Summer on a solitary beach

1982. Il mondo era diverso. Né meglio, né peggio.

E questa canzone (Summer on a solitary beach) era una delle hit più ascoltate del momento. Mi risuonava in testa. E mi faceva immaginare chissà che cosa. All'epoca ci accontentavamo di poco. Pochissimo. Noi adolescenti ci accontentavamo di una mezza tetta, di un film con Barbara Bouchet, Edvige Fenech…per rischiare di rimaner ciechi a vita. C'era addirittura chi si accontentava del catalogo Vestro…o Postalmarket (sezione intimo).

Ed era estate. Confinato in un campeggio della costa con i miei, poche erano le possibilità di sfogare gli ormoni che a mille torturavano il mio corpo. Il topless, all'epoca era vietato, o meglio si cominciava a stento a ragionare sulla legittimità di andare in giro a tette all'aria. E questo campeggio mi teneva prigioniero. Non c'era una discoteca, o un locale nel raggio di chilometri. Isolati da una pineta infinita. Io e il mio testosterone galoppante.

Le uniche ragazze presenti erano straniere, guardate a vista dalle loro mamme teutoniche.

Avevo sentito dire da alcuni ragazzi sulla spiaggia, che nella zona nord del campeggio, alcune straniere, per paura di denunce e multe, andavano a prendere il sole integrale ma bisognava fare diversi chilometri per vederle. La zona era isolatissima. Così, in un pomeriggio caldissimo dove il frastuono delle cicale era ossessionante, decisi nell'ora della siesta, di inforcare la bicicletta ed avventurarmi in pineta.

Dopo circa mezz'ora di pedalata, decisi di affacciarmi sulla spiaggia per vedere. Deserto. Solo un po' più avanti si scorgeva qualcosa…o qualcuno. Pedalai un altro po' e, valutando di essere giunto a destinazione, nascosi la bicicletta in un cespuglio e mi inoltrai nella macchia fitta. Arrivato in vista al mare, ma ancora nascosto dai cespugli, ebbi una visione paradisiaca. Almeno cinque ragazze, sulla ventina, se ne stavano come lucertole a prendere il sole. Nude.

Non feci in tempo neanche a realizzare la cosa che il cazzo uscì automaticamente dal costume. E in una frenesia di eccitazione, con pochi colpi di mano, sborrai.

Felice della scoperta me ne tornai al campeggio, promettendomi per il giorno successivo, di tornare e godermi con meno ansia lo spettacolo. E così feci. Aspettai l'ora della siesta, inforcai la bicicletta, e via verso la spiaggia proibita. Solito cespuglio, solite ragazze. Mi sistemai per bene dietro il cespuglio per non essere visto…mi levai del tutto il costume e cominciai a menarmelo lentamente per non finire subito.

Era una goduria dedicare ora a questa ora a quella una “serie” di smanettoni. E quando una si muoveva per andare a fare il bagno il goderne l'andamento, il pelo in vista, il sobbalzare delle tette.

Ad un certo punto però sentii dei rumori alle mie spalle. Paura, sangue alla testa. Mi voltai e nel cespuglio dietro al mio c'era un signore sulla quarantina con i pantaloncini sbottonati ed uccello duro ben in vista.

Forse anche lui stava facendo il mio stesso gioco? Velocemente cercai di rimettermi il costume e dissimulare indifferenza. Ma lui, più velocemente di me, mi fu al fianco e silenziosamente mi disse di non preoccuparmi. La cosa non mi tranquillizzò molto. Ma non potevo neanche fare casino per la paura di essere scoperto dalle ragazze che erano lì davanti a noi. Lui, serenamente, continuava a godere dello spettacolo, menandoselo ritmicamente. Un po' tranquillizzato, anche io rilasciai cadere il costume a terra, e ripresi l'opera.

Il cuore mi batteva a mille. La presenza di quell'uomo (e del suo cazzo) mi eccitava come non avrei mai sospettato.

Adesso eravamo fianco a fianco. Tutti e due, in silenzio, ammiravamo quei corpi nudi. E ci masturbavamo, ognuno per sé, con lentezza. Fino a quando lui non cominciò con la mano libera ad accarezzarmi il fondo schiena. Da principio mi scansai un po'. Mi faceva schifo l'idea che un uomo mi toccasse lì.

Non ero di certo un frocio…Ma anche lì, lui fu bravo a tranquillizzarmi, e il piacere offerto da quella mano mi sorprendeva. Una volta assestata la vicinanza e il contatto, lui, continuando a menarsi l'uccello che si faceva sempre più grosso, prese ancora più coraggio e confidenza, passando con la sua mano da sotto tra le mie gambe e cominciando un lento massaggio alle palle.

WOW…che meraviglia.

Cominciò a sussurrarmi all'orecchio idee e pensieri, di cosa mi sarebbe piaciuto fare a quelle troie con il bell'uccello che avevo tra le gambe.

Mi faceva fantasticare di pompini, chiavate, sborrate su quelle tette enormi. Stavo giusto concentrando il mio sguardo su una giunonica ragazza (presumibilmente tedesca), quando lui, risalendo con la mano, andò a solleticare il mio buchetto di dietro. Stavamo immobili, uno a fianco dell'altro, sbattendoci lentamente ognuno il proprio uccello. E quel massaggio inaspettato ebbe la capacità di accelerare a dismisura il mio piacere. E in due o tre smanacciate esplosi una quantità di sborra da paura.

Vedendomi godere, accelerò il suo masturbarsi e anche lui schizzò.

Ci sorridemmo. In silenzio ci allontanammo dal cespuglio. Anche lui aveva la bici nascosta in un posto non lontano dalla mia. Un gesto di saluto, senza parole. Durante il viaggio di ritorno verso il campeggio mi domandai più di una volta se ero diventato gay. Mi stavano assalendo un sacco di sensi di colpa per ciò che avevo fatto.

La sera, al bar del campeggio, lo vidi con sua moglie e i suoi figli (non lo avevo mai notato prima).

La paura mi salì addosso. E ora che succederà? Ma poi pensai che lui non era gay…e forse neanche io.

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