Come la conobbi

Conobbi P. (così la chiamerò per rispetto e discrezione) al supermercato.
La vidi per la prima volta nella fila per il banco gastronomia, con il numero antecedente il mio e poi di nuovo in coda alla cassa, proprio di fronte a me.
Non era certo quella che si può definire una gran bella donna, tutt'altro che appariscente, ma a modo suo era comunque una signora elegante e piacente, nonchè prosperosa 😉
Avrà avuto all'incirca 42 anni, vestiva un abito elegante, probabilmente da impiegata appena uscita dall'ufficio, delle calze velate in un fisico un poco rotondo e un'altezza di 170cm.

Occhi truccati, qualche leggera ruga in volto e dei capelli neri riccissimi.
Il mio sguardo cadde inconsciamente sui suoi seni (almeno una quarta abbondante) solo quando si chinò per prendere le buste dove riporre la spesa.
Nel rialzarsi incrociò i i miei occhi, quasi come sentisse di essere osservata.
Mi sorrise.
Aveva il carrello pieno zeppo e ci metteva una vita. Io invece ero in terribile ritardo.
Impiego davvero tra il mettere i prodotti acquistati sul tappetino mobile della cassa e poi pagare…
Venne il mio turno, ma ovviamente lei doveva ancora imbustare una quantità infinita di borse.

La guardai e lei accorgendosi della situazione si scusò.
“Abbia pazienza, è che non sono proprio veloce e poi ho comprato troppe cose” mi disse sorridendomi.
Misi da parte l'impazienza e le risposi: “Non si preoccupi signora, piuttosto se non la disturba posso darle una mano”
“Ma no non si disturbi, credo di riuscire a fare da sola”
E così fece, suscitando la mia reazione visibilmente spazientita.
Riuscii finalmente a mettere il tutto in busta e successivamente a liberare la cassa andandosene con il carrello zeppo di spesa.

Pagai, imbustai i pochi generi di prima necessità acquistati e uscii anch'io.
Nel parcheggio dell'ipermercato la vidi armeggiare con buste e spesa nell'intento di caricare il tutto sull'auto che, guarda il caso, era parcheggiata proprio vicino alla mia.
Non ebbi il tempo di percorrere il parcheggio per raggiungere il mio veicolo che la signora nuovamente con malcelata difficoltà si vide lacerare una busta di plastica dal gancio metallico del carrello.
Il contenuto della stessa, ovviamente, cadde a terra nella sua totalità.

Che fare? Mi aveva già fatto perdere una buona mezz'ora…
“Aspetti signora, l'aiuto io” dissi precipitandomi in suo soccorso
“Lasci stare! Sono veramente una frana” rispose lei un poco imbarazzata.
“Ma no, non dica così, può capitare a tutti, soprattutto se si ha a che fare con una spesa di tali proporzioni. Certo non capiterà mai a me con le quattro cose che ho comprato”.
Ridemmo, insieme.
“In verità solitamente queste cose le faccio con mio marito, ma oggi mi trovo sola e non avevo preventivato le difficoltà nel gestire tutte questi acquisti”.

“Pazienza, dai, l'importante è essere riusciuti a sistemare tutto” risposi e le sorrisi.
“Piacere, io sono P. ” mi disse
“Piacere mio, Lorenzo” e le strinsi la mano.
Sistemai la moltitudine di buste della spesa sulla sua Punto e la lasciai: “Dovrebbe essere tutto apposto” dissi sorridendole.
“Sei stato molto gentile Lorenzo: ti ho fatto perdere molto tempo, costringendoti ad aspettare per via delle mie lungaggini”.
“Nessun problema P.

, in fondo ero comunque già in ritardo, quindi poco male”.
“Arrivederci” e ci salutammo senza particolari velleità.
Tornai a casa, accesi la tv e finalmente potei dedicarci alla partita di Coppa che, neanche a dirlo, ormai era iniziata da un pezzo (dannazione!!).
Fortunatamente alla fine la squadra per la quale facevo il tifo vinse…
Passarono i giorni e non ricordavo nemmeno più quell'episodio preso, al solito, dal tran tran quotidiano.

Incontrai nuovamente P. al supermercato alcune settimane dopo la prima volta.
Stavo scegliendo dei prodotti dagli scaffali dello s**tolame, quando mi sentii salutare
“Ciao Lorenzo, che piacere rivederti, di nuovo qui” mi disse con inusuale giovialità P. , aggiungendo poi: “prometto che oggi, farò la coda in una fila diversa dalla tua” scoppiammo entrambi in una fragorosa risata.
Continuammo a chicchierare facendo la spesa quasi insieme.
Mi chiese di me, del lavoro, della mia situazione sentimentale e poi mi disse di lei, dei suoi problemi con il marito e del fatto che, da ormai troppo tempo, non avesse più rapporti.

Rimasi stupito da tanta confidenza, in fondo non ci conoscevamo molto, per non dire affatto, ma evidentemente sentiva la necessità di raccontarsi e di sfogarsi, o semplicemente l'avevo leggermente stuzzicata.
Le nostre strade si separarono e, anche se stavo incominciando a pensarci, non la incrociai più.
Almeno non fino a quando, intento a fare la coda per pagare, mi sentii dire: “abbiamo invertito i ruoli eh”
Era lei, dietro di me in fila alla cassa.

“Ti cedo volentieri il mio posto, del resto mi sembra di notare che oggi non hai saccheggiato il negozio come l'altra volta”.
“Sono sola a casa, i figli sono al mare con i nonni e sai a me basta poco” replicò aggiungendo: “comunque sei gentile ma questa volta sarò io ad aspettare te”.
Sorrisi accingendomi a disporre la mia spesa sulla cassa per poi pagare.
Uscendo la salutai, lei rispose guardandomi.

Riposi la spesa nel cofano dell'auto, chiusi lo stesso, salii e misi in moto quando sentii bussare al finestrino. Era lei.
“Non mi dai una mano con la spesa?”
“Non mi sembrava ne avessi bisogno” replicai e, scusandomi, uscii prontamente dall'auto
“In effetti no, era solo un pretesto per non lasciarti andare via così. Sono sola a casa, non ci sono abituata e considerato che mi sembra di aver inteso che anche tu sei solo, se non hai di meglio da fare, potremmo cenare insieme”.

Francamente non mi aspettavo una proposta del genere.
Ci pensai un po', spiazzato dalla proposta e alla fine accettai.
“D'accordo P. , ma dove?” le spiegai
“Ovviamente sei mio ospite, ammesso che ti vada, non mi sembri così convinto, scusa, senz'altro avrai altri programmi” rispose lei allontanandosi quasi dispiaciuta dell'invito forse affrettato.
“No, no va bene, verrò da te, dai, volentieri” risposi accettando.
Si fermò, mi sorrise e mi disse: “Seguimi, non abito molto distante da qui”.

E così feci. La seguii nel traffico cittadino fino a quando, dopo circa 5 minuti, svoltò e parcheggiò la sua Punto sotto ad un palazzo residenziale di un quartiere normale.
Cercai parcheggio nelle vicinanze e nel tornare laddove aveva posteggiato lei, la trovai intenta ad aspettarmi.
Mi sorrise e mi invitò a seguirla.
Entrammo, mentre si scusava per il probabile disordine dovuto ai figli che poi scoprii avere 5 e 9 anni.

Non feci caso alla cosa e salimmo in ascensore.
“Quale piano?” chiesi e lei “Ultimo grazie” rispose.
Arrivammo al settimo un poco stipati in un ascensore anni 70, tutt'altro che spazioso.
Per la prima volta sentii il suo profumo, era decisamente piacevole.
P. aprì la porta del suo appartamento e fece gli onori di casa invitandomi a sedermi sul divano del salotto.
“Scusami solo un secondo, vado in bagno a fare la pipì e sono da te, nel mentre fai come fossi a casa tua, serviti da bere se vuoi, in frigo dovrebbe esserci un po' di tutto” e se ne andò.

Che situazione, pensai tra me e me.
Chissà dove mi porterà. P. mi sembra così educata e a modo, non ha l'aria della femme fatale e nemmeno di una tigre del materasso. In effetti tutto poteva sembrarmi fuorché una donna intenzionata a portarmi a letto.
Ci mise effettivamente un attimo giacchè dopo lo sciacquone del wc uscii dal bagno dicendomi: “Eccoci qui”.
“Ma non ti sei preso nulla?” rimbrottò vedendomi seduto, probabilmente imbalsamato sul divano così come mi aveva lasciato.

“No P. , è che mi sembrava inopportuno mettere il naso nelle cose e a casa d'altri” le spiegai.
“Sciocchino, dovevi – mi incalzò -. Cosa vuoi? Una birra, un bicchiere di vino o…”
Quell'”o” mi suonò un tantino strano.
In una frazione di secondo le mie titubanze sparirono e lasciarono il posto ad una stroardinaria chiarezza.
“O te P. ?” dissi guardandola negli occhi
I suoi occhi si infiammarono, il suo volto divenne rosso e ancorché titubante mi disse: “Vuoi me Lorenzo?”
Non mi lasciò il tempo di risponderle che avevo la sua lingua dentro alla mia bocca e, indemoniata, vorticava cercando la mia.

Risposi al bacio, saettando con passione e, stringendola e cingendola a me.
“Che buon sapore hai Lorenzo” disse staccandosi un attimo da quel pomiciare affannato.
“Anche tu P. , sai di buono” risposi tornano a baciarla con desiderio e trasporto.
Il bacio si fece particolarmente passionale. P. mi stava perlustrando la bocca con foga, con impeto, con frenesia, quasi a volersi dimenticare di tutto per lasciarsi andare in questa situazione che, di fatto, aveva voluto, cercato e creato lei stessa.

La toccai ovunque: misi le mani sul suo prorompente culo e ne saggai la consistenza, palpandola a lungo e allargandole i glutei: erano piuttosto sodi. Continuai a toccarla ovunque e dai fianchi salii fino ai grandi seni coperti dalla camicetta e mi parvero anch'essi sodi, duri, maturi. Aveva una pelle profumata e morbida come la seta.
Si staccò dalla mia bocca all'improvviso, sembrava ci avesse quasi ripensato, rinsavita dopo un improvviso colpo di testa e, invece, guardandomi fisso negli occhi si accovacciò ai piedi del divano e mi calò i jeans.

Baciò i boxer dentro ai quali imperioso era costretto il mio membro e, senza dir nulla, poi li abbassò e mi prese in bocca il cazzo.
Lo fece sparire succhiandolo con famelica voracità, dedicandocisi con amabile voluttuosità.
Distolse le attenzioni da lui solo per leccarmi i testicoli e succhiarli con inaudita forza.
Era come indemoniata e presto tornò sulla mia asta che eretta pulsava all'indirizzo del suo volto.
La guardavo, lei mi guardava e me lo succhiava come se non avesse mai desiderato fare altro.

Cinque, dieci minuti e poi sentii crollare le resistenze e crescere in me l'orgasmo.
Non le dissi nulla, del resto era evidente che l'impellenza della mia goduta stesse per arrivare.
Tenevo esclusivamente le mie mani dentro quella folta chioma di ricci e mentre lei, come posseduta, continuava a succhiare infilandosi la mia verga per intero dentro la bocca, sentivo la cappella entrare nella sua gola.
Che mestria, che pompino meraviglioso.

Venni e nel farlo spinsi ancora di più il cazzo dentro la sua gola, premendo al contempo le mani sulla sua nuca.
Bevve e succhiò tutto con una voracità tale che rimasi inebetito: mi prosciugò.
Leccò a lungo tutta l'asta, la succhiò per altri minuti fino a quando lasciandole un po' di libertà si rivolse a me dicendomi: “Che buon sapore che hai Lorenzo”.
Ero davvero compiaciuto, visibilmente estasiato e non riuscii a trattenermi dal risponderle: “Che deliziosa bocca che hai P.

“.
Era seduta sul tappeto al cospetto del cazzo che aveva succhiato, spremuto, divorato, bevuto e venerato e mi guardava negli occhi come una bambina soddisfatta del regalo appena ricevuto.

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