Punizione

La coppia, sotto la trentina, era a cena. Erano entrambi stimati professionisti, e nel loro lavoro erano riconosciuti come gente capace. Lui aveva ventinove anni, e lei un anno in meno. Dopo un paio d’anni di matrimonio avevano provato, più che altro per curiosità, l’SM. Erano stati sempre più attratti da quella cosiddetta “devianza” sessuale, e ne avevano ricavato un appuntamento mensile. Durante il mese facevano sesso regolarmente, mentre il giorno prestabilito si concedevano una puntata all’SM.

Erano a cena, dopo una giornata di lavoro non troppo estenuante. Alla fine della cena, durante la quale avevano parlato degli eventi della giornata, la donna si alzò e sparecchiò. L’uomo rimase seduto, a fumare un sigaro ed a vedere il telegiornale. Quando ebbe finito il sigaro, la donna aveva anche finito di riordinare la cucina.
“Allora, mia cara, ti sei segnata tutto?”
“Sì. Questo mese sei stato molto diligente. Te la caverai con poco.


“Purtroppo non posso dire altrettanto di te. E ora decidiamo a chi toccherà essere Domino per primo. ”
“Non serve. Ho già deciso che oggi comincio io a fare Servant. ”
“Perfetto. Andiamo?”
Scesero al piano inferiore della loro villa a due piani. Sotto, il garage, e, comunicante, la sala SM. Prima ancora lo spogliatoio. Lei vi entrò, mentre lui cominciò ad entrare nella stanza per preparare il tutto. Lei, intanto, nello spogliatoio si era tolta tutti i vestiti, e si stava mettendo dell’intimo di pelle che le lasciava scoperti, con sopra delle catene fini, pube e seni.

Si mise anche i bracciali con anello al polso, ed il collare al collo. Quando si sentì pronta, soprattutto psicologicamente, uscì dallo spogliatoio ed entrò nella stanza SM. Lui la stava aspettando, con già in mano una frusta.
“Ora ti enuncierò le tue colpe, e le tue conseguenti punizioni. Tanto per cominciare hai cucinato in modo pessimo per tre sere, e per questo pagherai con dieci frustate per ogni sera. Poi non hai pagato la bolletta elettrica entro il termine, come tu ben sai, e visto che ci hanno staccato, a noi, gente rispettabile e senza problemi di soldi, la luce per due giorni, la tua punizione sarà la corrente.

Scosse da mettere in pari il consumo non avvenuto. Quindi il tuo shopping sfrenato. Hai comprato sei nuove paia di scarpe, tutte a zeppa, e non le metti mai. Così sarai punita con le tue stesse scarpe. C’era ancora un particolare, ma ora non me lo ricordo. Quando mi ricorderò te lo dirò. Adesso sdraiati. ”
Lei fece un inchino di riverenza, quindi si sdraiò sul tavolo delle torture. Era fatto in modo da poter legare le vittime, e tenerle sia in orizzontale sia in verticale, con le angolazioni più particolari.

Quando lei fu sdraiata lui le allacciò tutte le cinghie. Fatto questo attivò gli ingranaggi del tavolo, portandolo parallelo al muro, in verticale. Strinse bene le cinghie, e quando fu immobile, la carezzò per eccitarla. Lei sospirò di piacere, sotto le mani sapienti di lui.
“Mio dolce amore, da dove vuoi cominciare?”
“Segui l’ordine enunciato prima. Alla frusta!”
“Il tuo Maestro Domino acconsente. Ora ti strapperò via la pelle a furia di frustate!”
“Ti scongiuro, mio amore, dolce Domino, non frustare il ventre della tua Servant.

Sbrandellami i seni, o il sesso, ma non il ventre. ”
“Fidati di me, amorevole Servant. ”
Così dolcemente enunciati, i propositi di Domino furono seguiti dai fatti. Servant gemeva, mentre Domino eseguiva. Frustata, leggera, sui seni. Dei bassi gemiti per lei, un grugnito lui.
La prima cena uscita male fu scontata con dieci leggere frustate come sopra.
Frustata, più potente, alternando seni e fica. Lei geme, lui non emette un suono.

La seconda cena fu scontata con le frustate sui seni, la terza con quelle sulla fica.
“Ora la prima punizione è stata eseguita. Passo ora ad eseguire la seconda. Dovrai pazientare un attimo, perché richiede una particolare preparazione. Intanto ti libero. Tu fai altrettanto per quei ridicoli stracci che indossi. Non voglio niente a coprire le tue grazie. Solo gli anelli. ”
Lei non rispose a parole, solo con un cenno. Lui la slegò, passando poi lungo la stanza per prendere la macchina che gli serviva.

Era sopra un carrello, che portò a fianco del tavolo. Regolò il tavolo in modo che fosse quasi a terra, in posizione obliqua, testa verso l’alto e piedi in basso, inclinata di trenta gradi, quindi vi condusse la moglie sopra, e la legò nuovamente, con tutti gli arti aperti. Aprì la macchina appoggiata sopra il carrello e ne tirò fuori degli elettrodi e una crema. Spalmò la crema sulle ventose degli elettrodi, e cominciò a collegarli.

Uno per capezzolo, uno per natica, uno sopra e uno sotto l’ombelico, appena sopra il taglio del sesso. Uno per fianco, e due sul collo, ai lati, uno per ascella. Due sulle piante dei piedi, e uno per coscia. Quando arrivò l’ultimo, la donna si stava annoiando. Il suo interesse fu subito risvegliato. Un enorme dildo in metallo, con due cavi elettrici che entravano all’interno. Allora cominciò a preoccuparsi. Suo marito era un fanatico dell’appuntamento SM, e preparava gli accessori durante il mese di pausa tra una volta e l’altra.

Questa macchina non l’aveva mai vista prima, e non sapeva come funzionava. Presumeva ad elettricità, come aveva detto lui, ma non ne era sicura. Lui nel frattempo aveva spalmato la crema anche sull’enorme dildo. Luccicava, sinistro. Quando poi il marito le spalmò la crema sul sesso e sul buchetto lì sotto la sua preoccupazione aumentò ulteriormente.
“Maestro Domino, l’umile Servant vorrebbe sapere come intendi punirla. ”
“Non hai pagato la bolletta elettrica entro il termine, come tu ben sai, e visto che ci hanno staccato, a noi, gente rispettabile e senza problemi di soldi, la luce per due giorni, la tua punizione sarà la corrente.

Scosse da mettere in pari il consumo non avvenuto. Così ho detto solo pochi minuti fa. Già te ne eri dimenticata?”
“No, mio Domino, ma non mi è chiaro. ”
“Pazienta ancora un minuto, e lo sarà. ”
Detto questo andò a prendere una sedia, la mise a fianco del tavolo, e si sedette. Collegò la macchina ad una presa di corrente, accese la macchina, ed attese. Una serie di lucine rosse passarono lentamente al verde.

Quando tutte furono accese lui estrasse dalla macchina una piccola tastiera. Tolse il coperchio anche ad un contenitore di levette, con sopra anch’esse una luce, ed un regolatore, come quello dei fornelli della cucina. Fece shittare tutte le levette tranne una, e quando tutte furono accese con il verde, mise le mani sulla tastiera, come un pianista che aspetta l’ispirazione. Attese un attimo, poi partì.
Premette i tasti e il corpo della moglie fu attraversato da una scossa di corrente a trenta volts.

Una scossa leggera. Infatti, la moglie dapprima sobbalzò, per la sorpresa, e quindi diede in un’esclamazione di gioia.
“Uau, che sballo. Mio Domino, ti prego, rifallo. ”
Lui non rispose. Spostò la manopola della regolazione della corrente, spostò un paio di levette, mise un paio di guanti antistatici, impugnò il dildo, che vibrava, e si alzò. Con il dildo percorse tutto il corpo, sprigionando in lei scariche d’elettricità, e non è una metafora.

Partì dall’ombelico, percorse i fianchi, passando dal ventre, intersecò tra i seni, sfiorò i capezzoli, le solleticò le ascelle come la pianta dei piedi, le fece rizzare i peli delle gambe, scorrendo il dildo contropelo. Salì al viso, e lo carezzò, lo poggiò sulle labbra, e Servant le aprì dopo non poche insistenze. Succhiò con difficoltà il dildo vibrante, con l’elettricità che le scorreva in bocca. Quando fu ben umido, lui lo tolse dall’abbraccio ormai ossessivo della lingua, e scendendo, lo portò al sesso.

Il clitoride sbocciò al richiamo delle vibrazioni. Le grandi labbra si dilatarono, inumidendosi, lasciando libero l’ingresso. Lui non tentennò, e le poggiò il dildo dentro. Le scosse elettriche, seppure ancora molto leggere, si fecero sentire maggiormente, e lei gemette sorridente di piacere. Non era ancora dentro, era solo poggiato all’ingresso. Lui lo smosse lentamente, facendolo entrare sempre più in profondità, mentre i gemiti di piacere si facevano sempre più alti. Quando fu tutto dentro, dalla vagina uscivano solo i fili elettrici.

Tutto il dildo era in lei. Lei gemette, ancora, e ancora. Lui allora tornò alla macchina, attivò una levetta, e aumentò il voltaggio. Passò, molto lentamente, a cinquanta. L’aumento fu devastante. In preda a spasmi violenti lei fu scossa da un orgasmo violentissimo. Il corpo di lei sobbalzò, mentre la fica si inumidiva abbondantemente. Lui attese ancora un paio di secondi, quindi portò a zero, spegnendo tutto.
“Servant, quello che hai provato fino ad ora è stato solo l’inizio.

Finora hai goduto, ma da qui in avanti non avrò pietà. Preparati a soffrire. ”
Mentre pronunciava queste parole Domino prese un fagotto, lo arrotolò per bene e lo mise sulla bocca di lei, per zittirla. Lo strinse stretto, e tornò alla macchina. La macchina, per la verità, era un rudimentale computer. Lui aveva creato un semplice software, che gli permetteva di gestire la corrente fino a duecento wolts, e con la possibilità di emettere la stessa scossa da una sola uscita, o da molteplici.

Schematico, ma molto efficace, il programma eseguiva i comandi alla lettera. I comandi, poi erano molto semplici. Ad esempio, alla prima scossa lui aveva scritto:
– dai scossa / 16 contatti / 30 –
In pratica, aveva ordinato alla macchina di emanare corrente (dai scossa) usando tutti i contatti (16 contatti), per un totale di trenta wolts (30). Trenta wolts per contatto, ma anche in totale.
Alla seconda scossa il comando era stato:
– dai scossa / 14 contatti + d / 30 + 30 ~ 50 –
Stavolta, aveva ordinato di dare una scossa, tramite tutti i contatti esclusi due, per un totale di trenta, e di emanare un’altra scossa variante dai 30 ai 50 wolts per il dildo.

Quando poi aveva girato la manopola, aveva fatto passare anche per i contatti l’aumento a 50. Si era passati da trenta a cinquanta wolts per contatto. Per questo la reazione violenta, quasi spasmodica, di lei, e il suo conseguente piacere.
Ma ora Domino voleva punirla. Tolse il dildo ora spento, spalmò dell’altra crema sul bocciolo non ancora profanato, e tornò alla macchina. Appoggiò il dildo su un piano di legno, e reimpostò il programma.

Il comando fu il seguente:
– dai scossa / 16 contatti / 80 ~ 60 –
Attivò le due levette sbloccate prima, che riguardavano gli elettrodi del collo, e si preparò a dare il via. Con l’INVIO la scossa sarebbe partita. Tentennò ancora, si alzò, ricontrollò il tutto, sfiorando la moglie, si mise i guanti, quindi si sedette.
“Ora sarai punita. Il fagotto non è molto stretto, e se urlerai ti sentirò. Ad ogni urlo una scossa di uguale voltaggio in più.

Cominciamo. Ogni scossa durerà dieci secondi. ”
INVIO
La corrente invase il corpo di lei, a ottanta volts. Il corpo reagì all’istante, contraendosi. Lei non riuscì a trattenersi, e urlò. Ogni elettrodo era una spada arrugginita che la torturava. Sentì i capezzoli ergersi, ed i capelli rizzarsi. Sentì come uno sfrigolio per ogni punto collegato agli elettrodi. Al settimo secondo la corrente scese a sessanta wolts, e lei si sentì leggermente meglio. Quando tutto fu finito si rese conto solo di una cosa: di Domino che affermava che aveva urlato.

Non ebbe nemmeno il tempo di riprendere fiato, ed un’uguale tortura venne a colpirle il corpo. Stavolta cercò di trattenersi, e ci riuscì. I dieci secondi passarono lenti come non mai, ma alla fine la corrente cessò.
“Bene, mia Servant. Hai avuto un assaggio di cosa puoi provare. Ma non è che l’inizio. Ora arriva il bello. ”
Lui portò a zero tutto, e cominciò a staccare alcuni elettrodi. Tolse i due del collo, e li spostò sotto i capezzoli, prese i due dei fianchi e li collegò alle grandi labbra, scollegò quelli delle ascelle e li collegò sopra i capezzoli.

Quelli delle piante dei piedi e delle coscie finirono di coprire i seni. Gli altri rimasero al loro posto.
Lui tornò al computer, e impostò un nuovo comando.
– dai scossa / 16 contatti + d / 60 + 80 ~ 100 –
Il fallo artificiale stavolta non l’avrebbe fatta godere, sicuramente.
“Servant, ora subirai la prima grande punizione. ”
Si alzò, prese il dildo, lo spalmò di crema, e lo puntò sul sesso, lo fece scorrere alcune volte, fino a quando il sesso si aprì per riceverlo.

In un paio di spinte fu tutto dentro. Stavolta lasciò fuori un paio di dita, oltre ai fili, comunque un dildo di quindici centimetri per cinque la profanava. Stavolta la scossa iniziale avrebbe avuto un urto minore, ma con l’arrivo della scossa proveniente dal dildo, il corpo avrebbe subito un colpo violentissimo. Domino poteva anche ucciderla. Lui non se ne rendeva conto, preso dal perverso gioco.
Tornato al computer, lui decise di rivedere un’altra volta gli elettrodi.

Li ricontrollò nuovamente, e quando ebbe accertato che erano collegati perfettamente, tornò alla macchina. Come prima, solo l’INVIO separava la corrente dal corpo di lei. Lui stava per inviare, quando ebbe un’idea. Si alzò, innervosendo ulteriormente lei, e andò sopra di lei, con il volto. Le tolse il bavaglio, stretto saldamente tra i denti di lei.
“Stavolta non farò repliche. Puoi urlare quanto vuoi. Naturalmente, per ogni urlo avrai una punizione più tardi.


Tornò a sedersi alla macchina, attese, per far salire l’ansia.
INVIO
La scossa iniziale, da parte degli elettrodi, fu forte ma non troppo dolorosa, anzi, fino ad un certo punto le zone erogene furono stimolate in positivo. Dopo un paio di secondi, però, arrivò il missile della fica. Il corpo sobbalzò come colpito da un proiettile di Magnum a distanza ravvicinata. Muovendosi di vita propria, il corpo sobbalzò a ripetizione, con le membra impazzite che cercavano di schizzare dappertutto, forzando oltremisura i legacci.

Dalla gola di lei non uscivano urla: sarebbe stato troppo. Dei gemiti di agonia solcavano l’aria.
Nggh, ghh, agghh, gggggg.
Per trenta secondi il confine tra vita e morte fu solcato ripetutamente, e lei vide le porte dell’inferno. Poi lui spense tutto. La reazione fu una decontrattura generale. Gli arti, atrofizzati, si lasciarono semplicemente andare, come gelatina. Un ultimo, strozzato gemito chiuse il tutto. Lui, senza nemmeno alzarsi, regolò per la seconda punizione il computer.

Non la modificò più di tanto.
– dai scossa / 16 contatti + d / 80 + 100 ~ 110 –
Stavolta la morte di sarebbe avvicinata ancora di più, brandendo la sua falce scintillante. Ma prima di dare l’invio, si alzò, e controllò che Servant stesse bene. Servant non stava per niente bene, avendo perso i sensi. Era svenuta, con il capo reclinato sulla destra, ciondolante. Da lei emanava un sottile odore di pelle bruciacchiata.

Lui non si fece per nulla intimorire, dimenticandosi principalmente i suoi doveri coniugali. Per svegliarla le diede qualche sberla. Ma lei non riprendeva i sensi. Un po più preoccupato, le sentì le pulsazioni, ma il battito era regolare. Allora decise di frustarla. Prese la frusta già usata in precedenza, e la colpì sotto i piedi, sulla fica, e sui seni. Già alla seconda frustata lei tornò cosciente, ma lui, ormai preso, continuò a colpirla, fino a quando lei non lo implorò di smettere.

Allora lui lasciò cadere la frusta e si chinò su di lei. Tenendole la testa ferma, la baciò in bocca, ma lei non contraccambiò.
“Ora riceverai la tua ultima punizione con la corrente. Stavolta sarà ancora peggio. Poi potrai riposare qualche minuto. ”
Dopo queste parole, Servant provò a implorarlo, ma inutilmente. Anzi, lo fece arrabbiare, e così anche il culo fu violato. Lui tolse il dildo dalla fica, arida e dolorante, e lo portò sull’ano.

Non usò neppure la minima delicatezza. Glielò ficcò dentro senza tanti complimenti, mentre Servant urlava per il dolore.
“Sarai punita per queste urla. ”
Lui si sedette alla consolle, ammirò lo sfintere dilatato e la fica ancora aperta. Si stropicciò le mani, e decise di cambiare il programma. Non voleva causare una reazione incontrollata dello sfintere aumentando i wolts, e rischiando di ritrovarsi con una sgradevole sorpresa. Così reimpostò i comandi.
– dai scossa / 10 contatti + d / 80 + 100 –
Fatto questo, non perse tempo, e diede il via.

Stavolta lei urlò, quando sentì la folgore percorrerle le parti basse. Un fremito al ventre la scosse, e i contatti le stimolavano perversamente le parti erogene, comunicandole un doloroso piacere. In corsa, lui impostò una modifica, portando a 100 + 120 la scossa. Allora il ballo di San Vitò tornò ad impossessarsi di lei, che cominciò a sbattere come in preda a delle convulsioni. I capelli si rizzarono, e nonostante tutto il corpo reagì abbastanza bene, soprattutto non ci fu nessun arresto cardiaco, cosa che poteva avvenire, vista la quantità di wolts nel corpo.

La scossa durò venti secondi, ma sembrarono veramente un’eternità. Lei, intanto, continuava a gemere disperatamente, perché urlare non le riusciva.
Ghh, aghh, lng, gaga, ga, ga, gll.
Quando lui fermò finalmente la macchina, lei era nuovamente svenuta. Lui spense tutte le levette, che tornarono al rosso. Mise via la tastiera e spense il display, scollegò la macchina, e cominciò a togliere i numerosi elettrodi. Sotto di ognuno, una porzione di pelle ustionata, che emanava l’odore sentito prima.

Quando fu la volta del dildo, lui lo estrasse molto lentamente, muovendolo in senso rotatorio. Uscì, sporco, e lui lo mise da parte. La slegò, e la prese a spalla, ancora svenuta. La appoggiò alla parete, mentre preparava l’ultima modifica al tavolo. La riprese, e la posò sopra la tavola, ancora svenuta. Lui ignorò il fatto, e la legò, ancora con gli arti aperti al massimo. La risvegliò ancora con la frusta, colpendola sui seni, dove la pelle era più ustionata.

Lei si risvegliò di soprassalto, gemente. Lui allora mise da parte la frusta, andò a prendere un secchiello d’acqua, e lentamente la bagnò. Dalla pelle ustionata salirono sottili rivoli di fumo, accompagnati da uno sfrigolio continuo. Lei gemette ancora, piangendo di dolore. Dopo sarebbe stato un toccasana, ma ora era solo un’ulteriore tortura.
Finito questo, lui uscì dalla sala SM, per tornare con le scarpe di lei. Erano sei scarpe con tacchi alti.

La più bassa aveva dieci centimetri di tacco, la più alta venticinque, con diametri diversi.
Quella con il tacco da dieci centimetri, era larga sei, quella alta venticinque partiva da tre e finiva a otto. Tutte le altre erano più o meno simili.
“Adesso aspetteremo l’arrivo di una persona, e quando sarà arrivata, ti punirò con le tue stesse scarpe. Mentre aspettiamo, e non ci sarà molto da aspettare, ti terrai addosso queste.


Così dicendo lui le mise delle pinzette. Una per capezzolo, e due a dilatare le grandi labbra. Agganciò il tutto con delle catenelle, e tenendo un capo, la tormentò semplicemente. Gli bastava muovere leggermente il braccio verso l’alto, e le pinzette tiravano tutti i punti collegati. Quando sentì il campanello, lui lasciò cadere senza tanti complimenti la catinella sul corpo di lei, e uscì per andare ad aprire. Lei non potè far altro che aspettare, cercando di ignorare le tremende fitte di dolore che le solcavano il corpo.

Ma quando lui entrò, la fitta più tremenda la colpì al cuore. La persona non era altro che la donna, moglie di un amico di lui, che li aveva iniziati all’SM. Domina era già pronta, era arrivata vestita con una pelliccia, e sotto solo un corpetto in pelle nera la copriva, lasciando scoperti seni e sesso, rasato. Lei ne era sempre stata gelosa, e lui lo sapeva. Quando vide Domina prendere in mano la frusta usata finora per flagellarla, una fiammata di gelosia la colpì, violenta come una delle scosse elettriche subite.

Lei, senza dire una parola, la frustò sulle cosce, appena sotto il sesso. Solo alcuni colpi, che comunque lasciarono segni evidenti, chiari sulla pelle di lei.
“Servant, tu conosci già Domina. Lei sarà uno degli strumenti di punizione. L’altro, saranno le tue scarpe. Sei stata una stupida, perché le hai comprate, e non le hai mai usate, nonostante tu sappia che mi ecciti da impazzire quando le hai addosso. Così ora sarai punita per la tua stupidità, e per il tuo modo di buttare via il denaro così inutilmente.

Domina ha il tuo stesso numero di scarpe, per questo l’ho chiamata. Ora vedrai. ”
Domina scelse tra le sei paia di scarpe, e prese, tanto per cominciare, quelle con il tacco più sottile. Avevano dodici centimetri di tacco, che era a spillo, molto sottile. Camminare su queste scarpe richiedeva parecchia fatica, se non si voleva cadere. Le scarpe erano tutti stivali lunghi fino al ginocchio. Domina calzò gli stivali suddetti, in pelle nera opaca, e si portò sopra di lei.

Il tavolo, ora, era messo al livello del suolo. Domina si sorresse alle catene poste sopra di lei, le tirò la catenella, fino a quando le pinzette saltarono dolorosamente via. Allora, poggiando su un piede solo, porse alla bocca di Servant il tacco della scarpa.
“Leccalo, come se fosse il mio cazzo. ”
Servant ubbidì, leccando tutto il tacco, portandoselo in bocca, facendo un lavoro da pompinara esperta. Quando il tacco fu completamente coperto di saliva, Domina lo ritrasse, spogliò la scarpa, e la porse a Domino, che, tenendola per la punta, la usò come un martello.

La colpì su tutto il corpo con il tacco a punta, lasciandole lividi immediati. Imprecando, la colpì senza mai fermarsi, mentre Domina, con la scarpa rimasta, le calpestava lo stomaco, strizzando sopra il tacco con violenza. Servant urlava a più non posso, ma loro non le davano ascolto. Quando Domina si spogliò la scarpa rimasta, lui smise di colpire. Misero da parte quel paio di scarpe, e ne presero un nuovo tipo. Queste avevano il tacco alto venti centimetri, largo uniformemente a quattro.

Stavolta fu diverso. Domina indossò le scarpe, e salì sul tavolo. In piedi, con Servant sdraiata e legata ai suoi piedi, si masturbò. Fin qui Servant se la godette, ma quando vide Domino abbassarsi i pantaloni, e maneggiare il membro, cominciò a temere. Quando poi Domina le calpestò la gamba, lei fece una sola smorfia, ma urlò quando lui la tradì, penetrando Domina fino alla radice. Poggiò su di lei, caricando il peso della scarpa sulla gamba, fino a quando non la sentì perdere sensibilità.

Allora Domino sussurrò qualcosa all’orecchio di Domina, mentre erano immobili. Sì, perché lui era dentro di lei, ma non la stava scopando. Aggiungeva solo il suo peso posandosi su di lei. Quando finirono di sussurrarsi parole all’orecchio, lui uscì da lei, riportando il membro dentro i pantaloni. Domina scese dal tavolo, e si tolse gli stivali. Ne porse uno a Domino, che si spostò sopra il volto di lei. Si inginocchiò, e diede lo stivale da leccare.

Lei ripetè l’operazione. Quando fu umido di saliva, lui si fece passare il secondo da Domina. Quando entrambi furono bagnati, Domino tornò a fianco di Domina, e insieme la stuprarono con gli stivali. Lui violava il sesso, Domina lavorava la rosellina. L’ingresso fu doloroso, ma il proseguimento fu peggio. Lei sentiva le due punte degli stivali sfiorarsi all’interno del suo corpo, e la nausea salire. Domino poi non mandava solo dentro e fuori lo stivale, lo agitava anche verso il basso e l’alto, rendendo tutto ancora più sgradevole.

Ad un cenno di Domino, smisero. Li tolsero e gettarono via, senza stare a pensarci sopra. Allora Domino slegò Servant, la mise in piedi, tenendola per le ascelle, e la lasciò in mezzo alla stanza.
“Non ti muovere. ”
Lei ubbidì, mentre lui preparava le catene per legarla in piedi. Domina intanto si era sdraiata sul tavolo delle torture, e guardava affascinata.
Quando le catene furono posizionate, lui prese Servant, la obbligò ad alzare le braccia, ed ad ogni anello del corpo attaccò una catena.

Due scorrevano a terra, e tirate le avrebbero dilatato l’apertura delle gambe. Due si occupavano delle braccia, tenendole alte e aperte, e una ciondolava, in attesa di essere usata, o, sem-plicemente, attaccata al collo.
Quando ebbe tirato tutte le catene, Servant si ritrovò nella stessa posizione in cui era sul tavolo, solo messa verticale.
Con una sostanziale differenza: sdraiata sul tavolo aveva riparate schiena e natiche, ora tutto il corpo era a disposizione dei torturatori.

“Adesso passeremo al terzo paio di scarpe, e avrai la punizione più lieve. Ma non durerà molto. ”
Con il terzo paio di stivali, fece tutto Domina. Per prima cosa, naturalmente, li indossò. Una volta messi, molto semplicemente, senza preavviso di sorta, la prese a calci. Con buona agilità la colpì ovunque. Un paio di colpi alla fica, parecchi alle cosce, un paio dietro le ginocchia, tanti, tanti calci nel culo, e svariati alla schiena.

Servant era a piedi nudi, e Domina ne approfittò per pestarglieli ripetutamente, colpendo anche forte.
“Bene, ora arriviamo al quarto. Sinceramente, non ho escogitato torture per tutte e sei le paia di scarpe. Questa sarà l’ultima, ma non durerà poco. ”
Così dicendo prese due stivali, uno per paia, ignorando completamente l’ultimo. Il primo era lo stivale che partiva con tre centimetri di diametro e finiva con otto, lunga venticinque, e uno con un tacco di sei centimetri di diametro continui, lunga venti centimetri.

“Ora ti ficcheremo dentro questi, li aggangeremo, quindi ti slegherò, e tu dovrai camminare fino a quando non ti fermerò. Sarà divertente. ”
Con le gambe già aperte, non ebbero difficoltà. O meglio, la via era libera. Certo, non fu per niente piacevole per Servant. Cominciarono da dietro. Mentre Domina allargava la rosellina, lui spingeva con violenza. Una volta entrato, adottarono il metodo a vite, spingendo inesorabilmente il tacco dentro di lei. Quando raggiunse il limite, Domino prese delle cinghie e un corsetto.

Lo legò stretto al ventre, aiutato da Domina, e legò lo stivale in modo che non si muovesse. Ma fin qui era stato semplice. Ora arrivava il bello: inserire un tacco di venti centimetri per sei in una fica già devastata dalla corrente e da un tacco precedentemente. Domina funse anche stavolta da apri fessura. Prese le grandi labbra dall’interno, e le tirò. Il dolore fu disumano, ma quando il tacco cercò di farsi largo, fu inverosimile.

Lei, impossibilitata nei movimenti, scalciava, cercando di smollare qualche catena. Ma l’unica cosa che riusciva ad agitare erano i suoi capelli, e, leggermente, il ventre. Lui si spazientì subito, shittò repentino, mollando lo stivale e dandole un paio di pugni alla bocca dello stomaco. Lei si fermò, boccheggiando. Le mancava il fiato. Senza aspettare oltre, Domina dilaniò ancora di più le grandi labbra, e Domino sfondò. Servant ritrovò il fiato giusto in tempo per un terrificante urlo d’agonia.

I sei centimetri si facevano sentire. Stavolta non usarono nemmeno il movimento a vite. Lui spinse solo verso l’alto, e, lentamente e dolorosamente, il tacco scomparve progressivamente dentro di lei, mentre Domina mollava la presa sulle grandi labbra.
Stavolta lui non si fermò, e glielò spedì tutto dentro. Sapeva che ci stava, perché il suo obelisco di venticinque era puntualmente ingoiato dalla fica di lei. Quando il tacco scomparve dentro la grotta, lui prese delle altre cinghie, e le legò per bene.

Attese un paio di minuti, e poi cominciò a slegarla. Quando fu libera, le mani lungo i fianchi, Domino le fiede uno spintone, e le disse di camminare.
“Vai verso l’ultimo paio di stivali rimasti. ”
Lei andò, e il dolore esplose. Ad ogni piccolo movimento, i tacchi penetrati in lei scoccavano folgori di dolore inconcepibile, e per lei erano insopportabili. Si fermò dopo due passi, ma Domino, inflessibile, la spinse nuovamente avanti.

“Ti conviene arrivarci da sola. Se non lo farai, ti prenderò al guinzaglio, e sarà molto peggio. ”
Lei allora, combattendo nausea e dolore, ci riprovò. Con inumana lentezza, e con tremende torture, ci arrivò.
“Mettili. ”
Lei si girò, ad implorarlo con lo sguardo, ma lui guardava il terreno. Lei cercò comprensione in Domina, ma nello sguardo vi lesse solo lussuria. Tenendosi alla catena più vicina, infilò uno per volta gli stivali.

Nuove terribili fitte le solcarono il corpo. Quando furono indossati, Domino si fece avanti.
“Bene, mia cara Servant. Ora, ti manca solo un passo, e la tua tortura con gli stivali sarà finita. Ritorna alle catene, e dopo che ti avrò legato, ti libererò dagli stivali. ”
Lei cominciò a camminare, lentamente. Dopo aver percorso un tra-ballante metro, su delle zeppe a tacco sottile, alte sedici centimetri e larghe solo tre, sentì i dolori riacutizzarsi.

Ebbe un’attimo di cedimento, esaurita dalle torture. Le cedettero le ginocchia, e stramazzò a terra. Domina si tenne alla larga, ma Domino cominciò a colpirla con dei calci, incitandola a rialzarsi. Lei non ci riuscì al primo tentativo, e subì ancora dei calcioni tremendi, che colpivano le scarpe, spingendo ancora più dentro i tacchi, dandole delle saette di dolore inconcepibile. Quando fu nuovamente in piedi, ripartì, lentamente, ancor più di prima. Quando fu legata, gemeva di soddisfazione.

Poco dopo la fica e il culo erano svuotati. Sentì proprio il corpo riappropriarsi di quegli organi derelitti, ripiegando i tessuti su di essi. L’ano si chiuse completamente, ma il sesso rimase un po aperto, al principio.
“Ora Domina ti frusterà un po, per le urla che hai fatto sotto corrente. Dopo, la tua ultima punizione, quindi sarai libera. ”
Domina prese una frusta a più code, e cominciò a colpirla. Colpiva molto vicina alla vittima, lasciando profonde striature sulla pelle.

Colpì soprattutto i seni e le natiche, arrossandoli oltre misura. Quando ebbe finito, venti minuti dopo, Servant non aveva più gemiti e urla in gola, e lacrime negli occhi. La slegarono nuovamente, e Domino si lasciò andare per un attimo.
“Ti abbuono la tua ultima punizione. La subirai la prossima volta, per oggi hai già subito abbastanza. Ad una condizione: che tu lecchi la fica di Domina. Se non lo farai, ti punirò.


“Mio Maestro Domino, ti prego, puniscimi, ma non farmi leccare la putrida grotta di questa fetida donna. ”
“Lo hai voluto tu. Vai sul cavalletto. ”
Quando fu sul cavalletto la legarono strettamente, e Domina si prese la sua rivincita frustandola nuovamente sulle natiche esposte. Continuò fino a quando Domino entrò con l’ultima punizione. Era una cosa che Servant aveva sempre odiato fare, e lui l’aveva trasformata nella punizione più umiliante che si potesse subire.

Quando Domina si fermò, lei si girò a guardare, e vide la pera. La pera del clistere preparata da Domino non era altro che glicerina pura al 100 per 100. Sotto di lei mise un catino capiente, le mise in culo la punta del clistere, e le spedì nel culo un litro di glicerina. Tolto il clistere, le chiuse il buco con un vibratore. Quando le implorazioni di lei raggiunsero l’apice, lui tolse il vibratore, stando di lato.

Quando il flusso si fermò, lui la slegò, e uscì dalla stanza, seguito da Domina. Quando rientrò era solo.
“So che ora toccherebbe a me fare Servant, ma ho deciso che da ora in avanti Servant lo sarai sempre tu. Pulisci, e quando hai finito rimetti tutto in ordine. Dopo fatti una doccia, e vieni in camera. Lì finalmente avrai il mio cazzo. Te lo se proprio meritato. ”
Detto questo, lui uscì.

A lei non rimase altro che fare quanto le era stato detto. Sperò solo che quando fosse uscita dalla doccia, lui fosse tornato il marito, e non fosse rimasto Domino.
Cominciò a pulire.

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