimo noi due e altre due coppie. Una di queste era formata dai coniugi Rattazzi, Guglielmo e Anna Grazia (Willy e Angy per gli amici), dell’altra coppia sapevo solo che erano i coniugi Brangiforti, della catena dei Supermercati Forti.

Nulla di particolare a quel tavolo, se non fosse che io e Angy eravamo stati morosi dieci anni prima, quando avevamo rispettivamente 25 e 30 anni. Adesso ne avevamo 35 e 40.
La mia Beatrice e il suo Willy avevano preso positivamente quella strana involontaria compagnia, anche perché era passato tempo e noi tutti eravamo felicemente sposati.
Parlammo del più e del meno abbastanza allegramente, dimenticandoci un po’ dell’altra coppia, i Brangiforti, che si erano rassegnati al ruolo di spettatori.

– Angy mi ha detto che tu eri molto bravo a farle i massaggi. – Disse inaspettatamente Willy, alzando il livello di attenzione al tavolo.
– In quel periodo ero l’allenatore di una squadra di calcio, – ammisi, come per scusarmi. – Visto che ero bravo, oltre che a fare da manager, sponsor e allenatore, dovevo arrangiarmi anche a massaggiarli…
– Sì, sì, me lo ha detto. – Aggiunse guardando Angy.
– Hai bisogno di un massaggio? – Chiese mia moglie sorridendo e facendo spostare gli sguardi dei Brangiforti su di lei.

– Io no, – rispose Willy. – Ma Angy sì.
Ci girammo tutti verso Angy, in silenzio, in modo che lui andasse avanti.
– Angy ha passato l’inverno sciando, – disse, indicandola con uno sguardo. Tornammo a guardare lui. – Ma nell’ultimo week end ha fatto una brutta caduta e l’ortopedico le ha suggerito di fare fisioterapia.
Tutti ci girammo a guardare sua moglie.
Le ho chiesto se ha preferenze – ha proseguito Willy – e lei ha fatto il tuo nome.

In silenzio, si girarono tutti verso di me.
– È un complimento? – Domandai dopo un po’.
– No. – Intervenne mia moglie, prima di sorseggiare un sauvignon. – Ti sta chiedendo se sei disposto a prenderla in cura.
Loro non dissero nulla e compresi che Bea aveva assurdamente ragione. I Brangiforti aspettavano un mio commento.
– Non è il mio lavoro, Willy.
E penso che sarebbe sconveniente se io e lei…
– Sì, lo sappiamo che siete stati morosi una decina di anni fa.

– Mi interruppe lui. – Ma so anche che è tutto finito. Sia noi che voi siamo felicemente sposati. Insomma, se non ti va non è un problema, ma almeno adesso mia moglie ha visto che ho provato.
– Perché non accetti? – Si intromise la mia. – Anch’io non ci trovo niente di male. Anzi, mi pare un atto di fiducia che possiamo tranquillamente permetterci.
Gli spettatori continuavano a spostare gli sguardi su chi parlava.

– No, via… – Provai a dire, forse arrossendo. – Non mi pare…
– Senti Marco, – tagliò corto Willy. – Domani è lunedì e sto via due giorni, torno martedì. Se accetti, potresti passare da casa nostra domani alle sei. Se martedì la ritrovo migliorata, ti chiedo di andare avanti. – Sorrise, poi si rivolse a me e Bea. – Se preferite, puoi portare tua moglie.
Gli sguardi si portarono prima su mia moglie, poi su di me.

– Io non credo che sia…
– Vai pure, caro. Fallo. – Mi convinse mia moglie affabile. – Dai, non farti pregare. E vai da solo, anch’io ho la stessa fiducia. Poi si rivolse a loro.
– Hai detto alle 18? Lui sa dove abitate?
Quando ci alzammo dal tavolo, la terza coppia ci guardò come per chiederci di metterli al corrente di come sarebbero andate le cose.

Più tardi, spogliandoci in camera da letto, mia moglie ruppe l’imbarazzo che regnava affrontando l’argomento di petto.

– Le facevi massaggi erotici, vero?
La guardai mentre, seduta sul letto, si sfilava le autoreggenti.
– Se la pensi così, perché mi hai spinto ad accettare?
– Perché la faccenda mi intriga. – Rispose maliziosa. – Non comprendo il loro gioco, ma ho capito perfettamente che i tuoi massaggi con lei non si limitavano alla fisioterapia.
– OK, domattina le telefono per disdire.
– No. Adesso tu vieni a letto con me e mi racconti per filo e per segno come la massaggiavi.

Allora capii che cosa intendeva dire. Spesso ci raccontavamo fantasie erotiche per eccitarci. Erano delle piccole trasgressioni fatte a parole. Era in questo modo che ci eravamo confidati i nostri segreti sessuali. Era così che avevo capito che lei amava il sadomaso e che le sarebbe piaciuto dominare sessualmente me, se non fossi stato un dominante anch’io. Ogni tanto la lasciavo fare, a patto che la volta dopo lasciasse fare a me.
Spegnemmo la luce e mi sdraiai pancia in su, lei mi venne sopra e se lo infilò.

Si piegò in avanti e mi infilò la lingua in un orecchio.
– Forza, comincia a raccontare – sussurrò, cominciando a muovere il bacino.
Io iniziai a parlare in tutta libertà, troppa forse, ma alla fine cominciò a sbattersi, dimostrando che il racconto stava eccitato i suoi sensi.
– Sai una cosa? – Mi disse rallentando i movimenti. – Mi piace il cazzo.
– Lo so, ha ha!
– Non hai capito, mi piacerebbe avere il cazzo.

– Eh? Ti piacciono le donne? Vorresti farti Angy?
– No, mi piacciono gli uomini, però a volte mi piacerebbe essere il dominante dotato di cazzo…
– Non ti seguo.
– Parliamo da colleghi, come se fossimo entrambi dotati di cazzo?
– Eh? Sì, certo, ma perché…?
– Voglio che tu vada a massaggiarla.
Mi misi a sedere.
– Ma cosa dici? Prima mi fai confessare come e in cosa consistesse il nostro massaggio e poi vuoi che ci vada?
– Probabilmente vuole proprio un sano normalissimo massaggio.

– Continuò pensierosa. – Ma se invece ti chiede di massaggiarla come quando stavate insieme…
– Smettila.
– Se te lo chiede, voglio che fai tutto, meno che infilarle il cazzo. Da nessuna parte.
– Tu sei pazza. – Sorrisi, con un malcelato senso di insano piacere.
– A una condizione.
– Sentiamo.
– Poi mi racconti tutto, per filo e per segno.
La guardai attonito.
– Senza omettere nulla.

– Aggiunse.
– Perché vuoi questo?
– Dimmi, piuttosto. Perché vi eravate lasciati, se avevate questo affiatamento erotico?
– Te l’ho già detto. Non ci amavamo. Era bello, avevamo un’intesa fantastica, eravamo complementari, ma io mi sono innamorato di te e lei di Willy.
– Infatti. E ti sei dato la risposta. Io mi fido in pieno, così come si fida Willy. Il quale conosce perfettamente anche lui i tuoi… massaggi.
– Ma mi hai appena detto che posso fare tutto, a parte…
– Esatto.

Fai tutto purché non la chiavi e a patto che me lo racconti. Io so che ami me comunque.
Rimasi ancora zitto, mentre si alzava per andare in bagno.
– Scommetto che domani sera scoperemo come ricci, – concluse. – Mentre mi racconti come è andata.

Capitolo 2

Suonai al cancello di Villa Angy poco prima delle sei, cioè delle 18. Quando si aprì, entrai con la macchina e si richiuse dietro di me.

La porta di casa era aperta, lei appena dentro.
– Ben arrivato. – Disse facendomi entrare. – Seguimi.
Indossava un accappatoio verde scuro di un famoso hotel del marito, sul capo portava un asciugamano dello stesso colore messo come un turbante per raccogliere i lunghi capelli ricci e biondi, ai piedi un paio di zoccoli di gomma bianca tipo infermiera. Suo marito era titolare di una decina di alberghi cinque stelle e non se la passavano male.

Io avevo un’azienda di comunicazione integrata e lui era uno dei miei clienti importanti.
– Siamo soli, niente servitù – continuò, – come ha voluto mio marito. Non vuole che sorgano chiacchiere per nulla.
– Ha ragione. – Dissi con spiegabile delusione.
La seguii mentre mi faceva strada all’interrato della villa, dove avevano allestito una piccola palestra personale grande come tutto il perimetro della villa, inclusi gli ingombri di una sauna, di un bagno turco, di un grande idromassaggio e di due bagni.

Gli attrezzi ginnici erano doppi. Doppia spalliera svedese, doppia cavallina, doppie cyclette, doppie panche da sollevamento pesi, doppi lettini per massaggi sopra i quali c’erano impianti luce normale e ultravioletta per l’abbronzatura.
Già, non se la passavano male. Il pavimento era coperto di materassini da palestra, di quelli che impediscono all’atleta di farsi male cadendo.
– Vado in bagno a prepararmi. Tu avvicina il carrello. – Me lo indicò. – Vi trovi tutto l’occorrente e sei autorizzato a usarlo per fare tutto quello che vuoi purché il massaggio tu lo faccia bene come un tempo.

Ci teniamo sia io che Willy.
Scomparve in bagno e io avvicinai il carrello. Sopra c’era proprio tutto quello che usavo un tempo…
Andai a lavarmi le mani, mi tolsi giacca e cravatta per indossare un camice bianco appeso vicino al lavandino. Poi uscii è tirai la carta usa e getta per coprire il lettino.
Quando uscì, si era sciolta i capelli, era scalza ed era avvolta in un grande asciugamano verde leggero.

– Va bene l’attrezzatura? – Mi chiese. Si portò a sedere sul lettino da massaggio e si sdraiò con eleganza senza mostrare nulla di sé. – Ti ricordi ancora some usarla?
Non risposi. Andai al quadro elettrico e abbassai tutte le luci meno quelle che illuminavano il lettino. Avviai l’impianto stereo a basso volume e tornai da lei.
– Come un tempo? – Le chiesi avvicinandomi all’orecchio.
Annuì, socchiudendo gli occhi.

Presi delicatamente l’asciugamano e glielo sfilai lentamente. Sentii il fruscio del tessuto che scivolava sulla sua pelle, rievocando antiche sensazioni. Era completamente nuda e mi trovai ad osservare che non c’è nulla di più affascinante e intrigante di una donna nuda sdraiata pancia sotto, talmente bella che di tanto in tanto i mariti dovrebbero esporre così le proprie mogli per l’innocente piacere di tutti. Le guardai le gambe e le cosce, poi il culo.

Era lo stesso culo di una volta, bello, oAngy, morbido, liscio, ambrato. Due fossette vezzose sopra le natiche e due piegoline alla base le davano un tocco di superba eleganza. Portava i suoi 35 anni con leggiadria, forse era addirittura migliorata. Le sue tette sembravano piene e sode anche se, compresse sotto il suo peso, non mostravano i capezzoli.
Come una volta le presi un piede e lo sollevai, portandolo alla bocca. Le baciai prima la pianta del sinistro e poi quella del destro.

Portai la mano sinistra al polpaccio e mi avvicinai al culo col viso, tenendomi sulla sinistra. Non si deve mai togliere il contatto fisico quando si fa un massaggio. Risalendo con la mano sulla coscia, avvicinai le labbra alla base del culo e andai a baciarle la piegolina che tanto amavo. Sapevo quanto piacesse anche a lei. Annusai il profumo di pulito che emanava, mescolato con l’odore della sua eccitazione, come un tempo. Il pene prese vita.

Poi misi la mano destra lì dove l’avevo baciata e spostai le labbra alla nuca. Scostai i capelli e le baciai il collo. La sentii rabbrividire. Andai all’orecchio e le infilai la lingua.
– Ti faccio davvero tutti i tre massaggi come un tempo? – Le sussurrai, ripetendo nuovamente la domanda.
Lei annuì, soddisfatta che avessi capito.

Il primo massaggio scorse tranquillo, con la concentrazione giusta che mi impediva di liberare l’erezione.

Le avevo allargato le gambe, lasciando libera così la vista ai miei occhi. Le sue gambe e cosce erano piacevoli come dieci anni prima. L’olio da massaggio che mi aveva fatto trovare lasciava un profumo esotico gradevole.
Cominciai massaggiandole i piedi, facendo pressione coi pollici nelle piante e passando sopra con le dita. Poi passai ai polpacci. Il massaggio rilassante si fa sostanzialmente stirando i muscoli con una certa pressione delle mani. Ogni tanto si impasta (come si dice, come si fa con la farina per fare il pane) per sciogliere i punti più duri.

Quando arrivai alle cosce, le sue natiche vibravano elastiche sospinte dai miei movimenti. Vedere la fessura del culo che si scopriva e ricopriva, mi faceva caricare. Ma nei miei massaggi, la parte più delicata è il trattamento del’inguine. Arrivo con le mani alla fine delle cosce, quando le dita vanno a cercare la piega tra cosce e corpo. Con il taglio della mano destra ben unto di olio si va a massaggiare quella piega.

Si strofina piano avanti e indietro affinché l’olio venga assorbito. È un punto delicato, perché la sensibilità è alta. In pratica si palpa con la mano destra l’interno dell’inguine sinistro e con la sinistra l’altro. In entrambi i casi, la mano passa vicina al sesso e devi stare attento di non toccarlo, altrimenti il massaggio cesserebbe di essere rilassante. Viceversa, la persona massaggiata in quella maniera prova una sensazione unica, con il culo esposto al suo massaggiatore e l’inguine che prova sensazioni tali da sentirsi portare al sopore.

La massaggiai a lungo così, sapendo che la stavo predisponendo per me.
Poi avvolsi delicatamente il sesso con la mano destra piena, facendo ancora attenzione di non stimolarla affatto. Poi presi l’olio e lo versai nella fessura del culo fino a farlo giungere alla mia mano. Allora cominciai a massaggiarle le intimità del culo e del sesso, sempre facendo attenzione di non eccitarla. Riuscii a massaggiarle così il buco sol culo per qualche lunghissimo minuto, in modo che l’olio venisse assorbito.

Sapevo che lei godeva, ma sapevo anche che non avrebbe fatto sesso con me. Erano gli accordi.
Correttamente passai a massaggiarle i glutei, e allora il mio pene prese a muoversi, perché le due natiche si allargavano decisamente sotto le mie mani, mostrandomi le delicata fessura del culo, l’invisibile buchetto. Pensai che non dovesse averlo preso in culo spesso, dopo che ci eravamo lasciati.
Più sotto c’era il sesso, che avevo appena preso in mano per motivi di servizio, perfettamente depilato come una volta.

Mi ricordava un’ostrica. Le grandi labbra tendevano a muoversi e modificarsi, evidentemente espressione del suo desiderio. Vidi una prima goccia di rugiada sulla fessura. Tra un po’ sarebbe colata sulla carta del lettino. Mi augurai che non finisse più.
Mi soffermai a lungo sulla schiena e sulle spalle, adeguando i movimenti alle sue contrazioni di dolore, alle smorfie stoiche, alla durezza che sentivo sotto la pelle, alle articolazioni che non erano abituate alle mie mani, alle pressioni che esercitavo con abilità sulla spina dorsale.

Durò così un quarto d’ora, finché non la sentii finalmente rilassata del tutto grazie al primo massaggio. Assaporavo ancora il piacere trasferito dalla sua pelle morbida alle mie mani. Avvertivo il piacere che lei aveva provato lasciandosi andare alle mie mani. L’olio da massaggio l’aveva resa lucida e bella, sembrava una vergine pronta per il sacrificio finale.
Era giunto il momento di passare al secondo massaggio e mi sentii pervaso da una dolce eccitazione preventiva.

Il senso del potere e della dominazione si stava facendo strada dentro di me. Ma anche lei si stava schiudendo mentalmente alla fase due.

Andai al carrello e presi in mano una grossa candela gialla da candelabro, con la base arrotondata e di forma vagamente ogiAngy, cioè con la parte centrale più grossa della base e della punta. Mi portai a lei con importanza, per farle sapere che adesso sarei intervenuto. Poggiai un attimo la candela in mezzo e portai le mani ai due inguini, incrociando i polsi, la mano destra all’inguine sinistro e viceversa.

Tenendo nuovamente il taglio delle mani sull’inguine, con il pollice iniziai a fare pressione in quella parte delicata del corpo, dove quasi mai un essere umano è toccato da un altro. Io lo avevo fatto ad Angy in passato perché lei me lo aveva chiesto, confessandomi che con quelle pressioni mirate la donna comincia a desiderare di essere sodomizzata.
Quando ritenni che fosse pronta abbastanza, misi una mano aperta sulla natica sinistra e la strinsi per allargarla.

Angy gradiva che le mie mani le avvolgessero i glutei e la tenessero salda. Ora mi mostrava in pieno la fessura e cominciai.
Passai la base rotonda della candela sulle grandi labbra della fica per lubrificarla ancora di quel tanto di naturale che bastava. Per Angy fu come ritornare al passato, perché ebbe un leggero fremito e mi parve di notare la pelle d’oca per pochi secondi. Poi appoggiai la base della candela al suo piccolo buco del culo e attesi.

Dopo una decina di secondi vidi che il suo culo si rilassava, le natiche si allargavano, il buco si disponeva lasciando spazio alla prima parte della candela. Osservai il buco del culo che si allargava, che è una delle cose che più mi piacciono quando faccio sesso. Quando la candela si fece strada per meno di un centimetro, presi l’olio da massaggio e ne versai sulla fessura del culo per farlo scorrere fino a giungere alla candela.

Quando lo vidi colare intorno alla cera, spinsi piano ma con determinazione per incularla col cero. Grazie all’olio che vi arrivava, lo vidi entrare come coltello caldo nel burro.
Gustai con attenzione il momento, perché se c’è un’altra cosa che mi fa impazzire è vedere il buco del culo che si allarga per fare entrare qualcosa che vi scivola dentro sospinto da me.

Anche Angy godeva di quel momento. Il suo sogno nelle nostre confidenze erotiche irrealizzabili c’era la sua morte per impalamento, c’era la punizione del cuneo, ma anche lo spanamento dell’ano, la tortura del cavalletto col fallo di legno, la visita con divaricatore anale.

Ma c’erano anche sevizie goliardiche come l’essere costretta a camminare nuda per la città con le mani legate dietro la schiena e un cero acceso nel culo a cantare noi siam come le lucciole, o ancora essere obbligata alla penitenza come candelabro umano all’uscita di una chiesa o ai lati del letto matrimoniale per illuminare la scena al suo amante che scopava un’altra donna. E ancora costretta a camminare impalata insieme ad altre compagne di sventura per pompare l’acqua di un pozzo del suo padrone come se fossero asini, o remare in una galea con altre donne tutte ignude e impalate, costrette a stare al ritmo della frusta e del tamburo.

Nelle sue fantasie io ero sempre il boia e non il suo Signore e Padrone.

Pensando ai suoi fantastici desideri, spinsi la candela nel culo, allargandone notevolmente il buco fino a passare oltre il punto più largo in modo che scivolasse poi dentro da sola dal richiudersi dello sfintere. Infatti la grossa candela fece da sola gli ultimi centimetri fino a fermarsi, sbattendo virtualmente al terminare del retto.
La guardai, lei era un po’ inarcuata per consentire all’oggetto di entrare con maggiore facilità.

Si sentiva finalmente e nuovamente impalata e pronta per il massaggio. Per lei avere qualcosa nel culo significava appartenere a chi glielo aveva inserito.
Godendo di quell’ingombro, allargò i talloni, come per facilitarle la penetrazione, ma la candela era già a fine corsa. Fuori erano rimasti non più di tre o quattro centimetri di cero.
La vista era fantastica, ma non avevo finito. Presi dal carrello uno zolfanello, lo accesi e portai la fiamma alla candela, accendendo lo stoppino.

La fiamma prese corpo subito e la cera cominciò a colare lungo la candela. Sarebbe presto arrivata, bollente, al buco del culo e, da lì, al sesso sottostante. Una delizia per entrambi.
Allora presi due bastoncini di profumo e andai ad accenderli. Usarla come candelabro era il suo sogno e avrebbe preferito che mi accendessi una sigaretta, ma io non fumavo più da quando ci eravamo lasciati. Sicuramente avrebbe gradito che portassi un’intera classe del liceo ad accendersi la sigaretta sulla sua candela.

Ma non era nei patti.
Ricominciai a massaggiarla, ma stavolta con una tecnica stimolante. Cominciai a dare colpetti e pacche dai polpacci in su, alternandoli con le piccole pressioni a piene mani che lei tanto amava. Colpendo le cosce, emettendo quel classico rumore di massaggio a schiaffo, la candela si muoveva ritmicamente e io sapevo che in quel modo l massaggiavo il retto. All’uomo, in quella maniera, si massaggia la prostata. In una donna le si fa rilassare un po’ tutte le viscere e l’apparato sessuale, le ovaie in particolare.

Ad Angy era come se realizzassi una delle sue impossibili torture. Era come se le stessi masturbando ano retto e intestini, senza neppure toccarle la candela.
Quando le massaggiai i glutei, la fiammella cominciò a disegnare stupendi disegni luminosi. Sarebbe stato bello riprenderla con una telecamera, ma non era nei patti. Mano aperta e mano chiusa sia da una parte che dall’altra, con la fiammella che continuava a tremare. E la cera a colare.

Decisi di massaggiare nuovamente l’inguine come prima, favorendo così il piacere di conservare la candela nel culo. Le sue gambe, allargate oltre il lettino dimostravano la sua brama di essere impalata. Passandole gli inguini, osservai la cera che era arrivata sul sesso, bollente per pochi secondi, poi raffermata. Non volevo lasciare la presa, ma la mollai per osservarla e vidi che il calore della cera le faceva contorcere piacevolmente il culo. Come se volesse risucchiarsi dentro il cero.

La sensazione che provava era sublime, generata del sesso accarezzato dal rischio di essere scottato, e dallo sconcio di mostrarsi mentre la cera le colava oltre il sesso, scivolando sul suo liquido che ormai era colato sulla carta del lettino.
Passai a massaggiarle la schiena, lasciando che il culo lo contorcesse da sola.
Quando la fiamma si portò a un centimetro dal buco del culo, capii che era giunto il momento di passare al terzo massaggio.

Andai al carrello e presi due cinghiette di plastica usa e getta. Poi presi il braccio sinistro di Angy e glielo portai dietro la schiena, quindi feci la stessa cosa con l’altro. Le legai i polsi dietro la schiena con le cinghiette. Passai una mano sotto la tetta sinistra per sistemargliela meglio, godendomi anche quel bellissimo e necessario palpeggio. Sistemai (e gustai) anche l’altra, poi guardai da vicino la fiammella verificando che era a non più di mezzo centimetro dall’orifizio anale, infine tornai al carrello.

Era il momento.
Mi aveva fatto trovare una specie di lungo mettiscarpe ricoperto di morbida pelle di vitello. Quando stavamo insieme usavo la cinta dei pantaloni, adesso avrei usato quello.
Mi portai al suo culo e piano poggiai quella bacchetta di pelle alla base delle sue piegoline del culo. Sentendola cominciò a sbavare. Non sarebbe mai cambiata…
Ormai la fiammella stava per giungere all’orifizio anale e sapevo che d’un tratto si sarebbe chiuso sullo stoppino, ustionandola se non l’avessi spenta per tempo.

Ma a lei quel terrore la faceva impazzire, quel calore crescente era una tortura stupefacente che non dipendeva né da me né da lei. Ma io sapevo che dovevo spegnerla prima che si scottasse. Ma non un secondo prima.
Le strofinai la bacchetta, poi la sollevai, poi la riappoggiai. La tensione era altissima per entrambi. Infine decisi. Lo capì e chiuse gli occhi in attesa del gran momento.
Alzai il braccio, presi la mira e scaricai la bacchetta con tutta la mia forza sulle natiche all’altezza della fiammella.

Un sonoro Sciaaack! echeggiò negli angoli della piccola palestra. Angy si inarcò alzando testa e piedi come a formare la base di un cerchio. Le tette si liberarono in alto, per poi tornare schiacciate. Le mani volevano liberarsi e i piedi sbattere come se avesse voluto nuotare a farfalla. Non urlò, limitandosi a buttar fuori la lingua a dismisura. Poi, ansimando, tornò a poggiarsi al lettino. Tutto il corpo tremava.
Ma ahimè tremava anche la fiammella, per cui dovetti ripetere l’operazione ancora una volta, e una terza volta… E per sette volte sette la colpii al culo, mentre lei sobbalzava come una trota in padella.

Avrebbe bramato che a colpirla fossero venuti tutti i fuoricorso dell’università, ma non era nei patti. La sua lingua usciva e rientrava e ancora usciva spinta a pieni polmoni, per rientrare sempre più ingoiata. Stava per essere presa dalla foia, ma ancora la fiammella stava per scottarle il buco del culo. Allora mi decisi. Mi bagnai le dita e andai a spegnerla, giusto prima che l’orifizio anale andasse a richiudersi fino a ingoiare il cero nel retto.

Improvvisamente si sbracò, come sfatta, mantenendo inalterato solo il respiro, forte e pieno. Attese. Dopo meno di un minuto, come un tempo, ebbe un primo shitto. Il bacino diede un piccolo sobbalzo, come accade a un cane in calore che scopa nell’aria solo perché ne sente lo stimolo. Mi portai vicino a godermi quello che sapevo sarebbe successo. Ebbe un fremito, un altro shitto col bacino, poi un altro e infine si lasciò andare in un orgasmo sfrenato, con le mani che volevano liberarsi, i piedi che volevano sbattere, la vulva che invocava il palo, il culo la frusta.

Emise un piccolo gemito, seguito da un altro più forte, sincronizzandolo con la lingua che scorreva come quella di una vacca.
La colpii ancora una volta.
Il bacino iniziò il ballo sfrenato, sbattendo sempre più forte. Allora, come un tempo, portai la mano alla vulva, le infilai il pollice quel tanto che bastava per stringere il clitoride con l’indice piegato. Era il culmine dell’orgasmo anale, come capita a poche donne, mescolato (se non alimentato) da quelli vaginale e clitorideo.

Dovevo tenerle compresso il clitoride, altrimenti sarebbe scoppiato.
Allora lo sbattimento andò fuori controllo e mi trovai costretto, come un tempo, a darle sculacciate sulle natiche per calmarla. Quietata per un attimo, lasciai la presa vulvare per prenderle le caviglie. Gliele unii; in quel modo le spingevo indirettamente dentro la candela introdotta, senza doverla neppure toccare. Riprese a sbattere, ma la tenni così per aiutarla a godere le ultime spinte.
Si placò solo dopo parecchi minuti, continuando a dare ogni tanto dei ritorni d’orgasmo.

A quel punto presi la forbice e le tagliai le cinghiette liberandole i polsi, pesi le braccia e gliele accompagnai in avanti, sistemandogliele comodamente sotto il viso.
Presi l’asciugamano leggero con cui era uscita dallo spogliatoio e la coprii teneramente. Andai a lavarmi le mani, mi tolsi il camice e indossai la giacca. Misi la cravatta in tasca.
Poi tornai da lei, le misi affettuosamente una mano nella fessura violata del culo e le baciai il collo.

Premetti sulla fessura per darle sicurezza, sapendo che così le muovevo la candela contenuta nel retto. Ebbe due ritorni di orgasmo.
– Sei stata fantastica… – Le sussurrai.
Lei sorrise felice, diede un ultimo shitto col bacino e si lasciò andare in un riposo meritato. Abbassai la luce e me ne andai. Felice anch’io.

Capitolo 3

Mia moglie mi aspettava a cena, agitata come un cocktail.

Per fortuna aveva smesso da tempo di fumare, altrimenti si sarebbe consumata un pacchetto nell’attesa.
Riuscì a non chiedermi nulla più di un «Tutto bene?»
– Sì sì, grazie. – Avevo risposto allegro. – Se sei d’accordo, ne parliamo dopo, a letto.
Felice e finalmente rilassata, servì la cena.
Un’ora dopo eravamo a letto, a scopare come ricci.

Raccontai tutto a mia moglie, che man mano che entravo nei dettagli iniziava a sbattersi su di me come non faceva da tempo.

Le raccontai tutto, meno il particolare del pollice e indice coi quali avevo preso in mano la vulva e il clitoride di Angy.
– Quando è venuta… – mi chiese Beatrice standomi sopra, ricurva a mordermi il collo e l’orecchio – Perché non le hai preso la figa in mano?
Mi sorprese, ma non volevo dimostrare di aver dimenticato dettagli del genere.
– Perché non mi avevi autorizzato…
– Ti avevo detto di non infilarle il cazzo… Non le mani.

– Ma… Davvero non sei gelosa?
– Finché sento che sei mio e finché ti attieni alle regole, no.
Ci svoltolammo un po’ nel letto, godendoci quella rinnovata passione improvvisamente e trasgressivamente andata alle stelle grazie ad una terza persona.
– E dimmi una cosa… – Riprese, ruotandomi una coscia attorno alla testa per riuscire a parlarmi. – Se foste stati insieme, come 10 anni fa. Cioè se non ti avessi messo dei limiti, come avresti voluto venire?
– Beh, se lei fosse stata in un letto, l’avrei chiavata così, da dietro, tenendole le mani legate fino alla fine.

– Risposi, senza preoccuparmi delle reazioni possibili di mia moglie. – Nel lettino da massaggi com’era stasera, credo che glielo avrei messi in bocca. Quando la frusti, butta fuori e tira dentro la lingua come se fosse una vacca e…
– Una vacca, sì una vacca… Dimmelo ancora che è una vacca…
– Hai mai visto una vacca quando strappa con la lingua una zolla di erba? – Aggiunsi. – Se infili il cazzo nel buco del naso di una vacca e quella si dà una leccata, vieni come un intercity…
– Odiomio… – Si alzo.

– Dimmi che non l’hai mai fatto!
– Vuoi dire se l’ho messo nel naso a una vacca? No, ha ha! Era una battuta che tiravamo fuori all’università. Bisa, se sai far da mangiare, ti sposo…! Dicevamo alle vacche immaginarie, affinché sentissero quelle vere, le nostre compagne.
– Stronzo… Però, mi sarebbe piaciuto esserci anch’io. Adoro infilare qualcosa nel culo e…
Mi sollevai ad appoggiare la schiena ai due cuscini.
– Davvero ti piacerebbe tanto? –
– Sì, – disse, abbracciandomi il petto.

– È un bel modo di giocare… come se avessi il cazzo.
Non seppi cosa ribattere.
– Cosa succederà adesso? – Domandò – Ti chiamerà ancora?
– Non ne ho idea. Queste sono performance che si possono fare solo una tantum. Sono molto invasive.
– Beh, dovrà dire al marito come è andata…
– Già, ma non credo che gli racconterà molto… he he.
– Se la trova migliorata – sorrise maliziosa – insisterà perché continui a massaggiarla! Ha ha!
– Non ci avevo pensato.

Nel qual caso?
– Ci penseremo. – Rispose, portandosi al mio cazzo. – Pensavo di negoziare con te l’uso della candela…
– Vuoi che metta una candela anche nel tuo culo? – Domandai più che interessato.
– No,stronzo. – Rispose, toccandomi il buco del culo, prima di prendermelo in bocca. – Voglio mettertela io.
Me lo succhiò avidamente, come un vitello che poppa dalla vacca. Poi si fermò un attimo.
– E voglio metterla nel culo a lei.

– Continuo, prima di riprendermelo in bocca. – E frustarla come dico io…

Fine della prima parte.

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