Sesso nella cabina della spiaggia

In spiaggia, quando sei in compagnia di una dozzina di amici, ci si diverte tantissimo, tra una partita di beach volley, una nuotata nel mare cristallino e… del vero sesso! Essere circondato da ragazze bellissime, oltretutto alle prese con la “sindrome della zoccola estiva”, ma senza riuscire a combinare nulla, è davvero frustante.
Tuttavia ero riuscito a instaurare un bel rapporto con una di loro: 1,70 m, fisico “snello” ma con belle forme (gambe magre, poca pancia ma tonica, terza di seno), capelli castano scuro e occhi verdi; insomma, una tipica bellezza di origini meridionali anche se nata nel nord.

Inutile dire che interagire con lei mi eccitava, perché alla fine, il pensiero era uno solo, nonostante si era solo scherzato e giocato. In spiaggia, fra una cosa e l’altra, era un continuo scambio di sguardi.

Un pomeriggio mi feci accompagnare su in camera (abbiamo hotel diversi) per una dimenticanza, ma anche un amico si offrì di accompagnarci: con grande tristezza fui obbligato a soffocare ogni voglia, ma, soli in ascensore (l’amico ha preso le scale), il gioco di sguardi diventò manifesto desiderio ma, a causa del terzo incomodo, non riuscii a farla mia per chissà quale motivo.

Per tutto il pomeriggio non riuscii a toglierle gli occhi di dosso. Di sera non riuscimmo a vederci per suoi impegni con un’amica.

La mattina dopo andai in spiaggia e la trovai li con gli amici: mi mangiava letteralmente con gli occhi e io avevo davvero voglia di scoparla, non desideravo altro! Mentre facevamo il bagno, lei uscì prima con altre due amiche e, una volta raggiunto il loro ombrellone, queste mi dissero che era andata al bar ad ordinare il pranzo.

A quell'ora in spiaggia faceva veramente caldo e quasi tutti erano andati via per pranzo. Terminammo il pranzo con un freddo calippo ed ecco che il più scontato giochetto da troia diventò realtà: tanto banale quanto estremamente eccitante, ecco che cominciò a leccare il calippo come se fosse stato un pene, anzi lo succhiava proprio e, mentre si destreggiava con aria comunque innocente per non attirare l’attenzione, mi guardava dritto negli occhi. Inutile dire che il mio pisello cominciò a lievitare e pregavo non dovessi alzarmi per fare chissà che cosa!
Quando finì il calippo se ne andò verso le cabine della spiaggia, dicendo di dover andare in bagno.

Ma mi lanciò un’occhiata davvero eccitante. Dopo aver tergiversato per circa un minuto, mi alzai anche io e andai nella stessa direzione. Prima del bagno c’era la fila delle cabine e in una a metà, vidi il suo bikini appeso alla maniglia della porta, come a dire che c’era qualcuno dentro a cambiarsi il costume.
La chiamai per nome, ma non sentendo risposta non esitai ad abbassare la maniglia: la porta non era chiusa dall’interno e, quando aprii, la trovai seduta sulla stretta trave che faceva da piccola panca, tutta nuda, con le mani appoggiate sulla trave e contratte, così che le braccia stringevano il seno e coprivano i capezzoli; le gambe accavallate nascondevano la zona pubica.

Mi disse di chiudere la porta e lo feci, si avvicinò a me e mi abbracciò: aveva le mani e le tette fredde come asciugate dopo la doccia; mi baciò e le sue labbra e la sua lingua erano morbide ma i suoi baci intensi e corposi. Dopo aver passato le mie mani sulla sua schiena, le accarezzai i glutei, ma lei me le prese e me li fece stringere. Quando mi disse: “non ti preoccupare, ho sentito che ti si è già indurito il cazzo, sarebbe un problema se non fosse così”, le risposi “beh, ce l’avevo duro anche quando ti guardavo semplicemente mangiare il calippo!”.

Con una calma sensuale e un sorriso eccitante esclamò: “già, presumo che allora tu abbia le palle piene di stare solo a guardare, svuotiamole ste palle!”. Rimasi senza parole e quando la guardai a bocca aperta mi appoggiò l’indice di una mano sulle labbra e con l’altra mano scese lungo il mio torace, poi l’addome, mi abbasso il costume e mi afferrò il cazzo, che, dopo una leccata a tutta lunghezza, le finì in bocca.

In quel momento sentii un brivido lungo la schiena e un forte calore sul glande: mi dovetti sedere sulla panchetta, mentre lei, inginocchiata, dimostrava le sue doti di pompinara. È difficile da descrivere, non era una pompa, ma un’esperienza estasica: è come se mi fosse finito il pisello in un pene-lavaggio, leccava, succhiava, pompava, ciucciava, sciacquava con la sua saliva, smanettava, spremeva… Io in realtà non sapevo se perdermici e magari venire o trattenermi nell’eventualità che le cose degenerassero ulteriormente: scelsi la seconda opzione (tanto sulla prima potevo ritornarci in qualsiasi momento) e drizzai le orecchie per sentire se ci fosse qualcuno nei paraggi.

Ad un certo punto mi prese la mano e la fece passare tra le sue cosce, arrivando in cima: la mano si inzuppò, aveva la figa tutta bagnata!! A quel punto mi tirò una succhiata fortissima che quasi urlai (di piacere) ma riuscii a trattenermi. Mi doveva bastare e fu ora di invertire i ruoli: io mi inginocchiai (non senza difficoltà su quelle scomodissime assi di legno!) e lei si sedette sulla trave a gambe spalancate: che meravigliosa visione, quella di una vulva succulenta che aspettava una bocca che se ne impadronisse, le due spesse labbra esterne (se fosse stata a gambe socchiuse avrebbero sicuramente nascosto quelle interne e il sublime contenuto che invece mi appariva), il clitoride in evidenza, circondato da filamenti trasparenti, segno che era pronta a ben altro che alla bocca.

Comunque sia, affondai la lingua e mi immersi in una figa bollente e fradicia, le secrezioni dolci, segno che la sua doccia era stata accurata (e non disinteressata). Cominciai ad accarezzarle le labbra con la lingua, poi girai intorno al clitoride, sollevandolo e abbassandolo; poco dopo mi sussurrò di andare più forte e allora cominciai ad alternare grosse leccate a leggere succhiate, andando avanti e indietro, su e giù, come fosse un gelato: da silenziosa cominciò a gemere e a tremare (e la trave vibrava) allora mi staccai e la pregai di rimanere silenziosa.

Siccome mi ero staccato, si alzò in piedi, si girò e, poggiando i gomiti sulla panchetta, mi mise il culo di fronte: era la dimostrazione che voleva essere scopata a 90. Mi disse: “ficcamelo, svelto!” e allora glielo infilai tutto dentro in una botta sola, provocandole un acuto urlo di godimento. Comiciammo. Mi diceva di sbatterla forte, veloce e io non mi tirai indietro, stringendole il bacino con le mie mani. Sentivo i suoi muscoli pelvici contrarsi, la sua vagina mi strangolava il pene, ma non mi fermavo.

Le mie palle sbattevano contro la sua figa aperta.
Respirava sempre più avidamente e si contraeva più frequentemente: stava per venire. Disse: “minchia come godo, ma perché non me lo sbatti nel culo?!”. Non passò neanche un secondo dalla fine della domanda che la inondai di sperma, continuando a scoparla. L’idea del sesso anale mi fece impazzire, oltretutto aveva l’ano zuppo, sarebbe forse stato abbastanza facile, ma incominciarono a sentirsi dei passi all’esterno, segno di movimento.

Non conveniva proseguire.
Mi fissò. Io, zitto, con respiro frettoloso ma silente, la fissai estasiato. “Ti è piaciuto farti ciucciare il cazzo?” chiese, “domanda retorica” risposi e lei continuò: “Tanto lo so che volevi venirmi in bocca, lo sentivo gonfiarsi”, così si sedette e mi ripulì interamente dalla cappella alla base. Sembrava non fossi venuto, leccò tutto davvero.

Si pulì le labbra con un telo e se lo legò intorno al corpo.

Uscì dalla cabina, mi lasciò da solo, ancora febbricitante per l’incontro ravvicinato. Aspettai qualche minuto fisiologico e raggiunsi anche io l’ombrellone, non prima di essermi fatto una doccia refrigerante!.

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