Schiavo e sottomesso, ai piedi di Chiara

All’epoca dei miei 18 anni abitavo con la mia famiglia in una palazzina, nell’appartamento di fronte a quello di mia cugina di 17. Uscivamo spesso insieme, anche se frequentavamo due compagnie diverse, ma tra i vari fidanzatini/e di una o dell’altro, capitava spesso che per lunghi periodi ci vedessimo tutte le sere. Quello era uno di questi periodi: mi aveva presentato ad una sua nuova amica, una nuova della compagnia. 18 anni, carina, 3a di seno, un viso angelico, capelli neri corvini, occhi verdi, un culo perfetto e due gambe mozzafiato.

La sera stesso che ci siamo conosciuti le ho chiesto il numero, decisamente imbambolato da cotanta bellezza in un colpo solo. Lei stette al gioco senza troppe menate e si fece corteggiare, mentre io cercavo di carpire più informazioni possibili sul suo conto da mia cugina. Partì il consueto periodo di messaggini, battutine, complimenti, fino a che, una settimana dopo riuscii a strapparle un’uscita assieme. Era estate, niente di esagerato, ma solo per conoscerci e per stare un po’ insieme, andiamo a prenderci una granita al barettino in centro.

Seduti al tavolino, in mezzo alla folla, parlavamo e scherzavamo come se fossimo amici da sempre, ed io continuavo a cercare di fare il brillante: non potevo perdere un’occasione del genere, una tipa così non l’avrei trovata in nessun’altra vita. Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso e lei se ne compiaceva. Cominciò a giocare con le gambe, accavallandole, costringendomi a scostare lo sguardo quando, dopo che gliele osservavo di sottecchi, incrociavo il suo.

Indossava dei sandali con un tacco di circa 8 cm, completamenti aperti, di un colore rosso acceso e particolarmente lucido…stavo totalmente impazzendo.
“Ma hai finito di squadrarmi? Sembra che tu mi stia mangiando con gli occhi?!”
“Ehm..scusami, eheh, è che non mi capita spesso di uscire con una ragazza bella come te”
“Beh, che significa? Che non ti senti alla mia altezza?” mi chiese con fare malizioso.
“No, beh, che c’entra?” risposi io, colpito nell’orgoglio “E’ che, ecco, sei proprio molto bella”
Ridacchiò divertita, ma non raccolse il complimento.

“Ma mi spieghi perché non mi guardi negli occhi, ma mi continui a fissare i piedi? Ti hanno fatto qualcosa di particolare, forse?”
“Ehm…no, perché? Non ti sto fissando i piedi” risposi. La mia vena feticista, al momento di essere esternata, si è sempre nascosta dietro qualche dito.
La serata si concluse senza troppi altri giri di parole, era ormai tardi e la riaccompagnai a casa, dopo aver pagato il conto, per fare un po’ lo splendido, e una volta solo, classico sms.

Per i giorni che seguirono non ci incontrammo, né ci sentimmo al telefono, ma io non aspettavo altro che una seconda occasione per rimanere solo con lei e tornare ad ammirare quei due splendidi piedini incantati. L’occasione non tardò a verificarsi, ma in maniera inaspettata.
Mia cugina, quel sabato sera mi disse che aveva indetto una festa a casa sua e che ci sarebbero state parecchie sorprese e che avrebbe invitato anche la sua amica, che per la cronaca, si chiama Francesca, mentre mia cugina Chiara.

Fui il primo ad arrivare, verso le 22, ma non notai i classici divani spostati per far spazio ad un’improvvisata sala da ballo, il tavolo straripante di pop -corn e patatine. Trovai la sala perfettamente normale, un tavolo apparecchiato per due e un’atmosfera intrigante, la stanza illuminata soffusamente da qualche lampada regolabile. Pensavo che mia cugina avesse organizzato una cosa a due per me e Francesca, ma ero ben lontano dalla soluzione.
Di shitto entrò mia cugina, da dietro, veniva dalla sua stanza.

Mia cugina è una bella ragazza, fisico asciutto e sensuale, è stata la prima ragazza che da bambino baciai, quando ancora non sapevo che le cugine non si dovevano toccare, eheh. Entrò, era vestita con una minigonna nera e una camicettina scollata e portava due stivali neri di pelle che le arrivavano sotto al ginocchio. Non feci nemmeno a tempo a salutarla che suonò il campanello, era Francesca. Anche lei in abito mozzafiato entrò in casa e senza neanche degnarmi di uno sguardo si avvicinò a Chiara e presero a baciarsi appassionatamente.

Io ero tra il divertito e l’eccitato e mi feci vicino per salutarla. Arrivai a un passo e si girarono entrambe. Chiara mi sferrò uno schiaffo in pieno viso, mentre mia cugina si mise a ridere
“Chi ti ha detto di avvicinarti? Mettiti in ginocchio e baciaci i piedi, schiavo” mi disse con un ghigno malefico.
“Ahah, simpatica la mia cuginetta, cos’è uno scherzo?”
“Ti sembra uno scherzo?” replicò Chiara “Stasera sarai il nostro schiavetto leccapiedi, perché a te piace, tra l’altro, no? Muoviti, in ginocchio”
Feci come mi disse, non realizzando molto bene la situazione.

Mi inginocchiai e diedi qualche bacio ai piedi delle due ragazze che mi stavano davanti.
“Forza, fai vedere cosa sai fare, tira fuori bene la lingua” mi incoraggiò Chiara.
Iniziai a leccare quei quattro splendidi piedini, mentre le due ripresero a baciarsi avidamente, poi si spostarono sul divano e dopo pochi minuti mi dissero:
“Forza, ragazzi, andiamo a cena. Ops, che sbadata, ma qui è apparecchiato solo per due” disse mia cugina, sghignazzando “Schiavo, mi sa che ti toccherà mangiare per terra, non ti dispiace, vero?”
Le due aguzzine si servirono due pizze nei loro piatti mentre io ero costretto in ginocchio sotto il tavolo, ad ammirare le loro estremità.

“Tieni schiavo, apri la bocca” e mi sputò dentro un pezzo di pizza masticata” Ingerii senza questionare, ormai avevo già inteso bene il mio ruolo. Da lì, per una ventina di minuti abbondanti alternai qualche leccata ai loro piedi e qualche boccone di pizza…ma la serata era appena cominciata…ma avevo capito che quella serata mi avrebbe cambiato per sempre la vita, soprattutto con mia cugina Chiara.
Continuarono a gustarsi le loro pizze e per un’ora rimasi inginocchiato sotto il tavolo, divertito da questa serata un po’ particolare.

“Schiavo, perché non sparecchi la tavola, mentre io e la Fra ci sbaciucchiamo un po’ sul divano?”
“Agli ordini, Padrona” risposi prontamente e mi adoperai per sistemare quel tavolo improvvisato. Quando terminai tornai al loro cospetto. Erano bellissime, le loro lingue si muovevano sinuose tra le loro labbra che sembravano amanti da una vita.
“Qua, schiavettino, sotto ai nostri piedi, allenati un po’”. Presi a leccare quei quattro piedi meravigliosi mentre loro continuavano le loro effusioni.

Il loro disinteressamento nei miei confronti mi portò ad un’inaspettata erezione, della quale Francesca si rese subito conto.
“Ma guarda quel porco di tuo cugino. Si eccita pure! Ma come osa?”
“Non preoccuparti, amore, adesso lo facciamo pentire di questo suo comportamento inaccettabile, ahahahah” la risata era del tutto innaturale e iniziai a preoccuparmi veramente.
“Sdraiati, scemo” mi ordinò mia cugina. “Hmm, manca qualcosa” proseguì “voglio che ti spogli”
“Dai, Chiara, che stai dicendo?”
“Ho detto che devi stare nudo, imbecille, muoviti”.

Uno schiaffo abbastanza sonoro mi convinse, nonostante mi rendessi conto di avvicinarmi sempre più verso il punto di non ritorno: stavo per diventare lo schiavo assoluto di mia cugina.
Mi spogliai del tutto, e tra le risate delle due, mi sdraiai sulla schiena. Presto le due mi salirono sopra con i loro tacchi a spillo, non risparmiando né il mio viso né le mie zone intime, con una cattiveria inaudita. Non so dire quanto sia durato, ma mi alzai che avevo la pelle completamente graffiata, segnata dalle loro scarpe.

“Adesso, schiavo, inizia il divertimento. Mettiti a quattro zampe, cavallino, andiamo di là” disse Chiara, che sembrava essere quella che dirigeva il gioco.
Obbedii e lei e Francesca mi salirono sulla schiena e con un poderoso calcio nell’addome mi incitarono a muoversi. Il peso era notevole, ma le trasportai abbastanza velocemente in camera da letto di mia cugina.
“Rimani a quattro zampe, fermo. ” Mi legò i quattro arti di modo che fossi obbligato a rimanere in quella posizione a carponi, in questo modo avrebbero potuto fare quello che volevano senza che io potessi nemmeno reagire, ma le lasciai fare.

Ormai quel gioco aveva preso il sopravvento sulla mia ragione e la mia eccitazione era ai massimi livelli, visibilmente percettibile.
“Ora cugino mio adorato, sei finalmente il nostro schiavo totale. Non sai da quanto tempo desiderassi questo momento”
Mia cugina si sdraiò a pancia in su e pose la testa sotto le mie gambe e senza preavviso cominciò a farmi un pompino. Mi sembrava incredibile: mia cugina aveva il mio cazzo in bocca e spompinava come una puttana, era il mio sogno erotico.

Francesca, che fino a quel momento non aveva avuto molta iniziativa, mi salì sulla schiena con le scarpe per cercare una cosa nelle mensole sopra al letto. Afferrò qualche oggetto che lanciò sul letto, ma non ci feci caso, preso dalle contrazioni involontarie che mi procurava lo splendido lavoro orale ad opera di Chiara. Quando scese, pesantemente mi disse: “sei pronto? Mentre godi assaggerai un po’ questa, che ne dici”
Le frustate che ricevetti erano un dono incommensurabile.

Aumentarono ancora la mia eccitazione e quasi non venni in bocca di mia cugina, che se ne accorse e si staccò.
“Stavi venendo, eh, bastardo? Mi dispiace, ma questo lo devo decidere esclusivamente io, sei il mio schiavo, non sei più padrone delle tue mosse, sono stata chiara?”
“Sì, padrona, mi perdoni”
“Va bene, ora baciamo i piedi” e mi avvicinò la scarpa alla bocca per farsela adorare.
Francesca mise via la frusta, vedendo che ormai non rispondevo più ai suoi colpi e si inginocchiò alla mia altezza, prese la mia faccia tra le sue mani e guardandomi mi disse “Sai, caro, ho sempre avuto il pallino del culo.

Ti piacerebbe provare?” un ghigno innocente sul suo viso mi mandava in pallone.
“Certo, Francesca, mi piacerebbe molto, non ho mai provato”
“Ah, quindi sei vergine a questa pratica”
“Beh, sì..”
“Allora, inizia a leccarmelo bene” e mi diede le spalle, offrendomi quell’orifizio straordinariamente pulito a portata della mia lingua. Iniziai a lubrificare avidamente con la mia saliva e lei iniziò a godere di quelle attenzioni. Dopo qualche minuto si alzò “Bene, ora direi che possiamo andare avanti”.

Non stavo più nella pelle, non capivo in realtà più niente. Sentivo solo Francesca prepararsi dietro di me, mentre mia cugina aveva preso comodamente posto sulla mia schiena.
Fu improvviso. Un dolore lancinante mi squarciò il culo che prese a bruciare come fuoco. Capii ora le parole di Francesca, subdolamente mi aveva persino fatto autorizzare ad incularmi. Sentii il suo fallo di gomma entrare sempre più dentro di me, senza che mi potessi muovere, ed iniziai a piangere dal dolore.

Lei incominciò a stantuffare impazzita, con mia cugina che presa da un’eccitazione improvvisa si stava toccando la passera. Sentivo i movimenti di Chiara sulla mia schiena, che iniziò a bagnarsi copiosamente dei suoi umori fino a quando lei non si gettò a terra.
“Schiavo, vieni qui, voglio che anneghi negli umori della tua cugina padrona, vieni, lecca”
Mi allungai più che potevo e presi a leccare avidamente quella figa, tutta intrisa dei suoi umori, mentre Francesca aveva preso un ritmo forsennato, ma dopo poco decise di uscire.

“Chiara, questo coso è stato divertentissimo. Ha il culo che ormai sta aperto da solo”
“Ahah, lo so. Se lo meritava questo stronzo. Adesso prendimi quello laggiù”
Lei le passo un altro fallo e mentre lo indossava me lo mostrò. Non avevo mai visto nulla del genere. Sarà stato lungo 35 cm ed aveva un diametro di almeno sette centimetri. Lo indossò rapidamente e mi disse:
“Sai, cugino, questo ti conviene lubrificarlo un po’, sai?” e me lo offrì alla mia bocca.

Mi costrinse a spompinare quel cazzo fino, mentre Francesca giocherellava con le mani assieme al mio cazzo, sempre turgido ma discreto.
“Bene, basta così, vediamo cosa sai fare” disse Chiara e si spostò nella zona dietro.
Sentii la cappella di quel cazzone di gomma entrare timido nel mio culo, poi sempre di più, infine me lo sentii quasi in gola. Quella sadica di mia cugina cominciò a martellare come una pazza, mentre gridava e mentre io mi contorcevo dal dolore, ma per subirne meno ero costretto a rimanere con le natiche verso l’alto.

Dopo quella che sembrò un’eternità, sentii lo strap-on fuoriuscire definitivamente dal mio ano e mia cugina con una sberletta delicata sulla mia chiappa mi comunicò che la sessione era finita.
Non sapevo cosa pensare di quell’esperienza, lì, a caldo.
Francesca mi slegò e io stramazzai a testa in su, sdraiato sul pavimento, con un bruciore al culo allucinante.
“Bene, bene, cugino, che ne dici se concludiamo l’opera?”
“Eh” risposi con un filo di voce “mi piacerebbe molto, padrona”
“Era quello che volevo sentirti dire, schiavo” mi rispose e mi legò ancora i polsi nella nuova posizione, prima che potessi ancora ribellarmi.

“Questa volta nessuno ti farà del male…se ti comporti bene” continuò “adesso è giusto che ceni come si deve. Che ne dici di una bella pizza calda?” Le due scoppiarono in una fragorosa risata e io iniziavo a capire cosa sarebbe successo.
“Apri la bocca, schiavo” mi ordinò Chiara.
“La farò lentamente così che tu possa gustarti ogni singola goccia” il suo fiotto dorato iniziò a calare dentro la mia bocca.

Ad intervalli costanti si fermava per permettermi di deglutire, poiché non le andava che disperdessi qualcosa per la sua camera.
“Bravo, con il mio nettare te la sei cavata piuttosto bene. Adesso è ora della pappa, caro cugino. Lo sai che sei solo il mio cesso, d’ora in avanti. Ogni volta che vorrò cagare, tu dovrai venire qui e gustare la preziosa merda della tua padrona, hai capito?”
“Chiara, io, non so se sono in grado”
“Brutto stronzo di uno schiavo, come ti permetti di parlare?”
“Apri la bocca e ingoia tutto”.

Non avevo scelta. Lei si accovacciò ancora di più. Vidi il suo sfintere fare tira e molla per qualche secondo, dopodiché si profilò uno stronzo, che iniziò a scendere, depositandosi infine nella mia bocca, senza neanche lasciare traccia sul culo di mia cugina. Si rialzò e mi guardò.
“Che patetico che sei. Sei lì, fermo immobile. Con uno stronzo mio infilato nella bocca. Ma tu non hai capito che ti devi muovere a mangiare anche, altrimenti da qui non esci”
Cominciai a piangere, ma i miei denti presero a muoversi.

Stavo masticando la merda di mia cugina, la mia padrona. Faticosamente stavo riuscendo a mandarla giù, ma era un’impresa impossibile.
“Caro, ti aiuto io” disse Francesca, ridendo come non mai. Si accovacciò anche lei e direzionando la sua vagina, mi pisciò in bocca, annacquando la poltiglia marrone che stavo masticando.
“Bravo, manda giù adesso, che tocca a me”
Riuscii a mandarla giù. Ero stremato. Ma vidi che Francesca si stava mettendo nella stessa posizione di mia cugina…e tra le sue risate, iniziò a cagarmi in gola anche lei.

Per fortuna con lei fu più semplice. La quantità era inferiore e riucii più facilmente a ingoiare.
“Bravo, schiavo, da oggi sarai il nostro cesso, e di tutte le nostre amiche. Dovrai venire ogni volta che vorremo e, dato che oggi non sei stato così bravo, ti scordi di godere, ahahah. La prossima volta, chissà…e ora sparisci. Per i tre mesi successivi a quel giorno non successe niente di così importante con mia cugina.

La evitavo senza troppi problemi, non le rivolgevo la parola, quando la incrociavo la salutavo di sfuggita e scappavo, anche se non dovevo andare da nessuna parte. Quella che inizialmente era paura si tramutò, però, in vergogna e in un’umiliazione quotidiana con me stesso per quanto accaduto. Francesca avevo chiaramente smesso di frequentarla, senza nemmeno spendere una parola, insomma, scappai e mi nascosi da quella situazione estremamente imbarazzante in cui mi ero trovato quella sera.

Ma sapevo che non sarei potuto scappare tutta la vita: i sorrisini di mia cugina quando mi vedeva tremare quando solo incrociavo gli occhi con i suoi volevano solo dire che la sapeva lunga e che stava soltanto aspettando una seconda occasione, senza fretta. E quella puntualmente avvenne… Io non ero un secchione a scuola. Non mi era mai interessata tanto. Nessuna materia e a dire il vero non avevo neanche idea di quello che mi sarebbe piaciuto fare da grande, ma di certo non avrei fatto il matematico: quante bigiate per non andare alle interrogazioni quasi certe…solo che quel giorno, nessuno se la sentiva di saltare la scuola con me, quindi decisi di risparmiarmi il giro in città e di fingermi malato a casa.

“Mamma, non ce la faccio proprio ad andare a scuola oggi, sto male”
“Eh, va che bel febbrone che hai. Nono, stai a casa, mi spiace solo di doverti lasciare solo tutto il giorno, ma ti lascio il mio cellulare, così se hai bisogno mi puoi chiamare in ufficio, ok?”
“Va bene, grazie, mamma! Ciao”
La sentii uscire e attesi il motore della sua auto allontanarsi. Ma questo tardò ad arrivare, anzi, si risentì aprire la porta di casa e venire verso camera mia.

“Tesoro, ho incrociato Chiara sull’uscio. E’ proprio gentile tua cugina, ha detto che non c’è problema e che ti cura lei per oggi, così non devi stare da solo. Adesso vado, ciao”
Quelle parole furono tremende, me l’ero tirata addosso da solo e come se non bastasse le avevo anche consegnato il ricatto perfetto. Non mi rimaneva che continuare a fingere di star male sul serio, anche se come tattica sapevo che era destinata a fallire molto presto.

Passò pochissimo che sentii l’uscio sbattere e ne approfittai per tirare due colpi di tosse improvvisati.
“Cuginetto! Finalmente, quanto tempo. Peccato trovarti in queste condizioni, stai tanto male?”
“Ciao Chiara” risposi fingendo una faccia da moribondo “Eh, sì, sto malissimo”
“Immagino, con il compito di matematica proprio stamattina starei malissimo pure io”
Aveva capito subito e non c’era già più niente da fare, ma non avevo scordato quello che mi aveva costretto a fare insieme alla sua amichetta Francesca, provavo ancora una vergogna illimitata, anche se l’eccitazione che mi aveva procurato era stata estrema.

“Colpito, eh?” mi disse ridendo. “Per forza. Beh, sei veramente un ridicolo verme cagasotto”
La mia sudorazione era cominciata, nonostante in stanza ci fosse anche abbastanza freddo.
“Tu non vuoi che la tua mammina sappia che stavi malissimo malissimo solo perché c’era il compito di matematica oggi, vero?”
Perfida, pensai. “Senti, non me ne frega niente di quello che dici a mia madre, va bene. Al limite mi punirà perché ho bigiato, beh, chissenefrega, cugina”
“Ahah, hai ragione, allora posso dirle anche che tu tre mesi fa mi hai implorato di farmi da cesso e hai cenato con la mia merda e con quella della tua fidanzata, giusto?”
“Ahah, certo, come no.

Prima cosa, sai benissimo che neanche tu potresti dire una cosa del genere a mia madre, seconda cosa, sarebbe sempre la mia parola contro la tua e la tua è tanto assurda che si cancella da sola” risposi, mi sentivo in una gabbia di ferro, il mio ragionamento stava in piedi.
“Hmm, forse hai ragione, sì, ma che dici? Se scagliassi contro il muro questo non si incazzerebbe un po’ con te?” Aveva in mano il telefono di mia madre.

Era il telefono del lavoro, valeva più di 1. 000€ e aveva tutti i contatti principali, quelli racimolati in anni di sacrifici e di viaggi intercontinentali, sapevo che era un oggetto troppo prezioso. Impallidii.
“Ah, non stai più così male, adesso, allora, eh?!” sorrise ancora “Benebene. Allora, diciamo che questo lo tengo io fino a contrordine e inizio subito dicendoti che, mi sembra ovvio, tu oggi, per tutto il giorno, sei il mio schiavo, ti sta bene?”
Abbassai la testa.

Un’altra volta, pensai. “Sì, Padrona”. Scesi dal letto ed assunsi la mia posizione in ginocchio di fronte a lei.
“Bene, sai come salutare la tua Padrona, verme”
Mi chinai e cominciai a baciare e a leccare quei suoi perfidi piedini, pregando che non mi succedesse niente di simile a quello che era successo la volta prima, ma come quella volta, le mie previsioni erano del tutto infondate.
“Come secondo avviso, caro schiavo, ti dico che, dato che questa tua febbre, per essere credibile, deve protrarsi per qualche giorno, tu sarai il mio schiavo per tutti i giorni che starai a casa e deciderò io quando tornerai a scuola.

Siamo fortunati che è lunedì oggi, abbiamo l’intera settimana davanti e fino alla fine io conserverò il cellulare di tua mamma. Se apri bocca lo disintegrerò, se esiterai su qualche mio ordine farò lo stesso. In più, oggi non sono riuscita ad organizzarmi, ma penso che da domani avrai l’onore di poter servire anche qualche mia amica e perché no, anche qualche tua vecchia conoscenza e se farai il bravo anche qualche mio amico” Mi tappò la bocca con la mano poiché aveva visto che stavo per replicare “Nonono, zitto, non mi interessa, adesso conosci tutte le regole, decido io, tutto chiaro?”
“Sì, Chiara”
Una sberla mi centrò in pieno volto.

“Come ti rivolgi a me, schifoso? Mi devi chiamare Padrona Chiara, anzi, per te sarò Dea Venere, che ne dici? Mi sta bene, no?”
“Ma certo, come desidera, Dea Venere”
“Bravo schiavetto, ora mettiti a carponi e portami di là, in casa mia, stamattina dovrai fare tutti i miei compiti, io non ho tempo”
Mi misi a quattro zampe e la caricai sul dorso, camminando faticosamente fino in camera sua, passando per il pianerottolo, sperando di non essere visto dai vicini.

“Bravo, cane, ora vai fino alla mia scrivania. Prendi questi libri e questo quaderno, e adesso andiamo lì, davanti allo specchio”
Lei cambiò posizione e si mise in stile amazzone su un lato, seduta sulla mia schiena, rivolta verso lo specchio: “Forza, schiavo, ti ho detto che mi devi fare i compiti. Io devo truccarmi, quindi vedi di non muoverti troppo, che se no sbaglio”
La posizione era impossibile, stavo in equilibrio su una mano e con l’altra scrivevo, ma ogni tanto dovevo fare qualche pausa per riposarmi il braccio che sosteneva il peso della mia Padrona.

Rimasi lì una mezzora, e alla fine veramente esausto, Chiara si alzò finalmente dalla mia schiena.
“Io ho finito, tu a che punto sei? Ma sei ancora lì? Ma sei proprio un coglione. Non vali proprio niente, schiavo imbecille. Beh, finirai dopo, adesso ho bisogno di te”
“Ti prego, Chia..”
“ZITTO” gridò “Non me ne frega un cazzo di quello che pensi. Tu sei solo il mio schiavo, te lo devo ripetere ancora? Spero di no.

Adesso vieni qui, sdraiati a pancia in su e mettiti questo imbuto in bocca, devo pisciare”
Iniziai a piagnucolare, ma feci come mi aveva ordinato. Poco dopo lei si tirò giù i jeans, si sfilò le mutandine e si accovacciò. Nello stesso istante un fiotto di urina calda e forte si riversò nell’imbuto e quindi nella mia bocca. Cominciai a deglutire. Non era molta e man mano che scendeva inghiottii tutta la piscia della mia padrona.

“Bravo, schiavo, non pensavo. Adesso io mi metto sul divano a guardarmi la tele e tu, per cortesia mi fai il bidet, ok?”
Accese il televisore e io mi inginocchiai davanti a lei e iniziai a leccare avidamente la figa di mia cugina. Crebbe un’erezione improvvisa e forte. Chiara stava ansimando dal piacere che le producevo
“Sì, sì, aaah, sì, schiavo, sto per venire. Devi bere tutto, mi raccomando, devo rimanere asciutta, aaaah, sì, vengooo” i suoi umori si riversarono nella mia bocca tutta impastata di un’odore di cesso, beh, ma alla fine era quello che ero.

“Bravo, schiavo, davvero, ti stai comportando bene. Adesso però, lasciami in pace per qualche ora. Occupati dei mestieri, fai i letti, scopa, aspira per terra, lava i pavimenti, le finestre. Poi preparami da mangiare, solo per me, e non azzardarti a mangiare qualcosa di nascosto. Tu in questa casa, finché sarai solo con me, ossia per questi cinque giorni, dato che i miei sono fuori città per tutta la settimana e i tuoi lavorano fino alle 22, mangerai solamente dal mio sederino e solamente quando lui vorrà concedere di nutrirti, quindi penso che fino a stasera tu non possa mangiare niente, ma forse potrai bere ancora qualcosa.

Tutto chiaro? Rispondi!”
“Sì, mia Dea Venere, tutto chiaro”
“Così mi piaci. Umiliati un po’, prima di andare…voglio che ti masturbi davanti a me”
“Come desidera, Dea Venere, sono solo un verme che non può ambire che ad essere il cesso di una splendida Dea come Lei, e sono onorato di potermi nutrire degli escrementi divini del Suo corpo” Poi mi spogliai, presi in mano il mio cazzettino e iniziai a masturbarmi. Ero già talmente eccitato e costretto nei pantaloni che bastò davvero poco per venire, e bagnai il pavimento.

“Sei proprio un buono a nulla, quello lo pulirai con la lingua, sei venuto in meno di un minuto, puah” Mi chinai e sotto le risate di mia cugina, ripulii tutto il mio seme per terra e lo ingerii. Ero umiliato, ma iniziavo a compiacermi della situazione…
Non sapevo neanche da che parte cominciare, ma temevo che chiedendo consigli a mia cugina non avrei fatto altro che peggiorare la mia situazione, già abbastanza grave.

Me ne andai in cucina. Dovendo preparare da mangiare, mi sembrava un ottimo inizio quello di sistemare quella stanza nel migliore dei modi. Sistemai le stoviglie, i piatti, pulii il bancone, il tavolo, le sedie, poi presi la scopa e spazzai per terra, dopodiché mi adoperai per lavare il pavimento. Tutte cose che non mi ero mai sognato di fare, essendo sempre vissuto coi miei e che, un po’ impacciato, misi troppo tempo a sbrigare…
“Schiavo!!! Ma dove sei finito?” sbraitò Chiara “A quest’ora mi aspettavo che avessi già pulito tutta la casa e invece non sei ancora uscito dalla cucina! Non è che ti sei messo a giocare con il tuo pisellino di là? Vieni qui immediatamente!”
Mi precipitai in sala, dov’era mia cugina, ancora seduta sul divano di fronte al televisore acceso.

“Che cosa ci fai in piedi? E soprattutto ancora con quei vestiti addosso? In casa mia devi rimanere sempre in ginocchio o a quattro zampe e sempre nudo, come un cane”
Cambiai immediatamente posizione e mi spogliai come mi aveva comandato. Dopo la sega che mi aveva costretto a farmi davanti a lei essere umiliato era molto più difficile da sopportare, ma il ricatto non mi permetteva di mutare la mia situazione.
“Io direi che è ora che tu inizi a preparare da mangiare, dato che è mezzogiorno e sei lento come una lumaca qua in casa” mi disse senza neanche guardarmi in faccia “Muoviti, sparisci e chiamami quand’è pronto”.

Mi ridiressi senza neanche replicare in cucina e iniziai a preparare un semplice pasto con quello che aveva in frigorifero, apparecchiai per lei a capotavola e una volta sistemato tutto andai in sala a “prenderla”. Lei si accomodò leggera sulla mia schiena e si fece trasportare sino alla sedia del suo posto.
“Non vorrai per caso che mi sieda su quella cosa fredda? Io rimarrò seduta qui mentre mangio, quindi mettiti bene e prendi il posto di questa comunissima sedia”.

Senza neanche cambiare posizione sulla mia schiena, mi fece segno di spostarmi e rimasi a quattro zampe sotto il suo gentil peso per tutta la durata del pranzo. Almeno non ha voluto che la servissi nel frattempo…
Finito il pranzo mi disse che si sarebbe andata a riposare a letto per qualche ora e che la avrei dovuta far addormentare mentre in ginocchio al bordo le avrei leccato le suole gentilmente. La condussi con la schiena ormai a pezzi verso camera sua e una volta sistematala sul letto mi spostai sul fondo per leccarle i piedi.

Dopo pochissime smorfie si addormentò e io tornai in cucina a sistemare quello che aveva consumato e con una gran fame, ma la paura di quello che mi poteva fare quella sadica di mia cugina mi teneva lontano dall’assecondare questa tentazione. Una volta finito mi sdraiai esausto sul divano e crollai addormentato in pochissimi secondi.
“Adesso non penso che ti muoverai tanto facilmente” SLAAAP, mi svegliò con uno schiaffo mentre boccheggiavo sul divano, poi rimase con la mano ancora sospesa a mezzaria e…SLAAAP, un secondo.

Tentavo di pararlo, ma non riuscivo a muovermi: mi aveva legato i polsi e le caviglie.
“Così impari ad addormentarti mentre non ti vedo. Devi rimanere in ginocchio ai miei piedi e se sono a letto ti devi sdraiare ai piedi del mio letto, altrimenti, come adesso mi congelo le piante scendendo, brutto zerbino schifoso. Adesso con queste corde puoi solo stare tranquillamente a gattoni, tanto è così che ti devi muovere” mi disse Chiara “Ormai sono le 8, abbiamo dormito abbastanza e tua mamma mi ha detto che sarà a casa tra un’ora, quindi ho ancora mezzora per approfittare di te e non ho intenzione di sprecarla”.

Andò in camera da letto sulle sue gambe e tornò poco dopo sfoggiando minigonna e tacchi a spillo neri mozzafiato. Beh, non posso non ammettere che fosse una bellissima ragazza, mia cugina. Il cazzo mi andò in tiro immediatamente e Chiara prese a ridere sonoramente, umiliandomi per le dimensioni irrisorie.
“Schiavo, mi fai proprio pena, ahahah. Dai, mi sono messa questi sandali perché ieri ho camminato per il centro e penso che siano un po’ sporchi.

Vieni qua, mettiti a pancia in sù sul tappeto”.
Obbedii e un secondo dopo salì in piedi sul mio petto e allungò un piede all’altezza della mia bocca.
“Sbrigati, forza!” Cominciai a leccare avidamente le suole di quei sandaletti. La sabbia mi faceva seccare la lingua, ma non mi fermai. Cambiò piede, facendo sempre più pressione con il piede d’appoggio in un punto preciso del mio costato. Dopo un po’ levò il piede dalla mia faccia e cominciò a saltellare coi tacchi sul mio pene rimasto turgido per l’emozione per poi salire a peso pieno sul mio volto e stando in equilibrio facendomi ingoiare i tacchi dei suoi sandali.

Non smise un secondo di ridere e sbeffeggiarmi, scherzando su come quello che fino a qualche mese fa era semplicemente suo cugino e anche suo amico, ora non fosse altro che il suo umilissimo schiavo leccapiedi.
“Dai, ti vedo che stai scoppiando, adesso ti aiuto io” detto ciò, scese dal mio corpo, si girò e si sedette sulla mia faccia ordinandomi di leccarle il buco del culo mentre emetteva di tanto in tanto qualche puzza.

Lei si avvicinò con il viso al mio pene e cominciò un pompino fantastico. Il tempo di due o tre passate di lingua attorno al mio glande e venni copiosamente nella sua bocca. Lei leccò ancora un po’, poi si alzò e mi guardò con aria compiaciuta sorridendomi dolcemente.
Si avvicinò, mi stava per baciare. Ero emozionatissimo, Chiara mi faceva ancora sesso, nonostante la mia maggiore età e nonostante fosse mia cugina e nonostante mi avesse umiliato come mai nessuno prima, ma la adoravo e bramavo di baciarla.

Chiusi gli occhi e aprii la bocca. Un inaspettato fiotto caldo la pervase: mi aveva sputato dentro la mia sborra appena prelevata. Mi andò di traverso per la sorpresa e la inghiottii tra un conato e l’altro.
“Bene schiavo. Per oggi ti è andata bene, sai a cosa mi riferisco. Adesso è meglio che ti muovi che devi tornare nei tuoi panni di malato immaginario che arriva tua madre, ahah”
Mi slegò mani e piedi, mi rivestii e mi fiondai verso l’uscita
“A domani cuginetto…” sentii che mi diceva.

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