A casa del bull

Il giorno dopo passò in fretta. Per potermi tenere la mattina dopo libera sbrigai tutto il lavoro più urgente. Non tornai nemmeno a casa per pranzo, limitandomi ad un toast.
Feci una cena leggera e, alla 8 e mezza, Roberta mi chiese se ero pronto. Lei indossava un paio di jens, un top nero e giubbino di jeans. In mano aveva una borsa, che mi offrii di portare. Arriviamo con un certo anticipo.

Cerchiamo un posto fuori vista e Roberta toglie i pantaloni e il perizoma, e indossa una corta gonnellina bianca. Toglie anche il giubbino. La “mise” mi sembra un pò raffazzonata e inadeguata all' ora, specialmente il top, il cui unico pregio era che, munito di spalline adattabili, poteva essere posizionato in modo da sfiorare l' areola del capezzolo. ma non faccio commenti. Mi ero ripromesso di svolgere un ruolo di osservatore, e voglio rispettarlo.

All' ora prestabilita, raggiungiamo il parcheggio di cui mi aveva parlato Sergio. Lui è già lì. Pantaloni corti blu, maglia a mezze maniche coi colori del Brasile e infradito di pelle. Ora sì che l' abbigliamento di Roberta è adeguato.
“Ciao, carissimi, come va? Avete avuto difficoltà a trovarmi?”
“No, nessuna. ” Il tempo di mettere nel bagagliaio la borsa con i vestiti, chiudere, e lui si è già avviato con Roberta, un braccio a cingerle il fianco.

Li seguo ad una decina di passi. Sergio le dice qualcosa all' orecchio e lei porta le mani all' elastico che stringe la gonna in vita. Alza la gonna finchè questa arriva a malapena all' attaccatura delle natiche. Data la stagione, in giro c' è ancora gente. Qualcuno si ferma ad osservare la coppia, godendo dei fuggevoli istanti in cui la brezza di monte solleva il lembo del gonnellino, esponendo alla vista ora una natica, ora l' altra.

Il cammino è breve, e ben presto siamo nell' androne della palazzina dove, presumo, abita Sergio.
La palazzina è a tre piani, ed è priva di ascensore. Giunti al primo piano, con me sempre cinque o sei passi dietro, Sergio la fa fermare e le toglie la gonna, passandola dalla testa. Penso che siamo arrivati al piano di casa sua. Invece riprendono a salire le scale, e ora lui quasi la sospinge mettendole una mano sul culo.

Sul ballatoio del secondo piano, Sergio si ferma davanti ad una porta, estrae la chiave dalla tasca dei pantaloni, ed apre.
Entriamo in quello che è il classico appartamentino al mare. Ingresso con angolo cottura sul fondo. Una porta si apre su un disimpegno su cui affacciano altre due stanze. Nell' ingresso è sistemato un mobile che è una via di mezzo fra un letto ad una piazza ed un divano. Dice a Roberta di sedersi lì e per me scosta una sedia dal tavolo del tinello.

Mi siedo (son lì per quello, no?) mentre lui apre un' anta della specie di credenza che fronteggia il divano, ne estrae un paio di bottiglie e tre bicchieri. Ci chiede se preferiamo cognac (in realtà brandy, quello che dovrebbe. ,,creare un' atmosfera) o whisky. Optiamo per quest' ultimo. Lui versa il liquido in tre bicchieri, ne porge uno a Roberta e le si siede a fianco. Cin cin, dicono, e bevono un sorso.

Lui le mette la mano all' attaccatura delle cosce e, forzandola, le fa capire di aprire le gambe. Lei lo fa, esponendo agli sguardi il pube completamente depilato. Lui infila due dita nella morbida carne, le estrae e…
“Guarda come sei bagnata, troia, sei già eccitata?”
“Sì”
“Apri la bocca e succhia le dita. Di cosa sanno?”
“Sanno di..di fica. “
“L' hai mai fatto, di succhiarti le dita dopo averle infilate nella fica sbrodolata?”
“No, non l'ho mai fatto.


“Allora, d' ora in poi lo farai, quando ti farò godere al telefono, d'accordo?”
“Sì. lo farò:”
“Ieri sera hai goduto molto? Hai fatto tutto quello che ti ho detto, vero?”
“Nnnnoo – sussurrando – non proprio tutto. “
Ma Roberta, cosa dici? penso. Non ti sei fatta leccare quando te l' ha detto lui, ma abbiamo già chiarito.
“Cioè?” fa Sergio.
“Prima di spogliarmi abbiamo tirato le tende, per non farmi vedere da fuori.


“Però io te l' ho chiesto, e tu mi hai detto che le tende era aperte, ricordi?”
“Sì. “
“Quindi. mi hai mentito. “
Lei si volta verso di lui, gli infila la mano nella gamba del pantaloncino, e lo accarezza all' altezza dell' inguine. Poi, con lo sguardo e la voce bassi.
“Mentito proprio no. Ho detto solo una piccola bugia, ma solo quella. Tutto il resto l' ho fatto come mi hai detto.

Abbiamo tirato le tende perchè, lì da noi, nessuno sa che sono una troia, e non vogliamo che si sappia. “
Lui le toglie la mano che lo stava accarezzando.
“Questo lo capisco, ma me lo dovevi dire, invece mi hai mentito. Non va bene, non va niente bene. “
“E' così grave?”
“Sì, è gravissimo. Come posso essere il tuo…maestro, come posso fidarmi, se tu cominci a mentire su una cosa così…piccola?”
Lui mi guarda.

Aspetta una mia reazione, una domanda, forse che io ponga delle condizioni.
Io resto impassibile. Mi verso ancora un dito di whisky e mi accingo ad assistere allo..spettacolo.
Tanto, mi dico, sono sempre in tempo a dare l' ALT.
Lui si alza.
“Inginocchiati. “
Lo fa.

“Ora toglimi gli short. “
Lo fa

“Ora leccami i piedi. “
Roberta si china e bacia le dita dei piedi.

Lui si piega in avanti e le dà due forti sculacciate, una per natica. Lei non muove un muscolo, nè si lamenta.
“Ho detto LECCAMI i piedi, cagna, sai cosa vuol dire leccare, vero?”
“Sì, lo so”
“Allora toglimi le ciabatte, cominciando dalla destra. Poi apri la bocca e succhia le dita una ad una, insalivandole. Dopo lecchi il collo del piede e poi passi alla pianta. Quando hai finito rimetti la ciabatta e inizi con l' altro piede.

Hai capito bene?”
“Sì ho capito. “
“Fai del tuo meglio, mettici passione e ricorda che se non sono contento te lo faccio capire sculacciandoti. Adesso puoi cominciare. “
Roberta mi dà la schiena, Completamente chinata verso terra com' è, vedo chiaramente il culo e la fica. [image][image][/image][/image]
Lui le appioppa qualche sculacciata, violenta, a mano aperta. Lei si agità un pò, appena l'ha ricevuta, ma continua diligentemente a leccare, a succhiare i piedi a Sergio.

Lui mi guarda spesso, mi sorride, è come se dicesse: visto, cosa ti avevo detto? Le piace essere dominata, umiliata. E devo riconoscere che ha ragione. E mentre assisto a quella rappresentazione mai neppure immaginata prima, devo anche riconoscere che quel che vedo mi eccita. Mi piace vederla nelle mani di quel vecchio, ora mi piace anche quel che le dice: “Lecca bene, cagna, succhiami le dita. Vorresti che fossero cazzi, vero, troia? Se te lo meriterai te ne farò prendere tanti da fare indigestione, zoccolona.


Mi sto eccitando, e i leggeri bermuda beige non riescono a nascondere la mia erezione.
Mi sto eccitando “mio malgrado”? Forse, o forse no. Forse ha ancora ragione Sergio: lui fa quel che io non avrei avuto il coraggio di fare, ma che mi piace che le venga fatto.
A quanto pare Sergio è soddisfatto del trattamento ai piedi.
“Ora succhiami il cazzo, bocchinara. “
Questo non è un problema, per mia moglie.

Non aspettava altro che questo momento. Prende in bocca l' uccello di Sergio. Ha solo un inizio di erezione, quindi per lei farlo sparire tutto in bocca è un giochetto.
Lui però non sembra soddisfatto (non lo sarebbe in ogni caso, la vuole punire e ogni pretesto è buono).
“Dai, questo sarebbe un pompino? Fammi sentire la lingua, cagna, succhia, prendilo tutto fino in fondo, troia. “
E, per dare maggiore risalto alle parole…la schiaffeggia.

Non fortissimo, ma non sono sberle “simboliche”. E io?
Io, che avrei giurato che mai avrei permesso a nessuno neppure di pensare di prenderla a schiaffi, guardo, guardo e sono maledettamente eccitato. Non vorrei esserlo, vorrei alzarmi, magari prendere a pugni Sergio, prendere in braccio il mio amore, abbracciarla, baciarla, portarla via da lì, via, lontano, incontro al sole. Invece sono paralizzato da quel che vedo. Quasi trattengo il respiro. E sono sempre eccitato.

Lui continua a guardarmi, a sorridere. Non sono sorrisi di scherno, ma di complicità. Ogni tanto fa l' occhietto. Sembra che dica: “Visto che brava, la NOSTRA troia?”

Ora si volta e si china in avanti. E' la volta del culo di essere omaggiato.
“Dai, leccami il culo, cagna. Fammi sentire bene quella lingua da troia che ti ritrovi. Ora i coglioni, leccami i coglioni. Ora torna al culo, leccalo bene, infilaci la lingua, sì…inculami con la lingua, zoccola, inculami con la lingua.


Nella posizione in cui è non può nè sculacciarla nè schiaffeggiarla. Con le braccia all' indietro afferra i capezzoli, i suoi capezzoli cosi delicati, così teneri e li stringe, li strizza, li tira quasi volesse strapparli.
Questo la fa soffrire. Mugola, cerca di sottrarsi al brutale trattamento, ma continua a leccare, a baciare come se fosse una bocca, a succhiare, seguendo i suoi ordini.

Il trattamento dura a lungo.
Ora Sergio si rialza, fa sollevare Roberta, le infila due dita nella vagina, mi guarda ridendo, le dà una pacca sul culo e la fa venire da me.

“Senti, senti come è bagnata, la troia. Senti come le piace. “
Lo faccio (perchè lo dice lui o perchè lo voglio io?). Indice e medio entrano scivolando nella calda guaina rorida di umori.
“Sì – sussurra lei – sì, toccami, fammi godere, fammi godere, non resisto. “
Guardo Sergio e gli dico:
“Senti, la troia vuole godere, cosa dici, la accontentiamo?”
Ecco, quel che non doveva succedere è successo. Sono diventato suo complice….

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