Elucubrazioni sulla sottomissione

Sono passati più di tredici anni da quando la prima volta mi mandò con un suo amico, poi il suo amico diventarono i suoi amici e dopo ancora i suoi colleghi di lavoro. Ora sono uomini e basta, non importa più la loro identità.
È chiaro, mio marito ha una vera e propria malattia. Non ho idea di come si chiami e da cosa sia stata shiturita, so soltanto che è un ossessione e che non avrà mai fine.

Se ne parlassi con le mie amiche mi direbbero di lasciarlo, di andarmene, forse loro lo farebbero, ma io non ho mai avuto nessuno oltre lui e in fin dei conti è un uomo buono, generoso, è gentile.
Al di là di tutto è una persona che mi ama e poi come detto, io non ho nessuno.
La prima volta avevo poco più di venti anni, il suo amico invece quaranta.

Eravamo fidanzati all’epoca.
Tornavamo da una cerimonia vicino il lago di Bracciano, era sera ma non era tardi. Percorrevamo la strada interna alla pineta quando con l’auto si addentrò appena interno alla radura.
Il tempo di una sigaretta disse, ma invece iniziarono a parlare di sesso e di voglie. Cominciarono scherzando, facendo battute con doppi sensi e piccole volgarità, poi però diventarono seri ed il suo amico scivolò sul sedile posteriore dove ero seduta io.

Dai che ti costa mi dicevano, “una carezza, un bacio, vedrai che ti piace”.
Ricordo perfettamente quella strana paura che sentivo addosso, la rabbia nel vedere il mio fidanzato che inginocchiato sul sedile anteriore insisteva mentre il suo amico mi accarezzava e cercava di toccarmi, i brividi, quelle mani mi scivolavano sulle gambe mentre quasi inutilmente cercavo di tenere lontano.
Insisteva quell’uomo, insisteva come se i miei no non si udissero uscire dalla bocca e le mie braccia non provassero a divincolarsi.

Prima del mio ragazzo non avevo mai avuto nessuno, ci eravamo fidanzati che avevo diciassette anni e lui venti. Ripensandoci ricordo che mi diceva sempre di quanto sarebbe stato giusto che facessi altre esperienze, ma non immaginavo che sarebbero state così, non pensavo che sarebbero stati uomini scelti da lui.
Dopo poco il suo amico se lo tirò fuori dai pantaloni.
Io mi bloccai, mi gelai.
“Possibile che ti faccia paura” disse, “non è mica diverso da quello del tuo ragazzo”.

e così provò ad avvicinarmelo addosso prendendomi per le mani e strusciandolo sul braccio.
Ricordo ancora quanto fosse caldo, bollente.
“Toccami ” ripeteva mentre il mio sguardo cercava invano conforto negli occhi del mio ragazzo. “Toccamelo dai!”
Avevo paura, avevo paura e provavo rabbia, rancore, fastidio, ma a loro sembrava non interessare affatto. Quell’uomo a quaranta anni ansimava squallido e sudaticcio come se non avesse mai visto una ragazza prima di allora.

Si affannava nel tentare di farsi toccare e nel toccarmi con mani che parevano innumerevoli.
Me le ritrovavo ovunque, le cacciavo dalle gambe e me le ritrovavo sul viso, le allontanavo dal viso e le sentivo sotto la gonna fino a quando mi prese la nuca e spinse la mia testa proprio in mezzo alle sue cosce.
Urtai il pene con il viso.
Era lui stesso a tenermi schiacciata sopra le sue oscenità, ruotava il mio volto facendolo scivolare sul suo sesso già bagnato in punta come se avesse appena eiaculato.

“Succhiamelo adesso, succhiamelo”, e tutto accadde in un momento, in un istante.
Lo sentii farsi largo tra le labbra e tra i denti come un ariete che cercava di sfondare una porta, infine entrò dentro la bocca come a soffocarla.
“Non mordere” mi disse, ma io non l’avrei mai fatto, non so il perché ma non ho mai saputo difendermi da nulla e nessuno.
Quella cosa al mio ragazzo lo avevo fatto pochissime volte, mi faceva schifo e lui lo sapeva.

Odiavo fare sesso, ho sempre odiato fare sesso e forse quello che ha alimentato l’ossessione di mio marito è stato proprio il mio pessimo rapporto con questa cosa.
C’erano volte in cui mi piaceva è vero, ma la sensazione di vergogna e di sporcizia che provavo immediatamente dopo era troppo forte e se potevo evitare la evitavo ogni volta.
In collegio ci avevano inculcato che il sesso era la pratica del demonio e anche se ne ero uscita a tredici anni sembrava essermi rimasto dentro.

Il mio fidanzato aspettò sei o sette mesi prima che facessimo l’amore la prima volta.
Il suo amico tutte queste cose non le sapeva, forse a lui aveva raccontato tutta un’altra storia, magari che mi piaceva essere presa con la forza.
Intanto mi premeva la nuca con una mano mentre con l’altra afferrava la base del suo pene, ogni tanto lo sfilava dalla bocca per colpirmi al volto, poi però lo rimetteva dentro continuando a dirmi di succhiare.

Non so se le lacrime fuoriuscirono dagli occhi per rabbia o per paura, o perché lo spingeva troppo dentro, so soltanto che il trucco iniziò a scendere come se piangessi e che a loro non glie ne fregò assolutamente nulla. Anzi, il suo amico sembrava esserne fiero, pareva sentirsi forte a quarant’anni ad avere una ragazzina di venti, una conquista probabilmente.
Ad un tratto mi lasciò la testa e sentii come una sensazione di leggerezza.

“Toccami adesso. Masturbami un po’”
Mi tirai su e smettendo di lottare lo masturbai. Il suo amico sembrò provare molto più piacere in quel modo che nel precedente. Mi chiese di andare piano, mi diede una cadenza e chiuse gli occhi, dopo poco cercò il mio seno e lo denudò facendolo uscire dalla scollatura del vestito.
Lo toccavo e lui toccava me. Sui capezzoli. Era stranamente delicato.
Mi sono chiesta un milione di volte il perché della mia vita, perché ho sempre accettato, perché ho sempre detto di si.

Non credo di saperlo, forse questo è il mio ruolo e forse un altro ruolo non sarei stata capace di interpretarlo, di viverlo. Quando penso a ciò che mi fa fare mio marito mi domando se nel profondo dell’anima un pochino mi piaccia, se in un meandro nascosto dell’anima accatastato sotto mille pensieri e mille sensazioni non ci sia una minuscola parte di me che di questo ne è contenta, felice.
Ho vissuto così tutta la vita, ho passato l’infanzia a dire si a preti e suore, l’adolescenza a dire si in case famiglia e poi al lavoro ed ora dico si a tutti perché lo vuole la persona che ho sposato, la persona alla quale ho detto il “si” più importante.

Quando il suo amico finì lo riaccompagnammo a casa. Io rimasi dietro senza neanche salutarlo. Anche lui non si voltò, salutò il mio fidanzato e sparì dalla mia vista.
Quella sera mi disse che mi avrebbe sposata, che avrebbe voluto passare il resto dei suoi giorni con me e mi chiese se potevamo fare l’amore in macchina.
Naturalmente io di si.
Da quella volta passarono un po’ di anni prima che successe qualcosa di simile, ora capita con tutta un’altra frequenza, ma aspettò prima di sposarmi.

Il secondo fu Fabrizio, anche lui un suo amico che conoscevo bene anche io.
Fabrizio viveva in simbiosi con la madre, passava dall’odiarla all’amarla alla follia. C’erano periodi in cui rimaneva chiuso in casa per mesi oppure in cui usciva soltanto per andare in determinati posti ed a determinate ore.
Una sera lo portò in casa e mise una cassetta nel videoregistratore.
Ricordo che mangiammo tranquillamente come se nulla fosse, poi quando andammo sul divano mi disse di accendere e di premere play.

Dopo qualche frase scritta in inglese iniziò il film e la scena partì con una coppia che entrò in un cinema. Di li a poco capì di che genere di film si trattasse e fingendomi stanca dissi di andare a dormire ma lui mi volle li, con loro, seduta proprio nel mezzo.
Fabrizio iniziò a toccarsi quasi subito, mio marito molto più tardi.
“Fallo tu” ricordo che disse, “toccalo tu a Fabrizio, aiutalo”.

Mi venne in mente l’automobile in cui eravamo quella volta, rividi nel volto di mio marito gli occhi che sembravano essere stati dimenticati, sentii lo stesso odore di fallo maschile ma questa volta non obiettai.
Non dissi no e non provai ad andarmene. In fondo non avevo alcuna alternativa.
Masturbai Fabrizio, un altro dei suoi amici laidi e sporchi come la mia anima.
Mio marito mi guardava attraverso il riflesso sul vetro della porta, il suo sguardo non si staccò da me neanche un secondo.

Ho imparato a conoscerli quegli occhi, ho imparato a leggere attraverso l’apparente ferocia che li rende sanguigni e viziosi e mi sono resa conto di averci trovato soltanto amore.
Un amore strano, diverso, insolito, un amore grezzo e greve ma pur sempre reale e sincero, un amore che in fondo merita di essere ricambiato.
Mi accucciai tra le gambe di Fabrizio e presi in bocca il suo sesso, senza che nessuno me lo dicesse, senza che mio marito me lo ordinasse o che il suo amico mi costringesse a farlo.

Aprii la bocca, chiusi gli occhi e mi feci forza ingurgitando il suo schifo perché era giusto così, dovevo farlo.
Fabrizio non era preparato a tanto. Bastarono due o tre minuti che raggiunse l’orgasmo senza dire nulla a nessuno. Il suo seme arrivò alla mia gola all’improvviso, come uno spruzzo unico e potente.
Anche mio marito amava spesso raggiunge l’orgasmo così, mi chiedeva di chinarmi e nel momento in cui eiaculava lo metteva nella mia bocca, ma ero preparata, me lo aspettavo.

Con Fabrizio no.
Lo sperma scese lungo la trachea da solo, senza dover deglutire. Non avevo mai ingoiato sperma prima di allora, neanche quello dell’uomo che mi aveva sposata, di solito andavo in bagno o lasciavo scendere nel water. Chiusi gli occhi e per un istante sentii il bisogno di vomitare ma il suo amico non aveva finito, le pulsazioni del pene si ripetevano nella mia bocca accompagnate da continue fuoriuscite di sperma, tossendo lo sentii addirittura nel naso.

Quando mi alzai avevo la bocca colma e debordante di seme, bianco viscido e viscoso gocciava sulle cosce di Fabrizio e sulla mia camicetta bianca. Portai una mano sotto al mento e andai in bagno a lavarmi la bocca.
Fabrizio approfittò di me molte altre volte fin quando mio marito scoprì che veniva in casa a sua insaputa. Io credevo lo mandasse lui invece inventava tutto costringendomi a continui rapporti orali. Quando se ne accorse lo cacciò e non lo vide più.

Credo sia questo l’amore che leggo nei suoi occhi, o forse è questo l’amore che ho deciso io di leggerci, così, tanto per aggrapparmi a qualcosa anche fosse un minuscolo lembo di speranza.
Fabrizio in tutto questo è stato una sorta di transizione, qualcosa che volente o nolente deve aver messo la sua coscienza di fronte alla malattia. Sono convinta che l’abuso di potere di Fabrizio nei suoi confronti in qualche maniera lo abbia eccitato.

In fondo non è stato che un’altra forma diversa di tradimento, subdolo forse, meschino, ma pur sempre tradimento ed a conti fatti non è poi questo che vuole da me?
Credo che obbligarmi ad andare con altri uomini nasconda questa sua necessità, mi lascia alla mercé di gente che a volte non conosce neanche lui ma non mi ha mai chiesto se volessi farlo una sola volta per conto mio. Credo mi ucciderebbe se lo facessi.

Vive in un continuo conflitto tra la necessità di farsi tradire ed il bisogno di controllo che ha nei miei riguardi.
Ho avuto orgasmi davanti a lui, ho goduto e l’ho sfidato chiedendo a perfetti estranei di darmene di più ma non l’ho mai sconvolto. Lui era li, lui osservava, in qualche maniera dirigeva e questo secondo la sua visione lo mette in una posizione di vantaggio che non avrebbe se io andassi a letto con qualcuno nascosta dai suoi occhi.

È un bisogno di controllo che lo obbliga ad impormi tutte le sue scelte, forse è più importante del tradimento stesso.
È successo così con i colleghi di lavoro, uno alla volta mi ha mandata con tutti.
Padri di famiglia, fidanzati, compagni, ho tolto alle loro facce per bene ogni genere di soddisfazione.
Rapporti anali, masturbazione, rapporti orali, ho dovuto bere il loro sperma dai profilattici appena usati, ho dovuto leccargli i testicoli, massaggiarli ovunque, mi sono dovuta umiliare leccando piedi e baciando mani.

Gli uomini sono fatti alla stessa maniera, dai loro la possibilità di non avere freni e mostreranno tutti la stessa indole a****le. A volte mi trovo a credere che il più normale in fin dei conti sia proprio mio marito.
Le loro mogli non lo sapranno neanche quali generi di perversioni hanno i mariti, li hanno convinti di essere sante e li hanno lasciati in balia di prostitute e donne come me.

Si, Donne come me.
Non credo ne esistano chissà quante, non credo ci siamo molte altre mogli usate come lo sono io. Sono a metà tra una persona ed una femmina, tra una puttana ed un giocattolo ma con meno dignità.
Spendere denaro con una donna implica garanzia di soddisfazione. Prendere me è solo più conveniente. Io non valgo nulla, io sono gratis, io posso essere usata, abusata, derisa, umiliata e non perché pagano e quindi noleggiano il mio tempo, il mio corpo e la mia pazienza, ma perché non ho valore, quotazione.

Io non sono all’altezza dei loro soldi, sono un prodotto d’ultima scelta da usare a proprio piacimento perché non importa se si rompe.
Quando mio marito mi porta al parco e mi offre poggiata sul cofano dell’auto, in pochi minuti vengo raggiunta da uomini che neanche mi guardano. Se non fossi la donna che sono, se pesassi centotrenta chili, se fossi di colore o cubana sarebbe la stessa cosa. Arrivano con il loro giocattolo in mano già martoriato dalla libidine e me lo mettono dentro per dare gli ultimi cinque o sei colpi, poi eiaculano confusi toccandosi e rimettendolo dentro di me.

I suoi colleghi sono uguali. Bambini davanti un barattolo di marmellata, adulti frustrati che credono di riconquistare la loro dignità inserendo oggetti nel mio ano, offendendomi con sproloqui verbali, insultando me ed il mio corpo che ai loro occhi non ha alcun valore.
Sono stata chiamata cagna, ho mangiato in ciotole per a****li mentre trapassavano il mio corpo accucciati sulle loro gambe pelose e bianche, ho sentito l’odore del loro ombelico mentre mi mettevano in bocca i loro lerci piselli induriti.

Mio marito ha sempre guardato, ha guardato in quel silenzio che conosce soltanto lui, un silenzio fatto di chissà quali parole, di chissà quale piacere.
Fortuna che alcune volte mi da a uomini diversi. Sono rarità nel mio mondo perché non posso scegliere nulla ma ne vengo proiettata mio malgrado, però a volte decide per chi sa godere senza dover necessariamente esasperare ogni cosa.
C’è un uomo in particolare, un tale del quale non ho mai saputo nemmeno il nome che saltuariamente viene a casa nostra per stare con me.

Con lui mi lascia sola, non assiste, non controlla, mi manda in camera da letto e poi mi fa raggiungere da lui. Per un paio d’ore mi offro ad una persona quasi piacevole. È educato, gentile, pulito, con lui mi capita anche di avere l’orgasmo. Mio marito lo sa, forse è per questo che mi lascia andare.
I suoi gusti però non sono propriamente questi, i suoi gusti convergono nel rarefatto, nello stantio, nel laido.

Lo vedo anche quando legge i giornali. Le notizie sulle quali si sofferma sono sempre a sfondo sadico. “ragazza abusata”, “genitori vendono la verginità della figlia”, “imprenditore offre lavoro in cambio di sesso”, tutte sempre molto simili.
A volte penso che io sia una terapia, un modo per non essere come loro ma per vivere alla stessa maniera. Nella sua mente quella è gente straordinaria. Ha sempre nutrito fascino nei confronti dei prepotenti, lui è uno di quelli che crede che il denaro ed il potere danno ogni tipo di diritto sugli altri.

Avvocati, commercialisti, medici. Si circonda di questa gente e mi fa usare da loro, come se gli spettasse di diritto, come se fosse la cosa più ovvia e naturale del mondo.
È stato con loro che per la prima volta ho fatto sesso di gruppo, un piccolo branco di sei persone in una villa vicino al mare. Hanno giocato con me per tutta la sera fino alla mattina del giorno dopo. Mi hanno esibita tra loro come un trofeo.

Mi hanno fatto girare per la casa a seno nudo, fuori dalla scollatura del vestito. Tutto era organizzato e scandito da un grande orologio da parete che suonava ore e quarti e mezz’ore. Un ora e mezza a seno nudo, poi per un’altra ora hanno camminato per la casa con il pene fuori dai pantaloni affinché lo potessi vedere ed infine mi hanno presa. A turno hanno fatto sesso con me, poi due alla volta fino a circondarmi toccandomi e penetrandomi ovunque.

Gli uomini nudi sono tutti uguali. Masse più o meno grasse ricoperti di peli più o meno bianchi che sudano e di dimenano che siano ricchi o che siano poveri. Le loro lauree non servono a nulla in certi momenti, il loro glande ha lo stesso sapore di quello degli emarginati e io posso affermarlo con cognizione di causa. Anche lo sperma è uguale. Bianchi neri, ricchi o poveri hanno tutti lo stesso sperma bianco e viscido, alcuni più acre altri più dolce, ma è pur sempre sperma.

Quando sopra di me il loro sudore goccia sul mio viso ho lo stesso senso di disgusto che ho con chi si cala i pantaloni e masturbandosi mi viene addosso. Posso essere su un enorme letto di una villa prestigiosa o nel bagno di una stazione di servizio l’emozione è la stessa, la rabbia ed il fastidio sono gli stessi.
Durerà per sempre questa mia vita, durerà perché sarò sempre la sua metà inseparabile, sarò sempre il suo regalo migliore e lui sarà sempre il solito malato dal quale non riuscirò mai a staccarmi.

PS: Queste sono semplici elucubrazioni di una persona che purtroppo non esiste, le proiezioni di una mente maschile che adora e considera la donna l’ “Essere Assoluto”, il miracolo della natura, la perfezione e la massima rappresentazione dell’estetica. L’eccellenza.

Keine Kommentare vorhanden


Deine E-Mail-Adresse wird nicht veröffentlicht. Erforderliche Felder sind markiert *

*
*

(c) 2023 sexracconto.com