NORA E IL SUO SEGRETO

1

– Non avrei mai creduto che il numero fosse ancora lo stesso, sai? – disse Mauro, con la solita nota di emozione nel tono, pacato, ma leggermente apprensivo. Probabilmente temeva a ogni istante che lei lo liquidasse:
– Sapevo che saresti andata via di la … lontano, ma forse mi confondo. –
– Chissà, sono passati tanti anni – rispose Nora – ero ancora giovane, dovevo fare tante cose … – un velo di nostalgia avvolse la fine delle sue parole ma forse, Mauro, se l’era solo immaginato.

Nora, invece, faceva del suo meglio per mantenersi laconicamente sul vago… e disinteressata.
Dopo la loro storia, finita quasi venticinque anni prima, il suo umore e i suoi atteggiamenti erano cambiati spesso rispetto a “lui”!
Nei primi anni, soprattutto appena seppe che lui aveva sposato quella “puttana schifosa” una rabbia sorda e nascosta, l’aveva resa arida, cattiva, determinata.
Si sposò pure lei, un “bamboccione”, uno dei tanti che le sbavavano dietro: il più coglione.

Voleva un uomo da manipolare, sfruttare e mortificare e Pierpaolo era proprio il tipo giusto.
In seguito, a letto, scoprì che la prima impressione non era sbagliata … l’uomo, appena abbandonate le remore iniziali, era masochista e amante della sottomissione.
All’epoca Nora era una furia e, pur di dimenticare, si prestò al gioco, imponendogli tutta una serie di mortificazioni e di castighi.
Lo faceva vestire da donna, lo penetrava con un grosso cazzo di plastica, lo sculacciava …
Poi vennero i figli: prima Marco, poi la femmina dopo due anni.

Nora era una persona d’amore e i bambini mitigarono la sua rabbia, che cedette il posto alla routine e agli impegni di una giovane mamma.
Pierpaolo venne “parcheggiato” e “accontentato” occasionalmente. Dopo cinque anni di matrimonio la vita si era normalizzata. L’uomo era un bravo padre e un gran lavoratore e quasi sempre, la notte, si dormiva.
Per anni la donna aveva sepolto i ricordi, tutto l’impegno era per i figli e per la Caritas: quando poteva faceva volontariato per raccogliere offerte e aiuti per le giovani madri in difficoltà.

Mentre Mauro “la violentava” di parole dalla cornetta, Nora non capiva niente, ma ascoltava quella voce speciale, dall’accento inconfondibile, come alla radio si ascolta una vecchia canzone dimenticata, che, all’improvviso, ti riporta al cuore tanti ricordi, a volte struggenti.
Ricordò che circa quindici anni prima lo aveva rivisto, per caso. Si concessero un caffè … quattro chiacchiere, ma lei lo aveva tenuto freddamente a distanza.
In quel periodo era abbattuto, provato, le sue scelte si erano rivelate catastrofiche … ma lei non riuscì a sorriderne né allora, né mai.

Ricordò solo che, allora, lo odiava … semplicemente.
Forse, più che lui, odiava tutto ciò che lo circondava … donne, figli, colleghi, casa … lei odiava la sua vita.
Forse non riusciva nemmeno a sopportare che, mentre gli anni passavano, lui avesse una vita tutta sua, lontana, staccata da lei!
Pensieri da folle, ammise adesso.
Ora, superati da poco i cinquanta, Nora si sentiva abbastanza “anziana” da non avere più la grinta per i sentimenti “forti”.

Da anni si era placata la sua sete di vendetta assurda, inutile: ora era una signora, ancora bella, dicevano, e questi palpiti del cuore li lasciava ai suoi figli, anzi nemmeno più a loro! Ormai erano abbastanza grandi da pensare solo all’università e, compostamente, ai rispettivi amori, pacati e consapevoli.
Stupidamente si chiese se, i suoi ragazzi, avessero mai provato la vera passione.

– Devo vederti … ecco … – stava dicendo Mauro, in quel momento.

Nora si riprese dal fantasticare: – Tu sei matto – disse – e perché mai, poi? –
– Perché voglio vederti … almeno una volta, come allora. – disse lui emozionato – perché io non ti ho mai scordata … –
– Impossibile! – avrebbe voluto anche attaccare, drasticamente, per cancellare il passato con un colpo solo ma, pensò, se non era successo in trent’anni non sarebbe successo adesso. Tacque.
– Nora, – disse Mauro piano – ti prego … voglio solo stringerti la mano, non voglio diventare ancora più vecchio … non voglio lasciare questo “posto”, senza incontrarti, almeno una volta … –
– E va bene … un caffè.

Sia … – rispose laconica.
– Oh, cara, fra quanti minuti … dove!? –
– Non fare il buffone, come tuo solito … non penserai di vedermi adesso!? – disse Nora categorica – Credi che mi lascio incontrare senza andare dal parrucchiere? Hai una moglie giovane tu … e io invece … sono passati gli anni, lo sai scemo? –
– Tesoro, quando vuoi, dimmi tu … non voglio assillarti. –
– Uhm – meditò Nora – diciamo … la settimana prossima, Martedì; puoi di mattina? –
– Ma certo, alle dieci, va bene? –
– No aspetta … – replicò lei – alle dieci si, va bene, ma di Mercoledì … sono superstiziosa lo sai.


– E dove? Vengo con la macchina, così, se vuoi, ci possiamo spostare … –
– Macché, vieni a casa … ma cosa sogni nella tua mente malata, oh? – lo rimproverava ma era allegra – Sono una vecchia signora … coi figli grandi e un marito vecchio e più rimbambito di te … vieni a casa! Cosa credi di fare … ? –
– Non so … ma sono certo che con te, farei … farei tante cose, eccome! –
– Puah … non solo sei vecchio, ma pure sporcaccione … siamo a posto! –
Si salutarono ridendo.

2

– Accomodati, vieni … –
– Caspita – disse Mauro, guardandosi intorno – l’hai ristrutturata veramente bene … non la riconosco più. –
– Sai, sono arrivati i bambini … ora sono grandi, la ragazza è sposata da poco, ma vive lontano. – Mauro seguiva Nora che gli mostrava gli ambienti nuovi ricavati nella casa antica.
– Comunque … – disse Nora, con poco interesse alla visita guidata – salotto “buono” o cucina “living”? –
– Camera da “letting”? – fece Mauro, una battuta scema.

– Perché … ti faccio venire sonno? – rise Nora – non pensavo di essere ridotta così … –
Sedettero in cucina e, finalmente, appena lui tolse gli occhiali, si guardarono negli occhi e, per un interminabile istante, si tuffarono l’una nell’anima dell’altro.
La stessa, identica sensazione provata la prima volta che si erano fissati e … rapiti, con gli occhi, trent’anni prima.
Erano cambiati. Molti inverni avevano provato le loro ossa, molte estati avevano seccato la loro pelle ma, per le loro anime, niente era cambiato.

La nostalgia li trascinò per pochi secondi in un vortice senza appigli e senza pavimento … poi Nora fermò quel momento di caduta libera:
– Caffè? – chiese.
– No, grazie, solo un bicchiere d’acqua … devo riprendermi … –
– Ma smettila di fare lo scemo – Nora era leggermente stizzita, mentre l’antica rabbia le ricordava tutto quello che non era stato, tra loro.
– Sei il buffone di sempre – disse poi, calmandosi – piuttosto raccontami di te, anche tu hai figli, ricordo bene? –
La donna si appoggiò alla cucina in una posa che, probabilmente, le era familiare e incrociò le braccia delicate.

Mauro bevve con avidità, aveva la fronte leggermente sudata. Approfittò di un tovagliolino del dispenser.
– Non parliamo di questo tempo inutile, te ne prego – disse – Mentre gli anni passavano sapevo di viverli senz’anima … senza amore … come se il mio spirito fosse parcheggiato, mentre il corpo faceva del suo meglio per accontentare gli altri … e forse, la vita stessa. –
– Ma insomma … – replicò lei spazientita – cosa vuoi? Vuoi che ti chieda di andartene … ma io non lo so! – sbottò.

– No, ti prego – disse Mauro – perdona la mia irruenza … abbi pazienza. E’ che non mi pare vero di vederti qui, davanti a me … come una volta. – poi con delicatezza … – Come sei bella! –
– Si, proprio! – però sorrise del complimento.
Effettivamente aveva avuto la fortuna di mantenersi magra e minuta, nonostante gli anni, le gravidanze e gli affanni … però sapeva di avere le rughe agli occhi e che, sotto il reggiseno, non c'era più quel seno florido che le ornava il petto nella sua “primavera”.

Mentre lui finiva la sua acqua, lo studiò, critica, e dovette ammettere che si manteneva bene anche lui; ricordò dolorosamente che aveva quattro anni meno di lei e che adesso le pesavano tutti, altroché.
Aveva messo qualche chilo, un po’ di pancia, ma tipicamente “mediterranea” … e non gli stava tanto male.
Ma quello che non riconosceva assolutamente in questo “signore” così vicino ma così estraneo, era la dolcezza che trasmetteva … il suo sguardo era remissivo, arrendevole; ma lui non era così, oh no!
Lo ricordava.

Battagliero, deciso, volitivo: un po’ prevaricatore … invece adesso, eccolo, piegato dalla vita, con qualche ruga ai lati della bocca, segno di un lunga, misteriosa, sofferenza … e fu così, che Nora, si lasciò fregare.
Non avrebbe mai e poi mai ceduto a Mauro, mai più nella vita, lo aveva giurato; ma soprattutto mai e poi mai, quella mattina normale, in casa sua, proprio in quel giorno …
Ma Mauro era cambiato e, nonostante le battute che faceva, era talmente cambiato da farle un tenerezza dentro, che non sapeva spiegarsi.

Lui parlava e parlava, come un ragazzino che a scuola si accorge di essere comico, e lei sorrideva e fingeva di ascoltare le sue scemenze ma, intanto, moriva dalla voglia di abbracciare, di stringere, quel “vecchio” ragazzo.
Le ricordava Charlot e le sue gag da clown mentre il suo sguardo era triste e innamorato …
Ecco perché Nora cedette.
– Ma adesso parlami di te, te ne prego – stava dicendo Mauro – ti sto annoiando.

Intanto si alzò per mettersi in piedi di fronte a lei … forse un po’ più vicino del dovuto.
Nora si ritrovò all’altezza del petto di lui … per dimostrarsi disinteressata aveva tenuto delle belle pantofole, ma basse … e lui, come tanto tempo fa, la sovrastava di molti centimetri.
Con la mano Mauro le prese delicatamente il mento, per poterla fissare … Nora non riuscì a svincolarsi, mente i suoi occhi luccicavano per quel contatto così intimo, intenso.

– Posso usare il bagno? – disse lui, inaspettatamente – Perdona, vengo da lontano … –
– Certo, si … vieni con me. – e lo accompagnò alla toilette.
Nora era una donna determinata, da sempre, fin dal primo incontro … quando in un solo giorno erano finiti a letto, appassionatamente, la sera stessa.
Così, invece di fermarsi e aspettare gli eventi, si recò meccanicamente in camera da letto e indossò delle calze autoreggenti nere, come una volta piacevano a lui, le scarpe lucide col tacco sottile e delle mutandine, sempre nere, col davanti in merletto trasparente.

Si recò anche lei nel suo bagno, per dedicarsi un attimo a rimediare al trucco, a pettinarsi e a controllare le sue esigenze fisiologiche: con mauro non si sapeva mai.
Mauro, intanto, seduto su uno sgabello, prese dalla tasca il piccolo portapillole e lo aprì.
Come al solito guardò con sospetto le pasticche, sorprendendosi di quanto potesse fare al corpo un “oggetto” così minuscolo.
Come la sera prima scartò, ancora una volta, la dose di anticoagulanti che gli aveva ordinato il suo cardiologo, invece prese tra le dita quella piccola pillola blù e la osservò, prima di assumerla.

Non aveva mai fatto uso di una cosa del genere … ma, stavolta, ne valeva la pena, pensò, felice.
Uscito dal bagno non trovò Nora, ma lei dal corridoio gli gridò di aspettarla in salotto.
– Fai come a casa tua … arrivo subito! –
Sedette sul divano. La sua attesa non fu lunga: quando Nora arrivò, lui si rese conto che qualcosa, nel suo aspetto era cambiato. Nella luce attenuata dalle spesse tende, Nora era bellissima e si muoveva per la camera a suo agio, come una gatta.

La donna fece partire una musica delicata, accendendo lo stereo col telecomando.
Poi, mettendosi di fronte a Mauro, accennò quello che in passato aveva già fatto per lui: uno spogliarello, semiserio, ma intrigante.
Piano piano, Nora, aprì il camice che aveva per casa, un bottone dopo l’altro … e lo fece scendere languidamente dalle spalle verso il basso fino a liberarsene completamente.
Nella penombra il suo corpicino, slanciato dai tacchi, era delizioso come sempre.

Mauro sentiva sempre più caldo.
Con gesti teatrali e abbozzati, Nora continuò e si fece scorrere le mutandine giù, giù fino a staccarle da sotto i tacchi a spillo.
Ora, ferma, davanti al grande tavolo, concluse il suo “gioco” con una posa da Pin-up:
una mano sulla vulva e l’altra di traverso sopra i seni, protetti, comunque, dal reggiseno a mezza coppa, che lasciava intravvedere i piccoli capezzoli scuri.
– Sono ancora brava? – concluse con una risata limpida – Ti ricordi? –
– Mi fai uscire pazzo, come sempre, tesoro! – disse Mauro infervorato.

Non riusciva a far finta di niente, come sempre la vista del suo corpo lo rendeva impaziente … eccitato, e Nora lo sapeva bene.
Mauro si alzò e si accostò alla sua donna, con la sicurezza del passato, la prese per i fianchi, affascinato dalle sue gambe, ancora tornite.
Al tatto, la pelle di lei, era cedevole, deliziosa … meno tonica di una ventenne, ma delicatamente arrendevole sotto le dita.
Nora era ancora molto bella e Mauro la baciò, senza mezze misure.

Mentre la trapassava con la lingua e le suggeva la saliva, con le mani, dietro la schiena delicata, se la tirava verso il pube, dove il cazzo si faceva sempre più duro.
La strattonava verso se in maniera a****le, come se volesse rimarcare, dopo tanti anni, un possesso che andava oltre il tempo.
Nora si lasciò andare al “suo uomo” … solo adesso ammise, amaramente, con se stessa di sapere che era stata sempre sua, nonostante tutto.

Se non fosse stata così eccitata, avrebbe pianto di gioia e di dolore, ma adesso era troppo su di giri per non godersi quell’abbraccio maschile.
Mauro aveva addosso lo stesso profumo di una vita fa, e Nora si rammaricò di non avere più usato il suo, per rabbia, contro la vita e contro l’amore.
Lei cercò la patta del suo uomo con le mani e frugandogli nell’inguine, si ritrovò il suo cazzo liscio tra le dita … si sentì mancare.

Erano due anni che non toccava un pene, vivo e caldo.
Dopo poco Mauro, che era tornato il leone di sempre, la condusse per mano al divano, con gesti sapienti e la posizionò a favore dei suoi desideri.
Fece in modo che Nora si stendesse di traverso sui cuscini e che, con la testa, si ritrovasse leggermente fuori dal bracciolo. Lui si mise sul lato in modo da dominarla completamente.
Per prima cosa le infilò il suo cazzo in bocca senza preamboli e subito iniziò a darle delle profonde stantuffate, tanto, che gli occhi di lei si riempirono di lacrime, per la difficoltà a respirare sufficientemente.

Lui, senza pietà, invece di accorciare la spinta, si fermava spesso col glande infisso nella gola della povera Nora, che era costretta a respingerlo con le mani … a volte tossendo, nella foga di riprendere fiato.
Mauro aveva le mani libere, intanto, e spadroneggiava sul suo corpo, facendo scempio dei seni, della pancia bianca e della vulva, che la donna, inarcata, spingeva verso l’alto.
Lui le mise in bocca i coglioni, poi, divaricate le gambe all’inverosimile, la agganciò con due dita nella fessura, tirando verso l’alto come un amo, con i polpastrelli infissi nel punto “G”.

Nora era bagnata da fare schifo … da buona donna di casa si chiese come avrebbe fatto a pulire i suoi umori dal divano, specialmente quando Mauro, rimessole in bocca il cazzo, si abbassò sulla vagina per spennellarla con la lingua.
I liquidi dei due colavano tra le chiappe di Nora, irrorandole l’ano.
Come facevano ai bei tempi, quasi tutti i giorni, l’uomo si sedette su una sedia che gli capitò a tiro e Nora, leggendogli il pensiero, andò ad abbracciarlo … lei sapeva cosa gli piaceva.

Aprì le gambe mentre gli stringeva il collo con la sinistra: l’altra mano cercò il perno di lui e si indirizzò la capocchia, esposta, tra le grandi labbra bagnate.
Si penetrò da sola, mettendoci tantissimi, lunghi, istanti.
Il cazzo di Mauro era grosso e durissimo, lei piccola e minuta, si sentì sventrare mentre ci scendeva sopra, accogliendolo in figa.
Una volta dentro, dopo una chiavata di alcuni minuti, Nora volle godersi quella nerchia come piaceva a lei … abbracciò Mauro e lo strinse tutto a se.

Mentre si baciavano con le lingue invasate, Nora danzava sul perno, roteando il bacino.
Sentendolo pressare da tutte le parti, la donna venne, in un lunghissimo desiderato, orgasmo.
Come ai bei tempi, urlò, respirò, mugugnò, ma soprattutto pianse, con i singhiozzi, mentre veniva.
Ma Mauro si ricordava bene di lei, in ogni particolare, e non se ne curò, anzi.
Stringendolo al petto, Nora sussurrava al suo amante:
– Che mi fai fare … che mi fai fare! – e intanto non si stancava di baciargli il volto e le labbra.

– Sono vecchia, vero? Sono brutta … – gli disse, delicatamente, con tutta l’amarezza degli anni perduti.
– Sei il mio amore … l’unico: come potresti mai invecchiare, tesoro mio? – rispose Mauro, godendosi ogni tratto di lei.
Nella penombra, sembrava che il tempo si fosse veramente fermato. I tratti della donna, la sua pelle cedevole, le sue forme, erano ancora, per lui, quelli della sua “ragazza”.
Il viagra aveva un effetto meraviglioso, lui non lo aveva mai preso, non avrebbe potuto … invece si sentì uno sciocco.

Il membro era duro senza incertezze, foraggiato dal piacere di avere ritrovato lei, Nora, la donna che portava nel cuore da tanti anni.
Lei scese dal suo grembo:
– Vieni, amore – disse prendendolo per mano – ti voglio nella mia camera da letto. –
Stesi sul letto, fianco a fianco, nudi, ricordarono alcuni degli episodi più spassosi della loro giovinezza … le risate di lei partivano cristalline, semplici, come una volta.

Nessun accenno, mai, ai torti, ai litigi, ai momenti bui e … agli anni passati, senza sapere niente l’uno dell’altra, mentre una vita intera gli scorreva addosso.
In quel momento, tutto e tutti, passavano in secondo piano, come comparse in un film dove solo loro due erano i protagonisti.
Mauro non sapeva come descrivere la sua gioia … non c’erano parole per descrivere quello che quei momenti valevano per lui … era come se la vita, all’improvviso, riprendesse significato.

Nora si voltò su di lui e, dopo averlo baciato, si riportò il cazzo di lui alla bocca, nel più tradizionale dei pompini.
Per oltre dieci minuti, giocò delicatamente col suo membro, riportandolo alla rigidezza totale e godendosi quel sesso, del tutto diverso, condito dall’amore.
Non era solo piacere era: gioia.
L’intesa fece capire a tutti e due quando erano pronti … allora lei si scostò da lui e gli aprì le gambe, pronta ad accoglierlo in se.

Mauro le fu sopra rapidamente e, senza preamboli, si innestò dentro il suo corpo.
Di nuova quella indescrivibile sensazione di essere un corpo solo, un tutt’uno.
Nora lo abbracciò con le braccia e con le gambe, dandogli la netta sensazione di non volerlo mollare mai più … così come un edera che si avvinghia all’albero che ha scelto.
Scoparono così, premendosi contro, mentre il loro petto, sudato, si incollava, mentre i fianchi di lei lo desideravano dentro, e quando il ritmo divenne insostenibile e sguaiato … come dannati se ne vennero insieme, perdendo del tutto ogni contatto con la realtà.

Il seme di lui era sparso nella più recondita profondità della sua vulva, nel “sancta sanctorum” di una donna che ama.
Goderono insieme, a lungo, e restarono abbracciati, nonostante il calore, per interminabili minuti … in quel letto che era loro di diritto e che, chiunque altro, avrebbe solo potuto profanare.
Nora fu la prima a riprendersi:
– Amore … non so che ti “mangi”, ma hai ancora il cazzo duro.

Se dipendesse da me, lo consumerei, oggi, ma tra poco, qui … arrivano tutti.
Proprio non saprei come giustificare questa nostra … presa di posizione. – rise, felice di avere un pizzico di paura, come una ragazza che usurpa la stanza dei genitori.
– Hai ragione – rispose lui – è veramente molto tardi! –
Quando uscì dal bagno era di nuovo vestito, ma notò che Nora aveva indossato solo la vestaglia.

– Non ti lavi? – le chiese.
– No, voglio tenerti dentro, il più possibile – rispose lei con uno sguardo sornione, delizioso e complice.
– Naturalmente tu … – abbozzò lui impacciato – non … voglio dire, non hai più problemi? Giusto. –
Ma Nora si gelò, perché un’ombra scura le attraversò per un istante l’anima …
– No – disse piano, con una punta amara – Non ho più problemi … adesso.


C’era troppo feeling tra loro perché la mente di Mauro non si aprisse.
Come un squarcio improvviso, il passato gli tornò alla mente e capì che i suoi timori di allora erano tutti fondati.
– Ma allora … allora … – annaspò, sentendosi mancare – Tuo figlio, il primo … –
– Ne parleremo un’altra volta … se mai ci sarà. – rispose Nora senza più allegria –
Adesso è tardi, vai, te ne prego … non mettermi in imbarazzo.


E senza aggiungere altro lo accompagno dolcemente, ma con fermezza alla porta.
– E’ stato meraviglioso, Mauro, ma adesso, addio. – e chiuse in fretta l’uscio per non commuoversi, o peggio, per non cadergli ancora tra le braccia.
Mentre ritornava in cucina, sentì annaspare alla porta, come un cane che volesse entrare … ma decise di non rispondere a quel tentativo così infantile.
Non poteva e non doveva: questa era la sua vita!
Non poteva certo immaginare che Mauro strisciava le dita sulla porta perché non riusciva ad emettere nemmeno un lamento.

3

Circa mezz’ora dopo, puntuale come sempre, rientrò il marito.
Poggiata la borsa sulla vecchia scrivania dello studiolo, si lavò le mani, si cambiò e come al solito, si sedette al tavolo della cucina.
– Non ho avuto tempo, oggi – disse Nora, fredda – Sto scaldando le linguine e vi ci metto sopra un po’ di pesto. –
L’uomo capì che non era giornata, ma ormai … non ci faceva più neppure troppo caso.

Sapeva che, se mangiava ancora bene, lo doveva alla fortuna di avere Marco, il figlio grande, ancora in casa.
Si incollò al televisore senza lamentarsi.
Marco, invece, arrivò molto più tardi del solito e Nora gli servì la pasta, che aveva coperto, per non farla freddare, mentre suo padre aveva appena terminato la frutta.
– Volevo aspettarti … – disse il padre – ma poi. Sono passate le due! –
– Come mai così tardi? – chiese Nora, più per distrarsi dal suo torpore che per vera curiosità.

– Un casino … – disse il ragazzo – mi sono trovato in mezzo a un bordello … proprio qui sotto. Cazzo! –
– Ma ch’è stato? – disse il padre, facendosi più attento e anche Nora si riscosse.
Il giovane, visibilmente turbato, si lavò le mani sotto il rubinetto del lavello, come se stesse raccogliendo le idee.
– E’ successo qualcosa? – chiese la madre.
– Ma no … niente a me, però … – si vedeva chiaramente che Riccardo era veramente scosso.

Sedette, ma senza mangiare.
I genitori pendevano dalle sue labbra.
– Ma niente … però, incredibile. – iniziò, per sfogarsi – io ero qui già all’una, forse anche prima di te, papà.
Ma mentre scendevo dalla moto mi è praticamente venuto addosso uno … un vecchio, insomma non tanto vecchio … un uomo. –
– Hai avuto un incidente? – chiese Nora, ormai apprensiva, riguardo le sorti del figlio.
– Ma no, mamma – disse Riccardo – L’uomo non era in macchina, era a piedi, mi si è quasi buttato addosso … dice: “Per piacere portami via …” Io sono trasalito, a vedermelo così vicino, ero sorpreso … confuso.

“Portami lontano da qui, per pietà … Ti pago, ma allontaniamoci da qui, sto male!” “Vi chiamo l’ambulanza?” gli ho detto. E lui dice di no, insiste: “Portami via, portami via … ti pago”.
“Ma dove?” gli dico, sempre più confuso … anche perché si vedeva che stava tanto male, aveva il braccio tirato … e tutto qui – s’indicò con la mano l’occhio e la guancia sinistra – livido, quasi bluastro … insomma i sintomi di un infarto, ma di quelli fulminanti.

Avrei voluto dire di no, ma lui me lo chiedeva per pietà … “Portami via … per pietà, lei non mi deve vedere, così!” Boh? Non mi mollava, però, allora ho preso la moto di nuovo e lui è riuscito a salirci, non so come.
Gli ho detto che non avevo il casco … ma a fatto cenno di andare. –
– Ma tu guarda che casino – disse il padre – così si passano i guai! –
– Allora l’ho portato al Santa Croce, che dovevo fare? La ci sta il pronto soccorso.

L’ho fatto sedere sul marciapiedi, perché non si reggeva più … chiaramente non c’era un cazzo di nessuno, li fuori.
Allora lui mi ha preso la mano … stava male ma mi ha sorriso … e, poi, con l’altra mano ha preso dei soldi e me li ha dati.
Io volevo dire di no, ma che vuoi discutere? Quello stava morendo, gli occhi annebbiati … io non mi scorderò mai quegli occhi … sembrava mi guardasse con dolcezza, ma di sicuro, nemmeno mi vedeva … sicuro!
Sono corso dentro come un pazzo, ancora col casco in testa, e ho chiamato gli infermieri.

Abbiamo spinto insieme la barella, ma non c’era più niente da fare. Niente … – disse visibilmente commosso – non ce l’ha fatta … –
L’atmosfera, nella cucina, si era raggelata.
Nora si scosse per prima e andò al lavello, poi aprì l’acqua facendola scrosciare, senza motivo.
Il figlio se ne stava lì, pensoso, come se stesse digerendo, soltanto adesso, lo stress della situazione in cui si era trovato; il padre, al suo fianco, non sapeva cosa dire.

Allora Riccardo si alzò e prese dalla tasca dei jeans, una manciata di euro, stropicciati, posandoli al centro della tavola.
– Adesso che devo fare con questi soldi? – disse sconfortato – Dobbiamo rintracciare la famiglia … restituirli. –
– No! – secca, quasi rabbiosa, la voce di Nora ruppe il silenzio.
– Ma, mamma … – disse Roberto, stupito – saranno più di cinquecento euro … –
– Non importa … – disse ancora Nora, mentre l’acqua scorreva inutilmente nel lavabo – non importa! Tienili tu, tienili.

Quell’uomo è contento così … tienili. Considerali un regalo, considerali come … un’eredità! –
La voce della donna era lievemente velata dall’emozione, era chiaro per tutti: ma nessuno disse una sola parola, nel silenzio del pomeriggio.

FINE.

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