Serena cap3

Capitolo 3
Serena cercava di non guardare oltre il vetro del negozio. Si sentiva nuda, ora, come lo era stata poco prima nella stanzetta.
Uno sguardo di soppiatto a Marco… due metri dietro di lei, a braccia incrociate sul petto, chiaramente a controllare la sua ubbidienza, la cintura ancora stretta nel pugno… Doveva iniziare velocemente a pulire…
Diede la prima spruzzata sul vetro, conscia di avere il seno profondamente in vista, i capezzoli perfettamente disegnati da tessuto della camicetta, frutto della tortura sessuale a cui il suo corpo era stato sottoposto, senza appagamento finale…
Già… non aveva goduto davanti a lui, ma non era stata soddisfazione di vittoria… era arrivata praticamente ad implorarlo… Tutta quella situazione la disgustava, Marco la disgustava… Aveva abusato di lei e stava continuando a farlo, con la giusta certezza del fatto che lei si trovasse in trappola.

Ed oltre tutto questo, si ritrovava ancora con le gambe tremanti… stimolata oltre il limite, il suo ventre ancora adesso chiedeva l’orgasmo… Attendere… e poi avrebbe provveduto da sola…
Quanto poteva andare avanti Marco con quel gioco sadico?
Non molto, si disse Serena, Paola sarebbe arrivata prima o poi, e senza dubbio il suo giungere avrebbe messo i bastoni tra le ruote del ragazzo.
Puliva, rapida. Una spruzzata, e passare lo straccio, attenta ad ogni movimento, per non dar ulteriore spettacolo di sé ai passanti… Non si abbassava, né lavorava su parti troppo in alto.

Ed anche in quel modo, purtroppo notava gli sguardi e talvolta i sorrisi di apprezzamento di chi la notava… notava il suo corpo…
Non era mai stata tipa da abbigliamento volgare, anzi, e la vergogna adesso prendeva possesso di lei.
Veloce… doveva essere veloce, finire quello stupido lavoro… che a dire il vero, non faceva da tempo. Destinava sempre Paola a quelle incombenze, dal canto suo, nemmeno sapeva dov’era lo spruzzino, del resto, era la differenza tra l’essere un gestore e una commessa…
Un che di amarezza la invase… Era appena stata legata, scopata, ed ora esibita come una puttana… pensare a differenze tra dirigenti e maestranze diveniva fuori luogo quel giorno…
Un giovane davanti alla vetrina.

Serena chinò il capo… era la seconda volta che passava in mezzo minuto… Stavolta si era proprio fermata, fingendo, malamente, di dare un’occhiata alla merce esposta…
Dieci secondi… quindici… non accennava ad andarsene… Serena tentò almeno di spostarsi più avanti…
Marco le si avvicinò.
“Sorridigli, e mettiti a pulire in ginocchio proprio davanti a lui. ”
“Non p…” bisbigliò Serena, sempre a testa bassa.
“Subito. ” Fu l’ultima parola del ragazzo.
Con l’animo in pezzi, Serena mise sul viso il miglior sorriso forzato che avesse dentro di sé… si inginocchiò, ben conscia dello spettacolo che offriva…
Il giovane dovette recepire lo spettacolino e il sorriso come un invito.

Serena con terrore lo vide infatti indirizzarsi verso la porta di ingresso. Serena si ritrovò ad essere terrorizzata.
Non era il giovane in sé… avrebbe saputo tenere a bada qualsiasi uomo che ci avesse provato con lei, l’aveva sempre fatto… era la combinazione di questo con la presenza del maiale alle sue spalle che la inquietava oltremodo…
Un ragazzo…probabilmente sui 20, 22 anni… entrò con il fare di chi capitava casualmente nel negozio…
“Buongiorno” salutò Serena, rialzandosi dalla sua posizione, e dirigendosi lenta verso di lui… aveva il viso infiammato dalla vergogna, vedendo che il cliente occhieggiava verso la sua scollatura senza ritegno.

Il tutto sotto l’occhio divertito di Marco, che si era allontanato di qualche metro, sempre però a portata d’orecchio.
“Buongiorno” sorrise il giovane, lo sguardo che mostrava chiaramente il motivo per cui era entrato… non gliene poteva fregare meno della merce in negozio… chiese comunque di poter fare un giretto, tanto per salvare le apparenze…
Serena stava per tirare un sospiro di sollievo, mentre il nuovo arrivato si allontanava… a quanto pareva, gli bastava guardare…
Quel sospiro non giunse al termine.

“Serena, mostragli le scarpe arrivate la settimana scorsa… credo si intonino perfettamente con il suo modo di vestire. ” Esordì Marco.
Il cliente si voltò, incuriosito, verso di lei.
Serena era stata presa in contropiede. Nonostante questo, dovette fare quanto richiesto. Si avvicinò al ragazzino, chiedendo se fosse interessato, alla sua risposta affermativa, lo condusse verso un angolo del negozio, dove una trentina di modelli di calzature stavano a scaffale.
“Veramente belle” disse il giovane, un occhio alle scarpe, e un occhio alla camicetta di Serena.

Marco li aveva seguiti. “Fagliele provare. ” Disse subito.
Serena non capiva dove volesse andare a parare il suo capo, fece l’ovvia domanda “che numero porta” e appena l’altro ebbe risposto, prese la giusta shitola e la tese verso il cliente, che si avviò verso una panchetta, poco distante.
Marco colse l’attimo per sussurrare nell’orecchio di Serena…
“Apri un altro bottone…”
Lei si voltò terrorizzata.
“Co-come?? Sono già praticamente nuda così, se…” disse lei incredula.

“Via degli Abruzzi 12…” mormorò semplicemente lui.
Era l’indirizzo del posto di lavoro del marito. Era certo che a Serena avrebbe detto qualcosa… e difatti, il viso della donna assunse l’aspetto di chi ha ricevuto una sberla.
“Che… che significa?”
“L’indirizzo sulla busta con tutte le stampate e le foto che ti riguardano… slaccio io o slacci tu il bottone?”
“Sei solo un bastardo… un pezzo di merda” sputò fuori lei, occhi lucidi.

Marco però notava solo il fatto che le mani di lei comunque liberavano il bottone…
Fantastica pensò. Tette stupende, e stupendamente esposte, ora che solo due bottoni rimanevano al loro posto…
“Penseremo anche a queste tue belle parole, più tardi… ora seguimi. ” E la prese a braccetto, quasi a guidarla al sacrificio.
Il cliente si era già tolto una scarpa, pronto a cominciare a provare quelle nuove.
Giunti davanti a lui, alzò lo sguardo, strabiliato.

Ciò che vide fu un’ampia scollatura, la camicetta aperta fin quasi a mostrare le areole rosa… meraviglioso…
Marco prese la parola.
“No, no… che fa” disse rivolto a lui “ci pensa Serena ad aiutarla…” e con una piccola pressione sul braccio, le fece capire di inginocchiarsi.
Uno sguardo di fuoco di lei, rabbioso, ma ancora una volta eseguì, piegandosi al volere del suo capo.
Il giovane non aveva parole. La bella donna che gli stava davanti in ginocchio gli stava sbattendo praticamente le tette in faccia… Prendeva una scarpa dalla shitola, piegandosi leggermente, e con quel movimento il seno destro fu visibile fino al capezzolo… E non faceva nulla per evitarlo! Non si chiudeva la camicia… che puttana, pensò… Mentre l’umo che stava dietro seguiva il tutto sorridendo.

Serena non osava alzare gli occhi. Sapeva che spettacolo stava dando. Si muoveva in fretta, ma sembrava che non finisse mai. Non c’era modo di evitare certi movimenti, e quindi cercare di non esporsi ulteriormente… maledetto Marco… maledetto…
Quand’ebbe finito, si rialzò di shitto.
“Le sento bene” disse il ragazzo, che adesso manteneva un atteggiamento scanzonato… la sua espressione dimostrava quanto sentisse disponibile la donna. Del resto, perché offrirsi a quel modo, se non per volere qualcosa di più?
“Mi fa piacere….

” Mormorò lei “Vengono 140 euro… le desidera?”
Il cliente, divertito, le guardò la scollatura, rispondendo “certo”.
Serena si fece rossa, chinò il capo e fece per indietreggiare. Marco però la prese per il braccio e la inchiodò sul posto.
“Siamo lieti che le piacciano… se le acquista, da domani avrà diritto ad un piccolo sconto aggiuntivo sui jeans… e Serena sarà felice di aiutarla, in tutto. ” Continuò il maledetto, indirizzando uno sguardo complice a quel ragazzo, che si stava dimostrando porco quanto non mai, pensò lei.

Per forza, pensò… chi gli ha fatto intendere di essere disponibile… maledizione!!
“Sì!!” rispose il cliente, veloce “le acquisto, poi passerò anche per jeans” e guardò Serena aggiungendo “mi servono proprio…”
Marco si era gustato il siparietto fino a quando il giovane pagò e uscì dal negozio.
Distrutta, Serena crollò sulla sedia, dietro il bancone. Aveva voglia di piangere. Prima però doveva ricoprirsi, le mani andarono ai bottoni.
“No. ” La bloccò Marco.

Non poteva dire di non aspettarselo. Non dopo quella stupida esibizione. Artigliò il bancone, stando seduta, fremente.
“Io giuro che te le farò pagare tutte… tutte Marco…” sibilò lei.
“Sì, sì” disse svogliato lui, facendo il giro del bancone. La mano andò tra i capelli, e bastò una minima pressione per farla alzare e sospingerla contro il mobile, il seno che andava ad appoggiarsi sul piano di lavoro.
In Serena tornò la paura.

Il bancone era situato in fondo al negozio, un cinque metri distante dalla porta d’ingresso, ma certo lei non diveniva invisibile per questo!
“Rimani immobile, puttana. ” Le bisbigliò all’orecchio. Non c’era nemmeno bisogno di precisarlo… le gambe di Serena si erano fatte di ghiaccio, bloccate dal non sapere cosa ora sarebbe stata costretta a fare.
Le sfuggì comunque un “oh mio dio…” quando lo vide estrarre dalle tasche ancora i collant… no… non ancora la stanzetta… non ancora quello che…
Marco aveva idee diverse.

Si chinò, legando un cappio della prima calza al piede del bancone. Poi prese una seconda calza, e la fissò al lato opposto.
Si rialzò solo per il tempo di dire “Immobile, puttana, ricorda. ”, poi Serena sentì la gonna alzarsi da dietro, sospingere un suo piede verso l’esterno, mentre le corde improvvisate venivano fissate prima ad una caviglia, e poi, dopo averla fatta allargare, all’altra caviglia, un legaccio teso e stretto, che la costringeva a stare piegata di poco verso il bancone e a cosce larghe.

La gente passava lungo la galleria, ogni tanto occhieggiava verso il negozio… chi distrattamente, chi in maniera più intensa. Serena era terrorizzata… qualcuno intuiva cosa stava accadendo? Qualcuno sapeva che il suo corpo era nelle mani dell’uomo che le stava accanto?
Forzò sulle gambe. Nulla, non riusciva a chiuderle, vuoi anche per il piccolo piano di lavoro che le spingeva sul ventre e le imponeva appunto di restare leggermente piegata, gomiti sul bancone.

“Rimani così, puttana… mi piace ammirarti da qui dietro… dai un’idea di disponibilità unica…” le diceva Marco, accomodatosi sulla sedia.
Passavano i minuti, senza che lui si decidesse a scioglierla dalla posizione.
Poi comparvero due ragazze sulla porta. Chiacchieravano indifferenti, mentre entravano nel negozio, solo un accenno di saluto verso di lei. Chiaramente, potenziali clienti che volevano fare un giretto.
Niente di preoccupante, pensò Serena. Questo prima di sentire Marco alzarsi.

Le fu accanto, appoggiandosi al mobile, accanto a lei. Le passò un foglio nelle mani, una normale fattura di acquisto, e con fare disinvolto, disse a Serena “mi aiuti a capire questo, Serena?”
Il tono era a beneficio delle donne che ora stavano considerando delle gonne, a un paio di metri da loro, poi, in un sussurro Marco aggiunse “Devi tenerlo sempre in mano… non voglio vederti togliere le mani da questo documento…”
Serena non capiva cosa significasse.

“Fermo… fermo!!” ribadì lei con un bisbiglio, senza peraltro mollare il foglio, anche se la mano di Marco stava lentamente raccogliendo la gonna da dietro per passarla sotto l’indumento…
“Non qui, non q-qui… al-almeno questo…” implorava sottovoce lei, girando di continuo la testa a controllare cosa stessero facendo le due donne.
La mano di Marco era sotto la gonna, un movimento invisibile per le due clienti, ma assolutamente percepito da Serena… leggera… lentissima, risaliva lungo l’interno coscia, delicata… e…
“Oh!” un urletto soffocato proruppe dalla bocca di lei, quando quel tocco raggiunse il taglio.

Una delle due ragazze si voltò. Serena le indirizzò un sorriso impacciato, che per fortuna sembrò bastare alla tizia. Difatti, ripresero a confabulare tra loro sui vari capi di vestiario, come se nulla fosse avvenuto.
Il foglio le tremava tra le mani. Marco aveva ripreso quel dannato lavorio a punta di dita… avanti e indietro… avanti e indietro… lungo una figa già portata al limite dell’eccitazione fino a poco prima… difatti il suo corpo reagiva, a partire dal bagnarsi… generando la lurida reazione di Marco… lo stronzo sorrideva e la guardava fissa, incurante di dove fossero e di chi avessero attorno.

Il corpo reagiva… costretto nuovamente a lottare contro sé stesso, adesso non solo per contenere un’eccitazione che necessitava di esplodere, ma anche per riuscire a mostrare una parvenza di indifferenza…
Una prova stava decisamente perdendo. Serena proseguiva nei suoi inutili tentativi di implorarlo, come pure proseguiva nel forzare sulle caviglie… niente, le cosce rimanevano aperte al ditaleggiare dell’uomo.
Il movimento delle dita si fece solo di mezzo centimetro più profondo, eppure così poco bastava per farla ansimare in modo più deciso, udibile.

Quasi strappò il foglio che era costretta a reggere tra le mani. Una nuova occhiata da parte delle clienti, ed una delle due rimase quasi a studiarla, costringendo Serena a rimanere a bocca semiaperta per una decina di secondi, mantenendo un gemito fermo in gola…
“Guarda da un’altra parte guarda da un’altra parte guarda da un’altra parte” pensava disperata Serena.
Ed in effetti, dopo un altro istante , la tizia curiosa tornò ai suoi interessi, con aria però perplessa.

“Marc-co… M-mar… “ niente. Non riusciva a terminare alcuna frase.
Lui le fu subito all’orecchio, bisbigliante, senza interrompere la masturbazione… “Sai quanto stai colando sulla mia mano, puttana? Sai come sono duri i tuoi capezzoli?”
E nel suo contorcersi sulle dita di lui, Serena vide come fosse oscena. Realmente sembrava in calore, con la scollatura che niente lasciava all’immaginazione, con capezzoli che mostravano il suo stato indecente…
Doveva replicare, voleva offenderlo, si sentiva di dover reagire…
L’unica cosa che riusciva a fare era stropicciare violentemente il foglio che aveva in mano, un foglio che, si rendeva adesso conto, fungeva da manette… E intanto strofinava il ventre contro il piano di lavoro, incapace di star ferma… sentiva gli umori impregnarle l’interno delle cosce, e lui continuava, continuava…
Con una piccola parte di mente, riuscì a rendersi conto che le due clienti si stavano dirigendo verso di loro.

Angoscia. Non riusciva nemmeno a connettere, tanta era l’eccitazione, come avrebbe potuto discutere con le due donne?
Giunte al bancone però, Marco sospese il movimento, e ritirando la mano, le strappò un altro piccolo lamento. Gli ansiti si vedevano chiaramente, un velo di sudore le imperlava il seno… senza contare il viso stravolto.
Le due donne, davanti a Serena e Marco, ebbero per la prima volta la visione diretta di lei, di com’era conciata.

Una aveva senz’altro l’aria disgustata, mentre l’altra si limitò a quella curiosità già mostrata in precedenza. Fu proprio quest’ultima a porre una domanda.
“Avevo letto che c’erano sconti su quelle gonne laggiù… ma non mi pare…”
Serena non connetteva. Troppo al limite e per troppo tempo. Marco prese la parola, veloce.
“Partono da domani, signorina, credo sia scritto sul volantino del centro commerciale…” Disse con un gran sorriso.
La più arcigna delle due, dando un’altra occhiata a Serena, sputò fuori un “io qui non ci torno”, che fece sprofondare nella vergogna Serena, ammutolita e incapace di riprendersi durante quel dialogo.

L’altra invece era più tranquilla. Rispose al sorriso di Marco, “allora tornerò senz’altro domani… arrivederci”, disse con cortesia. Marco ricambiò, colpito anche dal fatto che prima di uscire, la tizia dava un ultimo sguardo a Serena… se lo appuntò mentalmente.
Serena, dal canto suo, avrebbe voluto gridare la sua rabbia, solo che il pulsare tra le cosce non le permetteva di esprimersi come avrebbe desiderato…
“Sei… sei contento… figlio… figlio di puttana… tu mi vuoi umiliare, tu…” sibilò, nel tentativo goffo di raggiungere la caviglia per slegarla… non poteva farcela, non per come era legata.

Ad ogni buon conto, Marco le fu nuovamente accanto, riportando la mano a contatto della figa di Serena…
“Umiliarti è solo una parte di quello che voglio…” le disse all’orecchio…
“Sm-smet-tila… Smet-tila…” singhiozzò la donna. Poteva essere umiliata, incazzata, fuori di sé dalla rabbia… Marco rendeva però l’eccitazione costante la peggior tortura. Si sentiva il fuoco dentro, lui giocava sadicamente alternando tocchi lievi a spinte profonde e decise, godendosela un mondo nel vedere il corpo di lei squassato ad ogni colpo… costretta in ogni caso a dover mantenere un minimo di controllo per non far intendere nulla a quanti passavano davanti alle vetrine…
Serena sentiva i colpi farsi più veloci e più profondi.

Le sue difese cadevano ancora, l’orgasmo stava montando velocemente… una mano corse alla bocca, per coprire gemiti sempre più insistenti…
Il bisbiglio di Marco all’orecchio “implorami di farti godere…”
A un passo dal godere, comunque Serena scrollò il capo, in un “no” deciso e silenzioso e…
Le dita di Marco uscirono dalla sua figa.
“BASTARDO!!” urlò nelle mani giunte sul viso, sconvolta dal piacere mancato. Si voltò per quanto possibile verso di lui, pronta a vomitargli addosso la sua rabbia, pronta a…
“Buongiorno a tutti!” squillò allegra una voce.

Era Paola. Arrivata mentre lei era in condizioni pietose, immobilizzata contro il bancone, vestita di niente…
Cosa avrebbe potuto pensare ora?
“Ti prego, ti scongiuro, Marco, portala via… farò tutto ciò che vuoi, portala via…” tentò di sussurrargli mentre la nuova arrivata avanzava. Lui però sembrava non ascoltare.
Silenzioso, guardava Paola avanzare verso di loro. Serena non sapeva come nascondersi, come spiegare, come poter giustificare quella situazione…
E poi…
Marco fece quattro passi in direzione della nuova arrivata.

Paola gli si fece vicino. Giunta davanti a lui, la donna guardò Serena un momento, senza commentare, e disse poche parole…
“Tocca a me divertirmi adesso, Marco?”
Poche, semplici, parole. Che lasciarono impietrita Serena.
Se avesse prestato più attenzione nei due mesi in cui lei aveva lavorato assieme a Paola, non sarebbe ora rimasta sorpresa.
Paola non era stata assunta da lei, era un aiuto mandato dalla sede centrale. Paola, una donna di 35 anni, forme piene, mediterranee, seno importante, con un viso deliziosamente dolce, aveva subito pensato Serena il primo giorno che l’aveva visto… Occhi azzurri, viso molto carino e capelli tendente al rosso scuro…
Bella indubbiamente, con un sorriso che richiamava quell’idea da “fata dei dentini” molto apprezzabile…
Certamente simpatica, eppure Serena fin dal primo giorno aveva posto dei paletti molto chiari.

Chi gestiva, chi veniva gestita. Quindi, pulizia vetrine, pulizia negozio in genere, sistemazioni varie… erano tutti compiti che spettavano alla nuova arrivata.
Tanto per far capire chi era il capo e chi no. E Paola, divorziata, bisognosa di quel lavoro, non aveva mai protestato. Lavorava, sorrideva, scherzava nei limiti del possibile con Serena… tutto con quell’atteggiamento quasi ingenuo che il viso e i modi lasciavano trasparire di continuo.
C’era però l’altra faccia della medaglia…
E Serena avrebbe potuto coglierlo, se avesse fatto caso a quel brillio negli occhi di Paola che ogni tanto faceva capolino.

Già… perché laddove Serena nella sua vita aveva avuto qualche storia, per poi sposarsi, mantenendo una lealtà quasi totale fino alla scappatella tribolata che si era concessa, la sua aiutante in quel campo si differenziava parecchio.
Prima del matrimonio, e da quando lo stesso era andato in crisi, Paola di vita ne aveva fatta parecchia. Non si contavano le relazioni, brevi o più lunghe, che aveva intrapreso, esplorando varie sfumature dell’eros.
Certo, non era mai arrivata ad eccessi.

E difatti, quella mancanza le generava talvolta sconforto. In ogni caso, se un uomo le piaceva, se lo prendeva. Eccome se lo prendeva…
Un atteggiamento da dominante l’aveva sempre contraddistinta, sempre mascherato nella vita di ogni giorno, in modo che nessuno capisse la sua vera natura…
Un atteggiamento dominante che mai lei aveva messo in discussione, e questo era stato vero anche quando aveva trascorso i primi giorni di lavoro accanto a Serena.
Sorridere.

Lo faceva spesso davanti a lei. Che le dava indicazioni su come lavorare, che la rimbrottava quando sbagliava, che spesso era acida… Che pretendeva lavoro, ma che passava giorni interi appiccicata al pc. Stesse meno al pc e scopasse di più, sarebbe meno acida, pensava spesso lei, che giudicava in ogni caso Serena una donna molto piacente.
E Paola sorrideva.
Ma era anche curiosa. Nei suoi turni, più di una volta aveva dato un’occhiata approfondita a quel computer, che veniva ripulito con troppa precisione da Serena prima di andarsene… Così lei aveva preso l’abitudine di indagare nei piccoli momenti in cui la sua principale si allontanava.

E, difatti, le cose erano cominciate ad emergere.
Bastava cercare nei posti giusti. E così Paola si era letta le varie conversazioni piccanti, i commenti, i gusti di Serena, la sua ricerca di eros…
Letture divertenti, che le dimostravano come non avesse perso tempo a spulciare il pc. Tutto sarebbe finito lì.
La prima chiacchierata con Marco, una mattina di un mese prima, aveva segnato una svolta. Paola aveva notato che, mentre lui le parlava, continuava a guardare Serena con occhi pieni di desiderio… E questo lei non poteva accettarlo.

Era una prima donna, cazzo.
E così, quella mattina, mentre proprio Marco stava dicendo una frase normalissima “beh, Serena comunque resta una gran lavoratrice…”, Paola si lasciò sfuggire un commento.
“a parte il tempo che passa in cerca di uomini…”
Fu lì che Marco aveva teso le orecchie. Già si stava dando da fare per avere quella donna, ed ora qualcosa forse si stava muovendo nella giusta direzione…
Paola con divertimento notava come il supervisore volesse saperne di più, tanto da invitarla a cena.

Un invito che lei aveva accettato.
Aveva accettato l’invito, le attenzioni… e l’essere scopata. Non scopare. L’essere scopata. Perché era questo che Marco aveva fatto. In tutti i modi, usandola come nessuno mai.
Il risultato era stato qualcosa di inaspettato. Lei si era messa consapevolmente e con piacere nelle sue mani. E, nel frattempo, raccontava tutto di Serena, tutto quello che aveva trovato, quello nei giorni a venire che continuava a scoprire… Marco si era poi illuminato il giorno in cui Paola aveva riferito dei preparativi e poi dell’effettivo incontro tra Serena e l’amante che fino a quel punto era stato virtuale.

Marco era raggiante. Per quella scoperta, importantissima, e per il lento convincimento che stava attuando su Paola, portandola a vedere Serena come una donna che voleva solo comandare, che non meritava il posto che aveva… che poteva essere una preda, ora. E Paola si era fatta oltremodo interessata.
Marco aveva riconosciuto quell’interessamento. E aveva detto a Paola “tanto più sei mia, tanto più ti lascerò giocare con lei, se tutto andrà bene…”
Per Paola era stato un piacere.

Con lui, e solo con lui, essere sottomessa era un piacere. E già pregustava il momento in cui davanti a quel ragazzo si sarebbe mostrata anche predatrice…
Giorni lunghi… Marco stava organizzando tutto… e Paola era impaziente. Quando aveva saputo che il pc del negozio era stato portato via per manutenzione, aveva sorriso. L’aveva manomesso lei, sicura che Serena avrebbe chiamato l’assistenza, come aveva fatto via mail. Solo che quella mail l’aveva ricevuta Marco, e il pc era stato ritirato da un amico che gliel’aveva recapitato.

Per tre giorni aveva spulciato anche lui, spulciato, stampato, trovato altri dettagli che a Paola erano sfuggiti…
Fino a giungere a quel momento.
A quella frase, detta davanti a quella donna che trovava a tette semi nude, bloccata… Che la stava guardando con la disperazione negli occhi.
“Tocca a me divertirmi adesso, Marco?”
Davanti alla donna legata e sconvolta, i due si scambiarono un piccolo bacio a fior di labbra, che chiarì definitivamente quale fosse il livello di confidenza tra i due…
Marco sorrise a Paola.

“dipende… hai portato tutto?” chiese all’amante, guardando le buste che questa sorreggeva.
“Certo… e qualcosina di più… al resto mi dicevi che avresti pensato tu. ”
“Sì, più tardi. Intanto, come si usa dire, la puttana è servita. ” Disse lui indicando Serena, esterrefatta.
Paola posò le buste per terra, fece e per avvicinarsi a Serena… istintivamente quest’ultima ebbe il moto di ritrarsi, ma era inchiodata sul posto.
“Che… che diavolo significa questa storia? Paola??!! Cosa cazzo significa tutto questo???” quasi gridò Serena in faccia all’altra.

Paola aveva uno sguardo languido, pervaso da quel brillio che solo ora Serena notava… Tentò ancora di ritrarsi, quando Paola le prese delicatamente una ciocca di capelli tra due dita… le afferrò il polso, ma senza convinzione… così l’altra proseguì con una sorta di carezza che non sapeva di coccola…
“Significa diverse cose, Serena… significa che io ho finito di pulire vetrine…” disse piano Paola, rigirandosi la ciocca tra le dita…
“Significa che questo adesso è il mio negozio…” continuò, assaporando il piacere del veder balbettare l’altra…
“…e significa anche che ci divertiremo molto, molto… io e Marco di sicuro, almeno…”
Serena inorridì.

La rivelazione.
“Sei stata tu! Tu! Ma perché???” singhiozzò Serena.
“Semplice. Marco ti voleva. Io ti volevo. Ed ora sei nostra. ” Concluse Paola, fissandola seria.

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