Michela e Silvia in un gioco bondage

Michela spense il pc dell’ ufficio assai presto quella sera, era stata una giornata che come tante altre in quello studio non le aveva richiesto un impegno particolare. Da qualche giorno le sue incombenze professionali non le davano davvero pensiero, e anzi erano proprio i pensieri che questo vuoto lavorativo produceva a rimescolarle l’ animo come mai le era accaduto prima d’ allora. Si guardò le calze a rete a intreccio per trovarvi qualche improbabile smagliatura e diede un occhiata agli scarponcini griffati col tacco basso che portava da qualche tempo, domandandosi perché e in quale modo si fosse convinta a non indossare più i suoi amati texani originali che d’ inverno erano un suo marchio di garanzia per la sua immagine pubblica.

Uscì e si avviò verso il metrò quando ancora non erano le sei di sera. Quel giorno in ufficio era stata sola fin dal primo mattino e un sottile senso d’ angoscia si era fatto strada nella sua mente nonostante le molte telefonate di lavoro non la lasciassero mai veramente sola. Capiva che la sua ansia derivava dal fatto che avrebbe voluto che loro fossero lì assieme a lei, perché tra tutti i pensieri che le affollavano l’animo inquieto, il più impellente era sapere dove loro fossero e soprattutto sapere quando li avrebbe rivisti.

Era stata assunta come collaboratrice nel piccolo studio legale da appena un mese, ma gli eventi che in questo breve lasso di tempo erano successi, anzi LE erano successi come si stava abituando a pensare, non erano proprio quelli che si sarebbe aspettata da un esperienza professionale da cui si attendeva molto in termini di dare e avere a livello formativo. Al primo colloquio si presentò in un look abbastanza sobrio per quanto glielo permettesse la sua fisicità che non passava di certo inosservata.

Gli immancabili texani le fasciavano le gambe tornite al punto giusto ma piuttosto snelle, come rivelava anche l’ ondeggiare della gonna verde oliva sopra il ginocchio. Aveva deciso per una camicetta bruna non molto aderente invece di un maglioncino scuro più adatto alla circostanza e alla stagione, ma sapeva bene quanto solitamente la imbarazzasse ad un primo incontro il suo seno più che abbondante una volta racchiuso e stretto in vesti troppo attillate. I lunghi capelli castano scuri raccolti in una semplice coda le davano un aspetto abbastanza professionale e poco incline alla tentazione della seduzione.

Era piacente in viso e sapeva di esserlo, ma di quella bellezza più popolana che raffinata, non avrebbe mai posato per un provino di uno stilista ma in compenso attirava a sé in ugual misura l’ attenzione di uomini e donne ammirati dalla sua indubbia femminilità che uno studioso d’ immagine avrebbe definito “mediterranea”. Venne ad aprirle un uomo di media età, alto e leggermente brizzolato, la cui voce maschia e i modi diretti non mancarono di darle quel primo click positivo nella sua esigenza di fotografare mentalmente questo nuovo possibile soggetto di convivenza quotidiana.

Non si poteva dire né bello né brutto, e Michela lo etichettò subito come quel “tipo” di uomo in cui il fascino esteriore era più determinato dai modi e dalle movenze che dal puro aspetto estetico, e comunque formante un insieme che trovò da subito piuttosto armonico e, forse, attraente. Il colloquio con Giulio fu alquanto lungo ma grazie alla pacatezza della conversazione di lui Michela non trovò alcuna difficoltà ad esporre le sue credenziali e a rispondere alle numerose domande che il noto avvocato ebbe la pazienza e la determinazione di porle.

Di certo, si disse, era un uomo assai puntiglioso e di conseguenza esigente sul lavoro. Bene, era pronta ed era quello che cercava, le esperienze precedenti le avevano finora lasciato pochi guadagni materiali e cognitivi ed in compenso la certezza di non avere alcuna certezza per il suo futuro al foro. Durante la conversazione ebbe modo di valutare quella che era una delle cose fondamentali per lei al lavoro, cioè la sua capacità di piacere e la disposizione del suo interlocutore alla volontà seduttiva.

Sapeva bene che non le sarebbe piaciuto accasarsi né con un uomo di cui già da subito intuiva che un giorno o l’ altro ci avrebbe provato, né con un soggetto troppo freddo e indifferente che le avrebbe reso le giornate meno piacevoli e soprattutto prive di quel calore umano, che, diamine, le serviva sempre per sentirsi viva. In questo senso fu soddisfatta dall’ incontro, Giulio le diede l’ impressione di un uomo-uomo, a cui certo piacevano le donne ma i cui modi non lasciavano mai filtrare una parola o un minimo accenno extra-professionale alla sua persona.

A contribuire a darle una buona impressione fu anche la foto che campeggiava sulla scrivania di fronte a lei e che ritraeva una donna dai tratti raffinati e dall’ apparente età di 30-35 anni, quindi di qualche anno più giovane di lui. Nei tratti del viso a colpirla furono soprattutto gli occhi azzurro intenso di lei e lo sguardo enigmatico. Aveva capelli biondissimi, certamente tinti, che si intuivano essere lunghi almeno come i suoi.

Fu peraltro un po’ sorpresa quando lui le disse che la società la gestiva assieme alla moglie, aveva infatti pensato all’ anziano padre come socio. In verità le venne poi da pensare che avrebbe voluto vedervi anche qualche bimbo in quelle foto da scrivania, ma insomma, si disse, la sue pretese non potevano venire esaudite su tutti i punti!. Infatti l’ accordo che raggiunse con l’ avvocato Degiorgi la soddisfò senza lasciarle dubbi, ed il giorno successivo alle 9 in punto cominciò la sua finora breve esperienza presso lo studio “Degiorgi&Degiorgi”.

L’ attività dello studio consisteva soprattutto in studi di cause in materia di crimini contro la persona ed essendo lei specializzatasi da poco in criminologia legale il suo lavoro si svolgeva soprattutto in ufficio allo studio di referti e alla discussione multimediale con i collaboratori e le controparti. Fu nel primo pomeriggio di quel primo giorno che fece la sua prima conoscenza con la socia al 50% della sua nuova occupazione. Per la verità le ci volle non poco tempo per vederla in quanto appena arrivata in ufficio Silvia, così si doveva chiamare dalla didascalia del ritratto nell’ ufficio di lui, si trattenne a lungo al telefono nel suo studio, separato da quello del marito.

Di sicuro la signora portava tacchi abbastanza alti a giudicare dal rumore dei passi, e lei dalla voce se la immaginò più alta di lei anche in relazione alla statura del marito. Fu perciò sorpresa quando le si presentò nel constatare che le rendeva almeno 10 cm in minor statura, quasi del tutto compensata dal tacco dello stivale che effettivamente doveva essere di almeno 9 cm. Rispetto a lui Silvia si avvaleva di una conversazione assai più lenta e meno cordiale, intervallando spesso pause di riflessione durante il loro primo colloquio nell’ ufficio di Michela.

Rispetto alla foto sulla scrivania la notò cambiata in maniera visibile, forse doveva avere passato da poco i 40 anni e i suoi capelli avevano subito un taglio drastico, ora erano corti e lisci ma sempre biondissimi, e ciò metteva ancor più in luce gli occhi intensamente marini che brillavano di una luce propria e, valutò, assai fredda e distaccata. Ciò che però più la colpì fu il suo trucco curato, non l’ avrebbe mai vista senza mascara e rossetto in tinte marcate e la sorpresero le sue mani, molto belle e curate e con unghie decisamente troppo lunghe per un avvocato, e invariabilmente laccate di rosso vivo.

Indossava una camicetta bianca sotto la giacchetta bruna di velluto, (molto tribunalizia pensò!) mentre non avrebbe definiti forensi i suoi jeans scuri di felpa, molto attillati che evidenziavano forme assai morbide dalla vita in giù. Pensò di primo acchitto che fosse una donna che non indossasse quasi mai una gonna ma come poi avrà modo di provare si sbagliava. Di certo Silvia non doveva avere problemi di reggiseni troppo stretti, si domandò se tra lei e la sua nuova datrice di lavoro ci fossero tre o addirittura quattro taglie di differenza.

Come potè notare fin dai primi giorni l’ attività dello studio legale era suddivisa in modo preciso tra i due soci, e se Giulio si occupava prevalentemente di cause in tribunale Silvia era specializzata alla stesura delle tesi e ai contatti informali con la clientela e gli appoggi esterni. Michela avrebbe quindi passato buona parte del suo tirocinio e quindi del suo tempo fianco a fianco con l’ avvocatessa Degiorgi e con la sua capacità professionale, nonché coi molti difetti, o meglio particolarità, che la Dott.

ssa Silvia metterà presto in luce. Al terzo giorno di lavoro Michela fu convocata nell’ ufficio di Silvia, fu il loro primo vero colloquio riguardante anche temi extra-professionali. , e come seppe col tempo fu solo il primo di una serie di conversazioni a dir poco non convenzionali. “Sai da quanto mi dice Giulio le tue credenziali sono tra le migliori che ci sono pervenute, non solo ora che eravamo in cerca di un collaboratore, ma anche da qualche anno a questa parte.

” Michela si schermì simulando un breve imbarazzo, Silvia continuò: ”Il genere di attività che svolgiamo ha ristretto molto il campo dei candidati , quindi…. credo che a prima vista abbiamo avuto una certa fortuna a trovarti subito e disponibile a tempo pieno”. “Spero di ricambiare questa vostra fiducia, Silvia, per quanto mi riguarda c’è da parte mia una gran voglia di iniziare sul serio in questo ramo”. Passati i complimenti reciproci le due donne si soffermarono brevemente a chiacchierare a largo raggio sulle proprie vite e le proprie aspirazioni, senza mai scendere ovviamente in troppi dettagli personali.

“L’ anno scorso sono passate ben tre ragazze in tirocinio qui, non se ne è salvata nemmeno una purtroppo sai…..” Michela tese le orecchie per un attimo, voleva capire se volesse andare a parare da qualche parte. “Bè questo mi fa presagire che da parte mia sia richiesto un impegno a tutto tondo. Per quanto mi riguarda è quello che cercavo. ” “Non ne dubito, cara…. ” Bene, pensò Michela, la mia nuova avvocatessa-capo ama chiamare le sue tirocinanti “cara”, credo che dovrò farci il callo! Silvia continuò: “L’ ultima laureata che ha lavorato con noi, Lisa, se n’è andata il mese scorso.

Credo che adesso…..si mi pare sia tornata nel suo vecchio studio…..per la verità più che andarsene ho dovuto fare in modo di allontanarla io, diciamo che gliel’ ho fatto capire”. Michela ora era certa che qualcosa bollisse in pentola, e all’ ansia di questa conversazione non prevista si univa la curiosità di sapere, e pensò che il modo migliore era di lasciarla proseguire senza troppe domande. Non si sbagliava, Silvia amava dialogare spesso a una voce sola come avrebbe poi imparato, gradendo solo brevi interruzioni ben giustificate dal dialogo e possibilmente non troppo devianti dall’ oggetto della discussione.

“Un pomeriggio torno in studio senza preavviso dopo un mancato volo per Roma, …. ” Si alzò e con teatralità si preparò ad assumere una posa ben precisa. Mi scostò e si mise col ventre appoggiato sul tavolo, sprofondandosi sempre più quasi ad appoggiarsi verticalmente su di esso. “E la trovo così, centimetro più centimetro meno, con mio marito sulla sedia a leggerle una relazione di lavoro e lei attenta a non perdere una parola.

” Mi guarda come per aspettarsi un commento o una reazione, che mi limito a darle con un accenno con lo sguardo come a dire “Ma va!” “Solo che a differenza di me, quel giorno aveva una mini modello ultrashort e appena entrata dalla porta le potevo vedere anche il mal di stomaco che le prese”. Michela non seppe trattenere una breve risatina di cui Silvia si compiacque, le piaceva raccontare ma soprattutto indurre in reazione positiva la sua interlocutrice.

“E davanti aveva una scollatura sul genere passaggio del Mar Rosso, una tetta era praticamente sul foglio di lavoro”, incalzò senza simpatia. A questo secondo particolare Michela fu più cauta e si limitò ad annuire scuotendo il capo in segno di disapprovazione, poi si sentì in dovere di dire la sua: “Immagino tu sia stata molto felice di trovarli così”, disse ironica. “Oh certo cara, anzi ero tentata di tornarmene quatta quatta sui miei passi e lasciare i piccioncini alle loro cose….

peccato solamente che il mio carattere sia troppo burrascoso per soprassedere a certe situazioni”. “Devo dedurne che quella scena abbia influito negativamente sul vostro rapporto di lavoro”, disse Michela, che in realtà avrebbe voluto chiedere se l’ avesse cacciata subito o con preavviso, ma Silvia la sorprese e la anticipò: “No non è come credi, non feci nulla allora per allontanarla da noi, per quella volta se la cavò con qualche bacchettata”. Bacchettata? Aveva capito bene, non c’ era dubbio.

Pensando si riferisse ad una strigliata morale data quel giorno alla sua collaboratrice non potè trattenersi dal compiacersi con lei per la scelta fatta: “Non posso certo biasimarti se l’hai ripresa in modo energico, forse avrei fatto lo stesso, Silvia”. L’ avvocatessa la fissò qualche secondo prima di replicare, sentiva i suoi occhi chiari su di lei, la stava studiando come un aquilotta reale segue in volo la corsa della piccola cerbiatta. “Mi fa molto piacere che tu comprenda cara, sai non vorrei passare per una dispotica capufficio e per di più gelosa della prima tipa che prova a ingraziarsi il mio distratto maritino e che per questo trova il pretesto per punirla”.

Michela annuì, e quel riferimento a una pratica lavorativa poco usuale come la “punizione” non mancò di agitarla leggermente, ma certo era una terminologia tipica di lei, non c’era bisogno per pochi accenni innocenti di animare immagini di medioevo e santa inquisizione, e che sarà mai…..nel frattempo Silvia finì di rimettere in ordine le proprie pratiche e invitò Michela a portarle il fascicolo sulla causa che avrebbero dovuto esaminare quel giorno. Quando Michela tornò dal suo ufficio con il materiale si sedette alla scrivania di fronte a lei e solo allora si accorse di qualcosa che la fece sobbalzare sulla sedia interiormente e che per poco non le causò la caduta del fascicolo: a destra di Silvia sopra la Guida Giudiziaria era appoggiata una bacchetta, nera.

O forse era un frustino, sta di fatto che aveva la certezza che fino a un minuto prima non ci fosse. Silvia non pareva far caso a questo momento di incertezza di lei e la sollecitò gentilmente ad indicarle alcuni estremi di quella pratica. Di certo quella bacchetta, o quella…cosa l’ aveva tirata fuori nel breve periodo in cui lei era uscita per prendere la pratica, pensò Michela mentre scartabellava per trovare l’ oggetto del suo lavoro.

Il frustino sembrava di pelle, molto sottile e con l’ estremità biforcuta, come aveva spesso visto nei cavallerizzi o in certe riviste erotiche. Cercò di concentrarsi sul lavoro che per quel giorno la assorbì a sufficienza per non farle pensare a quelle due o tre strane percezioni avute in quel primo colloquio con l’ avvocatessa. Alla sera, stanca ma soddisfatta per quella leggera sensazione di pienezza che suole darci un nuovo ambiente di lavoro che ci promette un buon successo professionale, prima di coricarsi cercò di riflettere su quei pochi punti che oggi in ufficio l’ avevano un po’ sorpresa, in particolare riguardo al carattere di Silvia.

E’ vero che se un lessico come bacchettata o punizione non è usuale, è anche vero che in ambito forense o giudiziario si sente spesso parlare in questi termini simbolici, pensava. E poi nulla le vietava di pensare che Silvia potesse essere un’appassionata di cavalli, insomma un’ amazzone e questo spiegherebbe (in parte) la presenza del frustino. Ma più che altro pensava a questa Lisa, in quel momento era davvero curiosa di sentire la sua versione dei fatti su quell’ episodio pseudo-erotico sulla scrivania del marito di lei.

Le avrebbe telefonato senz’ altro ma diamine non la conosceva nemmeno. Si disse che nei prossimi giorni avrebbe provato a rintracciare le sue generalità in ufficio, tanto così per assicurarsi una maggiore visuale sulla situazione dei suoi rapporti con i due avvocati. Morfeo quella notte la ghermì placida, e per quella strana mistura di realtà e immaginario che solo i sogni sanno creare sognò l passaggio del Mar Rosso, che era in realtà stato compiuto da Tom Cruise, che al suo arrivo in Israele si rivelava però una Nicole kidman distesa su un sudario che doveva essere la Sacra Sindone.

Si diceva che quella donna fosse Lisa, la compagna del Messia, e che fosse stata Maria in persona a volerla presso la Sacra Famiglia, ma che la sua incapacità di dare un erede al Re dei Re l’ aveva ora condotta su quel sudario. Il tutto con le musiche di Brian Eno in sottofondo. L’indomani la giornata si presentò subito impegnativa, sia Giulio che Silvia erano in ufficio tutto il giorno per cui non le rimase molto tempo per pensare ad altro.

L’ avvocato si confermò in quei giorni di carattere abbastanza energico e diretto ma senza mai essere scortese nei toni e nelle circostanze. Dal canto suo Silvia si confermò quella donna dai modi più freddi e distaccati ma registrò comunque un buon affiatamento complessivo con la coppia. Nulla poi che le facesse pensare a quegli strani accenni del primo colloquio con Silvia, non trovò né frustini né riferimenti a punizioni o altre cose anomale nel suo comportamento.

Il tentativo di conoscere maggiori dettagli sulle precedenti esperienze di Lisa e delle altre ragazze che avevano lavorato lì rimase per ora sospeso perché non trovò tracce utili a identificarle. Alla sera di venerdì la sua prima settimana era terminata, e Michela era conscia di avere iniziato un progetto lavorativo che non l’ avrebbe delusa, o almeno non da parte sua. Nelle tarde serate prima di coricarsi era solita guardare agli avvenimenti dei giorni trascorsi, non tanto dal loro aspetto professionale o del quotidiano spiccio ma per quanto il suo intimo ne fosse stato toccato.

Si accorse che quel dubbio generato dai comportamenti di Silvia nel primo giorno non si stava dissolvendo, anzi la sua curiosità cresceva con l’ apparente assenza di nuovi indizi su ciò che aveva visto e sentito. Quella donna doveva essere di un’ astuzia inquietante se era riuscita a metterla fin dall’ inizio sull’ avviso su un qualcosa che, peraltro, esulava dalla sfera del suo lavoro. E trovando come contropartita da lei frasi di approvazione.

Ci pensò ancora su, in effetti avrebbe potuto capire un simile discorso da parte sua se solo fossero esistiti dei validi motivi per farlo, ma Michela certo non gliene aveva dati finora. Già, finora…. la sua curiosità la stava spingendo a mettersi alla prova e a fare altrettanto con Silvia, del resto v’ era la prospettiva che avrebbero potuto frequentarsi a lungo, forse per anni, e non era bene rimanere con un dubbio così fin dal primo giorno.

Forse si era ingannata, si, aveva colto lei quegli accenni e li aveva amplificati per il semplice fatto che erano inusuali, ma spesso ci sono persone a questo mondo sono ben più strane. Prese la decisione alfine, il dubbio non era mai un buon compagno di viaggio. Lunedì, complice la stagione che avanzava, si sarebbe presentata in ufficio con un look ben meno castigato di quello di questi giorni, voleva sapere…. chiarire…. indagare su di lei e sui suoi nuovi colleghi.

Giulio fece per prendere la cartuccia di toner scaduta che stava in fondo allo scaffale nel disimpegno dello studio, e così chinandosi l’ occhio fotografò un immagine di Michela che subito giudicò inedita per quel poco che la conosceva. Stava infatti attraversando il suo ufficio di ritorno dal bagno e sfoggiava quel lunedì mattina una splendida silhouette fatta di autoreggenti a doppia rete e stivale basso color nocciola scuro, che ben si intonava con la gonna di camoscio lunga qualche dita sopra il ginocchio.

L’ avvocato tornò al suo ufficio e alle sue telefonate rallegrato che la nuova assistente si fosse presentata oggi sotto una luce più attraente, in fondo il loro lavoro consisteva in buona parte di relazioni pubbliche e la cosa non avrebbe certo guastato. La pubblicità è l’ anima del commercio e molti dimenticano che commercianti lo siamo tutti, non solo il fruttarolo…..loro vendevano competenza in materia legale piuttosto che radicchio di primo taglio. Un avvocato di bella presenza non vincerà certo più cause per questo, ma alla causa successiva ci saranno più persone che si ricorderanno di lui…o di lei in questo caso.

Silvia arrivò in tarda mattinata poco prima della pausa pranzo, giusto in tempo per un fuggevole saluto a Giulio e a Michela che si concluse senza un minimo accenno o commento al nuovo look di lei, anche se la giovane si accorse bene per quei pochi secondi di essere squadrata da capo a piedi dai belli e gelidi occhi blu dell’ avvocatessa. Rimase contraddetta da quella freddezza a dir poco scortese, e il suo istinto reagì a sua insaputa, così mentre colloquiava con Giulio su certe questioni di lavoro si lasciò andare con lui a una serie di risate e battute abbastanza informali, ed era la prima volta che lo faceva con lui.

Quando tornò verso le due era sola in studio, come ormai solito i due soci solevano intrattenersi più a lungo a pranzo. Entrò nell’ ufficio di Silvia per prendere certi documenti, e ancora una volta fu sorpresa dalle circostanze. Il frustino nero era là sopra la sua scrivania, nell’ identica posizione in cui lo vide la prima volta la settimana precedente. Era passata più volte di là durante la mattinata, ed era certa che non vi fosse.

Stavolta si, ne era sicura, niente più dubbi. Ma non se l’ aspettava, era questo che ora le tormentava la mente. Avrebbe voluto prevedere le sue mosse, le loro mosse, perché nei giorni si era comunque fatta strada nella sua mente la convinzione che qualcosa di strano doveva esserci in quella donna, mentre di lui ancora aveva un immagine troppo vaga. Era forse succube di lei? Non si curava delle stranezze della sua cara mogliettina? Difficile per lei darsi una risposta, dopotutto c’ erano una quindicina d’ anni di differenza tra lei e la coppia e non avrebbe forse capito quali e quanti vincoli di complicità o d’ indifferenza reciproca potevano esistere in un legame che, pensava, doveva essere di lungo corso.

Anche se sapeva che si erano sposati solo tre anni fa la foto di lei sulla scrivania di Giulio risaliva ad almeno una decina d’ anni prima, questo era evidente. Mise in preventivo nuovi pensieri e riflessioni per le prossime serate, ma ora l’ unica cosa da fare per non pensarci più era gettarsi sul lavoro, e questo non le mancava davvero lì dentro. Il pomeriggio scorse piuttosto tranquillo, quando Giulio e Silvia tornarono si chiusero nello studio di lei per un esame di un importante causa da svolgersi l’ indomani in tribunale.

Nel contempo Michela era andata un po’ avanti con altri lavori ed ora le sarebbe servito un input per continuare, avrebbe preferito lavorare in gruppo quel giorno. Le pareva per assurdo che quei due si fossero messi d’ accordo per metterla nella condizione di pensare e di rimuginare su qualche cosa proprio quel pomeriggio. “Non divagare fuori dalla realtà Michi, non è successo nulla e lo sai. Fa la brava ok?” pensò mentre si guardava nell’ elegante specchio settecentesco che dominava il corridoio d’ ingresso allo studio, unico superstite dei fasti di un signorile palazzo d’ epoca.

Intanto nell’ ufficio di Silvia l’ importante riunione dei due soci proseguiva con grande solerzia. Come amava fare nei momenti d’ intimità con lui Silvia si era accoccolata sulla poltrona tra le sue braccia, era la posizione che preferivano durante i loro dialoghi intimi diurni, sia che fossero in una stanza chiusa come ora sia che fosse una limpida giornata di primavera e si trovassero in qualche anonima panchina di un deserto parco pubblico.

“Allora che mi dici della nuova silhouette della nostra tirocinante? Se avessi voluto essere sincera con lei le avrei riversato un fiume di complimenti per la scelta dei capi, ma ovviamente non le ho dato questa soddisfazione” “Ovviamente cara…. comunque mi trovi d’ accordo, oggi Michela avrebbe tranquillamente potuto essere in cartellone alla Cosmoprof come donna-immagine”. “Già. Quindi mi devi un drink, gioia”. “Mmmmm…. ok te lo sei guadagnato, ero persuaso che la ragazza si sarebbe subito intimidita dei tuoi “strani” messaggi e avrebbe fatto la fina di Lisa e Serena, in fuga dalla strega cattiva seppur col malloppo.

Ma forse Michela è più sveglia e più combattiva, e questo mi piace. Ti do atto che hai avuto ragione nella tua tesi, lei ora vorrà sfidarti”. “Oh lo so che ti piace, ma dimmi non vorrai che quella giovane donzella così elegante e di bell’ aspetto possa un giorno sconfiggere la tua vecchia strega nel tuo cuore di ghiaccio”. “Uhuh rimango sempre stupito quando fingi di non conoscermi fin nelle pieghe più nascoste tesoro….

sai bene che altro posto non c’è in quell’ iceberg del mio cuore al di fuori della mia unica strega, solo lei è rimasta intrappolata lì quando sopravvenne la glaciazione. Sono certo che la strega tirerà fuori le unghie e vincerà la sua battaglia, la conosco fin troppo bene, le piace vincere. ” “Hmm già sai sempre come attutire i colpi di una sconfitta tu. La verità è che non credevi che Michela abboccasse al mio gioco.

Però ora che con tutte le apparenze lei ha raccolto la sfida mi sento stimolata a vincerla questa battaglia, e non dubito tu mi aiuterai in questo, gioia…. ”. “E come non potrei amore, è un gioco che mi stimola in ugual misura lo sai…”. Le parole lasciarono allora posto a quei baci prima teneri e poi sempre più languidi che i due amavano scambiarsi a lungo nei momenti di giocosa tenerezza, mentre le loro mani cominciarono a giocare con la pelle e la sensibilità del partner.

L’ indomani e i giorni successivi furono giornate dense di urgenze nello studio legale, e Michela si gettò alacremente sul lavoro assieme a Silvia, mentre il comportamento apparentemente tranquillo di lei non mancava di farla rintanare nelle sue fantasie nei momenti prima del sonno. A dire il vero qualcosa di nuovo era accaduto anche se come sempre non facile da interpretare in quell’ ambiente. Silvia martedì si era presentata in ufficio in un completo nero e per la prima volta la vedeva in minigonna e stivale, certo tutto l’ insieme denotava buon gusto ma pensò che in fondo era più un abbigliamento da sera quello di lei.

Il fatto che avesse scelto quei capi così appariscenti non la stupiva certo, anche lei amava talvolta per il suo semplice piacere vestirsi in modo un po’ meno formale anche sul lavoro. Però non le sfuggì che Silvia cambiò look proprio il giorno seguente al suo cambio di abiti, e questo per quanto poco la conoscesse ancora sembrava in linea col personaggio dell’ avvocatessa. Ma non avendo Silvia datole altri motivi per farla pensare a qualcosa di nuovo e torbido nell’ aria si sentiva via via più agitata, come se intuisse che il succedersi degli eventi non fosse in suo possesso e dovesse quindi essere costretta ad attendere le prossime mosse di lei per capirci di più.

Ma non era nel suo carattere essere troppo attendista, così decise di stimolare in qualche modo le sinapsi della sua collega, voleva farla uscire dal guscio. Quel pomeriggio di mercoledì erano intente alla stesura di una causa piuttosto complessa e non mancarono momenti di pausa per affrontare meglio l’ intricata questione legale. Fu Michela a decidersi di parlare dell’ abbigliamento di lei davanti a un thè freddo, non l’ avrebbe fatto in una situazione diversa vista la malaccorta scortesia di Silvia del lunedì precedente, ma non si sentiva in grado di resistere a ciò che poi considerava normale in un dialogo con una collega.

“Bello lo stivale, è di Ridolfi? “Si l’ ho trovato lunedì all’ emporio a Vallechiara , disse l’avvocatessa guardandosi i tacchi. ” “Io faccio un po’ fatica a trovare quelli giusti perché amo i colori bruni e meno il nero, e adesso va quasi solo il nero”. “Vero, infatti io nero…. sempre. La gonna è di Prada, ne ho viste anche come la tua da She-lady dove l’ ho beccata”. “Brava proprio lì l’ ho presa anch’ io.

Com’è che si chiama, She-lady anche taglie comode, vero?”. “Hm hm si si,” disse guardandosi la cintura non prima di aver assestato un occhiata di ghiaccio a Michela. Era la sua prima frecciata andata a segno e in quel momento ne godeva intimamente. Quando il discorso cadde su competenti discussioni su moda e ultimi gridi Silvia ne approfittò per tentare la prima vendetta dopo l’ affondo sulle taglie comode di lei. “Sai secondo Elenya le modelle giovanissime che si stanno preparando al grande salto nel circuito lavorativo rischiano di trovarsi disoccupate in massa.

” “Eh? E come mai?”, Michela sgranò tanto d’ occhi fingendo genuino stupore. “Bè pare che le tendenze non solo del gusto collettivo ma anche elitario vadano decisamente verso le forme generose nei prossimi anni. Lui la chiama la controrivoluzione delle chiappe morbide ahahah”. “Ah ah si secondo me non si sbaglia, comunque non credo che avrò problemi in tal senso, anche perché se metto su qualche chilo da qualche parte esplodo”. “Hm hm si cara, dovremo stare molto attente a non esplodere troppo o rischiamo di doverci poi farci sgonfiare da qualcuno”, al che le due donne rientrarono alle loro carte, entrambe soddisfatte di questo loro secondo duello verbale.

Michela passò prima per il bagno, e quando tornò nello studio di lei ancora una volta non seppe prevedere il colpo. Il frustino era di nuovo lì, accanto a loro sulla scrivania, e questa volta era presente anche Giulio al suo fianco. La provocazione di lei era ormai evidente, e Michela non potè resistere oltre: “Tu vai a cavallo, Silvia?”. “Come, cara?”, le rispose con tanto d’ occhi lei. “Mi chiedevo se vai a cavallo, ho già visto quello altre volte”, indicando quell’ oggetto che fin dal primo giorno le aveva sollevato un velo d’ ansia e pian piano una qual morbosa curiosità.

“Oh…oh no”, disse prendendo in mano il frustino e lisciandone la superficie vellutata, “Figurati ho sempre avuto un certo timore dei cavalli da quando da piccola mi spaventai a morte per esserci quasi caduta sotto”. “E’ un oggetto da collezione, per quanto di uso piuttosto comune”, disse lui mentre lei riponeva il frustino sul tavolo. Ripresero il lavoro e fino a sera non vi furono altri accenni in proposito. Di uso comune, pensò Michela quella sera mentre rivedeva la scena del pomeriggio.

Pensava a quale fosse l’ uso di cui parlassero, anche se dentro di sé si dava dell’ ingenua: “Stanno giocando con me, ora ti è chiaro Michi”. Ma più ci pensava più la sua riflessione sembrava confondersi con la sua fervida immaginazione. Le pareva di ricordare che Giulio fosse entrato nell’ ufficio solo quando lei ebbe fatto la domanda sul frustino. O era già lì? E Silvia non aveva forse fatto un impercettibile gesto nella sua direzione quando impugnava quello strumento per lei così misterioso? Si assopì nella fusione dei suoi pensieri verso l’ assoluto dell’ inconscio.

Era di primo mattino ed entrava nell’ ufficio di Giulio, lui non c’ era e le carte sulla scrivania erano in tale disordine che pensò quasi ci fosse stata una recente colluttazione. Doveva trovare la pratica dei coniugi Zeller e lì sotto sarebbe stato un terno al lotto riuscirci. Frugò tra le varie carte, man mano che le toglieva dalla scrivania pareva sgombrarla ma si accorse che le scartoffie che gettava via poi ricomparivano in un altro angolo della scrivania e per quanto si impegnasse a liberarle si ammucchiavano sempre più massicce.

Provò ad allungarsi sul tavolo per raggiungere le carte, finchè lentamente si distese quasi completamente al di sopra di esso, supina. Le sue mani cercavano la pratica ma allungandole toccò Giulio, che ora era seduto alla scrivania e la osservava senza stupore ma con una sorta di interesse professionale per ciò che lei faceva. Si accorse che in quella posizione, le gambe distese ed aperte, il seno compresso sul freddo legno di radica della scrivania, stava cominciando a provare piacere e non potè trattenere una mano che scese a sfiorarsi le parti intime mentre con l’ altra cercava sempre di toccare Giulio, che però lentamente si allontanava da lei.

“Hai trovato la causa, Lisa?”, le domandò severo, e un palpito d’ angoscia la assalì assieme al piacere, non avrebbe saputo come rispondergli. Con l’ altra mano cercò in modo frenetico la pratica richiesta, ma tra tutta quella confusione le era quasi impossibile ed ora la scrivania sembrava ondeggiare. Le carte cominciarono a svolazzare via e il tavolo ora traballava in modo furioso, presa dal panico si aggrappò ai bordi della scrivania e chiuse gli occhi, si sentiva quasi perduta e pensava che certo sarebbe stata sbalzata giù.

Anche la sensazione di freddo aumentava, e dopo una lunga corsa sentì il suo corpo perdere contatto con la materia e si ritrovò a terra, nella campagna. Alzò il capo e si trovò di fianco a un gigantesco cavallo di marmo bianco, e quando appurò che era immobile la sua angoscia svanì, anche perché si rendeva conto di non essersi fatta nulla in quella che doveva essere stata una caduta di molti metri. Dalla sella su in alto Silvia la osservava con un sorriso diabolico, e brandiva un frustino lungo almeno due metri, che le pendeva minaccioso vicino.

“Sai Lisa, anche Michela è caduta in questo punto, è molto pericoloso”, disse la bionda in tono apprensivo, “aggrappati alla mia frusta o il cavallo ti schiaccerà”. Lei così fece e si arrampicò sulla pelle del lungo serpente nero,era il suo palo che prometteva doni preziosi. Era così lungo che si ritrovò a due metri da terra e ancora lontana dall’ impugnatura, e mentre Silvia le impediva di raggiungere la cima scrollando la frusta, lei le si strinse attorno attorcigliandosi come un’ anguilla.

Non poteva andare né su né giù, in alto impedita dalla volontà di Silvia e in basso perché sarebbe stata certamente schiacciata dal gigantesco cavallo marmoreo. Rimase stretta alla lunga frusta e si adattò a quella posizione, finché pian piano una sottile sensazione di piacere cominciò a sostituire l’ angoscia, quell’ oggetto era morbido e le carezzava la pelle, anzi ora quasi le intrappolava il corpo girandole tutt’ attorno più volte, e lei si sentiva sicura in quella posizione lontana dai pericoli che la circondavano.

Si passò un lembo di frusta in mezzo alle cosce e si abbandonò ai sensi socchiudendo gli occhi…..“Mama take this badge of me, i can’t use it anymore”. Le note di Bob Dylan sul suo cellulare la destarono come d’ abitudine alle 7. 30. Un guazzabuglio di immagini le si dissolse dinanzi agli occhi, e a rilento riprese possesso della realtà di una mattina di metà settimana in cui gli avvenimenti diurni sarebbero stati ben più prevedibili del sogno di quella notte.

Quello che le rimaneva era la scia di piacere che ancora filtrava attraverso la sua pelle e la sua mano ancorata al suo sesso umido come una sera d’ autunno. Erano anni che non provava sensazioni notturne inconscie così forti, ma non ebbe il tempo e la voglia di analizzarle e si ritrovò invece affamata a divorare un’ abbondante colazione a base di latte burro e pasta sfoglia, e l’ immancabile caffè nero a dare l’ ultimo tocco di sapore al suo palato.

Quando spalancò le imposte si trovò davanti una giornata più che primaverile, e non ebbe dubbi nella scelta dei capi per quel giorno, indossò una mini in velluto blu notte chiusa in vita da una cintura in pelle e collant trasparenti, era dall’ autunno scorso che non lasciava libere e visibili le sue gambe all’ aria aperta. Scelse poi scarponcini bassi color crema con tacco basso e sottile e una camicetta arancio con scollatura comoda completò il suo look di quel giorno.

Tenne sciolti i lunghi capelli scuri, era la prima volta che non li legava recandosi al lavoro. Al suo arrivo in ufficio era sola, e si recò subito nell’ ufficio di Giulio, constatando con una certa apprensione che la scrivania era in perfetto ordine. Verso la tarda mattinata arrivò Silvia, pareva di buonumore e non mancò di farle notare senza malizie la scelta azzeccata del suo look odierno, il che la mise in una strana condizione di irritabilità, non era quello il modo di fare dell’ avvocatessa.

Quasi le dispiacque non aver notato disappunto nei suoi sguardi e nelle sue parole. Arrivò anche Giulio e subito fecero un break a base di caffè durante il quale fu Giulio a riservarle per la prima volta un sincero apprezzamento per l’ abbigliamento di lei quel giorno. “Credo che avrai un grande successo in tribunale domani Michela…. sempre che tu non decida di tornare alle tue gonne castigate e ai maglioncini della nonna”. “Ahahah, è tutto merito di mia nonna in effetti, in famiglia era lei che aveva davvero buon gusto nel vestire”.

Silvia intervenne sorridente e coi suoi occhi intensi accentuò il concetto delle espressioni: ”Si concordo caro, Michi è una vera bomba sexy oggi, e dovremo convincerla a mettere in soffitta tutto ciò che non renda giustizia alla sua figura. Con le buone o con le cattive, s’ intende ahahah”. “Ah su questo non c’è dubbio, glielo faremo capire già oggi come un avvocato di grido non possa prescindere da certi dettagli per vincere le cause.

”. Michela si schermì e rise alle loro uscite, replicando che Anche Silvia oggi era davvero in gran forma. In effetti la bella giornata aveva stimolato anche la voglia di Silvia di essere più libera, e aveva optato per una mini nera sotto una camicetta bianca e leggera stile maestrina, con gli immancabili stivali neri da equilibrista a fasciarle le calze nere a doppia rete. Forse non erano così inquietanti quei due, pensò, basterà sciogliersi un po’ e le mie paure svaniranno.

Così pensava durante la pausa pranzo e realizzò che forse il sogno di quella notte avesse liberato un po’ di tossine d’ ansia che le stagnavano dentro da qualche tempo. Nel primo pomeriggio si doveva preparare una lunga relazione processuale per l’ indomani, e data la complessità della causa Michela fu incaricata di redigere la stesura mentre la elaborava assieme a Silvia. Seduta al pc mentre l’ avvocatessa le dettava gli appunti le due donne cominciarono il loro lavoro.

Intanto era arrivato Giulio che di tanto in tanto si univa alle due per darle utili consulenze. Dopo una prima mezz’ ora di proficua produzione vennero i punti più complessi della relazione, in cui la presenza del più esperto avvocato si rese necessaria. Durante la battitura Michela cominciò a notare la differenza dei toni di Silvia mentre le indicava i punti salienti della causa. Se quando erano sole il loro dialogo era molto spedito e armonico, in presenza di lui Silvia tendeva ad esacerbare i toni della voce che si facevano più secchi e diretti, e che non fosse un’ impressione lo testimoniava il fatto che durante le assenze di lui la conversazione tornava più fluida e meno monocorde da parte di lei.

Proseguendo nel loro impegnativo compito a tre si trovò di fronte a un obiezione di Silvia che le parve del tutto illogica: “Scusa Silvia ma il Decreto Legge 192/05 non è riferito alle proprietà terriere” ma alle sue osservazioni sulla necessità di modificare questa parte del testo l’ avvocatessa la zittì in modo netto affilando il tono di voce ed avvicinandosi al suo viso. “Decreto 192/05, cara. Punto. ” Lei rimase un attimo interdetta, chiedendosi se in fondo non s’ aspettasse qualcosa del genere prima o poi.

Giulio annuì dando ragione alla moglie, e questo le parve ancor più incomprensibile, era CERTA di avere ragione su quel punto. Per colmo di apprensione ora Silvia camminava per la stanza e oltre alle carte si era procurata il frustino nero, e vi giochicchiava con la mano sinistra. La sua agitazione interiore raggiunse il parossismo, quei due la stavano ora sottoponendo a un gioco crudele, nessuna possibilità di errore su questo. Ma era così strana quella situazione che nemmeno per un momento lei dal temperamento così battagliero pensò ad alzare bandiera bianca o a rompere quel gioco.

Si preparò a una prossima stoccata meditando una controffensiva, ma non vi furono altri screzi e lei diventò via via più silenziosamente nervosa. Ma la pressione del lavoro era tale che non riflettè troppo prima di decidersi a lanciare lei un attacco per saggiare le intenzioni e la forza del nemico. Ma che volevano da lei, provocarle un desiderio nuovo e indurla ad altri sogni come quello della notte passata? A ripensarci la notte scorsa oltre all’ angoscia era sopravvenuto il piacere, ma come centrava tutto ciò con quello che stava succedendo ora? Si alzò per sistemare alcuni degli appunti di quella lunga causa, e in un momento di impasse si appoggiò al tavolo e partì all’ attacco: “Scusa Silvia, ma cos’ aveva Lisa che non andava? Da come me ne avete parlato tu e Giulio sapeva fare il suo lavoro molto bene qui dentro.

” L’ avvocatessa non mostrò segni di sorpresa anche se certo non si aspettava quella domanda, almeno non in quel momento. Continuò a guardarla come fosse sicura delle sue ragioni, e in fondo già le aveva accennato alla vicenda di Lisa in termini chiari. Fu Giulio a intervenire avvicinandosi alle due donne: “Secondo me Lisa aveva il difetto di non essere coerente coi suoi comportamenti. Insomma un giorno era ghiaccio e un giorno luce.

Capisci Michela?” Non ebbe il tempo di replicare perché Silvia le tolse il tempo: “Vero caro, l’ incostanza era un difetto di Lisa. Si, era molto scostante. ” Terminò la frase rivolgendosi di nuovo a Michela. Ora la guardava come mai aveva fatto prima, sentiva i suoi occhi blu mare trafiggere il suo sguardo attento e non poteva capire il perché, o almeno non un perché razionale. Sentiva ora come un alito gelido sulle spalle, non avrebbe pensato mai di potersi trovare in una situazione di agitazione interiore così forte senza poter addurre precisi motivi.

Mentre i secondi passavano il silenzio le sussurrava che quella notte avrebbe avuto gli incubi, e non è detto che un eventuale piacere l’ avrebbe consolata. No non poteva davvero permetterselo , era diventato troppo subdolo quel gioco, la stavano terrorizzando, si. Doveva uscirne ad ogni costo. “Forse Lisa portava troppo spesso la minigonna e a te dava fastidio, Silvia? E’ per questo che non è più qui?” La frase le uscì quasi in apnea ma era ancora cosciente.

L’ avvocatessa ebbe una lieve increspatura delle labbra e le parve non un sussulto di rabbia ma di compiacimento. Pochi secondi le bastarono per risponderle in tono suadente, quasi da maestrina che riprende l’ allieva indisciplinata: “Oh si cara, era un altro difetto di Lisa questo. Non mi piaceva affatto come si vestiva e, di fatto, si esibiva. ” Michela non se l’ aspettava. Avrebbe puntato tutto su una risposta ipocrita, ora si sentiva lei in difficoltà.

Non c’ era altro da fare che scoprirle le carte, a costo di perdere la partita. Un suo sguardo fuggevole verso Giulio parve attirare la replica di lui: “Silvia ha ragione, Lisa amava esibirsi anche troppo, e lo faceva con una malaccorta grazia. Sai secondo me la temperanza è una dote, e Lisa ne era sprovvista. ” Pensò a Lisa conciata in chissà quali sensuali vesti da meretrice indegna e le veniva da ridere.

E si sentì osservata da entrambi, i suoi occhi non riuscivano ad evitare di incrociare sempre più spesso il frustino tra le mani di Silvia, mentre la sua voce non poteva più trattenersi dal pescare direttamente dal suo inconscio ora risvegliato: ”E suppongo che per questi motivi abbiate ripreso Lisa in qualche modo. Voglio dire se gliel’ avete fatto notare”, disse rivolta a lei. “Vuoi dire se l’ abbiamo punita, non ti veniva quella parola vero?”, la incalzò Giulio.

“Beh si…questo volevo dire. ” Silvia si mosse verso la scrivania mentre le parlava: “Oh si naturale che è stata punita. Più volte e, almeno da parte mia, con grande piacere. Ma la nostra causa si attarda Michi, non vorrai farci passare la notte qui. ” Lei si risedette al pc ma ormai il suo spirito era in tumulto, altro che incubi…. Tornò a esaminare quell’ urgente questione di lavoro ma si sentiva quasi straniata da quel contesto, le parole e gli atteggiamenti dei suoi due colleghi l’ avevano messa nella condizione di non poter più rimandare un chiarimento definitivo sulle loro intenzioni.

E ora avvertiva di desiderare che ciò accadesse. Non era coinvolto il suo rapporto professionale con loro in ciò, ma solo quella parte di sé che era stata ridestata e spinta ad una curiosità morbosa da ciò che stava accadendo. Via via che la normale conversazione riprendeva piede si sentì invadere da una nuova calma diversa dalla solita, e rilassò le membra allungando le gambe sotto il tavolo e riassettandosi più volte la gonna durante la scrittura della relazione.

Percepiva su di sé gli sguardi interessati di loro due e ciò le dava un sottile fremito di piacere. Ora voleva provocarli, irretirli, quella loro finta freddezza la stizziva e la eccitava allo stesso tempo. Nel mentre Giulio e Silvia si scambiavano brevi accenni di disapprovazione sulla lentezza di lei nel redigere la pratica, avrebbero fatto di certo molto tardi di questo passo. Appoggiò la schiena con più comodità sullo schienale e allargò le gambe già semidistese mentre con sguardo molle si rivolgeva ad entrambi:”Ma forse Lisa non era così brava nel suo lavoro, è per questo che poi l’ avete punita, vero?”.

“Oh tutt’ altro Michela, Lisa era in gamba nella sua professione, né più né meno che te a dire il vero”, disse Giulio. “Era il suo atteggiamento a non essere di nostro gradimento,cara” replicò subito Silvia con tono leggermente piccato sempre squadrandola con quegli occhi gelidi. Lei si carezzò le cosce allargando ancora di più le gambe, si sentiva ora invadere da un piacere sempre meno nascosto, la sua curiosità la stava facendo prigioniera di quel gioco ambiguo.

“Ah capisco. Era il modo di fare di lei che non vi piaceva, vero? Forse si lasciava andare troppo ai suoi pensieri ogni tanto. ” Silvia avanzò verso di lei di un paio di passi facendo schioccare i tacchi sottili sul pavimento. “Esatto cara. E non mi meraviglia la tua curiosità su Lisa visto in che modo hai deciso di sistemarti su quella sedia”. “Suppongo che per molto meno Lisa sia incorsa in un vostro provvedimento punitivo”, disse mentre la sua mano ormai senza controllo risaliva l’ interno delle cosce e con l’ altra si slacciava un bottoncino della camicetta lasciando trasparire il seno generoso le cui estremità sensibili andavano visibilmente ingrossandosi sul tessuto aderente della camicetta.

“Non sbagli sai, non pare anche a te cara che Michela assomigli sempre più a Lisa in certe sue manie indecenti?”, fu Giulio a rivolgersi a Silvia avvicinandosi a lei a sua volta. “Decisamente caro, concordo. Questa ragazza sta offrendo uno spettacolo a dir poco sconveniente”. “Sono letteralmente atterrito dalla dimostrazione di licenziosità che ci stai dando, Michela. ” Le loro parole avevano avuto l’ effetto di condurre la sua sottile eccitazione ad uno stato avanzato, ora per lei contava solo quanto piacere sarebbe riuscita a ricavare da questo gioco equivoco a cui si era prestata un po’ scettica.

“Sono davvero spiacente, signori. Non so cosa mi abbia preso, e me ne scuso vivamente. Immagino mi riteniate meritevole di un procedimento penale nei miei confronti adesso”, disse continuando a carezzarsi e a massaggiarsi le parti basse senza più alcun ritegno. “Tu che ne pensi, amore? Le leggi in materia di costumanza le conosci meglio di me in fondo. ”, disse Silvia. “Cara, a me pare evidente che si tratta di un reato piuttosto grave il suo, e per di più reiterato sotto gli occhi del corpo giudicante.

” “E’ vero, l’ imputata non mostra alcun cenno di volersi dissociare dai reati contro la morale che sta mettendo in atto. Propongo una pena abbastanza severa per lei, caro. ” “Concordo. Sono favorevole ad infliggerle una pena che sarà di entità variabile in base agli atteggiamenti che la scostumata imputata assumerà nel corso del processo stesso. ” Nel frattempo gli occhi di Michela non si scostavano dalla loro conversazione che l’ aveva se possibile ancor più stimolata, l’ altra sua mano ora cercava di entrare tra le pieghe del reggiseno per saggiare la consistenza della sua sollecitazione mammaria.

Giulio le si avvicinò e lei notò che Silvia gli aveva passato il frustino…. anzi no ora erano due, si erano moltiplicati! “In quanto a lei imputata, ha qualcosa da dire a sua discolpa?” Michela lo guardò e non riuscendo a celare una piega di un sorriso chinò il capo: “Mi dichiaro colpevole, signori della corte. ”“Mi dichiaro colpevole, signori della corte. ” Che frase grottesca le era uscita , e le sarebbe scappato da ridere a pronunciarla se non fosse stata in quel frangente dominata da una altra preoccupazione, quella di un incombente piacere.

Ma ormai da qualche minuto la sua natura razionale aveva ampiamente derogato il controllo della sua mente e del suo corpo a quel potente elisir che produce il nostro istinto quando è stimolato nei suoi punti più sensibili. Era scivolata dentro in quel loro gioco opponendo dapprima un certo scetticismo, poi cercando di opporsi in un modo abbastanza prevedibile ma mai contrastandolo in maniera netta. Si era divertita molto di più a saggiare le sue capacità di lettura di quel diversivo quotidiano.

Ora era stata sorpresa dalle sue stesse reazioni, e si sarebbe poi domandata come mai troppo spesso le persone si ostinano a rifiutare le situazioni che poi si dimostreranno per loro le occasioni più deliziose per conoscere il proprio lato nascosto. Nascosto da chi e cosa poi? Ma certo, la risposta la sapeva! Tutto ciò che rappresentava per le persone uno strumento di liberazione dagli incubi quotidiani era da sempre stato messo all’ indice dall’ etica, dalla morale sedimentatasi in secoli e millenni di storia ad uso e consumo di una casta dominante.

Il piacere secondo questa imperitura casta era qualcosa da standardizzare secondo regole che si adattavano alle esigenze della mediocrità, perché solo in questo modo la mediocrità stessa di chi dettava queste regole non ne sarebbe stata messa in cattiva luce. In fondo si trattava dell’ eterna lotta tra l’ amore e l’ odio, e non tanto tra il bene e il male come poi venne a sostenere qualcuno. L’ odio è figlio primigenio dell’ invidia, e nessun argomento umano è capace di destare maggiore astio e risentimento che la mancante capacità di dare e ricevere piacere.

Invece il bene e il male convivono in ciascuno di noi, ed armonizzarli al nostro interno è l’ unica prova di moralità possibile. Armonizzarli, non separarli per distruggerne uno dei due a seconda delle convenienze del momento. Ma queste riflessioni Michela le avrebbe certo fatte in un momento successivo, nelle sue tarde serate alle prese con l’ imminente sonno quando la sua razionalità era nel momento più alto di unione con la sua capacità immaginativa.

Ora gli unici pensieri su cui voleva focalizzarsi erano che lei era lì, mezza stravaccata su una poltroncina in similpelle con le gambe allungate e divaricate e una mano che non ne voleva sapere di sganciarsi dal suo sesso sempre più famelico di emozioni. Prese il dito che stringeva il capezzolo e lo portò alla bocca, come per assaggiare i suoi umori corporali e guardare eccitata le reazioni di quei due amanti da cui era stata sottilmente catturata.

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