…..SCOPAMI E NON TI CURAR DI ME…&hel

Passate le ultime fatiche fra feste ed impegni vari torno cosi nel nuovo anno a scrivere di me, di ossessioni e tradimenti, di tabù e cliscè di una società fantasma. Parlerò nuovamente di sesso, quello sublime straziante, piu strano ed ambiguo. Lo riassaporo dopo mesi di astinenza nella sua più totale complicità, ho ancora voglia di scordarmi per mezz’ora la mia solitudine sentimentale.
E’ proprio cosi, per alcuni, anzi per molti il sesso è il rifugiarsi dalla paura della solitudine, lo stringersi, baciarsi, leccarsi, serve a ricordare a noi stessi quanto ancora possiamo piacere, possiamo essere desiderabili appagando le nostre frustrazioni nel nome di un eiaculazione.

Fantastico e mi vedo regina fra sei o sette re, nudi virili che mi porgono su un vassoio d’argento i loro frutti acerbi e maturi.
Questa non è pornografia ma voglia di sperimentare di conoscere le parti piu profonde di noi stessi, per sentirci nuovamente diversi, trasversalmente speciali. A volte cammino per le strade mi guardo attorno scelgo le mie prede dell’ immaginazione.
Li osservo gesticolare muoversi con lo sguardo progressivamente incazzato, sono loro i maschi della mia e di vecchie generazioni, le gambe fasciate da jeans a vita bassa, che lasciano intravedere il rigonfiamento di proprie ed altrui sessualità.

Li vedo ritratti in delle foto antiche in bianco e nero magari ingiallite e consumate dal tempo che scorre inesorabile, i capelli lisciati dalla brillantina camicie e jilet anni 60 fanciulli che oggi sono uomini sorridenti, sornioni frustrati ed eccitanti. Immagino di essere preso da un gruppo di maschietti di periferia, sento il sapore della paura mista all’adrenalina che circola nelle mie vene, li assecondo non urlo affatto, quello che vogliono è lo stesso che voglio io anche se farò finta che cosi non sia.

Mi strattono, mi danno del frocetto, poi uno ad uno si sbottonano i pantaloni e mi ordinano di dargli piacere. Lo faccio seguendo attentamente i loro comandi, segretamente intrigato da questo stupro di gruppo.
Mi scopano e mi lasciano li dove mi avevano trovato, sono fermo immobile cercando di ripercorrere scene e parole, ogni minimo frammento mi porta inesorabilmente a mettere fine alla mia eccitazione, vengo da solo, seminudo per terra sorrido e godo, poi misteriosamente tutto torna ad essere un malizioso pensiero.

A volte mi sento cosi, padrone delle mie fantasie, viaggiando entro a far parte di scene che mi auguro un giorno di vivere, a volte sono una puttana, regina della notte il sesso veloce, i soldi i complimenti dei clienti, l’autobus notturno che mi porta a casa mezzo vuoto, l’autista che ci prova, la voglia di essere diverso canticchiando una canzone per sentirmi meno solo e un pensiero fisso che mi ricorda quanto sia migliore di quello che gli altri vedono di me.

Poi magicamente sono un adolescente appena 18enne, le prime voglie represse la gonna di mamma da indossare quando lei non c’è le mille pippe fatte davanti ad un giornaletto porno e la speranza a****lesca di farmi strusciare da qualcuno sull’autobus che mi porterà a scuola. Sono cosi un sognatore di immagini hard- core un po vintage, frammenti di ricordi di amici, la voglia di sperimentare di osare in quel tempo in cui solamente toccarsi rappresentava la maggior trasgressione.

Oggi vogliamo tutto, insaziabili,non siamo piu in gradi di stabilire un confine fra giusto e sbagliato, diamo la piena autonomia ad un libero arbitrio incosciente e diventiamo le maschere di noi stessi. Avere incotri è cosi eccitante fra mille ansie, e rinfrescanti coktel d’amore che sono tutto e sono niente chissà se sono importanti, ho anno la durata di un’istante.
Soave bocca errante in superficie fino a trovare il punto ove t’aggrada cogliere il frutto a fuoco che non sarà mangiato ma fruito finché non s’esaurisce il succo caldo e lui ti lascia, o tu lo lasci, flaccido, ma rugiadoso di bava di delizie che frutto e bocca si permettono, dono.

Bocca soave e saggia, impaziente di succhiare e segregare intero, in te, il tallo rigido ma folle di piacere al confinarsi nel limitato spazio che tu offri al suo volume e getto appassionati, come puoi diventare, così aperta, ricurvo cielo infinito e sepoltura? Soave bocca e santa, che piano piano vai sfogliando la liquida schiuma del piacere in muto rito, lenta-leccante-lecchillusoriamente legata alla forma eretta quasi fossero la bocca il frutto, e il frutto la bocca, no, basta, basta, basta, basta bermi, uccidermi e, da morto, vivermi.

So già cos’é l’eternità: é puro orgasmo. [image][/image].

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