GRAN BEL PASTICCIO -p5-

Ma l'insistenza e la violenza con la quale lavorava alla bocca di Giulia la costrinse a cedere e fece sparire fra le labbra quell'arnese non grande ma comunque di rispettabili dimensioni. Il bruto intanto aveva divaricato le gambe che si erano imperlinate di sudore dallo sforzo di respingere gli attacchi e con fatica cercava di infilarlo in quello stretto passaggio fra le labbra umettate di dolce nettare.
Un urlo soffocato e il respiro affannoso di Giulia le fecero stringere i denti, ben affilati, su quel pene che le ostruiva la bocca.

Strinse così tanto che un rivolo di sangue comincio ad uscirle dagli angoli della bocca. Il tizio cominciò ad urlare e le sferrò un pugno in pieno viso. Il collo di Giulia si piegò all'indietro e si abbandonò svenuta. La sua inerzia ora permise al Bruto di affondare agevolmente e prese a montare Giulia con una foga da mattatore. Colpi cruenti e sonori scandivano il tempo interminabile che gli occorse a sfogare sul petto della sventurata tutta la sua rabbia.

Un ristagno di sperma si concentrò nel solco fra il seno e il costato. Gli altri eccitati dalla vista di quel corpo stupendo e dall'atto sessuale, dopo un'estenuante masturbazione glassarono il viso e il seno di Giulia che rinvenuta cominciò a tossire sangue e sperma.
-Cazzo, ma che pensieri ti vengono. – Ero proprio fuori. Anzichè escogitare un modo per uscire, mi infilavo in pensieri assurdi.
Il freddo cominciava a indolenzirmi le mani e i piedi.

Non riuscivo a capire quanto tempo potesse essere passato e temevo il peggio, quando lo spiraglio di luce sparì e non sentii più nessun rumore.
Ricominciai a gridare e a picchiare sul portello del frigorifero che mi avrebbe ucciso. Che serata di merda. Volevo scopare e invece finivo surgelato in un cazzo di bar del porto.
Mi calmai e sentivo mugulare al di fuori; i tentativi di capire cosa si dicesse al di la del buco in cui mi trovavo erano vani.

Ad un tratto il portello si aprì: – dai, pirla, esci. Fai in fretta e stai zitto. Sei stato proprio un coglione, lasciavi perdere e forse sarei riuscita a calmarlo. – Era la barista, la voce era la sua bassa ma comunque stridula.
-Grazie, ma dove siamo non vedo nulla- dissi
-Stai zitto, scemo, altrimenti mi farai passare dei guai- indispettita mi prese per mano e sentii subito un sollievo indescrivibile nel calore che mi avvolse.

Mi trascinò fuori dal locale e mi indicò una via dove non avrei incontrato nessuno.
-Vai e vedi di non tornare-
– Si ma Giulia?-
– Ci penserò io, adesso vai- dentro sè pensava a quanto ero coglione. E forse lo ero proprio stato. Ma al momento mi sembrava la cosa migliore.
Mi misi a correre e con un dolore lancinante ai piedi cominciai a frugarmi nella tasca in cerca del telefonino e del portafogli.

Pensai che ero stato proprio un pirla a non pensarci prima. Avrei potuto telefonare e… ma ecco che pirla lo ero in quello stesso momento, perchè in tasca non mi avevano lasciato ne portafogli, ne cellulare e neppure le chiavi della macchina. Mi fermai. Mi appoggiai al muro e stetti un attimo a pensare a quanto ero sciocco. Me ne stavo andando come un vigliacco lasciando una ragazza in pericolo. Forse era meglio chiamare aiuto.

Ma li attorno sarebbero stati dalla mia parte o da quella degli aggressori?
Dove sarà stato il comando dei vigili più vicino? Quello era un borgo fuori paese e per di più di una frazione di un paese limitrofo.
Ma dove cazzo vai? La mia coscenza si stava sgelando e ripresi la strada che avevo fin li percorso.
Di soppiatto mi avvicinai al bar dove poco prima ridevo e scherzavo con Giulia.

Le luci si erano spente e la barista all'interno stava sistemando le ultime cose.
Feci il giro e vidi che sul retro c'era una porticina, probabilmente la stessa dalla quale mi aveva fatto uscire. Mi avvicinai. La maniglia si mosse con un cigolio pericoloso. Feci più piano possibile e lentamente socchiusi l'anta. All'interno si vedeva solo un lumicino acceso. Forse una luce del bar o forse chissà.
Scostai ancora la porta ed entrai.

Me la chiusi alle spalle e piano a tentoni avanzai fino a trovare un ostacolo. Dei sacchi o forse una rete. Decisi di fermarmi li e di aspettare di capire come procedere. Si accese una luce e rimasi accecato per un lungo interminabile attimo che avrebbe potuto svelare la mia presenza. ma il nascondiglio si rivelò sicuro. Riuscii a notare che al di la del locale c'era un'altra porta e il frigo che mi conteneva.

Il bar era sulla mia destra e qualcuno all'interno disse:
– Chiudi la serranda Fatima. – Era il Bruto.
– Cazzo sono solo le 22. 00. Mi paghi te la serata? Brutto stronzo. – Fatima la barista. Minchia, Fatima. Altro che Madonna qui chissà quali cose avrà dovuto sopportare, pensai.
– Certo, brutta troia, poi vieni di la che te la pago io la serata. –
– Sergio. – Il tipo che era entrato nella stanza in cui mi ero nascosto stava chiamando qualcuno.

– Sergio. Lo Stronzo è riuscito a scappare. – Sergio doveva essere il nome del Bruto.
– Cosa cazzo stai dicendo… come a fatto ad uscire dal frigo. Vai a cercarlo e portati Farim. Vedi di trovarlo altrimenti mi toccherà pasturare con le tue di budella domani notte. –
Fischia fortuna che sono uscito. Pensa ai pesci che si spartivano il mio biciolo.
Sergio e altri due si fiondarono nel locale e andarono verso la porta che si vedeva sul lato opposto.

– Lei è qui. Quel vigliacco non ha neppure tentato di liberarla. HAHAHA. – la risata risuonò in tutto il locale e mi fece più male che il gelo. – Andate a prendere il bambino che tra poco ci divertiamo. –
Brutti stronzi, persino i minorenni. Pensai
I due uscirono e Sergio rimase solo con Giulia.
– Il tuo tipo ti ha piantato in asso. Se l'è svignata e ti ha mollata qui… con ME.


– fanculo bastardo. Su quello stronzo non contavo ma se mi liberi concio per le feste anche te, ora che sei da solo. –
– Sai l'invito è eccitante ma vedrai, sono un tipo generoso e divertirmi da solo non mi va. HAHAHA. –
Era rimasto solo e non si aspettava di certo che io fossi li.
Era il momento di agire. Afferrai un mezzo marinaio che era li di fianco e all'impazzata mi avventai contro quell'energumeno.

Lo colpii più forte che potei. Così forte che il bastone si spezzò in due. Il colpo risuonò sordo sul collo di Sergio che si accasciò a terra.

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